Causa T‑461/07

Visa Europe Ltd e

Visa International Service

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dei servizi di acquisizione delle transazioni effettuate mediante carte di credito o di debito differito — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE — Restrizione della concorrenza — Concorrente potenziale — Ammende — Circostanze attenuanti — Termine ragionevole — Certezza del diritto — Diritti della difesa»

Massime della sentenza

1.      Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Requisiti di forma

[Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa — Imprese poste in grado di far conoscere il loro punto di vista sui fatti, sulle censure e sulle circostanze dedotte dalla Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 1)

3.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Esame delle condizioni di concorrenza sul mercato — Presa in considerazione della concorrenza attuale e potenziale

(Art. 81, nn. 1 e 3, CE)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Decisione che necessita di una valutazione economica o tecnica complessa — Sindacato giurisdizionale — Portata

(Art. 81, n. 1, CE)

5.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Nozione

(Art. 81, n. 1 CE)

6.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Qualificazione di un’impresa come concorrente potenziale — Criteri — Elemento essenziale — Capacità dell’impresa di inserirsi nel mercato di riferimento

(Art. 81, n. 1, CE)

7.      Concorrenza — Intese — Prova — Valutazione del valore probatorio di un documento — Criterio — Credibilità delle prove prodotte

(Art. 81, n. 1, CE)

8.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Qualificazione di un’impresa come concorrente potenziale — Capacità di inserirsi rapidamente nel mercato di cui trattasi — Nozione di inserimento rapido

(Art. 81, n. 1, CE; comunicazione della Commissione 2001/C 3/02)

9.      Concorrenza — Ammende — Accordo notificato nel contesto del regolamento n. 17 che beneficia dell’immunità dalle ammende — Perdita di efficacia della notifica e cessazione dell’immunità dalle ammende a far data dall’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 5, e n. 1/2003, art. 34, n. 1)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Adattamento del livello delle ammende

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23)

11.    Concorrenza — Ammende — Potere discrezionale della Commissione — Valutazione in funzione del comportamento individuale dell’impresa

(Art. 81, n. 1, CE)

12.    Concorrenza — Ammende — Decisione con cui vengono inflitte ammende — Obbligo di motivazione — Portata — Indicazione degli elementi di valutazione che hanno permesso alla Commissione di misurare la gravità e la durata dell’infrazione

(Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C)

13.    Diritto comunitario — Principi — Tutela del legittimo affidamento — Nozione — Dichiarazioni della Commissione «che lasciano intendere» — Esclusione

14.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole — Annullamento della decisione che constata un’infrazione a motivo di un’eccessiva durata del procedimento — Presupposto — Violazione dei diritti della difesa delle imprese interessate

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41, n. 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Orientamenti adottati dalla Commissione — Circostanze attenuanti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Criteri di valutazione — Impatto sul mercato — Estensione del mercato geografico

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23 n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

17.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Margine di discrezionalità della Commissione per effettuare una valutazione globale

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

1.      In virtù dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia, e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso.

Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale.

Una perizia collettiva figurante in allegato al ricorso, alla quale le parti ricorrenti fanno riferimento nel contesto della loro critica della decisione della Commissione, può essere presa in considerazione dal Tribunale solo in quanto diretta a suffragare o a completare motivi o argomenti espressamente invocati dai ricorrenti nel testo dei loro atti e solo se sia possibile stabilire con precisione quali sono gli elementi in essa contenuti destinati a suffragare o a integrare i suddetti motivi o argomenti.

(v. punti 50-51, 53)

2.      Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, la comunicazione degli addebiti deve contenere una descrizione degli addebiti sollevati redatta in termini sufficientemente chiari, se pur sommari, da consentire agli interessati di prendere effettivamente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Il rispetto dei diritti della difesa in un procedimento che può risolversi in sanzioni quali quelle in causa impone, infatti, che le imprese ed associazioni di imprese interessate siano messe in grado, fin dal procedimento amministrativo, di esprimere efficacemente il loro punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione. Tale esigenza è rispettata quando la decisione che constata una violazione dell’art. 81 CE non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nell’esposizione degli addebiti e prende in considerazione soltanto i fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista.

Inoltre, per far valere una violazione dei diritti della difesa con riferimento alle censure formulate nella decisione impugnata, le imprese in causa non possono limitarsi ad invocare la semplice esistenza di differenze tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata, senza esporre in modo preciso e concreto sotto quale aspetto ciascuna di queste differenze costituisca, nella fattispecie, un addebito nuovo, sul quale esse non hanno avuto occasione di essere sentite. Pertanto, nella comunicazione degli addebiti la Commissione si è basata su talune caratteristiche del mercato e, segnatamente, sulla sua importante concentrazione, per dichiarare che la concorrenza era ivi limitata e che, in risposta alle osservazioni delle parti ricorrenti, ha indicato, nella sua decisione, che la concorrenza sul mercato non era inefficace e che poteva ancora essere intensificata, essa non ha enunciato una censura nuova né si è fondata su un elemento di fatto nuovo, ma si è limitata a completare la sua analisi prendendo in considerazione le osservazioni delle ricorrenti. Quindi, tale evoluzione nella motivazione della decisione impugnata rispetto a quella inizialmente figurante nella comunicazione degli addebiti, lungi dall’essere la manifestazione di una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, dimostra al contrario che queste sono state in grado di far valere il loro punto di vista in merito alla censura formulata dalla Commissione.

(v. punti 56, 58-62)

3.      La valutazione di un accordo, di una decisione d’associazione di imprese o di una pratica concertata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE deve tener conto dell’ambito concreto nel quale esso produce i suoi effetti, in particolare, del contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, della natura dei prodotti o dei servizi contemplati nonché delle effettive condizioni del funzionamento e della struttura del mercato interessato, a meno che non si tratti di un accordo che comporta manifeste restrizioni della concorrenza, come la fissazione dei prezzi, la suddivisione del mercato e il controllo degli sbocchi. Infatti, in quest’ultimo caso, solo nell’ambito dell’art. 81, n. 3, CE dette restrizioni possono essere raffrontate con i loro effetti asseritamente favorevoli alla concorrenza, ai fini della concessione di un’esenzione dal divieto di cui al n. 1 dello stesso articolo.

L’esame delle condizioni di concorrenza su un determinato mercato si fonda non solo sulla concorrenza attuale tra le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale, onde accertare se, in considerazione della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che ne determina il funzionamento, sussistano possibilità reali e concrete che le imprese interessate si facciano concorrenza reciproca o che un nuovo concorrente possa inserirsi sul mercato di cui trattasi e fare concorrenza alle imprese già impiantate.

Peraltro, per stabilire se un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata debbano considerarsi vietati in ragione delle alterazioni del gioco della concorrenza che ne conseguono, occorre considerare come la concorrenza si svolgerebbe in assenza dell’accordo, della decisione di associazione di imprese o della pratica concertata controversi.

(v. punti 67-69, 81, 125, 130)

4.      Mentre il giudice dell’Unione esercita un sindacato generale completo sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, il sindacato che esso esercita sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza dell’errore manifesto di valutazione e di sviamento del potere. Tuttavia, se è vero che il giudice comunitario riconosce alla Commissione un potere discrezionale, ciò non implica che egli debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto, in particolare, a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono.

Dal momento che la struttura del mercato dei servizi di acquisizione delle transazioni effettuate mediante carte di credito o di debito differito offerti a commercianti, nonostante i fattori che la Commissione ha ritenuto favorevoli all’accesso di un nuovo operatore, rende poco plausibile l’inserimento di un istituto finanziario con il ricorso ad un accordo di facciata che l’avrebbe svantaggiato a priori rispetto ai suoi principali concorrenti stabiliti sul detto mercato, la conclusione della Commissione che disattende l’ipotesi di un ingresso è sufficientemente giustificata dalle considerazioni relative alla difficoltà di trovare un partner di facciata e da quelle relative alla complessità e ai costi supplementari prodotti da siffatti accordi, e non ha applicato un criterio giuridico errato.

(v. punti 70, 110-111)

5.      Il fatto che la Commissione abbia riconosciuto che la concorrenza sul mercato di cui trattasi non è «inefficace » non le impedisce di sanzionare un comportamento avente l’effetto di escludere un potenziale concorrente da detto mercato. Da una parte, dal momento che l’art. 81 CE, alla stregua delle altre regole di concorrenza enunciate nel Trattato, mira a tutelare non già unicamente gli interessi dei concorrenti o dei consumatori, ma anche la struttura del mercato e, così facendo, la concorrenza in quanto tale, la Commissione ha potuto validamente fondarsi sull’elevato grado di concentrazione del mercato in causa. D’altra parte, l’analisi degli effetti di un comportamento sulla potenziale concorrenza non può essere subordinata all’esame del grado di concorrenza attualmente esistente sul mercato di cui trattasi. Un tale approccio sarebbe in contraddizione con la costante giurisprudenza in forza della quale l’esame delle condizioni di concorrenza su un determinato mercato riposa non solo sulla concorrenza attuale che si fanno le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale.

(v. punti 121-131)

6.      Per quanto riguarda i criteri giuridici che debbono essere applicati per esaminare se un’impresa costituisca un concorrente potenziale sul mercato di cui trattasi, la Commissione ha il dovere di verificare se, in caso di mancata applicazione nei confronti di detta impresa di una regola controversa sul fondamento dell’art. 81, n. 1, CE, siano esistite possibilità effettive e concrete che essa si inserisse nel mercato dell’acquisizione e che facesse concorrenza alle imprese ivi stabilite. Una siffatta dimostrazione non deve riposare su una mera ipotesi ma deve essere suffragata da elementi di fatto o da un’analisi delle strutture del mercato rilevante. Pertanto, un’impresa non può essere qualificata potenziale concorrente se il suo ingresso sul mercato non corrisponde ad una strategia economica efficace. Da ciò necessariamente consegue che, sebbene l’intenzione di un’impresa di inserirsi in un mercato sia eventualmente pertinente per verificare se possa essere considerata potenziale concorrente su tale mercato, l’elemento essenziale sul quale una siffatta qualificazione deve fondarsi è tuttavia costituito dalla sua capacità di inserirsi nel detto mercato.

(v. punti 166-168)

7.      Per quanto riguarda la forza probatoria che si deve riconoscere a determinati documenti, nel contesto dell’accertamento di un’infrazione delle regole di concorrenza, bisogna ricordare che il principio che vige nel diritto dell’Unione è quello della libera produzione delle prove e il solo criterio pertinente per valutare le prove prodotte è quello della loro credibilità. Quindi, per valutare la forza probatoria di un elemento di prova, si deve verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. Si deve in tal caso tener conto, in particolare, dell’origine del documento, delle circostanze in cui è stato elaborato, del suo destinatario, e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile.

(v. punto 182)

8.      La Commissione non incorre in errore di diritto nel qualificare un operatore economico come potenziale concorrente qualora, da un lato, le sue valutazioni circa la capacità di detto operatore di inserirsi nel mercato di cui trattasi non siano contestate e, dall’altro, l’ipotesi di un ingresso sul mercato di cui trattasi non rivesta carattere puramente teorico. Nulla toglie a questa conclusione la circostanza che la Commissione non abbia fornito stime circa il periodo che sarebbe stato necessario a detto operatore per inserirsi nel mercato di cui trattasi, e ciò in apparente contraddizione con la definizione figurante negli orientamenti sull’applicabilità dell’art. 81 CE agli accordi di cooperazione orizzontale, che fanno riferimento ad un periodo di un anno. Infatti, dalla lettura della definizione, figurante nella nota a piè di pagina n. 9 di detti orientamenti, risulta che l’elemento essenziale è la necessità che l’ingresso potenziale possa farsi con sufficiente rapidità per pesare sui soggetti partecipanti al mercato, e che il termine di un anno viene presentato solo a titolo indicativo.

(v. punti 187-189)

9.      La possibilità per la Commissione di imporre un’ammenda per un accordo oggetto di una notifica nell’ambito del regolamento n. 17 deriva dall’art. 34, n. 1, del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato, il quale precisa che le notifiche perdono efficacia a partire dalla data di applicazione del predetto regolamento. Da ciò necessariamente consegue che l’immunità dalle ammende per gli accordi notificati ai sensi dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17 cessa con l’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003. Pertanto, la Commissione è comunque legittimata a infliggere un’ammenda alle ricorrenti per perseguire un comportamento controverso successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003.

(v. punto 211)

10.    La Commissione dispone di un margine di valutazione discrezionale nella fissazione dell’importo delle ammende, dal momento che queste costituiscono uno strumento della politica di concorrenza. Quanto alla circostanza che la Commissione, in passato, non avrebbe imposto ammende per quanto riguarda restrizioni di concorrenza per effetto, questa non può impedirle di imporre un’ammenda se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica della concorrenza. Al contrario, l’efficace applicazione delle norme in materia di concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

(v. punti 212-213)

11.    Proprio nell’ambito specifico di ciascun caso la Commissione, nell’esercizio della sua discrezionalità, decide dell’opportunità di irrogare un’ammenda per punire l’infrazione accertata e salvaguardare l’efficacia del diritto della concorrenza. Ad ogni modo, anche presupponendo che la Commissione erroneamente non abbia imposto ammende a determinate imprese in fattispecie analoghe, l’argomentazione che si risolva nell’invocare a vantaggio delle imprese assoggettate a sanzione per violazione delle regole di concorrenza un illecito commesso a favore di altri sarebbe in contrasto con il principio di legalità.

(v. punti 218-219)

12.    Per quanto riguarda la determinazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, la Commissione adempie al proprio obbligo di motivazione quando indica nella sua decisione gli elementi di valutazione che le hanno consentito di stimare la gravità e la durata dell’infrazione commessa e non è tenuta a fornire un’esposizione più dettagliata o i dati numerici relativi alle modalità di calcolo dell’ammenda. Siffatti elementi vertenti sulla gravità e sulla durata del comportamento ascritto alle parti ricorrenti, se è vero che riguardano anzitutto la determinazione dell’importo dell’ammenda, sono ugualmente idonei a consentire di comprendere le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che era opportuno infliggere un’ammenda.

(v. punti 221, 288)

13.    In un procedimento relativo alla constatazione di un’infrazione in applicazione dell’art. 81 CE, il principio di tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione ha suscitato in lui aspettative fondate, dovendosi precisare che nessuno può invocare una violazione di detto principio in mancanza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, che gli siano state fornite dall’amministrazione. Non possono essere qualificate come assicurazioni di tale natura «dichiarazioni che lasciano intendere» che la Commissione non considerava un determinato caso come un procedimento nel quale avrebbe inflitto un’ammenda.

(v. punti 223-224)

14.    L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, del quale il giudice assicura il rispetto. Questo principio è ripreso all’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La violazione di tale principio può portare all’annullamento della decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE a condizione che abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace e abbia quindi leso i loro diritti di difesa. Tuttavia, non è questo il caso ove, da un lato, le parti ricorrenti non sostengano che la durata del procedimento amministrativo ha leso i loro diritti di difesa e, dall’altro, il periodo trascorso tra la cessazione dell’infrazione e la decisione impugnata con la quale viene irrogata l’ammenda sia di una durata di gran lunga inferiore ai termini di prescrizione previsti dall’art. 25 del regolamento n. 1/2003. Infatti, in presenza di una normativa completa che disciplina in dettaglio i termini entro i quali la Commissione può, senza ledere il principio fondamentale della certezza del diritto, infliggere ammende alle imprese oggetto di procedimenti di applicazione delle norme in materia di concorrenza, qualsiasi considerazione connessa all’obbligo della Commissione di esercitare il proprio potere di irrogare ammende entro un termine ragionevole deve essere disattesa.

(v. punti 231-234, 238, 298)

15.    In tema di determinazione dell’importo di un’ammenda inflitta per violazione delle regole di concorrenza, la Commissione non può discostarsi dalle norme che essa stessa si è imposta. In particolare, qualora la Commissione adotti orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale in tale ambito, ne consegue un’autolimitazione di tale potere in quanto è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta.

Per verificare se la Commissione fosse tenuta a concedere alle parti ricorrenti il beneficio della circostanza attenuante relativa all’esistenza di un ragionevole dubbio quanto al carattere illecito del comportamento sanzionato, nel caso in cui l’ammenda non sia stata inflitta sulla base della durata del periodo d’infrazione nel suo insieme, ma soltanto a partire dalla data della comunicazione degli addebiti, si deve tener conto del fatto che è a partire da quella data che la Commissione ha formulato obiezioni riguardo al comportamento controverso, spiegando le ragioni per le quali riteneva che quest’ultimo fosse in contrasto con l’art. 81 CE. Quindi, a partire da tale data le ricorrenti non possono più sostenere di non essere state consapevoli di violare l’art. 81 CE.

(v. punti 246, 250-252, 297)

16.    In materia di concorrenza, la gravità dell’infrazione è determinata tenendo conto di numerosi elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, rispetto ai quali la Commissione dispone di un potere discrezionale. La valutazione della gravità dell’infrazione deve prendere in considerazione la natura propria dell’infrazione e il suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l’estensione del mercato geografico rilevante.

(v. punti 266, 268)

17.    In materia di concorrenza, il carattere adeguato di un’eventuale riduzione dell’ammenda a titolo di circostanze attenuanti ai sensi del punto 3 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA dev’essere stabilito sulla base di una valutazione globale tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. In mancanza di un’indicazione imperativa negli orientamenti di cui trattasi riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, si deve rilevare che la Commissione ha conservato un certo potere discrezionale per valutare in maniera globale l’importanza di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende a titolo di circostanze attenuanti.

(v. punto 303)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

14 aprile 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei servizi di acquisizione delle transazioni effettuate mediante carte di credito o di debito differito – Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE – Restrizione della concorrenza – Concorrente potenziale – Ammende – Circostanze attenuanti – Termine ragionevole – Certezza del diritto – Diritti della difesa»

Nella causa T‑461/07,

Visa Europe Ltd, con sede in Londra (Regno Unito),

Visa International Service, con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti),

rappresentate inizialmente dal sig. S. Morris, QC, dalle sig.re H. Davies e A. Howard, barristers, dalle sig.re V. Davies e H. Masters, solicitors, e successivamente dai sigg. Morris e P. Scott, solicitor, dalle sig.re Howard, V. Davies e C. Thomas, solicitor,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dai sigg. F. Arbault, N. Khan e V. Bottka, successivamente dai sigg. Khan e Bottka, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, la domanda di annullamento della decisione della Commissione 3 ottobre 2007, C (2007) 4471 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/D1/37860 – Morgan Stanley/Visa International e Visa Europe) e, in subordine, la domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda inflitta alle ricorrenti mediante la suddetta decisione,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, V. Vadapalas e M. Prek (relatore), giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 maggio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Visa International Service, registrata negli Stati Uniti, è una persona giuridica a fini di lucro, detenuta dagli istituti finanziari che ne sono i membri (in prosieguo: la «Visa International»). La Visa International gestisce e coordina il circuito internazionale di pagamento mediante carta dal medesimo nome (in prosieguo: il «sistema Visa»), che tra l’altro comprende la fissazione delle regole del circuito nonché la prestazione agli istituti membri dei servizi di autorizzazione e di compensazione. Le attività di emissione delle carte Visa e la conclusione di accordi di affiliazione con gli esercenti per l’accettazione di tali carte rientrano sotto la responsabilità degli istituti finanziari membri.

2        La Morgan Stanley (già Morgan Stanley Dean Witter & Co.; in prosieguo: la «Morgan Stanley») è un istituto finanziario registrato negli Stati Uniti, paese nel quale era proprietaria, per tutta la durata della fase amministrativa del procedimento, del circuito Discover Card/Novus funzionante con le carte Discover (in prosieguo: il «sistema Discover»).

3        Il 23 febbraio 1999, la Morgan Stanley creava una sede nel Regno Unito denominata Morgan Stanley Bank International Ltd.

4        Il 22 marzo 2000, la Morgan Stanley veniva informata che non poteva assumere la qualità di membro della regione «Unione europea» della Visa International.

5        Il 12 aprile 2000, la Morgan Stanley presentava una denuncia ai sensi dell’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), con il quale denunciava l’infrazione agli artt. 81 CE e 82 CE a causa del rifiuto di ammetterla quale membro della regione «Unione europea» della Visa International. Parallelamente, la Morgan Stanley proponeva un’azione avente ad oggetto il medesimo comportamento dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) [Tribunale di secondo grado (Inghilterra e Galles)]. Tale azione veniva sospesa fino alla conclusione del procedimento dinanzi alla Commissione europea.

6        La denuncia della Morgan Stanley verteva sull’applicazione nei suoi confronti della regola 2.12, lett. b), dello statuto della Visa International (in prosieguo: la «Regola») le cui differenti versioni erano state notificate alla Commissione. A partire dal 4 dicembre 1989, la Regola è redatta come segue: «Qualora la normativa applicabile lo consenta, il consiglio di amministrazione (ivi compresi i consigli regionali e i membri del gruppo) non accetterà come membro un candidato che considera concorrente della società».

7        Prima del 1° luglio 2004, il potere decisionale per quanto riguarda la regione «Unione europea» della Visa International – che oltre agli Stati membri dell’Unione europea comprende l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia, la Svizzera, la Turchia e Israele – era delegato al consiglio di amministrazione regionale di Visa International per l’Unione europea. Dopo il 1° luglio 2004 tale potere veniva esercitato dalla Visa Europe Ltd, il cui consiglio regionale ha autorità esclusiva per regolamentare ogni questione in seno alla regione «Unione europea» e, in particolare, decidere circa l’opportunità di accettare o respingere ogni domanda di concessione della qualità di membro di Visa Europe. A partire dall’ottobre 2004 la Regola viene ripresa alla clausola 5, n. 3, del regolamento di adesione di Visa Europe.

8        Il 2 agosto 2004, la Commissione indirizzava una comunicazione degli addebiti alla Visa International e alla Visa Europe (in prosieguo: le «ricorrenti») per violazione dell’art. 81 CE. Il 3 dicembre 2004 le ricorrenti trasmettevano osservazioni scritte in risposta alle censure formulate dalla Commissione. In tale occasione chiedevano di essere sentite, richiesta alla quale desistevano il 5 aprile 2005.

9        Il 1° e 2 settembre, il 19 novembre, il 17 dicembre 2004 e il 12 gennaio 2007, le ricorrenti avevano accesso agli atti della Commissione.

10      Il 15 ottobre 2004, la Commissione comunicava una versione non riservata della comunicazione degli addebiti alla Morgan Stanley. Il 22 ottobre 2004, la Morgan Stanley presentava le sue osservazioni scritte in merito alla comunicazione degli addebiti. Il 23 febbraio 2005 esse costituivano oggetto di commenti da parte delle ricorrenti.

11      Il 23 dicembre 2004, la Commissione indirizzava alle ricorrenti una prima lettera nella quale esponeva i fatti controversi (in prosieguo: la «prima lettera di esposizione dei fatti») alla quale le ricorrenti rispondevano con lettere del 14 gennaio e del 23 febbraio 2005.

12      Il 6 luglio 2006, la Commissione indirizzava alle ricorrenti una seconda lettera nella quale esponeva i fatti controversi (in prosieguo: la «seconda lettera di esposizione dei fatti») alla quale le ricorrenti rispondevano con lettera del 22 settembre 2006.

13      Il 21 settembre 2006, interveniva un accordo tra la Morgan Stanley e le ricorrenti, che riconosceva la qualità di membro di Visa Europe alla Morgan Stanley e prevedeva il ritiro della denuncia depositata presso la Commissione, nonché l’abbandono del procedimento proposto dinanzi alla High Court of Justice.

14      Il 22 settembre 2006, la Morgan Stanley diveniva membro della Visa Europe e ritirava la denuncia che aveva depositato presso la Commissione. La Commissione tuttavia ha ritenuto di mantenere un legittimo interesse ad adottare una decisione per sanzionare il comportamento anticoncorrenziale delle ricorrenti.

 La decisione impugnata

15      Il 3 ottobre 2007, la Commissione adottava la decisione C (2007) 4471 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’Accordo SEE (COMP/D1/37860 – Morgan Stanley/Visa International e Visa Europe) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), i cui elementi essenziali sono qui di seguito riprodotti.

A –  Definizione del mercato rilevante

16      La Commissione ha ritenuto che i servizi forniti nell’ambito di un circuito di carte di pagamento possano essere suddivisi in tre gruppi distinti:

–        i servizi forniti da un circuito di carte di pagamento a istituti finanziari, nell’ambito dei quali i differenti circuiti di carte di pagamento sono tra loro in concorrenza;

–        i servizi forniti dalle banche emittenti di carte di pagamento ai titolari di queste;

–        i servizi di acquisizione delle transazioni forniti ai commercianti.

17      La Commissione ne ha dedotto che potevano essere differenziati tre distinti mercati: un mercato a monte, costituito dai servizi di circuito, in seno ai quali i circuiti di carte forniscono servizi ai vari istituti finanziari; un primo mercato a valle nel quale gli emittenti di carte di pagamento sono tra loro in concorrenza nell’emettere carte e fornire servizi correlati ai privati (in prosieguo: il «mercato dell’emissione»), un secondo mercato a valle nel quale gli acquisitori di transazioni effettuate con carte sono tra loro in concorrenza nel concludere con i commercianti un contratto che copre l’insieme dei servizi necessari affinché questi possano accettare le carte (in prosieguo: il «mercato dell’acquisizione»).

18      Pur sottolineando che la Regola poteva avere effetti restrittivi sulla concorrenza sui due mercati situati a valle, la Commissione ha dichiarato di essersi fondata unicamente sul mercato dell’acquisizione, nel quale gli effetti restrittivi della Regola sulla concorrenza sarebbero stati i più sensibili.

19      Pertanto la Commissione ha definito il mercato pertinente come quello dell’offerta di servizi di acquisizione di transazioni effettuate mediante carte di credito o di debito differito a commercianti nel Regno Unito (in prosieguo: il «mercato rilevante» o il «mercato di cui trattasi»).

B –  Il comportamento censurato

20      Al punto 25 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che il comportamento censurato alle ricorrenti non era la Regola di per sé ma la sua applicazione nei confronti della Morgan Stanley (in prosieguo: il «comportamento controverso»).

C –  Applicazione dell’art. 81 CE

21      Per giungere alla conclusione che il comportamento controverso rientrava nell’ambito di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, la Commissione, in primo luogo, ha ritenuto che le regole e i regolamenti che definiscono il quadro di funzionamento del sistema Visa (compresi lo statuto di Visa International e il regolamento di adesione di Visa Europe che contengono la Regola) e la decisione di applicarli ad un’impresa potessero considerarsi o come un accordo tra imprese o come una decisione di associazione di imprese. Si è basata sulle circostanze che, da un lato, le ricorrenti e i loro rispettivi membri svolgono attività economiche e, quindi, sono imprese ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e, dall’altro, le ricorrenti sono «organizzazioni associative» (membership organisations).

22      In secondo luogo, ha ritenuto che il comportamento controverso avesse prodotto effetti anticoncorrenziali in quanto il rifiuto di ammettere la Morgan Stanley in seno alla regione «Unione Europea» della Visa International e successivamente in seno a Visa Europe (in prosieguo, congiuntamente considerate: in seno alla «Visa») ha avuto la conseguenza di impedire a un concorrente potenziale di inserirsi in un mercato caratterizzato da un elevato grado di concentrazione e nel quale la concorrenza, senza essere inefficace, avrebbe potuto essere intensificata.

23      A questo proposito la Commissione ha rilevato che il rifiuto di ammettere la Morgan Stanley in seno alla Visa non le aveva soltanto impedito di acquisire transazioni effettuate con carte Visa, ma, più in generale, l’aveva esclusa dall’insieme del mercato dell’acquisizione, compreso quello delle transazioni effettuate con carte MasterCard. La Commissione si è basata sulla circostanza che gli esercenti auspicavano di concludere contratti di affiliazione per le carte più diffuse nel Regno Unito, Visa e MasterCard, con un unico acquisitore.

24      La Commissione nella decisione impugnata ha analizzato la possibilità per la Morgan Stanley, evocata dalle ricorrenti, di intervenire sul mercato dell’acquisizione concludendo un «accordo di facciata» con un istituto finanziario membro di Visa. La Commissione ha definito l’accordo di facciata, in sostanza, come riguardante le circostanze nelle quali il membro della Visa, il partner di facciata, ha cessato le sue attività di affiliazione di esercenti e agisce come una semplice interfaccia tra la Visa e un terzo acquirente, del pari qualificato acquisitore di fatto, che assume la responsabilità di pressoché tutti gli elementi del servizio di acquisizione e sopporta il rischio relativo al flusso degli introiti del commerciante. Ha da ciò concluso che la stipulazione di un accordo di facciata non costituiva, per una banca internazionale quale la Morgan Stanley, uno strumento efficace per inserirsi nel mercato rilevante.

25      Rispondendo ai differenti argomenti dedotti dalle ricorrenti nel corso della fase amministrativa del procedimento per giustificare il comportamento controverso, la Commissione ha considerato che non era realistico ritenere che la Morgan Stanley sia in grado di estendere il suo circuito Discover nell’Unione e quindi di fare concorrenza alla Visa una volta attiva su tale mercato. Parimenti, per la Commissione, il rifiuto di ammettere la Morgan Stanley non può essere giustificato dalla preoccupazione di evitare l’eventuale «parassitismo» (free‑riding) di un diretto concorrente della Visa, che sarebbe quindi in grado di accedere a informazioni riservate. A questo proposito la Commissione ha rilevato che taluni membri della Visa possedevano un sistema di carte di credito o di debito ad addebito differito in diretta concorrenza con la Visa e che la Regola non è stata loro applicata.

26      La Commissione ha considerato che l’art. 81, n. 3, CE non trovava nella specie applicazione.

27      La Commissione, infine, ha ritenuto di mantenere un legittimo interesse ad adottare una decisione che sanzioni il comportamento anticoncorrenziale delle ricorrenti nonostante la cessazione di tale violazione a seguito dell’ammissione della Morgan Stanley in seno alla Visa il 22 settembre 2006.

D –  Calcolo dell’ammenda

28      Anche se la Commissione ha ritenuto che l’infrazione abbia avuto inizio il 22 marzo 2000 e sia durata sei anni e sei mesi, ha preso come punto di partenza ai fini del calcolo dell’ammenda un periodo più breve, che va dalla data della comunicazione degli addebiti, il 2 agosto 2004, a quella dell’ammissione della Morgan Stanley in seno alla Visa, il 22 settembre 2006. Essa ha ritenuto che l’infrazione fosse grave e che non esistessero né circostanze aggravanti, né circostanze attenuanti.

29      Gli artt. 1 e 2 del dispositivo della decisione impugnata sono così formulati:

«Articolo 1

[Visa International] e [Visa Europe] hanno violato l’articolo 81, n. 1, [...] CE e l’articolo 53 dell’accordo SEE negando a [Morgan Stanley] di divenire membro di Visa Europe. L’infrazione è stata commessa dalla prima impresa nel periodo compreso fra il 22 marzo 2000 e il 22 settembre 2006 e dalla seconda impresa nel periodo compreso fra il 10 luglio 2004, data della sua costituzione, e il 22 settembre 2006.

Articolo 2

Per la violazione di cui sopra è irrogata un’ammenda pari a EUR 10 200 000 a [Visa International] e [Visa Europe], responsabili in solido».

 Il procedimento

30      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 dicembre 2007 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

31      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2009, le ricorrenti hanno, da un lato, chiesto, in applicazione dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, che sia statuito in limine sulla ricevibilità di taluni argomenti e elementi di prova e, dall’altro, proposto l’adozione di misure di organizzazione del procedimento, in applicazione dell’art. 64, n. 4, del regolamento di procedura.

32      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2009, la Commissione ha presentato le sue osservazioni sulle domande delle ricorrenti.

33      Con ordinanza 14 dicembre 2009, il Tribunale (Quinta Sezione) ha riunito al merito la domanda delle ricorrenti effettuata ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura.

34      Con decisione del presidente del Tribunale, la composizione della Quinta Sezione del Tribunale è stata modificata ai fini del presente procedimento.

35      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, ha posto alla ricorrente e alla Commissione alcuni quesiti scritti ai quali la ricorrente e la Commissione hanno risposto entro il termine impartito.

36      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 20 maggio 2010.

 Conclusioni delle parti

37      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata;

–        in via subordinata, annullare l’art. 2 della decisione impugnata;

–        in ulteriore subordine, ridurre nella necessaria misura l’importo dell’ammenda inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

38      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

A –  Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

39      A sostegno della suddetta domanda, le ricorrenti deducono tre motivi.

40      Con il primo e il terzo motivo le ricorrenti contestano l’analisi della Commissione secondo cui il comportamento controverso avrebbe prodotto effetti restrittivi della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

41      Con il secondo motivo deducono violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, in quanto il criterio giuridico utilizzato dalla Commissione nella decisione impugnata per valutare gli effetti restrittivi del comportamento controverso sarebbe diverso da quello discusso nel corso della fase amministrativa del procedimento.

1.     Questioni preliminari

a)     Sulla ricevibilità di taluni argomenti e di un documento

42      Le ricorrenti nelle loro memorie nonché con atto separato del 24 luglio 2009, presentato ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, ritengono che la Commissione, sia nella decisione impugnata come pure nelle sue memorie, si basi su argomenti e su un documento sui quali non hanno avuto l’occasione di far valere il loro punto di vista nel corso della fase amministrativa del procedimento. Si tratta, da un lato, degli argomenti vertenti sull’esistenza di una strategia della Morgan Stanley basata sull’acquisizione presso gli esercenti delle transazioni effettuate con le carte che quest’ultima avrebbe emesso (in prosieguo: la «strategia di acquisizione delle transazioni “on-us”») e, dall’altro, dell’allegato 57 della seconda lettera di esposizione dei fatti contenente una presentazione della Morgan Stanley in vista dell’audizione.

43      Per quanto riguarda gli argomenti connessi con l’esigenza di una strategia di acquisizione delle transazioni «on-us», le ricorrenti sostengono che essi non sono stati dedotti dalla Commissione nel corso della fase amministrativa del procedimento.

44      Per quanto riguarda l’allegato 57 della seconda lettera di esposizione dei fatti, deducono in sostanza che questa non è stata portata sufficientemente a loro conoscenza, in quanto nessun riferimento a tale allegato figurava nel corpo stesso di tale lettera.

45      La Commissione ritiene di essersi basata su tali argomenti e su tale documento a ragione, sia nella decisione impugnata, come pure nell’ambito delle sue memorie.

46      Il Tribunale analizzerà la ricevibilità di tali argomenti e di tale documento in occasione dell’esame dei vari motivi cui essi si riferiscono.

b)     Sulla ricevibilità di un allegato del ricorso

47      La Commissione contesta la ricevibilità dell’allegato A5 del ricorso che comprende una perizia collettiva (in prosieguo: la «perizia collettiva»).

48      La Commissione assume che le ricorrenti sostengono nella perizia collettiva argomenti che non figurano nel ricorso e rileva che ciò è in contrasto con la funzione puramente probatoria e strumentale degli allegati.

49      Secondo le ricorrenti, i motivi e gli argomenti a sostegno dei quali è stata prodotta la perizia collettiva sono stati sufficientemente sviluppati nel ricorso e, quindi, sono state rispettate le disposizioni di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

50      In virtù dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia, e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza del Tribunale 17 settembre 2007, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione, Racc. pag. II‑3601, punto 94, e la giurisprudenza ivi citata).

51      Invero, nella presente fattispecie appare che i differenti motivi e argomenti a sostegno dei quali viene fatto riferimento alla perizia collettiva sono chiaramente identificabili nel corpo del ricorso stesso. Quindi le ricorrenti fanno riferimento a tale documento nell’ambito della loro critica dell’analisi della Commissione secondo cui la concorrenza sul mercato controverso avrebbe potuto essere intensificata, per negare la pertinenza degli effetti che avrebbe avuto in passato sulla concorrenza l’entrata di un istituto finanziario sul mercato di cui trattasi e per sostenere che a torto la Morgan Stanley è stata descritta dalla Commissione come un attore efficiente, importante ed esperto.

52      Tuttavia si deve constatare che la perizia collettiva eccede la funzione meramente probatoria e strumentale devoluta agli allegati. La sua lettura sta a dimostrare che non si limita a suffragare o a completare elementi di fatto o di diritto espressamente indicati nel testo del ricorso, ma che introduce nuovi argomenti.

53      Di conseguenza, l’allegato A5 del ricorso sarà preso in considerazione dal Tribunale solo in quanto diretto a suffragare o a completare motivi o argomenti espressamente invocati dalle ricorrenti nel testo dei loro atti e solo se sia possibile stabilire con precisione quali sono gli elementi in esso contenuti destinati a suffragare o a integrare i suddetti motivi o argomenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza Microsoft/Commissione, punto 50 supra, punto 99).

2.     Sul secondo motivo, vertente su una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti

a)     Argomenti delle parti

54      Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver modificato la sua analisi nel corso della fase amministrativa del procedimento senza che abbiano avuto l’occasione di far valere il loro punto di vista, il che costituirebbe una violazione dei loro diritti di difesa atta a comportare l’annullamento della decisione impugnata. Nei punti 198‑200 della comunicazione degli addebiti e nei punti 5‑9 della seconda lettera di esposizione dei fatti, la Commissione avrebbe giustificato l’esistenza di effetti sensibili sulla concorrenza con il limitato carattere della concorrenza sul mercato dell’acquisizione. Orbene, al punto 200 della decisione impugnata, avrebbe dichiarato, per la prima volta, di non ritenere che la concorrenza su tale mercato fosse inefficace. Le ricorrenti da ciò deducono che l’analisi della Commissione è fondata su un criterio per la prima volta enunciato nella decisione impugnata secondo cui, per quanto il mercato dell’acquisizione nel Regno Unito conosca una concorrenza efficace, questa potrebbe essere ancora intensificata.

55      La Commissione ritiene che non si sia avuta violazione del diritto delle ricorrenti al contraddittorio.

b)     Giudizio del Tribunale

56      Secondo la giurisprudenza, la comunicazione degli addebiti deve contenere una descrizione degli addebiti sollevati redatta in termini sufficientemente chiari, se pur sommari, da consentire agli interessati di prendere effettivamente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, punto 63). Il rispetto dei diritti della difesa in un procedimento che può risolversi in sanzioni quali quelle in causa impone, infatti, che le imprese ed associazioni di imprese interessate siano messe in grado, fin dal procedimento amministrativo, di esprimere efficacemente il loro punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione (sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punto 553). Tale esigenza è rispettata quando la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nell’esposizione degli addebiti e prende in considerazione soltanto i fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista. Ne deriva che la Commissione può prendere in considerazione soltanto quegli addebiti sui quali questi ultimi hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista (sentenza del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T‑39/92 e T‑40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II‑49, punto 47).

57      Dalla costante giurisprudenza risulta altresì che la decisione non deve necessariamente essere una copia esatta della comunicazione degli addebiti. La Commissione deve, infatti, poter tener conto, nella sua decisione, delle risposte delle imprese interessate alla comunicazione degli addebiti. A tal proposito, essa deve non solo poter accettare o respingere gli argomenti delle imprese interessate, ma anche poter procedere ad una propria valutazione dei fatti da esse addotti, sia per far cadere censure che si rivelassero infondate, sia per correggere o completare, in fatto come in diritto, gli argomenti a sostegno delle censure che essa intende mantenere. Inoltre, soltanto se la decisione finale addebita alle imprese interessate infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti o si fonda su fatti diversi, si dovrà constatare una violazione dei diritti della difesa. Ciò non si verifica qualora, come nella specie, le pretese differenze tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale non riguardino comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali le imprese interessate abbiano già formulato le loro osservazioni e che, pertanto, siano estranei a qualsiasi nuovo addebito (v. sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98, da T‑212/98 a T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punto 191, e la giurisprudenza ivi citata).

58      Inoltre, per far valere una violazione dei diritti della difesa con riferimento alle censure formulate nella decisione impugnata, le imprese in causa non possono limitarsi ad invocare la semplice esistenza di differenze tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata, senza esporre in modo preciso e concreto sotto quale aspetto ciascuna di queste differenze costituisce, nella fattispecie, un addebito nuovo, sul quale esse non hanno avuto occasione di essere sentite. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, l’eventuale violazione dei diritti della difesa dev’essere valutata in funzione delle circostanze specifiche del caso di specie, in quanto sostanzialmente legata alle censure di cui la Commissione ha tenuto conto per dimostrare l’infrazione contestata alle imprese interessate (v. sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, punto 57 supra, punto 192, e la giurisprudenza ivi citata).

59      Nei punti 198‑200 della comunicazione degli addebiti la Commissione si è basata su talune caratteristiche del mercato e, segnatamente, sulla sua importante concentrazione, per concludere che la concorrenza era ivi limitata, in particolare, per quanto riguarda l’acquisizione delle transazioni effettuate presso esercenti di piccole e medie dimensioni.

60      Nelle osservazioni 3 dicembre 2004, le ricorrenti hanno confutato tale analisi della Commissione facendo, in particolare, riferimento alla riduzione delle commissioni imputate agli esercenti o alla facilità per i commercianti di cambiare acquisitore. Proprio in risposta a tali osservazioni la Commissione, al punto 200 della decisione impugnata, ha affermato che la concorrenza sul mercato non era «inefficace» e che poteva ancora essere intensificata.

61      È giocoforza constatare che la Commissione non enuncia, al punto 200 della decisione impugnata, un nuovo motivo nei confronti delle ricorrenti né si fonda su un elemento di fatto nuovo. Si limita a completare la sua analisi prendendo in considerazione le osservazioni delle ricorrenti, come è tenuta a fare in applicazione della giurisprudenza sopra citata ai punti 56 e 57.

62      Pertanto, tale evoluzione nella motivazione della decisione impugnata rispetto a quella inizialmente figurante nella comunicazione degli addebiti, lungi dall’essere la manifestazione di una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, dimostra al contrario che queste sono state in grado di far valere il loro punto di vista in merito alla censura formulata dalla Commissione secondo cui, con riferimento al livello della concorrenza esistente sul mercato di cui trattasi, il comportamento controverso aveva avuto effetti restrittivi della concorrenza.

63      La circostanza che la Commissione si sia fondata nella decisione impugnata sulla possibilità di intensificare la concorrenza sul mercato rilevante non costituisce pertanto una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti.

64      Il secondo motivo va quindi respinto.

3.     Sul primo e terzo motivo, che contestano il carattere restrittivo della concorrenza del comportamento controverso

65      Le ricorrenti contestano la valutazione operata dalla Commissione degli effetti restrittivi della concorrenza del comportamento controverso ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. Con il primo motivo negano che il comportamento controverso abbia avuto la conseguenza di chiudere il mercato di cui trattasi alla Morgan Stanley. Nell’ambito del terzo motivo rivolgono le loro critiche contro la valutazione operata dalla Commissione delle incidenze sulla concorrenza che la presenza della Morgan Stanley avrebbe potuto avere sul detto mercato.

66      Prima di analizzare la fondatezza di questi due motivi, si deve sottolineare che le ricorrenti non ripropongono nell’ambito del presente ricorso gli argomenti sviluppati durante la fase amministrativa del procedimento che deducono che l’applicazione della Regola alla Morgan Stanley si spiegava con la qualifica di concorrente della Visa del sistema Discover e non rimette così in discussione le valutazioni operate dalla Commissione, contenute nella decisione impugnata che negano il carattere oggettivamente giustificato del comportamento controverso.

67      Secondo la costante giurisprudenza la valutazione di un accordo, di una decisione d’associazione di imprese o di una pratica concertata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE deve tener conto dell’ambito concreto nel quale esso produce i suoi effetti, in particolare, del contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, della natura dei prodotti o dei servizi contemplati dall’accordo nonché delle effettive condizioni del funzionamento e della struttura del mercato interessato, a meno che non si tratti di un accordo che comporta manifeste restrizioni della concorrenza, come la fissazione dei prezzi, la suddivisione del mercato e il controllo degli sbocchi. Infatti, in quest’ultimo caso, solo nell’ambito dell’art. 81, n. 3, CE dette restrizioni possono essere raffrontate con i loro effetti asseritamente favorevoli alla concorrenza, ai fini della concessione di un’esenzione dal divieto di cui al n. 1 dello stesso articolo (v. sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punto 136, e la giurisprudenza ivi citata).

68      L’esame delle condizioni di concorrenza su un mercato si fonda non solo sulla concorrenza attuale tra le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale, onde accertare se, in considerazione della struttura del mercato e del contesto economico e giuridico che ne determina il funzionamento, sussistano possibilità reali e concrete che le imprese interessate si facciano concorrenza reciproca o che un nuovo concorrente possa inserirsi sul mercato di cui trattasi e fare concorrenza alle imprese già impiantate (sentenza European Night Services e a./Commissione, punto 67 supra, punto 137).

69      Peraltro, per stabilire se un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata debbano considerarsi vietati in ragione delle alterazioni del gioco della concorrenza che ne conseguono, occorre considerare come la concorrenza si svolgerebbe in assenza dell’accordo, della decisione di associazione di imprese o della pratica concertata controversi (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I‑3111, punto 76, e la giurisprudenza ivi citata).

70      Per quanto riguarda la portata del controllo giurisdizionale sulle valutazioni della Commissione, va ricordata la costante giurisprudenza secondo la quale mentre il giudice dell’Unione esercita un sindacato generale completo sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, il sindacato che esso esercita sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza dell’errore manifesto di valutazione e di sviamento del potere (v. sentenza Deere/Commissione, punto 69 supra, punto 34, e la giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, se il giudice dell’Unione riconosce alla Commissione un potere discrezionale ciò non implica che egli debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. Infatti, il giudice dell’Unione è tenuto, in particolare, a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v. sentenza Microsoft/Commissione, punto 50 supra, punto 89, e la giurisprudenza ivi citata).

71      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la fondatezza dei due motivi invocati dalle ricorrenti.

a)     Sul primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non ha tenuto conto della possibilità della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi ricorrendo ad un accordo di facciata

 Argomenti delle parti

72      Le ricorrenti presentano questo motivo articolandolo in due parti.

73      Nell’ambito della prima parte, le ricorrenti sostengono che il ragionamento della Commissione è inficiato da errore di diritto in ragione dell’applicazione di un criterio giuridico erroneo in quanto avrebbe escluso la possibilità di un’entrata della Morgan Stanley facendo ricorso ad un accordo di facciata per il motivo che un siffatto accordo, da un lato, non garantirebbe in pratica ad una banca quale la Morgan Stanley l’efficacia richiesta per inserirsi nel mercato e, dall’alto, non costituirebbe per la Morgan Stanley un sostitutivo dell’acquisizione in nome proprio.

74      Con la seconda parte le ricorrenti deducono che le differenti giustificazioni dedotte dalla Commissione sono inficiate da errori di merito e di valutazione. Così, in primo luogo, la Commissione avrebbe considerato a torto che gli accordi di facciata non vengono utilizzati dalle grandi banche internazionali.

75      In secondo luogo, l’argomento con cui si deduce che un accordo di facciata non avrebbe consentito alla Morgan Stanley di perseguire una strategia fondata sull’integrazione delle attività di acquisizione e di emissione sarebbe errata. Peraltro tale argomento, nella misura in cui verte su una strategia di acquisizione delle transazioni «on-us», dovrebbe essere dichiarato irricevibile in quanto è stato menzionato per la prima volta nella decisione impugnata e non è stato portato a conoscenza delle ricorrenti nel corso della fase amministrativa del procedimento.

76      In terzo luogo, la Commissione avrebbe a torto concluso che sarebbe stato difficile per la Morgan Stanley trovare un partner di facciata. La Commissione avrebbe, in primo luogo, escluso senza ragione le grandi banche operanti sul mercato dell’acquisizione, in secondo luogo, sottostimato le possibilità di trovare un partner di facciata tra i membri della Visa non attivi sul mercato dell’acquisizione e, in terzo luogo, ignorato la possibilità per la Morgan Stanley di concludere un accordo di facciata con una banca straniera.

77      In quarto luogo, sarebbe falso sottolineare che gli accordi di facciata siano fonti di costi e di complessità supplementari. Le ricorrenti sostengono in particolare che il capo 2.10 del regolamento interno regionale di Visa Europe, al quale la Commissione fa riferimento nella decisione impugnata, non sarebbe applicabile agli accordi di facciata. Peraltro, andrebbe presa in considerazione la circostanza che anche i membri della Visa sono esposti a costi di ricerca di clientela. Dalla testimonianza di uno dei dirigenti di una società di trattamento risulterebbe che gli accordi di facciata non sono meno efficaci di un’acquisizione diretta in qualità di membro della Visa, ma presenterebbero al contrario vantaggi per l’acquisitore di fatto. Infine, la Commissione avrebbe a torto sottolineato l’esistenza di «inefficienze supplementari» nella stipula di un accordo di facciata per il motivo che la Morgan Stanley è pure membro del circuito di pagamento mediante MasterCard (in prosieguo: il «sistema MasterCard»).

78      La Commissione ritiene tale motivo infondato.

 Giudizio del Tribunale

79      Il presente motivo implica l’esame se, e in quali circostanze, la Commissione avrebbe dovuto dedurre dalla possibilità per la Morgan Stanley di concludere un accordo di facciata con un socio della Visa che il comportamento controverso non aveva avuto l’effetto di escluderla dal mercato di cui trattasi.

80      Si deve in limine constatare che le parti concordano sulla descrizione degli accordi di facciata operata al punto 110 della decisione impugnata nei seguenti termini:

«[L]e banche hanno cessato le loro attività di affiliazione di esercenti e operano ormai come una semplice interfaccia (o una “facciata”) tra Visa e Mastercard, da un lato, e un prestatore terzo dall’altro. È il prestatore terzo pertanto ad assumere la responsabilità di pressoché tutti gli elementi del servizio di acquisizione e a sostenere il rischio relativo al flusso di introiti dell’esercente. Al fine di garantire il rispetto delle regole del sistema Visa, i contratti conclusi con gli esercenti sono generalmente contratti tripartiti, stipulati tra l’esercente, il prestatore terzo e la banca membro del circuito. Tali accordi tra una banca socio della Visa/MasterCard e un prestatore terzo non bancario sono talvolta chiamati accordi di facciata».

81      Come è stato detto sopra al punto 67, la valutazione di un accordo, di una decisione di associazione tra imprese, o di una pratica concertata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE deve tener conto del contesto concreto nel quale essi producono i loro effetti, e in particolare del contesto economico e giuridico nel quale le imprese interessate operano, della natura dei prodotti o dei servizi considerati, nonché delle condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato di cui trattasi.

82      La circostanza che le regole del sistema Visa riservano ai membri l’acquisizione delle transazioni operate presso esercenti costituisce certamente un elemento del contesto economico e giuridico nel quale il comportamento controverso deve essere valutato. Tuttavia occorre prendere in considerazione gli altri elementi che determinano le possibilità di accesso al mercato di cui trattasi (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 28 febbraio 1991, causa C‑234/89, Delimitis, Racc. pag. I‑935, punto 20).

83      A questo proposito l’esistenza di una possibilità per operatori che non dispongono della qualità di membro della Visa di inserirsi nel mercato di cui trattasi, grazie alla stipula di un accordo di facciata con un membro della Visa, è un elemento del contesto economico e giuridico che avrebbe dovuto, se del caso, essere preso in considerazione nell’eventualità in cui avesse costituito una possibilità reale e concreta per la Morgan Stanley di entrare sul mercato di cui trattasi e di fare concorrenza alle imprese ivi stabilite (v., in questo senso e per analogia, sentenza Delimitis, punto 82 supra, punto 21).

84      Per verificare se la conclusione di un accordo di facciata con un membro della Visa costituisse una possibilità effettiva e concreta per la Morgan Stanley di entrare nel mercato di cui trattasi e di fare concorrenza alle imprese ivi stabilite, vanno prese in considerazione le condizioni nelle quali si sviluppa il gioco della concorrenza nel mercato di cui trattasi.

85      Da ciò risulta necessariamente che una possibilità di inserirsi nel mercato di cui trattasi, la quale, alla luce delle dette condizioni, sarebbe irrealistica o puramente teorica, non può essere presa in considerazione.

86      Nell’ambito della prima parte del motivo che deduce l’esistenza di un errore di diritto della Commissione, le ricorrenti rivolgono le loro critiche nei riguardi dei termini utilizzati dalla Commissione nel punto 121 della decisione impugnata, il quale è così redatto:

«Anche se le banche che intendono inserirsi nel mercato dell’acquisizione di transazioni di pagamento mediante carte di credito e di debito ad addebito differito presso esercenti, possano, in teoria, farlo sulla base di un accordo di facciata, un siffatto accordo non garantisce in pratica ad una banca quale la Morgan Stanley l’efficienza necessaria per inserirsi nel mercato e non costituisce per essa un sostitutivo all’acquisizione in nome proprio».

87      Non è possibile dedurre da questo solo punto un errore di diritto della Commissione in ragione dell’applicazione di un criterio giuridico errato, poiché un tale errore può risultare solo grazie all’analisi delle giustificazioni che stanno a fondamento della conclusione della Commissione, la cui fondatezza è contestata nell’ambito della seconda parte del motivo.

88      Pertanto le due parti del presente motivo debbono essere esaminate congiuntamente.

89      Nella decisione impugnata, la Commissione si è fondata su quattro criteri di giustificazione relativi, in primo luogo, alla circostanza che gli accordi di facciata non vengono utilizzati dalle grandi banche internazionali, in secondo luogo, all’impossibilità per la Morgan Stanley di perseguire una strategia fondata sull’integrazione delle attività di acquisizione e di emissione facendo ricorso ad un accordo di facciata, in terzo luogo, alla difficoltà per la Morgan Stanley di trovare un partner di facciata e, in quarto luogo, alla complessità e ai costi aggiuntivi provocati da tale tipo di acquisizione.

90      Nella specie è sufficiente esaminare la fondatezza delle giustificazioni dedotte dalla Commissione relative alla difficoltà per la Morgan Stanley di trovare un partner di facciata.

91      Dagli esempi di accordi di facciata figuranti nella decisione impugnata, ma anche da quelli forniti dalle ricorrenti, risulta che siffatti accordi sono stati essenzialmente conclusi con acquisitori di fatto già presenti sul mercato dell’acquisizione – istituti finanziari o società di trattamento – e non hanno pertanto avuto l’effetto di consentire l’entrata di un nuovo concorrente sul mercato di cui trattasi, ma piuttosto il rafforzamento della posizione concorrenziale di quelli già presenti su tale mercato.

92      I soli esempi di ingresso sul mercato di cui trattasi di un nuovo concorrente con il ricorso alla conclusione di un accordo di facciata riguardano società di trattamento che dispongono di legami commerciali stretti con il membro della Visa facente funzione di partner di facciata. Orbene, è giocoforza constatare che la situazione della Morgan Stanley, in ragione della sua qualifica di istituto finanziario e quindi di concorrente dei membri della Visa su mercati diversi da quello dell’acquisizione, non è comparabile a quella delle società di trattamento che non svolgono alcuna attività bancaria.

93      Ciò considerato, l’asserzione delle ricorrenti secondo cui la Morgan Stanley, istituto finanziario non presente sul mercato di cui trattasi, sarebbe in grado di trovare un partner di facciata tra le grandi banche che eventualmente possano abbandonare il mercato di cui trattasi, i soci della Visa non attivi su tale mercato o una banca straniera membro della Visa che intenda stabilire una presenza bancaria nel Regno Unito riveste carattere essenzialmente teorico e speculativo.

94      Giustamente, pertanto, la Commissione ha considerato che sarebbe stato difficile per la Morgan Stanley trovare un partner di facciata. Si deve considerare che tale constatazione giustificava di per sé che la Commissione scartasse l’ipotesi di una entrata della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi mediante il ricorso ad un accordo di facciata.

95      Ad abundantiam si deve sottolineare che la fondatezza della conclusione della Commissione è rafforzata dalle giustificazioni secondo cui un’acquisizione nell’ambito di un accordo di facciata sarebbe più complessa e più costosa di un’acquisizione in quanto partner della Visa.

96      In primo luogo, per quanto riguarda la maggiore complessità che presenterebbe l’acquisizione nell’ambito di un accordo di facciata, si deve prendere in considerazione quanto constatato al punto 117 della decisione impugnata, secondo cui i contratti conclusi con gli esercenti nell’ambito di un accordo di facciata sono generalmente di natura tripartita in quanto includono anche il partner di facciata. È giocoforza constatare che le ricorrenti, sebbene contestino il preciso contenuto degli obblighi dell’acquisitore di fatto nell’ambito di tale tipo di contratto, non negano la natura tripartita dei contratti di cui trattasi.

97      La Commissione ha altresì ritenuto, in sostanza, al punto 118 della decisione impugnata, che il partner di facciata disponesse di obblighi nei confronti della Visa e che siffatti obblighi fossero altresì fonte di limitazione per l’acquisitore di fatto.

98      Le ricorrenti contestano la portata di tali obblighi sottolineando che il capitolo del regolamento interno della Visa Europe sul quale la Commissione si basa non è applicabile agli acquisitori di fatto.

99      Da un lato, si deve osservare che le ricorrenti non hanno esplicitato le precise regole che disciplinano i rispettivi obblighi del partner di facciata e dell’acquisitore di fatto, dato che il formulario prodotto in allegato alla loro replica è sotto tale aspetto insufficiente.

100    D’altro lato è giocoforza constatare che le ricorrenti non contestano che il partner di facciata abbia la funzione di fungere da interfaccia tra la Visa e l’acquisitore di fatto. Orbene, da siffatto ruolo di interfaccia è dato ragionevolmente dedurre l’esistenza di obblighi che gravano sia sui partner di facciata che sull’acquisitore di fatto che non si presentano quando un membro della Visa interviene direttamente sul mercato dell’acquisizione.

101    Di conseguenza, la Commissione ha potuto validamente concludere che l’acquisizione nell’ambito di un accordo di facciata era più complessa di una acquisizione nella qualità di membro della Visa, e questo senza che si rendesse necessario verificare la pertinenza e la fondatezza della sua valutazione secondo cui la conclusione di un accordo di facciata sarebbe all’origine «di inefficienze aggiuntive» in ragione della qualità della Morgan Stanley di membro del sistema MasterCard.

102    In secondo luogo, per quanto riguarda i costi supplementari prodotti da un’acquisizione mediante il ricorso ad un accordo di facciata, la Commissione ha fatto riferimento alla circostanza che l’acquirente di fatto non solo doveva remunerare il suo partner di facciata per l’acquisto del suo portafoglio di acquisizione, ma era anche tenuto al versamento di canoni.

103    Le ricorrenti contestano tale analisi in quanto un membro della Visa che interviene direttamente sul mercato dell’acquisizione è soggetto egualmente a costi, in particolare di ricerca di clientela. I canoni versati dall’acquirente di fatto al suo partner di facciata sarebbero così una contropartita, in particolare dei rinvii di clientela operati dal partner di facciata.

104    Tale argomento non è idoneo a rimettere in discussione la fondatezza dell’analisi della Commissione. Infatti, se una parte dei canoni versati può effettivamente corrispondere a costi che un membro della Visa che interviene direttamente sul mercato dell’acquisizione avrebbe comunque sostenuto, la Commissione poteva tuttavia ragionevolmente ritenere che i pagamenti effettuati al partner di facciata remunerassero anche i servizi di interfaccia resi e che corrispondessero, quantomeno in parte, a costi che un membro della Visa che interviene direttamente sul mercato dell’acquisizione non sostiene.

105    Di conseguenza, senza incorrere in errore manifesto di valutazione la Commissione ha sottolineato che un’acquisizione con il ricorso ad un accordo di facciata era più complessa e costosa di un’acquisizione in quanto membro della Visa.

106    Come è stato sottolineato supra al punto 84, le incidenze di tali considerazioni sull’ipotesi sostenuta dalle ricorrenti di un possibile ingresso sul suddetto mercato della Morgan Stanley tramite il ricorso ad un accordo di facciata vanno esaminate alla luce delle condizioni nelle quali si svolge il gioco della concorrenza sul mercato di cui trattasi.

107    Si deve ricordare che la Commissione ha considerato l’esistenza di due fattori favorevoli all’accesso sul mercato di un nuovo operatore, e cioè la possibilità di esercitare una concorrenza su variabili diverse dal prezzo e, in particolare, la qualità del servizio e l’esistenza per gli esercenti di procedure semplici e poco costose per la modifica di acquisitore.

108    Tuttavia la Commissione ha egualmente constatato nella decisione impugnata, senza essere contraddetta su questo punto dalle ricorrenti, che la struttura del mercato di cui trattasi era caratterizzata da un elevato grado di concentrazione. Così dai punti 166‑168 della decisione impugnata risulta che, stando alle informazioni in possesso della Commissione, nel 2003, i due principali acquisitori rappresentavano il 61% del mercato dell’acquisizione e i quattro più grandi acquisitori rappresentavano il 90% di questo stesso mercato, mentre il resto del mercato era suddiviso tra quattro acquisitori. La Commissione ha altresì sottolineato, al punto 169 della decisione impugnata, una tendenza alla consolidazione di tale mercato facendo riferimento alla circostanza che più acquisitori di medie dimensioni avevano ceduto o delegato le loro attività di acquisizione a un ristretto numero di istituti finanziari e di società di trattamento.

109    Parimenti, nella decisione impugnata è stato rilevato che l’ultimo ingresso sul mercato di cui trattasi risaliva al 1996 e che nessuno degli istituti finanziari interpellati dalla Commissione prevedeva di integrarlo.

110    Pertanto, si deve constatare che la struttura del mercato dell’acquisizione, nonostante i fattori che la Commissione ha ritenuto favorevoli all’accesso di un nuovo operatore, rende poco plausibile l’inserimento della Morgan Stanley nel mercato di cui trattasi con il ricorso ad un accordo di facciata che l’avrebbe svantaggiata a priori rispetto ai suoi principali concorrenti stabiliti sul detto mercato.

111    Alla luce di tutto quanto sopra precede è giocoforza constatare che la conclusione della Commissione che disattende l’ipotesi di un ingresso della Morgan Stanley con il ricorso ad un accordo di facciata è sufficientemente giustificata dalle considerazioni relative alla difficoltà di trovare un partner di facciata e ad abundantiam da quelle relative alla complessità e ai costi supplementari prodotti dagli accordi di facciata. La Commissione quindi non ha applicato un criterio giuridico errato contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti.

112    Ciò considerato, non occorre esaminare le altre censure vertenti sulle giustificazioni addotte dalla Commissione relative al fatto che gli accordi di facciata non sono utilizzati dalle grandi banche internazionali e all’impossibilità di perseguire una strategia fondata sull’integrazione delle attività di acquisizione e di emissione. Pertanto, non è necessario rispondere alle deduzioni di irricevibilità delle ricorrenti relative agli argomenti con i quali la Commissione deduce la asserita volontà della Morgan Stanley di perseguire una strategia di acquisizione delle transazioni «on-us».

113    Il primo motivo deve essere pertanto respinto.

b)     Sul terzo motivo, relativo alle incidenze sulla concorrenza della presenza della Morgan Stanley sul mercato rilevante

114    Nell’ambito di tale motivo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione, in primo luogo, di aver applicato un criterio economicamente e giuridicamente errato ai fini della valutazione degli effetti sulla concorrenza del comportamento controverso e, in secondo luogo, di aver sottostimato il grado di concorrenza esistente sul mercato di cui trattasi. Criticano, altresì, l’analisi degli effetti che avrebbe potuto avere l’ingresso della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi.

 Sulla prima parte del motivo, vertente sull’applicazione di un criterio economicamente e giuridicamente errato

–       Argomenti delle parti

115    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di essere incorsa in errore di diritto applicando un criterio economicamente e giuridicamente errato, e cioè «la possibilità di intensificare la concorrenza» esistente sul mercato di cui trattasi, pur ammettendo l’efficacia della detta concorrenza.

116    Ricordano che la concorrenza di cui all’art. 3, n. 1, lett. g), CE e all’art. 81 CE è intesa come concorrenza efficace. Pertanto, assicurare una concorrenza di un livello superiore a quello dell’efficacia non costituirebbe un obiettivo del Trattato e, sanzionando il rifiuto di ammettere la Morgan Stanley per tale motivo, la Commissione avrebbe applicato un criterio errato.

117    Facendo riferimento alla perizia collettiva, le ricorrenti sostengono che la concorrenza è, per sua stessa natura, un processo dinamico che può pertanto essere sempre intensificato quale che sia il suo grado di efficacia. La tesi della Commissione giungerebbe così alla conclusione per cui non potrebbe mai aversi concorrenza efficace su un mercato.

118    Per quanto riguarda l’affermazione della Commissione nel suo controricorso secondo cui il fatto di impedire l’ingresso sul mercato sarebbe stato sempre considerato anticoncorrenziale, le ricorrenti sottolineano, innanzitutto, che essa non è suffragata da alcun riferimento giurisprudenziale. Considerano poi che tale analisi equivale a rimproverare alle ricorrenti che il comportamento controverso abbia avuto per oggetto quello di restringere la concorrenza mentre la decisione impugnata si è basata sugli effetti del rifiuto di ammettere la Morgan Stanley. Le ricorrenti infine rilevano che una siffatta analisi è in totale contraddizione con la giurisprudenza in quanto implica che possano aversi restrizioni, indipendentemente dal grado di concorrenza sul mercato di cui trattasi. Essa sarebbe egualmente in contraddizione con taluni documenti pubblicati dalla Commissione e, in particolare, i suoi orientamenti circa l’applicazione dell’art. 81, n. 3 [CE] (GU 2004, C 101, pag. 97). Pertanto dalla nota a piè di pagina n. 31 di tali orientamenti risulterebbe che, secondo la posizione della Commissione stessa, l’art. 81 ha lo scopo di tutelare la concorrenza sul mercato nell’interesse dei consumatori.

119    Le ricorrenti contestano l’argomento sollevato nel controricorso secondo cui l’ingresso di un nuovo concorrente potrebbe produrre effetti sulla concorrenza in taluni sottosettori del mercato di cui trattasi, più importanti di quelli che l’immagine globale del mercato dell’acquisizione potrebbe lasciar prevedere. Tale argomento figurava invero nella comunicazione degli addebiti ma non sarebbe stato ripreso dalla Commissione nella decisione impugnata a seguito della sua refutazione da parte delle ricorrenti.

120    La Commissione contesta le affermazioni delle ricorrenti.

–       Giudizio del Tribunale

121    Le ricorrenti fondano, in sostanza, le loro affermazioni circa l’esistenza di un errore di diritto su, da un lato, il riconoscimento da parte della Commissione, al punto 200 della decisione impugnata, dell’assenza di «inefficacia» della concorrenza sul mercato di cui trattasi e, dall’altro lato, la menzione ai punti 187‑200 della decisione impugnata della possibilità di un’«intensificazione della concorrenza» sul mercato di cui trattasi. Per quanto riguarda il riferimento alla perizia collettiva da parte delle ricorrenti, questa sarà presa in considerazione solo nei limiti menzionati supra al punto 53.

122    Per verificare la fondatezza di tali argomenti, si deve prendere in considerazione l’insieme degli sviluppi della decisione impugnata dedicati all’analisi degli effetti restrittivi della concorrenza del comportamento controverso ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

123    Da ciò consegue che la Commissione si è fondata su più elementi attinenti, da un lato, al grado di concorrenza attuale esistente sul mercato di cui trattasi e, dall’altro, alla potenziale concorrenza. Per quanto riguarda il primo aspetto, come è stato già ricordato supra ai punti 108 e 109, la Commissione ha ritenuto che la struttura del mercato di cui trattasi fosse caratterizzata da un elevato grado di concentrazione e che fosse in via di consolidazione. Per quanto riguarda la potenziale concorrenza, la Commissione ha in sostanza ritenuto ai punti 169‑174 della decisione impugnata che questa fosse limitata alle sole grandi banche o alle grandi società di trattamento internazionali che erano in grado di raggiungere le dimensioni richieste per diventare concorrenti degli attuali acquisitori. Ha notato che la Morgan Stanley costituiva il solo operatore ad essere entrato potenzialmente sul mercato e ad aver espresso la sua intenzione di inserirsi in tale mercato.

124    È giocoforza constatare che una siffatta analisi non riveste il carattere giuridicamente errato dedotto dalle ricorrenti.

125    Infatti, da un lato, in applicazione della giurisprudenza sopra citata al punto 68, l’esame delle condizioni di concorrenza su un determinato mercato si fonda non solo sulla concorrenza attuale che si fanno le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale.

126    Dall’altro lato, dalla giurisprudenza della Corte risulta egualmente che l’art. 81 CE, alla stregua delle altre norme di concorrenza enunciate nel Trattato, è inteso a tutelare non già unicamente gli interessi dei concorrenti o dei consumatori, ma anche la struttura del mercato e, così facendo, la concorrenza in quanto tale (sentenze della Corte 4 giugno 2009, causa C‑8/08, causa T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, punto 38, e 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione, Racc. pag. I‑9291, punto 63).

127    Di conseguenza, la Commissione, basando la sua valutazione degli effetti restrittivi della concorrenza del comportamento controverso sulla concorrenza potenziale costituita dalla Morgan Stanley e sulla struttura del mercato di cui trattasi, ha seguito una corretta interpretazione dell’art. 81, n. 1, CE e non è pertanto incorsa nell’errore di diritto asserito dalle ricorrenti.

128    Inoltre, per quanto più esattamente riguarda il punto 200 della decisione impugnata, come è stato già sottolineato supra ai punti 60‑62, esso costituisce soltanto il riconoscimento da parte della Commissione, in risposta agli argomenti presentati dalle ricorrenti nel corso della fase amministrativa del procedimento, dell’esistenza di un grado di concorrenza tra gli attori sul mercato di cui trattasi.

129    Tuttavia, un siffatto riconoscimento non osta a che il comportamento controverso abbia potuto produrre gli effetti restrittivi della concorrenza considerati dalla Commissione.

130    In primo luogo, seguendo l’argomento delle ricorrenti si perverrebbe a condizionare l’analisi degli effetti del comportamento controverso sulla potenziale concorrenza all’esame del grado di concorrenza attualmente esistente sul mercato rilevante. È giocoforza constatare che un siffatto ragionamento sarebbe in contraddizione con la costante giurisprudenza menzionata supra al punto 68 che impone che l’esame delle condizioni di concorrenza su un determinato mercato riposa non solo sulla concorrenza attuale che si fanno le imprese già presenti sul mercato di cui trattasi, ma anche sulla concorrenza potenziale.

131    In secondo luogo, alla luce delle caratteristiche del mercato di cui trattasi, la Commissione poteva giustamente ritenere che l’ingresso di un nuovo attore avrebbe consentito di intensificare la concorrenza esistente su un mercato caratterizzato da un elevato grado di concentrazione. Di conseguenza, l’uso dell’espressione «possibilità di intensificare la concorrenza» ai punti 187 e200 della decisione impugnata, non presenta il carattere erroneo asserito dalle ricorrenti.

132    Pertanto, la prima parte del motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte del motivo, vertente su un’erronea analisi del grado di concorrenza esistente sul mercato rilevante

–       Argomenti delle parti

133    Le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia manifestamente sottostimato l’intensità della concorrenza effettivamente esistente sul mercato dell’acquisizione. In sostanza, pur riconoscendo di essere d’accordo con la maggior parte degli elementi da essa presi in considerazione, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non averli correttamente valutati e di averne tratto conclusioni incoerenti. Un’analisi corretta di tali elementi avrebbe dovuto indurre la Commissione a concludere che esisteva sul mercato dell’acquisizione un’intensa concorrenza.

134    In primo luogo, la Commissione si sarebbe a torto concentrata sul numero di attori sul mercato di cui trattasi e la sua tendenza alla consolidazione, in quanto siffatti indicatori non sarebbero di per sé determinanti per valutare il livello di concorrenza esistente sul mercato. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto piuttosto fondare la sua analisi sugli indicatori di concorrenza che sono la possibilità di ingresso sul mercato, l’evoluzione delle quote di mercato, l’evoluzione delle spese pagate dagli esercenti alla loro banca acquisitrice, la concorrenza non tariffaria e i cambiamenti di acquisitori da parte degli esercenti.

135    In secondo luogo rimproverano alla Commissione di non aver tratto tutte le conclusioni dagli elementi di prova che le avevano fornito.

136    In primo luogo, a titolo di esempio, sostengono che la Commissione ha considerato l’ingresso sul mercato di acquisitori di fatto come se avesse contribuito ad una maggiore consolidazione del mercato – in quanto avrebbero semplicemente sostituito i loro partner di facciata su tale mercato – pur ammettendo che tali nuovi attori potevano contribuire al miglioramento dei servizi di acquisizione e alla riduzione dei loro costi. Le ricorrenti sottolineano a questo proposito che dalla decisione impugnata stessa risulta che taluni acquisitori di fatto si sono associati a banche senza attività di emissione o a banche straniere.

137    In secondo luogo la Commissione, pur riconoscendo che talune banche straniere si sono inserite nel mercato dell’acquisizione nel Regno Unito, avrebbe a torto disatteso tale fenomeno qualificandolo di «nicchia», mentre dagli elementi di prova di cui disponeva risulterebbe che la quota degli acquisitori transfrontalieri nell’importo totale del fatturato è aumentato della metà tra il 2002 e il 2004. Peraltro, rimproverano in sostanza alla Commissione di essersi limitata all’analisi della concorrenza attuale degli acquisitori transfrontalieri e di aver così tralasciato la concorrenza potenziale che essi rappresentavano.

138    In terzo luogo, le ricorrenti rilevano che la Commissione ha riconosciuto che il mercato di cui trattasi era caratterizzato da procedure semplici e poco costose di cambiamento di acquisitore e sostengono che essa avrebbe dovuto da ciò trarre la conseguenza che tale facilità di cambiamento portava ad una concorrenza intensa tra le società già presenti su tale mercato.

139    In terzo luogo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di essersi avvalsa dell’esperienza tratta dall’ultimo ingresso di una banca sul mercato di cui trattasi nel 1996, senza informarsi circa il livello di concorrenza a tale epoca esistente. Orbene, dalla perizia collettiva risulterebbe che la concorrenza non era su tale mercato altrettanto efficace, il che priverebbe di ogni pertinenza tale esperienza.

140    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti sollevati dalle ricorrenti e ne chiede il rigetto.

–       Giudizio del Tribunale

141    In sostanza, le ricorrenti ritengono che la Commissione abbia sottostimato il grado di concorrenza sia attuale che potenziale esistente sul mercato di cui trattasi. Contestano altresì la fondatezza del fatto che la Commissione abbia preso in considerazione gli effetti sulla concorrenza dell’ultimo ingresso sul mercato di cui trattasi nel 1996.

142    Per quanto riguarda, in primo luogo, la concorrenza attuale sul mercato di cui trattasi, va sottolineato che la Commissione ha potuto validamente fondare la sua analisi sul numero degli attori presenti su tale mercato e sulla sua tendenza alla consolidazione, dato che siffatti elementi connessi alla struttura del mercato di cui trattasi sono, alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 126, particolarmente pertinenti.

143    Per quanto riguarda, più precisamente, gli effetti sulla concorrenza che ha potuto avere la presenza sul mercato di cui trattasi di più acquisitori di fatto, la Commissione ha considerato, al punto 115 della decisione impugnata, che, nella grande maggioranza dei casi, un acquisitore di fatto si sostituiva a un banca attiva sul mercato dell’acquisizione. Ha altresì sottolineato, in sostanza, al punto 169 della decisione impugnata, che la presenza delle grandi banche e delle società di trattamento operanti come acquisitori di fatto contribuiva ad una consolidazione del mercato in quanto tendevano a rilevare l’attività di acquisitori di dimensioni inferiori desiderosi di abbandonare tale mercato.

144    È giocoforza constatare che tale analisi non appare manifestamente erronea e che le critiche operate a tal proposito dalle ricorrenti non sono convincenti. Pertanto, la circostanza che gli acquisitori di fatto di cui trattasi potessero contribuire al miglioramento dei servizi di acquisizione e alla riduzione dei loro costi non è in contraddizione con l’approccio della Commissione fondato sulla struttura del mercato di cui trattasi.

145    Per quanto riguarda gli esempi forniti dalle ricorrenti di acquisitori di fatto che si sarebbero associati a banche senza attività di emissione o con banche straniere, si deve rilevare che tali accordi in genere non sono approdati all’ingresso di un nuovo attore sul mercato di cui trattasi ma al rafforzamento della posizione di acquisitori già presenti sul detto mercato.

146    Per quanto riguarda il riconoscimento da parte della Commissione dell’esistenza di procedure semplici e poco costose di cambiamento di acquisitore, basta ricordare, com’è stato sottolineato supra ai punti 129‑131, che questa poteva giustamente ammettere l’esistenza di una concorrenza tra gli attori sul mercato di cui trattasi pur concludendo che l’esclusione di un potenziale concorrente ha avuto effetti restrittivi della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

147    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la potenziale concorrenza sul mercato di cui trattasi, si deve ricordare che, nei punti 169‑174 della decisione impugnata, la Commissione ha tratto dall’elevato grado di concentrazione e dalla consolidazione riscontrata sul mercato di cui trattasi la conclusione che la potenziale concorrenza poteva essere data unicamente da grandi banche o da grandi società di trattamento internazionali che sono in grado di raggiungere le dimensioni richieste per diventare concorrenti degli attuali acquisitori. La Commissione ha tra l’altro preso in considerazione il fatto che, per esercitare attività di acquisizione e essere redditizie, le imprese devono poter lavorare su volumi sostanziali e realizzare importanti economie di scala. A tale proposito ha sottolineato che, in materia di acquisizione di transazioni, è essenziale che il fatturato in termini di transazioni acquisite sia elevato, poiché il principale reddito degli acquirenti, cioè le spese imputate agli esercenti, è calcolato sotto forma di una percentuale del valore delle transazioni effettuate.

148    Basandosi su un elenco fornito dalle ricorrenti nel corso della fase amministrativa del procedimento, la Commissione ha ritenuto che, oltre alla Morgan Stanley, nove istituti finanziari stabiliti nel Regno Unito potessero considerarsi concorrenti potenziali. Tale opinione della Commissione non è esplicitamente contestata dalle ricorrenti.

149    Infatti, le censure delle ricorrenti vertono sul fatto che non è stata presa in considerazione la potenziale concorrenza determinata dagli acquisitori transfrontalieri. Si deve a questo proposito sottolineare che, nonostante l’aumento della quota degli acquisitori transfrontalieri tra il 2002 e il 2004 alla quale le ricorrenti fanno riferimento, dai punti 65‑68 della decisione impugnata, la cui materialità non è oggetto di contestazione, risulta che l’affiliazione degli esercenti da parte dei principali acquisitori transfrontalieri rappresentava nel 2004 solo lo 0,3% dell’insieme degli esercenti affiliati. Alla luce di quest’ultimo dato, la Commissione ha giustamente ritenuto che le condizioni della concorrenza tra i differenti mercati nazionali di acquisizione in Europa non fossero sufficientemente omogenee affinché l’acquisizione transfrontaliera potesse esercitare una pressione concorrenziale sugli attori presenti sul mercato di cui trattasi e che, pertanto, la valutazione della potenziale concorrenza dovesse effettuarsi in seno agli attori stabiliti sul mercato nel Regno Unito.

150    In terzo luogo, per quanto riguarda la censura vertente sul fatto che la Commissione abbia preso in considerazione l’ultimo ingresso di una banca sul mercato rilevante nel 1996, basta sottolineare che l’approccio della Commissione, consistente nell’analizzare gli effetti sulla concorrenza dell’ultimo ingresso sul mercato di cui trattasi alla data di adozione della decisione impugnata, non è frutto di un erroneo ragionamento.

151    Peraltro, dal punto 181 della decisione impugnata risulta che tale ingresso era stato effettuato in un contesto di calo dei prezzi, calo che la presenza di tale banca sul detto mercato aveva contribuito ad accelerare. Esiste pertanto un’innegabile similitudine con la situazione del mercato durante il periodo pertinente, del pari caratterizzato da un calo dei prezzi fatturati ai commercianti. Pertanto, un siffatto esempio tende così a dimostrare che la circostanza che i prezzi calano sul mercato di riferimento, in ragione della concorrenza tra le imprese che ivi sono allo stato presenti, nulla toglie agli effetti che la presenza di un nuovo attore su tale mercato potrebbe avere sulla concorrenza. Alla luce delle circostanze della specie, esso era pertanto particolarmente pertinente.

152    La seconda parte del motivo va pertanto respinta.

 Sulla terza parte del motivo, vertente su un’analisi insufficiente e errata degli effetti del rifiuto di ammissione della Morgan Stanley sulla concorrenza

–       Argomenti delle parti

153    Le ricorrenti sostengono che la Commissione è venuta meno al suo obbligo di procedere ad un esame comparativo tra, da un lato, la situazione concorrenziale sul mercato di cui trattasi in assenza della Morgan Stanley e, dall’altro, quella che si sarebbe configurata se quest’ultima fosse stata ammessa nella Visa prima del settembre 2006.

154    Nell’ambito di una prima censura, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di essere incorsa in errore di diritto per non aver applicato i criteri tratti dalla sentenza European Night Services e a./Commissione, punto 67 supra, alle possibilità di ingresso della Morgan Stanley, in quanto si sarebbe accontentata della dichiarata intenzione di quest’ultima di inserirsi nel mercato dell’acquisizione nel Regno Unito.

155    Le ricorrenti oppongono l’analisi operata dalla Commissione delle possibilità di ingresso della Morgan Stanley sul mercato dell’acquisizione nel Regno Unito a quella seguita, nella decisione impugnata, a proposito dell’ingresso potenziale del sistema Discover sul mercato europeo dei sistemi di carte di pagamento, per la quale la Commissione si sarebbe riferita all’assenza di elementi, come l’annuncio di un lancio ufficiale, idonei a dimostrare l’attuazione di una strategia di ingresso. Esse vedono in ciò una rigorosa applicazione dei criteri scaturiti dalla sentenza del Tribunale 3 aprile 2003, causa T‑114/02, BaByliss/Commissione (Racc. pag. II‑1279), menzionata nella decisione impugnata. Rimproverano alla Commissione di aver ignorato questi stessi criteri quando ha proceduto a determinare se la Morgan Stanley fosse un operatore che entrava potenzialmente sul mercato dell’acquisizione nel Regno Unito.

156    Il carattere teorico dell’analisi della Commissione sarebbe altresì incompatibile con i suoi orientamenti sulle restrizioni verticali (GU 2000, C 291, pag. 1).

157    Nell’ambito di una seconda censura, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver assunto come postulato che la Morgan Stanley, una volta divenuta membro della Visa, si sarebbe inserita nel mercato dell’acquisizione soltanto sulla base di un’asserita «costante intenzione» di quest’ultima che non sarebbe suffragata da alcun elemento di prova indipendente. Ritengono che la Morgan Stanley non abbia chiesto di entrare a far parte di Visa al fine di dare attuazione ad una particolare strategia implicante l’acquisizione, come sostenuto dalla Commissione, ma che la stessa fosse interessata alla sola possibilità di emettere carte Visa. A questo proposito, contestano l’interpretazione operata dalla Commissione del reclamo della Morgan Stanley.

158    Sostengono che la dichiarata intenzione della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato dell’acquisizione è apparsa successivamente alla denuncia, in un documento interno, del piano strategico di affiliazione di esercenti in Europa recante la data del giugno 2002, e che questo documento è privo di forza probatoria. Sostengono altresì che il secondo documento del quale la Commissione si avvale, il programma di attuazione della Morgan Stanley, costituisce un elemento dell’allegato 57 della seconda lettera di esposizione dei fatti e, per le ragioni sopra menzionate ai punti 42‑44, deve essere dichiarato inammissibile. Sarebbe comunque privo di forza probatoria. Considerano altresì che, ingiustamente, la Commissione non ha preso in considerazione il fatto che la Morgan Stanley, successivamente alla sua adesione alla Visa, non ha cercato di inserirsi nel mercato dell’acquisizione, ma si è concentrata sulla sola emissione di carte Visa che costituiva, secondo le ricorrenti, il suo vero obiettivo.

159    Nell’ambito del terzo motivo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver esaminato di sua iniziativa in modo approfondito i possibili effetti dell’ingresso della Morgan Stanley sulla concorrenza esistente sul mercato di cui trattasi. Le conclusioni della Commissione relative alle positive conseguenze che l’entrata della Morgan Stanley avrebbe avuto sulla concorrenza costituirebbero solo affermazioni non suffragate.

160    Rilevano in particolare che la Morgan Stanley non sarebbe stata capace, tenuto conto delle caratteristiche del mercato, di apportare un valore aggiunto alla qualità e ai prezzi dei servizi che erano già proposti su tale mercato. Contestano altresì vari elementi avanzati dalla Commissione per qualificare la Morgan Stanley «acquisitore efficace, importante ed esperto». Ad ogni modo, quand’anche tale sia il caso, ciò non la differenzierebbe sotto nessun aspetto dagli acquisitori già presenti sul mercato di cui trattasi. Nessuno degli elementi sostenuti dalla Commissione dimostrerebbe una qualche superiorità della Morgan Stanley rispetto agli acquisitori già presenti.

161    La Commissione chiede il rigetto di tali censure.

–       Giudizio del Tribunale

162    Per quanto riguarda la prima censura delle ricorrenti, che deduce che la Commissione avrebbe applicato un criterio giuridico errato ai fini della valutazione della possibilità della Morgan Stanley di entrare sul mercato di cui trattasi, tale censura si risolve in sostanza nel contestare la dimostrazione, da parte della Commissione, della qualificazione come potenziale concorrente della Morgan Stanley.

163    Si deve rilevare che le censure delle ricorrenti sono essenzialmente fondate sulla circostanza che la Commissione si sarebbe accontentata della dichiarata intenzione della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi.

164    Le ricorrenti fanno altresì riferimento alla definizione di «fornitore potenziale» inclusa dalla Commissione nei suoi orientamenti sulle restrizioni verticali. Ricordano che da essi risulta che una possibilità di ingresso sul mercato non è sufficiente se è puramente teorica e che l’ingresso sul mercato deve potersi effettuare entro il termine di un anno.

165    Si deve in primo luogo osservare che l’intenzione della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi non è il solo elemento sul quale la Commissione si è basata per concludere per la qualità di potenziale concorrente della Morgan Stanley. Infatti, dalla decisione impugnata e in particolare dai punti 190‑198, risulta che la Commissione è pervenuta a tale conclusione basandosi in sostanza su due serie di giustificazioni, relative, certamente, all’intento della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi, ma anche alla sua capacità di farlo. Per quanto riguarda tale secondo aspetto, ha considerato che la Morgan Stanley disponeva di una lunga esperienza in materia di affiliazione di esercenti. Ha altresì fatto riferimento all’esperienza acquisita dalla Morgan Stanley, in quanto membro del sistema MasterCard, sulle regole e le procedure proprie di un circuito quadripartito. Su tale base al punto 199 ha così concluso:

«[N]el contesto della concentrazione dei mercati dell’acquisizione (...) la Morgan Stanley figura tra le poche banche internazionali di grande portata che possono essere considerate acquisitori potenziali seri su scala europea. Ha manifestato la sua intenzione di inserirsi nei mercati dell’acquisizione del Regno Unito e di più Stati membri del SEE, nonché il suo interesse per l’acquisizione transfrontaliera, un settore che è egualmente precluso in assenza di licenza Visa».

166    In secondo luogo, per quanto riguarda i criteri giuridici che debbono essere applicati per esaminare se la Morgan Stanley costituisse un concorrente potenziale sul mercato di cui trattasi, dalla giurisprudenza sopra citata ai punti 68 e 69 risulta che la Commissione aveva il dovere di verificare se, in caso di mancata applicazione della Regola nei suoi confronti, siano esistite possibilità effettive e concrete che essa si inserisse nel mercato dell’acquisizione nel Regno Unito e che facesse concorrenza alle imprese ivi stabilite.

167    Dalla giurisprudenza risulta altresì che una siffatta dimostrazione non deve riposare su una mera ipotesi ma deve essere suffragata da elementi di fatto o da un’analisi delle strutture del mercato rilevante (v., in tal senso, sentenza European Night Services e a./Commissione, punto 67 supra, punti 142‑145). Pertanto, un’impresa non può essere qualificata potenziale concorrente se il suo ingresso sul mercato non corrisponde ad una strategia economica efficace (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 4 luglio 2006, causa T‑177/04, easyJet/Commissione, Racc. pag. II‑1931, punti 123‑125).

168    Da ciò necessariamente consegue che, sebbene l’intenzione di un’impresa di inserirsi in un mercato sia eventualmente pertinente per verificare se possa essere considerata potenziale concorrente su tale mercato, l’elemento essenziale sul quale una siffatta qualificazione deve fondarsi è tuttavia costituito dalla sua capacità di inserirsi nel detto mercato.

169    Si deve a questo proposito ricordare che la restrizione di una concorrenza potenziale, che può essere costituita anche dalla semplice esistenza di un’impresa esterna al mercato, non può essere subordinata alla dimostrazione dell’intenzione di tale impresa di inserirsi a breve scadenza nel predetto mercato. Infatti, per effetto della sua sola esistenza, questa può essere all’origine di una pressione concorrenziale sulle imprese che operano attualmente su tale mercato, pressione costituita dal rischio dell’entrata di un nuovo concorrente in caso di evoluzione dell’attrattiva del mercato.

170    Quanto alla questione se convenga altresì prendere in considerazione i criteri sviluppati dalla Commissione nei suoi orientamenti sulle restrizioni verticali, si deve sottolineare che, alla luce delle circostanze della specie, il riferimento operato dalla ricorrente alla definizione del «fornitore potenziale» figurante nei detti orientamenti non risulta pertinente. Occorre piuttosto rinviare alla definizione, del resto equivalente nella sostanza, del «potenziale concorrente» figurante negli orientamenti sull’applicabilità dell’art. 81 [CE] agli accordi di cooperazione orizzontale (GU 2001, C 3, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti sugli accordi di cooperazione»).

171    Infatti, nella nota a piè di pagina n. 9 degli orientamenti sugli accordi di cooperazione, viene precisato che «un’impresa è considerata un concorrente potenziale se vi sono elementi che provano che in mancanza di accordo essa sarebbe in grado di effettuare – e probabilmente effettuerebbe – gli investimenti supplementari o altre modifiche necessarie per entrare nel mercato rilevante, in risposta a un piccolo incremento permanente dei prezzi relativi». Peraltro, «[q]uesta valutazione deve avere un fondamento realistico, non è infatti sufficiente evocare la possibilità puramente teorica di un ingresso sul mercato». Viene altresì fatto presente che «l’ingresso sul mercato deve avvenire in tempi sufficientemente brevi, tali che la minaccia del potenziale ingresso costituisca un vincolo per il comportamento degli operatori sul mercato» e che «[d]i regola si assume che l’ingresso sul mercato debba avvenire nell’arco di un breve periodo». A questo proposito la Commissione fa riferimento a un termine di un anno sottolineando che «[i]n singoli casi si potrà fare riferimento a periodi più lunghi» e che «[c]ome criterio per determinare il periodo si potrà assumere il tempo necessario alle imprese già attive sul mercato per adattare la loro capacità».

172    È giocoforza constatare che una siffatta definizione riprende, esplicitandoli, i criteri derivanti dalla giurisprudenza sopra menzionata ai punti 166 e 167. Pertanto poiché non risulta in contraddizione con la pertinente giurisprudenza, essa può essere presa in considerazione per verificare se la Commissione abbia giustamente qualificato la Morgan Stanley come concorrente potenziale.

173    In terzo luogo, per quanto riguarda l’applicazione di tali criteri al caso di specie, si deve sottolineare che le ricorrenti, come da esse esplicitamente riconosciuto nel corso dell’udienza, non contestano le valutazioni della Commissione circa la capacità della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi.

174    Pertanto, le censure delle ricorrenti, nella misura in cui si fondano essenzialmente su un’asserita inesistente volontà della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi, sono essenzialmente dirette nei confronti di valutazioni che, per le ragioni menzionate supra ai punti 166‑169, non possono costituire l’elemento essenziale che consenta di valutare la fondatezza della qualificazione come concorrente potenziale della Morgan Stanley.

175    Ad ogni modo, non può rimproverarsi alla Commissione di aver preso in considerazione l’eventualità di un ingresso della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi in assenza del comportamento controverso.

176    Pertanto, in primo luogo, la censura delle ricorrenti che deduce la circostanza che la Morgan Stanley non ha adottato alcuna misura concreta per entrare sul mercato non risulta fondata alla luce delle circostanze della specie.

177    Da un lato, nella misura in cui la qualità di membro della Visa costituiva un preliminare necessario all’ingresso sul mercato dell’acquisizione, non possono trarsi conclusioni dalla mancata adozione di misure come l’attuazione di una strategia di ingresso da parte della Morgan Stanley prima della sua adesione alla Visa il 22 settembre 2006. A tal proposito, senza che si renda necessario verificare se la Commissione abbia ignorato i criteri utilizzati nella sentenza BaByliss/Commissione, punto 155 supra, alla quale le ricorrenti fanno riferimento, è sufficiente rilevare che le circostanze della presente fattispecie si differenziano da quelle che hanno dato luogo alla suddetta sentenza.

178    D’altro lato, per quanto riguarda la circostanza che la Morgan Stanley non ha adottato alcuna iniziativa per inserirsi nel mercato dell’acquisizione dopo la sua adesione, si deve ricordare che questa le è stata concessa oltre sei anni dopo la domanda in tal senso effettuata. Non si possono, pertanto, trarre da ciò indicazioni su quella che può essere stata l’intenzione o su quello che avrebbe potuto essere il comportamento della Morgan Stanley nell’eventualità in cui la qualità di membro della Visa le fosse stata riconosciuta in una data anteriore.

179    In secondo luogo, se è vero che la Morgan Stanley non ha fatto esplicitamente riferimento al mercato dell’acquisizione nella denuncia presentata alla Commissione il 12 aprile 2000, almeno due documenti emanati dalla Morgan Stanley rinviano al mercato rilevante.

180    Da un lato, la Morgan Stanley ha esplicitamente sottolineato, nella domanda presentata dinanzi alla High Court of Justice il 27 settembre 2000, che l’applicazione della Regola aveva avuto l’effetto di impedirle di inserirsi nel mercato dell’acquisizione nel Regno Unito.

181    Dall’altro lato, la Morgan Stanley è all’origine di un piano strategico di affiliazione degli esercenti adottato nel giugno 2002. È certamente esatto che questo è stato fornito alle ricorrenti solo sotto una versione non riservata omettendo numerosi aspetti. Ciò nondimeno, da tale documento comunicato alle ricorrenti risultano vari elementi relativi all’analisi del mercato dell’acquisizione nel Regno Unito e negli altri Stati membri del SEE. Parimenti, esso consente di intravedere quella che avrebbe potuto essere la strategia di ingresso della Morgan Stanley.

182    Per quanto riguarda la forza probatoria che si deve riconoscere a questi due documenti, bisogna ricordare che il principio che vige nel diritto dell’Unione è quello della libera produzione delle prove e il solo criterio pertinente per valutare le prove prodotte è quello della loro credibilità (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 84). Quindi, per valutare la forza probatoria di un elemento di prova, si deve verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. Si deve in tal caso tener conto, in particolare, dell’origine del documento, delle circostanze in cui è stato elaborato, del suo destinatario, e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (sentenze del Tribunale Cimenteries CBR e a./Commissione, punto 56 supra, punto 1838, e 27 settembre 2006, cause riunite T‑44/02 OP, T‑54/02 OP, T‑56/02 OP, T‑60/02 OP e T‑61/02 OP, Dresdner Bank e a./Commissione, Racc. pag. II‑3567, punto 121).

183    È certamente esatto che questi due documenti hanno per origine la Morgan Stanley, sono stati adottati nel corso della fase amministrativa del procedimento e che siffatte circostanze influiscono sulla loro forza probatoria.

184    Tuttavia, come è stato sottolineato supra al punto 177, e alla luce delle circostanze della specie, poiché la qualità di membro della Visa costituisce un preliminare necessario all’ingresso sul mercato dell’acquisizione, la Commissione non era in grado di fondarsi su elementi aventi forza probatoria maggiore come l’attuazione di una strategia di ingresso.

185    Inoltre, la credibilità di tali elementi di prova è corroborata dalla circostanza, rilevata dalla Commissione, dell’esistenza di esperienza della Morgan Stanley nell’affiliazione di esercenti in altri mercati.

186    Pertanto, l’eventualità dell’ingresso della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi non rivestiva carattere puramente teorico, ma costituiva al contrario un’ipotesi verosimile. Giustamente pertanto la Commissione ha potuto dedurre dalle dichiarazioni della Morgan Stanley un intento di inserirsi nel mercato di cui trattasi.

187    Nella misura in cui da quanto sopra consegue che, da un lato, le valutazioni della Commissione circa la capacità della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi non sono contestate e, dall’altro, l’ipotesi di un ingresso della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi non rivestiva carattere puramente teorico, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in errore di diritto nel qualificare la Morgan Stanley come potenziale concorrente. La prima censura deve pertanto essere disattesa.

188    Nulla toglie a questa conclusione la circostanza che la Commissione non abbia fornito stime circa il periodo che sarebbe stato necessario alla Morgan Stanley per inserirsi nel mercato di cui trattasi, e ciò in apparente contraddizione con la definizione figurante negli orientamenti sugli accordi di cooperazione, che fanno riferimento ad un periodo di un anno.

189    Infatti, dalla lettura di tale definizione, riprodotta supra al punto 171, risulta che l’elemento essenziale è la necessità che l’ingresso potenziale possa farsi con sufficiente rapidità per pesare sui soggetti partecipanti al mercato, e che il termine di un anno viene presentato solo a titolo indicativo.

190    Orbene, la Commissione, al punto 186 della decisione impugnata, ha considerato l’esistenza di «fattori favorevoli all’accesso di un nuovo operatore» tra cui figura l’esistenza per gli esercenti di procedure semplici e poco costose di cambiamento di acquisitore. È giocoforza constatare che tale elemento, peraltro non contestato dalle ricorrenti che lo invocano a sostegno della loro tesi, associato agli elementi presi in considerazione dalla Commissione per accertare la capacità della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi, indicata ai punti 193‑198 della decisione impugnata, tra cui figura la sua lunga esperienza in materia di affiliazione di esercenti, è tale da dimostrare che l’ingresso in questione avrebbe potuto essere effettuato con sufficiente rapidità ai sensi della definizione di concorrente potenziale, fornita dalla Commissione negli orientamenti sugli accordi di cooperazione. Pertanto, l’analisi della Commissione è conforme non solo alla giurisprudenza citata supra ai punti 166 e 167, ma anche ai suoi propri criteri, quali quelli esposti negli orientamenti sugli accordi di cooperazione.

191    Per quanto riguarda la seconda censura delle ricorrenti secondo la quale la Commissione avrebbe a torto considerato che la Morgan Stanley sarebbe entrata sul mercato di cui trattasi, essa dev’essere respinta per i motivi esplicitati supra ai punti 175‑186 senza che si renda necessario affrontare la questione se il programma di attuazione della Morgan Stanley figurante nell’allegato 57 della seconda lettera di esposizione dei fatti costituisse un elemento di prova ricevibile.

192    Per quanto riguarda la terza censura delle ricorrenti, con cui si è dedotto che la Commissione non avrebbe esaminato in modo approfondito i possibili effetti di un ingresso della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi, nemmeno la stessa può essere accolta.

193    In primo luogo, si deve sottolineare che, in questo contesto le ricorrenti reiterano la loro analisi intesa a subordinare l’esame degli effetti del comportamento controverso sulla potenziale concorrenza all’esame del grado di attuale concorrenza esistente sul mercato. Orbene, come già è stato sottolineato supra al punto 130, un siffatto ragionamento non può essere seguito.

194    In secondo luogo e comunque, è giocoforza constatare che l’argomento sviluppato dalle ricorrenti nell’ambito della presente censura riposa su un postulato errato nel merito, e cioè l’esistenza di un elevato grado di concorrenza sul mercato di cui trattasi. Come è stato sottolineato in risposta alla prima parte del presente motivo, il fatto che esista un grado di concorrenza tra gli attori attualmente presenti sul mercato non è in contrasto con le constatazioni della Commissione circa il livello elevato di concentrazione esistente sul mercato di cui trattasi.

195    Orbene, trattandosi di un mercato comprendente un numero molto ridotto di concorrenti, la Commissione poteva giustamente concludere che l’ingresso di un nuovo attore avrebbe avuto come conseguenza un miglioramento della situazione concorrenziale in ragione di questo solo fatto, senza dover dimostrare che questi disponeva di una qualsiasi superiorità rispetto agli attori già stabiliti.

196    Di conseguenza, la discussione vertente sulle capacità relative della Morgan Stanley rispetto agli attori presenti sul mercato di cui trattasi è inoperante dal momento che le ricorrenti non contestano la sua capacità di inserirsi nel detto mercato. Gli argomenti delle ricorrenti intesi a contestare l’esperienza e le qualifiche della Morgan Stanley non vanno pertanto analizzati.

197    Tale terza censura deve essere pertanto disattesa e il motivo respinto nel suo complesso.

198    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le domande di annullamento devono essere respinte.

B –  Sulla domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda

199    In via principale, le ricorrenti ritengono che l’imposizione di un’ammenda sia nella specie inficiata da errori di diritto e di valutazione e chiedono l’annullamento dell’ammenda alla quale sono state condannate. In subordine, chiedono al Tribunale di ridurre l’importo dell’ammenda inflitta.

1.     Sul quarto motivo, vertente sull’esistenza di errori di diritto e di valutazione circa l’imposizione di un’ammenda

200    Tale motivo si compone di tre parti che deducono, in primo luogo, la violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché un difetto di motivazione, in secondo luogo, la violazione dell’obbligo di adottare la decisione impugnata entro un termine ragionevole e, in terzo luogo, la mancata considerazione dell’incertezza esistente circa l’illiceità di comportamento controverso.

a)     Sulla prima parte del motivo, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché su un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

201    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver inflitto loro un’ammenda mentre la Regola era stata notificata alla Commissione sotto la vigenza del regolamento n. 17. Sottolineano, innanzitutto, che la data scelta dalla Commissione come punto di partenza per il calcolo dell’ammenda non è quella dell’entrata in vigore del regolamento del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ma quella del ricevimento della comunicazione degli addebiti. Quindi la Commissione stessa ammetterebbe l’esistenza di legittime aspettative in materia di immunità dalle ammende fino a tale data. Rilevano poi che si tratta dell’unico procedimento nel quale la Commissione ha inflitto un’ammenda ai sensi del regolamento n. 1/2003 per un accordo notificato.

202    Peraltro, a più riprese, i funzionari incaricati del procedimento avrebbero lasciato intendere che il caso in esame non costituiva una fattispecie in cui sarebbe stata inflitta un’ammenda.

203    Le ricorrenti confrontano l’imposizione di un’ammenda nei loro confronti con la posizione adottata dalla Commissione in due procedimenti che ritengono analoghi, richiamandosi, rispettivamente, alla MasterCard (caso COMP/34.579; in prosieguo: il «procedimento MasterCard») e al Groupement des cartes bancaires (caso COMP/38.606; in prosieguo: il «procedimento GCB»). Sostengono che la Commissione in tali casi non ha inflitto ammende in quanto le misure controverse erano state notificate sotto la vigenza del regolamento n. 17. Trattandosi, più particolarmente, del procedimento GCB, le ricorrenti, in sostanza, rilevano che esso rivestiva maggiore gravità rispetto alla presente fattispecie, in quanto, da un lato, era in discussione una restrizione della concorrenza non solo per effetto, ma anche per oggetto e, dall’altro, la misura controversa aveva continuato a produrre effetti fino all’adozione della decisione della Commissione.

204    Le ricorrenti negano la realtà delle differenze sottolineate dalla Commissione nel suo controricorso.

205    In primo luogo, le ricorrenti ritengono priva di pertinenza la differenza relativa alla circostanza che, nel procedimento MasterCard, la comunicazione degli addebiti non menzionava la possibilità di un’ammenda. Ciò che rileverebbe sarebbe la ragione per la quale la Commissione nel procedimento MasterCard ha adottato una posizione differente fin dalla comunicazione degli addebiti, secondo la quale non doveva infliggere ammende per il solo motivo che vi era stata una notifica.

206    In secondo luogo, le ricorrenti contestano che il comportamento controverso non sia stato notificato. Innanzitutto rilevano che dalla decisione impugnata stessa, e in particolare dalla sua nota a piè di pagina n. 312, risulta che l’applicazione della Regola alla Morgan Stanley è stata notificata e che è stata questa circostanza a giustificare l’immunità dall’ammenda fino alla comunicazione degli addebiti. Inoltre, avrebbero sostenuto tale posizione per tutta la durata della fase amministrativa del procedimento, senza mai essere contraddette su tale punto dalla Commissione. Infine, comunque, le ricorrenti ricordano di aver notificato nel 1990 non solo la Regola stessa ma anche il fatto che esse avevano qualificato la Morgan Stanley come concorrente. Da tale momento, le differenti versioni del regolamento interno della Visa notificate alla Commissione avrebbero indicato tutte che la Morgan Stanley era considerata un concorrente della Visa. Peraltro, la Commissione sarebbe stata informata fin dal luglio o dall’agosto 2000, in risposta ad una richiesta di informazioni, delle ragioni per le quali la Morgan Stanley non integrava le condizioni di adesione.

207    In terzo luogo, per quanto riguarda il confronto con il procedimento GCB, le ricorrenti sostengono che, poiché gli effetti della misura controversa sono persistiti nonostante la sua sospensione, questa non può giustificare la differenza di trattamento applicata a loro danno. Peraltro, rilevano che non si è avuta sospensione della misura controversa nel procedimento MasterCard e che non è stata inflitta alcuna ammenda.

208    Da quanto sopra le ricorrenti deducono l’esistenza di una violazione dei principi sia di parità di trattamento che di certezza del diritto. Nella misura in cui la Commissione non ha fornito alcuna spiegazione su tale punto nella decisione impugnata, sostengono che sia stato violato anche l’obbligo di motivazione.

209    La Commissione respinge le affermazioni delle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

210    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura che deduce una violazione del principio di certezza del diritto, si deve sottolineare che, quand’anche si ammettesse che il comportamento controverso, e non la sola Regola, potesse essere considerato oggetto di una notifica, il ragionamento delle ricorrenti non può essere accolto.

211    Anzitutto, la possibilità per la Commissione di imporre un’ammenda per un accordo oggetto di una notifica nell’ambito del regolamento n. 17 deriva dall’art. 34, n. 1, del regolamento n. 1/2003, il quale precisa che le notifiche perdono efficacia a partire dalla data di applicazione del predetto regolamento. Da ciò necessariamente consegue che l’immunità dalle ammende per gli accordi notificati ai sensi dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17 cessa con l’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003. Pertanto la Commissione, è comunque legittimata a infliggere un’ammenda alle ricorrenti per perseguire il comportamento controverso successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003. Orbene, la Commissione ha rispettato tale obbligo prendendo come punto di partenza ai fini della fissazione dell’ammenda la data della comunicazione degli addebiti, 2 agosto 2004, successiva a quella dell’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003, fissata al 1° maggio 2004.

212    Inoltre, si deve ricordare che la Commissione dispone di un margine di valutazione discrezionale nella fissazione dell’importo delle ammende, dal momento che queste costituiscono uno strumento della politica di concorrenza (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II‑1165, punto 59). Tale margine di valutazione si estende necessariamente all’opportunità di infliggere o meno un’ammenda (sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II‑1739, punto 239).

213    Per quanto riguarda poi più esattamente la circostanza che la Commissione, in passato, non avrebbe imposto ammende per quanto riguarda restrizioni di concorrenza per effetto, questa non può impedirle di imporre un’ammenda se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica della concorrenza. Al contrario, l’efficace applicazione delle norme in materia di concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 169, e la giurisprudenza ivi citata).

214    Infine, si deve sottolineare che le ricorrenti sono state informate, fin dal momento della comunicazione degli addebiti, del fatto che la Commissione prevedeva di infliggere un’ammenda.

215    Di conseguenza, infliggendo un’ammenda alle ricorrenti nella presente fattispecie, la Commissione non ha violato il principio di certezza del diritto.

216    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura che deduce un’asserita violazione del principio di parità di trattamento, le ricorrenti in sostanza sostengono che la Commissione avrebbe dovuto seguire nei loro confronti lo stesso approccio di quello che è stato prescelto nelle cause MasterCard e GCB.

217    Certamente, secondo una giurisprudenza costante, il principio generale di parità di trattamento e di non discriminazione vieta, da un lato, di trattare situazioni paragonabili in maniera diversa e, dall’altro, di trattare situazioni diverse in maniera uguale, a meno che ciò sia giustificato da ragioni obiettive (v. sentenza della Corte 15 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑2801, punto 71, e la giurisprudenza ivi citata).

218    Tuttavia, proprio nell’ambito specifico di ciascun caso la Commissione, nell’esercizio della sua discrezionalità, decide dell’opportunità di irrogare un’ammenda per punire l’infrazione accertata e salvaguardare l’efficacia del diritto della concorrenza (sentenza SCK e FNK/Commissione, punto 212 supra, punto 239).

219    Ad ogni modo, anche presupponendo che la Commissione erroneamente non abbia imposto ammende nei procedimenti MasterCard e GCB, la tesi delle ricorrenti si risolverebbe nell’invocare a loro vantaggio un illecito commesso a favore di altri, il che sarebbe in contrasto con il principio di legalità (v. sentenza del Tribunale 16 novembre 2006, causa T‑120/04, Peróxidos Orgánicos/Commissione, Racc. pag. II‑4441, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata).

220    Il motivo che deduce la violazione del principio di parità di trattamento va pertanto respinto.

221    In terzo luogo, per quanto riguarda la censura che deduce violazione dell’obbligo di motivazione, dalla costante giurisprudenza risulta che, per quanto riguarda la determinazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, la Commissione adempie al proprio obbligo di motivazione quando indica nella sua decisione gli elementi di valutazione che le hanno consentito di stimare la gravità e la durata dell’infrazione commessa e non è tenuta a fornire un’esposizione più dettagliata o i dati numerici relativi alle modalità di calcolo dell’ammenda (v. sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑68/04, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. II‑2511, punto 31, e la giurisprudenza ivi citata). È giocoforza constatare che siffatti elementi vertenti sulla gravità e sulla durata del comportamento ascritto alle ricorrenti, se è vero che riguardano anzitutto la determinazione dell’importo dell’ammenda, sono ugualmente idonei a consentire di comprendere le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che fosse opportuno infliggere un’ammenda. Pertanto, nella misura in cui nella decisione impugnata figurano ai punti 350‑370 gli elementi di valutazione richiesti, la presente censura deve essere respinta.

222    Infine, in quarto luogo, per quanto riguarda i riferimenti operati dalle ricorrenti alle asserite dichiarazioni dei funzionari della Commissione, dalle memorie delle ricorrenti non risulta che esse sostengano che siffatte dichiarazioni avrebbero ingenerato un qualsiasi legittimo affidamento nell’assenza di imposizione di ammende. Ad ogni modo, ammesso che questo sia il senso della loro argomentazione, va constatato che le condizioni affinché esse possano avvalersi del principio di tutela del loro legittimo affidamento non sono integrate.

223    Secondo una costante giurisprudenza tale principio si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione ha suscitato in lui aspettative fondate, dovendosi precisare che nessuno può invocare una violazione di detto principio in mancanza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 152 e la giurisprudenza ivi citata).

224    Orbene, è giocoforza constatare che le dichiarazioni cui le ricorrenti fanno riferimento non possono essere qualificate come assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, fatto che le ricorrenti stesse sembrano ammettere quando si riferiscono nelle loro memorie a «dichiarazioni che lasciano intendere» che la Commissione non considerava questo caso come un procedimento nel quale avrebbe inflitto un’ammenda.

225    Alla luce di tutto quanto precede, la prima parte del motivo va quindi respinta.

b)     Sulla seconda parte del motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di adottare la decisione impugnata entro un termine ragionevole

 Argomenti delle parti

226    Secondo le ricorrenti, la durata del procedimento amministrativo di oltre sette anni è ingiustificabile e ha provocato loro un considerevole pregiudizio, tale da giustificare l’annullamento dell’ammenda. In mancanza di un siffatto ritardo, la Commissione avrebbe adottato la decisione impugnata sotto la vigenza del regolamento n. 17 e, quindi, non sarebbe stata imposta alcuna ammenda. Ricordano che in applicazione dell’art. 15, n. 6, del regolamento n. 17, è possibile infliggere un’ammenda per un accordo notificato unicamente nelle ipotesi in cui sia stata adottata una decisione ufficiale di revoca dell’immunità. Orbene, la Commissione non avrebbe adottato una siffatta decisione, malgrado l’espressa richiesta, in tal senso, della Morgan Stanley.

227    Inoltre sottolineano che l’osservanza di un termine ragionevole nell’espletamento di procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto il cui mancato rispetto può costituire motivo di annullamento qualora abbia comportato una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata.

228    Per verificare se il procedimento sia stato anormalmente lungo, si dovrebbe prendere in considerazione l’insieme della sua durata. A questo proposito le ricorrenti ricordano la cronologia del procedimento e sostengono che da ciò consegue che la Commissione ha accumulato ritardi. Sostengono in particolare che, durante i tre anni successivi al deposito del reclamo, la Commissione ha rivolto loro solo due richieste di informazioni e che agli esercenti non ne è stata indirizzata nessuna.

229    La durata del presente procedimento amministrativo sarebbe tanto più censurabile in quanto la Morgan Stanley stessa aveva chiesto un’azione urgente della Commissione ed era stato sospeso un procedimento parallelo dinanzi ai giudici del Regno Unito, il che imponeva che il presente procedimento fosse trattato in modo prioritario.

230    La Commissione nega che si sia avuto un ritardo eccessivo e ingiustificabile da parte sua tenuto conto della complessità della presente fattispecie. In ogni modo sarebbe unicamente rilevante la circostanza che essa abbia rispettato il termine di prescrizione previsto dall’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003.

 Giudizio del Tribunale

231    L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, del quale il giudice assicura il rispetto (sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 35). Questo principio è ripreso all’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1).

232    Si deve ricordare che la violazione di tale principio può portare all’annullamento della decisione a condizione che abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace e abbia quindi leso i loro diritti di difesa (v., in tal senso, sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 231 supra, punti 42 e 43).

233    Tuttavia, nella specie, le ricorrenti non sostengono che la durata del procedimento amministrativo abbia leso i loro diritti di difesa.

234    Tutto ciò considerato, si deve ricordare la costante giurisprudenza relativa al regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), applicabile alle ammende inflitte nell’ambito dell’attuazione del regolamento n. 17. Secondo tale giurisprudenza, in presenza di una normativa completa che disciplina in dettaglio i termini entro i quali la Commissione poteva, senza ledere il principio fondamentale della certezza del diritto, infliggere ammende alle imprese oggetto di procedimenti di applicazione delle norme in materia di concorrenza, qualsiasi considerazione connessa all’obbligo della Commissione di esercitare il proprio potere di irrogare ammende entro un termine ragionevole deve essere disattesa (v. sentenza del Tribunale 1° luglio 2008, causa T‑276/04, Compagnie maritime belge/Commissione, Racc. pag. II‑1277, punto 41, e la giurisprudenza ivi citata).

235    I termini di prescrizione fissati dal regolamento n. 1/2003 figurano al suo art. 25 che riprende le pertinenti disposizioni del regolamento n. 2988/74 sulla cui base è stata elaborata la giurisprudenza menzionata supra al punto 234.

236    Infatti, l’art. 25, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1/2003 prevede che i poteri conferiti alla Commissione di irrogare ammende sono soggetti a un termine di prescrizione di cinque anni. In forza dell’art. 25, n. 2, di tale regolamento la prescrizione decorre dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa o, per le infrazioni permanenti o ripetute, a partire dal giorno in cui è cessata l’infrazione. La prescrizione tuttavia può essere interrotta o sospesa in applicazione dell’art. 25, nn. 3, 4 e 6. Ai sensi dell’art. 25, n. 5, del regolamento n. 1/2003, si inizia un nuovo periodo di prescrizione a partire da ciascuna interruzione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine.

237    Pertanto la giurisprudenza relativa al regolamento n. 2988/74 trova egualmente applicazione per quanto riguarda ammende irrogate nell’ambito dell’attuazione del regolamento n. 1/2003.

238    Nella specie, l’infrazione di cui trattasi è permanente ed è terminata alla data in cui la Morgan Stanley è stata ammessa in seno alla Visa il 22 settembre 2006. Il periodo trascorso tra la cessazione dell’infrazione e la decisione impugnata con la quale viene irrogata l’ammenda è pertanto di una durata di gran lunga inferiore ai termini di prescrizione previsti dall’art. 25 del regolamento n. 1/2003.

239    La seconda parte del motivo va pertanto respinta.

c)     Sulla terza parte del motivo, vertente sulla mancata presa in considerazione dell’esistenza di un dubbio ragionevole circa il carattere di infrazione del comportamento controverso

 Argomenti delle parti

240    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver rispettato gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»), applicabili al caso di specie. Ricordano che tali orientamenti prevedono che l’esistenza di un «dubbio ragionevole dell’impresa circa il carattere di infrazione del comportamento restrittivo» costituisce una circostanza attenuante che giustifica la riduzione dell’importo di base dell’ammenda. Sostengono in sostanza, facendo riferimento all’approccio seguito nel caso COMP/38.096 (in prosieguo: il «caso Clearstream»), che, qualora esista effettiva incertezza giuridica sul se il comportamento controverso costituisca infrazione, la Commissione non deve imporre ammende. La complessità della presente fattispecie, riconosciuta dalla Commissione stessa, avrebbe dovuto indurla a seguire nella specie un identico approccio.

241    Infatti, in primo luogo, non esisterebbe né prassi decisionale della Commissione né giurisprudenza comunitaria relativa alla questione controversa nella presente fattispecie, dal momento che l’unico precedente è costituito da una sentenza di un giudice degli Stati Uniti. Di conseguenza, al fine di verificare se erano legittimate a respingere la domanda di adesione della Morgan Stanley e, se del caso, a quali condizioni, le ricorrenti avrebbero dovuto interpretare per analogia la giurisprudenza comunitaria esistente. Le intense discussioni che hanno opposto le ricorrenti alla Commissione circa l’applicabilità dell’art. 81, nn. 1 e 3, CE andrebbero a dimostrare tale difficoltà.

242    In secondo luogo, le ricorrenti, in sostanza, sostengono che la circostanza che la presente fattispecie verta su una restrizione della concorrenza per effetto è all’origine di una complessità e quindi di un’incertezza giuridica supplementari. La Commissione stessa avrebbe avuto difficoltà di fronte alla novità e alla complessità del caso. A questo proposito ricordano gli argomenti da loro sviluppati nell’ambito delle domande di annullamento secondo cui la Commissione avrebbe modificato la sua valutazione della concorrenza esistente sul mercato di cui trattasi. Rilevano, altresì, che solo nella fase della seconda lettera di esposizione dei motivi la Commissione ha affrontato la questione della possibilità per la Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi facendo ricorso ad un accordo di facciata.

243    Senza negare l’esistenza di una competenza di principio di infliggere un’ammenda avverso un comportamento costitutivo di una restrizione della concorrenza per effetto, le ricorrenti ricordano che la Commissione non ha tuttavia mai inflitto ammende nell’ambito di un procedimento dove non era stato rilevato alcun oggetto anticoncorrenziale.

244    In terzo luogo, i funzionari della Commissione avrebbero indicato alle ricorrenti che ciò che contava non era tanto l’applicazione della Regola alla Morgan Stanley quanto la Regola in sé, per il fatto che questa non sarebbe sufficientemente trasparente o oggettiva. Pertanto sarebbe esistita un’effettiva incertezza circa la natura della censura di cui trattasi.

245    La Commissione nega che le ricorrenti abbiano avuto motivi reali e solidi per credere che il loro rifiuto di ammettere la Morgan Stanley non avrebbe costituito una violazione del diritto comunitario.

 Giudizio del Tribunale

246    Per giurisprudenza costante la Commissione non può discostarsi dalle norme che essa stessa si è imposta (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T‑7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punto 53, e la giurisprudenza ivi citata). In particolare, qualora la Commissione adotti orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ne consegue un’autolimitazione di tale potere in quanto è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 57; 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 89, e 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punto 267).

247    Orbene dai punti 350‑370 della decisione impugnata risulta che la Commissione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, ha applicato il metodo esposto negli orientamenti del 1998.

248    Il punto 3 degli orientamenti del 1998 prevede una modulazione dell’importo di base dell’ammenda in funzione di talune circostanze attenuanti, tra cui figura l’esistenza di un ragionevole dubbio dell’impresa circa il carattere di infrazione del comportamento di cui trattasi.

249    Nella specie le ricorrenti ritengono che l’incertezza esistente circa il carattere di infrazione del comportamento controverso era tale che l’applicazione degli orientamenti del 1998 avrebbe dovuto indurre la Commissione a non imporre ammende.

250    Per verificare se la Commissione fosse tenuta a concedere alle ricorrenti il beneficio della circostanza attenuante relativa all’esistenza di un ragionevole dubbio, o addirittura, se del caso, come chiesto dalle ricorrenti nell’ambito del presente motivo, non imporre ammende, si deve verificare se queste ultime avrebbero dovuto ragionevolmente essere state consapevoli di violare l’art. 81 CE (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punto 503).

251    Si deve constatare che l’ammenda non è stata inflitta sulla base della durata del periodo d’infrazione nel suo insieme, ma soltanto a partire dalla data della comunicazione degli addebiti.

252    Orbene, con questo documento la Commissione ha formulato obiezioni riguardo al comportamento controverso, spiegando le ragioni per le quali riteneva che esso fosse in contrasto con l’art. 81 CE. Quindi, a partire da tale data le ricorrenti non possono più sostenere di non essere state consce di violare l’art. 81 CE (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 17 dicembre 2003, causa T‑219/99, British Airways/Commissione, Racc. pag. II‑5917, punto 314).

253    A questo proposito esiste una rilevante differenza con il caso Clearstream, citato dalle ricorrenti, in cui i comportamenti controversi erano cessati addirittura prima dell’adozione della comunicazione degli addebiti.

254    Pertanto, gli argomenti delle ricorrenti, che deducono un’asserita assenza di prassi decisionale anteriore o la complessità del caso, sono inoperanti in quanto potrebbero, in ogni caso, unicamente dimostrare l’esistenza di un dubbio ragionevole anteriormente alla comunicazione degli addebiti, cioè per un periodo che non è stato preso in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda.

255    Infine, è priva di incidenza la circostanza che taluni argomenti menzionati dalla Commissione nella decisione impugnata non figurassero nella comunicazione degli addebiti, come il carattere inefficace di un accesso al mercato di cui trattasi facendo ricorso ad un accordo di facciata. Infatti, le informazioni contenute nella comunicazione degli addebiti erano di per sé sufficienti a che le ricorrenti non potessero più nutrire un ragionevole dubbio circa il carattere di infrazione del comportamento controverso.

256    Di conseguenza, la terza parte deve essere disattesa e quindi il motivo respinto nella sua interezza.

2.     Sul quinto motivo, vertente su errori di diritto e di valutazione circa il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta

257    Nell’ambito di tale motivo, le ricorrenti contestano le valutazioni della Commissione relative, in primo luogo, alla determinazione dell’importo di base dell’ammenda, in secondo luogo, al fatto che non siano state prese in considerazione le circostanze attenuanti e, in terzo luogo, alla durata dell’infrazione.

a)     Sulla prima parte del motivo, relativa alla determinazione dell’importo di base dell’ammenda

258    Le ricorrenti contestano, in via principale, la qualificazione dell’infrazione come «grave» e, in subordine, la scelta di un importo di base di 8,5 milioni di euro.

 Sulla natura dell’infrazione

–       Argomenti delle parti

259    Secondo le ricorrenti, l’infrazione loro rimproverata avrebbe dovuto, alla luce degli orientamenti del 1998, essere qualificata «poco grave». Quand’anche si supponesse che abbia avuto un effetto sul mercato, un siffatto effetto non avrebbe avuto l’impatto economico che la Commissione gli attribuisce, poiché l’infrazione ha riguardato un solo operatore in un mercato molto specifico e in un solo Stato membro.

260    Sostengono che, se è vero che un impatto potenziale è sufficiente per constatare l’esistenza di un’infrazione all’art. 81 CE, per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda la Commissione avrebbe il dovere di dimostrare, suffragandolo con prove, l’esistenza di un impatto effettivo sul mercato. Nella specie la Commissione riconoscerebbe di non aver quantificato l’impatto effettivo e ammetterebbe di essersi limitata a dedurlo dalle constatazioni relative all’infrazione.

261    La Commissione ritiene di non essere incorsa in errore circa la qualificazione dell’infrazione.

–       Giudizio del Tribunale

262    Nella decisione impugnata, la Commissione ha fondato la qualificazione come «grave» dell’infrazione di cui trattasi su più elementi.

263    Ha innanzitutto ricordato ai punti 358 e 359 della decisione impugnata che alla Morgan Stanley era stato impedito di proporre servizi di acquisizione per le carte di credito e di debito ad addebito differito in generale e non per le sole carte Visa.

264    La Commissione ha, inoltre, ritenuto che l’infrazione avesse avuto un effettivo impatto sulla concorrenza. Pur riconoscendo, al punto 357 della decisione impugnata, che non era possibile misurare con esattezza un siffatto impatto, la Commissione in base all’attuazione del comportamento controverso ha dedotto che era ragionevole «ritenere probabile che l’infrazione [avesse] avuto un grande impatto sul mercato». Al punto 360 della decisione impugnata, la Commissione ha altresì richiamato i vari elementi sui quali si è basata per constatare l’infrazione.

265    Infine al punto 362 della decisione impugnata ha fatto riferimento alla circostanza che la restrizione aveva riguardato il Regno Unito che costituisce un mercato importante per le carte di pagamento.

266    Si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la gravità dell’infrazione è determinata tenendo conto di numerosi elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, rispetto ai quali la Commissione dispone di un potere discrezionale (v. sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, Racc. pag. II‑2567, punto 153, e la giurisprudenza ivi citata).

267    Come sottolineato supra al punto 247, la Commissione ha applicato il metodo esposto negli orientamenti del 1998 ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

268    Secondo il punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998, la valutazione della gravità dell’infrazione deve prendere in considerazione la natura propria dell’infrazione e il suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l’estensione del mercato geografico rilevante.

269    Dalla descrizione delle infrazioni poco gravi e gravi contenuta negli orientamenti del 1998 risulta che queste si differenziano essenzialmente per il loro impatto sulla concorrenza e per la portata geografica dei loro effetti. Infatti, le infrazioni gravi sono descritte come «prevalentemente (..) restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Le infrazioni «poco gravi» sono descritte come di «impatto sul mercato (...) circoscritto, e che riguardano (...) una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario».

270    In primo luogo, per quanto riguarda l’impatto dell’infrazione sul mercato, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non averne dimostrato la realtà. Esse sostengono altresì che comunque esso potrebbe essere solo limitato.

271    Secondo una costante giurisprudenza, per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione (v. sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑73/04, Carbone‑Lorraine/Commissione, Racc. pag. II‑2661, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata).

272    Al punto 357 della decisione impugnata la Commissione ha sottolineato quanto segue:

«Per quanto non sia possibile misurare con esattezza l’impatto effettivo sul mercato, la decisione che esclude la Morgan Stanley è stata attuata ed è pertanto ragionevole ritenere probabile che l’infrazione abbia avuto un grande impatto sul mercato».

273    Certo, l’istituzione automatica di un nesso di causalità tra l’attuazione di un comportamento anticoncorrenziale e l’esistenza di un impatto deriva da un errato ragionamento (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 109 e 110).

274    Tuttavia, dai punti 358‑360 della decisione impugnata consegue che la Commissione si basa pure a questo proposito su due altri ordini di considerazioni, relative, da un lato, al fatto che il comportamento controverso aveva avuto l’effetto di impedire alla Morgan Stanley di proporre servizi di acquisizione per l’insieme delle carte e non soltanto per le carte Visa e, dall’altro, agli effetti positivi che avrebbe potuto avere la presenza della Morgan Stanley sul mercato di cui trattasi.

275    Orbene, innanzitutto le ricorrenti non contestano che il comportamento controverso abbia avuto senz’altro la conseguenza di impedire alla Morgan Stanley di proporre servizi di acquisizione per l’insieme delle carte e non soltanto per le carte Visa.

276    Inoltre, nell’ambito dell’esame delle domande di annullamento è stato considerato che le valutazioni della Commissione sugli effetti restrittivi della concorrenza del comportamento controverso, cioè sul grado di concorrenza attuale e potenziale, sulla qualità di potenziale concorrente della Morgan Stanley e sulla sua intenzione di inserirsi nel mercato di cui trattasi, non sono inficiate da illegittimità.

277    A questo proposito si deve ricordare che la Commissione al punto 174 della decisione impugnata ha sottolineato di aver interpellato l’insieme degli istituti finanziari identificati come concorrenti potenziali sulla questione se avessero previsto di entrare sul mercato controverso e ha da ciò concluso che la Morgan Stanley costituiva il solo potenziale concorrente che ha formulato la sua intenzione di inserirsi in tale mercato.

278    Pertanto la Commissione, nel concludere, sulla base dei suddetti elementi, che il comportamento controverso aveva avuto un impatto considerevole sul mercato, non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione.

279    In secondo luogo, per quanto riguarda l’esame operato dalla Commissione della portata geografica degli effetti del comportamento controverso, le ricorrenti ritengono che la Commissione avrebbe dovuto privilegiare la qualifica di infrazione «poco grave», in quanto è stato interessato dal comportamento controverso unicamente il mercato del Regno Unito.

280    Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un mercato geografico di dimensione nazionale rappresenta una parte sostanziale del mercato comune (v. sentenza del Tribunale 27 luglio 2005, cause riunite da T‑49/02 a T‑51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II‑3033, punto 176, e la giurisprudenza ivi citata).

281    Al punto 362 della decisione impugnata la Commissione ha fatto riferimento alla circostanza che «il Regno Unito costituisce un mercato importante per le carte di pagamento». Orbene, alla luce dell’importanza economica di tale mercato, che peraltro non è contestata dalle ricorrenti, la Commissione poteva legittimamente ritenere che il mercato di cui trattasi rappresentasse una «ampia zona del mercato comune» ai sensi degli orientamenti del 1998.

282    Alla luce di quanto precede, le censure delle ricorrenti sulla natura dell’infrazione vanno disattese.

 Sull’importo di partenza dell’ammenda

–       Argomenti delle parti

283    Secondo le ricorrenti, l’importo di partenza di 8,5 milioni di euro considerato dalla Commissione è sproporzionato e inficiato da difetto di motivazione. Quindi la Commissione avrebbe dovuto determinare un importo di partenza che si collocava nella parte inferiore della scala prevista per le infrazioni gravi dagli orientamenti del 1998 alla luce dell’impatto dell’infrazione, essendo in discussione una restrizione della concorrenza per effetto, come pure della sua prassi in materia di fissazione delle ammende. Ricordano che, se è vero che la Commissione ha il diritto di discostarsi dalla sua prassi precedente in materia di fissazione delle ammende, essa deve però applicare gli orientamenti del 1998 e indicare i motivi obiettivamente giustificabili su cui si fonda l’importo fissato.

284    Nella replica, le ricorrenti sostengono che la circostanza che la Commissione abbia applicato importi di partenza equivalenti in numerose precedenti decisioni sta a dimostrare il carattere sproporzionato di quello controverso nella presente fattispecie, in quanto i comportamenti contemplati dalle predette decisioni costituivano infrazioni al diritto della concorrenza di ben maggiore gravità.

285    La Commissione ritiene che l’importo di partenza non sia sproporzionato e che la decisione sia sufficientemente motivata.

–       Giudizio del Tribunale

286    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura che deduce un difetto di motivazione in quanto la Commissione non ha indicato le ragioni per le quali ha fissato l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in 8,5 milioni di euro, tale censura va respinta.

287    Nella decisione impugnata non figurano invero giustificazioni esplicite sulla determinazione dell’importo di partenza, essendosi la Commissione limitata, al punto 353 della decisione impugnata, a rinviare alle ragioni che l’hanno indotta a qualificare l’infrazione come grave.

288    Tuttavia è giocoforza constatare che la Commissione non era tenuta a fornire una spiegazione su tale punto. Infatti, come già sottolineato supra al punto 221, dalla costante giurisprudenza risulta che, per quanto riguarda la fissazione di ammende per violazioni del diritto della concorrenza, la Commissione adempie il suo obbligo di motivazione indicando, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione commessa, senza essere tenuta a farvi figurare un’esposizione più dettagliata.

289    Pertanto la Commissione non era tenuta a esplicitare le ragioni per le quali ha fissato esattamente l’importo di partenza dell’ammenda in 8,5 milioni di euro. La decisione impugnata, pertanto, non è inficiata da difetto di motivazione sotto questo profilo.

290    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il carattere asseritamente sproporzionato di tale importo, si deve ricordare che gli orientamenti del 1998 prevedono un importo di partenza per le infrazioni qualificate come «gravi», incluso tra 1 e 20 milioni di euro.

291    Il punto 1 A, terzo, quarto e quinto comma, degli orientamenti del 1998 precisa quanto segue:

«Nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie di infrazioni gravi e molto gravi, la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse.

Sarà inoltre necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo.

In linea di massima si potrà inoltre tenere conto del fatto che generalmente le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre di conoscenze e di infrastrutture giuridico economiche che consentono loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza».

292    Pertanto, nella misura in cui le ricorrenti non rimettono in discussione la legittimità degli orientamenti del 1998, il carattere proporzionato o meno dell’importo di partenza determinato dalla Commissione va valutato alla luce dei criteri menzionati al punto 291.

293    Orbene, alla luce, da un lato, dell’importanza economica delle ricorrenti e, dall’altro, della necessità che l’ammenda conservi un carattere dissuasivo, un importo di 8,5 milioni di euro collocantesi nella metà inferiore della forcella prevista dagli orientamenti del 1998 per le infrazioni gravi non appare manifestamente sproporzionato.

294    Alla luce di quanto sopra, la prima parte del motivo è infondata e va disattesa.

b)     Sulla seconda parte del motivo, relativa alle circostanze attenuanti

 Argomenti delle parti

295    Le ricorrenti sostengono che l’incertezza circa il carattere di infrazione del comportamento controverso avrebbe quantomeno dovuto essere stata qualificata come circostanza attenuante. Per questa ragione la Commissione non avrebbe, inoltre, dovuto applicare maggiorazioni a titolo della durata dell’infrazione. Le rimproverano altresì di non aver preso in considerazione il fatto che, da un lato, hanno proposto di modificare ed hanno effettivamente modificato la Regola e, dall’altro, concluso un accordo con la Morgan Stanley durante la fase amministrativa del procedimento. Infine, il ritardo della Commissione nell’espletamento del procedimento avrebbe giustificato quantomeno una riduzione dell’ammenda.

296    La Commissione ritiene giustamente di non aver considerato alcuna circostanza attenuante. Confuta in particolare l’effettività della modifica che sarebbe stata apportata alla Regola, in quanto consisterebbe soltanto nell’aggiunta di criteri di valutazione che comunque non sono stati applicati alla Morgan Stanley.

 Giudizio del Tribunale

297    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura secondo cui si sarebbe dovuta prendere in considerazione come circostanza attenuante l’incertezza circa il carattere di infrazione del comportamento controverso, tale censura deve essere respinta per i motivi esposti supra ai punti 250‑255. Si deve, infatti, ricordare che la Commissione ha calcolato l’ammenda sulla base di un periodo iniziato con la comunicazione degli addebiti. Orbene, a tale data, le ricorrenti non potevano nutrire più alcun ragionevole dubbio circa il carattere di infrazione del comportamento controverso.

298    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura che deduce che il ritardo assunto dalla Commissione nell’espletamento del procedimento avrebbe giustificato egualmente una riduzione dell’ammenda, tale censura non può essere accolta per le ragioni spiegate supra ai punti 231‑238, poiché il periodo di tempo che è intercorso tra la cessazione dell’infrazione e la decisione impugnata era inferiore al termine di prescrizione previsto dall’art. 25 del regolamento n. 1/2003.

299    Per quanto riguarda, in terzo luogo, il riferimento all’accordo stipulato con la Morgan Stanley e alla sua ammissione in seno alla Visa, si deve rilevare che, procedendo in tal modo, le ricorrenti hanno posto termine all’infrazione loro rimproverata molti anni dopo essere state avvertite dalla Commissione del carattere di infrazione del loro comportamento. Pertanto, giustamente per tale motivo la Commissione non ha concesso riduzioni dell’ammenda alle ricorrenti.

300    In quarto luogo, è altresì inesatta l’asserzione delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto della circostanza che le ricorrenti hanno modificato la Regola nel corso della fase amministrativa del procedimento.

301    È certamente vero che le ricorrenti hanno modificato la Regola il 24 maggio 2006. Tale modifica potrebbe essere considerata una risposta a taluna delle critiche rivolte dalla Commissione alle ricorrenti nella comunicazione degli addebiti che, ai punti 247 e 248, sottolineava che la formulazione della Regola si prestava ad un’applicazione discriminatoria, con riferimento, in particolare, al carattere insufficientemente obiettivo e preciso della nozione di «concorrente» che ivi figurava. È giocoforza altresì constatare che la decisione impugnata, adottata successivamente a tale modifica della Regola, non riprende tale critica.

302    Tuttavia la Commissione non era assolutamente tenuta a trattare tale modifica della Regola come circostanza attenuante e a concedere una riduzione dell’ammenda alle ricorrenti.

303    Infatti, il carattere adeguato di un’eventuale riduzione dell’ammenda a titolo di circostanze attenuanti ai sensi del punto 3 degli orientamenti del 1998 dev’essere stabilito sulla base di una valutazione globale tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti. In mancanza di un’indicazione imperativa negli orientamenti riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, si deve rilevare che la Commissione ha conservato un certo potere discrezionale per valutare in maniera globale l’importanza di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende a titolo di circostanze attenuanti (sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, punto 182 supra, punto 275).

304    Orbene, nella misura in cui il comportamento controverso non riguardava né la Regola in sé, né la sua applicazione alla Morgan Stanley, come riconosciuto dalle ricorrenti stesse, e nella misura in cui tale rifiuto di ammissione è perdurato per oltre due anni dopo la comunicazione degli addebiti, la Commissione correttamente ha potuto non prendere in considerazione la modifica apportata alla Regola dalle ricorrenti, peraltro intervenuta solo in una fase molto avanzata della fase amministrativa del procedimento.

305    La seconda parte del motivo deve essere, pertanto, disattesa.

c)     Sulla terza parte del motivo relativa alla durata dell’infrazione

 Argomenti delle parti

306    Le ricorrenti contestano la determinazione da parte della Commissione delle date di inizio e di cessazione dell’infrazione. Ritengono che l’infrazione sia, al massimo, durata sette mesi tra l’agosto 2005 e il febbraio 2006. Pertanto la Commissione non avrebbe dovuto applicare una maggiorazione in ragione della durata.

307    Le ricorrenti, in primo luogo, ritengono che l’infrazione non abbia avuto inizio prima dell’agosto 2005. Si basano sulla circostanza che un ingresso sul mercato di cui trattasi richiede l’adozione di un piano concreto di attuazione. Nella misura in cui, da un lato, la prima prova relativa a un piano di attuazione daterebbe 20 maggio 2005 e, dall’altro, la realizzazione effettiva di un siffatto piano richiederebbe di norma tre mesi almeno, la Morgan Stanley non avrebbe potuto inserirsi nel mercato di cui trattasi prima dell’agosto 2005.

308    Pertanto la Commissione a torto ritiene che l’inizio del comportamento costitutivo di un’infrazione risalga alla chiusura del mercato, il 22 marzo 2000. Le ricorrenti negano altresì un’effettiva intenzione della Morgan Stanley di entrare sul mercato dell’acquisizione sin dal 1998. Le prove che si suppone dimostrino l’esistenza di una siffatta intenzione riguarderebbero in realtà soltanto il mercato dell’emissione delle carte. Le ricorrenti rimproverano, inoltre, alla Commissione di non aver analizzato le prove da esse prodotte, laddove queste ultime dimostrerebbero l’inesistenza di una volontà della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi.

309    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione, nella misura in cui per determinare la durata dell’infrazione si basa sulla pretesa costante intenzione della Morgan Stanley di esercitare attività di acquisizione, era tenuta a dimostrare l’effettività di tale intenzione per l’intera durata dell’infrazione. Orbene, la decisione impugnata non menzionerebbe la benché minima prova di tale intenzione per il periodo tra il maggio 2005 e il 22 settembre 2006. Di conseguenza la Commissione sarebbe venuta meno ai suoi obblighi, quali esplicitati nella sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T‑43/92, Dunlop Slazenger/Commissione (Racc. pag. II‑441, punti 79 e 80). Comunque, la Commissione avrebbe dovuto considerare che l’infrazione era terminata nel febbraio 2006, quando erano iniziati i negoziati in vista dell’adesione della Morgan Stanley, la quale, in tale occasione, non avrebbe dimostrato alcuna intenzione di inserirsi nel mercato dell’acquisizione.

310    Per quanto riguarda la risposta della Commissione secondo cui la sola qualità di membro della Visa sarebbe sufficiente a conferire il diritto di acquisire, le ricorrenti sottolineano che tale risposta è frutto di un ragionamento errato. La questione essenziale sarebbe quella dell’esistenza o meno di un’intenzione della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi. Pertanto, la circostanza che la Morgan Stanley non abbia inteso rispondere alle richieste delle ricorrenti in tale senso all’epoca dei negoziati di adesione costituirebbe un elemento assolutamente pertinente. Ricordano inoltre che la Morgan Stanley non si è inserita nel mercato di cui trattasi dopo la sua ammissione.

311    La Commissione ritiene di non essere incorsa in errore nella fissazione delle date di inizio e di cessazione dell’infrazione.

 Giudizio del Tribunale

312    Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la determinazione della durata dell’infrazione è errata in quanto l’intenzione della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi non sarebbe perdurata per tutto il periodo considerato dalla Commissione. Le rimproverano altresì di non aver dedotto i periodi di tempo inerenti all’ingresso sul mercato di cui trattasi.

313    Tuttavia, come è stato sottolineato nell’ambito dell’analisi delle domande di annullamento, la Commissione ha giustamente ritenuto che la Morgan Stanley fosse un concorrente potenziale sul mercato di cui trattasi. Pertanto, il comportamento controverso ha prodotto effetti restrittivi della concorrenza nei suoi confronti fintantoché è perdurata l’esclusione dal suddetto mercato. A ragione, pertanto, la Commissione ha considerato l’esistenza di un’infrazione di durata equivalente a quella del diniego della qualità di membro della Visa che le era stato opposto. Nella misura in cui tale rifiuto è perdurato tra il 22 marzo 2000 e l’adesione della Morgan Stanley, il 22 settembre 2006, si è pertanto avuta un’infrazione permanente al diritto della concorrenza tra tali due date. La Commissione non è pertanto incorsa in errore nella fissazione delle date di inizio e di cessazione dell’infrazione.

314    Di conseguenza non vi è alcun dubbio circa l’esatta durata dell’infrazione. Sotto tale aspetto la presente causa si distingue da quella che ha dato luogo alla sentenza Dunlop Slazenger/Commissione, punto 309 supra (punti 79 e 80), richiamata dalle ricorrenti.

315    La terza parte va disattesa e pertanto il motivo va respinto nel suo complesso.

316    Alla luce delle suesposte considerazioni, tutte le domande dedotte nell’ambito del presente ricorso devono essere respinte.

 Sulle spese

317    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Visa Europe Ltd e la Visa International Service sono condannate alle spese.

Jaeger

Vadapalas

Prek

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 aprile 2011.

Firme


Indice


Fatti

La decisione impugnata

A –  Definizione del mercato rilevante

B –  Il comportamento censurato

C –  Applicazione dell’art. 81 CE

D –  Calcolo dell’ammenda

Il procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

A –  Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

1.  Questioni preliminari

a)  Sulla ricevibilità di taluni argomenti e di un documento

b)  Sulla ricevibilità di un allegato del ricorso

2.  Sul secondo motivo, vertente su una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

3.  Sul primo e terzo motivo, che contestano il carattere restrittivo della concorrenza del comportamento controverso

a)  Sul primo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non ha tenuto conto della possibilità della Morgan Stanley di inserirsi nel mercato di cui trattasi ricorrendo ad un accordo di facciata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Sul terzo motivo, relativo alle incidenze sulla concorrenza della presenza della Morgan Stanley sul mercato rilevante

Sulla prima parte del motivo, vertente sull’applicazione di un criterio economicamente e giuridicamente errato

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte del motivo, vertente su un’erronea analisi del grado di concorrenza esistente sul mercato rilevante

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte del motivo, vertente su un’analisi insufficiente e errata degli effetti del rifiuto di ammissione della Morgan Stanley sulla concorrenza

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

B –  Sulla domanda di annullamento o di riduzione dell’ammenda

1.  Sul quarto motivo, vertente sull’esistenza di errori di diritto e di valutazione circa l’imposizione di un’ammenda

a)  Sulla prima parte del motivo, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché su un difetto di motivazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Sulla seconda parte del motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di adottare la decisione impugnata entro un termine ragionevole

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Sulla terza parte del motivo, vertente sulla mancata presa in considerazione dell’esistenza di un dubbio ragionevole circa il carattere di infrazione del comportamento controverso

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sul quinto motivo, vertente su errori di diritto e di valutazione circa il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta

a)  Sulla prima parte del motivo, relativa alla determinazione dell’importo di base dell’ammenda

Sulla natura dell’infrazione

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sull’importo di partenza dell’ammenda

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

b)  Sulla seconda parte del motivo, relativa alle circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Sulla terza parte del motivo relativa alla durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.