Causa T‑475/07
Dow AgroSciences Ltd e altri
contro
Commissione europea
«Prodotti fitosanitari — Sostanza attiva trifluralin — Non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE — Ricorso di annullamento — Procedura di valutazione — Studio nuovo e studio integrativo — Termini — Nozioni di “rischio” e di “pericolo” — Errore manifesto di valutazione — Progetto di rapporto di riesame — Progetto di direttiva o di decisione — Termini — Conseguenze di un’eventuale inosservanza — Legittimo affidamento — Principio di proporzionalità — Decisione 1999/468/CE, detta “comitatologia” — Regolamento (CE) n. 850/2004 — Art. 3, n. 3 — Eccezione di illegittimità»
Massime della sentenza
1. Ricorso di annullamento — Interesse ad agire — Ricorso proposto contro un atto abrogato
(Artt. 231 CE e 233 CE)
2. Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Potere discrezionale della Commissione
(Regolamento della Commissione n. 451/2000, art. 8; direttiva del Consiglio 91/414, art. 8, n. 2)
3. Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Sussistenza di incertezze scientifiche riguardo all’innocuità di una sostanza
(Regolamento della Commissione n. 451/2000, artt. 6, nn. 1, 2, 3, e 8, n. 5)
4. Tutela della sanità pubblica — Valutazione dei rischi — Applicazione del principio di precauzione — Portata — Nozioni di rischio e di pericolo
(Artt. 3 CE, 6 CE, 152, n. 1, CE, 153, nn. 1 e 2, CE e 174, nn. 1 e 2, CE)
5. Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva
(Regolamento della Commissione n. 451/2000, art. 8, nn. 8 e 9)
6. Agricoltura — Ravvicinamento delle legislazioni — Immissione in commercio dei prodotti fitosanitari — Direttiva 91/414 — Procedura di iscrizione delle sostanze attive dei detti prodotti nell’allegato I di tale direttiva — Modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione
(Decisione del Consiglio 1999/468, art. 5, n. 4)
7. Ricorso di annullamento — Motivi di ricorso — Difetto o insufficienza di motivazione — Errore di valutazione — Distinzione
(Artt. 230 CE e 253 CE)
1. Un ricorrente può continuare a dimostrare un interesse ad ottenere l’annullamento di un atto abrogato in quanto l’abrogazione non comporta gli stessi effetti giuridici di un eventuale annullamento da parte del Tribunale. Infatti, l’abrogazione di un atto di un’istituzione non costituisce un riconoscimento della sua illegittimità e produce effetti ex nunc, mentre il suo annullamento produce effetti ex tunc.
Per giunta, nel caso in cui un atto sia annullato, l’istituzione da cui proviene l’atto è tenuta ad adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta. Tali provvedimenti riguardano, in particolare, l’eliminazione degli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza di annullamento. Così, l’istituzione interessata può dover operare un adeguato ripristino della situazione del ricorrente o evitare che un atto identico venga adottato.
(v. punti 68-69)
2. Come emerge dal quinto, dal sesto e dal nono ‘considerando’, la direttiva 91/414, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo altresì un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale. In questo contesto, al fine di poter perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole, e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare, alla Commissione va riconosciuto un ampio potere discrezionale.
Nell’ambito delle disposizioni dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, la Commissione non è vincolata dal parere dell’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA). Infatti, se è vero che la Commissione adotta la propria decisione di non iscrizione o di iscrizione della sostanza controversa nell’allegato I della direttiva 91/414 dopo aver ottenuto il parere dell’EFSA, il regolamento n. 451/2000 non contiene alcuna indicazione sul fatto che la Commissione sia tenuta a seguire i pareri dell’EFSA quanto al loro contenuto e non disponga quindi di alcun potere discrezionale. Analogamente, risulta chiaramente dal contesto normativo che la posizione espressa dallo Stato membro relatore nel processo di valutazione non è decisiva.
(v. punti 86-87, 95)
3. L’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, dispone che, fatto salvo l’art. 7 della detta direttiva la presentazione di nuovi studi non sarà accettata. Tuttavia, lo Stato membro relatore può, d’accordo con l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA), invitare i notificanti a presentare, entro termini specificati, dati integrativi che lo Stato membro relatore o l’EFSA giudichi necessari al chiarimento del fascicolo.
La comunicazione di dati integrativi può di conseguenza avere come scopo solo quello di chiarire elementi già presentati nel fascicolo completo che deve essere consegnato dalle parti notificanti.
La presentazione di uno studio integrativo sarà dal canto suo possibile solo in quanto esso sia stato in corso al momento della presentazione del fascicolo completo, la sua comunicazione sia stata annunciata al momento della presentazione del detto fascicolo ed esso sia stato trasmesso al più tardi un anno dopo la presentazione dello stesso fascicolo.
(v. punti 110-111, 113)
4. L’art. 152, n. 1, CE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto comunitario che impone alle autorità interessate di adottare, nel preciso ambito dell’esercizio delle competenze loro attribuite dalla normativa pertinente, misure appropriate al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici.
La valutazione dei rischi consiste, per l’istituzione comunitaria posta di fronte a effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno, nel valutare, sulla base di una valutazione scientifica dei rischi, se questi ultimi eccedano il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società. Così, perché le istituzioni comunitarie possano procedere ad una valutazione dei rischi, è per loro importante, da una parte, disporre di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altra, determinare il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società.
La valutazione scientifica dei rischi è un processo scientifico che, come è comunemente riconosciuto, consiste, per quanto possibile, nell’individuare e nel configurare un pericolo, nel valutare l’esposizione e nel connotare il rischio.
In un contesto del genere, la nozione di «rischio» corrisponde pertanto al grado di probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di talune misure o di talune pratiche. La nozione di «pericolo», dal canto suo, è utilizzata comunemente in un’accezione più ampia e definisce ogni prodotto o processo che possa avere un effetto negativo per la salute umana.
La determinazione del livello di rischio ritenuto inaccettabile spetta, attraverso il rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni comunitarie incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per la società. A tali istituzioni incombe il compito di determinare la soglia critica di probabilità degli effetti nocivi per la salute umana e della gravità di tali potenziali effetti che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute umana, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica.
Nella determinazione di tale livello di rischio, le istituzioni comunitarie sono vincolate dal loro obbligo, in forza dell’art. 152, n. 1, primo comma, CE, di garantire un livello elevato di protezione della salute umana. Tale livello elevato, per essere compatibile con tale disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile sotto il profilo tecnico.
(v. punti 143-149)
5. In mancanza di una disposizione che preveda espressamente o implicitamente le conseguenze del superamento di un termine procedurale come quello fissato dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414, il superamento in questione può comportare l’annullamento totale o parziale dell’atto il cui iter di adozione comprende il termine in causa soltanto se è provato che, in mancanza di questa irregolarità, detto atto avrebbe potuto avere un contenuto diverso.
(v. punto 203)
6. Risulta dall’art. 5, n. 4, della decisione 1999/468, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, che, qualora le misure progettate non siano conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e ne informa il Parlamento europeo. Impiegando l’espressione «senza indugio», il legislatore comunitario, pur imponendo alla Commissione di operare con rapidità le rimette un certo margine discrezionale. In tale contesto, il termine di cui la Commissione dispone per esaminare le diverse possibilità di azione che le si prospettano deve essere valutato sulla scorta della complessità della pratica interessata.
Per valutare se la Commissione abbia agito senza indugio, si deve verificare se essa abbia agito entro un termine ragionevole, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, e si deve riconoscerle un ampio margine di manovra al fine di giungere ad un compromesso.
Pertanto, e a maggior ragione riguardo ad un comitato di regolamentazione, la Commissione deve poter disporre di un ampio margine di manovra nel tempo, in relazione alla difficoltà, alla complessità e alla delicatezza della pratica, per ricercare un compromesso in seno al comitato prima di mettere ai voti un progetto di provvedimento.
(v. punti 211, 218-219, 222-223)
7. Il motivo vertente sulla violazione dell’art. 253 CE costituisce un motivo distinto da quello vertente sull’errore manifesto di valutazione. Infatti, mentre il primo, che si riferisce ad un difetto o ad un’insufficienza di motivazione, rientra nella violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’art. 230 CE, e costituisce un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario, il secondo, che verte sulla legittimità nel merito di una decisione, rientra nella violazione di una norma di diritto relativa all’applicazione del Trattato, ai sensi del medesimo art. 230 CE, e può essere esaminato dal giudice comunitario solo se è dedotto dal ricorrente. L’obbligo di motivazione è pertanto una questione distinta da quella della fondatezza della motivazione.
(v. punto 245)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
9 settembre 2011 (*)
«Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva trifluralin – Non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE – Ricorso di annullamento – Procedura di valutazione – Studio nuovo e studio integrativo – Termini – Nozioni di “rischio” e di “pericolo” – Errore manifesto di valutazione – Progetto di rapporto di riesame – Progetto di direttiva o di decisione – Termini – Conseguenze di un’eventuale inosservanza – Legittimo affidamento – Principio di proporzionalità – Decisione 1999/468/CE, detta “comitatologia” – Regolamento (CE) n. 850/2004 – Art. 3, n. 3 – Eccezione di illegittimità»
Nella causa T‑475/07,
Dow AgroSciences Ltd, con sede in Hitchin (Regno Unito), e altre 20 ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, rappresentate dagli avv.ti C. Mereu e K. Van Maldegem,
ricorrenti,
contro
Commissione europea, rappresentata dai sigg. L. Parpala e B. Doherty, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. J. Stuyck,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 20 settembre 2007, 2007/629/CE, concernente la non iscrizione del trifluralin nell'allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e la revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza (GU L 255, pag. 42),
IL TRIBUNALE (Terza Sezione),
composto dal sig. J. Azizi, presidente, dalla sig.ra E. Cremona e dal sig. S. Frimodt Nielsen (relatore), giudici,
cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito dell’udienza del 16 dicembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all’origine della controversia
1 Il trifluralin è una sostanza attiva utilizzata come erbicida ad azione estesa selettiva, che appartiene alla classe degli erbicidi di tipo dinitroanilina. Esso può essere utilizzato per combattere le graminacee e le erbacce dicotiledoni. Il trifluralin è assorbito dalle radici e dal sistema foliaceo e impedisce la divisione cellulare. Nella maggior parte dei casi, il trifluralin è incorporato nel suolo per evitare che si degradi alla luce del sole.
2 Il trifluralin rientra nella seconda fase del programma di lavoro di cui all’art. 8, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1), e fa parte dell’elenco di sostanze sottoposte alle procedure istituite dal regolamento (CE) 28 febbraio 2000, n. 451, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio (GU L 55, pag. 25).
3 Il prodotto preparato rappresentativo per la valutazione da condurre ai sensi della direttiva 91/414 è l’«EF 1521» (chiamato anche Treflan), vale a dire un concentrato emulsionabile depositato con varie denominazioni commerciali in Europa.
4 La Dow AgroSciences Ltd (prima parte ricorrente), la Makhteshim‑Agan Holding BV (seconda parte ricorrente), attraverso il suo centro internazionale di coordinamento, il Makhteshim Agan International Coordination Center (terza parte ricorrente), la Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda (quarta parte ricorrente) e la Finchimica SpA (quinta parte ricorrente) hanno espresso alla Commissione delle Comunità europee il loro desiderio di far iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414. La prima parte ricorrente ha presentato la sua notifica il 25 agosto 2000, a nome proprio e a nome della quarta e della quinta parte ricorrente. La seconda e la terza parte ricorrente hanno presentato la loro notifica il 29 agosto 2000.
5 Tutte le notifiche [allegati A.3 e A.4] sono state effettuate prima della scadenza del termine, fissato il 31 agosto 2000, di cui all’art. 4, n. 1, del regolamento n. 451/2000.
6 Tutte le parti che hanno notificato la loro domanda di iscrizione producono o fabbricano trifluralin o prodotti fitosanitari a base di trifluralin o sono titolari di autorizzazioni nazionali di commercializzazione e di vendita di tali prodotti in uno o più Stati membri dell’Unione europea.
7 L’European Union Trifluralin Taskforce (EUTTF) (gruppo di lavoro dell’Unione europea sul trifluralin), che ha come ruolo quello di coordinare gli sforzi delle imprese notificanti per comunicare con la Commissione nell’ambito della procedura di valutazione del trifluralin, è stato costituito nel marzo 2001 con la partecipazione dell’Agan Chemical Manufacturers Ltd e della Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda. Quest’ultima è una società per azioni che raggruppa la Dow AgroSciences BV (sesta parte ricorrente) e la Suroholi – Comercio Internacional e Servicios Lda.
8 La Dow AgroSciences BV è succeduta alla Dow AgroSciences Ltd in qualità di autore della notifica ed è stata considerata come tale dalla Commissione.
9 La Repubblica ellenica è stata designata come Stato membro relatore incaricato di valutare il trifluralin, come è previsto dall’allegato I, parte B, del regolamento n. 451/2000.
10 Le ricorrenti hanno presentato i loro fascicoli allo Stato membro relatore il 24 aprile 2002.
11 Lo Stato membro relatore ha presentato il suo progetto di rapporto di valutazione l’11 luglio 2003. Esso vi raccomandava l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, subordinatamente al rispetto di due condizioni: una purezza minima del trifluralin di 950 g/kg, da una parte, e l’adozione di provvedimenti per l’attenuazione dei rischi ai fini della protezione degli organismi acquatici da parte degli Stati membri al momento del rilascio di autorizzazioni, dall’altra.
12 Per quanto riguarda l’ecotossicologia, il punto 4.9 del progetto di rapporto di valutazione dello Stato membro relatore precisa:
«Per diminuire il rischio al quale sono esposti gli organismi acquatici o per ridurre l’ampiezza delle zone tampone non trattate, il notificante può prevedere di effettuare nuove prove sperimentali, al fine di rispondere a preoccupazioni particolari sul piano dello Stato membro. Studi del genere non sono una condizione necessaria per l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I [della direttiva 91/414]».
13 L’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti (EFSA) ha inviato il progetto di rapporto di valutazione agli Stati membri e alle parti notificanti il 24 luglio 2003, al fine di avviare l’esame collegiale previsto dall’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000.
14 Svariati Stati membri hanno inviato commenti scritti sul progetto di rapporto di valutazione e due di loro, in tale occasione, hanno esposto le loro preoccupazioni in ordine alla persistenza, al bioaccumulo e alla grande volatilità del trifluralin, ritenendo che tale sostanza attiva non dovesse essere autorizzata.
15 In occasione della prima riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» dell’EFSA, tenutasi il 15 gennaio 2004 e alla quale assistevano rappresentanti delle imprese notificatrici e dell’European Crop Protection Association (associazione europea per la protezione delle coltivazioni), tali commenti sono stati reiterati ed è stato constatato che diversi dati integrativi sarebbero stati necessari, in particolare riguardo alla stabilità della sostanza in occasione del suo immagazzinamento, alla sua permanenza, a metodi di analisi per la determinazione di impurità, alla tossicità per i mammiferi, uno studio di metabolismo per i semi di piante oleaginose nonché vari studi relativi al comportamento e al destino ambientale della sostanza.
16 Il 3 marzo 2004 il rappresentante delle parti notificanti ha inviato un messaggio di posta elettronica all’EFSA del seguente tenore:
«Accusiamo ricevuta della tabella di valutazione relativa al trifluralin inviataci dallo Stato membro relatore e stiamo elaborando le nostre osservazioni. Tuttavia avremmo bisogno del vostro parere su un punto particolare.
Si può leggere nella seconda parte, prima colonna, punto 2.4 [della tabella di valutazione relativa al trifluralin] che “il notificante deve presentare prove di genotossicità (...) e prove di tossicità orale acuta per i metaboliti vegetali TR‑22 e TR‑28 o uno studio di metabolismo alternativo dei semi oleaginosi contenente l’identificazione dei metaboliti nei semi”. Come da noi spiegato nel corso della riunione di valutazione, i nostri specialisti in chimica di sintesi hanno precisato che sarebbe molto difficile e molto lungo produrre abbastanza TR‑28 per condurre a buon fine gli studi di tossicità e che sarebbe quindi forse più facile, più efficace e più utile procedere ad uno studio del metabolismo dei semi oleaginosi contenente l’identificazione dei metaboliti nei semi, in quanto le frazioni trattate di tali parti di pianta sono quelle che sono consumate dagli uomini e dagli animali. Per cortesia, potreste darci il vostro parere sul termine di presentazione di un nuovo studio di metabolismo, sapendo che non si tratta di uno studio a breve termine?».
17 Con messaggio di posta elettronica del 5 marzo 2004, l’EFSA ha risposto a tale messaggio nei seguenti termini:
«Nel vostro messaggio di posta elettronica del 3 marzo, viene da voi trattata la questione delle informazioni richieste per nuovi studi riguardanti i metaboliti vegetali TR-22 e TR-28 del trifluralin.
Tali richieste sono state discusse e concordate dagli Stati membri in occasione dell’ultima riunione di valutazione e sono state aggiunte, assieme ad altre richieste riguardanti i dati, alla tabella di valutazione. Spetta ora a voi rispondere a tali richieste vuoi presentando le relative informazioni, vuoi confermando che le informazioni richieste saranno fornite.
Tenendo conto di ciò, l’esame collegiale del trifluralin continuerà a rispettare i termini fissati nel regolamento (CE) n. 1490/2002 [della Commissione, del 14 agosto 2002, che stabilisce le modalità attuative della terza fase del programma di lavoro di cui all'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e che modifica il regolamento (CE) n. 451/2000 (GU L 224, pag. 23)]. Le eventuali informazioni non ancora fornite saranno menzionate nelle conclusioni dell’EFSA sulla valutazione dei rischi».
18 A seguito del disaccordo di taluni Stati membri sul rapporto dello Stato membro relatore, è stato deciso di sottoporre la questione alle sessioni dell’European Pesticides Co‑ordination (coordinamento europeo riguardante i pesticidi, in prosieguo: l’«EPCO»), vale a dire il segretariato operativo – composto da funzionari del Bundesamt für Verbraucherschutz und Lebensmittelsicherheit (ufficio federale della tutela dei consumatori e della sicurezza alimentare) e dell’UK Pesticides Safety Directorate (direzione generale della sicurezza dei pesticidi del Regno Unito) – incaricato, in seno all’EFSA, dell’organizzazione pratica delle sessioni di esperti incaricati dell’esame collegiale.
19 La valutazione, condotta da esperti tecnici degli Stati membri allo scopo di riesaminare il progetto di rapporto di valutazione e i commenti da esso provocati, si è svolta dal mese di aprile al mese di giugno 2004, periodo nel corso del quale si sono tenute sei riunioni dell’EPCO, nel corso delle quali si è proceduto all’esame del trifluralin ma anche di altre sostanze:
– 27 e 28 aprile 2004: 2ª riunione dell’EPCO (divenire e comportamento nell’ambiente);
– 28 e 29 aprile 2004: 3ª riunione dell’EPCO (ecotossicologia);
– 10, 11 e 12 maggio 2004: 4ª riunione dell’EPCO (tossicologia sui mammiferi);
– 11 e 12 maggio 2004: 5ª riunione dell’EPCO (residui e metodi di analisi);
– 15 e 16 maggio 2004: 6ª riunione dell’EPCO (proprietà fisiche e chimiche);
– 22 giugno 2004: 8ª riunione dell’EPCO (ecotossicologia).
20 Nelle conclusioni della riunione degli esperti dell’EPCO tenutasi il 22 giugno 2004 (pagg. 93 e 94), si afferma quanto segue:
«Nuove richieste riguardanti i dati: occorrerebbe utilizzare le CAS [concentrazioni ambientali stimate] iniziali con la CSEO [concentrazione senza effetto osservato] di 0.3µg/l ai fini di una nuova valutazione dei rischi. Se il notificante è in disaccordo su questo punto, occorrerebbe condurre studi supplementari con diversi regimi di esposizione, al fine di determinare il periodo di esposizione più critico.
Il notificante è tenuto a presentare studi di esposizione comportanti diverse durate di esposizione e che utilizzino un pesce dei ciprinidi [il pimephales promelas] in quanto specie di pesce più sensibile».
21 In un messaggio di posta elettronica del 6 ottobre 2004 da esso inviato alle parti notificanti, lo Stato membro relatore ha affermato:
«Accludiamo in allegato le richieste relative ai dati per l’ecotossicologia e per i residui quali presentate nella tabella di valutazione per il trifluralin che è stata prodotta a seguito delle riunioni dell’EPCO. Le parti relative al destino, al comportamento e alla tossicologia non hanno richieste di dati e la sezione di fisica/chimica e metodi d’analisi non ha fatto la sua parte, in quanto è in attesa di un chiarimento dell’EPCO su una questione».
22 A tale messaggio di posta elettronica del 6 ottobre 2004 era allegato il testo del resoconto della riunione degli esperti dell’EPCO di cui al precedente punto 20.
23 In occasione della riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» organizzata dall’EFSA i giorni 8 e 9 novembre 2004, alla quale assistevano le parti notificanti, lo Stato membro relatore ha asserito che queste ultime avrebbero fornito taluni dati – nella fattispecie lo studio sulla tossicità cronica per i pesci – nel luglio 2005.
24 Nel corso della riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» organizzata dall’EFSA l’8 e il 9 febbraio 2005, alla quale assistevano anche le parti notificanti, esso ha precisato, per quanto riguarda l’ecotossicologia, quanto segue:
«Due richieste relative ai dati possono ancora essere completate per quanto riguarda [questa parte]. Non è stata fornita alcuna informazione sino a questo momento».
25 A seguito di questa riunione, lo Stato membro relatore ha informato le imprese notificanti, con messaggio di posta elettronica del 22 febbraio 2005, degli elementi seguenti:
«Il progetto di conclusioni dell’EFSA sul trifluralin è divenuto definitivo a seguito di lunghe discussioni, svoltesi nel corso dei tre giorni di riunione. Ciò si spiega con:
– osservazioni presentate tardivamente da uno Stato membro in ordine alle proprietà PBT [persistenza, bioaccumulo e tossicità] e POP [inquinante organico persistente] del trifluralin;
– un nuovo emendamento proveniente da uno Stato membro che prende in considerazione il nuovo regolamento del Consiglio sui POP (…).
Pur non essendovi stata alcuna valutazione da parte dell’EFSA o da parte dello Stato membro relatore sulle proprietà di POP del trifluralin, la riunione ha considerato che un paragrafo doveva essere inserito su questo punto nelle conclusioni dell’EFSA, al fine di attirare l’attenzione sulla questione dei POP.
Benché la questione dei POP non rappresenti un criterio di non iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414, risulta dal regolamento di cui sopra che una sostanza classificata come POP dev’essere ritirata dal mercato dell’[Unione europea].
Questo punto dev’essere preso in considerazione nell’ambito della riunione “Legislazione” della Commissione quando vi sarà discusso il caso del trifluralin.
Tuttavia, non abbiamo ricevuto informazioni ufficiali sulle future tappe e date di queste prossime riunioni».
26 L’EFSA ha emesso il proprio parere il 14 marzo 2005.
27 Il parere dell’EFSA contiene un elenco di otto studi da effettuare o in corso, con l’indicazione, per ciascuno di essi, di una possibile data di presentazione fornita dalle parti notificanti, che va dal mese di luglio 2005 al mese di marzo 2006, o l’indicazione che nessuna data utile era stata indicata dalle parti notificanti. Fra questi studi figurava, in particolare, lo studio sulla tossicità cronica per i pesci.
28 L’EFSA precisa, in tale parere, che essa non poteva prendere in considerazione il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, n. 850, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158, pag. 7), a seguito della sua entrata in vigore ad uno stadio avanzato dell’esame collegiale, ma che le informazioni disponibili valutate in tale occasione dovevano permettere alla Commissione e agli Stati membri di valutare il trifluralin anche alla luce delle disposizioni di tale regolamento.
29 L’EFSA menziona, nelle sue conclusioni, i seguenti motivi di preoccupazione, precisando che vari studi rimangono necessari:
– una tossicità elevata per gli organismi acquatici, in particolare i pesci;
– un rischio elevato di bioaccumulo;
– una notevole persistenza nel suolo;
– un rischio di propagazione aerea su una grande distanza a causa della sua elevata volatilità.
30 Per quanto riguarda la tossicità elevata per gli organismi acquatici, l’EFSA ritiene che siano necessari nuovi dati e che la valutazione del rischio al riguardo potrà essere portata a termine solo una volta analizzati tali dati (pagg. 33 e 34 del rapporto). Essa considera inoltre che sono necessarie adeguate misure di attenuazione dei rischi per quanto riguarda il rischio acuto per gli organismi acquatici (pag. 35 del rapporto).
31 Con lettera del 2 maggio 2005 indirizzata alla Dow AgroSciences, la Commissione ha invitato le ricorrenti a presentare i loro commenti nelle conclusioni del rapporto finale dell’EFSA, entro un termine di quattro settimane dalla ricezione della detta lettera. Essa vi precisava anche che, a causa dei termini rigidi che caratterizzano la procedura di valutazione, non sarebbero stati accettati né studi supplementari né modifiche di sorta delle utilizzazioni notificate.
32 La Commissione ha ricordato, ancora una volta, in una lettera in data 23 giugno 2005 inviata alla Dow AgroSciences, che essa non avrebbe potuto prendere in considerazione alcun dato o studio nuovo e che i commenti non potevano servire a riaprire la procedura di valutazione. Essa precisava, inoltre, che rifiutava di rispondere alle questioni tecniche sollevate dalle ricorrenti, nonché di dare indicazioni quanto alle posizioni degli Stati membri a questo proposito.
33 Un progetto di direttiva, diretto all’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, è stato iscritto all’ordine del giorno della riunione del Comitato permanente della catena alimentare e della salute animale (CPCASA) del 14 e 15 luglio 2005, del che le ricorrenti sono state informate con un messaggio di posta elettronica dello Stato membro relatore.
34 L’ordine del giorno della riunione successiva del CPCASA, che si teneva il 22 e 23 settembre 2005, menziona nuovamente un progetto di direttiva inteso all’iscrizione del trifluralin.
35 In una nota del 21 ottobre 2005 la direzione generale (DG) «Ambiente» della Commissione riteneva che fosse necessario che il trifluralin formasse oggetto di esame da parte del sottogruppo «Technical Committee on New and Existing Substances» (comitato tecnico sulle sostanze nuove e su quelle esistenti, in prosieguo: il «sottogruppo TC‑NES») alla luce dei criteri inquinanti organici persistenti (in prosieguo: i «POP»). La DG «Ambiente» proponeva in tale nota, alla luce dei brevi termini fissati dalla direttiva 91/414, di sottoporre il trifluralin ad un gruppo di esperti nei termini più brevi, malgrado l’assenza di formale decisione nell’ambito di tale procedura. Essa asseriva che un parere del genere sarebbe stato di grande aiuto per il CPCASA e per la Commissione nella procedura condotta nel quadro della direttiva 91/414. Nella stessa nota, la DG «Ambiente» esprimeva l’auspicio che il sottogruppo TC‑NES dibattesse questo punto in occasione della sua riunione del 25 e 26 ottobre 2005.
36 Nella riunione del 17 e 18 novembre 2005 del CPCASA, è stato precisato che il fascicolo era stato trasmesso al sottogruppo TC‑NES.
37 L’EUTTF, in una lettera del 6 gennaio 2006, ha preso atto dell’esame avviato sulla base dei criteri POP, sottoponendo le sue osservazioni su tale valutazione al sottogruppo TC‑NES.
38 Il 19 gennaio 2006 le ricorrenti hanno inviato una lettera alla Commissione, al fine di contestare la legittimità della valutazione del trifluralin alla luce dei criteri POP nel quadro della valutazione prescritta dalla direttiva 91/414.
39 In un documento di lavoro redatto dalla DG «Ambiente», in data 3 febbraio 2006, viene in particolare precisato quanto segue:
«È stato constatato che il trifluralin poteva essere un POP e, a richiesta delle autorità competenti in forza della direttiva 91/414, il sottogruppo (...) TC‑NES ha esaminato il fascicolo alla luce dei criteri di selezione dei POP (...).
La conclusione del sottogruppo (...) è stata che il trifluralin risponde ai criteri di selezione che permettono di qualificarlo come POP. Tuttavia, tale conclusione è stata ricavata tenendo presente che talune delle osservazioni precisano che trarre conclusioni sulla pertinenza della persistenza per l’individuazione di una posta planetaria richiede forse un’indagine più spinta.
Il caso del trifluralin è il primo del genere in vigenza della direttiva 91/414 e, nel corso della sua riunione, il gruppo di lavoro “Legislazione”, competente in materia, non ha potuto convenire sulla maniera in cui occorreva interpretare l’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004 nei casi di questo tipo. Di conseguenza, il gruppo di lavoro ha deciso di chiedere il parere delle autorità competenti del regolamento n. 850/2004 su tale questione.
(…).
Conclusione
Il trifluralin è un esempio di sostanza attiva esistente utilizzata nei prodotti fitosanitari che presenta caratteristiche di POP. Di conseguenza, l’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004 dev’essere applicato ai fini dell’esame dell’eventuale iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 e ai fini della concessione di un’autorizzazione nazionale a prodotti fitosanitari contenenti trifluralin.
La formulazione dell’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004, relativo alle sostanze chimiche e ai pesticidi esistenti, lascia un ampio margine di valutazione alle autorità impegnate nei sistemi di valutazione e di autorizzazione. Relativamente ad un prodotto fitosanitario intenzionalmente applicato ai prodotti dei campi e quindi diffuso in natura, l’esposizione può essere completamente eliminata solo vietando l’uso di un siffatto prodotto fitosanitario. Tuttavia, non si può dedurre direttamente dal regolamento o dalla Convenzione di Stoccolma [sui POP, firmata il 22 maggio 2001] un obbligo di eliminare ogni esposizione. Spetta quindi alle autorità che operano nell’ambito del sistema di valutazione e di autorizzazione interessato decidere caso per caso ciò che può essere considerato come “adeguata misura per il controllo” di una sostanza analoga ad un POP.
Viene chiesto alle autorità competenti in materia di POP di dibattere la questione con i loro omologhi che operano nel quadro della direttiva 91/414 prima della riunione, di esprimere la loro opinione sulle questioni sopra menzionate e, se possibile, di adottare insieme un parere in ordine all’interpretazione dell’art. 3, n. 3, del regolamento che possa essere trasmesso alle autorità competenti della direttiva 91/414».
40 La Commissione ha risposto, con lettera del 14 marzo 2006, alla lettera delle ricorrenti del 19 gennaio 2006, da una parte, affermando che l’EFSA assumeva da sola la responsabilità del contenuto del suo rapporto e, dall’altra, ricordando la separazione funzionale tra l’EFSA e la Commissione.
41 Il 17 maggio 2006 le ricorrenti hanno presentato allo Stato membro relatore uno studio sulla tossicità cronica per i pesci, effettuato nel marzo 2005 da un laboratorio indipendente e accompagnato da un aggiornamento della valutazione del rischio cronico. Tale studio è stato anche sottoposto, il 12 giugno 2006, alla Commissione che lo ha comunicato agli Stati membri inserendolo nella pagina Internet della Commissione intitolata «Circa».
42 Risulta da un progetto di processo verbale della riunione del CPCASA del 22 e 23 maggio 2006, all’ordine del giorno della quale figurava l’esame di un progetto di decisione, inteso questa volta alla non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, che la Commissione ha considerato che lo studio sulla tossicità cronica sottoposto dalle ricorrenti era tardivo e che non era pertanto necessario prenderlo in considerazione.
43 In occasione della riunione del CPCASA del 13 e 14 luglio 2006, la Commissione ha sottoposto nuovamente un progetto di decisione di non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414. Dal processo verbale di tale riunione risulta tuttavia quanto segue:
«Sono stati diffusi osservazioni e uno studio tardivo sul rischio cronico [del trifluralin] per i pesci (...). Poiché la discussione interna non si è conclusa, non può ancora essere votata alcuna proposta».
44 Dal processo verbale della riunione del CPCASA del 28 e 29 settembre 2006, all’ordine del giorno della quale figurava una nuova volta la situazione giuridica del trifluralin, risulta che:
«Un certo numero di Stati membri chiede una rapida conclusione di questa pratica. La Commissione spiega che nessun voto può aver luogo, poiché la procedura di autorizzazione interna non ha potuto essere conclusa».
45 La pratica era di nuovo all’ordine del giorno della riunione del CPCASA del 23 e 24 novembre 2006 e del 22 e 23 gennaio 2007, senza che si fosse proceduto ad una votazione.
46 Dal processo verbale della riunione del 23 e 24 novembre 2006 risulta che:
«La Commissione rileva che la tossicità cronica per i pesci era stata un punto di disaccordo tra il notificante, lo Stato membro relatore e l’EFSA durante tutta la procedura, il che tenderebbe ad indicare che non è possibile prendere una decisione su questo studio senza un esame collegiale al riguardo. La Commissione esprime altresì le sue preoccupazioni per quanto riguarda la presa in considerazione di dati che non hanno formato oggetto di un esame collegiale o di dati utilizzati sul piano nazionale. Essa ricorda il principio del sistema, in base al quale la Commissione fonda la sua decisione sulle prove scientifiche fornite dall’EFSA. Procedere diversamente sarebbe non soltanto illegittimo, ma infirmerebbe il processo di esame attualmente in corso.
[La Repubblica federale di Germania] dichiara che, in forza della direttiva 91/414, essa è obbligata a tener conto dell’ultimo stato delle conoscenze scientifiche nell’esame delle domande di autorizzazione. Essa non può tenere in non cale tale stato delle conoscenze scientifiche quando deve parallelamente adottare una posizione nazionale sulla questione dell’iscrizione nell’allegato I della sostanza attiva in questione».
47 Il 16 marzo 2007 il CPCASA ha espresso parere favorevole alla non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414.
48 Così come attestato dal resoconto della riunione, hanno tuttavia formulato osservazioni in tale occasione parecchi Stati membri, fra i quali lo Stato membro relatore, che ha fatto inserire a verbale una dichiarazione ai sensi della quale esso era pronto a votare a favore della proposta di non iscrizione del trifluralin, al fine di consentire alle parti notificanti di approfittare del successivo periodo di 18 mesi per sottoporre formalmente lo studio sulla tossicità cronica per i pesci e per permettergli, in quanto Stato membro relatore, di valutare ufficialmente quest’ultimo.
49 Il 20 settembre 2007 la Commissione ha adottato la decisione concernente la non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 e la revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza (GU L 255, pag. 42, in prosieguo: la «decisione impugnata»).
50 Nella decisione impugnata si afferma quanto segue:
«(4) Il rapporto di valutazione è stato esaminato con un processo inter pares dagli Stati membri e dall’EFSA nell’ambito del gruppo di lavoro “Valutazione” e presentato alla Commissione il 14 marzo 2005 sotto forma di conclusioni dell’EFSA sulla revisione inter pares della valutazione dei rischi degli antiparassitari riguardante la sostanza attiva trifluralin. Tale rapporto è stato riesaminato dagli Stati membri e dalla Commissione nell’ambito del [CPCASA], ed ultimato il 16 marzo 2007, sotto forma di rapporto di riesame della Commissione per il trifluralin.
(5) La valutazione di questa sostanza attiva ha messo in luce alcuni motivi di preoccupazione. Il trifluralin è altamente tossico per gli organismi acquatici, soprattutto per i pesci. È inoltre assai persistente nel terreno e non è facilmente biodegradabile. Presenta inoltre un potenziale d'accumulo. In particolare, supera notevolmente il fattore massimo di bioconcentrazione (BCF) stabilito dalla direttiva 91/414 (...) per gli organismi acquatici, il che indica un potenziale di bioaccumulo in questi organismi. A causa della sua elevata volatilità non si può escluderne la propagazione attraverso l’aria e, malgrado una rapida degradazione fotochimica, i programmi di monitoraggio hanno mostrato la sua capacità di migrare verso luoghi lontani da quelli di utilizzo. Tali problemi indicano che il trifluralin non soddisfa i criteri per essere inserito nell'allegato I della direttiva 91/414 (...).
(6) La Commissione ha invitato il notificante a presentare osservazioni sulla revisione tra pari e a comunicare se intende continuare a proporre la sostanza. Il notificante ha presentato le proprie osservazioni che sono state oggetto di un esame approfondito. Tuttavia, nonostante gli argomenti fatti valere dal notificante, le preoccupazioni emerse permangono e le valutazioni effettuate sulla base delle informazioni fornite e vagliate durante le riunioni degli esperti dell'EFSA non hanno dimostrato che, nelle condizioni di uso proposte, i prodotti fitosanitari contenenti trifluralin possano soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 91/414 (...).
(7) Il trifluralin non può essere pertanto iscritto nell’allegato I della direttiva 91/414 (...)
(…).
Articolo 1
Il trifluralin non è iscritto come sostanza attiva nell'allegato I della direttiva 91/414 [...].
Articolo 2
Gli Stati membri provvedono affinché:
a) le autorizzazioni per i prodotti fitosanitari contenenti trifluralin siano revocate entro il 20 marzo 2008;
b) non siano più concesse né rinnovate autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti trifluralin a partire dalla data di pubblicazione della presente decisione.
Articolo 3
Il periodo di moratoria eventualmente concesso dagli Stati membri, conformemente all’articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 91/414 (...) è il più breve possibile e scade entro il 20 marzo 2009.
Articolo 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione».
51 L’11 aprile 2008 le ricorrenti hanno informato la Commissione della loro intenzione di presentare una nuova domanda di iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, così come permetterebbe il regolamento (CE) della Commissione 17 gennaio 2008, n. 33, recante modalità di applicazione della direttiva 91/414 per quanto riguarda una procedura regolare e una procedura accelerata di valutazione delle sostanze attive previste nel programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva, ma non comprese nell’allegato I (GU L 15, pag. 5).
52 La decisione impugnata è stata abrogata dall’art. 2 della decisione della Commissione 25 giugno 2010, 2010/355/UE, relativa alla non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 (GU L 160, pag. 30).
Procedimento e conclusioni delle parti
53 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2007, le ricorrenti hanno presentato, a norma dell’art. 230, quarto comma, CE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata nonché ad ottenere la declaratoria di illegittimità dell’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004.
54 Con atto separato, registrato nella cancelleria del Tribunale il 19 marzo 2008, la Dow AgroSciences Ltd, la Dow AgroSciences LLC, la Dow AgroSciences, la Dow AgroSciences Export, la Dow AgroSciences BV, la Dow AgroSciences Hungary kft, la Dow AgroSciences Italia Srl, la Dow AgroSciences Polska sp. z.o.o., la Dow AgroSciences Iberica SA, la Dow AgroSciences s.r.o., la Dow AgroSciences Danmark A/S, la Dow AgroSciences GmbH, la Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda e la Finchimica SpA hanno proposto, a norma dell’art. 242 CE, una domanda diretta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 18 giugno 2008.
55 Con lettera registrata nella cancelleria del Tribunale il 23 luglio 2010, la Commissione ha portato a conoscenza del Tribunale il fatto che essa aveva adottato la decisione 2010/355, con la quale essa aveva deciso, a seguito della procedura stabilita dal regolamento n. 33/2008, da una parte, di non iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 e, dall’altra, di abrogare la decisione impugnata.
56 Il Tribunale ha rivolto alle parti, il 3 settembre 2010, un quesito scritto quanto alle conseguenze da trarre dall’abrogazione della decisione impugnata.
57 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 settembre 2009, la Dow AgroSciences Ltd e la Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda hanno proposto un ricorso di annullamento contro la decisione 2010/355, che ha formato oggetto della causa T‑446/10.
58 Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale il 29 settembre 2010, la Commissione ha chiesto che il Tribunale pronunci un non luogo a statuire nella presente controversia, in quanto, a suo parere, tenuto conto dell’abrogazione della decisione impugnata, il ricorso è divenuto senza oggetto.
59 Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale in pari data, le ricorrenti hanno fatto valere che esse conservavano un interesse ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata e hanno chiesto di essere autorizzate ad adattare le loro conclusioni al fine di estendere la loro domanda di annullamento alla decisione 2010/355.
60 Le parti hanno comunicato le loro osservazioni sulle loro rispettive domande con lettere del 15 ottobre 2010.
61 Con lettera della cancelleria del Tribunale inviata alle parti il 9 novembre 2010, queste ultime sono state in particolare informate del fatto che il Tribunale rifiutava di accordare alle ricorrenti la possibilità di adattare le loro conclusioni al fine di estendere la loro domanda di annullamento alla decisione 2010/355, dato che il Tribunale aveva rilevato che, nel frattempo, un ricorso di annullamento era stato proposto dalla AgroSciences Ltd e dalla Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda contro tale decisione.
62 Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– accertare l’illegittimità e l’inapplicabilità nei loro confronti dell’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004 per quanto riguarda l’esame del trifluralin;
– condannare la Commissione alle spese da esse sostenute, oltre ad interessi nella misura dell’8%.
63 La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
– dichiarare senza oggetto la domanda di annullamento della decisione impugnata e, di conseguenza, respingere il ricorso di annullamento delle ricorrenti in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;
– respingere la censura di illegittimità per quanto riguarda l’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004;
– condannare le ricorrenti alle spese da essa sostenute.
In diritto
Sull'oggetto della controversia
64 La Commissione fa valere, in sostanza, che le ricorrenti hanno perso ogni interesse ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata, dato che quest’ultima è stata abrogata dalla decisione 2010/355.
65 Le ricorrenti contestano tale argomento.
66 Secondo una giurisprudenza costante, l’interesse ad agire di un ricorrente alla luce dell’oggetto del ricorso si valuta, pena l’irricevibilità, alla data in cui il ricorso è proposto. Inoltre, l’interesse ad agire del ricorrente deve durare fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire (v., in tal senso, sentenze della Corte 16 dicembre 1963, causa 14/63, Forges de Clabecq/Alta Autorità, Racc. pag. 705, in particolare pag. 732, e 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 42).
67 Infatti, conformemente a una giurisprudenza anch’essa costante, non vi è più luogo a statuire su una domanda di annullamento allorché il ricorrente abbia perduto ogni interesse all’annullamento dell’atto impugnato a causa di un evento intervenuto nel corso del procedimento (v. ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T‑28/02, First Data e a./Commissione, Racc. pag. II‑4119, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata), con la conseguenza che l’annullamento di tale atto non possa più produrre, di per sé, effetti giuridici (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 14 marzo 1997, causa T‑25/96, Arbeitsgemeinschaft Deutscher Luftfahrt‑Unternehmen e Hapag‑Lloyd/Commissione, Racc. pag. II‑363, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).
68 Tuttavia, un ricorrente può continuare a dimostrare un interesse ad ottenere l’annullamento di un atto abrogato in quanto l’abrogazione non comporta gli stessi effetti giuridici di un eventuale annullamento da parte del Tribunale. Infatti, l’abrogazione di un atto di un’istituzione non costituisce un riconoscimento della sua illegittimità e produce effetti ex nunc, mentre il suo annullamento produce effetti ex tunc (v., in questo senso, sentenze della Corte 12 febbraio 1960, cause riunite da 16/59 a 18/59, Geitling e a./Alta Autorità, Racc. pag. 45, e del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T‑481/93 e T‑484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II‑2941, punti 46‑48).
69 Per giunta, nel caso in cui un atto sia annullato, l’istituzione da cui proviene l’atto è tenuta ad adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta. Tali provvedimenti riguardano, in particolare, l’eliminazione degli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza di annullamento. Così, l’istituzione interessata può dover operare un adeguato ripristino della situazione del ricorrente o evitare che un atto identico venga adottato (v. sentenza Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, cit. supra al punto 68 e giurisprudenza ivi citata).
70 Nella fattispecie la decisione impugnata è stata abrogata, e non revocata, da parte della Commissione. Pertanto essa continua a produrre effetti giuridici sulla situazione delle ricorrenti per il periodo compreso tra il momento della sua entrata in vigore e il momento della sua abrogazione. Il suo annullamento può quindi avere, di per sé stesso, conseguenze sulla situazione giuridica delle ricorrenti, di modo che queste ultime conservano il loro interesse ad agire.
71 La domanda di non luogo a statuire presentata dalla Commissione deve, di conseguenza, essere respinta.
Nel merito
72 A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono sei motivi nonché un’eccezione di legittimità vertente sull’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004.
73 Il primo motivo è relativo al fatto che la decisione impugnata non è fondata sul rapporto dell’EFSA previsto dall’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 ed è stata adottata senza osservare le norme di procedura applicabili.
74 A sostegno del loro secondo motivo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe commesso diversi errori manifesti di valutazione.
75 Il terzo motivo è relativo al fatto che la decisione impugnata non sarebbe conforme alla procedura legislativa applicabile e violerebbe gli artt. 5 CE e 7 CE, l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 e l’art. 5 della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23, detta «decisione comitatologia»).
76 Il quarto motivo è relativo all’inosservanza dei termini procedurali previsti dall’art. 8, nn. 7 e 8, del regolamento n. 451/2000.
77 Il quinto motivo è relativo al fatto che la decisione impugnata sarebbe insufficientemente motivata.
78 Infine, il sesto motivo è relativo alla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità nonché alla violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere equamente sentiti.
Sul primo motivo, relativo al fatto che la decisione impugnata non sarebbe fondata sul rapporto dell’EFSA, in violazione dell’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, e sarebbe stata adottata senza osservare le norme di procedura applicabili.
79 Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione è tenuta a seguire il parere dell’EFSA. Orbene, secondo loro, l’EFSA, così come lo Stato membro relatore, raccomandava nella fattispecie l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, in quanto i rischi che presentava tale sostanza erano accettabili subordinatamente al rispetto di talune condizioni. Poiché la Commissione ha proposto che il trifluralin non fosse iscritto nell’allegato I della direttiva 91/414, essa non avrebbe, di conseguenza, fondato la sua proposta sul parere dell’EFSA e avrebbe pertanto violato l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000.
80 Inoltre, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione ha riaperto la procedura di valutazione per esaminare il trifluralin alla luce dei criteri POP previsti dal regolamento n. 850/2004. In quanto non esisteva alcun fondamento giuridico per agire in tal modo nell’ambito della valutazione prevista dalla direttiva 91/414, la Commissione non avrebbe avuto alcuna competenza per ordinare una siffatta riapertura della procedura di valutazione e si sarebbe così ingerita nella valutazione dell’EFSA, secondo le ricorrenti. Essa avrebbe in tal modo commesso un abuso di potere.
81 La Commissione contesta tali affermazioni.
82 In primo luogo, si deve ricordare che l’art. 22, n. 6, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’EFSA e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), stabilisce che tale autorità formula pareri scientifici che costituiscono la base scientifica per l’elaborazione e per l’adozione di misure comunitarie nelle materie di sua competenza. Inoltre, ai sensi dell’art. 23, lett. c), dello stesso regolamento, l’EFSA ha come compito quello di fornire alla Commissione assistenza scientifica e tecnica nelle materie di sua competenza e, quando richiesto, nell’interpretazione e nell’esame dei pareri relativi alla valutazione dei rischi.
83 Conformemente all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, l’EFSA valuta il progetto di relazione di valutazione dello Stato membro e comunica alla Commissione un parere circa la conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414 entro il termine di un anno dalla ricezione del progetto di relazione di valutazione dello Stato membro relatore. Se del caso, l’EFSA esprime inoltre un parere circa le opzioni che essa ritiene atte al soddisfacimento dei requisiti di sicurezza.
84 Infine, l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 prevede che, al più tardi sei mesi dopo la ricezione del parere dell’EFSA di cui all’art. 7, la Commissione presenta un progetto di rapporto di riesame e, sulla base del rapporto di riesame definitivo, essa presenta al comitato vuoi un progetto di direttiva diretto all’iscrizione della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva, vuoi un progetto di decisione, inviato agli Stati membri, diretto alla revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva e specificandone le ragioni. La direttiva o la decisione della Commissione è adottata conformemente alla procedura di regolamentazione, quale stabilita dalla decisione comitatologia.
85 Così, un rifiuto di autorizzazione e di commercializzazione dev’essere fondato su una valutazione approfondita del rischio per la salute, basata sui dati scientifici più affidabili a disposizione e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (sentenza della Corte 5 febbraio 2004, causa C‑95/01, Greenham e Abel, Racc. pag. I‑1333, punto 50).
86 Inoltre, si deve ricordare che, come emerge dal quinto, dal sesto e dal nono ‘considerando’ della direttiva 91/414, quest’ultima mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo altresì un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale. In questo contesto, al fine di poter perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole, e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare, alla Commissione va riconosciuto un ampio potere discrezionale (v. sentenza della Corte 18 luglio 2007, causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. I‑6557, punti 74 e 75 e giurisprudenza ivi citata).
87 Al riguardo, il Tribunale ha ripetutamente dichiarato che, nell’ambito delle disposizioni dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000, la Commissione non era vincolata dal parere dell’EFSA. Infatti, se è vero che la Commissione adotta la propria decisione di non iscrizione o di iscrizione della sostanza controversa nell’allegato I della direttiva 91/414 dopo aver ottenuto il parere dell’EFSA, è giocoforza constatare che il regolamento n. 451/2000 non contiene alcuna indicazione sul fatto che la Commissione sia tenuta a seguire i pareri dell’EFSA quanto al loro contenuto e non disponga quindi di alcun potere discrezionale (ordinanze del Tribunale 17 giugno 2008, causa T‑312/06, FMC Chemical/EFSA, non pubblicata nella Raccolta, punti 52‑54; causa T‑397/06, Dow AgroSciences/EFSA, non pubblicata nella Raccolta, punto 49, e causa T‑311/06, FMC Chemical e Arysta Lifesciences/EFSA, non pubblicata nella Raccolta, punto 52).
88 Poiché il parere dell’EFSA non vincola la Commissione, è di conseguenza a torto che le ricorrenti sostengono che la Commissione non poteva scostarsi da tale parere dell’EFSA senza violare l’art. 8 del regolamento n. 451/2000.
89 Per giunta, è giocoforza constatare che non risulta dalle conclusioni dell’EFSA che quest’ultima, nella fattispecie, abbia espressamente raccomandato l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, come sostengono le ricorrenti.
90 L’EFSA, nel suo parere, valuta infatti i rischi che presenta il trifluralin, alla luce dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili al momento di tale valutazione, e precisa, in sostanza, l’esistenza di un certo numero di incertezze non rimosse in ordine al carattere innocuo della sostanza.
91 L’EFSA prospetta poi, conformemente alle disposizioni dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, taluni meccanismi che possono permettere di gestire i rischi messi in evidenza nel corso della procedura di valutazione, nell’ipotesi in cui la Commissione decidesse di autorizzare la sostanza.
92 Di conseguenza, il fatto che l’EFSA prospetti tali modalità di gestione dei rischi non può essere interpretato come configurante una raccomandazione di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414.
93 L’argomentazione delle ricorrenti su questo punto deve, di conseguenza, essere respinta.
94 In secondo luogo, conformemente all’art. 8 del regolamento n. 451/2000, lo Stato membro relatore opera una valutazione e redige una relazione per quanto riguarda le sostanze attive per le quali almeno un fascicolo sia stato considerato completo, come viene affermato all’art. 6, nn. 2 e 3, del detto regolamento. Nella sua relazione, esso raccomanda alla Commissione d’iscrivere la sostanza attiva all’allegato I della direttiva, precisando le condizioni di tale iscrizione, ovvero di non iscrivervi la sostanza attiva, specificando allora i motivi della non iscrizione. L’EFSA valuta poi il progetto di relazione di valutazione dello Stato membro relatore e comunica alla Commissione un parere sulla conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414. La Commissione, sulla base della relazione di riesame definitiva, sottopone al comitato competente vuoi un progetto di direttiva diretto all’iscrizione della sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414, vuoi un progetto di decisione diretto alla revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva e, di conseguenza, alla non iscrizione di tale sostanza nel detto allegato.
95 Di conseguenza, risulta chiaramente dal contesto normativo che la posizione espressa dallo Stato membro relatore nel processo di valutazione non è decisiva (v., per analogia, sentenza del Tribunale 9 settembre 2008, causa T‑75/06, Bayer CropScience e a./Commissione, Racc. pag. II‑2081, punto 164).
96 Pertanto, le ricorrenti non possono utilmente avvalersi delle informazioni che siano state loro fornite dallo Stato membro relatore in ordine all’eventuale esito della procedura (v., per analogia, sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 95, punto 164).
97 In terzo luogo, in quanto le ricorrenti intendono sostenere che la Commissione non avrebbe tenuto conto del parere dell’EFSA, occorre osservare che i punti 4‑6 della decisione impugnata attestano chiaramente che essa ha preso in considerazione tale parere nell’adottare la detta decisione. Tale argomento non può di conseguenza essere accolto.
98 Infine, in quarto luogo, si deve considerare, quanto alla censura relativa al fatto che la valutazione della sostanza sarebbe stata effettuata alla luce dei criteri POP derivanti dal regolamento n. 850/2004, che essa si confonde con la quarta parte del secondo motivo. Tale censura sarà dunque esaminata in tale contesto.
99 Di conseguenza il primo motivo deve essere respinto.
Sul primo e sul secondo capo del secondo motivo, relativi ad errori manifesti di valutazione, in quanto, da una parte, la Commissione sarebbe venuta meno all’obbligo di tener conto di tutti gli elementi di prova scientifici disponibili e, più in particolare, di uno studio che sarebbe stato chiesto alle parti notificanti e, dall’altra, essa avrebbe dovuto prorogare i termini applicabili, al fine di disporre di tali informazioni supplementari
100 Quanto al primo capo del loro secondo motivo, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che lo Stato membro relatore e l’EFSA hanno chiesto loro di fornire uno studio sulla tossicità cronica per i pesci. Esse fanno riferimento, al riguardo, alle tabelle del resoconto della riunione dell’EFSA, tenutasi il 22 giugno 2004, e al messaggio di posta elettronica dello Stato membro relatore del 6 ottobre 2004, con il quale quest’ultimo ha comunicato loro tali tabelle. Secondo le ricorrenti, la conferma che una richiesta del genere è stata effettivamente presentata alle parti notificanti figura, inoltre, alle pagine 30 e 33 del parere dell’EFSA.
101 Le ricorrenti fanno valere che esse hanno comunicato alla Commissione lo studio richiesto non appena esso è stato disponibile e contestano ogni mancanza di diligenza al riguardo. A loro parere, spettava pertanto a quest’ultima esaminare i nuovi dati così presentati, in forza del combinato disposto dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 e dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000. Orbene, la Commissione ha ritenuto che tale studio fosse stato presentato fuori termine e ha considerato e comunicato ai membri del CPCASA che esso non poteva pertanto essere preso in considerazione.
102 Secondo le ricorrenti, la Commissione ha così omesso di tener conto delle ultime conoscenze scientifiche disponibili e dello stato del sapere scientifico e tecnico, in violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414. La decisione impugnata sarebbe pertanto viziata da un errore manifesto di valutazione. Ne deriverebbe anche una violazione del principio di certezza del diritto e del principio di tutela del legittimo affidamento.
103 Quanto al secondo capo del loro secondo motivo, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che era impossibile rispondere alla richiesta di un nuovo studio che era stata fatta alle parti notificanti nei termini procedurali fissati per la procedura di valutazione. Tuttavia, secondo le ricorrenti, poiché tali termini non sono stati rispettati né dall’EFSA né dalla Commissione nell’ambito della valutazione del trifluralin, spettava alla Commissione fissare nuovi termini, al fine di prendere in considerazione lo studio, anziché trincerarsi dietro la pretesa tardività di quest’ultimo. Esse asseriscono, da una parte, che la possibilità di prorogare termini del genere sarebbe, infatti, stata ammessa dalla giurisprudenza, che avrebbe considerato che un rifiuto di prorogare i termini era equiparabile ad un errore manifesto di valutazione (sentenza Industrias Químicas del Vallés/Commissione, cit. supra al punto 86), e, dall’altra, che tale possibilità è stata utilizzata dalla Commissione nell’ambito della valutazione di altre sostanze fitosanitarie. Esse rinviano al riguardo alla decisione della Commissione 29 aprile 2008, 2008/353/CE, che consente agli Stati membri di prorogare le autorizzazioni provvisorie concesse per le nuove sostanze attive ciflufenamid, FEN 560 e flonicamid (GU L 117, pag. 45).
104 Orbene, la pertinenza dello studio per la valutazione del trifluralin appare chiaramente dimostrata, secondo le ricorrenti, poiché lo Stato membro relatore che lo ha esaminato ha concluso che i dati supplementari che vi figurano rispondevano alle preoccupazioni sollevate durante la procedura di valutazione.
105 Inoltre, le ricorrenti ritengono che la Commissione avrebbe anche dovuto prorogare i termini, dato che essa incaricava il sottogruppo TC‑NES di esaminare la sostanza alla luce dei criteri POP, al fine di permettere alle parti notificanti di rispondere alle preoccupazioni che fossero state eventualmente espresse in occasione di tale esame e di presentare, se del caso, dati e studi pertinenti ai fini di tale esame.
106 Le ricorrenti considerano che la Commissione ha così mancato al proprio obbligo di istituire garanzie procedurali sufficienti, al fine di far sì che esse abbiano la possibilità di presentare osservazioni e di difendersi nella loro qualità di parti notificanti.
107 La Commissione contesta tali affermazioni.
108 Occorre ricordare che l’art. 6, nn. 1 e 3, del regolamento n. 451/2000 prevede che i notificanti devono presentare all’autorità designata dello Stato membro relatore, per ciascuna sostanza attiva, un fascicolo completo contenente fisicamente le singole relazioni delle prove e degli studi riguardanti tutte le informazioni di cui al n. 2, lett. c), oppure i protocolli e gli impegni di cui al n. 2, lett. c), qualora i relativi lavori siano in corso.
109 Le informazioni di cui all’art. 6, n. 2, lett. c), del regolamento n. 451/2000 sono le seguenti:
– per ciascun punto dell’allegato II della direttiva, le sintesi e i risultati degli studi e delle prove, il nome della persona o dell’istituto che ha eseguito le prove;
– le stesse informazioni per ciascun punto dell’allegato III della direttiva, di rilievo per la valutazione dei criteri di cui all’art. 5 della direttiva per uno o più preparati che siano rappresentativi degli impieghi di cui all’art. 6, n. 2, lett. b);
– per gli studi non ancora ultimati, la prova che essi sono stati commissionati al più tardi tre mesi dopo l’entrata in vigore del presente regolamento, unitamente all'impegno che essi saranno presentati al più tardi entro dodici mesi dopo la scadenza del termine per la presentazione allo Stato membro relatore dei fascicoli di cui all’art. 6.
110 Inoltre, occorre ricordare che l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000 dispone che, fatto salvo l’art. 7 della direttiva 91/414, la presentazione di nuovi studi non sarà accettata. Tuttavia, lo Stato membro relatore può, d’accordo con l’EFSA, invitare i notificanti a presentare, entro termini specificati, dati integrativi che lo Stato membro relatore o l’EFSA giudichi necessari al chiarimento del fascicolo.
111 La comunicazione di dati integrativi può di conseguenza avere come scopo solo quello di chiarire elementi già presentati nel fascicolo completo che deve essere consegnato dalle parti notificanti.
112 La presentazione di nuovi studi, che è esclusa, non può dunque essere equiparata, ai sensi di tale disposizione, alla comunicazione di dati integrativi, la quale è invece possibile.
113 La presentazione di uno studio integrativo sarà dal canto suo possibile solo in quanto esso sia stato in corso al momento della presentazione del fascicolo completo, la sua comunicazione sia stata annunciata al momento della presentazione del detto fascicolo ed esso sia stato trasmesso al più tardi un anno dopo la presentazione dello stesso fascicolo.
114 Di conseguenza, una richiesta di dati integrativi è permessa solo dopo la presentazione del fascicolo completo, e ciò purché essa rispetti le condizioni previste all’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000, che prevede, sostanzialmente, che la richiesta provenga dallo Stato membro relatore, che essa avvenga d’accordo con l’EFSA e che essa precisi il termine entro il quale tali dati devono essere comunicati.
115 Orbene, si deve considerare che nella fattispecie non ricorre nessuna di tali condizioni.
116 Certo, non è contestato il fatto che la necessità di disporre di studi integrativi riguardanti la tossicità cronica della sostanza per i pesci è stata rilevata dagli esperti dell’EPCO, in occasione della sua riunione del 22 giugno 2004, il che è stato ricordato dall’EFSA nel suo parere («[i]l notificante è tenuto a presentare studi di esposizione comprendenti diverse durate di esposizione e che utilizzino il pimephales promelas in quanto specie di pesce più sensibile»), e che tale informazione è stata portata a conoscenza delle parti notificanti dallo Stato membro relatore nel suo messaggio di posta elettronica del 6 ottobre 2004.
117 Tale messaggio di posta elettronica non implica tuttavia che una richiesta di dati integrativi, ai sensi del regolamento n. 451/2000, sia stata rivolta alle parti notificanti, come queste ultime sostengono.
118 In primo luogo l’EPCO, lo Stato membro relatore e l’EFSA menzionano la necessità di disporre di studi integrativi. Il resoconto dell’EPCO, il messaggio di posta elettronica dello Stato membro relatore e il parere dell’EFSA permettono quindi di escludere l’idea che dati supplementari destinati a chiarire il fascicolo siano stati chiesti alle parti notificanti.
119 Si deve inoltre rilevare che le stesse ricorrenti asseriscono che i lavori comunicati dalle parti notificanti il 17 maggio 2006 costituiscono effettivamente uno studio.
120 In secondo luogo, anche supponendo che l’esigenza di disporre di studi integrativi possa essere qualificata come una richiesta di dati integrativi, si deve constatare che il fascicolo non contiene alcuna traccia del fatto che l’EFSA abbia espresso il proprio consenso su una richiesta del genere. Occorre rilevare, al riguardo, che l’EPCO, che è un gruppo di esperti che effettua lavori specifici di valutazione ai fini dell’elaborazione del parere dell’EFSA, è di conseguenza distinto dall’EFSA e non può, pertanto, impegnare quest’ultima senza la sua approvazione esplicita.
121 In terzo luogo, si deve constatare che nella fattispecie non è stato previsto alcun termine per la presentazione degli studi menzionati dall’EPCO, poi dallo Stato membro relatore.
122 Orbene, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, tale assenza di termine costituisce un ulteriore indizio che permette di ritenere che non vi sia stata alcuna richiesta di dati integrativi.
123 Infatti, se, a seguito di un’omissione, nessun termine fosse fissato per la presentazione di dati integrativi, le parti notificanti sarebbero in grado di far perdurare indefinitamente la procedura di esame collegiale e di ritardare così senza alcuna giustificazione l’adozione del suo parere da parte dell’EFSA.
124 Ne consegue che nulla consente di ritenere che una richiesta di dati integrativi conforme alle disposizioni applicabili sia stata comunicata alle parti notificanti.
125 Gli elementi di fatto addotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro affermazioni tendono, invece, ad indicare che l’EPCO e lo Stato membro relatore, poi l’EFSA, hanno constatato e segnalato alle parti notificanti che nuovi studi erano ancora necessari per valutare il carattere innocuo della sostanza, avendo piena coscienza del fatto che essi non potevano più essere comunicati in tale fase della procedura.
126 Tale valutazione è confermata dal verbale della riunione del 15 e 16 marzo 2007 del gruppo di lavoro «Legislazione» del CPCASA, nel quale la Repubblica ellenica, che era lo Stato membro relatore, ha fatto inserire una dichiarazione secondo la quale essa era pronta a votare a favore della proposta di non iscrizione del trifluralin, al fine di permettere alle parti notificanti di approfittare del successivo periodo di 18 mesi per presentare formalmente lo studio sui pesci e per permetterle, in quanto Stato membro relatore, di valutare ufficialmente tale studio.
127 Infine, in quarto luogo, si deve rilevare, ad abundantiam, che le parti ricorrenti non hanno mai affermato che lo studio trasmesso allo Stato membro relatore il 17 maggio 2006 sarebbe stato annunciato dalle parti notificanti, conformemente all’art. 6, n. 2, lett. c), terzo trattino, del regolamento n. 451/2000 al momento della comunicazione del loro fascicolo completo.
128 Di conseguenza, si deve considerare che nessuna richiesta di studio nuovo è stata rivolta alle parti notificanti.
129 Ne consegue che non può essere contestato alla Commissione il fatto di aver rifiutato di prendere in considerazione lo studio comunicato dalle parti notificanti nel maggio 2006.
130 La censura fondata sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento sarà esaminata nel contesto del sesto motivo.
131 Poiché la Commissione non ha così commesso né un errore di diritto né un errore manifesto di valutazione, il primo capo del secondo motivo dev’essere respinto.
132 Quanto alla censura che le ricorrenti fanno valere nell’ambito del secondo capo del loro secondo motivo, secondo la quale i termini avrebbero dovuto essere prorogati per tener conto dello studio richiesto, si deve necessariamente constatare che essa è carente in fatto, dato che nessuna richiesta in tal senso è stata fatta alle parti notificanti.
133 Per giunta, occorre ricordare che, nella riunione del gruppo di lavoro «Valutazione» dell’EFSA, tenutasi il 15 gennaio 2004, è stato in particolare constatato che erano necessari diversi dati e studi, tra cui uno studio di metabolismo nei semi di piante oleaginose. Tale studio è distinto da quello che è stato fornito alle ricorrenti nel maggio 2006. Orbene, il 3 marzo 2004 un rappresentante dell’impresa notificante ha inviato all’EFSA un messaggio di posta elettronica nel quale chiedeva, in particolare, di precisare il termine nel quale tale studio doveva essere fornito. Il 5 marzo 2004 è stata data risposta a tale messaggio di posta elettronica da parte dell’EFSA, che ha affermato, da una parte, che spettava all’impresa notificante fornire uno studio o precisare quando quest’ultimo avrebbe potuto essere presentato e, dall’altra, che l’esame collegiale sarebbe continuato nel rispetto dei termini previsti dal regolamento (CE) della Commissione 14 agosto 2002, n. 1490, che stabilisce le modalità attuative della terza fase del programma di lavoro di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414 e che modifica il regolamento n. 451/2000 (GU L 224, pag. 23).
134 Ne consegue che, sin da tale momento, le ricorrenti erano state chiaramente informate del fatto che nessun termine supplementare sarebbe stato loro concesso per integrare il loro fascicolo e si deve necessariamente constatare che esse continuano a non dimostrare che siano state loro esplicitamente fornite assicurazioni specifiche in senso contrario per quanto riguarda lo studio relativo alla tossicità cronica per i pesci.
135 Poiché la Commissione non ha commesso né un errore di diritto né un errore manifesto di valutazione rifiutando di prorogare i termini procedurali per tener conto dello studio sulla tossicità cronica per i pesci, anche il secondo capo del secondo motivo dev’essere respinto.
136 La censura relativa al fatto che la Commissione avrebbe dovuto prorogare i termini, dato che essa sottoponeva il trifluralin ad una valutazione alla luce dei criteri POP, è esaminata nell’ambito del quarto capo del secondo motivo.
137 La censura relativa alla violazione dei diritti della difesa è esaminata nel contesto del secondo capo del sesto motivo.
Sul terzo capo del secondo motivo, relativo ad un errore manifesto di valutazione, in quanto le constatazioni della Commissione non sarebbero suffragate da alcuna giustificazione scientifica
138 Per le ricorrenti, la constatazione della tossicità cronica elevata del trifluralin per gli organismi acquatici per la quale conclude la Commissione, che viene rispecchiata nel punto 5 della decisione impugnata, è priva di senso nel contesto della valutazione del rischio ai sensi della direttiva 91/414. Infatti, a loro parere, ciò che importa è la valutazione del rischio al fine di determinare se, malgrado il particolare pericolo constatato, tale rischio sia accettabile per un’utilizzazione determinata. Orbene, dallo studio di tossicità cronica da esse fornito risultava chiaramente che il rischio era accettabile, il che era stato ammesso dallo Stato membro relatore.
139 L’EFSA avrebbe concluso nello stesso senso, considerando che il trifluralin rispondeva ai requisiti di sicurezza previsti dalla direttiva 91/414, subordinatamente al rispetto di talune condizioni. L’EFSA avrebbe infatti considerato che il rischio di tossicità cronica per i pesci poteva essere gestito fissando adeguate condizioni di utilizzazione e che i rischi individuati non ostavano all’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414. L’EFSA e il relatore avrebbero anch’essi concluso che il trifluralin presentava un rischio accettabile in ordine alla persistenza nel suolo, al potenziale di accumulo e alla propagazione nell’aria.
140 Inoltre, la Repubblica federale di Germania avrebbe autorizzato prodotti a base di trifluralin commercializzati dalle ricorrenti per un periodo di ulteriori dieci anni, escludendo con ciò l’esistenza di un rischio inaccettabile.
141 Le ricorrenti considerano che le constatazioni formulate nella decisione impugnata sono quindi fondate sui pericoli e non sui rischi, il che rientra in un errore di metodo fondamentale. In quanto non esiste alcuna giustificazione scientifica a sostegno delle constatazioni della Commissione, quest’ultima avrebbe così commesso un errore manifesto di valutazione.
142 La Commissione contesta tali affermazioni.
143 Si deve ricordare che l’art. 152, n. 1, CE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana. Tale protezione della salute ha un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni di ordine economico, di modo che essa è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori (v., in questo senso, sentenza del Tribunale 28 giugno 2005, causa T‑158/03, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. II‑2425, punto 134).
144 Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto comunitario, derivante dall’art. 3, lett. p), CE, dall’art. 6 CE, dall’art. 152, n. 1, CE, dall’art. 153, nn. 1 e 2, CE e dall’art. 174, nn. 1 e 2, CE, che impone alle autorità interessate di adottare, nel preciso ambito dell’esercizio delle competenze loro attribuite dalla normativa pertinente, misure appropriate al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici (v. sentenze del Tribunale 26 novembre 2002, cause riunite T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, Artegodan e a./Commissione, Racc. pag. II‑4945, punti 183 e 184, e 21 ottobre 2003, causa T‑392/02, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc. pag. II‑4555, punto 133 e giurisprudenza ivi citata).
145 La valutazione dei rischi consiste, per l’istituzione comunitaria posta di fronte a effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno, nel valutare, sulla base di una valutazione scientifica dei rischi, se questi ultimi eccedano il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società. Così, perché le istituzioni comunitarie possano procedere ad una valutazione dei rischi, è per loro importante, da una parte, disporre di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altra, determinare il livello di rischio ritenuto inaccettabile per la società (v., in questo senso, sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑3305, punto 145, e causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punto 162).
146 La valutazione scientifica dei rischi è un processo scientifico che, come è comunemente riconosciuto, consiste, per quanto possibile, nell’individuare e nel configurare un pericolo, nel valutare l’esposizione e nel connotare il rischio (sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 145, punto 156, e Alpharma/Consiglio, cit. supra al punto 145, punto 169).
147 In un contesto del genere, la nozione di «rischio» corrisponde pertanto al grado di probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di talune misure o di talune pratiche. La nozione di «pericolo», dal canto suo, è utilizzata comunemente in un’accezione più ampia e definisce ogni prodotto o processo che possa avere un effetto negativo per la salute umana (v., in questo senso, sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 145, punto 147).
148 La determinazione del livello di rischio ritenuto inaccettabile spetta, attraverso il rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni comunitarie incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per la società. A tali istituzioni incombe il compito di determinare la soglia critica di probabilità di effetti nocivi per la salute umana e della gravità di tali potenziali effetti che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della salute umana, il ricorso a misure preventive malgrado l’assenza di certezza scientifica (v., in questo senso, sentenza della Corte 11 luglio 2000, causa C‑473/98, Toolex, Racc. pag. I‑5681, punto 45, e sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 145, punti 150 e 151).
149 Nella determinazione di tale livello di rischio, le istituzioni comunitarie sono vincolate dal loro obbligo, in forza dell’art. 152, n. 1, primo comma, CE, di garantire un livello elevato di protezione della salute umana. Tale livello elevato, per essere compatibile con tale disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile sotto il profilo tecnico (sentenza della Corte 14 luglio 1998, causa C‑284/95, Safety Hi‑Tech, Racc. pag. I‑4301, punto 49).
150 Occorre ricordare che, come risulta dal suo quinto, dal suo sesto e dal suo nono ‘considerando’, la direttiva 91/414 mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo altresì un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale. In tale ambito dev’essere attribuito alla Commissione un ampio potere discrezionale, affinché questa possa perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole e in considerazione delle complesse valutazioni tecniche che essa deve effettuare (v. sentenza 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, cit. supra al punto 86, punti 74 e 75 e giurisprudenza ivi citata).
151 Questo ampio potere discrezionale e queste valutazioni complesse implicano che il sindacato da parte del giudice della fondatezza delle valutazioni operate dalla Commissione si limita ad esaminare se l’esercizio da parte delle istituzioni comunitarie delle loro competenze non sia viziato da un errore manifesto, se non si sia verificato uno sviamento di potere o ancora se esse non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale [sentenze della Corte 9 settembre 2003, causa C‑236/01, Monsanto Agricoltura Italia e a., Racc. pag. I‑8105, punto 135, e 15 ottobre 2009, causa C‑425/08, Enviro Tech (Europe), Racc. pag. I‑10035, punto 47].
152 Per quanto riguarda la valutazione da parte del giudice comunitario dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione, occorre precisare che, al fine di stabilire che la Commissione ha commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione di cui si tratta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 59, e 1° luglio 2004, causa T‑308/00, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. II‑1933, punto 138). Fatto salvo questo esame di plausibilità, non spetta al Tribunale sostituire la sua valutazione di fatti complessi a quella dell’autore della decisione [sentenza Enviro Tech (Europe), cit. supra al punto 151, punto 47].
153 I limiti al controllo del giudice comunitario di cui sopra non pregiudicano tuttavia il suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (sentenze della Corte 22 novembre 2007, causa C‑525/04 P, Spagna/Lenzing, Racc. pag. I‑9947, punto 57, e 6 novembre 2008, causa C‑405/07 P, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑8301, punto 55).
154 Inoltre, si deve ricordare che, quando un’istituzione comunitaria dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico comunitario nelle procedure amministrative. La Corte ha avuto modo di precisare che tra tali garanzie rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la decisione in modo sufficiente (sentenze della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14; 7 maggio 1992, cause riunite C‑258/90 e C‑259/90, Pesquerias De Bermeo e Naviera Laida/Commissione, Racc. pag. I‑2901, punto 26; Spagna/Lenzing, cit. supra al punto 153, punto 58, e Paesi Bassi/Commissione, cit. supra al punto 153, punto 56).
155 Nella fattispecie, in primo luogo, occorre rilevare che il parere dell’EFSA tratta l’analisi del rischio per varie specie animali e macroorganismi (sezione 5: rischi per i vertebrati terrestri, per gli organismi acquatici, per le api, per le altre specie di artropodi, per i lombrichi, per i macroorganismi del suolo che non sono obiettivo della sostanza, per i microorganismi del suolo che non sono obiettivo della sostanza, per gli altri organismi che non sono obiettivo della sostanza e per i metodi biologici di trattamento delle acque usate), rileva che il trifluralin è fortemente assorbito dal suolo e dev’essere classificato come immobile, che esso non è facilmente biodegradabile, che la sua elevata volatilità rende possibile il fatto che la sostanza sia presente nell’aria e vi si propaghi e menziona un elevato grado di rischio per quanto riguarda gli organismi acquatici (v. pag. 3 del sommario del parere nonché, in particolare, sull’ultima problematica, la sezione 5.4 e la conclusione del parere). Infine, l’EFSA suggerisce misure dirette a gestire i rischi individuati, nell’ipotesi di una decisione di iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 (sezione «Raccomandazioni» del parere).
156 Risulta quindi dal parere dell’EFSA che quest’ultimo è manifestamente fondato su una valutazione dei rischi che il trifluralin presenta e non unicamente sui pericoli che esso provoca.
157 Inoltre, il parere infirma anche le affermazioni delle ricorrenti secondo le quali il trifluralin presenterebbe un rischio accettabile in ordine alla sua persistenza nel suolo e al suo potenziale di accumulo e di propagazione nell’aria.
158 D’altro canto, il fatto che l’EFSA abbia prospettato, conformemente alle disposizioni dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, taluni meccanismi in grado di permettere di gestire i rischi messi in evidenza durante la procedura di valutazione, nell’ipotesi in cui la Commissione decidesse di autorizzare la sostanza, non porta assolutamente a dover ritenere che l’EFSA abbia raccomandato di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della decisione 91/414 (v. precedenti punti 91 e 92). Inoltre, si deve ricordare che il parere dell’EFSA non vincola la Commissione (v. precedenti punti 87 e 88) e che viene riconosciuto a quest’ultima un ampio potere discrezionale, al fine di permetterle di perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare (v. precedente punto 86). La Commissione poteva dunque legittimamente decidere che un tale rischio giustificasse la non iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, malgrado le possibilità di attenuare il rischio descritte dall’EFSA.
159 Si deve inoltre necessariamente constatare che la decisione impugnata è fondata sui rischi individuati dall’EFSA. Occorre infatti ricordare che il punto 5 della decisione impugnata precisa quanto segue:
«(5) La valutazione di questa sostanza attiva ha messo in luce alcuni motivi di preoccupazione. Il trifluralin è altamente tossico per gli organismi acquatici, soprattutto per i pesci. È inoltre assai persistente nel terreno e non è facilmente biodegradabile. Presenta inoltre un potenziale d'accumulo. In particolare, supera notevolmente il fattore massimo di bioconcentrazione (BCF) stabilito dalla direttiva 91/414 [...] per gli organismi acquatici, il che indica un potenziale di bioaccumulo in questi organismi. A causa della sua elevata volatilità non si può escluderne la propagazione attraverso l’aria e, malgrado una rapida degradazione fotochimica, i programmi di monitoraggio hanno mostrato la sua capacità di migrare verso luoghi lontani da quelli di utilizzo. Tali problemi indicano che il trifluralin non soddisfa i criteri per essere inserito nell'allegato I della direttiva 91/414 (...)».
160 La decisione impugnata si basa dunque effettivamente su un’analisi dei rischi, vale a dire su un’analisi del grado di probabilità degli effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico che risulterebbe dall’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, e non su un’analisi dei soli pericoli che il trifluralin presenta.
161 L’argomentazione delle ricorrenti, che si limitano a far valere che la Commissione avrebbe fondato la decisione impugnata su pericoli e non su rischi, senza fornire altri elementi di prova a sostegno delle sue affermazioni, deve di conseguenza essere respinta.
162 In secondo luogo, le ricorrenti non possono utilmente sostenere che lo studio da esse fornito sulla tossicità cronica sui pesci avrebbe potuto modificare la valutazione dei rischi, così come è stata effettuata dalla Commissione, se quest’ultima avesse accettato di tenerne conto.
163 Infatti, è giocoforza constatare che, oltre al carattere tardivo della sua comunicazione alla Commissione, tale studio non avrebbe, comunque, apportato alcuna risposta in ordine agli altri rischi che erano stati individuati e, in particolare, alla persistenza nel suolo del trifluralin, alla sua natura difficilmente biodegradabile, al suo potenziale di accumulo e ai rischi della sua propagazione nell’aria.
164 In terzo luogo, quanto all’autorizzazione rilasciata dalle autorità tedesche, quest’ultima, persino fondata sugli stessi criteri e sugli stessi elementi di valutazione, non può determinare a priori la decisione adottata dalle autorità comunitarie. L’argomento della Commissione, secondo il quale l’esame collegiale caratterizza la valutazione operata sul piano comunitario, il che non avviene nel caso della valutazione operata sul piano nazionale, appare, al riguardo, pertinente.
165 Di conseguenza si deve necessariamente constatare che le ricorrenti non hanno apportato alcun elemento tale da dimostrare l’esistenza di un errore manifesto di valutazione della Commissione quanto alla valutazione dei rischi che il trifluralin presenta.
166 Di conseguenza, il terzo capo del secondo motivo dev’essere respinto.
Sull’eccezione di illegittimità vertente sull’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004, da una parte, e sul quarto capo del secondo motivo, dall’altra, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe avuto competenza a valutare il trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004 e, per giunta, avrebbe commesso un errore di valutazione nell’applicazione dei criteri stabiliti dallo stesso regolamento
167 A sostegno dell’eccezione di illegittimità da esse sollevata in ordine all’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004, le ricorrenti affermano, in sostanza, che tale disposizione ha modificato i loro diritti e ha violato il legittimo affidamento che esse potevano far valere nei confronti della Commissione. Esse sostengono che era infatti illegittimo, da parte di quest’ultima, applicare retroattivamente tale regolamento e sottoporre l’esame in corso del trifluralin ai criteri POP, fissati nell’allegato D della Convenzione di Stoccolma.
168 Le ricorrenti sostengono che senza alcuna giustificazione quindi la Commissione ha fatto valere il regolamento n. 850/2004 o i criteri sanciti nell’allegato D della Convenzione di Stoccolma per adottare la decisione impugnata, scostandosi dai criteri previsti dalla direttiva 91/414 e applicando una procedura non ancora ufficialmente stabilita.
169 Esse aggiungono che il rischio per il trasporto sulla lunga distanza, criterio previsto nell’ambito dell’esame POP, non sarebbe un criterio previsto nell’ambito della valutazione predisposta dalla direttiva 91/414.
170 Le ricorrenti fanno inoltre valere che la Commissione ha riaperto la procedura di valutazione per analizzare il trifluralin alla luce dei criteri POP e che, in quanto non esisteva alcun fondamento giuridico per agire in tal modo nell’ambito della valutazione prevista dalla direttiva 91/414, la Commissione non aveva competenza per agire in tal modo e ha pertanto commesso un abuso di potere.
171 Quanto al quarto capo del secondo motivo, presentato in via subordinata, le ricorrenti fanno valere che, nel caso in cui il regolamento n. 850/2004 fosse applicabile, la Commissione avrebbe allora nuovamente ignorato la distinzione tra le nozioni di «pericolo» e di «rischio». Il sottogruppo TC‑NES avrebbe infatti concluso il suo esame dopo un brevissimo periodo e avrebbe concluso che il trifluralin rispondeva ai criteri POP. Secondo le ricorrenti, la Commissione si sarebbe così accontentata di un semplice esame della pericolosità del trifluralin, esimendosi dal procedere ad una valutazione del rischio.
172 Le ricorrenti sostengono che, venendo così meno al suo obbligo di valutare se i pericoli presunti, alla luce delle pretese caratteristiche POP del trifluralin, facessero sorgere un rischio inaccettabile, vale a dire ignorando la distinzione tra i rischi e i pericoli, la Commissione ha anche violato la direttiva 91/414 e la giurisprudenza comunitaria. Ne risulta, a loro parere, che la decisione impugnata è fondata su un errore fondamentale di metodo e che essa è, di conseguenza, viziata da errore manifesto di valutazione.
173 Infine, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione avrebbe dovuto prorogare i termini per consentire loro di rispondere alle preoccupazioni del sottogruppo TC‑NES e che, astenendosi dal farlo, essa avrebbe così violato i loro diritti della difesa.
174 La Commissione contesta tale argomentazione.
175 Si deve rilevare che il regolamento n. 850/2004 istituisce un meccanismo di valutazione indipendente da quello predisposto dalla direttiva 91/414 e dal regolamento n. 451/2000.
176 Certo, non è contestato dalla Commissione che una valutazione – almeno sommaria – del trifluralin sia stata effettuata alla luce dei criteri POP.
177 Tuttavia, risulta dai verbali delle riunioni del CPCASA del 26 e 27 gennaio 2006 e del 3 e 4 aprile 2006 che tale esame non è stato effettuato nel contesto della valutazione del trifluralin alla luce della direttiva 91/414, ma invece nell’ambito di una valutazione parallela che si è ritenuto, in particolare da parte della Commissione, che dovesse restare ininfluente sulla procedura in corso.
178 Inoltre, occorre constatare che la decisione impugnata è fondata non sulla valutazione della sostanza alla luce dei criteri del regolamento n. 850/2004, ma unicamente sulla valutazione della sostanza operata alla luce dei criteri della direttiva 91/414, così come testimoniato dai punti 4‑7 della decisione impugnata.
179 A questo proposito non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo il quale i criteri della persistenza nel suolo, della biodegradabilità della sostanza, del bioaccumulo e della propagazione nell’aria della sostanza, che sono rilevati al punto 5 della decisione impugnata, costituiscono in realtà la prova che la sostanza non è stata autorizzata in ragione delle sue caratteristiche in quanto POP.
180 Infatti, si deve rilevare che, conformemente all’art. 5, n. 2, lett. c), della direttiva 91/414, per includere una sostanza attiva nell’allegato I, si deve tener conto in maniera del tutto particolare, se del caso, di una stima del suo destino e della sua distribuzione nell’ambiente.
181 Inoltre, l’allegato II, parte A, punto 7, della direttiva 91/414 considera specificamente il divenire e il comportamento della sostanza nell’ambiente e tratta del divenire e del comportamento nel suolo, nell’acqua e nell’aria, nonché del bioaccumulo e della biodegradabilità della sostanza.
182 Di conseguenza, la valutazione della sostanza alla luce di tali criteri si imponeva per permettere ad una sostanza attiva di essere iscritta nell’allegato I della direttiva.
183 L’argomento delle ricorrenti secondo il quale la decisione impugnata avrebbe come fondamento la valutazione del trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004 deve, di conseguenza, essere respinto.
184 Ne consegue che la censura di illegittimità sollevata in ordine all’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004, anche supponendola fondata, è inconferente e dev’essere respinta.
185 Lo stesso vale per il quarto capo del secondo motivo, relativo all’incompetenza della Commissione a valutare il trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004, che deve anch’esso essere respinto in quanto inconferente.
186 Lo stesso vale anche per la censura relativa ad un errore manifesto di valutazione nell’applicazione dei criteri di valutazione del regolamento n. 850/2004 e per la censura relativa ad una violazione dei diritti della difesa in questo contesto, poiché tale valutazione non costituisce il fondamento della decisione impugnata.
Sul terzo motivo, relativo al fatto che la decisione impugnata non sarebbe stata adottata conformemente alla procedura legislativa applicabile e violerebbe in tal modo gli artt. 5 CE e 7 CE nonché l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 e l’art. 5 della decisione comitatologia
187 Le ricorrenti sostengono, sostanzialmente, che la Commissione è tenuta a sottoporre il rapporto dell’EFSA al CPCASA, accompagnato da un progetto di direttiva inteso all’iscrizione della sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414 o da un progetto di decisione di ritiro dal mercato, entro i sei mesi dalla ricezione di tale rapporto, vale a dire, nella fattispecie, il 13 settembre 2005. Le ricorrenti ritengono che la Commissione non disponga di alcun potere discrezionale al riguardo.
188 Orbene, la Commissione sarebbe venuta meno al suo obbligo di presentare un progetto di direttiva o di decisione entro il termine prescritto.
189 Inoltre, la Commissione non avrebbe sottoposto la sua proposta di direttiva al voto né in occasione della riunione del CPCASA del 14 e 15 luglio 2005 né in occasione della riunione del CPCASA del 22 e 23 settembre 2005. Essa avrebbe continuato ad operare in tal modo a più riprese, nel luglio, nel settembre e nel novembre 2006 e nel gennaio 2007.
190 Le ricorrenti ritengono, in sostanza, che la Commissione non abbia così rispettato la procedura prevista dalla decisione comitatologia. Se il CPCASA fosse in disaccordo con la proposta della Commissione, quest’ultima sarebbe infatti tenuta a presentare una proposta al Consiglio. Agendo come ha fatto, essa avrebbe impedito al Consiglio di svolgere il proprio ruolo nel processo legislativo e avrebbe ecceduto l’ambito dei suoi poteri delegati, violando con ciò stesso gli artt. 5 CE e 7 CE nonché l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000.
191 La Commissione contesta tale argomentazione.
192 Ai sensi dell’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, entro i sei mesi successivi alla ricezione del parere dell’EFSA, la Commissione presenta un progetto di rapporto di riesame. Sulla base del rapporto di riesame definitivo, essa sottopone al comitato un progetto di direttiva intesa ad iscrivere la sostanza attiva dell’allegato I della direttiva e che specifica, se del caso, le conclusioni per l’iscrizione stessa, ivi inclusa la scadenza, o un progetto di decisione destinata agli Stati membri e intesa a revocare le autorizzazioni relative ai prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva, a norma dell’art. 8, n. 2, quarto comma, della direttiva 91/414 e, di conseguenza, a rifiutare l’iscrizione della sostanza attiva nell’allegato I della detta direttiva, precisandone i motivi.
193 L’art. 8, n. 9, del regolamento n. 451/2000 prevede che, quando la Commissione sottopone un progetto di direttiva o di decisione conformemente al n. 8, essa presenta anche le conclusioni dell’esame del comitato sotto forma di un rapporto di riesame definitivo a cui deve essere fatto riferimento nel resoconto sommario della riunione.
194 Si deve pertanto constatare che l’art. 8 del regolamento n. 451/2000 distingue due fasi: quella della presentazione di un progetto di rapporto di riesame – che deve avvenire entro e non oltre i sei mesi successivi alla ricezione del parere dell’EFSA – e quella della presentazione di un progetto di direttiva o di decisione sulla base del progetto di rapporto di riesame definitivo, che non è subordinata al rispetto di tale termine.
195 L’argomento delle ricorrenti diretto a sostenere che la Commissione era tenuta a presentare simultaneamente, sin dalla prima riunione del comitato, il progetto di rapporto di riesame e il progetto di decisione o di direttiva non può di conseguenza trovare accoglimento.
196 Inoltre, occorre ricordare che, nella fattispecie, il parere dell’EFSA è stato adottato il 14 marzo 2005.
197 È pacifico che un primo scambio di vedute è intervenuto in seno al gruppo di lavoro «Legislazione» del CPCASA, in occasione della sua riunione del 14 e 15 luglio 2005, su un progetto preliminare di proposta di direttiva della Commissione diretta all’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414.
198 È pure pacifico che il progetto preliminare di proposta di direttiva (recante lo stesso numero di riferimento del documento del 21 giugno 2005) e che un progetto preliminare di rapporto di riesame, in data 15 settembre 2005 – e quindi verosimilmente adottati dalla Commissione entro il termine di sei mesi di cui all’art. 8, nn. 8 e 9, del regolamento n. 451/2000 – figuravano all’ordine del giorno della riunione del gruppo di lavoro «Legislazione» in occasione della riunione del CPCASA del 22 e 23 settembre 2005.
199 La Commissione asserisce di non aver rispettato il termine di sei mesi per presentare il rapporto di riesame e che solo l’allegato di tale documento, contenente l’elenco degli studi che sono serviti alla valutazione, è stato presentato nel corso di tale riunione del gruppo di lavoro «Legislazione». Il Tribunale constata però che il corpo del progetto di rapporto di riesame, da essa comunicato al Tribunale in allegato alle risposte ai quesiti ad essa rivolti da quest’ultimo, è stato modificato a seguito di tale riunione, il che fa pensare che anche tale progetto fosse stato sottoposto in tale occasione al detto gruppo di lavoro.
200 Tuttavia, anche se, volendo seguire la Commissione, si dovesse considerare che il termine di sei mesi era scaduto quando essa ha presentato il suo progetto di rapporto di riesame, si dovrebbe nondimeno considerare che il superamento di tale termine – al quale il regolamento n. 451/2000 non annette alcuna sanzione – è rimasto ininfluente sul senso della decisione impugnata.
201 In primo luogo, occorre tenere presente il fatto che la procedura prevista dalla decisione comitatologia è iniziata sin dallo scambio di vedute intervenuto in seno al gruppo di lavoro «Legislazione», il 14 e 15 luglio 2005.
202 Al riguardo, occorre considerare che la distinzione artificiosa che la Commissione intende operare tra il CPCASA e il suo gruppo di lavoro «Legislazione» è senza pertinenza per quanto riguarda l’applicabilità delle norme relative alla comitatologia e alla procedura prevista all’art. 8, nn. 8 e 9, del regolamento n. 451/2000, dato che, per confessione della Commissione, il comitato e il gruppo di lavoro sono composti dalle stesse persone.
203 In secondo luogo, occorre ricordare che, in mancanza di una disposizione che preveda espressamente o implicitamente le conseguenze del superamento di un termine procedurale come quello di cui trattasi nella specie, il superamento in questione può comportare l’annullamento totale o parziale dell’atto il cui iter di adozione comprende il termine in causa soltanto se è provato che, in mancanza di questa presunta irregolarità, detto atto avrebbe potuto avere un contenuto diverso (v. sentenza del Tribunale 18 marzo 2009, causa T‑299/05, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, Racc. pag. II‑565, punto 138 e giurisprudenza ivi citata).
204 Le ricorrenti fanno sostanzialmente valere, a questo proposito, che, se la decisione impugnata fosse stata adottata entro il termine previsto, la decisione sarebbe stata quella di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 in quanto l’EFSA raccomandava l’iscrizione di tale sostanza.
205 Innanzi tutto, occorre ricordare che il parere dell’EFSA non raccomandava l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I (v. precedenti punti 89 e 92). Non si può pertanto sostenere che la decisione che avrebbe dovuto essere adottata sarebbe stata inevitabilmente favorevole alle ricorrenti.
206 Inoltre, in ogni caso, la Commissione ha inizialmente proposto una siffatta iscrizione. Infatti, solo nel corso delle discussioni in seno al comitato il senso della decisione è stato modificato, come riconosciuto dalle stesse ricorrenti.
207 Infine, la decisione impugnata non è stata adottata in considerazione dei criteri POP, come sostengono le ricorrenti (v. precedenti punti 175‑185).
208 Di conseguenza, è giocoforza constatare che le ricorrenti non riescono a dimostrare che il rispetto del termine di sei mesi per presentare il progetto di rapporto di riesame sarebbe stato tale da modificare il senso della decisione impugnata.
209 Occorre pertanto, respingere la loro argomentazione su questo punto.
210 In secondo luogo, dato che il progetto di rapporto di riesame è il solo atto che dev’essere presentato entro il termine di sei mesi dalla Commissione, conformemente all’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, pure l’argomento delle ricorrenti secondo il quale la proposta di direttiva avrebbe dovuto essere presentata anch’essa entro il termine di sei mesi dev’essere ugualmente respinto.
211 In terzo luogo, risulta dall’art. 5, n. 4, della decisione comitatologia che, qualora le misure progettate non siano conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e ne informa il Parlamento europeo.
212 Occorre ricordare che, nella fattispecie, risulta dalle informazioni fornite dalla Commissione nelle sue risposte ai quesiti posti dal Tribunale nonché dagli estratti di verbali delle diverse riunioni intervenute che il destino del trifluralin è stato discusso nel corso delle riunioni del gruppo di lavoro «Legislazione» del CPCASA, che si sono svolte il 14 e 15 luglio, il 22 e 23 settembre e il 17 e 18 novembre 2005, il 26 e 27 gennaio, il 3 e 4 aprile, il 22 e 23 maggio, il 13 e 14 luglio, il 25 e 26 settembre e il 23 e 24 novembre 2006 e, infine, il 22 e 23 gennaio e 15 e 16 marzo 2007, prima che la proposta fosse votata – con la maggioranza di 23 Stati membri – il 16 marzo 2007.
213 La proposta di decisione di non iscrizione è stata quindi messa ai voti, contrariamente a quanto asseriscono le ricorrenti, una sola volta, il 16 marzo 2007, votazione questa in esito alla quale la proposta ha ottenuto la maggioranza qualificata necessaria alla sua adozione.
214 Non può di conseguenza essere contestato alla Commissione il fatto di aver violato le disposizioni dell’art. 5, n. 4, della decisione comitatologia non sottoponendo senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare.
215 Infatti, si deve necessariamente constatare che il comitato non ha adottato un parere opposto alle misure proposte e non si è neppure trovato in una situazione nella quale gli fosse impossibile ottenere una maggioranza qualificata a favore ovvero a sfavore delle misure proposte.
216 Ora, solo in queste due ipotesi spetta alla Commissione adire senza indugio il Consiglio, ai sensi di tale disposizione.
217 Occorre di conseguenza esaminare se possa essere contestato alla Commissione il fatto di non aver messo ai voti la proposta di provvedimento per un periodo di 20 mesi, così come avvenuto nel caso di specie.
218 A questo proposito, si deve ricordare che la Corte, in una sentenza del 18 novembre 1999, causa C‑151/98 P, Pharos/Commissione (Racc. pag. I‑8157), ha confermato che l’art. 8, n. 3, lett. b), del regolamento (CEE) del Consiglio 26 giugno 1990, n. 2377, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale (GU L 224, pag. 1), non stabiliva in modo preciso il termine entro il quale la Commissione doveva presentare al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare e che, al contrario, impiegando l’espressione «senza indugio», il legislatore comunitario, pur imponendo alla Commissione di operare con rapidità le aveva rimesso un certo margine discrezionale (punto 25 della sentenza citata).
219 La Corte ha inoltre dichiarato che il lasso di tempo di cui la Commissione disponeva per esaminare le diverse possibilità di azione che le si prospettavano andava valutato sulla scorta della complessità della pratica interessata. Orbene, nella causa in cui è stata pronunciata la sentenza Pharos/Commissione, citata supra al punto 218, il rischio di utilizzazione della sostanza controversa era stato sollevato per la prima volta in sede di comitato di regolamentazione, in seno al quale quattro delegazioni si erano opposte al progetto della Commissione e sei si erano astenute nel corso della votazione. Di conseguenza, secondo la Corte, un periodo di undici mesi, nel corso del quale la Commissione aveva, dapprima, riesaminato il fascicolo per sei mesi e, successivamente, sollecitato un secondo parere scientifico, non poteva essere qualificato come eccessivamente prolungato (sentenza Pharos/Commissione, cit. supra al punto 218, punti 30‑32).
220 D’altro canto, in una sentenza della Corte del 20 novembre 1997, causa C‑244/95, Moskof (Racc. pag. I‑6441), quest’ultima ha dichiarato – in ordine al rispetto della procedura relativa ad un comitato di gestione, e non ad un comitato di regolamentazione – che il fatto di esplorare le possibilità di compromesso non poteva essere interpretato come un implicito abbandono del testo iniziale, già approvato da tutte le altre delegazioni. Una diversa soluzione renderebbe più difficile qualsiasi ricerca di compromesso diretta a risolvere problemi propri di alcune delegazioni, e la Commissione non si assumerebbe più il rischio di non adottare immediatamente un testo approvato. Una soluzione del genere nuocerebbe molto di più al buon funzionamento delle procedure dei comitati di gestione del fatto di tollerare che tra la votazione di un testo da parte del comitato di gestione e la sua adozione come regolamento della Commissione trascorra un periodo ragionevole, necessario ad esaminare le possibilità di compromesso idonee a fornire la migliore soluzione ai problemi sollevati da alcune delegazioni (sentenza Moskof, cit., punto 40).
221 Risulta da questa giurisprudenza che, dopo un voto negativo o quando nessuna maggioranza qualificata a favore o a sfavore del provvedimento proposto può essere raggiunta, la Commissione può ricercare un compromesso in seno al comitato e dispone, a tal fine, di un certo lasso di tempo, che dipende dalla difficoltà, dalla complessità e dalla delicatezza della pratica interessata, prima di adire il Consiglio.
222 In altri termini, per valutare se la Commissione abbia agito senza indugio, si deve verificare se essa abbia agito entro un termine ragionevole, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, e si deve riconoscerle un ampio margine di manovra al fine di giungere ad un compromesso.
223 Pertanto, e a maggior ragione riguardo ad un comitato di regolamentazione, la Commissione deve poter disporre di un ampio margine di manovra nel tempo, in relazione alla difficoltà, alla complessità e alla delicatezza della pratica, per ricercare un compromesso in seno al comitato prima di mettere ai voti un progetto di provvedimento.
224 Così è manifestamente avvenuto nel caso di specie, poiché il destino del trifluralin è stato regolarmente discusso in occasione delle riunioni del gruppo di lavoro «Legislazione» del CPCASA che si sono tenute tra il mese di luglio 2005 e il mese di marzo 2007 (v. precedente punto 212).
225 Pertanto non può esserle imputato il fatto di non aver osservato le norme della procedura fissata dalla decisione comitatologia. Di conseguenza, il motivo dev’essere respinto.
Sul quarto motivo, relativo al fatto che i termini procedurali applicabili non sarebbero stati rispettati, in violazione dell’art. 8, nn. 7 e 8, del regolamento n. 451/2000
226 Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la direttiva 91/414 fissa un certo numero di termini procedurali nell’ambito della procedura di valutazione. Siffatti termini sono in particolare impartiti all’EFSA e alla Commissione. Orbene, esse fanno valere che diversi di questi termini non sono stati rispettati, il che peraltro non è contestato dalla Commissione.
227 Così, l’EFSA, comunicando il suo parere alla Commissione il 14 marzo 2005, non avrebbe osservato il termine ad essa impartito per emettere il suo parere, termine che scadeva, nella fattispecie, il 10 luglio 2004. La Commissione, dal canto suo, ha messo ai voti la sua proposta di direttiva solo alla metà di marzo del 2007. Orbene, il progetto di proposta di iscrizione o di non iscrizione avrebbe di norma dovuto essere presentato entro un termine di sei mesi dopo la ricezione del parere dell’EFSA, vale a dire, nella fattispecie, il 13 settembre 2005, e la Commissione ha adottato la decisione impugnata solo il 20 settembre 2007, ossia più di due anni dopo la ricezione del parere dell’EFSA.
228 Orbene, ciò costituirebbe una violazione dell’art. 8, nn. 7 e 8, del regolamento n. 451/2000, ossia la violazione di una forma sostanziale, la quale avrebbe avuto la conseguenza che la decisione impugnata non è stata fondata sullo stato delle conoscenze scientifiche esistenti al momento della valutazione. Infatti, secondo le ricorrenti, il parere dell’EFSA avrebbe dovuto essere espresso il 10 luglio 2004. Orbene, la questione dei POP, che ha in ultima analisi determinato il rifiuto dell’iscrizione, a loro parere, è stata sollevata solo in occasione dell’ultima riunione di valutazione, nel mese di febbraio 2005, ossia sette mesi dopo. Di conseguenza, la decisione impugnata sarebbe stata diversa se il parere dell’EFSA fosse stato emanato in tempo utile.
229 Le ricorrenti sostengono inoltre, in sostanza, che nulla impediva alla Commissione di concedere loro termini supplementari dato che essa stessa e l’EFSA non osservavano i termini loro impartiti.
230 La Commissione contesta tali affermazioni.
231 In primo luogo, dato che il progetto di rapporto di riesame è il solo atto che dev’essere presentato entro il termine di sei mesi dalla Commissione conformemente all’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, l’argomento delle ricorrenti secondo il quale anche la proposta di direttiva avrebbe dovuto essere presentata entro il termine di sei mesi dev’essere disattesa (v. precedente punto 210).
232 In secondo luogo, si deve rilevare che non è contestato il fatto che l’EFSA non ha rispettato il termine ad essa impartito per presentare il suo rapporto.
233 Viene inoltre ricordato che le conseguenze del superamento di tale termine procedurale non sono previste né esplicitamente né implicitamente dalla normativa in materia.
234 Occorre, di conseguenza, verificare se, in mancanza di tale irregolarità, le affermazioni delle ricorrenti secondo le quali il detto atto avrebbe potuto avere un contenuto diverso – in quanto la valutazione della sostanza alla luce del regolamento n. 850/2004 non sarebbe stata presa in considerazione se il parere fosse stato adottato in tempo utile – siano provate (v. precedente punto 228).
235 Orbene, da una parte, risulta esplicitamente dal parere dell’EFSA (v. precedente punto 28) che la valutazione della sostanza alla luce dei criteri POP non è stata presa in considerazione dall’EFSA.
236 Dall’altra, la decisione impugnata non è fondata sulla valutazione della sostanza alla luce dei criteri POP (v. precedente punto 183).
237 Di conseguenza, le ricorrenti non dimostrano in nessun modo che il contenuto dell’atto sarebbe stato diverso se il parere dell’EFSA fosse stato emanato in tempo utile. Il quarto motivo va di conseguenza respinto.
Sul quinto motivo, relativo alla carenza di motivazione della decisione impugnata
238 Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione non spiega i motivi per i quali il trifluralin presenta, a suo parere, un rischio inaccettabile per quanto riguarda la tossicità cronica. Infatti, la semplice constatazione dell’elevata tossicità del trifluralin per gli organismi acquatici costituisce, eventualmente, la constatazione di un pericolo, secondo le ricorrenti, ma avrebbe poi dovuto essere seguita da una valutazione del rischio.
239 La Commissione non spiegherebbe neppure perché essa non ha tenuto conto degli elementi di prova apportati dalle ricorrenti nel contesto dello studio integrativo sulla tossicità cronica per i pesci, mentre invece lo Stato membro relatore, dopo averli esaminati, avrebbe concluso per l’assenza di rischio inaccettabile di tossicità cronica.
240 Inoltre, dato che lo Stato membro relatore e l’EFSA avevano concluso per l’assenza di rischio del trifluralin per la salute umana per le utilizzazioni notificate, spettava alla Commissione spiegare perché essa si scostasse da tali conclusioni, cosa che essa ha omesso di fare, secondo le ricorrenti.
241 Le ricorrenti fanno altresì valere che non viene fatto alcun cenno, nella decisione impugnata, del regolamento n. 850/2004, e neppure dei criteri POP e dell’esame effettuato dal sottogruppo TC‑NES, mentre invece, secondo loro, gli elementi di prova esposti nella decisione impugnata fanno pensare che questi sono i punti che hanno indotto la Commissione a cambiare parere e a proporre una decisione di non iscrizione.
242 Le ricorrenti contestano altresì alla Commissione il fatto di non aver spiegato perché l’applicazione retroattiva del regolamento n. 850/2004 fosse giustificata o non pregiudicasse il legittimo affidamento delle ricorrenti.
243 Infine, le ricorrenti ritengono che, dato che la Commissione aveva inizialmente proposto l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414, fosse particolarmente importante conoscere le ragioni per le quali essa aveva cambiato parere nel corso della procedura.
244 La Commissione contesta tali affermazioni.
245 Occorre ricordare, in via preliminare, che secondo la giurisprudenza, il motivo vertente sulla violazione dell’art. 253 CE costituisce un motivo distinto da quello vertente sull’errore manifesto di valutazione. Infatti, mentre il primo, che si riferisce ad un difetto o ad un’insufficienza di motivazione, rientra nella violazione delle forme sostanziali, ai sensi dell’art. 230 CE, e costituisce un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario, il secondo, che verte sulla legittimità nel merito di una decisione, rientra nella violazione di una norma di diritto relativa all’applicazione del Trattato, ai sensi del medesimo art. 230 CE, e può essere esaminato dal giudice comunitario solo se è dedotto dal ricorrente. L’obbligo di motivazione è pertanto una questione distinta da quella della fondatezza della motivazione (sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 67; 29 aprile 2004, causa C‑159/01, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑4461, punto 65; sentenze del Tribunale 13 gennaio 2004, causa T‑158/99, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 97, e 4 marzo 2009, causa T‑445/05, Associazione italiana del risparmio gestito e Fineco Asset Management/Commissione, Racc. II‑289, punto 66).
246 Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti dell’art. 253 CE va valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. In particolare, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione (v. sentenza Associazione italiana del risparmio gestito e Fineco Asset Management/Commissione, cit. supra al punto 245, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).
247 Occorre ricordare che l’EFSA ha emanato un parere nel quale, in sostanza, essa ha comunicato le sue constatazioni, ma anche le sue incertezze per quanto riguarda il carattere innocuo del trifluralin, alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili al momento dell’esame collegiale.
248 Si tratta, di conseguenza, di stabilire se esista una sufficiente corrispondenza tra il contenuto del parere dell’EFSA, da una parte, e il tenore della decisione impugnata e della sua motivazione, dall’altra.
249 Orbene, si deve constatare che la decisione impugnata espone le ragioni scientifiche che hanno portato la Commissione – d’accordo con il CPCASA – a considerare che occorreva non iscrivere la sostanza controversa nell’allegato I della direttiva 91/414.
250 Questa motivazione permette inoltre di comprendere perché, tenuto conto del suo ampio potere discrezionale, la Commissione non ha preso in considerazione la possibilità, prospettata dall’EFSA, di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 attraverso il rispetto di talune condizioni.
251 Inoltre, si deve necessariamente constatare che la motivazione della decisione impugnata era sufficiente per consentire al Tribunale di esercitare il suo sindacato e di trattare i diversi motivi dedotti dalle ricorrenti nell’ambito del loro ricorso.
252 La decisione impugnata non è, di conseguenza, viziata da carenza di motivazione.
253 Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti addotti dalle ricorrenti a sostegno del loro motivo.
254 In primo luogo, le ricorrenti non possono fondatamente sostenere che la decisione impugnata si basi solo su una valutazione dei pericoli e non dei rischi che presenta il trifluralin (v., in particolare, il punto 5 della decisione impugnata; v. precedente punto 159).
255 In secondo luogo, le ricorrenti non possono utilmente far valere che la Commissione non ha tenuto conto degli elementi di prova da esse apportati nell’ambito dello studio sulla tossicità cronica per i pesci, sulla base del quale lo Stato membro relatore avrebbe concluso per l’assenza di rischio inaccettabile di tossicità cronica. Infatti, un siffatto studio non è stato richiesto alle parti notificanti (v. precedente punto 128) e non poteva, in ogni caso, essere prodotto dopo il deposito del fascicolo completo, che esse erano tenute a presentare conformemente all’art. 6, nn. 1 e 3, del regolamento n. 451/2000. Inoltre, si deve rilevare che, a seguito della riunione del 15 e 16 marzo 2007 del gruppo di lavoro «Legislazione» del CPCASA, la Repubblica ellenica, che era lo Stato membro relatore, ha fatto inserire a verbale una dichiarazione ai sensi della quale essa era pronta a votare a favore della proposta di non iscrizione del trifluralin, al fine di permettere alle parti notificanti di approfittare del successivo periodo di 18 mesi per presentare formalmente lo studio sulla tossicità cronica per i pesci e per consentirle, in quanto Stato membro relatore, di valutare ufficialmente tale studio.
256 In terzo luogo, dato che la decisione impugnata è fondata non su una valutazione del trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004, ma unicamente sulla valutazione della sostanza realizzata alla luce dei criteri della direttiva 91/414, così come testimoniano i punti 4‑7 della decisione impugnata (v. precedente punto 178), le ricorrenti non possono contestare alla Commissione il fatto di non aver spiegato perché la decisione impugnata sarebbe fondata su una siffatta valutazione.
257 In quarto luogo, vero è che la Commissione ha avviato le discussioni in seno al CPCASA, e, più in particolare, al gruppo di lavoro «Legislazione» presentando una proposta di direttiva intesa all’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414. Nondimeno, una proposta del genere è, per definizione, tale da evolvere nel corso delle discussioni che intervengono in seno al CPCASA (v. precedente punto 221). Orbene, nella fattispecie, la motivazione della decisione impugnata permette di comprendere le ragioni scientifiche che hanno giustificato la sua adozione. Non può invece essere richiesto che tale motivazione ripercorra tutte le pieghe delle discussioni intervenute in seno al CPCASA.
258 Il quinto motivo deve pertanto essere respinto.
Sul sesto motivo, relativo alla violazione di principi fondamentali del diritto comunitario e sulla censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, presentata a sostegno del primo capo del secondo motivo
– Sul primo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di certezza del diritto, di non retroattività e di tutela del legittimo affidamento, e sulla censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, presentata a sostegno del primo capo del secondo motivo
259 In primo luogo, secondo le ricorrenti, il fatto che uno studio integrativo sia stato loro richiesto dallo Stato membro relatore e dall’EFSA ha fatto legittimamente credere loro che tale studio sarebbe stato valutato e preso in considerazione per la valutazione del trifluralin. La Commissione ha tuttavia considerato che tale studio era stato presentato fuori termine e ha ritenuto e fatto sapere ai membri del CPCASA che esso non poteva quindi essere preso in considerazione, in violazione del loro legittimo affidamento.
260 In secondo luogo, le ricorrenti asseriscono che, così facendo, la Commissione ha omesso di tener conto delle ultime conoscenze scientifiche disponibili e dello stato del sapere scientifico e tecnico, in violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
261 In terzo luogo, le ricorrenti asseriscono di aver legittimamente creduto, tenuto conto delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 451/2000, che la decisione impugnata sarebbe stata fondata sul parere dell’EFSA, che ha raccomandato, a loro avviso, l’iscrizione della sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414. Poiché la decisione impugnata non è fondata su tale conclusione, ne consegue, secondo le ricorrenti, che il loro legittimo affidamento è stato disatteso.
262 In quarto luogo, la Commissione avrebbe applicato retroattivamente il regolamento n. 850/2004 e avrebbe così modificato le disposizioni applicabili in corso di valutazione. Le ricorrenti si sarebbero, in tal modo, trovate nell’impossibilità di determinare inequivocabilmente i loro diritti o di prendere le misure appropriate per preservare tali diritti. A seguito di questa mancanza di chiarezza e di prevedibilità, i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sarebbero stati anch’essi violati dalla Commissione.
263 La Commissione contesta tali affermazioni.
264 Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto, il quale fa parte dei principi generali del diritto comunitario, esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese (v., sentenza della Corte 18 novembre 2008, causa C‑158/07, Förster, Racc. pag. I‑8507, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).
265 Inoltre, secondo giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate (sentenza della Corte 15 luglio 2004, cause riunite C‑37/02 e C‑38/02, Di Lenardo e Dilexport, Racc. pag. I‑6911, punto 70; sentenza del Tribunale 17 dicembre 1998, causa T‑203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento, Racc. pag. II‑4239, punto 74; v. anche, in tal senso, sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 95, punto 153). Costituiscono assicurazioni del genere, indipendentemente dalla forma nella quale siano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili (v., in tal senso, sentenza della Corte 25 maggio 2000, causa C‑82/98 P, Kögler/Corte di giustizia, Racc. pag. I‑3855, punto 33). Per contro, nessuno può invocare la violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenze della Corte 24 novembre 2005, causa C‑506/03, Germania/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 58, e 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03, Belgio e Forum 187/Commissione, Racc. pag. I‑5479, punto 147). Per giunta, solo assicurazioni conformi alle norme applicabili possono fondare un legittimo affidamento (sentenze del Tribunale 30 giugno 2005, causa T‑347/03, Branco/Commissione, Racc. pag. II‑2555, punto 102; 23 febbraio 2006, causa T‑282/02, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, Racc. pag. II‑319, punto 77, e 19 novembre 2009, causa T‑334/07, Denka International/Commissione, Racc. pag. II‑4205, punto 132).
266 In primo luogo, addirittura senza che sia necessario verificare se le ricorrenti hanno potuto ricevere, nelle circostanze del caso di specie, assicurazioni precise che esse avrebbero potuto presentare uno studio su richiesta dello Stato membro relatore o dell’EFSA, assicurazioni del genere non avrebbero potuto comunque fondare un legittimo affidamento nei loro confronti, dato che l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000 prevede espressamente che nuovi studi non sono più ammessi nel momento in cui l’EFSA ha avviato la sua valutazione della sostanza attiva e che solo assicurazioni conformi alle norme applicabili possono fondare un legittimo affidamento.
267 In secondo luogo, poiché nessuno studio integrativo è stato chiesto alle parti notificanti, non può contestarsi alla Commissione il fatto che essa non ha tenuto conto dello studio che queste ultime hanno tardivamente presentato sulla tossicità cronica per i pesci.
268 In terzo luogo, dato che il regolamento n. 451/2000 non contiene alcuna indicazione sul fatto che la Commissione sia tenuta a seguire i pareri dell’EFSA quanto al loro contenuto e non disponga quindi di alcun potere discrezionale (v. precedenti punti 87 e 88), esse non possono utilmente far valere che il loro legittimo affidamento è stato disatteso per il fatto che tale regolamento avrebbe permesso loro di credere che la Commissione avrebbe necessariamente seguito il parere dell’EFSA, che avrebbe raccomandato l’iscrizione della sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414, il che è del resto inesatto (v. precedente punto 89).
269 In quarto luogo, poiché la decisione impugnata non è stata fondata sulla valutazione del trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004, le ricorrenti non possono utilmente far valere che il principio di certezza del diritto è stato violato a seguito di un’applicazione retroattiva di tale regolamento nell’ambito della valutazione della sostanza alla luce della direttiva 91/414. Lo stesso vale per quanto riguarda la loro affermazione secondo cui anche il loro legittimo affidamento sarebbe stato così disatteso.
270 Di conseguenza, il primo capo del sesto motivo, così come la censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, presentate a sostegno del primo capo del secondo motivo, devono essere respinti.
– Sul secondo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere equamente sentiti
271 Le ricorrenti sostengono, sostanzialmente, che, nell’ipotesi in cui la Commissione abbia a buon diritto applicato il regolamento n. 850/2004, essa avrebbe dovuto dare loro una sufficiente possibilità di difendere i loro diritti, prorogando i termini applicabili e dando loro la possibilità di presentare osservazioni, al fine di garantire la loro difesa.
272 La Commissione avrebbe così violato il diritto di essere equamente sentiti, che forma parte integrante del principio di buona amministrazione.
273 La Commissione contesta tali affermazioni.
274 Dato che la decisione impugnata non è fondata su una valutazione del trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004, l’argomentazione delle ricorrenti è inconferente e deve, di conseguenza, essere respinta.
– Sul terzo capo del sesto motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità
275 Innanzi tutto, le ricorrenti sostengono che il divieto totale del trifluralin è sproporzionato, dato che l’EFSA ha stimato, a loro parere, che i pericoli del trifluralin potevano essere gestiti prevedendo condizioni appropriate di utilizzazione.
276 Esse sostengono poi che la Commissione ha agito in maniera sproporzionata non tenendo conto dello studio riguardante la tossicità cronica per i pesci e non prorogando i termini applicabili perché esso fosse utilmente preso in considerazione.
277 Infine, esse fanno valere che la decisione impugnata ha la conseguenza di restringere l’offerta della gamma di prodotti diserbanti, il che avrebbe, di riflesso, gravi implicazioni sulla lotta contro le erbacce e le malattie. Le ricorrenti vi vedono un rischio di riduzione del rendimento dei raccolti, di conseguente riduzione della produzione alimentare, di ricorso alle importazioni nell’Unione europea e, infine, di aumento dei prezzi. In un contesto di penuria alimentare mondiale, la decisione impugnata sarebbe, al riguardo, ugualmente sproporzionata.
278 La Commissione contesta tali affermazioni.
279 Secondo giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che è uno dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a., Racc. pag. 4587, punto 15; sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 145, punto 411, e Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 95, punto 223).
280 Si deve ricordare che va riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale, quando essa adotta, nell’ambito della procedura di iscrizione di una sostanza all’allegato I della direttiva 91/414, provvedimenti di gestione dei rischi. Infatti, tale ambito implica, dal canto suo, in particolare, scelte politiche nonché valutazioni complesse (v. precedente punto 86). Solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenza della Corte 12 luglio 2001, causa C‑189/01, Jippes e a., Racc. pag. I‑5689, punto 82; sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 145, punto 412, e Alpharma/Consiglio, cit. supra al punto 145, punti 177‑180).
281 Nella fattispecie, dato che è inesatto sostenere che il parere dell’EFSA raccomandava l’iscrizione del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 (v. precedente punto 89), si deve constatare che la censura presentata dalle ricorrenti a sostegno della loro dimostrazione del carattere sproporzionato del divieto totale del trifluralin è carente in fatto.
282 Vero è che il parere dell’EFSA contiene raccomandazioni intese a permettere di gestire i rischi messi in evidenza durante la procedura di valutazione, nell’ipotesi in cui l’iscrizione del trifluralin venga proposta dalla Commissione.
283 Tuttavia, occorre ricordare che è conformemente alle disposizioni dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000 che tali raccomandazioni sono state presentate dall’EFSA, che non può pertanto esserne dedotto che l’EFSA raccomandasse di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 e che, in ogni caso, la Commissione disponeva di un ampio potere discrezionale al fine di perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole dalla direttiva 91/414, in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare in questo ambito (v. precedente punto 87 e giurisprudenza ivi citata, e precedenti punti 92 e 93).
284 Inoltre, si deve rilevare che la Commissione ha fatto valere, in sostanza, nelle sue memorie e all’udienza, senza essere utilmente contraddetta su questo punto, che un’iscrizione limitata del trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 non era stata presa in considerazione per l’impossibilità di mantenere la sostanza attiva sotto controllo con semplici misure di attenuazione dei rischi, in particolare alla luce del rischio di propagazione nell’aria su lunghe distanze, e tenuto conto di numerosi dati ancora mancanti sul carattere innocuo della sostanza in questione.
285 Ne consegue che il fatto che la Commissione non abbia proposto di iscrivere il trifluralin nell’allegato I della direttiva 91/414 subordinando tale iscrizione alle condizioni prese in considerazione dall’EFSA non può essere considerato come manifestamente sproporzionato.
286 D’altro canto, la Commissione non era tenuta né a tener conto dello studio sulla tossicità cronica per i pesci, né a prorogare i termini perché esso fosse preso in considerazione (v. precedenti punti 128 e 132). Il preteso carattere sproporzionato della decisione impugnata non può pertanto risultare dal fatto di non avere tenuto conto di tale studio o di non aver prorogato i termini per tenerne conto.
287 Per giunta, le ricorrenti non forniscono il minimo elemento di prova a sostegno delle loro affermazioni secondo le quali la decisione impugnata avrebbe le varie conseguenze negative da esse asserite e che dimostrerebbero il carattere sproporzionato della decisione impugnata.
288 Infine si deve ricordare che l’EFSA, nel suo parere, ha individuato un certo numero di rischi presentati dal trifluralin.
289 Tenuto conto dell’ampio potere discrezionale che dev’essere riconosciuto alla Commissione al fine di permetterle di perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole dalla direttiva 91/414 e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che essa deve operare, si deve necessariamente constatare che la decisione impugnata non appare manifestamente sproporzionata.
290 Di conseguenza, il terzo capo del sesto motivo è privo di qualunque fondamento e deve pertanto essere disatteso.
291 In conclusione, occorre respingere il sesto ed ultimo motivo e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.
Sulle spese
292 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Dow AgroSciences Ltd e le altre 20 ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sopporteranno, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea.
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Azizi |
Cremona |
Frimodt Nielsen |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2011.
Firme
Indice
Fatti all’origine della controversia
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
Sull'oggetto della controversia
Nel merito
Sul primo motivo, relativo al fatto che la decisione impugnata non sarebbe fondata sul rapporto dell’EFSA, in violazione dell’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, e sarebbe stata adottata senza osservare le norme di procedura applicabili.
Sul primo e sul secondo capo del secondo motivo, relativi ad errori manifesti di valutazione, in quanto, da una parte, la Commissione sarebbe venuta meno all’obbligo di tener conto di tutti gli elementi di prova scientifici disponibili e, più in particolare, di uno studio che sarebbe stato chiesto alle parti notificanti e, dall’altra, essa avrebbe dovuto prorogare i termini applicabili, al fine di disporre di tali informazioni supplementari
Sul terzo capo del secondo motivo, relativo ad un errore manifesto di valutazione, in quanto le constatazioni della Commissione non sarebbero suffragate da alcuna giustificazione scientifica
Sull’eccezione di illegittimità vertente sull’art. 3, n. 3, del regolamento n. 850/2004, da una parte, e sul quarto capo del secondo motivo, dall’altra, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe avuto competenza a valutare il trifluralin alla luce del regolamento n. 850/2004 e, per giunta, avrebbe commesso un errore di valutazione nell’applicazione dei criteri stabiliti dallo stesso regolamento
Sul terzo motivo, relativo al fatto che la decisione impugnata non sarebbe stata adottata conformemente alla procedura legislativa applicabile e violerebbe in tal modo gli artt. 5 CE e 7 CE nonché l’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 e l’art. 5 della decisione comitatologia
Sul quarto motivo, relativo al fatto che i termini procedurali applicabili non sarebbero stati rispettati, in violazione dell’art. 8, nn. 7 e 8, del regolamento n. 451/2000
Sul quinto motivo, relativo alla carenza di motivazione della decisione impugnata
Sul sesto motivo, relativo alla violazione di principi fondamentali del diritto comunitario e sulla censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, presentata a sostegno del primo capo del secondo motivo
– Sul primo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di certezza del diritto, di non retroattività e di tutela del legittimo affidamento, e sulla censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, presentata a sostegno del primo capo del secondo motivo
– Sul secondo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere equamente sentiti
– Sul terzo capo del sesto motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità
Sulle spese
Dow AgroSciences Ltd, con sede in Hitchin (Regno Unito),
Makhteshim‑Agan Holding BV, con sede in Rotterdam (Paesi Bassi),
Makhteshim Agan International Coordination Center, con sede in Bruxelles (Belgio),
Dintec Agroquímica – Produtos Químicos Lda, con sede in Funchal (Portogallo),
Finchimica SpA, con sede in Manerbio (Italia),
Dow Agrosciences BV, con sede in Rotterdam,
Dow AgroSciences Hungary kft, con sede in Budapest (Ungheria),
Dow AgroSciences Italia Srl, con sede in Milano (Italia),
Dow AgroSciences Polska sp. z o.o., con sede in Varsavia (Polonia),
Dow AgroSciences Iberica SA, con sede in Madrid (Spagna),
Dow AgroSciences s.r.o., con sede in Praga (Repubblica ceca),
Dow AgroSciences LLC, con sede in Indianapolis, Indiana (Stati Uniti),
Dow AgroSciences GmbH, con sede in Stade (Germania),
Dow AgroSciences Export, con sede in Mougins (Francia),
Dow AgroSciences, con sede in Mougins,
Dow AgroSciences Danmark A/S, con sede in Lyngby‑Taarbæk (Danimarca),
Makhteshim‑Agan Poland sp. z o.o., con sede in Varsavia,
Makhteshim‑Agan (UK) Ltd, con sede in Londra (Regno Unito),
Makhteshim‑Agan France, con sede in Sèvres (Francia),
Makhteshim‑Agan Italia Srl, con sede in Bergamo (Italia),
Alfa Agricultural Supplies SA, con sede in Halardri (Grecia).
* Lingua processuale: l'inglese.