Causa C‑64/08

Procedimento penale

a carico di

Ernst Engelmann

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal

Landesgericht Linz (Austria)]

«Libera prestazione dei servizi — Libertà di stabilimento — Normativa nazionale che istituisce un regime di concessioni per la gestione dei giochi d’azzardo nelle case da gioco — Attribuzione delle concessioni limitata unicamente alle società per azioni con sede nel territorio nazionale — Attribuzione della totalità delle concessioni senza alcuna apertura alla concorrenza»

Massime della sentenza

1.        Libertà di stabilimento — Restrizioni

(Artt. 43 CE e 46 CE)

2.        Libera prestazione dei servizi — Libertà di stabilimento — Normativa nazionale relativa alle concessioni per la gestione di case da gioco

(Artt. 43 CE e 49 CE)

1.        L’art. 43 CE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che limita la gestione dei giochi d’azzardo nelle case da gioco esclusivamente agli operatori che abbiano la loro sede nel territorio di tale Stato membro. Infatti, l’obbligo in capo ai titolari di concessioni per la gestione di case da gioco di avere sede nel territorio nazionale costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi di questa disposizione in quanto opera una discriminazione a carico delle società con sede in altri Stati membri e impedisce loro di gestire, mediante un’agenzia, una succursale o una filiale, case da gioco nel territorio dello Stato membro interessato.

A tal proposito, senza che occorra stabilire se l’obiettivo di consentire un controllo efficace di coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo, al fine di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti, possa rientrare nella nozione di ordine pubblico, in guisa da rendere la restrizione in questione compatibile con il diritto dell’Unione, è sufficiente constatare che l’esclusione categorica degli operatori aventi sede in un altro Stato membro appare sproporzionata, perché eccede quanto necessario per combattere la criminalità. Esistono, infatti, diversi metodi per controllare le attività e i conti di tali operatori, quali la possibilità di imporre la tenuta di una contabilità separata per ogni casa da gioco di uno stesso operatore, verificata da un contabile esterno; quella di ottenere la comunicazione sistematica delle decisioni degli organi dei concessionari, nonché quella di raccogliere informazioni in relazione ai loro dirigenti o principali azionisti. Inoltre, si possono effettuare controlli su qualsiasi impresa stabilita in uno Stato membro, e possono esserle inflitte sanzioni a prescindere dal luogo di residenza dei suoi dirigenti.

(v. punti 32, 34‑38, 40, dispositivo 1)

2.        L’obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE, nonché dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità, osta all’attribuzione, senza alcuna apertura alla concorrenza, della totalità delle concessioni relative alla gestione delle case da gioco nel territorio di uno Stato membro.

Invero, per un verso, sebbene, allo stato attuale del diritto dell’Unione, le concessioni di servizi non siano disciplinate in alcuna delle direttive mediante le quali il legislatore dell’Unione ha regolamentato il settore degli appalti pubblici, le autorità pubbliche che le attribuiscono sono ciò nondimeno tenute a rispettare i principi fondamentali dei Trattati, in particolare gli artt. 43 CE e 49 CE, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva. Il citato obbligo di trasparenza, che si applica laddove la concessione di servizi di cui trattasi può interessare un’impresa avente sede in uno Stato membro diverso da quello in cui tale concessione è attribuita, benché non implichi necessariamente l’obbligo di procedere ad una gara d’appalto, impone all’autorità aggiudicatrice di garantire a favore di ogni offerente potenziale un adeguato grado di pubblicità, che consenta l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo dell’imparzialità delle procedure di aggiudicazione.

Per altro verso, la circostanza che il rilascio di un’autorizzazione per la gestione di case da gioco non equivalga ad un contratto di concessione di servizi non può, di per sé, giustificare che i requisiti posti dall’art. 49 CE, segnatamente l’osservanza del principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, siano elusi. L’obbligo di trasparenza appare pertanto come una previa condizione obbligatoria del diritto di uno Stato membro di attribuire autorizzazioni per la gestione di case da gioco, quale che sia il modo di selezione degli operatori, poiché gli effetti dell’attribuzione di siffatte autorizzazioni nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri e che sarebbero potenzialmente interessate all’esercizio di tale attività sono gli stessi di un contratto di concessione di servizi.

(v. punti 49‑50, 52‑53, 58, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

9 settembre 2010 (*)

«Libera prestazione dei servizi – Libertà di stabilimento – Normativa nazionale che istituisce un regime di concessioni per la gestione dei giochi d’azzardo nelle case da gioco – Attribuzione delle concessioni limitata unicamente alle società per azioni con sede nel territorio nazionale – Attribuzione della totalità delle concessioni senza alcuna apertura alla concorrenza»

Nel procedimento C‑64/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Landesgericht Linz (Austria), con decisione 23 gennaio 2008, pervenuta in cancelleria il 19 febbraio 2008, nel procedimento penale a carico di

Ernst Engelmann,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, dalla sig.ra C. Toader, dai sigg. K. Schiemann (relatore), P. Kūris e L. Bay Larsen, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 gennaio 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Engelmann, dagli avv.ti P. Ruth e T. Talos, Rechtsanwälte, nonché dal sig. A. Stadler;

–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente, assistita dagli avv.ti P. Vlaemminck e A. Hubert, advocaten;

–        per il governo ellenico, dalle sig.re A. Samoni‑Rantou, M. Tassopoulou, O. Patsopoulou e E.‑M. Mamouna, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, dall’avv. F. Díez Moreno, in qualità di agente;

–        per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e P. Mateus Calado, nonché dalla sig.ra A. Barros, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra P. Dejmek, successivamente dai sigg. E. Traversa e H. Krämer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 febbraio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Engelmann per il mancato rispetto della normativa austriaca relativa alla gestione delle case da gioco.

 Contesto normativo

3        I giochi d’azzardo sono disciplinati in Austria dalla legge federale sui giochi d’azzardo (Glücksspielgesetz), nella versione pubblicata nel Bundesgesetzblatt für die Republik Österreich 620/1989 (in prosieguo: la «GSpG»).

4        Secondo i lavori preparatori della GSpG, quest’ultima, da un lato, è volta a disciplinare i giochi d’azzardo e, dall’altro, persegue un obiettivo di natura fiscale.

5        Riguardo all’obiettivo consistente nel disciplinare i giochi d’azzardo, la parte generale delle note esplicative della GSpG indica che, idealmente, la normativa più oculata sarebbe quella che istituisce un divieto assoluto dei giochi d’azzardo. Tuttavia, essendo risaputo che il desiderio di giocare è innato nell’uomo, è molto più saggio canalizzare tale desiderio, nell’interesse dell’individuo e della società. Essa precisa che si raggiungono così due obiettivi: si previene che il gioco d’azzardo venga gestito illegalmente, come rilevato negli Stati in cui vige un divieto assoluto dei giochi d’azzardo e, nel contempo, si consente allo Stato di mantenere la possibilità di vigilare sui giochi d’azzardo gestiti legalmente, atteso che tale vigilanza deve perseguire l’obiettivo principale della tutela del singolo giocatore.

6        Riguardo all’aspetto fiscale, nelle citate note esplicative si rileva un interesse dello Stato federale a conseguire le maggiori entrate possibili dal monopolio sui giochi d’azzardo. Il governo federale deve quindi, in fase di adozione della normativa sui giochi d’azzardo – pur rispettando e tutelando l’obiettivo di disciplinare tali giochi – mirare a che detto monopolio sia gestito in modo tale da fargli conseguire i maggiori introiti possibili.

7        L’art. 3 della GSpG istituisce un «monopolio di Stato» in materia di giochi d’azzardo, prevedendo che il diritto di organizzare e di gestire i giochi d’azzardo è in via di principio riservato allo Stato, salvo disposizione contraria contenuta in detta legge.

8        In forza dell’art. 21, n. 1, della GSpG, il Ministro federale delle Finanze è legittimato ad accordare il diritto di organizzare e di gestire giochi d’azzardo attribuendo concessioni per case da gioco. Il numero di concessioni attribuibili è limitato complessivamente a dodici e può essere attribuita una sola concessione per territorio comunale.

9        L’art. 21, n. 2, della GSpG stabilisce le condizioni per l’attribuzione di siffatte concessioni. In esso si precisa che i concessionari devono essere società per azioni con sede in Austria, devono avere un capitale di almeno 22 milioni di euro e, in funzione delle circostanze, devono offrire alle autorità pubbliche locali le migliori prospettive di conseguire introiti fiscali ottimali, nel rispetto delle norme stabilite dalla GSpG in merito alla tutela dei giocatori.

10      Ai sensi dell’art. 22 della GSpG la durata massima di una concessione non può eccedere i quindici anni.

11      Ai sensi dell’art. 31, n. 1, della GSpG, il Ministero federale delle Finanze dispone di un diritto di vigilanza generale sul concessionario. Esso può, a tal fine, consultare i conti del concessionario e i suoi agenti, ai fini dell’esercizio del diritto di vigilanza, possono accedere nei locali commerciali del concessionario. Peraltro, in forza del n. 2 del medesimo articolo, detto Ministero è rappresentato nella società concessionaria da un commissario di Stato. Conformemente all’art. 31, n. 3, i conti annuali, verificati, devono inoltre essere presentati al Ministro federale delle Finanze nel termine di sei mesi successivi alla chiusura dell’esercizio.

12      Sono perseguite penalmente sia l’organizzazione di giochi d’azzardo da parte di un soggetto che non abbia ottenuto una relativa concessione sia la partecipazione commerciale a giochi così organizzati. Ai sensi dell’art. 168 del codice penale austriaco (Strafgesetzbuch; in prosieguo: lo «StGB») è perseguibile penalmente «chiunque organizzi un gioco espressamente vietato o il cui esito favorevole o sfavorevole dipenda esclusivamente o prevalentemente dal caso o chiunque promuova una riunione allo scopo di organizzare un siffatto gioco, onde trarre da tale organizzazione o da tale riunione un vantaggio patrimoniale per sé o per terzi».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

13      Le dodici concessioni per la gestione di case da gioco previste dall’art. 21 della GSpG sono attualmente detenute dalla Casinos Austria AG.

14      Tali concessioni erano state inizialmente attribuite a tale società con decreto amministrativo 18 dicembre 1991, per una durata massima di quindici anni.

15      Le concessioni di gestione delle sei case da gioco di Bregenz, Graz, Innsbruck, Linz, Salisburgo e Vienna sono state in seguito anticipatamente rinnovate per quindici anni a decorrere dal 1° gennaio 1998, con scadenza quindi il 31 dicembre 2012. Parimenti, le concessioni relative alle sei case da gioco di Baden, Bad Gastein, Kitzbühel, Kleinwalsertal, Seefeld e Velden sono state rinnovate per quindici anni a decorrere dal 1° gennaio 2001 con conseguente scadenza il 31 dicembre 2015.

16      Il governo austriaco ha confermato, in risposta ad un quesito posto dalla Corte, che tutte le citate concessioni sono state attribuite senza aver effettuato previamente alcuna gara di appalto pubblica.

17      Il sig. Engelmann, cittadino tedesco, ha gestito case da gioco in Austria a Linz, tra l’inizio del 2004 e il 19 luglio 2006 e a Schärding, tra il mese di aprile 2004 e il 14 aprile 2005. In tali strutture, egli proponeva alla sua clientela, segnatamente, un gioco detto «Roulette di osservazione» e i giochi di carte «Poker» e «Two Aces». Egli non aveva richiesto alcuna concessione per l’organizzazione di giochi d’azzardo né tanto meno possedeva un’autorizzazione legale rilasciata da un altro Stato membro.

18      Con la sentenza 5 marzo 2007, il Bezirksgericht Linz ha dichiarato colpevole il sig. Engelmann per avere organizzato, nel territorio austriaco, giochi d’azzardo al fine di trarne un vantaggio pecuniario. Egli si sarebbe pertanto reso colpevole del reato di organizzazione illecita di giochi d’azzardo previsto dall’art. 168, n. 1, dello StGB ed è stato pertanto condannato al pagamento di una sanzione amministrativa di EUR 2 000.

19      Avverso tale sentenza il sig. Engelmann ha proposto appello dinanzi al Landesgericht Linz. Quest’ultimo nutre dubbi sulla compatibilità delle disposizioni dello StGB, in combinato disposto con la normativa austriaca relativa ai giochi d’azzardo, con il diritto dell’Unione, e più in particolare con gli artt. 43 CE e 49 CE.

20      Tali dubbi si fondano, in primo luogo, sul fatto che, a conoscenza del giudice del rinvio, l’adozione delle disposizioni applicabili della GSpG non era stata preceduta da un’analisi dei pericoli legati al vizio del gioco e delle possibilità di prevenzione che esistono in linea di diritto e di fatto. A parere del Landesgericht Linz, tali disposizioni contrasterebbero con la giurisprudenza della Corte secondo la quale le giustificazioni di una limitazione della libera prestazione dei servizi che possono essere fatte valere da uno Stato membro devono essere corredate da un’analisi dell’opportunità e della proporzionalità della misura restrittiva adottata da tale Stato.

21      In secondo luogo, il giudice del rinvio dubita del carattere coerente e sistematico della politica austriaca nel settore dei giochi d’azzardo sottoposti a concessione. Esso ritiene che possa esservi una limitazione coerente e sistematica dell’attività connessa ai giochi d’azzardo e alle scommesse soltanto quando il legislatore valuti tutti i rami e tutti i settori dei giochi d’azzardo e intervenga quindi sulla base della possibile pericolosità o della possibile dipendenza che ogni tipo di gioco rappresenta. Ciò non sarebbe avvenuto, secondo il giudice del rinvio, in Austria. Il monopolio austriaco dei giochi d’azzardo, infatti, consentirebbe di organizzare un’ampia pubblicità in tale settore, e, in tale misura, si ammetterebbe addirittura una incitazione attiva alla partecipazione a giochi d’azzardo o a scommesse.

22      In terzo luogo, il Landesgericht Linz dubita che la restrizione del rilascio delle concessioni alle sole società per azioni con sede nel territorio nazionale, finalizzata a combattere la criminalità economica, il riciclaggio di denaro e il vizio del gioco, sia compatibile con i requisiti di idoneità, necessità e proporzionalità.

23      In quarto luogo, il Landesgericht Linz evoca la ricerca attiva, da parte delle autorità nazionali, di entrate fiscali provenienti dai canoni versati dalle case da gioco. Tale circostanza sarebbe in contraddizione con la giurisprudenza della Corte ai sensi della quale le restrizioni alle libertà fondamentali nel settore dei giochi d’azzardo devono perseguire l’obiettivo di un’autentica riduzione delle opportunità di gioco e non quello della creazione di una nuova fonte di finanziamento.

24      Secondo il giudice del rinvio, qualora il diritto dell’Unione consenta di rilasciare al sig. Engelmann l’autorizzazione a gestire una casa da giochi d’azzardo senza che egli debba, a tal fine, costituire o acquisire una società per azioni con sede nel territorio austriaco, questi in via di principio avrebbe potuto candidarsi per ottenere una concessione. Se una siffatta autorizzazione gli fosse stata rilasciata, non sussisterebbero più gli elementi costitutivi del reato di organizzazione illecita di gioco d’azzardo ai sensi dell’art. 168 dello StGB.

25      Il Landesgericht Linz ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 43 [CE] vada interpretato nel senso che osta ad una disposizione legislativa di uno Stato membro che riserva la gestione dei giochi d’azzardo in case da gioco esclusivamente a società per azioni con sede nel territorio dello Stato membro in questione, e che impone quindi la costituzione o l’acquisto di una siffatta società in tale Stato membro.

2)      Se gli artt. 43 [CE] e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un monopolio esistente all’interno di uno Stato in relazione a determinati giochi d’azzardo, quali per esempio i giochi d’azzardo proposti in case da gioco, qualora nello Stato membro di cui trattasi manchi, nel complesso, una politica coerente e sistematica di limitazione del gioco d’azzardo, in quanto gli organizzatori titolari di concessione statale sollecitano e promuovono (attraverso la televisione, i giornali e le riviste) la partecipazione a giochi d’azzardo – quali scommesse sportive e lotterie statali –, tanto che i messaggi pubblicitari offrono addirittura un premio in contanti abbinato a un biglietto della giocata poco prima dell’estrazione del lotto [“TOI TOI TOI – Glaub’ ans Glück” (“Buona fortuna – Credi nella fortuna”)].

3)      Se gli artt. 43 [CE] e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione nazionale secondo cui tutte le concessioni per giochi d’azzardo e case da gioco, previste in una disciplina nazionale sul gioco d’azzardo, sono accordate per quindici anni in base a una normativa che esclude dalla gara d’appalto i concorrenti comunitari (che non siano cittadini di tale Stato membro)».

 Sulle questioni pregiudiziali

26      Il sig. Engelmann, il quale ammette di non aver richiesto il rilascio di una concessione per la gestione di una casa da gioco in Austria, non poteva, in ogni caso, ottenere una siffatta concessione in quanto, da un lato, non soddisfaceva i requisiti imposti dalla normativa nazionale di cui trattasi, cioè aver costituito una società per azioni con sede in tale Stato membro e, dall’altro, la totalità delle concessioni previste dalla normativa nazionale erano già state attribuite ad una società austriaca. Secondo il giudice del rinvio l’esistenza degli elementi costituitivi del reato di cui è accusato il sig. Engelmann è connessa alla questione della legittimità di tale esclusione. Occorre, di conseguenza, esaminare in primo luogo le questioni prima e terza.

 Sulla prima questione

27      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 43 CE osti a due dei requisiti imposti dalla normativa nazionale ai titolari di concessioni per la gestione di case da gioco, vale a dire l’obbligo di costituire una società per azioni e quello di avere sede nel territorio nazionale.

 Sull’obbligo in capo ai concessionari di costituire una società per azioni

28      Il requisito secondo il quale gli operatori che intendono gestire case da gioco devono costituire società per azioni determina una restrizione della libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 43 CE. Un siffatto requisito impedisce in particolare agli operatori che siano persone fisiche, nonché alle imprese che abbiano scelto, nel paese in cui hanno sede, un’altra forma sociale, di creare un centro di stabilimento secondario in Austria (v., in tal senso, sentenze 12 luglio 1984, causa 107/83, Klopp, Racc. pag. 2971, punto 19; 7 luglio 1988 causa 143/87, Stanton e L’Étoile 1905, Racc. pag. 3877, punto 11, nonché 29 aprile 2004, causa C‑171/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑5645, punto 42).

29      Occorre esaminare entro quali termini siffatta restrizione possa tuttavia essere ammessa come una delle misure derogatorie espressamente previste dal Trattato CE, ovvero possa essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale. L’art. 46, n. 1, CE ammette le restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. La giurisprudenza della Corte ha identificato un certo numero di motivi imperativi di interesse generale atti anch’essi a giustificare le citate restrizioni, quali, in particolare, gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al gioco nonché di prevenzione delle turbative all’ordine sociale in generale.

30      Come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni e dall’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, taluni scopi possono eventualmente giustificare che si imponga ad un operatore di rivestire una forma giuridica determinata. Infatti, gli obblighi che incombono alle società per azioni, in particolare per quanto riguarda la loro organizzazione interna, la loro contabilità, i controlli cui possono essere soggette e i rapporti con i terzi, potrebbero giustificare una siffatta imposizione, tenuto conto delle specificità del settore dei giochi e dei pericoli ad esso connessi.

31      In mancanza di informazioni supplementari non si può valutare se tali scopi siano effettivamente perseguiti dall’obbligo in capo all’operatore di rivestire la forma giuridica della società per azioni, e se essi possano costituire una giustificazione come una misura derogatoria espressamente prevista dal Trattato o un motivo imperativo di interesse generale riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte, nonché, eventualmente, se il detto obbligo rispetti il principio di proporzionalità. Nel caso di specie spetterà ai giudici nazionali effettuare tale valutazione.

 Sull’obbligo in capo ai titolari di concessioni per la gestione di case da gioco di avere sede nel territorio nazionale

32      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 51 e 52 delle sue conclusioni, il requisito posto ai titolari di concessioni per la gestione di case da gioco di stabilire la propria sede nel territorio nazionale costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento sancita dall’art. 43 CE in quanto opera una discriminazione a carico delle società con sede in altri Stati membri e impedisce loro di gestire case da gioco in Austria mediante un’agenzia, una succursale o una filiale.

33      Tale constatazione non è in alcun modo messa in discussione dalla circostanza, invocata dal governo austriaco, secondo la quale tale obbligo incombe agli operatori unicamente a partire dal momento in cui essi sono stati selezionati e per la durata della concessione. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, un siffatto obbligo può dissuadere le società stabilite in altri Stati membri dal candidarsi a causa dei costi di costituzione e di installazione in Austria che dovrebbero sostenere qualora la candidatura fosse accolta. Tale sistema non consente, peraltro, di evitare che ad una società avente sede in un altro Stato membro sia impedito di gestire case da gioco nel territorio austriaco mediante un’agenzia, una succursale o una filiale.

34      Si evince a tale proposito dalla giurisprudenza della Corte che, qualora una restrizione, come quella del caso di specie, sia discriminatoria, essa è compatibile con il diritto dell’Unione solo se può rientrare in una disposizione espressa di deroga, quale l’art. 46 CE, vale a dire l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica (sentenze 16 gennaio 2003, causa C‑388/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑721, punto 19, e 6 ottobre 2009, causa C‑153/08, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑9735, punto 37).

35      Una siffatta restrizione deve peraltro soddisfare i requisiti che derivano dalla giurisprudenza della Corte in merito alla sua proporzionalità e può essere considerata idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punti 59‑61).

36      Il governo austriaco sostiene che l’obbligo posto ai titolari di concessioni per la gestione di case da gioco di avere la propria sede nel territorio nazionale persegue lo scopo di consentire un controllo efficace di coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo, al fine di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti. Tale obbligo consentirebbe in particolare di esercitare un controllo sulle decisioni adottate dagli organi sociali grazie alla presenza, in seno ad organi quali il consiglio di vigilanza, di rappresentanti dello Stato.

37      Senza che occorra stabilire se tale obiettivo possa rientrare nella nozione di ordine pubblico, è sufficiente constatare al riguardo che l’esclusione categorica degli operatori aventi sede in un altro Stato membro appare sproporzionato, perché eccede quanto necessario per combattere la criminalità. Esistono, infatti, diversi metodi per controllare i conti e le attività di tali operatori (v., in tal senso, sentenze 6 novembre 2003, causa C‑243/01, Gambelli e a., Racc. pag. I‑13031, punto 74; 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a., Racc. pag. I‑1891, punto 62, nonché Commissione/Spagna, cit., punto 39).

38      Si possono in particolare prospettare diverse possibilità: imporre la tenuta di una contabilità separata per ogni casa da gioco dello stesso operatore, verificata da un contabile esterno; ottenere la comunicazione sistematica delle decisioni degli organi dei concessionari, nonché raccogliere informazioni in merito ai loro dirigenti o principali azionisti. Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, si possono effettuare controlli su qualsiasi impresa stabilita in uno Stato membro, e le si possono infliggere sanzioni a prescindere dal luogo di residenza dei suoi dirigenti.

39      Peraltro, riguardo all’attività di cui trattasi, vale a dire la gestione di case da gioco situate nel territorio austriaco, nulla osta a che talune verifiche siano effettuate nei locali di tali case al fine, in particolare, di evitare ogni possibile frode commessa dagli operatori a danno della clientela.

40      Si deve pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 43 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che limita la gestione dei giochi d’azzardo nelle case da gioco esclusivamente agli operatori che hanno la loro sede nel territorio di tale Stato membro.

 Sulla terza questione

41      Benché la terza questione abbia ad oggetto, secondo la sua stessa formulazione, le condizioni discriminatorie applicabili, in forza della normativa nazionale, alle gare di appalto pubbliche per l’attribuzione delle concessioni relative alla gestione di case da gioco in Austria, è pacifico, tenuto conto delle informazioni fornite dal governo austriaco, che non è stata organizzata alcuna gara d’appalto e non è stata affatto assicurata la trasparenza della procedura di attribuzione alla Casinos Austria AG, con effetto, rispettivamente, dal 1° gennaio 1998 e dal 1° gennaio 2001, delle dodici concessioni esistenti all’epoca dei fatti della causa principale. Tali dodici concessioni rappresentavano, peraltro, la totalità delle concessioni previste dalla normativa nazionale.

42      Occorre, di conseguenza, interpretare la terza questione nel senso che essa è volta ad accertare se gli artt. 43 CE e 49 CE ostino all’attribuzione, senza alcuna apertura alla concorrenza, della totalità delle concessioni relative alla gestione delle case da gioco nel territorio di uno Stato membro per un periodo di quindici anni.

43      In tale contesto si possono identificare tre restrizioni distinte, vale a dire, in primo luogo, la limitazione del numero di concessioni per la gestione di case da gioco; in secondo luogo, l’attribuzione di tali concessioni per una durata di quindici anni e, in terzo luogo, il fatto che tale attribuzione abbia avuto luogo in modo assolutamente non trasparente. Occorre esaminare separatamente, per ciascuna di queste restrizioni, in particolare se essa sia idonea a garantire il conseguimento di uno o più scopi perseguiti dallo Stato membro interessato e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (sentenze Placanica e a., cit., punto 49, nonché 8 settembre 2010, causa C‑46/08, Carmen Media Group, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 60).

44      Per quanto riguarda, in primo luogo, il fatto che il numero di concessioni per la gestione di case da gioco è limitato, è pacifico che una siffatta limitazione ostacola la libertà di stabilimento nonché la libera prestazione dei servizi (sentenza Placanica e a., cit., punti 50 e 51).

45      Sembra tuttavia, con riserva di un accertamento da effettuare da parte del giudice del rinvio, che, nel settore interessato, una limitazione del numero delle concessioni, e dunque delle case da gioco, a dodici – il che rappresenta, secondo le indicazioni fornite dal governo austriaco, una casa da gioco ogni 750 000 abitanti – consente, di per sé stessa, di limitare le occasioni di gioco d’azzardo e di conseguire così uno scopo di interesse generale riconosciuto dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, citate sentenze Gambelli e a., punti 62 e 67; Placanica e a., punto 53, nonché Carmen Media Group, punto 84). Poiché la clientela deve spostarsi per recarsi nei locali di una casa da gioco per poter partecipare ai giochi d’azzardo di cui trattasi, alla limitazione del numero di tali case consegue il rafforzamento degli ostacoli alla partecipazione a siffatti giochi.

46      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata delle concessioni, emerge dalla giurisprudenza della Corte che l’attribuzione di concessioni di una durata massima di quindici anni è idonea a ostacolare, se non ad impedire, l’esercizio da parte di operatori situati in altri Stati membri delle libertà garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE e costituisce, pertanto, una restrizione all’esercizio di tali libertà (v., in tal senso, sentenza 9 marzo 2006, causa C‑323/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑2161, punto 44).

47      Per quanto riguarda la valutazione della compatibilità di tale restrizione con il diritto dell’Unione occorre ricordare che la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, in quanto principi fondamentali del Trattato, possono essere limitati solo con normative giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico, applicabili a qualunque persona o impresa che svolga un’attività nel territorio dello Stato membro ospitante. Inoltre, per essere così giustificata, la normativa nazionale di cui trattasi dev’essere idonea a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di quest’ultimo (sentenza 9 marzo 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

48      Ciò sembra verificarsi nella specie dal momento che l’attribuzione di concessioni per una durata massima di quindici anni sembrerebbe giustificata, con riserva di un accertamento da effettuare da parte del giudice del rinvio, in considerazione, in particolare, della necessità per il concessionario di disporre di un termine sufficientemente lungo per ammortizzare gli investimenti inerenti alla creazione di una casa da gioco.

49      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la procedura di attribuzione delle concessioni di cui trattasi nella causa principale, occorre rammentare anzitutto che, nonostante allo stadio attuale del diritto dell’Unione le concessioni di servizi non siano disciplinate in alcuna delle direttive mediante le quali il legislatore dell’Unione ha regolamentato il settore degli appalti pubblici, le autorità pubbliche che le attribuiscono sono cionondimeno tenute a rispettare i principi fondamentali dei Trattati, in particolare gli artt. 43 CE e 49 CE, nonché l’obbligo di trasparenza che ne deriva (v., in tal senso, sentenze 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I‑10745, punti 60 e 61; 21 luglio 2005, causa C‑231/03, Coname, Racc. pag. I‑7287, punti 16‑19; 13 ottobre 2005, causa C‑458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I‑8585, punti 46‑48; 13 aprile 2010, causa C‑91/08, Wall, Racc. pag. I‑2815, punto 33, nonché 3 giugno 2010, causa C‑203/08, Sporting Exchange, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39).

50      Il citato obbligo di trasparenza, che si applica laddove la concessione di servizi di cui trattasi può interessare un’impresa avente sede in uno Stato membro diverso da quello in cui tale concessione è attribuita, benché non implichi necessariamente l’obbligo di procedere ad una gara d’appalto, impone all’autorità aggiudicatrice di garantire a favore di ogni offerente potenziale un adeguato grado di pubblicità, che consenta l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo dell’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (sentenza Sporting Exchange, cit., punti 40 e 41 nonché giurisprudenza ivi citata).

51      L’attribuzione di una concessione, effettuata senza alcuna trasparenza, ad un operatore avente sede nello Stato membro in cui si trova l’autorità aggiudicatrice costituisce infatti una disparità di trattamento a scapito degli operatori aventi sede in altri Stati membri, i quali non hanno alcuna possibilità concreta di manifestare il loro interesse ad ottenere la concessione di cui trattasi. Una siffatta disparità di trattamento è contraria ai principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità e costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai sensi degli artt. 43 CE e 49 CE, a meno che non sia giustificata da circostanze obiettive (v., in tal senso, sentenze Coname, cit., punto 19; Parking Brixen, cit., punto 50, nonché 17 luglio 2008, causa C‑347/06, ASM Brescia, Racc. pag. I‑5641, punti 59 e 60).

52      La circostanza che il rilascio di un’autorizzazione per la gestione di case da gioco non equivalga ad un contratto di concessione di servizi non può, di per sé, giustificare che i requisiti posti dall’art. 49 CE, segnatamente l’osservanza del principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, siano elusi (v., in tal senso, sentenza Sporting Exchange, cit., punto 46).

53      Infatti, l’obbligo di trasparenza appare come una previa condizione obbligatoria del diritto di uno Stato membro di attribuire autorizzazioni per la gestione di case da gioco, quale che sia il modo di selezione degli operatori, poiché gli effetti dell’attribuzione di siffatte autorizzazioni nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri e che sarebbero potenzialmente interessate all’esercizio di tale attività sono gli stessi di un contratto di concessione di servizi.

54      Occorre rammentare, peraltro, che, qualora si istituisca in uno Stato membro un regime di autorizzazione che persegue obiettivi legittimi riconosciuti dalla giurisprudenza, un regime del genere non può legittimare un comportamento discrezionale delle autorità nazionali tale da vanificare le disposizioni del diritto dell’Unione, segnatamente quelle relative a libertà fondamentali come quelle di cui trattasi nella causa principale (v., in particolare, citate sentenze Sporting Exchange, punto 49, e Carmen Media Group, punto 86).

55      Infatti, per costante giurisprudenza, affinché un regime di previa autorizzazione amministrativa sia giustificato anche quando deroga a siffatte libertà fondamentali, deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, così da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali di modo che non se ne abusi. Inoltre, qualsiasi soggetto colpito da una misura restrittiva basata su siffatta deroga deve poter disporre di un rimedio giurisdizionale (v. citate sentenze Sporting Exchange, punto 50, e Carmen Media Group, punto 87).

56      Nella controversia principale si deve constatare che la totale assenza di trasparenza sull’attribuzione delle concessioni relative alla gestione di case da gioco, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 1998 e dal 1° gennaio 2001, contrasta con gli artt. 43 CE e 49 CE.

57      Il governo austriaco si è limitato a rilevare a tale proposito che la procedura di attribuzione delle concessioni era conforme al diritto nazionale allora vigente e a fare valere che non poteva dedursi, all’epoca, dalla giurisprudenza della Corte alcun obbligo di trasparenza. Tale governo sostiene anche che gli operatori che soddisfano i requisiti previsti dalla normativa applicabile avrebbero potuto candidarsi di propria iniziativa per l’attribuzione di una concessione. Orbene, nessuna di tali circostanze costituisce una giustificazione come misura derogatoria espressamente prevista dal Trattato o motivo imperativo di interesse generale riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte atto a giustificare l’attribuzione delle concessioni di cui trattasi nella causa principale in modo assolutamente non trasparente.

58      Alla luce dell’insieme delle considerazioni suesposte, occorre risolvere la terza questione dichiarando che l’obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE, nonché dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità, osta all’attribuzione, senza alcuna apertura alla concorrenza, della totalità delle concessioni relative alla gestione delle case da gioco nel territorio di uno Stato membro.

 Sulla seconda questione

59      Tenuto conto delle soluzioni fornite alla prima e alla terza questione, nonché della circostanza che il giudice del rinvio ha accertato, come rilevato al punto 26 della presente sentenza, l’esistenza di un nesso tra gli elementi costituitivi del reato di cui è accusato il sig. Engelmann e la questione della legittimità della sua esclusione dalla possibilità di ottenere una concessione, non occorre risolvere la seconda questione.

 Sulle spese

60      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’art. 43 CE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che limita la gestione dei giochi d’azzardo nelle case da gioco esclusivamente agli operatori che abbiano la loro sede nel territorio di tale Stato membro.

2)      L’obbligo di trasparenza derivante dagli artt. 43 CE e 49 CE, nonché dai principi di parità di trattamento e di non discriminazione a causa della nazionalità, osta all’attribuzione, senza alcuna apertura alla concorrenza, della totalità delle concessioni relative alla gestione delle case da gioco nel territorio di uno Stato membro.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.