CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 12 marzo 2009 ( 1 )

Causa C-168/08

Laszlo Hadadi (Hadady)

contro

Csilla Marta Mesko in Hadadi (Hadady)

«Cooperazione giudiziaria in materia civile — Regolamento (CE) n. 2201/2003 — Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale — Art. 64 — Disposizioni transitorie — Applicazione ad una decisione di uno Stato membro che ha aderito all’Unione europea nel 2004 — Art. 3, n. 1 — Competenza in materia di divorzio — Fattori di collegamento pertinenti — Residenza abituale — Cittadinanza — Coniugi residenti in Francia e aventi, entrambi, la cittadinanza francese e ungherese»

I — Introduzione

1.

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, la Cour de Cassation francese sottopone alla Corte di giustizia talune questioni relative all’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 ( 2 ).

2.

Le questioni sono volte a chiarire se sia competente a pronunciarsi su un divorzio un giudice ungherese o un giudice francese qualora entrambi i coniugi abbiano la residenza abituale in Francia e siano in possesso sia della cittadinanza ungherese sia di quella francese.

3.

Le questioni si pongono nel contesto del riconoscimento in Francia di una decisione di divorzio pronunciata da un giudice ungherese. La decisione è stata adottata anteriormente all’entrata in vigore del regolamento e a seguito di un’azione proposta prima dell’adesione dell’Ungheria all’UE. In un siffatto caso, l’applicazione del regolamento n. 2201/2003 dipende, a norma delle pertinenti disposizioni transitorie del medesimo regolamento, dalla circostanza se i giudici dello Stato di origine della decisione sarebbero stati competenti in forza del regolamento.

II — Contesto normativo

4.

L’art. 3, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 («Competenza generale») stabilisce quanto segue:

«1)   Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a)

nel cui territorio si trova

la residenza abituale dei coniugi, o

l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

la residenza abituale del convenuto, o

in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio “domicile”;

b)

di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del “domicile” di entrambi i coniugi».

5.

L’art. 19, nn. 1 e 3, stabilisce la seguente disciplina per la litispendenza di cause matrimoniali:

«1)   Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diverse e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

(…)

3)   Quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita. (…)».

6.

L’art. 21 regola il riconoscimento delle decisioni straniere e recita, nella parte che qui interessa:

«1)   Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

(…)

3)   Fatta salva la sezione 4 del presente capo, ogni parte interessata può far dichiarare, secondo il procedimento di cui alla sezione 2, che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta.

(…)

4)   Se il riconoscimento di una decisione è richiesto in via incidentale dinanzi ad una autorità giurisdizionale di uno Stato membro, questa può decidere al riguardo».

7.

L’art. 22 prevede, fra l’altro, i seguenti motivi di non riconoscimento di una decisione di divorzio:

«a)

se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

b)

quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione; (…)».

8.

Ai sensi dell’art. 24, non si può tuttavia procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. In particolare, l’esame della compatibilità con l’ordine pubblico di cui all’art. 22, lett. a), non può estendersi alle norme sulla competenza di cui agli artt. da 3 a 14.

9.

L’art. 64, nn. 1, 3 e 4, contiene le seguenti disposizioni transitorie:

«1)   Il presente regolamento si applica solo alle azioni proposte, agli atti pubblici formati e agli accordi tra le parti conclusi posteriormente alla data in cui il presente regolamento entra in applicazione secondo l’articolo 72.

(…)

3)   Le decisioni pronunciate prima dell’entrata in applicazione del presente regolamento, relative ad azioni proposte dopo l’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1347/2000, sono riconosciute ed eseguite secondo le disposizioni del capo III del presente regolamento, purché siano decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, ovvero decisioni relative alla responsabilità dei genitori sui figli avuti in comune, emesse in occasione di quei procedimenti matrimoniali.

4)   Le decisioni pronunciate prima dell’entrata in applicazione del presente regolamento ma dopo l’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1347/2000, relative ad azioni proposte prima dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1347/2000, sono riconosciute ed eseguite secondo le disposizioni del capo III del presente regolamento, purché siano decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, ovvero decisioni relative alla responsabilità dei genitori sui figli avuti in comune, emesse in occasione di quei procedimenti matrimoniali, e se la norma sulla competenza era fondata su regole conformi a quelle contenute nel capo II del presente regolamento, ovvero nel regolamento (CE) n. 1347/2000, ovvero in una convenzione in vigore tra lo Stato membro d’origine e lo Stato membro richiesto al momento della proposizione dell’azione».

10.

Ai sensi dell’art. 72, il regolamento è entrato in vigore il 1o agosto 2004 e si applica dal , ad eccezione degli artt. 67, 68, 69 e 70, che si applicano dal .

11.

Il regolamento n. 2201/2003 si collega ( 3 ) per contenuto al regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi ( 4 ). L’art. 2 del regolamento n. 1347/2000 ricalca letteralmente l’art. 3 del regolamento n. 2201/2003. Il regolamento n. 1347/2000, ai sensi dell’art. 46, è entrato in vigore il .

12.

Il regolamento n. 1347/2000, a sua volta, ha ripreso ampiamente il regime della Convenzione stabilita sulla base dell’art. K. 3 del trattato sull’Unione europea, concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali 28 maggio 1998 ( 5 ) (in prosieguo: la «Convenzione Bruxelles II»). La convenzione non è poi entrata in vigore. In sede di adozione del regolamento n. 1347/2000, il Consiglio ha preso atto ( 6 ) della relazione esplicativa elaborata dalla dott.ssa prof.ssa Alegría Borrás (in prosieguo: la «relazione Borrás») ( 7 ) in merito alla Convenzione.

III — Fatti e questione pregiudiziale

13.

Il sig. Iaszlo Hadadi e la sig.ra Csilla Marta Mesko, di cittadinanza ungherese, contraevano matrimonio nel 1979 in Ungheria ed emigravano in Francia nel 1980 dove acquisivano, nel 1985, la cittadinanza francese per naturalizzazione. Secondo quanto dichiarato dalla sig.ra Mesko, quest’ultima sarebbe stata ripetutamente vittima, nel periodo compreso fra il 2000 e 2004, di violenze da parte del marito. Il 23 febbraio 2002 il sig. Hadadi chiedeva lo scioglimento del matrimonio presso il tribunale di Pest (Ungheria). La sig.ra Mesko, secondo quanto dalla medesima affermato, veniva a conoscenza di tale procedimento solo sei mesi dopo. Il detto tribunale pronunciava lo scioglimento del matrimonio con sentenza definitiva il .

14.

Il 19 febbraio 2003 la sig.ra Mesko chiedeva a sua volta lo scioglimento del matrimonio per colpa presso il giudice competente in materia familiare del Tribunal de grande instance de Meaux (tribunale di Meaux, Francia). Con ordinanza quest’ultimo dichiarava la domanda irricevibile. La sig.ra Mesko impugnava la suddetta pronuncia presso la Cour d’appel Paris (Corte d’appello di Parigi), la quale annullava l’ordinanza emessa dal giudice in prime cure. La Cour d’appel adduceva a motivo della propria decisione l’impossibilità di riconoscere in Francia la sentenza di divorzio pronunciata dal giudice ungherese e, conseguentemente, dichiarava ricevibile la domanda di scioglimento del matrimonio della sig.ra Mesko.

15.

Il sig. Hadadi impugnava quest’ultima sentenza dinanzi alla Cour de Cassation (Suprema Corte di cassazione francese), la quale, con sentenza 16 aprile 2008, sottoponeva alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi degli artt. 234 CE e 68 CE:

1)

Se l’art. 3, n. 1, lett. b), [del regolamento (CE) n. 2201/2003] debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui i coniugi possiedano, al tempo stesso, la cittadinanza dello Stato del giudice adito e quella di un altro Stato membro dell’Unione europea, debba prevalere la cittadinanza dello Stato del giudice adito.

2)

In caso di risposta negativa alla questione precedente, se tale disposizione debba essere quindi interpretata nel senso che, nell’ipotesi in cui i coniugi possiedano entrambi la cittadinanza di due Stati membri, essa individui la cittadinanza prevalente tra le due in questione.

3)

In caso di soluzione negativa alla questione precedente, se si debba ritenere che la detta disposizione consenta ai coniugi un’opzione supplementare, potendo essi adire, a loro scelta, l’uno o l’altro dei giudici dei due Stati membri di cui possiedano entrambi la rispettiva cittadinanza.

16.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni il sig. Hadadi, la sig.ra Mesko, i governi francese, tedesco, finlandese, polacco, slovacco e ceco, nonché la Commissione delle Comunità europee.

IV — Analisi giuridica

A — Considerazioni preliminari circa l’applicazione del regolamento in forza delle norme transitorie

17.

La causa principale verte sulla domanda di scioglimento del matrimonio proposta dalla sig.ra Mesko. A tale proposito, la premessa per la ricevibilità del suo ricorso sembra essere che il matrimonio non sia già stato sciolto per effetto di una decisione di un giudice di un altro Stato membro, che gli organi giurisdizionali francesi siano tenuti a riconoscere. Il riconoscimento della sentenza di divorzio ungherese 4 maggio 2004 costituisce, pertanto, una questione preliminare nel contesto dell’esame della ricevibilità della domanda di scioglimento del matrimonio di cui sono investiti i giudici francesi.

18.

A tal proposito occorre premettere che l’art. 21, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 muove dal principio del riconoscimento. Giusta l’art. 24 del medesimo regolamento, la carenza di competenza giurisdizionale dei giudici dello Stato di origine della decisione non consente, di regola, di negare il riconoscimento.

19.

Lo scioglimento del matrimonio, tuttavia, è stato richiesto e pronunciato in Ungheria in un momento in cui il regolamento n. 2201/2003 non era ancora applicabile. Un riconoscimento della sentenza di divorzio basato sul regolamento, quindi, viene in considerazione solo ai sensi delle norme transitorie. Il giudice nazionale, quanto a ciò, ha correttamente considerato pertinente l’art. 64, n. 4, del regolamento, relativo alle decisioni in materia di scioglimento del matrimonio

pronunciate anteriormente all’entrata in applicazione del regolamento n. 2201/2003, ma successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 1347/2000,

relative ad azioni proposte prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 1347/2000.

20.

Le disposizioni pertinenti del regolamento n. 2201/2003 si applicano, a norma dell’art. 72, dal 1o marzo 2005. Il regolamento n. 1347/2000 è entrato in vigore il . Il termine rilevante per l’Ungheria, tuttavia, è il in quanto, in forza dell’art. 2 dell’atto di adesione ( 8 ), nei nuovi Stati la normativa dell’acquis comune entra in vigore ed è applicabile solo a partire da questa data. Il sig. Hadadi ha presentato domanda di scioglimento del matrimonio il , vale a dire prima dell’entrata in applicazione del regolamento n. 1347/2000 in Ungheria. La sentenza di divorzio è stata quindi pronunciata il , dunque dopo che il regolamento n. 1347/2000 ha cominciato a produrre i propri effetti in Ungheria e prima che il regolamento n. 2201/2003 fosse applicabile.

21.

È vero che la sig.ra Mesko, secondo quanto dalla stessa affermato, è venuta a conoscenza della proposizione dell’azione solo sei mesi dopo che ciò fosse avvenuto; essa, tuttavia, non ha dedotto che il sig. Hadadi avrebbe omesso di prendere tutte le misure cui sarebbe stato tenuto affinché fosse effettuata la notificazione dell’atto, di modo che, in quel momento, il giudice non potesse essere considerato adito ai sensi dell’art. 16 del regolamento. Risulta peraltro dagli atti che essa si è costituita nel procedimento dinanzi al tribunale di Pest.

22.

Pertanto, la proposizione dell’azione e la pronuncia della decisione rientrano nei termini di cui all’art. 64, n. 4. La decisione, dunque, deve essere riconosciuta ai sensi del regolamento n. 2201/2003 qualora siano state applicate regole sulla competenza conformi a quelle contenute nel capo II del suddetto regolamento, nel regolamento n. 1347/2000, ovvero in una convenzione in vigore tra l’Ungheria e la Francia al momento della proposizione dell’azione.

23.

Dagli atti non si evince da quali norme il tribunale di Pest abbia dedotto la propria competenza, né quale sia il loro tenore. Tuttavia, per poter presumere la conformità delle disposizioni sulla competenza applicate all’art. 3 del regolamento n. 2201/2003, alla norma di cui all’art. 2 del regolamento n. 1347/2000, ovvero alle disposizioni convenzionali applicabili, è sufficiente che da queste norme sia del pari risultata una competenza dei giudici ungheresi. Non è necessario effettuare un ampio confronto delle rispettive normative, in quanto l’art. 64, n. 4, mira a garantire una vasta estensione delle norme sul riconoscimento del regolamento alle decisioni di tutti i giudici che sarebbero stati ugualmente competenti applicando la normativa armonizzata o concordata in convenzioni.

24.

Il rinvio pregiudiziale è volto a chiarire se le cose stiano così, ossia se il tribunale di Pest sarebbe stato competente anche ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2201/2003.

B — Sulle questioni pregiudiziali

25.

Ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2201/2003, sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio le autorità giurisdizionali dello Stato membro di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del «domicile» di entrambi i coniugi. La disposizione non prevede alcuna normativa speciale nel caso in cui entrambi i coniugi posseggano la stessa doppia cittadinanza ( 9 ). Le tre questioni pregiudiziali prendono in considerazione diverse possibilità per quanto attiene alle modalità per determinare la competenza in forza dell’art. 3, n. 1, lett. b), in una siffatta ipotesi.

26.

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, si dovrebbe fare riferimento alla cittadinanza prevalente. In proposito, si dovrebbe considerare prevalente la cittadinanza che, sulla base di criteri aggiuntivi, come ad esempio la residenza abituale, presenti il collegamento più stretto con i giudici di uno degli Stati membri, di cui i coniugi siano cittadini. Conseguentemente, a norma dell’art. 3, n. 1, lett. b), solo il giudice dello Stato membro della cittadinanza prevalente sarebbe competente. In base a questa norma, gli Stati membri la cui cittadinanza non sia prevalente resterebbero esclusi quale foro competente.

27.

L’alternativa è costituita dalla possibilità delineata nella terza questione, secondo cui entrambe le cittadinanze comuni darebbero luogo a fori competenti di pari rango, che potrebbero essere scelti liberamente dal ricorrente. Conseguentemente, sarebbe competente il giudice dello Stato membro preventivamente adito, mentre un giudice adito successivamente nell’altro Stato membro dovrebbe dichiarare la propria incompetenza ai sensi dell’art. 19, n. 3, del regolamento.

28.

La Cour de Cassation solleva anzitutto la questione se, in caso di persone in possesso di doppia cittadinanza, un giudice nazionale debba sempre considerare preminente la cittadinanza nazionale a prescindere dal criterio della prevalenza.

1. Sulla prima questione pregiudiziale

29.

Nel risolvere la prima questione pregiudiziale occorre tenere conto del fatto che i giudici francesi sono chiamati ad occuparsi di una situazione atipica, in quanto, nell’applicazione dell’art. 64, n. 4, del regolamento n. 2201/2003, devono decidere non sulla propria competenza, bensì su quella dei giudici di un altro Stato membro.

30.

Di norma, ciascun giudice adito verifica invece esclusivamente la propria competenza e, eventualmente, si dichiara incompetente ai sensi dell’art. 17 del regolamento. Qualora affermi la propria competenza e decida la causa, fatti salvi i motivi di diniego disciplinati all’art. 22 del regolamento, la sentenza deve essere riconosciuta in un altro Stato membro. Ai sensi dell’art. 24 del regolamento, nello Stato di riconoscimento non può più essere sollevata la questione dell’effettiva sussistenza della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine.

31.

Il suddetto principio trova espressione anche nella disciplina della litispendenza di cui all’art. 19, n. 1, del regolamento. In base a tale norma, un giudice successivamente adito nella medesima causa matrimoniale è tenuto a sospendere il procedimento dinanzi ad esso pendente fino a quando il giudice preventivamente adito di un altro Stato membro non si sia dichiarato competente. Il giudice successivamente adito non può proseguire il procedimento dinanzi ad esso pendente poiché, ad esempio, ritiene incompetente il giudice preventivamente adito. La suddetta disciplina, tuttavia, non trova applicazione diretta nel caso di specie, dal momento che le azioni sono state proposte prima dell’entrata in applicazione del regolamento (art. 64, n. 1, del regolamento n. 2201/2003).

32.

Ci si chiede, pertanto, come dovrebbe comportarsi un giudice nello Stato di riconoscimento, il quale è tenuto a verificare in via eccezionale, ai sensi dell’art. 64, n. 4, se il giudice dello Stato di origine sarebbe stato competente a norma dell’art. 3, n. 1, lett. b), avendo i coniugi, oltre alla cittadinanza dello Stato di origine, anche la cittadinanza dello Stato di riconoscimento.

33.

A questo proposito, la Cour d’appel ha evidentemente sostenuto la seguente tesi: si deve valutare esclusivamente in base al diritto nazionale quale cittadinanza (comune) possiedano entrambi i coniugi ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b). Secondo la normativa francese, le persone aventi più di una cittadinanza, fra cui quella francese, devono essere considerate esclusivamente cittadini francesi, senza tenere conto del fatto che esse possiedano, in aggiunta, un’altra o altre cittadinanze. Conseguentemente, gli organi giurisdizionali ungheresi non sono competenti a pronunciare lo scioglimento del matrimonio dei coniugi Hadadi ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), in quanto questi ultimi — secondo gli organi giurisdizionali francesi — sono francesi e non ungheresi.

34.

Non posso tuttavia condividere questa opinione.

35.

Come sostenuto dal governo tedesco, polacco e dalla Commissione, ai fini dell’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), non si può determinare esclusivamente in base al diritto nazionale quale cittadinanza possegga una persona che ne abbia due, ovvero quale, fra le molteplici cittadinanze, debba essere presa in considerazione. Piuttosto, in questo contesto si rende necessaria un’interpretazione autonoma della nozione di cittadinanza. Tale interpretazione autonoma è infatti l’unica che possa garantire l’applicazione uniforme delle norme in materia di competenza giurisdizionale del regolamento in tutti gli Stati membri ( 10 ).

36.

Vero è che nella relazione Borrás si sostiene che la convenzione non contempla le conseguenze derivanti dalla doppia cittadinanza, in ordine alle quali i giudici di ciascuno Stato applicheranno, quindi, le disposizioni di diritto interno nel quadro della normativa comunitaria generale vigente in materia ( 11 ).

37.

Anche ammettendo che la suddetta affermazione sia corretta per quanto riguarda la Convenzione, essa non può essere tuttavia trasposta tout court al regolamento n. 2201/2003, in quanto è possibile che in una convenzione tra gli Stati membri fondata sul Trattato CE — diversamente da un regolamento della Comunità europea — le questioni non espressamente disciplinate debbano essere risolte mediante un rinvio al diritto nazionale. Per gli atti della Comunità, nei suddetti casi occorre procedere, in primo luogo, ad un’interpretazione autonoma, basata sulla ratio delle norme, tanto più che la stessa relazione indica che il diritto nazionale si deve attenere al quadro della normativa generale comunitaria.

38.

In questo contesto, alcune parti si sono richiamate alle sentenze Micheletti e Garcia Avello ( 12 ), in cui la Corte ha esaminato la rilevanza delle libertà fondamentali e il divieto di discriminazione generale in casi di doppia cittadinanza. Nel caso di specie, tuttavia, la questione della portata delle libertà fondamentali non si pone, in quanto già dal regolamento è possibile ricavare parametri sufficienti per il collegamento alla cittadinanza.

39.

Così, l’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento non consente di trattare persone aventi doppia cittadinanza come propri cittadini, in quanto un siffatto trattamento impedirebbe a tali persone di invocare, dinanzi al giudice di uno Stato membro — nella specie il giudice francese — l’art. 3, n. 1, lett. b), per fondare la competenza giurisdizionale dei giudici di un altro Stato membro — nella specie dell’Ungheria — pur essendo in possesso della cittadinanza dello Stato del giudice adito.

40.

I giudici di quell’altro Stato membro, tuttavia, dovrebbero dichiararsi competenti a pronunciare il divorzio di due propri cittadini ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), qualora — come di norma — debbano verificare d’ufficio la propria competenza giurisdizionale ( 13 ). Qualora, in via eccezionale, un giudice nello Stato di riconoscimento debba verificare la competenza giurisdizionale del giudice nello Stato di origine della decisione, questi sarà tenuto a prendere in considerazione il fatto che i coniugi posseggono anche la cittadinanza dello Stato membro d’origine e, pertanto, che gli organi giurisdizionali di quest’ultimo dovrebbero anch’essi ritenersi competenti in base alla cittadinanza, il che risponde anche ai principi della fiducia reciproca e del riconoscimento reciproco che ispirano il regolamento.

41.

L’interpretazione qui proposta non osta all’art. 3 della Convenzione dell’Aja 12 aprile 1930, concernente taluni questioni relative ai conflitti di leggi sulla cittadinanza ( 14 ). Tale disposizione codifica la regola di diritto consuetudinario secondo la quale una persona che abbia cittadinanza doppia o plurima può essere considerata da ciascuno Stato di cui possegga la cittadinanza come un proprio cittadino. Questa norma non impone tuttavia di ignorare, in un caso come quello di specie, che un altro Stato di cui una persona possegga anche la cittadinanza, possa trattare tale persona come un proprio cittadino ( 15 ).

42.

La prima questione, pertanto, deve essere risolta affermando che:

Il giudice di uno Stato membro, qualora debba accertare, ai sensi dell’art. 64, n. 4, del regolamento n. 2201/2003, se il giudice dello Stato di origine di una decisione sarebbe stato competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del suddetto regolamento, non può considerare esclusivamente come propri cittadini coniugi aventi entrambi la cittadinanza dello Stato membro del foro e dello Stato membro di origine. Il detto giudice deve piuttosto tenere conto del fatto che i coniugi posseggono parimenti la cittadinanza dello Stato membro di origine e che, pertanto, il giudice del suddetto Stato sarebbe stato competente ad adottare la decisione.

2. Sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale

43.

La seconda e la terza questione si trovano in un rapporto alternativo: o nella determinazione della competenza per lo scioglimento del matrimonio di persone aventi doppia cittadinanza deve essere considerata soltanto la cittadinanza prevalente, per cui vi è solo un foro competente in base alla cittadinanza, oppure devono essere considerate entrambe le cittadinanze, con la conseguenza che su di esse può essere fondata la competenza giurisdizionale in entrambi gli Stati membri. Per valutare i pro e i contra di entrambe le soluzioni possibili, le questioni, pertanto, devono essere discusse congiuntamente.

44.

La sig.ra Mesko e il governo polacco sostengono che debba essere privilegiata la cittadinanza prevalente, che la sig.ra Mesko ritiene essere quella francese in considerazione della residenza più che ventennale in Francia. Essa sottolinea che equiparare entrambe le cittadinanze scatenerebbe una corsa a chi propone per primo l’azione giurisdizionale e consentirebbe abusi attraverso il «forum shopping».

45.

Tale tesi non viene condivisa dalle altre parti, le quali sottolineano che l’art. 3, n. 1, lett. b), fa riferimento esclusivamente alla cittadinanza comune dei coniugi. La competenza giurisdizionale non potrebbe essere assoggettata all’ulteriore condizione che si tratti della cittadinanza prevalente. Viene evidenziato, inoltre, che l’art. 3, n. 1, lett. a), ammetterebbe comunque altri fori che presentino un collegamento con la residenza abituale e che sarebbero equiparati al foro competente determinato dalla cittadinanza comune.

46.

Occorre premettere che il regolamento n. 2201/2003 disciplina esclusivamente la competenza giurisdizionale, ma non le norme di conflitto, che stabiliscono quale diritto sostanziale sia applicabile allo scioglimento del matrimonio. Il foro competente in forza del regolamento n. 2201/2003 deve pertanto determinare la legge applicabile in base alla normativa nazionale. Se le norme nazionali di conflitto — come manifestamente anche quelle ungheresi — dichiarano applicabile in via prevalente la legge del foro (lex fori), la determinazione del foro competente può tuttavia implicare una decisione preliminare sulla legge applicabile.

47.

La «negazione dei conflitti di leggi» (négation des conflits de lois) ( 16 ) del regolamento, criticata in dottrina, può pertanto incoraggiare di fatto i coniugi ad affrettarsi a proporre per primi l’azione dinanzi ad un’autorità giurisdizionale. Invece di ponderare con tranquillità la proposizione di un’azione per lo scioglimento del matrimonio, coniugi in disaccordo potrebbero essere indotti ad adire rapidamente uno dei giudici competenti per assicurarsi i vantaggi del diritto sostanziale in materia di divorzio applicabile secondo il diritto privato internazionale di tale foro. Infatti, qualora vengano aditi due giudici, in base alla priorità di cui all’art. 19 è competente il giudice preventivamente adito.

48.

Anche la Commissione si è resa conto di tali ripercussioni negative derivanti dal fatto che il regolamento si limita a disciplinare la competenza e, pertanto, ha già proposto l’introduzione di una disciplina comune per la determinazione della legge applicabile ( 17 ).

49.

Le considerazioni che precedono, tuttavia, riguardano solo il divorzio in sé, ma non già le conseguenze dello stesso quali, in particolare, i diritti al mantenimento. La pertinente disciplina sulla competenza di cui all’art. 5, n. 2, del regolamento (CE) n. 44/2001 ( 18 ) è stata appunto sostituita da un regolamento speciale ( 19 ), che rimanda inoltre al protocollo dell’Aja 23 novembre 2007, sul diritto applicabile alle obbligazioni alimentari. Neanche la competenza per le decisioni in materia di responsabilità dei genitori è automaticamente associata alla competenza in materia di scioglimento del matrimonio ai sensi dell’art. 12 del regolamento n. 2201/2003. Non esiste, infine, alcuna disciplina comunitaria relativamente alle conseguenze patrimoniali del divorzio.

50.

Se è vero che la sig.ra Mesko solleva un’eccezione formale contro la competenza del tribunale di Pest, nel merito, tuttavia, essa sembra ritenere errato soprattutto il fatto che al divorzio sia stata applicata la legge ungherese e non già quella francese. Essa parte dal presupposto che il marito abbia consapevolmente chiesto il divorzio in Ungheria per sfuggire alle conseguenze di un divorzio pronunciato per colpa in base al diritto francese, sebbene la coppia non avesse praticamente più alcun legame con l’Ungheria.

51.

In questo contesto, occorre verificare se l’art. 3, n. 1, lett. b), debba essere interpretato nel senso che, nel caso di persone con cittadinanza plurima, la competenza giurisdizionale debba essere determinata unicamente in base alla cittadinanza prevalente comune.

52.

Il principio del primato della cittadinanza prevalente è da lungo tempo riconosciuto nel diritto internazionale ( 20 ) e si ripercuote, ad esempio, sul diritto degli Stati di garantire protezione diplomatica ( 21 ). A tale riguardo, si considera prevalente soprattutto la cittadinanza dello Stato in cui la persona sia residente abitualmente ( 22 ).

53.

Nella specie, non è necessario verificare in qual misura le libertà fondamentali pongano dei limiti alla trasposizione di tale modello ( 23 ), qualora già il regolamento osti a che la cittadinanza prevalente sia considerata in via prioritaria. A questo proposito occorre esaminare se la nozione di cittadinanza di cui all’art. 3, n. 1, lett. b), possa essere interpretata nel senso che, nel caso di persone aventi cittadinanza plurima, si debba utilizzare come criterio di collegamento soltanto la cittadinanza dello Stato membro con cui sussista, di fatto, il legame più stretto.

54.

Una siffatta interpretazione non trova, in primo luogo, alcun fondamento nel tenore letterale dell’art. 3, n. 1, lett. b). Come sostiene correttamente il governo tedesco, in numerosi altri punti il regolamento fa riferimento alla cittadinanza senza che si intenda esclusivamente la cittadinanza prevalente. Qualora il legislatore avesse voluto invece fare esclusivo riferimento, nell’art. 3, n. 1, lett. b), alla cittadinanza prevalente, sarebbe stato lecito attendersi una disciplina esplicita in tal senso.

55.

Il tenore letterale, tuttavia, non è di per sé decisivo. Piuttosto, occorre considerare anche la ratio della disciplina, la genesi e il contesto in cui si inserisce.

56.

In base al suo primo ‘considerando’, il regolamento n. 2201/2003 contribuisce a istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. In merito alla disciplina delle materie matrimoniali, esso promuove le finalità che già ispiravano il regolamento n. 1347/2000 e la Convenzione Bruxelles II ( 24 ).

57.

Come illustrato nella relazione Borrás, le norme sulla competenza giurisdizionale della Convenzione di Bruxelles II si basavano sull’idea di tener conto degli interessi delle parti ed erano improntate a principi di flessibilità correlati alla mobilità delle persone, mirando a favorirle senza compromettere la certezza del diritto ( 25 ). I criteri scelti per determinare la competenza sarebbero pertanto obiettivi, alternativi ed esclusivi ( 26 ).

58.

Queste finalità consentono alle persone che abbiano esercitato il proprio diritto alla libera circolazione di scegliere il foro in modo flessibile. Così, per queste persone potrebbe risultare più semplice adire i giudici dello Stato membro in cui hanno la residenza abituale. È però anche ipotizzabile che preferiscano esperire un’azione dinanzi ai giudici della propria patria, di cui padroneggiano meglio la lingua e di cui conoscono meglio l’ordinamento giudiziario e giuridico. Per questo motivo, l’art. 3, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 2201/2003 riporta una pluralità di fori che, a differenza della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), non sono stati intenzionalmente elencati secondo un ordine gerarchico ( 27 ).

59.

Se, nel caso di persone con doppia cittadinanza, si prendesse in considerazione, nel contesto di cui all’art. 3, n. 1, lett. b), solo la cittadinanza prevalente, ciò comporterebbe una limitazione delle possibilità di scelta. Dal momento che, ai fini della qualificazione di una cittadinanza come prevalente, la residenza abituale rivestirebbe un’importanza fondamentale, i fori di cui all’art. 3, n. 1, lett. a) e b), risulterebbero spesso coincidenti. Di fatto, nel caso di persone con doppia cittadinanza ciò finirebbe col creare una gerarchia dei fori di cui alle lett. a) e b), che non è affatto voluta. Al contrario, una coppia che possieda solo una cittadinanza comune potrebbe adire ancora i giudici nella propria patria sebbene da tempo non sia più residente abitualmente in tale Stato e mantenga solo pochi punti di contatto reale con quest’ultimo.

60.

I criteri sulla competenza mirano a garantire un reale collegamento con lo Stato interessato, come sottolinea il dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1347/2000 ( 28 ). Tale collegamento è realizzato attraverso la residenza abituale nello Stato del foro o attraverso la cittadinanza comune. A tal riguardo il legislatore muove dall’assunto, seguendo un’impostazione basata su fattispecie tipiche, che alla cittadinanza consegua anche un legame reale e, così facendo, si ricollega a un criterio facilmente utilizzabile e che consente di determinare con certezza un foro competente.

61.

Nell’art. 3, n. 1, lett. b), non sono accolti ulteriori criteri qualitativi come, ad esempio, la prevalenza della cittadinanza. Determinare la prevalenza di una cittadinanza, infatti, da un lato aggraverebbe ulteriormente la verifica della competenza giurisdizionale e, dall’altro, risulterebbe contrario alla finalità del regolamento, ossia garantire la certezza del diritto con riferimento alla competenza giurisdizionale.

62.

La determinazione della cittadinanza maggiormente prevalente sarebbe affetta da notevoli incertezze già per il solo fatto che manca una definizione di tale nozione indeterminata. Inoltre, a questo proposito, dovrebbero probabilmente essere prese in considerazione una serie di circostanze di fatto che non conducono sempre ad un risultato univoco. Nell’ipotesi peggiore, si potrebbe anche pervenire ad un conflitto negativo di competenze qualora due giudici ritengano rispettivamente prevalente la cittadinanza dell’altro Stato membro. Il regolamento non contiene alcuna norma per siffatti conflitti di competenza, in base alla quale il giudice di uno Stato membro possa rinviare, con effetto vincolante, il procedimento al giudice di un altro Stato membro ( 29 ).

63.

Questo risultato non osta a che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda sia determinante il «domicile» dei coniugi invece della cittadinanza degli stessi. È pur vero che il «domicile» può presentare talune somiglianze con una cittadinanza prevalente; in particolare, ogni persona può avere in ogni momento sempre e solo un «domicile», in base alle disposizioni nazionali pertinenti ( 30 ). Da tale disciplina speciale valida per due Stati membri, che consente loro di attenersi ai criteri tradizionalmente utilizzati di individuazione della competenza, non è tuttavia possibile trarre conclusioni generali ai fini dell’interpretazione della nozione di cittadinanza.

64.

Inoltre, come ha peraltro giustamente evidenziato il governo slovacco, nel caso in cui coesistano un «domicile» comune in uno Stato membro e una cittadinanza comune di un altro Stato membro si possono presentare i medesimi problemi come nel caso di doppia cittadinanza. Dal regolamento non sono desumibili elementi per cui il «domicile» comune giustificherebbe in questo caso il foro unico e sarebbe esclusa la presentazione di un ricorso ai giudici della cittadinanza comune.

65.

Alla luce delle suesposte considerazioni si può affermare, in sintesi, che la limitazione della nozione di cittadinanza di cui all’art. 3, n. 1, lett. b), alla cittadinanza prevalente non corrisponde né al tenore letterale né alle finalità del regolamento n. 2201/2003. Il regime della competenza del regolamento in materia di scioglimento del matrimonio non si basa, in generale, sul principio dell’esclusione di una molteplicità di fori. È invece prevista espressamente la coesistenza di più fori di pari rango.

66.

Ne discende necessariamente un diritto di scelta del ricorrente. Il fatto che persone aventi doppia cittadinanza possano, a questo proposito, operare una scelta fra le autorità giurisdizionali di due Stati membri, competenti esclusivamente in base alla cittadinanza, non si pone in contraddizione con il regolamento. Dal momento che l’art. 3, n. 1, lett. b), presuppone che entrambi i coniugi posseggano la cittadinanza del foro, l’applicazione della suddetta disposizione garantisce che entrambi i coniugi abbiano il medesimo legame con tale foro e che non possa essere investito di una causa un giudice la cui competenza sia totalmente imprevedibile o remota per l’uno o per l’altro dei coniugi.

67.

La possibilità di scelta del ricorrente non comporta neanche una minore certezza del diritto. Dal principio di certezza del diritto discende che la normativa comunitaria deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti ( 31 ). L’art. 3, n. 1, lett. b), nell’interpretazione che qui si propone, risponde a tali requisiti, in quanto la competenza può essere certamente determinata sulla base della cittadinanza comune. Se è pur vero che, nel caso di persone con cittadinanza plurima, i giudici di diversi Stati membri possono costituire il foro competente, è anche vero che, qualora per questo motivo venisse proposta un’azione dinanzi ai giudici di più Stati membri, l’art. 19 risolverebbe in modo chiaro il conflitto di competenza.

68.

Come evidenzia il caso di specie, le conseguenze negative, quali la corsa alla proposizione dell’azione giudiziaria, non sono in effetti di per sé così problematiche con riguardo alla competenza giurisdizionale. Anche se la sig.ra Mesko vive da lungo tempo in Francia e le risulta più costoso partecipare al procedimento in Ungheria che non partecipare ad un procedimento dinanzi ad un giudice nel luogo di residenza, essa non eccepisce in primo luogo il foro in quanto tale, ma piuttosto censura l’applicazione della legge ungherese in materia di divorzio invece di quella francese. Ciò, però, non è una conseguenza diretta del regolamento n. 2201/2003, bensì delle norme del diritto internazionale privato ungherese. Non sarebbe corretto compensare l’assenza di norme di conflitto uniformi mediante un’interpretazione contraria alle finalità e alla sistematica delle vigenti norme sulla competenza.

69.

Infine, il ricorso ad un giudice competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), non deve neanche essere considerata abusiva, come sostenuto dal difensore della sig.ra Mesko all’udienza. Infatti, secondo giurisprudenza costante, se è pur vero che non è consentito invocare in modo fraudolento o abusivo la normativa comunitaria ( 32 ), una pratica abusiva presuppone tuttavia che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria, l’evocazione della normativa sia contraria alle finalità della stessa ( 33 ).

70.

Il ricorso a giudici di uno Stato membro di cui entrambi i coniugi siano cittadini, tuttavia, non è contrario alle finalità dell’art. 3, n. 1, lett. b), come già esposto, neanche quando ci si colleghi ad una cittadinanza non prevalente.

71.

Occorre peraltro sottolineare che, nel caso di norme sulla competenza giurisdizionale, la certezza del diritto svolge un ruolo importante che impone che l’applicazione della normativa comunitaria sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti ( 34 ). Il concetto di abuso del diritto, pertanto, può comportare comunque solo in casi eccezionali che l’adizione di un foro competente secondo le disposizioni applicabili debba essere considerata abusiva.

V — Conclusione

72.

Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dalla Cour de Cassation nei seguenti termini:

1)

Il giudice di uno Stato membro, qualora debba accertare, ai sensi dell’art. 64, n. 4, del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, se il giudice dello Stato membro di origine di una decisione sarebbe stato competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del suddetto regolamento, non può considerare esclusivamente come propri cittadini coniugi aventi entrambi la cittadinanza dello Stato membro del foro e dello Stato membro di origine. Il detto giudice deve piuttosto tenere conto del fatto che i coniugi posseggono parimenti la cittadinanza dello Stato membro di origine e che pertanto, il giudice del suddetto Stato sarebbe stato competente ad adottare la decisione.

2)

Qualora i coniugi posseggano più cittadinanze comuni, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2201/2003 non deve essere presa in considerazione esclusivamente la cittadinanza prevalente, ma, in forza della suddetta disposizione, sono competenti le autorità giurisdizionali di tutti gli Stati membri di cui entrambi i coniugi posseggano la cittadinanza.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) GU L 338, pag. 1, nella versione modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 2004, n. 2116 (GU L 367, pag. 1) — noto anche come regolamento Bruxelles II bis.

( 3 ) V. il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 1347/2000 e il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003.

( 4 ) GU L 160, pag. 19.

( 5 ) GU C 221, pag. 2.

( 6 ) GU C 221, pag. 27.

( 7 ) V. il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 1347/2000 e il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003.

( 8 ) Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 236, pag. 33).

( 9 ) V. la relazione Borrás, punto 33, in fine.

( 10 ) V., in tal senso, relativamente alla convenzione di Bruxelles, sentenze 13 luglio 1993, causa C-125/92, Mulox IBC (Racc. pag. I-4075, punto 11), e , causa C-437/00, Pugliese (Racc. pag. I-3573, punto 16).

( 11 ) Relazione Borrás, punto 33, in fine.

( 12 ) Sentenze 7 luglio 1992, causa C-369/90, Micheletti e a. (Racc. pag. I-4239, punto 10), e , causa C-148/02, Garcia Avello (Racc. pag. I-11613, punto 28). V., per l’invocazione della cittadinanza di uno Stato membro, anche sentenze , causa C-122/96, Saldanha e MTS (Racc. pag. I-5325, punto 15); , causa C-179/98, Mesbah (Racc. pag. I-7955, punti 31 e segg.); , causa C-192/99, Kaur (Racc. pag. I-1237, punto 19), e , causa C-200/02, Zhu e Chen (Racc. pag. I-9925, punto 37).

( 13 ) Ciò vale comunque, fatta salva la soluzione della seconda questione relativa al significato di cittadinanza prevalente.

( 14 ) Serie dei Trattati della Società delle Nazioni, vol. 179, pag. 89. Il testo della norma è il seguente: «Subject to the provisions of the present Convention, a person having two or more nationalities may be regarded as its national by each of the States whose nationality he possesses».

( 15 ) V., in tal senso, sentenza Garcia Avello (cit. supra, nota 12, punto 28).

( 16 ) V. C. Kohler, «Status als Ware: Bemerkungen zur europäischen Verordnung über das internationale Verfahrensrecht für Ehescheidungen», in: P. Mansel (a cura di) Vergemeinschaftung des europäischen Kollisionsrechts, 2001, pagg. 41, 42. [versione francese: C. Kohler, «Libre circulation du divorce? Observations sur le règlement communautaire concernant les procédures en matière matrimoniale», in: R.M. de Moura Ramos e a. (a cura di) Estudos em homenagem à Professora Doutora Isabel de Magalhães Collaço. Vol. I, 2002, pagg. 231, 233].

( 17 ) Proposta della Commissione 17 luglio 2006 relativamente alla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale, COM (2006) 399, def. V. anche libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio, COM (2005) 82 def. Dal momento che, sino ad oggi, non si è riusciti a raggiungere un accordo circa la proposta di questo cd. regolamento Roma III, si sta valutando solo di procedere alla cooperazione rafforzata (v. comunicato stampa in occasione della 2887a sessione del Consiglio giustizia e affari interni 24 e , reperibile all’indirizzo: http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=PRES/08/205&format=PDF&aged=0&language=IT&guiLanguage=en). Maggiori dettagli sulla proposta in: C. Kohler, «Zur Gestaltung des europäischen Kollisionsrechts für Ehesachen: Der steinige Weg zu einheitlichen Regeln über das anwendbare Recht für Scheidung und Trennung», Zeitschrift für das Gesamte Familienrecht, (FamRZ), 2008, pag. 1673.

( 18 ) Regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1).

( 19 ) Regolamento (CE) del Consiglio 18 dicembre 2008, n. 4/2009, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (GU 2009, L 7, pag. 1).

( 20 ) V. art. 5 della Convenzione dell’Aja 12 aprile 1930 (cit. supra, punto 41), che così recita:

«Within a third State, a person having more than one nationality shall be treated as if he had only one. Without prejudice to the application of its law in matters of personal status and of any conventions in force, a third State shall, of the nationalities which any such person possesses, recognise exclusively in its territory either the nationality of the country in which he is habitually and principally resident, or the country with which in the circumstances he appears to be in fact most closely connected».

( 21 ) V. sentenza della Corte internazionale di giustizia 6 aprile 1955, Nottebohm, I.C.J. Reports 1955, pag. 4. 22 e segg.

( 22 ) V. art. 5 della Convenzione dell’Aja 12 aprile 1930 (cit. supra, nota 20).

( 23 ) V., in proposito, la giurisprudenza cit. supra, nota 12, da cui alcune parti deducono che fare riferimento alla cittadinanza prevalente risulterebbe contrario alle libertà fondamentali.

( 24 ) V. il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 2201/2003.

( 25 ) V. relazione Borrás, punto 27.

( 26 ) V. relazione Borrás, punto 28.

( 27 ) V. relazione Borrás, punto 28.

( 28 ) Il testo è il seguente: «I criteri di competenza accolti nel presente regolamento si fondano sul principio secondo cui tra l’interessato e lo Stato membro che esercita la competenza giurisdizionale deve sussistere un reale collegamento. La scelta di taluni criteri è dovuta al fatto che essi esistono in vari ordinamenti giuridici nazionali e sono accettati dagli altri Stati membri».

( 29 ) V. le conclusioni da me presentate il 29 gennaio 2009 nella causa C-523/07, «A» (sentenza 2 aprile 2009, Racc. pag. I-2805, paragrafi 76 e 80).

( 30 ) V., a questo proposito, le considerazioni del Regno Unito e dell’Irlanda riportate nella relazione Borrás (punto 34).

( 31 ) V., ex multis, sentenze 22 novembre 2001, causa C-301/97, Paesi Bassi/Consiglio (Racc. pag. I-8853, punto 43); , causa C-255/02, Halifax e a. (Racc. pag. I-1609, punto 72), e , causa C-288/07, Isle of Wight Council e a. (Racc. pag. I-0000, punto 47).

( 32 ) V. sentenze 14 dicembre 2000, causa C-110/99, Emsland-Stärke (Racc. pag. I-11569, punti 51 e segg.), e Halifax e a. (cit. supra, nota 31, punto 68, e giurisprudenza ivi cit.).

( 33 ) V., in tal senso, sentenze Emsland-Stärke (cit. supra, nota 32, punto 52) e Halifax e a. (cit. supra, nota 31, punto 74).

( 34 ) V. giurisprudenza cit. supra, nota 31.