CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 10 settembre 2009 1(1)

Causa C‑262/08

CopyGene A/S

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca)]

«IVA – Esenzioni – Operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche effettuate da enti debitamente riconosciuti di natura analoga agli istituti ospedalieri o ai centri medici o diagnostici – Prelievo, trasporto, analisi e conservazione di sangue del cordone ombelicale»





1.        Le norme comunitarie in materia di IVA prevedono l’esenzione, inter alia, per l’ospedalizzazione, le cure mediche e le «operazioni ad esse strettamente connesse» assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti».

2.        Con il presente rinvio pregiudiziale, l’Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale) danese intende accertare se rientrino in tale esenzione la raccolta, il trasporto, l’analisi e la conservazione di sangue del cordone ombelicale per eventuali futuri impieghi terapeutici, quando tali servizi vengano prestati da una banca privata di cellule staminali ufficialmente autorizzata a trattare le cellule staminali del sangue cordonale.

 Normativa comunitaria pertinente

 Disposizioni in materia di IVA

3.        La causa principale verte su servizi forniti anteriormente al 2007; pertanto, le disposizioni comunitarie in materia di IVA applicabili sono quelle della sesta direttiva (2).

4.        L’art. 13, parte A, n. 1, di detta direttiva elenca le esenzioni dall’IVA «a favore di alcune attività di interesse pubblico». Tale disposizione prevede, in particolare, quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

b)      l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti;

c)      le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati;

d)      la fornitura di organi, di sangue e di latte umani;

(…)» (3).

5.        Ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), gli Stati membri possono subordinare la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste, inter alia, all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), all’osservanza di una o più di quattro condizioni – in sostanza, che tali enti non abbiano scopo di lucro e/o siano gestiti a titolo essenzialmente gratuito e/o pratichino prezzi approvati dalle autorità pubbliche o quanto meno inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all’IVA e/o le esenzioni non siano tali da provocare distorsioni di concorrenza nei confronti di tali imprese.

6.        Ai sensi dell’ art. 13, parte A, n. 2, lett. b), primo trattino, sono escluse dal beneficio dell’esenzione prevista, tra l’altro, all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), le prestazioni di servizi e le forniture di beni che non siano «indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate» (4).

 La direttiva in materia di tessuti e cellule

7.        Le norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani sono state fissate dalla direttiva in materia di tessuti e cellule (5), il cui art. 1 dispone che detta direttiva si applica ai tessuti e alle cellule umani «destinati ad applicazioni sull’uomo, al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana». I ‘considerando’ della direttiva precisano, inoltre, che il trapianto di tessuti e cellule umani «è un settore della medicina in rapida crescita, che offre notevoli opportunità per il trattamento di malattie finora incurabili» (primo ‘considerando’) e si riferiscono in generale agli impieghi a fini medici e terapeutici presi in considerazione dalla direttiva. Il settimo ‘considerando’ enuncia che quest’ultima dovrebbe applicarsi alle cellule staminali del cordone ombelicale.

8.        L’art. 6, n. 1, della direttiva in materia di tessuti e cellule così recita:

«Gli Stati membri garantiscono che gli istituti dei tessuti in cui si svolgono attività di controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull’uomo siano accreditati, designati, o autorizzati ai fini dello svolgimento di tali attività da[lle] autorità competent[i] o titolari di una licenza rilasciata dalle stesse».

 Fatti, procedimento e questioni sottoposte alla Corte

9.        Nell’ordinanza di rinvio si spiega che le cellule staminali sono cellule indifferenziate che possono rinnovarsi e fornire anche cellule specializzate nel corpo. Esse possono essere estratte solo dal feto, dal sangue del cordone ombelicale, dal midollo osseo o dal sangue periferico (vale a dire, circolante) e utilizzate per il trattamento di malattie nelle quali le cellule specializzate sono assenti o sono state distrutte. Tuttavia, non tutti i tipi di cellule staminali possono essere utilizzati per il trattamento di tutte le malattie; in alcuni casi risultano preferibili le cellule staminali del cordone ombelicale (in prosieguo: le «cellule staminali cordonali»).

10.      La CopyGene A/S (in prosieguo: la «CopyGene»), la principale banca privata di cellule staminali della Scandinavia, offre ai genitori servizi di raccolta, trasporto, analisi e conservazione del sangue del cordone ombelicale per l’uso delle cellule staminali al fine di curare il bambino nel caso in cui questi risulti successivamente affetto da patologie gravi. Tali servizi non vengono forniti né rimborsati in alcun modo dal regime pubblico danese di assicurazione malattia.

11.      Anzitutto, i futuri genitori stipulano una convenzione con la CopyGene relativa alla raccolta, al trasporto e all’analisi del sangue. Il sangue viene prelevato immediatamente dopo la nascita da personale sanitario che ha concluso a sua volta una convenzione con la CopyGene. Esso viene quindi trasportato ai laboratori della CopyGene e analizzato per determinare se le cellule staminali vive siano numericamente sufficienti per poter essere conservate. Se lo sono, i genitori possono concludere un contratto rinnovabile con la CopyGene per la crioconservazione (congelamento) e lo stoccaggio.

12.      Le cellule staminali in questione possono essere utilizzate solo per fini terapeutici. Il sangue è di proprietà del bambino, rappresentato dalla madre. La CopyGene non è proprietaria delle cellule staminali e non ha il diritto di utilizzarle ai fini di ricerca o di innesti o per altri scopi commerciali.

13.      L’ordinanza di rinvio precisa che le cellule staminali cordonali vengono utilizzate dal 1988, in particolare, per la cura del cancro, e si prevede che verranno utilizzate per la cura di altre malattie. Indipendentemente dal fatto che il prelievo venga effettuato per cure autologhe o allogeniche (6), esso avviene sempre nel corso di una nascita e, in genere, il sangue sarà congelato per un periodo di tempo più o meno lungo prima che occorra utilizzarlo per fini terapeutici.

14.      Nell’ordinanza di rinvio si rileva inoltre che lo European Group on Ethics in Science and New Technologies (Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie; in prosieguo: l’«EGE»), nel suo parere del 16 marzo 2004 sugli aspetti etici delle banche di sangue del cordone ombelicale (7), ha affermato tra l’altro che «la probabilità che il campione di cellule staminali possa essere usato per guarire il figlio donatore è attualmente minima, che le possibilità terapeutiche future rivestono carattere molto ipotetico e che non vi è tuttora alcuna indicazione del fatto che la ricerca attuale sfocerà in applicazioni terapeutiche specifiche di cellule di sangue del cordone ombelicale per fini autologhi»; tuttavia, secondo altri recenti articoli scientifici, le possibilità future sono più concrete e più rilevanti.

15.      La CopyGene è stata autorizzata al trattamento di cellule staminali cordonali per uso autologo, conformemente alla normativa danese che ha recepito la direttiva in materia di tessuti e cellule. Essa ha inoltre acquistato un’altra banca danese di cellule staminali autorizzata a sua volta al trattamento di cellule staminali per entrambe le applicazioni. Di conseguenza, la CopyGene detiene attualmente 2 000 campioni di cellule staminali per uso autologo da essa raccolti e 1 000 campioni per uso sia autologo che allogenico raccolti dall’altra banca. Le attività della CopyGene sono disciplinate, inter alia, dalla Guida sulle banche biologiche nel settore sanitario del Ministero della Salute danese.

16.      È questo, in sostanza, il contesto nel quale la CopyGene afferma che i servizi controversi devono essere esentati dall’IVA, in quanto operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione o alle cure mediche assicurate da enti debitamente riconosciuti aventi la stessa natura degli istituti ospedalieri o dei centri medici o diagnostici. Lo Skatteministeriet (amministrazione tributaria) ritiene che tali servizi debbano essere assoggettati ad imposta.

17.      L’Østre Landsret ha quindi sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)               Se la nozione di operazioni “strettamente connesse” all’ospedalizzazione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa stabilisce un requisito temporale, vale a dire nel senso che l’ospedalizzazione cui la prestazione di servizi è strettamente connessa deve esistere ed essere effettuata concretamente, iniziata o programmata, oppure se sia sufficiente che tale prestazione di servizi possa essere semplicemente strettamente connessa ad una possibile ospedalizzazione non ancora esistente, né ancora programmata, di modo che rientrano nell’ambito di tale nozione le prestazioni di servizi di una banca di cellule staminali, consistenti nel prelievo, nel trasporto, nell’analisi e nello stoccaggio del sangue del cordone ombelicale di neonati, destinato ad innesti autologhi.

Se al riguardo incida il fatto che le summenzionate prestazioni non possono essere effettuate in un momento diverso dalla nascita.

2)      Se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che tale disposizione riguarda qualsiasi prestazione effettuata a titolo preventivo, allorché le dette prestazioni sono effettuate prima che abbiano luogo l’ospedalizzazione o le cure mediche e prima che queste siano persino necessarie, temporalmente o sotto il profilo sanitario.

3)      Se la nozione di “altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti” ex art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa comprende banche private di cellule staminali, le cui prestazioni – effettuate dal personale medico autorizzato, vale a dire da infermieri, ostetriche e tecnici sanitari – consistono nella raccolta, nel trasporto, nell’analisi e nello stoccaggio del sangue del cordone ombelicale di un neonato ai fini degli innesti autologhi da utilizzare per una futura ospedalizzazione, quando le dette banche di cellule staminali non fruiscano di alcun aiuto del regime pubblico di previdenza sociale e la retribuzione ad esse versata non è presa a carico da detto regime.

A questo proposito se incida il fatto che, in base ad una legge nazionale che recepisce la direttiva [in materia di tessuti e cellule], una banca privata di cellule staminali sia stata autorizzata dalle autorità sanitarie competenti di uno Stato membro a trattare tessuti e cellule umani, trattamento consistente nel prelievo, consegna e stoccaggio delle cellule staminali del sangue del cordone ombelicale per innesti autologhi.

4)      Se per risolvere le prime tre questioni incida il fatto che le prestazioni di servizi siano effettuate per eventuali innesti allogenici da parte di una banca privata di cellule staminali, autorizzata dalle competenti autorità sanitarie di uno Stato membro a trattare i tessuti e le cellule umani – trattamento consistente nel prelievo, consegna e stoccaggio delle cellule staminali del sangue del cordone ombelicale per innesti autologhi – in base alla legge nazionale che recepisce la suddetta direttiva 2004/23».

18.      Hanno presentato osservazioni scritte e orali la CopyGene, i governi danese ed ellenico e la Commissione.

 Analisi

 Osservazioni preliminari

19.      Sia l’ordinanza di rinvio che le osservazioni presentate alla Corte fanno riferimento a questioni scientifiche ed etiche attinenti alla conservazione delle cellule staminali cordonali, in particolare per quanto riguarda lo stoccaggio presso banche private per innesti autologhi. Si tratta di un settore in cui esistono ancora pareri discordanti.

20.      Le riserve di ordine scientifico riguardano, inter alia, l’incertezza sulla qualità delle cellule staminali dopo lunghi periodi di crioconservazione, lo scarso quantitativo di cellule raccolto in ciascun caso, percentuali di successo inferiori a quelle ottenute con le cellule staminali del midollo osseo e il minor numero di trapianti di cellule staminali cordonali effettivamente realizzati per la cura di un numero limitato di patologie. Tuttavia, si registrano progressi costanti e tali riserve vengono spesso espresse con minore convinzione e meno diffusamente che in passato; inoltre, il prelievo delle cellule staminali cordonali è più semplice e meno invasivo di quello delle cellule staminali del midollo osseo e le cellule cordonali risultano più adatte per talune terapie. Sotto un altro profilo, la conservazione per innesto autologo può risultare meno utile rispetto a quella per innesto allogenico, in quanto il sangue del cordone ombelicale di un bambino presenta un numero limitato di cellule staminali, che peraltro non possono essere utilizzate per la cura di malattie genetiche (8).

21.      Le questioni etiche riguardano, inter alia, la possibilità che la raccolta di sangue cordonale possa interferire con il parto e mettere a rischio la salute del bambino o della madre, il rischio che i genitori possano essere persuasi a pagare per servizi in definitiva superflui sulla base di promesse esagerate, la meritevolezza delle banche finanziate con fondi pubblici che conservano cellule staminali donate volontariamente per l’innesto allogenico rispetto a quella delle banche private che chiedono un prezzo per la conservazione di cellule ai fini della cura del donatore o dei suoi familiari, l’inammissibilità dell’esclusione di qualsiasi possibile terapia salvavita e l’esigenza di garantire che la disponibilità di cellule staminali non sia diversa a seconda del gruppo etnico.

22.      Con ciò non intendo fornire un quadro completo, ponderato o preciso; voglio solo accennare ad alcune delle questioni sollevate (9). Non mi pronuncerò su tali questioni.

23.      In particolare, non sono in grado di valutare lo stato attuale delle conoscenze scientifiche in merito alla potenziale utilità della conservazione di cellule staminali cordonali per innesti autologhi o allogenici.

24.      Credo che neppure la Corte ne sia in grado, soprattutto perché «lo stato attuale delle conoscenze scientifiche» è in costante, rapida evoluzione. Soprattutto, nel procedimento pregiudiziale non spetta alla Corte accertare elementi di fatto di questa natura e lo stesso giudice del rinvio, cui compete risolvere tali questioni, non esprime una posizione definitiva in ordine alla fondatezza delle tesi contrapposte.

25.      Di conseguenza, non posso accogliere il suggerimento, formulato molto chiaramente dalla Commissione, secondo cui la Corte, ai fini dell’interpretazione della sesta direttiva, dovrebbe basarsi espressamente o implicitamente sullo stato attuale delle conoscenze scientifiche.

26.      Tuttavia, una circostanza richiamata dal giudice a quo e ammessa sia dalla CopyGene che dalle autorità danesi è che l’impiego delle cellule staminali cordonali nei trapianti risale, in sostanza, al 1988 (10). Ciò può risultare rilevante se si tiene conto del fatto che l’elenco delle esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva (11) rappresenta in un certo senso un fossile di un’era precedente, essendo stato adottato in un contesto sociale, economico e scientifico attualmente vecchio di circa quarant’anni e non avendo mai subito modifiche sostanziali. Può quindi essere appropriato, per interpretare il tenore letterale dell’esenzione, prendere in considerazione situazioni che non erano previste nel 1977 tenendo conto sia dei progressi in campo medico che delle variazioni dell’approccio all’assistenza medica intervenuti nel frattempo.

 Struttura dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b)

27.      Ritengo che sia importante, per esaminare le questioni poste, avere un’idea chiara della struttura dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, che, a mio parere, può essere raffigurata come segue:

Si applica l’esenzione dall’IVA ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva se

il servizio prestato

E

il prestatore del servizio

consiste nell’ospe-dalizzazione o in cure mediche

O

è un’ope-razione stretta-mente connessa all’ospe-dalizza-zione o alle cure mediche

 

è un organismo di diritto pubblico

O

fornisce servizi a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico

           

E

           

è un istituto ospeda-liero o un centro medico o diagno-stico

O

è un istituto della stessa natura

               

E

               

è debita-mente ricono-sciuto

28.      La definizione di «operazioni strettamente connesse» è in discussione nella prima, seconda e quarta questione, mentre quella di «istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» è in discussione nella terza e nella quarta questione.

29.      Ritengo preferibile esaminare tali questioni alla luce della struttura della disposizione, anziché nell’ambito ristretto delle questioni poste. Analizzerò le caratteristiche, anzitutto, dei servizi in questione (prima, seconda e quarta questione) e, successivamente, quelle del prestatore dei servizi (terza e quarta questione), tentando al contempo di esaminare tutte le questioni sulle quali il giudice nazionale chiede chiarimenti.

 Caratteristiche dei servizi (prima, seconda e quarta questione)

 La giurisprudenza della Corte

30.      La Corte ha costantemente dichiarato che le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario. I termini ivi impiegati devono essere interpretati restrittivamente in quanto deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione effettuata a titolo oneroso. Tuttavia, ciò non significa che detti termini debbano essere interpretati in modo da privarli dei loro effetti. Essi devono essere interpretati nel contesto e alla luce della struttura della direttiva, tenendo conto particolarmente della ratio legis di ciascuna esenzione. Inoltre, l’art. 13, parte A, non esenta tutte le attività d’interesse pubblico, ma solo quelle che sono elencate e descritte in modo particolareggiato (12).

31.      Alcune di tali esenzioni riguardano prestazioni o attività accessorie, o strettamente connesse o correlate a una prestazione principale che è esentata nel pubblico interesse. Più in generale, la Corte ha rilevato che alle prestazioni accessorie di una prestazione principale dev’essere applicata la stessa disciplina tributaria della prestazione principale. In entrambi i casi, la Corte considera che una prestazione incidentale, connessa o accessoria non costituisce per la clientela un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (13). Tuttavia, una prestazione che non sia essenziale per il conseguimento dello scopo della prestazione principale non può essere considerata strettamente connessa, neppure quando possa essere ritenuta molto utile ai fini della prestazione principale (14).

32.      Per quanto attiene più specificamente alle attività strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche, la giurisprudenza fornisce qualche altra indicazione.

33.      Anzitutto, le esenzioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), sono entrambe intese a ridurre i costi dell’assistenza sanitaria. L’espressione «cure mediche» dev’essere interpretata allo stesso modo in entrambi i casi, in quanto mira a includere tutte le esenzioni relative a prestazioni sanitarie in senso stretto: quelle che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o disturbi della salute (15). È lo scopo della prestazione medica che determina se quest’ultima debba essere esentata; se dal contesto emerge che il suo scopo principale non è quello di tutelare, vuoi mantenendola vuoi ristabilendola, la salute, ma un altro scopo, l’esenzione non è applicabile (16).

34.      I servizi sono strettamente connessi all’ospedalizzazione o alle cure mediche solo se costituiscono effettivamente prestazioni accessorie a tali cure fornite ai pazienti a titolo di prestazione principale, si inseriscono logicamente nell’ambito della fornitura delle stesse e costituiscono una tappa indispensabile nel processo di prestazione di tali servizi per conseguire gli scopi terapeutici perseguiti da questi ultimi, in quanto solo tali prestazioni sono idonee a influire sul costo delle cure mediche che l’esenzione in parola permette di rendere accessibili (17).

35.      Tuttavia, la nozione di scopo terapeutico non dev’essere interpretata in modo troppo restrittivo. Le prestazioni mediche effettuate a fini di prevenzione possono beneficiare di un’esenzione ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c). L’inclusione di esami o di altri trattamenti medici a carattere preventivo nella nozione di «prestazioni mediche» è conforme all’obiettivo di ridurre il costo delle spese sanitarie anche nel caso in cui le persone che ne sono state oggetto non soffrano di alcuna malattia o disturbo della salute (18).

36.      Tra le prestazioni che devono essere considerate cure mediche rientrano: la prestazione di cure a carattere terapeutico effettuata nell’ambito di un servizio di somministrazione di cure in loco fornite da personale infermieristico qualificato (19); i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati (20); gli esami medici e i prelievi di sangue o di altri campioni corporali per verificare la presenza di malattie effettuati per conto di datori di lavoro o di compagnie di assicurazioni, o il rilascio di certificati di idoneità fisica a viaggiare, qualora tali prestazioni siano dirette principalmente a tutelare la salute dell’interessato (21), nonché le analisi mediche effettuate a titolo preventivo per consentire l’osservazione e l’esame dei pazienti ancor prima che diventi necessario diagnosticare, curare o guarire un’eventuale malattia, prescritte da medici generici ed effettate da un laboratorio privato (22).

37.      Fanno parte dei servizi che sono stati dichiarati esclusi dalle cure mediche: un esame genetico effettuato da un medico per un accertamento di paternità (23); cure generiche e aiuto domestico prestati nell’ambito di un servizio in loco (24) e una perizia medica sullo stato di salute di una persona che abbia richiesto una pensione di guerra o di invalidità o abbia esperito un’azione per lesioni personali (25).

38.      Nella giurisprudenza in materia di prestazioni non si possono individuare così tanti esempi di quelle che sono state considerate, o meno, «operazioni strettamente connesse», in cui le prestazioni principali sono l’ospedalizzazione o le cure mediche soggette all’applicazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b).

39.      Da un lato, la Corte ha ritenuto che, allorché un professionista del settore sanitario prescrive, per l’elaborazione della propria diagnosi ed a scopo terapeutico, che il paziente si sottoponga ad un’analisi, la trasmissione del prelievo – la quale si colloca logicamente tra l’atto del prelievo e le analisi propriamente dette – è strettamente connessa alle analisi stesse e deve di conseguenza fruire di un’esenzione dall’IVA (26).

40.      Dall’altro, qualora un ospedale o un ente ricompreso nell’ambito di applicazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), presti servizi telefonici e dell’uso della televisione alle persone ospedalizzate, o fornisca posti letto e vitto ai loro accompagnatori, tali prestazioni non costituiscono operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche, a meno che i) siano indispensabili per realizzare gli scopi terapeutici a cui sono dirette le cure e ii) non siano essenzialmente destinate a procurare entrate supplementari attraverso la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con quelle di società commerciali assoggettate all’IVA (27).

 Applicazione al presente procedimento

–       Sulla prima questione

41.      Anzitutto, né il giudice del rinvio né le parti che hanno presentato osservazioni hanno suggerito che i servizi controversi possano essere considerati di per sé come cure mediche esenti dall’IVA.

42.      Risulta essere questo l’approccio corretto. Dall’ordinanza di rinvio emerge chiaramente che la raccolta, il trasporto, l’analisi e la conservazione di cellule staminali cordonali secondo le modalità applicate dalla CopyGene non perseguono direttamente lo scopo di effettuare diagnosi, trattamenti o cure di malattie o disturbi della salute, né quello di tutelare effettivamente , vuoi mantenendola vuoi ristabilendola, la salute.

43.      Tuttavia, ciò non esclude necessariamente che, in altre circostanze, il prelievo e l’analisi (nonché il trasporto e la conservazione eventualmente correlati) di sangue del cordone ombelicale possano perseguire scopi diagnostici rientranti in una categoria che la Corte ha ritenuto inclusa nella nozione di cure mediche. In udienza, il legale della CopyGene ha rilevato che, qualora la famiglia del donatore sia portatrice di una malattia ereditaria nota, il campione può essere analizzato per accertare la presenza di tale malattia. Si tratta ovviamente di un accertamento che spetta al giudice nazionale, dato che si tratta di stabilire se le analisi perseguano effettivamente finalità diagnostiche o rientrino semplicemente tra le analisi volte a verificare la possibilità di utilizzare le cellule.

44.      La questione fondamentale è dunque se le prestazioni controverse possano essere «strettamente connesse» all’ospedalizzazione e alle cure mediche.

45.      Nell’ordinanza di rinvio si rileva esplicitamente che le cellule staminali oggetto di tali prestazioni possono essere utilizzate solo ai fini dell’ospedalizzazione, e non a scopi di ricerca (28). Inoltre, risulta chiaramente dalla letteratura che, mentre un determinato trattamento può cambiare, le applicazioni mediche delle cellule staminali, comprese quelle cordonali, comporta sistematicamente il trapianto finalizzato alla sostituzione di cellule difettose. Non vi è dubbio che tale impiego rientra nella nozione di trattamento o cura di patologie o disturbi della salute, o di ripristino della salute, e sembra poco probabile che esso possa avvenire al di fuori di un istituto ospedaliero.

46.      Si può tracciare una chiara analogia con la trasfusione di sangue o il trapianto di organi. È vero che la fornitura di sangue e organi umani rientra nell’ambito di applicazione di un’altra specifica esenzione, quella dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. d), della sesta direttiva. Si potrebbe quindi sostenere che tali forniture rientrano in una categoria diversa da quella delle operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche. Dalla mancata inclusione delle forniture di tessuti e cellule umani si potrebbe inoltre dedurre che esse siano state intenzionalmente escluse dall’esenzione.

47.      Tuttavia, non credo che, in mancanza dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. d), la Corte avrebbe potuto ritenere che le operazioni di raccolta, trasporto, analisi e conservazione di sangue per trasfusioni o trapianti di organi costituissero qualcosa di diverso da operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche.

48.      Inoltre, l’elenco di esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva è stato adottato circa quarant’anni fa (29). Non è inverosimile che, se l’impiego delle cellule umane a fini terapeutici fosse stato ben consolidato negli anni ‘70, così come lo erano il trapianto di organi e la trasfusione di sangue, le forniture di cellule sarebbero state menzionate nell’art. 13, parte A, n. 1, lett. d).

49.      Pertanto, a mio parere, quando specifiche cellule umane, comprese le cellule staminali cordonali, vengono prelevate, trasportate, analizzate e conservate per scopi che non possono essere altro che il trattamento o la cura di malattie o di disturbi della salute, o il ripristino della salute, i servizi di cui trattasi devono essere strettamente connessi all’ospedalizzazione o alle cure mediche che perseguono tale scopo. Se le cellule vengono utilizzate con questa finalità, esse fanno logicamente parte delle cure in questione.

50.      Il giudice nazionale fa riferimento a un possibile «requisito temporale». Tuttavia, ritengo che l’intervallo di tempo trascorso tra il prelievo e l’impiego a fini medici di tali cellule non possa influire sulla valutazione. Naturalmente, il periodo di tempo può variare – per il sangue, gli organi, le cellule staminali o altri tessuti – e dipende in ampia misura dalla frequenza delle possibilità di impiego, dal grado di compatibilità tra donatore e ricevente nonché dalle possibilità di conservare la materia in questione. Tuttavia, qualsiasi limitazione imposta non potrebbe essere che arbitraria.

51.      In diritto può risultare necessario imporre limiti arbitrari – ad esempio termini, limiti di età o di velocità –, ma spetta al legislatore farlo, e non ai giudici (30). Né sembra esservi alcunché nel contesto o nella ratio dell’esenzione per le prestazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione e alle cure mediche, o nella struttura della sesta direttiva, che imponga di distinguere arbitrariamente, unicamente sulla base del tempo trascorso, tra servizi che sono strettamente connessi all’ospedalizzazione o alle cure mediche e servizi che non lo sono.

52.      Di conseguenza, quando tessuti o cellule umani vengono prelevati, trasportati, analizzati e conservati per scopi che non possono essere altro che l’ospedalizzazione o cure mediche, il fatto che tali servizi siano strettamente connessi alle cure in questione non può essere contestato semplicemente in quanto potrebbe trascorrere un periodo di tempo considerevolmente lungo prima che il materiale venga effettivamente utilizzato per tali scopi. Ciò varrebbe in ogni caso, ma vale a maggior ragione in quanto è materialmente impossibile prelevare sangue contenente cellule staminali in un momento diverso da quello della nascita.

53.      In particolare, il giudice nazionale chiede se, affinché possa applicarsi l’esenzione, l’ospedalizzazione cui la prestazione di servizi è strettamente connessa debba esistere ed essere effettuata concretamente, iniziata o programmata.

54.      Per quanto la Corte abbia dichiarato che i servizi sono strettamente connessi all’ospedalizzazione e alle cure mediche solo se vengono «effettivamente» forniti come prestazioni accessorie a tali cure (31), ritengo che tale condizione sussista allorché i servizi vengono effettivamente forniti e non possono avere altra funzione se non quella di imprescindibili prestazioni accessorie all’ospedalizzazione e alle cure mediche.

55.      Quando, ad esempio, viene effettuato un prelievo di sangue da un donatore a scopo di trasfusione, il prelievo può essere destinato in taluni casi a uno specifico ricevente nel contesto di una cura esistente, iniziata o programmata, ma la maggior parte delle donazioni di sangue sono destinate ad emergenze imprevedibili. Non vedo per quale motivo la differenza tra le due situazioni dovrebbe comportare un trattamento diverso ai fini dell’IVA, né nel caso del sangue né in quello del trapianto di qualsiasi altro tessuto o di qualsiasi altra cellula ai fini dell’ospedalizzazione o delle cure mediche.

56.      L’ultimo aspetto della prima questione del giudice nazionale è se l’incertezza in ordine alla possibilità di utilizzare effettivamente in futuro le cellule staminali nell’ambito dell’ospedalizzazione o delle cure mediche possa influire sul trattamento ai fini dell’IVA dei servizi controversi.

57.      Anche in questo caso non vedo perché tale incertezza dovrebbe avere rilevanza. È nella natura del sangue, degli organi, dei tessuti e delle cellule prelevati a scopi terapeutici che alcuni campioni non vengano utilizzati, per vari motivi. Ritengo che ciò che conta è che i servizi devono essere prestati per una finalità terapeutica e non possono perseguire uno scopo diverso. Dall’ordinanza di rinvio risulta essere questa la situazione dei servizi in discussione nella causa principale. Inoltre, ogniqualvolta viene prestato il servizio principale (il trattamento sanitario con innesto di cellule staminali cordonali), il nesso fra tale servizio e quello accessorio diviene del tutto evidente.

58.      A tale riguardo si può effettuare un confronto con la giurisprudenza della Corte secondo cui le operazioni imponibili a monte dirette ad essere utilizzate per operazioni imponibili a valle danno diritto a detrazione anche se queste ultime di fatto non vengono eseguite (32). Anche se esenzione e deduzione sono concetti diversi, è evidente che il diritto comunitario, di regola, non fa necessariamente dipendere il trattamento ai fini dell’IVA dall’uso finale.

59.      Sono state sollevate altre questioni dai governi danese ed ellenico e dalla Commissione: in primo luogo, se i servizi controversi debbano essere esclusi in quanto non sono essenziali all’ospedalizzazione o alle cure mediche esenti; in secondo luogo, se essi debbano essere esclusi in quanto l’esenzione non ridurrebbe la spesa sanitaria, e, in terzo luogo, se essi possano essere esclusi in quanto non vengono prescritti da un medico o da un altro professionista abilitato del settore sanitario.

60.      È vero che, ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 2, lett. b), della sesta direttiva, le prestazioni non possono essere esentate in forza dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), se non sono essenziali ai fini delle operazioni esentate, e che la Corte ha dichiarato che i servizi non devono essere considerati essenziali qualora siano semplicemente «molto utili» per conseguire lo scopo della prestazione principale esente (33). Tuttavia, mi sembra chiaro che, se viene applicata una terapia a base di cellule staminali, la disponibilità di cellule staminali dev’essere considerata essenziale per tale terapia, e non solo di grande utilità per la stessa. Non rileva neppure il fatto che possano essere disponibili altre fonti di cellule staminali (del midollo osseo, o del sangue periferico, oppure di un donatore diverso); la mera esistenza di alternative non può escludere automaticamente l’esenzione. Inoltre, il giudice del rinvio afferma espressamente che le cellule staminali del midollo osseo e del sangue periferico non possono essere utilizzate per alcuni tipi di patologie. Ritengo pertanto che non sussista alcun motivo per escludere l’esenzione sulla base dell’art. 13, parte A, n. 2, lett. b).

61.      È altresì vero che la Corte ha costantemente sottolineato che le esenzioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva hanno lo scopo di ridurre la spesa sanitaria. I governi danese ed ellenico sostengono che l’esenzione dei servizi controversi nel caso di specie non ridurrebbero tali costi, soprattutto perché i medesimi non sono connessi ad una terapia effettiva. Tuttavia, ritengo che, se le cellule staminali cordonali possono essere utilizzate a fini di assistenza sanitaria (ed è pacifico che possono esserlo), allora i costi di detta assistenza verranno ridotti esentando dall’IVA i servizi preparatori necessari per rendere disponibili le cellule in questione. Suggerirei inoltre che, se la riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria costituisce effettivamente lo scopo dell’esenzione, quest’ultima non dipende dal fatto che tale riduzione venga ottenuta per ogni singola prestazione.

62.      Il governo danese richiama l’attenzione sul fatto che i servizi della CopyGene non vengono prescritti da un medico o da un professionista del settore sanitario, a differenza di quanto avveniva nella causa Commissione/Francia, in cui la Corte ha dato rilievo al fatto che le analisi erano state ordinate da un professionista del settore sanitario a ciò abilitato. Tuttavia, tale confronto non mi sembra del tutto pertinente. Nella causa sopra menzionata, la prestazione principale consisteva nelle analisi, che rientrano nella nozione di cure mediche; l’«operazione strettamente connessa» era la trasmissione del prelievo, un servizio che di per sé non era specificamente prescritto da un professionista del settore sanitario, ma costituiva un’imprescindibile prestazione accessoria alle analisi. Nella presente fattispecie, non si può dubitare che le cure mediche che costituiscono la prestazione principale, nonché l’unico scopo per il quale possono essere utilizzati i servizi della CopyGene, verranno prestate solo se ordinate o autorizzate (e anzi, quasi certamente effettuate) da un medico.

63.      Ritengo pertanto che prestazioni di servizi come quelle descritte costituiscano effettivamente operazioni strettamente connesse all’ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.

–       Sulla seconda questione

64.      Il giudice nazionale chiede se l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), riguardi qualsiasi prestazione effettuata a titolo preventivo prima che siano necessarie l’ospedalizzazione o le cure mediche. Ritengo che si possa rispondere in breve.

65.      Dalla giurisprudenza emerge chiaramente che le prestazioni effettuate a titolo preventivo possono beneficiare delle esenzioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), e che esse fanno anche parte dell’ospedalizzazione o delle cure mediche, più che costituire solo attività strettamente connesse (34).

66.      Tale circostanza, tuttavia, non risulta particolarmente rilevante nel caso in esame. Condivido la tesi apparentemente espressa dallo Skatteministeriet nella causa principale, secondo cui i servizi in questione, data la descrizione fornitane, non risultano perseguire finalità di prevenzione. Secondo il comune significato della nozione, le prestazioni mediche effettuate a titolo preventivo sono intese ad evitare o a prevenire malattie, infortuni o problemi di salute, o ad individuare patologie latenti o incipienti, così da poter prestare tempestivamente le cure necessarie. I servizi forniti dalla CopyGene, invece, sono intesi a garantire la disponibilità di una particolare risorsa terapeutica nel caso in cui essa si riveli necessaria. Tali prestazioni non mirano in alcun modo ad evitare o a prevenire l’insorgere di disturbi della salute, o ad individuare tali disturbi in una sua fase latente o incipiente. Benché tale individuazione possa costituire un altro possibile scopo del prelievo di cellule staminali cordonali, dall’ordinanza di rinvio risulta che non è questo il fine per cui la CopyGene fornisce i servizi controversi (35).

67.      La CopyGene sostiene che le cellule staminali cordonali, se prelevate alla nascita e conservate, possono essere utilizzate non appena venga diagnosticata una patologia rilevante, contribuendo così ad evitare che la malattia progredisca verso uno stadio più avanzato o perfino letale. Ritengo, tuttavia, che questa tesi confonda le prestazioni principali con quelle accessorie. La cura per la quale vengono utilizzate le cellule può essere di natura preventiva o terapeutica, ma ciò non incide sulla natura del prelievo, del trasporto, delle analisi e della conservazione delle cellule. Tali operazioni non presentano di per sé alcun elemento di prevenzione.

–       Sulla quarta questione

68.      Il giudice nazionale vuole sapere, in sostanza, se sulla classificazione dei servizi di cui trattasi incida il fatto che le cellule staminali cordonali in questione siano destinate ad innesti allogenici anziché autologhi.

69.      Ritengo che la differenza fra questi tipi di impiego incida solo sulle probabilità di utilizzo delle cellule staminali. La Commissione e il governo danese in particolare sottolineano le scarsissime probabilità che le cellule staminali cordonali vengano utilizzate per innesti autologhi. Tali probabilità aumentano necessariamente nel caso dell’innesto allogenico, dato che il numero di potenziali riceventi può essere molto elevato, fattore che peraltro ridurrebbe la durata media dell’intervallo di tempo intercorrente tra il prelievo e l’impiego. Anche nel caso in cui l’impiego previsto sia circoscritto all’interno del gruppo familiare, possono esistere vari possibili riceventi, mentre l’innesto autologo interessa, per definizione, solo un unico ricevente.

70.      Tuttavia, se, come ritengo, il grado esatto di probabilità di impiego è irrilevante, sempreché i servizi in questione vengano prestati a fini terapeutici e non possano essere destinati a scopi diversi (36), è irrilevante anche la distinzione tra impiego autologo e impiego allogenico. Rilevo soltanto che, se – e non intendo dire che tale ipotesi ricorra nel caso di specie – le probabilità note di impiego (in particolare autologo) fossero così scarse da indurre il giudice nazionale a concludere che si può ragionevolmente ritenere che lo scopo dei servizi in questione non consista nel rendere disponibili le cellule per eventuali cure mediche, bensì nel realizzare profitti sfruttando i timori e le speranze dei genitori, naturalmente detti servizi non potrebbero essere considerati strettamente connessi all’ospedalizzazione o alle cure mediche.

71.      Per quanto riguarda la possibile classificazione come servizi di assistenza sanitaria a titolo preventivo, sia l’impiego autologo che quello allogenico delle cellule staminali cordonali costituiscono chiaramente esse stesse cure mediche ai sensi della sesta direttiva. Di conseguenza, sempreché un servizio accessorio sia «strettamente connesso» a tali cure, la natura esatta della cure non influisce sulla valutazione del servizio come prestazione effettuata o meno a titolo preventivo.

 Caratteristiche del prestatore del servizio (terza e quarta questione)

 Giurisprudenza della Corte

72.      Nella causa Dornier si chiedeva alla Corte, in sostanza, se l’espressione «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» presupponesse un procedimento formale di riconoscimento, oppure il riconoscimento potesse risultare dal fatto che gli enti previdenziali si accollavano i costi delle cure e, viceversa, se il fatto che detti enti non si facessero carico dei costi giustificasse l’esclusione dall’esenzione (37).

73.      La Corte ha rilevato, in primo luogo, che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non precisa condizioni e modalità di riconoscimento. In linea di principio, spetta quindi agli Stati membri stabilire le norme applicabili. Conformemente all’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), per gli enti diversi da quelli di diritto pubblico, gli Stati membri possono subordinare l’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), a una o più condizioni specifiche. Non sussiste tuttavia alcun obbligo in tal senso e un ente può essere riconosciuto anche qualora uno Stato membro non abbia esercitato detta facoltà. Neppure vi è alcunché nella sesta direttiva che imponga di concedere il riconoscimento secondo un procedimento formale o di prevederlo espressamente nell’ambito di disposizioni nazionali in materia fiscale (38).

74.      La Corte ha poi ripreso talune osservazioni che aveva svolto nella sentenza Kügler, in merito al riconoscimento di un organismo a carattere sociale ai fini dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva (39). In particolare, per determinare gli enti che devono essere riconosciuti come aventi carattere sociale, le autorità nazionali devono tener conto di vari elementi, tra i quali occorre menzionare il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano presi a carico da casse di malattia o da altri enti previdenziali. Nel valutare tali elementi, le autorità devono esercitare il loro potere discrezionale entro i limiti imposti dal diritto comunitario, in particolare il principio della parità di trattamento. Se, ad esempio, la situazione del soggetto passivo è equiparabile a quella di altri operatori che forniscono le stesse prestazioni, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l’assoggettamento all’IVA. Qualora non sia stato concesso il riconoscimento, spetta al giudice nazionale decidere, tenuto conto del complesso degli elementi pertinenti, se un soggetto passivo debba comunque essere considerato «debitamente riconosciuto» ai sensi di detta disposizione (40).

75.      Rilevo che, nell’ambito di tale analisi, non si esaminano esplicitamente tutti e tre gli elementi della condizione posta dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), vale a dire che la prestazione dev’essere effettuata a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico e che l’istituto di cui trattasi deve avere la stessa natura degli istituti ospedalieri o dei centri medici o diagnostici e deve essere «debitamente riconosciuto» (41). Naturalmente, in quel caso non era in discussione la «stessa natura» della somministrazione di cure in loco. Tuttavia, non è del tutto chiaro se la Corte considerasse la partecipazione degli enti previdenziali come una forma di riconoscimento o come un indizio che la prestazione veniva fornita a condizioni sociali analoghe.

 Applicazione al presente procedimento

76.      Con la terza questione, il giudice nazionale chiede chiarimenti per accertare se la CopyGene possa essere considerata un istituto debitamente riconosciuto avente la stessa natura degli istituti ospedalieri o dei centri medici o diagnostici. Le circostanze che a suo avviso possono risultare pertinenti ai fini di tale valutazione sono i) che i servizi della CopyGene vengono forniti da professionisti del settore sanitario quali ostetriche, infermiere e bioanalisti, ii) che tali servizi non fruiscono di alcun aiuto del regime pubblico di assicurazione malattia, e iii) che la CopyGene è stata autorizzata dalle competenti autorità sanitarie a trattare cellule staminali cordonali, conformemente alla normativa nazionale che ha recepito la direttiva in materia di tessuti e cellule. Con la quarta questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se sulla valutazione incida il fatto che le prestazioni vengono effettuate in vista di un innesto autologo, oppure di un innesto allogenico.

77.      Rilevo che la Danimarca non ha adottato norme o modalità di attuazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva per i prestatori diversi dagli organismi di diritto pubblico (42). Le autorità tributarie danesi dispongono pertanto di un certo grado di potere discrezionale, che dev’essere esercitato compatibilmente con il diritto comunitario. A tal riguardo, ritengo irrilevante il fatto che, come ha affermato il legale della CopyGene in udienza, vari altri Stati membri esentino sistematicamente i servizi delle banche private di cellule staminali cordonali.

78.      Tuttavia, risulta dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni del governo danese che le autorità tributarie hanno instaurato una prassi amministrativa secondo cui le prestazioni sanitarie sono esentate se vengono effettuate da personale medico autorizzato entro i limiti della sua autorizzazione, o se il trattamento è rimborsato dalla previdenza sociale. In altri casi, l’esenzione può essere concessa se le cure vengono prestate su prescrizione di un medico o di un ospedale. Presumibilmente, le prestazioni che non soddisfano nessuno di tali requisiti non sono esentate.

79.      Ammettendo che la decisione delle autorità danesi di non concedere il riconoscimento alla CopyGene sia conforme alla loro prassi consolidata, si pone la questione se il diritto comunitario, che non indica criteri precisi per la concessione del riconoscimento, osti comunque all’applicazione di tale prassi nel caso di specie.

80.      Esaminerò sulla base di tale premessa i vari fattori indicati nella giurisprudenza e nella questione del giudice a quo. A questo scopo seguirò la struttura tripartita che, a mio parere, è inerente alla premessa.

–       Condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico

81.      Né l’ordinanza di rinvio né le osservazioni presentate fanno espressamente riferimento a tale condizione, il cui significato, peraltro, non è del tutto chiaro.

82.      Essa non era prevista dalla proposta originale di sesta direttiva, che avrebbe esentato «le prestazioni di servizi connesse con il ricovero in ospedale e con le terapie, nonché le cessioni di beni accessori a dette prestazioni, compiute da istituti clinici gestiti: [i)] da enti di diritto pubblico, [ii)] da enti senza scopo di lucro, [iii)] da enti privati a carattere sociale» (43). Non sussistono, a quanto mi consta, fondati motivi per includere il criterio delle «condizioni sociali analoghe» nella direttiva adottata in via definitiva (44).

83.      Nella prima relazione del 1983 sulla sesta direttiva (45), invece, la Commissione rilevava che era difficile segnare il confine tra gli istituti che prestano i loro servizi a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico, da un lato, e gli altri enti, dall’altro, e che le discussioni svoltesi su tale punto nell’ambito del comitato IVA non avevano fatto registrare alcun progresso.

84.      La proposta del 1984 di diciannovesima direttiva (46) avrebbe completamente eliminato la frase «assicurate da organismi di diritto pubblico, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi» dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), di modo che l’esenzione sarebbe stata applicabile all’ospedalizzazione e alle cure mediche nonché alle operazioni strettamente connesse effettuate da tutti gli istituti ospedalieri, i centri medici o diagnostici e gli altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti. Tuttavia, la proposta non è mai stata adottata ed è stata definitivamente ritirata nel 1993.

85.      È ragionevole che lo scopo fosse quello di escludere dall’esenzione le operazioni effettuate da enti privati aventi unicamente scopi di lucro, che non fossero in alcun modo integrati o sostenuti da regimi pubblici previdenziali o di assicurazione malattia. Tuttavia, non solo si tratta di una congettura che non è stata discussa nel presente procedimento, ma può anche essere opportuno tener conto del fatto che, dal 1977, il finanziamento del sistema previdenziale potrebbe essere passato (in misura variabile) dal regime pubblico a quello privato (47).

86.      In ogni caso, il fatto che le prestazioni di un operatore non siano finanziate o rimborsate dal regime pubblico di assicurazione malattia è un fattore che la Corte ha considerato pertinente. La prassi delle autorità danesi sembra quindi legittima sotto questo profilo, e non sussistono motivi per sollevare dubbi in ordine alla sua applicazione nel caso di specie. Ciò non significa, tuttavia, che l’esenzione debba essere esclusa ogniqualvolta la prestazione non venga rimborsata dalla previdenza sociale; semmai, si tratta di un fattore che va preso in considerazione e rispetto al quale può risultare prevalente, ad esempio, l’esigenza di garantire la parità di trattamento (48).

87.      Un altro aspetto di tale condizione potrebbe essere costituito, nel caso in esame, dalle preoccupazioni espresse dal governo danese (49) in ordine all’auspicabilità, sotto il profilo sociale, della conservazione delle cellule staminali provenienti da donazioni volontarie in strutture pubbliche, anziché in strutture private e soltanto nell’interesse del singolo e dei suoi familiari. Se tali preoccupazioni assumono la dimensione concreta di criteri applicati costantemente nella prassi amministrativa, essi possono anche costituire, a mio avviso, un motivo legittimo per negare l’esenzione ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.

88.      Si può rilevare che entrambi questi aspetti rientrano anche nella nozione di interesse pubblico delle operazioni effettuate dal soggetto passivo in questione, che la Corte ha considerato, nella sentenza Dornier (50), un elemento da prendere in considerazione.

–        Istituto della stessa natura

89.      Vi è un altro aspetto la cui rilevanza non è stata del tutto considerata nelle osservazioni delle parti, ma al quale ha accennato il governo ellenico nell’ambito del suo argomento secondo cui un istituto «debitamente riconosciuto» significa «debitamente riconosciuto dalle autorità sanitarie quale istituto analogo a un istituto ospedaliero o a un centro medico o diagnostico».

90.      In ogni caso, resta il fatto che un istituto deve presentare la suddetta analogia per poter fruire dell’esenzione.

91.      Naturalmente, la decisione finale spetta al giudice nazionale, ma dall’ordinanza di rinvio e dalle osservazioni della CopyGene e del governo danese sembra emergere che una banca privata di cellule staminali non condivide con gli istituti ospedalieri o con i centri medici l’elemento – secondo me decisivo – consistente nel ricevere pazienti ai fini di trattamenti e/o cure chirurgici e/o medici. Una banca di cellule staminali può assomigliare maggiormente a un centro diagnostico, che non riceve necessariamente pazienti e le cui attività possono includere le analisi sulle cellule dirette a verificare la vitalità delle stesse, operazione che viene svolta anche dalla CopyGene. Tuttavia, emerge dagli atti che, quanto meno nella sua qualità di banca di cellule staminali, la CopyGene non svolge attività diagnostiche (per le quali intendo attività dirette ad accertare la presenza o l’assenza, oppure la gravità di disturbi della salute) e, se è così, ritengo che difficilmente la si possa considerare analoga a un centro diagnostico (51).

–        Istituto debitamente riconosciuto

92.      Il punto essenziale della terza questione è se determinati fattori (il ricorso a professionisti del settore sanitario, l’esclusione dal regime pubblico di previdenza sociale e l’autorizzazione al trattamento di cellule staminali cordonali) implichino per forza – congiuntamente o separatamente – che la CopyGene debba essere considerata o meno dal giudice nazionale «debitamente riconosciuta» ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.

93.      A tale riguardo, in primo luogo, dalla giurisprudenza emerge chiaramente che alcune prestazioni principali effettuate da personale medico possono esulare dalla nozione di «cure mediche» ai sensi della menzionata disposizione (52). Non vi è quindi motivo di affermare che il ricorso a tale personale per la realizzazione di prestazioni «strettamente connesse» debba condurre automaticamente al riconoscimento dell’istituto che se ne avvale. Ritengo che le autorità danesi possano legittimamente applicare un criterio basato sulla circostanza che i servizi vengano prestati da personale medico autorizzato che opera entro i limiti della sua autorizzazione. Di conseguenza, se tale criterio viene applicato coerentemente e il «personale medico» della CopyGene non lo soddisfa allorché effettua le prestazioni controverse, il mero fatto che essi siano professionisti abilitati del settore sanitario non osta a che le autorità danesi neghino alla CopyGene il riconoscimento ai fini dell’esenzione.

94.      In secondo luogo, ho già rilevato (53) che il fatto che le prestazioni di un operatore non vengano (integralmente) rimborsate dalla previdenza sociale è un fattore che la Corte ha considerato pertinente nella sentenza Dornier. Nel contesto della condizione relativa a «condizioni sociali analoghe», ho concluso che si trattava di un elemento che poteva giustificare il diniego dell’esenzione. Non posso raggiungere una conclusione diversa esaminando la stessa questione sotto il profilo del debito riconoscimento.

95.      Dalla semplice lettura dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva risulta che un istituto è «debitamente riconosciuto» quando è stato riconosciuto ai fini dell’esenzione. Se, come nel caso in esame, la normativa nazionale non prescrive alcuna modalità di riconoscimento nel contesto particolare dell’IVA, occorre esaminare altre disposizioni – come ha dichiarato la Corte nella sentenza Dornier, il riconoscimento non deve necessariamente discendere da disposizioni nazionali in materia tributaria. Pertanto, un istituto che presti servizi i cui costi siano presi a carico dalla previdenza sociale può essere considerato «debitamente riconosciuto» – con la logica conseguenza che è legittimo non considerare riconosciuto un istituto che presti servizi i cui costi non siano presi a carico dalla previdenza sociale.

96.      Rimane la questione dell’autorizzazione della CopyGene al trattamento delle cellule staminali, conformemente alla normativa nazionale che ha recepito la direttiva in materia di tessuti e cellule.

97.      Tale autorizzazione, concessa ai sensi della menzionata direttiva, comporta che l’istituto interessato debba essere considerato «debitamente riconosciuto» ai sensi della sesta direttiva IVA?

98.      Ritengo che detta autorizzazione non possa avere un effetto automatico, anche se costituisce certamente un elemento a favore del riconoscimento.

99.      Date la formulazione generica della sesta direttiva IVA e l’evoluzione della scienza medica, è ragionevole ritenere che le definizioni di cure mediche e operazioni strettamente connesse non siano statiche, ma debbano essere interpretate dinamicamente (54). Tale interpretazione non può basarsi su criteri arbitrari, ma deve semmai riconoscere gli eventuali cambiamenti intervenuti.

100. Lo scopo dell’accreditamento, della designazione, dell’autorizzazione o del rilascio di licenza ai sensi dell’art. 6 della direttiva in materia di tessuti e cellule per l’applicazione sull’uomo è garantire che le attività di controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule umani vengano svolte in conformità di determinate norme di qualità e sicurezza. L’applicazione sull’uomo in questione (55) presenta in ampia misura caratteristiche di cure mediche, esenti dall’IVA in virtù dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b) o c), della sesta direttiva IVA. Se è così, sarebbe ragionevole ritenere che un istituto autorizzato ad esercitare attività accessorie di controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio o distribuzione di tessuti e cellule debba essere considerato debitamente riconosciuto ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b).

101. La direttiva in materia di tessuti e cellule è stata adottata alla luce delle innovazioni e degli sviluppi della scienza medica, che devono influire sulla nozione di cure mediche e quindi su qualsiasi definizione della stessa. In tale contesto, il fatto che i servizi della CopyGene siano stati autorizzati e disciplinati conformemente alla direttiva in materia di tessuti e cellule implica che detta impresa svolga operazioni connesse ad attività mediche, quali descritte nel preambolo di detta direttiva.

102. Tuttavia, quest’unico elemento, a mio parere, non basta a conferire lo status di ente «debitamente riconosciuto» con effetto automatico ed obbligatorio. È evidente che gli Stati membri dispongono di un notevole grado di potere discrezionale ai fini del riconoscimento degli istituti ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva e sarebbe quindi inappropriato concludere che il riconoscimento ai sensi della direttiva in materia di tessuti e cellule deve immancabilmente condurre al riconoscimento ai fini dell’IVA. Ciò che rileva è che l’autorità tributaria deve trattare in modo paritario istituti equiparabili e concorrenti.

103. A tale riguardo, in udienza il legale della CopyGene ha confermato che in Danimarca non esistono altre banche private di cellule staminali. Di conseguenza, non può porsi la questione se la CopyGene sia stata discriminata in quanto altri istituti che esercitano attività analoghe sono stati considerati «debitamente riconosciuti» ai fini dell’esenzione. Tuttavia, se altri operatori che forniscono gli stessi servizi in situazioni analoghe fossero stati «debitamente riconosciuti» da tali autorità, il divieto di discriminazione sancito dal diritto comunitario, in linea di principio, avrebbe imposto di accordare alla CopyGene lo stesso riconoscimento.

104. Pertanto, ritengo che l’autorizzazione concessa alla CopyGene ai sensi della normativa nazionale che recepisce la direttiva in materia di tessuti e cellule non osti, automaticamente e di per sé, a che le autorità tributarie danesi non considerino la CopyGene debitamente riconosciuta ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.

–        Conclusione sulla terza questione

105. Pertanto, ritengo che nulla nella giurisprudenza della Corte o tra gli elementi menzionati dal giudice del rinvio – presi isolatamente o congiuntamente – osti specificamente a che le autorità tributarie danesi decidano di non considerare la CopyGene «debitamente riconosciuta» ai fini dell’esenzione controversa. Tuttavia, tale decisione non è neppure specificamente imposta da nessuno di detti elementi, anche se i criteri delle «condizioni sociali equiparabili» e della «stessa natura» potrebbero richiedere un ulteriore esame.

106. In tali circostanze, l’analisi definitiva spetta allo stesso giudice nazionale. Esso deve stabilire l’importanza da attribuire a ciascuno dei fattori pertinenti e verificare che il diniego del riconoscimento sia conforme alla prassi amministrativa prestabilita e ad altre prassi applicate in settori analoghi, con riferimento in particolare agli istituti paramedici e alle esenzioni dall’IVA.

–        Sulla quarta questione

107. Ritengo che la natura del trattamento previsto – autologo o allogenico – non debba influire sulla risposta alla terza questione. Essa non presenta alcuna attinenza con le analogie di un ente rispetto un istituto ospedaliero o a un centro medico o diagnostico, né con il suo status di «debitamente riconosciuto» o meno. Tuttavia, ritengo che tale punto non sia privo di collegamenti con le preoccupazioni in ordine all’auspicabilità della conservazione delle cellule staminali in strutture pubbliche piuttosto che in banche private di cellule staminali , che ho esaminato in precedenza (56), e possa quindi costituire un elemento da ponderare per stabilire se i servizi vengano prestati a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico.

 Osservazioni finali

108. Nella mia analisi del caso di specie, ho sostanzialmente premesso che i servizi di raccolta, trasporto, analisi e conservazione del sangue del cordone ombelicale prestati dalla CopyGene costituiscono un unico servizio composito, che va considerato come un’unica prestazione ai fini dell’IVA.

109. Sono consapevole del fatto che una recente domanda di pronuncia pregiudiziale del VAT and Duties Tribunal di Manchester (57) solleva la questione se i vari elementi costitutivi di un servizio globale di raccolta, trasporto, analisi, stoccaggio e preparazione all’uso di sangue del cordone ombelicale e delle cellule staminali in esso contenute debbano essere considerati servizi separati ai fini dell’IVA, con possibili conseguenze diverse sull’esenzione.

110. Poiché detta fattispecie si trovava in una fase iniziale quando è stata fissata l’udienza nella presente causa, i due procedimenti non sono stati riuniti né trattati congiuntamente.

111. Di conseguenza, nella presente causa non sono state presentate alla Corte osservazioni che potrebbero essere pertinenti alla questione del trattamento separato. Peraltro, l’Østre Landsret non ha chiesto chiarimenti in ordine a tale questione. Mi asterrò quindi dall’esaminarla nelle presenti conclusioni, sebbene sia consapevole che la risposta potrebbe influire sul trattamento ai fini dell’IVA dei servizi prestati dalla CopyGene.

 Conclusione

112. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni poste dall’Østre Landsret:

1)      Una prestazione di servizi consistente nella raccolta, nel trasporto, nell’analisi e nella conservazione di sangue del cordone ombelicale dev’essere considerata strettamente connessa all’ospedalizzazione e alle cure mediche ai sensi dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‑ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, se il sangue raccolto può essere utilizzato per dette cure, è stato prelevato a tale scopo e non può essere utilizzato per finalità diverse. A tale proposito è irrilevante che le cure siano o meno specificamente previste nel momento in cui viene effettuata la prestazione.

2)      Una prestazione di servizi che non sia diretta ad evitare o a prevenire l’insorgere di disturbi della salute, o ad individuare tali disturbi in una sua fase latente o incipiente, non costituisce una prestazione sanitaria a titolo preventivo rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.

3)      Per poter fruire dell’esenzione di cui all’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, un ente diverso da quelli di diritto pubblico deve

–        prestare i propri servizi a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per gli organismi di diritto pubblico;

–        avere la stessa natura degli istituti ospedalieri o dei centri medici o diagnostici e

–        essere debitamente riconosciuto a tale scopo.

Alla decisione delle autorità nazionali di non concedere tale riconoscimento non osta

–        il fatto che le prestazioni, quali la raccolta, il trasporto, le analisi e lo stoccaggio del sangue del cordone ombelicale, vengano effettuate da professionisti del settore sanitario né

–        il fatto che l’ente in questione sia stato autorizzato a trattare cellule staminali prelevate dal sangue cordonale conformemente alla normativa nazionale che recepisce la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani;

mentre giustifica detta decisione il fatto che le operazioni svolte dall’ente in questione siano escluse dal regime pubblico di assicurazione malattia.

4)      La circostanza che le prestazioni vengano effettuate in vista di un innesto autologo, oppure di un innesto allogenico, è ininfluente ai fini della soluzione delle prime tre questioni.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari ‑ Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2007, dalla direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), che presenta le stesse disposizioni in una struttura e in una terminologia nuove. I successivi riferimenti incrociati alla direttiva 2006/112 non implicano quindi identità di formulazione rispetto alla sesta direttiva.


3 –      Disposizioni attualmente contenute negli artt. 131 e 132, n. 1, lett. b)‑d), della direttiva 2006/112.


4 – Art. 134, lett. a), della direttiva 2006/112. Si potrebbe anche rilevare, benché la questione non sia stata sollevata e non risulti pertinente nel caso in esame, che le operazioni effettuate da ospedali, ma non rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), possono continuare ad essere esentate dagli Stati membri che le esoneravano prima del 1° gennaio 1978 [art. 28, nn. 3, lett. b), e 4, in combinato disposto con l’allegato F, punto 10, della sesta direttiva; v. anche art. 371, in combinato disposto con l’allegato X, parte B, punto 7, della direttiva 2006/112].


5 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/23/CE, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani (GU L 102, pag. 48).


6 – Ai sensi dell’art. 3, lett. p) e q), della direttiva, si intende per uso allogenico il prelievo di cellule o tessuti da una persona e la loro applicazione ad un’altra, e per uso autologo il prelievo di cellule e tessuti da un persona e la loro applicazione alla stessa persona.


7 – Disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/european_group_ethics/docs/avis19_en.pdf.


8 – Secondo una fonte (Samuel e a., «Umbilical cord blood banking: public good or private benefit?», in Medical Journal of Australia, vol. 188, n. 9, maggio 2008, pag. 533), la probabilità di un futuro innesto autologo nel corso della vita è stata stimata per ogni individuo in un valore compreso tra 1‑20 000 e 1‑200 000. Secondo un’altra fonte (Nietfeld e a., «Lifetime probabilities of hematopoietic stem cell transplantation in the U.S.», in Biology of Blood and Marrow Transplantation, vol. 14, n. 3, marzo 2008, pag. 316), il tasso di probabilità è molto superiore (ma per l’innesto autologo possono essere utilizzate anche cellule staminali del midollo osseo e del sangue periferico, per cui le probabilità possono risultare inferiori nel caso specifico delle cellule staminali cordonali).


9 – Per un quadro più completo rinvio in particolare – oltre che al parere dell’EGE menzionato al paragrafo 14 e alla nota 7 e agli articoli citati alla nota 8 – alla raccomandazione del Consiglio d’Europa Rec(2004)8 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle banche di sangue del cordone ombelicale autologo, adottata il 19 maggio 2004; Gunning, J. «Umbilical cord cell banking: a surprisingly controversial issue», in Ethics, Law and Society, vol. 2, 2006, pag.17; Agarwal, M.B., «Umbilical cord blood transplantation: newer trends», in Journal of the Association of Physicians of India, vol. 54, febbraio 2006, pag. 143; World Marrow Donor «Association, Statement on the utility of autologous or family cord blood unit storage», adottata il 25 maggio 2006; Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, «Umbilical cord blood banking», in Opinion paper 2 of the Scientific advisory committee, revisionato nel giugno 2006; Batty, D., «Umbilical cord best treatment for childhood leukaemia», Guardian, 8 giugno 2007; Haller e a., «Autologous umbilical cord blood infusion for type 1 diabetes», in Experimental Hematology, vol. 36, n. 6, giugno 2008, pag. 710, nonché il sito Internet http://parentsguidecordblood.org/.


10 – La data è indicata nel parere dell’EGE menzionato al paragrafo 14 e alla nota 7. Benché i trapianti delle cellule staminali del midollo osseo siano iniziati prima, risulta che neanch’essi siano «decollati» prima degli anni ‘80 (v. Appelbaum, Frederick R. «Hematopoietic-Cell Transplantation at 50», in New England Journal of Medicine, vol. 357, 11 ottobre 2007, pag. 1472).


11 – Nonché negli artt. 131 e segg. della direttiva 2006/112.


12 – V., da ultimo, sentenza 16 ottobre 2008, causa C‑253/07, Canterbury Hockey Club e Canterbury Ladies Hockey Club (Racc. pag. I‑0000, punti 16‑18 e giurisprudenza ivi citata). Analogamente, l’avvocato generale Jacobs, contrapponendo le nozioni di interpretazione «restrittiva» ed «eccessivamente restrittiva», ha affermato che «le esenzioni IVA dovrebbero essere interpretate restrittivamente ma non vanificate dall’interpretazione (…). Come corollario, limitazioni o esenzioni non dovrebbero essere interpretate in maniera troppo rigorosa, ma non dovrebbero nemmeno essere interpretate in maniera tale da andare oltre la loro formulazione letterale. Sia le limitazioni che le esenzioni devono essere interpretate in modo tale che l’esenzione sia applicata ai casi a cui si intendeva applicarla e non ad altri» (conclusioni nella causa C‑267/00, Zoological Society of London, Racc. pag. I‑3353, paragrafo 19).


13 – V., ad esempio, sentenze 1° dicembre 2005, cause riunite C‑394/04 e C‑395/04, Ygeia (Racc. pag. I‑10373, punto 19 e giurisprudenza ivi citata), e 21 febbraio 2008, causa C‑425/06, Part Service (Racc. pag. I‑897, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).


14 – V. sentenza Ygeia (punti 27 e 28 e giurisprudenza ivi citata).


15 – V. sentenze 8 giugno 2006, causa C‑106/05, L.u.P. (Racc. pag. I‑5123, punti 25‑27 e giurisprudenza ivi citata), e Ygeia (punto 24).


16 –     V. sentenza 20 novembre 2003, causa C‑212/01, Unterpertinger (Racc. pag. I‑13859, punto 42).


17 – V. sentenza Ygeia (punti 18 e 25 e giurisprudenza ivi citata).


18 – V. sentenza Unterpertinger (punto 40).


19 – Sentenza 10 settembre 2002, causa C‑141/00, Kügler (Racc. pag. I‑6833).


20 – Sentenza 6 novembre 2003, causa C‑45/01, Dornier (Racc. pag. I‑12911).


21 – Sentenza 20 novembre 2003, causa 307/01, D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services (Racc. pag. I‑13989).


22 – Sentenza L.u.P.


23 – Sentenza 14 settembre 2000, causa C‑384/98, D. (Racc. pag. I‑6795).


24 – Sentenza Kügler.


25 – Sentenze Unterpertinger; D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services.


26 – Sentenza 11 gennaio 2001, causa C‑76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑249, punti 24 e segg.).


27 – Sentenza Ygeia.


28 – Tale limitazione è prevista dal contratto stipulato dalla CopyGene con i genitori. Sia il legale della CopyGene che il rappresentante del governo danese hanno affermato in udienza che detta limitazione era anche imposta dalla legge danese. Ovviamente non si può escludere che, in altre circostanze, il sangue del cordone ombelicale possa essere prelevato a fini di ricerca scientifica o per altri scopi che non costituiscono prestazioni mediche od ospedaliere. Naturalmente, qualora lo scopo non sia collegato a tali prestazioni, l’esenzione controversa non è applicabile.


29 – V. supra, paragrafo 26.


30 – V. anche le mie conclusioni del 2 luglio 2009 nelle cause riunite C-402/07 e C-432/07, Sturgeon and Böck and Lepuschitz (Racc. pag. I-10923, paragrafi 93 e 94).


31 – Sentenze Dornier (punto 35) e Ygeia (punto 18).


32 – V., ad esempio, sentenze 27 febbraio 1996, causa C‑110/94, INZO (Racc. pag. I‑857), e 15 gennaio 1998, causa C‑37/95, Ghent Coal Terminal (Racc. pag. I‑1).


33 – V. sentenze 20 giugno 2002, causa C‑287/00, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑5811, punti 48 e 49), e Ygeia (punti 26 e 27).


34 – V., ad esempio, sentenze Unterpertinger, D’Ambrumenil e Dispute Resolution Services, e L.u.P.


35 – V., tuttavia, supra, paragrafo 43.


36 – V. supra, paragrafo 57.


37 – V. punto 52.


38 – Punti 64‑67.


39 – Che esenta «le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».


40 – Sentenze Dornier (punti 69 e 72‑76) e Kügler (punti 56‑58).


41 – V. anche la tabella al precedente paragrafo 27.


42 – Per scrupolo di completezza, ricordo che l’art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva consente di imporre determinate condizioni agli enti diversi da quelli di diritto pubblico (v. supra, paragrafo 5). In udienza, il governo danese ha dichiarato che la Danimarca non si è avvalsa di tale disposizione. Tuttavia, in altri Stati membri, i laboratori che forniscono servizi equiparabili a quelli della CopyGene potrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della deroga da una o più di tali condizioni. Si può inoltre ricordare che gli Stati membri possono stabilire condizioni per garantire la corretta e semplice applicazione delle esenzioni di cui all’art. 13, parte A, n. 1, e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso.


43 – GU 1973, C 80, pag. 1, art. 14, parte A, n. 1, lett. b).


44 – V. Terra, B.J.M., e Kajus, J., «A Guide to the Sixth VAT Directive», IBFD 1991, vol. A, pag. 587.


45 – COM(83) 426 def., pagg. 44 e 45.


46 – COM(84) 648 def. (GU C 347, pag. 5).


47 – V. anche supra, paragrafo 26.


48 – V., per analogia, sentenza Dornier (punto 75).


49 – Ampiamente manifestate anche in letteratura (v., inter alia, i riferimenti contenuti alle note 8 e 9).


50 – Punto 72.


51 – V., tuttavia, supra, paragrafo 43.


52 – V. supra, paragrafo 37 e note 23 e 25.


53 – V. supra, paragrafi 74 e 86.


54 – V. anche supra, paragrafo 48.


55 – Definita all’art. 3, lett. l), come uso «su o in un ricevente umano nonché le applicazioni extra-corporali».


56 – V. supra, paragrafo 87.


57 – Causa C‑86/09, Future Health Technologies.