CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate l’8 luglio 2010 1(1)

Causa C‑303/08

Metin Bozkurt

contro

Land Baden-Württemberg

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Germania)]

«Accordo di associazione CEE-Turchia – Art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 – Diritto di soggiorno acquisito dal coniuge di un lavoratore turco – Se viene perduto in seguito a divorzio dal coniuge – Se viene perduto a seguito di abuso del vincolo coniugale da cui è derivato il diritto di soggiorno»





1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda la decisione del Consiglio di associazione CEE-Turchia, n. 1/80 (in prosieguo: la «decisione n. 1/80») (2). Il giudice nazionale si interroga sulla posizione di un cittadino turco che ha acquisito il diritto al soggiorno in uno Stato membro, in qualità di marito di una lavoratrice turca. Il matrimonio è stato successivamente sciolto e il marito condannato per stupro e aggressione nei confronti della ex moglie. Si pone la questione se i diritti acquisiti ai sensi dell’art. 7 della decisione n. 1/80 possano continuare ad essere rivendicati, nonostante lo scioglimento del matrimonio dal quale è inizialmente derivato il suo diritto di soggiornare nello Stato ospitante. In caso affermativo, se il fatto che possa avere abusato del vincolo coniugale stuprando e aggredendo la moglie significa che egli abbia, in tal modo, perduto i diritti conferitigli dall’art. 7.

 Contesto normativo

 L’Accordo di associazione CEE-Turchia

2.        L’Accordo di associazione CEE-Turchia (3) (in prosieguo: «l’accordo di associazione») è stato concluso nel 1963.

3.        L’art. 59 del Protocollo addizionale dell’Accordo d’associazione (4) così recita:

«Nei settori coperti dal presente protocollo, la Turchia non può beneficiare di un trattamento più favorevole di quello che gli Stati membri si accordano reciprocamente in virtù del Trattato che istituisce la Comunità».

4.        Il capitolo II della decisione n. 1/80 è intitolato «Disposizioni sociali». La sezione 1 di tale capitolo è intitolata «Problemi relativi all’occupazione e alla libera circolazione dei lavoratori». Essa comprende gli artt. 6-16 della decisione.

5.        L’art. 6, nn. 1 e 2, della decisione n. 1/80, dispone quanto segue:

«(1) Fatte salve le disposizioni dell’articolo 7, relativo al libero accesso dei familiari all’occupazione, il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti:

–        rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, del permesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;

–        candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunità;

–        libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività salariata di sua scelta, dopo quattro anni di regolare impiego.

(2) Le ferie annuali e le assenze per maternità, infortunio sul lavoro, o malattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. I periodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorità competenti, e le assenze provocate da malattie di lunga durata, pur senza essere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i diritti acquisiti in virtù del periodo di impiego anteriore».

6.        L’art. 7 della decisione n. 1/80 statuisce quanto segue:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

–        hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

–        beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

I figli dei lavoratori turchi che hanno conseguito una formazione professionale nel paese ospitante potranno, indipendentemente dal periodo di residenza in tale Stato membro e purché uno dei genitori eserciti legalmente un’attività lavorativa nello Stato membro interessato da almeno tre anni, rispondere a qualsiasi offerta d’impiego in tale Stato membro».

7.        L’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80 così recita:

«Le disposizioni della presente sezione vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

8.        Il sig. Bozkurt, ricorrente nella causa principale, è un cittadino turco, nato nel 1959.

9.        Egli è entrato in Germania nel 1992 ed ha presentato una domanda per l’ottenimento della qualifica di rifugiato. Nel settembre 1993 ha sposato una cittadina turca inserita nel regolare mercato del lavoro di quello Stato membro. Dopo il matrimonio, egli ha ritirato la sua domanda di asilo e ha ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo nell’ottobre 1993. Il permesso di soggiorno è stato trasformato in permesso di soggiorno permanente nell’ottobre 1998. All’epoca, egli soddisfaceva le condizioni previste dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80.

10.      Dal giugno 2000, ha vissuto separato dalla moglie. La coppia ha divorziato nel novembre 2003.

11.      Durante il suo soggiorno in Germania, il sig. Bozkurt ha svolto diversi lavori. Il giudice nazionale sostiene, tuttavia, di non poter fornire dettagli precisi in merito, poiché il sig. Bozkurt rifiuta di fornire tali informazioni, malgrado il relativo invito a provvedere. Risulta che è rimasto in congedo per malattia per 18 mesi dall’inizio del 2000. Da allora è disoccupato e riceve sussidi dallo Stato.

12.      Il sig. Bozkurt è stato condannato più volte per reati. Nel maggio 1996 è stato condannato a pena detentiva di quattro mesi per aggressione con conseguenti lesioni gravi. Nel novembre 2000 è stato condannato ad otto mesi di pena detentiva per aggressione, tentata aggressione con conseguenti lesioni gravi e danni materiali. Nel maggio 2004 è stato condannato per stupro in concorso con lesioni personali dolose nei confronti della sua ex moglie. Risulta che lo stupro è avvenuto nel 2002, quando la coppia era ancora sposata, sebbene separata. In appello, la pena è stata fissata in due anni. La pena è stata sospesa ed egli è stato rilasciato nel gennaio 2005.

13.      Con decisione del 26 luglio 2005, il Land Baden-Württemberg, convenuto nella causa principale, ha ordinato l’espulsione del signor Bozkurt dalla Germania. Il sig. Bozkurt ha contestato tale decisione dinanzi al Vewaltungsgericht (tribunale amministrativo) e la decisione è stata capovolta da sentenza del 5 luglio 2006. Tale sentenza è stata a sua volta oggetto di un ricorso presentato dal Land Baden-Württemberg dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (tribunale amministrativo di appello). Tale ricorso è stato respinto con sentenza 14 febbraio 2007. In sostanza, il Verwaltungsgerichtshof ha dichiarato che, dal momento che il sig. Bozkurt poteva legittimamente rivendicare un diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 7 della decisione n. 1/80, un provvedimento di espulsione nei suoi confronti doveva essere conforme alle procedure applicabili ai cittadini dell’Unione (5). Poiché tali procedure, in sostanza, non sono state rispettate, il provvedimento di allontanamento era illegittimo. Né il fatto che il sig. Bozkurt fosse disoccupato dal 2000, né il fatto che fosse ipotizzabile che non sarebbe mai tornato a lavorare a causa della sua malattia e neanche il fatto che avesse trascorso nove mesi in carcere significava che avesse perso i suoi diritti ai sensi dell’art. 7. Al contrario, la giurisprudenza della Corte di giustizia doveva essere interpretata nel senso che il suo diritto di soggiorno continuava a sussistere, nonostante il fatto che le condizioni che ne avevano consentito l’acquisizione non fossero più soddisfatte. Di conseguenza, egli continuava a poter rivendicare diritti ai sensi di tale articolo.

14.      Il Land Baden-Württemberg ha presentato un ricorso contro tale decisione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (tribunale amministrativo federale). In tale ricorso sono state sollevate questioni concernenti l’applicabilità dei diritti derivanti, tra l’altro, dall’art. 7 della decisione n. 1/80, ad una persona come il sig. Bozkurt.

15.      Ritenendo che la soluzione della controversia portata alla sua cognizione fosse subordinata all’interpretazione di tale disposizione, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se il diritto al lavoro ed al soggiorno acquisito, in quanto familiare, dal coniuge di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro, conformemente all’art. 7, prima frase, secondo trattino, della [decisione n. 1/80], continui a sussistere anche in seguito allo scioglimento del matrimonio.

In caso di soluzione positiva della prima questione:

2.      Se costituisca un abuso di diritto il fatto che un cittadino turco faccia valere il diritto di soggiorno derivante dall’ex moglie, basato sull’art. 7, prima frase, secondo trattino, della [decisione n. 1/80], qualora detto cittadino turco abbia stuprato e ferito quest’ultima dopo l’acquisizione dei diritti da esso derivanti e sia stato condannato per tale fatto ad una pena detentiva di due anni».

16.      Osservazioni scritte sono state presentate dal sig. Bozkurt, dai governi danese, tedesco, italiano, dal Land Baden-Württemberg e dalla Commissione europea. Non è stata richiesta, né si è svolta, la fase orale.

 Analisi

 Osservazione preliminare

17.      Sebbene le questioni proposte riguardino l’art. 7 della decisione n. 1/80, nell’ordinanza di rinvio il giudice nazionale fa riferimento alla possibilità che il sig. Bozkurt abbia acquisito diritti in qualità di lavoratore turco ai sensi dell’art. 6 di tale decisione. Tuttavia, esso dichiara anche che tale possibilità deve essere esclusa, dal momento che il sig. Bozkurt non ha fornito dettagli precisi concernenti la sua attività lavorativa in Germania, né alcuna documentazione ad essa relativa, nonostante ciò gli sia stato richiesto dal Land Baden-Württemberg. Senza la cooperazione del sig. Bozkurt è impossibile determinare se egli abbia acquisito diritti ai sensi di tale articolo, né se possa averli perduti per essere stato disoccupato per diversi anni.

18.      Nelle sue osservazioni, la Commissione esprime dubbi circa la tesi adottata dal giudice nazionale. Essa rileva che l’art. 6, n. 2, della decisione n. 1/80, dispone in modo chiaro che, sebbene i periodi di involontaria disoccupazione e le assenze provocate da malattie di lunga durata non debbano essere assimilati a periodi di regolare impiego, essi non devono pregiudicare i diritti acquisiti in virtù del periodo di impiego anteriore. A parere della Commissione, il giudice nazionale deve rinnovare le proprie indagini su tale aspetto. Qualora risultasse che il sig. Bozkurt godeva di diritti ai sensi dell’art. 6, non sarebbe necessario prendere in considerazione la sua posizione ai sensi dell’art. 7.

19.      Come osserva la stessa Commissione, secondo giurisprudenza costante, nell’ambito di un procedimento in forza dell’art. 234 CE (ora art. 267 TFUE), basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale (6). In modo analogo, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (7).

20.      Nondimeno, può essere utile – al fine di aiutare il giudice nazionale nella soluzione della controversia di cui è investito – rilevare che condivido le osservazioni della Commissione in merito alla formulazione e all’effetto dell’art. 6 della decisione n. 1/80. Il fatto che il sig. Bozkurt sia stato disoccupato per diversi anni, non comporta, di per sé, la perdita dei suoi diritti ai sensi di detto articolo (8). L’esatta applicazione di tale articolo nella causa principale è, naturalmente, una questione che spetta esclusivamente al giudice nazionale.

 Prima questione

21.      Con la sua prima questione, il giudice nazionale chiede, in sostanza, se possano essere acquisiti diritti ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 (in prosieguo: «l’art. 7») qualora l’interessato non sia più «familiare» di un lavoratore turco, inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato ospitante.

22.      In altre parole, se rientri nella competenza di uno Stato membro subordinare tali diritti al mantenimento dello status di «familiare». Non è consentito a tale Stato decretare l’espulsione di una persona nella situazione del sig. Bozkurt, qualora i diritti in questione debbano essere considerati autonomi una volta sorti.

23.      I governi danese e tedesco e il Land Baden-Württemberg sostengono che, se lo status di familiare non continua a sussistere, tali diritti vengono persi. Il sig. Bozkurt e la Commissione sostengono il contrario, vale a dire, che i diritti, una volta acquisiti, sono autonomi. Il governo italiano sostiene che il divorzio del sig. Bozkurt non deve incidere sui suoi diritti ai sensi dell’art. 7, ma modula tale tesi per taluni aspetti.

24.      Per risolvere tale questione è necessario, innanzitutto, prendere in considerazione la misura in cui gli artt. 6 e 7 della decisione n. 1/80 assolvono una funzione sociale nel creare diritti per i lavoratori turchi e i loro familiari che si trovano negli Stati membri. Successivamente, occorre tener conto del processo mediante il quale gli obiettivi alla base di tali disposizioni si devono applicare in concreto e, per estensione, la misura in cui tali Stati possono imporre condizioni al soggiorno di coloro che intendono beneficiarne. Non mancano decisioni della Corte in questa materia e attingerò ampiamente a tale giurisprudenza nel mio esame di tali questioni.

 L’art. 7 quale strumento sociale

25.      L’art. 7 figura alla sezione 1 della decisione n. 1/80 (intitolata «Problemi relativi all’occupazione e alla libera circolazione dei lavoratori»), nel capitolo II di tale decisione, intitolato «Disposizioni sociali».

26.      È chiaro che l’art. 7 deve avere efficacia diretta negli Stati membri, di modo che i cittadini turchi che ne soddisfano le condizioni possono far valere direttamente i diritti che esso attribuisce loro (9).

27.      Ai sensi dell’art. 6 della decisione n. 1/80, che figura nella stessa sezione, i lavoratori turchi inseriti nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro beneficiano di taluni diritti di accesso al mercato del lavoro in tale Stato. Dopo quattro anni di regolare impiego ai sensi di tale articolo, essi godono di libero accesso a qualsiasi attività salariata di loro gradimento, a condizione che tale attività sia svolta nello Stato ospitante (10).

28.      Ai sensi del primo comma dell’art. 7, i familiari di un tale lavoratore che sono stati autorizzati a raggiungerlo beneficiano del diritto di accesso limitato al mercato del lavoro nello Stato ospitante se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni. Qualora vi risiedano regolarmente da cinque anni, beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività salariata di loro scelta. Mediante tali disposizioni viene avviato un processo di integrazione graduale, sia per il lavoratore, sia per i suoi familiari.

29.      Per beneficiare dei diritti di cui all’art. 7, il familiare in questione deve, in primo luogo, essere un familiare di un lavoratore turco già inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato ospitante e, in secondo luogo, deve essere stato autorizzato dalle competenti autorità di tale Stato a raggiungere il detto lavoratore (11).

30.      Il processo di integrazione previsto dall’art. 7 si articola in due fasi. La prima ha una durata di tre anni. Durante tale periodo, a meno che lo Stato ospitante non scelga di predisporre accordi più vantaggiosi per i familiari in generale, l’interessato non ha il diritto di esercitare un’attività lavorativa in tale Stato. La seconda fase ha una durata di due anni. Il familiare può esercitare un’attività lavorativa, ma tale diritto è conferito «fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità». Una volta trascorso il periodo di cinque anni, il familiare è libero di rispondere a qualsiasi attività salariata di sua scelta.

31.      Il diritto di cercare e/o accedere ad un’occupazione comporta necessariamente la concomitanza di un diritto di soggiorno nello Stato ospitante, senza il quale il primo diritto sarebbe privo di effetto (12).

32.      L’applicazione dell’art. 7 nella pratica: in che misura gli Stati membri possono imporre condizioni al diritto di soggiorno del familiare?

33.      Dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che lo Stato membro di cui trattasi può imporre condizioni sia per quanto concerne l’ingresso iniziale del familiare nel suo territorio, sia per quanto riguarda il soggiorno di tale persona durante (almeno) il periodo di tre anni successivo al suo ingresso. La decisione circa l’ingresso è una questione che spetta esclusivamente allo Stato ospitante. Esso è libero di imporre condizioni a tale ingresso. Le condizioni che gli Stati membri possono imporre una volta che l’autorizzazione all’ingresso è stata concessa sono più limitate: in sostanza, sono legittimati ad assicurare che la presenza del familiare «sia conforme allo spirito e alla finalità dell’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80». È chiaro, per esempio, che lo Stato ospitante può imporre la condizione che il familiare abiti sotto lo stesso tetto del lavoratore turco che è stato autorizzato a raggiungere.(13)

34.      Quali sono gli obiettivi di tale periodo di riferimento, se ci si pone dal punto di vista del lavoratore turco e dei suoi familiari?

35.      In sostanza, essi sono due. In primo luogo, la presenza del familiare nel territorio dello Stato ospitante è volta a consentire il ricongiungimento familiare (14). Quantomeno in un primo tempo, l’accento viene posto sul miglioramento della situazione dei lavoratori turchi, piuttosto che di quella dei familiari. Facendosi raggiungere dai familiari, essi beneficiano di un miglioramento della qualità della vita nel loro luogo di lavoro.

36.      In secondo luogo, lo scopo è l’inserimento del familiare. Consentendo ai familiari di essere presenti nello Stato ospitante, tali persone hanno l’opportunità di entrare gradualmente a far parte della società di tale Stato e, sostanzialmente, di esercitare un’attività lavorativa nel medesimo. La loro posizione nello Stato ospitante risulta, di conseguenza, «consolidata» (15). L’attenzione, in questo caso, viene posta sui familiari, piuttosto che sul lavoratore turco che hanno raggiunto.

37.      Qual è la posizione alla scadenza del periodo di riferimento? Lo Stato ospitante può continuare ad imporre condizioni al diritto di soggiorno di tali familiari, una volta che essi hanno acquisito il diritto incondizionato di accesso al mercato del lavoro in tale Stato? Può esso, di fatto, dire ad una persona come il sig. Bozkurt che può rimanere in tale paese finché è coniugato, ma, nel caso in cui divorzi, si riserva il diritto di allontanarlo dal suo territorio?

38.      A mio parere, in queste circostanze lo Stato ospitante non può più subordinare il diritto di soggiorno a condizioni. Il momento è passato.

39.      Tale conclusione è confermata dalla giurisprudenza della Corte attinente all’art. 7, sia per quanto concerne l’analisi, effettuata dalla Corte, della natura generale del diritto, sia per quanto riguarda i casi particolari nei quali la Corte ha ammesso il suo mantenimento. Da un punto di vista generale, ciò che la Corte ha fatto è sottolineare la natura autonoma del diritto che sorge al termine del periodo di riferimento. Pertanto, nella causa Ergat (16), la Corte ha dichiarato che «gli Stati membri non hanno più la facoltà di subordinare in tal modo a condizioni il soggiorno di un familiare di un lavoratore turco oltre il detto periodo di tre anni» e che «a maggior ragione ciò deve valere per un emigrante turco che (...) soddisfa le condizioni dell’art. 7, primo comma, secondo trattino», vale a dire, che risiede legalmente nello Stato membro ospitante da cinque anni) (17). Essa ha inoltre fatto riferimento alla posizione di un familiare che abbia soddisfatto le condizioni di cui all’art. 7 nel senso di una persona che «sia (...) regolarmente inserita nello Stato membro ospitante» e che «abbia la possibilità di inserirsi durevolmente nello Stato membro ospitante» (18). Nella causa Eyüp (19), la Corte ha fatto riferimento al requisito che «il ricongiungimento familiare, che ha giustificato l’ingresso del familiare nel territorio dello Stato membro ospitante, si manifesti per un certo tempo attraverso una coabitazione effettiva in comunione domestica con il lavoratore e che tale situazione sussista finché l’interessato non soddisfi egli stesso le condizioni per accedere al mercato del lavoro in tale Stato» (20).

40.      Sottolineando la funzione dell’art. 7 consistente nell’inserire nella società dello Stato ospitante i familiari aventi diritto ai sensi del medesimo, la Corte ha rilevato che il diritto di soggiorno, che costituisce la contropartita del diritto di accesso al mercato del lavoro nello Stato membro in questione, è «indipendente dal mantenimento delle condizioni di accesso a [tale diritto]» (21). Nella sentenza Ergat, essa ha dichiarato che «il diritto incondizionato di esercitare qualsiasi attività liberamente scelta dall’interessato, senza inoltre che una precedenza dei lavoratori degli Stati membri possa essergli opposta (...) sarebbe privo di effettività nel caso in cui le autorità nazionali competenti avessero la possibilità di condizionare o restringere in qualsiasi modo l’applicazione dei diritti precisi che all’emigrante turco sono stati conferiti direttamente dalla [decisione n. 1/80]» (22).

41.      Applicando tale ragionamento a situazioni particolari, la Corte ha dichiarato, ad esempio, che possono essere validamente rivendicati diritti ai sensi dell’art. 7, sebbene il padre del ricorrente, da cui è derivato il diritto di soggiorno di quest’ultimo, avesse lasciato lo Stato ospitante al momento in cui siffatti diritti venivano esercitati e non vi risiedesse né vi lavorasse più (23). In modo analogo, essa ha sostenuto che, il fatto che una persona che avesse soddisfatto le condizioni di cui all’art. 7, primo comma, seppure, all’età di ventitré anni, non esercitasse ancora un’attività salariata, non ostava alla concessione di un diritto di soggiorno (24).

42.      È vero che tale giurisprudenza concerne persone che, diversamente dal sig. Bozkurt, erano «familiari» al momento della contestazione del loro diritto di soggiorno da parte dello Stato ospitante. Ma sostenere, come fanno i governi danese e tedesco e il Land Baden-Württemberg nelle loro osservazioni, che la mancanza di un legame familiare ininterrotto significhi che il sig. Bozkurt abbia ora perduto qualsivoglia diritto acquisito ai sensi dell’art. 7, non è, a mio parere, pertinente. Dall’ordinanza di rinvio risulta chiaramente che il sig. Bozkurt ha trascorso cinque anni come familiare di una lavoratrice turca inserita nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro, in questo caso la Germania. Nulla suggerisce che, durante tale periodo, egli non abbia osservato le condizioni impostegli. Pertanto, al termine di tale periodo di cinque anni, egli ha acquisito l’integralità dei diritti derivanti dall’art. 7. Tali diritti erano autonomi e, fatte salve le due riserve che esaminerò nel paragrafo successivo, continuativi. A mio parere, il fatto che egli abbia successivamente divorziato e perduto la relazione di «familiare» non può avere alcun effetto sulla sua posizione.

43.      Le due eccezioni sono le seguenti. I cittadini turchi che hanno acquisito diritti incondizionati di residenza e di accesso al mercato del lavoro nello Stato ospitante possono perdere tali diritti in presenza di una delle due seguenti circostanze. La prima concerne i motivi di ordine pubblico, di sicurezza o di sanità pubbliche di cui all’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80. Ritornerò sulla questione più avanti (25). La seconda si configura quando l’interessato lascia il territorio dello Stato ospitante per un periodo di tempo non trascurabile e senza motivi legittimi (26).

44.      Pertanto, la prima situazione riflette il diritto continuativo di uno Stato membro di espellere un cittadino turco dal suo territorio per una ragione particolare e seria – un diritto che continua a sussistere anche nei confronti dei cittadini dell’UE. La seconda situazione riflette il fatto che un diritto di soggiorno assoluto non equivale, concettualmente, a possedere la cittadinanza dello Stato ospitante o a beneficiare dei diritti particolari associati alla cittadinanza dell’Unione.

45.      A mio parere, è piuttosto chiaro che queste sono le uniche ragioni sulla base delle quali possono essere revocati i diritti di cui beneficia una persona come il sig. Bozkurt (27).

46.      Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice nazionale fa riferimento all’impatto che il regolamento n. 1612/68 (28) potrebbe avere sulla situazione del sig. Bozkurt. A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che, dal momento che l’art. 7 non contiene una definizione di «familiare», si deve ricorrere alla definizione di tale nozione contenuta nel regolamento, al fine di interpretare la nozione equivalente nell’art. 7 (29). Nella sentenza Reed (30), con riferimento all’art. 10 del regolamento n. 1612/68, la Corte ha dichiarato che la nozione di «famiglia» di un lavoratore non si estendeva al convivente (31). Il giudice nazionale (la cui argomentazione è sostenuta dai governi danese e tedesco) chiede se con ciò si debba intendere che il diritto di soggiorno del sig. Bozkurt sia venuto a cessare con il suo divorzio.

47.      A mio parere, dall’analisi di cui sopra risulta che, una volta trascorso il periodo di cinque anni e pienamente acquisiti i diritti di cui all’art. 7, la questione dell’applicazione per analogia del regolamento n. 1612/68 ad una persona nella situazione del sig. Bozkurt diventa irrilevante. La questione se il sig. Bozkurt sia un familiare semplicemente non si pone in questo contesto. Ciò che rileva è che egli è stato un familiare durante il periodo di riferimento di cinque anni.

48.      Da ultimo, intendo esaminare l’applicazione dell’art. 59 del Protocollo addizionale, altresì sollevata dal giudice nazionale e dai governi danese, tedesco e italiano. Con tale disposizione viene efficacemente precluso un trattamento più favorevole nei confronti dei cittadini turchi, rispetto a quello accordato ai loro omologhi dell’Unione in circostanze analoghe. Ai sensi della normativa comunitaria in vigore al momento del provvedimento di espulsione del sig. Bozkurt (32), i cittadini dell’Unione che erano entrati e avevano soggiornato in uno Stato membro in qualità di familiari potevano, a loro volta, perdere il loro diritto di soggiorno in caso di divorzio dalla persona che avevano raggiunto. Qualora l’art. 7 fosse interpretato nel senso che il sig. Bozkurt godeva di un diritto di soggiorno ininterrotto in circostanze equivalenti (come viene sostenuto) ne risulterebbe un trattamento più favorevole nei suoi confronti. Tale risultato è contrario all’art. 59 e deve, pertanto, essere respinto.

49.      Non concordo.

50.      Come giustamente rileva la Commissione nelle sue osservazioni, lo stesso argomento, mutatis mutandis, – la controversia concerneva un figlio, anziché un coniuge – è stato esaminato e respinto nella sentenza Derin (33). Tale causa concerneva il figlio di un cittadino turco che rivendicava un diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 7, malgrado fosse di età superiore a 21 anni e non abitasse più con i genitori, cha aveva raggiunto nello Stato ospitante, né fosse a carico di questi. Nell’ambito dell’esame dell’applicabilità dell’art. 59, la Corte ha messo a confronto i diritti di cui usufruiscono i cittadini dell’Unione, con quelli di cui usufruiscono i cittadini turchi. Essa ha osservato che i figli di tali cittadini beneficiavano del diritto incondizionato di stabilirsi con la famiglia nello Stato ospitante, mentre l’equivalente diritto dei figli di cittadini turchi era condizionato, dal momento che richiedeva il consenso delle autorità dello Stato in questione. Successivamente, essa ha constatato che i figli di un cittadino dell’Unione fruiscono del diritto di accedere a qualsiasi attività subordinata nello Stato ospitante, mentre l’equivalente diritto dei figli di lavoratori turchi è espressamente disciplinato dall’art. 7, primo comma. Da ultimo, essa ha osservato che i cittadini turchi non hanno il diritto di circolare liberamente all’interno della Comunità e che possono perdere il loro diritto di soggiorno qualora sia applicabile l’art. 14 della decisione n. 1/80 o qualora lascino il territorio dello Stato membro ospitante per un periodo significativo e senza motivi legittimi (34). La Corte ha, pertanto, dichiarato che la situazione del figlio di un lavoratore turco «non può essere utilmente paragonata» a quella di un discendente di un cittadino di uno Stato membro, tenuto conto delle notevoli differenze esistenti fra la loro situazione giuridica rispettiva (35).

51.      A mio parere, nulla osta a che tale ragionamento sia applicato ad una persona, come il sig. Bozkurt, in qualità di coniuge di una cittadina turca.

52.      Ne consegue che l’argomento fondato sull’art. 59 del Protocollo addizionale deve essere respinto.

53.      Per tutte le ragioni sopra esposte, sono del parere che la prima questione debba essere risolta nel senso che il diritto di soggiorno e al lavoro, acquisito in qualità di familiare ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, dal coniuge di una lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro continua a sussistere anche successivamente allo scioglimento del matrimonio.

 Seconda questione

54.      Si tratta di una questione importante. Prima di occuparmi della questione di diritto che occorre trattare, vorrei porre l’accento sul fatto che il presente caso non riguarda lo stupro e cosa si pensa dello stupro. Si tratta di accertare cosa costituisce un abuso di diritto, allorché vi è una rottura di un matrimonio mediante il quale il diritto di soggiorno è sorto in forza dell’art. 7. Su tale sfondo deve essere risolta la questione. Il diritto di uno Stato membro di espellere una persona nella situazione del sig. Bozkurt costituisce una questione distinta, disciplinata dall’art. 14 della decisione n. 1/80, di cui mi occuperò nei paragrafi 71 e segg.

55.      Con la sua seconda questione, il giudice nazionale chiede se una persona come il sig. Bozkurt faccia valere abusivamente il diritto di soggiorno, derivante dall’ex moglie, basato sull’art. 7, primo comma, secondo trattino, qualora abbia stuprato e ferito quest’ultima dopo l’acquisizione di tale diritto e sia stato condannato a pena detentiva, sospesa, di due anni.

56.      I governi spagnolo e tedesco e il Land Baden-Württemberg sostengono che tale comportamento costituisce effettivamente un abuso del diritto. Ne consegue che uno Stato membro è competente a privare il sig. Bozkurt del suo diritto di soggiorno. Il governo italiano è del parere che tale questione debba essere appropriatamente trattata tenendo in considerazione l’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80. Esaminerò tale questione in seguito (36). Da parte sua, la Commissione sostiene che applicare la nozione di abuso di diritto ad una situazione come quella del sig. Bozkurt nella causa principale è errato.

57.      Condivido il parere della Commissione.

58.      È, senza ombra di dubbio, un principio generale del diritto dell’Unione europea che l’abuso di diritto sia vietato (37). Ne consegue che i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme comunitarie (38).

59.      Si è osservato che per determinare se si sia configurato abuso del diritto in un caso particolare il parametro di riferimento è «se vi sia stato o meno un travisamento delle finalità e degli obiettivi della norma comunitaria che attribuisce il diritto in questione» (39).

60.      Il diritto di cui trattasi nella causa principale è il diritto di soggiorno di cui all’art. 7. Ho già illustrato quali siano le finalità e gli obiettivi di tale diritto (40).

61.      Si può affermare che il comportamento scorretto del sig. Bozkurt può, di per sé e senz’altro, comportare la revoca di tale diritto?

62.      A mio parere, non si può.

63.      Dall’ordinanza di rinvio non risulta che questo sia un caso di matrimonio fittizio, contratto allo scopo di procurare vantaggi altrimenti non accessibili. La Corte ha dichiarato che un matrimonio di comodo non può creare diritti ai sensi della legislazione dell’Unione europea (41). Qualora il sig. Bozkurt avesse cercato di ottenere diritti ai sensi dell’art. 7 contraendo una relazione fittizia, tali diritti non avrebbero avuto alcuna utilità (42). Tuttavia, tale non è il caso di specie.

64.      Lo stupro è un reato molto grave. Atteso che la vittima era la sua consorte, non vi è dubbio nemmeno sul fatto che egli abbia abusato del matrimonio. A mio parere, tuttavia, ciò non rappresenta un comportamento che costituisce un abuso da parte del sig. Bozkurt del diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 7 con la conseguenza che tale diritto debba essere considerato perduto.

65.      Questo per due ragioni.

66.      In primo luogo, qualora il diritto di cui trattasi debba essere interpretato come diritto autonomo, come da me suggerito, ritengo errato asserire un abuso di diritto in ragione del comportamento di cui il sig. Bozkurt era colpevole, relativo alla persona dalla quale ha originariamente derivato tale diritto. Qualora il diritto sia autonomo, le questioni attinenti all’origine di tale diritto non sono più applicabili per definizione.

67.      In secondo luogo, per stabilire se vi sia stato un abuso di diritto ai fini dell’art. 7, è necessario tenere in considerazione i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza. Nella sentenza Emsland-Stärke (43), la Corte ha affermato la necessità di applicare un criterio in due fasi. In primo luogo, è necessario determinare un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, l’obiettivo perseguito dalla detta normativa non è stato raggiunto. In secondo luogo, deve sussistere un elemento soggettivo che consiste nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa comunitaria mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (44). Tale elemento soggettivo deve costituire il «solo scopo» del comportamento di cui trattasi (45).

68.      È chiaro che il comportamento contestato al sig. Bozkurt non può soddisfare tali requisiti. Non si può affermare che, contraendo matrimonio con la sig.ra Bozkurt, il suo solo scopo fosse di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa comunitaria. Il giudice nazionale rileva che il comportamento del sig. Bozkurt lo rende «indegno» di beneficiare dei diritti di cui all’art. 7. Ciò può anche essere vero, ma un’indegnità di tale genere e un abuso di diritto ai sensi del diritto comunitario non sono la stessa cosa. Quello dell’indegnità «non è il criterio posto nella sentenza Emsland-Stärke» (46).

69.      Per ragioni di completezza, aggiungo che si deduce logicamente da questa conclusione che, anche se il comportamento contestato avesse avuto luogo durante i periodi di riferimento di tre o cinque anni di cui all’art. 7, primo comma, non avrebbe comunque configurato un abuso di diritto ai sensi del diritto dell’Unione europea.

70.      Per tutte le ragioni sopra esposte, sono del parere che la seconda questione deve risultare essere nel senso che non costituisce un abuso di diritto il fatto di far valere il diritto di soggiorno derivante dall’ex moglie, basato sull’art. 7, prima frase, secondo trattino, qualora la persona di cui trattasi abbia stuprato e ferito quest’ultima dopo l’acquisizione di diritti in virtù di tale articolo e sia stato condannato per tale fatto ad una pena detentiva, sospesa, di due anni.

 Osservazioni finali

71.      Sebbene il giudice nazionale menzioni l’art. 14 della decisione n. 1/80 nella sua ordinanza di rinvio, esso non svolge un ragionamento specifico in relazione a tale articolo. Per come interpreto la posizione, il tentativo di espellere il sig. Bozkurt nel 2005 ha incontrato l’ostacolo dell’art. 9 della direttiva 64/221. Era pacifico sia il fatto che tale disposizione doveva essere osservata qualora il provvedimento di espulsione dovesse essere valido, sia che non era stata osservata (47).

72.      Nondimeno, è difficile sfuggire a quella che potrei descrivere come una sensazione di disagio che permea sia l’ordinanza di rinvio, sia le osservazioni dei governi danese e tedesco, nonché del Land Baden-Württemberg, che ad una persona con precedenti penali quali quelli del sig. Bozkurt possa essere consentito di rimaner nel territorio nazionale. È indubbia la necessità di intervenire.

73.      Non intendo affermare che i tentativi di affrontare le questioni di espulsione «lateralmente», come nella fattispecie di cui alla causa principale, siano necessariamente destinati a fallire. Una persona che non osservi le condizioni previste dall’art. 7, adeguatamente interpretato, non beneficia del diritto di rimanere nel territorio dello Stato ospitante e può essere espulsa.

74.      Tuttavia, ritengo che, in generale, allorché sorge una questione circa il fatto che un cittadino turco, che si è avvalso dei diritti che gi derivano dalla decisione n. 1/80, possa essere espulso dal territorio di uno Stato membro, detta questione sarà meglio affrontata invocando, come punto di partenza, l’art. 14 di tale decisione. Tale disposizione, dopotutto, è volta a disciplinare le espulsioni proprio in questo tipo di situazione.

75.      Le norme sull’applicabilità dell’art. 14 della decisione n. 1/80 sono state chiaramente stabilite dalla Corte. Il seguente è un breve riepilogo. Qualora le autorità nazionali cerchino di espellere una persona ai sensi di tale articolo, esse devono procedere ad una valutazione del comportamento personale dell’autore di una violazione, nonché del carattere attuale, reale e sufficientemente grave del pericolo che egli costituisce per l’ordine e la sicurezza pubblici e, inoltre, devono rispettare il principio di proporzionalità. In particolare, un provvedimento di espulsione fondato sull’art. 14, n. 1, può essere adottato soltanto qualora il comportamento personale dell’interessato riveli un rischio concreto di nuove gravi perturbazioni dell’ordine pubblico. Un provvedimento del genere non può essere automaticamente emanato a seguito di una condanna penale e a scopo di prevenzione generale (48). Un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un provvedimento di espulsione in tali circostanze deve prendere in considerazione i dati di fatto successivi all’ultimo provvedimento dell’autorità competente che possano comportare il venir meno o un’attenuazione della minaccia attuale che il comportamento dell’interessato potrebbe costituire per l’ordine pubblico (49).

76.      Naturalmente, devono essere osservati tutti i requisiti procedurali risultanti sia dalla normativa dell’Unione europea, sia dalla normativa nazionale.

77.      In tale contesto, la soluzione della questione se l’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80, sia applicabile ai fatti di cui alla causa principale, nello stato attuale, spetta esclusivamente al giudice nazionale.

 Conclusione

78.      Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni sottoposte dal Bundesverwaltungsgericht:

(1)    Il diritto di soggiorno e al lavoro acquisito, in qualità di familiare, ai sensi dell’art. 7, primo comma, secondo trattino, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione CEE-Turchia, dal coniuge di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro continua a sussistere anche successivamente allo scioglimento del matrimonio.

(2)    Non costituisce un abuso di diritto il fatto di far valere il diritto di soggiorno derivante dall’ex moglie, basato sull’art. 7, prima frase, secondo trattino, qualora la persona di cui trattasi abbia stuprato e ferito quest’ultima dopo l’acquisizione di diritti in virtù di tale articolo e sia stato condannato per tale fatto ad una pena detentiva, sospesa, di due anni.



1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Decisione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito ai sensi dell’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara in data 12 settembre 1963.


3 –      Accordo che istituisce un’associazione tra la CEE e la Turchia, firmato ad Ankara in data 12 settembre 1963.


4– Protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760 [(GU 1972, L 293, pag. 1) non è stata pubblicata una traduzione ufficiale in inglese].


5  – V., in proposito, sentenza 2 giugno 2005, causa C‑136/03, Dörr e Ünal (Racc. pag. I‑4759, punto 69). Le garanzie procedurali previste dagli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d’ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GU 1964, n. 56, pag. 850) si applicano ai cittadini turchi la cui situazione giuridica è disciplinata dagli artt. 6 o 7 della decisione n. 1/80. L’art. 9, n. 1, di tale direttiva dispone, in sostanza, che, tranne in casi in cui i ricorsi giurisdizionali sono pienamente ammessi ed hanno effetto sospensivo e tranne in casi di urgenza, un provvedimento di diniego di un permesso di soggiorno o quello di allontanamento del titolare del permesso di soggiorno non può essere adottato dalle autorità nazionali se non dopo aver sentito il parere di un’autorità competente del paese ospitante, dinanzi alla quale l’interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di detto paese. Sebbene risulti che l’art. 9, n. 1, fosse applicabile alla decisione di espellere il sig. Bozkurt, non è mai stato ottenuto un parere dall’autorità competente, come previsto da tale disposizione. La direttiva 64/221 è stata abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004 L 158, pag. 77, rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35) a decorrere dal 30 aprile 2006.


6 – Tra tante, v. sentenze 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit Futtermittel (Racc. pag. 3439, punto 12) e 15 aprile 2010, causa C‑433/05, Sandström (Racc. pag. I‑ 2885, punto 35).


7 – Tra tante, v. sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, (Racc. pag. I‑4921, punto 59) e 18 marzo 2010, causa C‑440/08, Gielen (Racc. pag. I‑ 2323, punto 27).


8 – V., in proposito, sentenza 23 gennaio 1997, causa C‑171/95, Tetik (Racc. pag. I‑329, punto 38).


9 – V. sentenza 18 luglio 2007, causa C‑325/05, Derin (Racc. pag. I‑6495, punto 47).


10 – Per un’analisi più dettagliata delle premesse degli artt. 6 e 7 della decisione n. 1/80, vedere le mie conclusioni nella causa C‑484/07, Pehlivan, presentate nella stessa data delle presenti conclusioni, punti 29 e segg.


11  – V. sentenza 30 settembre 2004, causa C‑275/02, Ayaz (Racc. pag. I‑8765, punto 34).


12  – V., tra l’altro, sentenza 17 aprile 1997, causa C‑351/95, Kadiman (Racc. pag. I‑2133, punto 29). Il ragionamento svolto dalla Corte nella fattispecie riflette un suo precedente ragionamento concernente l’art. 6 della decisione n. 1/80: v. sentenze 20 settembre 1990, causa C‑192/89, Sevince (Racc. pag. I‑3461, punto 29) e 16 dicembre 1992, causa C‑237/91 Kus (Racc. pag. I‑6781, punto 22).


13 – V. Kadiman, cit. alla nota 12 supra, punti 33 e 41. Per un’analisi più approfondita delle condizioni che uno Stato membro ospitante può imporre durante il periodo di cui trattasi, vedere le mie conclusioni nella causa Pehlivan, cit. alla nota 10 supra, paragrafi 39 e segg.


14 – V. sentenza Kadiman, cit. alla nota 12 supra, punti 35 e 36.


15  – V., in tal senso, sentenza Kadiman, cit. alla nota 12, punti 35 e 36.


16 – Sentenza 16 marzo 2000, causa C‑329/97, Ergat (Racc. pag. I‑1487).


17 – Punti 38 e 39.


18 – Punti 42 e 43.


19 – Sentenza 22 giugno 2000, causa C‑65/98, Eyüp (Racc. pag. I‑1487).


20 – Punto 28 (il corsivo è mio).


21 – V. sentenza Ergat, cit. alla nota 16 supra, punto 40 e sentenza 11 novembre 2004, causa C‑467/02, Cetinkaya (Racc. pag. I‑10895, punto 31).


22 – V. punto 41. V., inoltre, sentenza 25 settembre 2008, causa C‑453/07, Er (Racc. pag. I‑7299, punto 27).


23  – V. sentenza 19 novembre 1998, causa C‑210/97, Akman (Racc. pag. I‑7519, punto 51).


24 – V. sentenza Er , cit. alla nota 22 supra, punto 31, in cui si rileva che l’art. 7 differisce, nel caso di specie, dall’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80. V., inoltre, sentenze 7 luglio 2005, causa C‑373/03, Aydinli (Racc. pag. I‑6181, punto 31) e Derin, cit. alla nota 9 supra, punto 56.


25 – V. paragrafi 71 e segg. infra.


26 – V., tra l’altro, sentenza Ergat, cit. alla nota 16 supra, punto 48, nonché sentenze 4 ottobre 2007, causa C‑349/06, Polat (Racc. pag. I‑8167, punto 21) e 18 dicembre 2008, causa C‑337/07, Altun (Racc. pag. I‑10323, punto 62).


27 – V., tra l’altro, sentenza Cetinkaya, cit. alla nota 21 supra, punto 38.


28  – Regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), come modificato. A decorrere dal 30 aprile 2006, gli artt. 10 e 11 di detto regolamento sono stati abrogati e sostituiti dalla direttiva 2004/38/CE.


29       V. Ayaz, cit. alla nota 11 supra, punto 38.


30 – Sentenza 17 aprile 1986, causa 59/85, Reed (Racc. pag. 1283).


31 – V. punto 16.


32 – V. paragrafo 46 supra.


33  – Cit. alla nota 9 supra.


34 – Punti 62-67.


35 – Punto 68.


36 – V. paragrafi 71 e segg. infra.


37 – Tra tante, v. sentenza 5 luglio 2007, causa C‑321/05, Kofoed (Racc. pag. I‑5795, punto 38).


38  – V., tra l’altro, sentenze 12 maggio 1998, causa C‑367/96, Kefalas (Racc. pag. I‑2843, punto 20), 23 marzo 2000, causa C‑373/97, Diamantis (Racc. pag. I‑1705, punto 33) e 20 settembre 2007, causa C‑16/05, Tum e Dari (Racc. pag. I‑7415, punto 64).


39 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa C‑200/02, Zhu (sentenza del 19 ottobre 2004, Racc. pag. I‑9925, paragrafo 115).


40   V. paragrafi 25 e segg.


41  – V., per quanto riguarda il regolamento n. 1612/68, sentenza 23 settembre 2003, causa C‑109/01, Akrich (Racc. pag. I‑9607, punto 61). V., per quanto riguarda l’art. 6 della decisione n. 1/80, sentenza 5 giugno 1997, causa C‑285/95, Kol (Racc. pag. I‑3069, punto 25).


42 – Questo, a mio parere, anche dopo la scadenza dei periodi previsti nell’art. 7. V. le mie conclusioni nella causa Pehlivan, cit. alla nota 10 supra, paragrafi 89 e segg.


43 – Sentenza 14 dicembre 2000, causa C‑110/99, Emsland-Stärke (Racc. pag. I‑11569).


44 – V. punti 52 e 53.


45 – Punto 50. V., inoltre, sentenza Kofoed, cit. alla nota 37 di cui sopra, punto 38, in cui la Corte ha fatto riferimento al comportamento abusivo di cui trattasi come avente «unicamente» lo scopo di beneficiare di un vantaggio.


46 Cit. alla nota 43.


47 – V. punto 13 e nota 5 supra.


48 – V. sentenza Derin, cit. alla nota 9 supra, punto 74.


49 – V. Cetinkaya, cit. alla nota 21 di cui sopra, punto 47.