SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

9 ottobre 2008 ( *1 )

«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro 2001/220/GAI — Posizione della vittima nel procedimento penale — Privato che esercita l’accusa sostituendosi al pubblico ministero — Deposizione della vittima come testimone»

Nel procedimento C-404/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 35 UE, dal Fővárosi Bíróság (Ungheria) con decisione 6 luglio 2007, pervenuta in cancelleria il 27 agosto 2007, nel procedimento penale

Győrgy Katz

contro

István Roland Sós,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues (relatore), J. Klučka, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 giugno 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per il sig. Katz, dall’avv. L. Kiss, ügyvéd;

per il sig. Sós, dall’avv. L. Helmeczy, ügyvéd;

per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;

per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Troosters e B. Simon, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 luglio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2 e 3 della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»).

2

Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Sós per truffa ai danni dal sig. Katz, che esercita contro di lui accusa privata sussidiaria.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione europea

3

Ai termini del quarto ‘considerando’ della decisione quadro,

«[o]ccorre che gli Stati membri ravvicinino le loro disposizioni legislative e regolamentari, per raggiungere l’obiettivo di offrire alle vittime della criminalità, indipendentemente dallo Stato membro in cui si trovano, un livello elevato di protezione».

4

Ai sensi del suo art. 1, ai fini della decisione quadro s’intende per

«a)

“vittima”: la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro;

(…)».

5

L’art. 2 della decisione quadro enuncia quanto segue:

«1.   Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato delle vittime. Ciascuno Stato membro si adopererà affinché alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale.

2.   Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione».

6

L’art. 3 della decisione quadro così dispone:

«Ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per la vittima di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova.

Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le autorità competenti interroghino la vittima soltanto per quanto è necessario al procedimento penale».

7

Ai termini dell’art. 5 della decisione quadro,

«[c]iascuno Stato membro adotta le misure necessarie per ridurre al massimo le difficoltà di comunicazione per quanto riguarda la comprensione o la partecipazione della vittima in qualità di testimone o parte in causa nelle fasi più importanti del procedimento penale, allo stesso modo in cui misure analoghe sono adottate nei confronti dell’imputato».

8

L’art. 7 della decisione quadro prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro, secondo le disposizioni nazionali applicabili, offre alla vittima, che sia parte civile o testimone, la possibilità di essere rimborsata delle spese sostenute a causa della sua legittima partecipazione al procedimento penale».

9

Dalla «Informazione relativa alle dichiarazioni della Repubblica francese e della Repubblica di Ungheria di accettazione della competenza della Corte di giustizia a pronunciarsi in via pregiudiziale sugli atti di cui all’articolo 35 del trattato sull’Unione europea», pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 14 dicembre 2005 (GU L 327, pag. 19), risulta che la Repubblica di Ungheria ha dichiarato, conformemente alle disposizioni stabilite nell’art. 35, n. 2, UE, di accettare la competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee a pronunciarsi in via pregiudiziale come previsto dall’art. 35, n. 3, lett. a), UE.

10

Tuttavia, ai termini del decreto del governo ungherese (kormányhatározat) 15 maggio 2003, n. 2088 (V. 15.), recante dichiarazione relativa al procedimento di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, «la Repubblica di Ungheria dichiara, ai sensi dell’art. 35, n. 2, UE, di accettare la competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee conformemente alle disposizioni stabilite nell’art. 35, n. 3, lett. b), UE».

11

Dalla «Informazione relativa alle dichiarazioni della Repubblica d’Ungheria, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania e della Repubblica di Slovenia di accettazione della competenza della Corte di giustizia a pronunciarsi in via pregiudiziale sugli atti di cui all’articolo 35 del Trattato sull’Unione europea», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee il 14 marzo 2008 (GU L 70, pag. 23), risulta che la Repubblica di Ungheria ha ritirato la sua precedente dichiarazione e «ha dichiarato di accettare la competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee conformemente alle disposizioni stabilite nell’articolo 35, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettera b) del Trattato sull’Unione europea».

La normativa nazionale

12

L’art. 28, n. 7, della legge ungherese n. XIX del 1998 sulla procedura penale (Büntetőeljárásról szóló 1998. évi XIX. törvény; in prosieguo: la «legge n. XIX del 1998»), dispone quanto segue:

«Nel rispetto delle condizioni della presente legge, il pubblico ministero esercita l’azione penale e, salvo casi di accusa privata o di accusa privata sussidiaria, instaura il procedimento dinanzi al Tribunale, ovvero decide per una procedura di conciliazione, per la sospensione dell’azione o per una rinuncia parziale alla stessa. Il pubblico ministero può archiviare il procedimento o modificarne l’oggetto. Può esaminare il fascicolo in corso di causa e presentare istanze istruttorie su qualsiasi questione processuale su cui il Tribunale debba pronunciarsi».

13

Ai termini dell’art. 31, n. 1, di detta legge,

«[n]on può agire come pubblico ministero nel procedimento penale

(…)

b)

chiunque partecipi o abbia partecipato al procedimento in qualità di (…) vittima, accusa privata, accusa privata sussidiaria, parte civile, denunciante o legale rappresentante del denunciante, ovvero chiunque sia legato a una di tali persone,

c)

chiunque partecipi o abbia partecipato al procedimento in qualità di testimone, esperto o perito,

(…)».

14

L’art. 51, n. 1, della legge n. XIX del 1998 definisce la vittima come il titolare dei diritti o dei legittimi interessi lesi o posti a repentaglio dal reato. In forza del n. 2 del medesimo articolo, la vittima ha la facoltà di:

«a)

salvo diversa disposizione della presente legge, essere presente al momento degli adempimenti processuali ed esaminare i documenti processuali che la riguardano;

b)

presentare istanze istruttorie e osservazioni in qualsiasi fase del procedimento;

c)

ottenere dal tribunale, dal pubblico ministero e dal giudice istruttore informazioni in merito ai suoi diritti ed obblighi processuali;

d)

interporre appello nei casi previsti dalla presente legge».

15

Ai sensi dell’art. 53, n. 1, della legge n. XIX del 1998,

«[l]a vittima può agire come accusa privata sussidiaria nei casi disciplinati dalla presente legge, se:

a)

il pubblico ministero o il giudice istruttore non ha dato seguito alla denuncia o ha archiviato l’inchiesta;

b)

il pubblico ministero ha parzialmente rinunciato a promuovere l’azione penale;

c)

il pubblico ministero ha rinunciato all’azione penale;

d)

il pubblico ministero in esito alla fase istruttoria non ha constatato l’esistenza di un’infrazione perseguibile con azione pubblica e, quindi, non ha promosso alcuna azione penale, o — dopo l’istruttoria disposta in un procedimento promosso dall’accusa privata — ha deciso di non esercitare a sua volta l’azione penale;

e)

il pubblico ministero in corso di procedimento ha rinunciato all’azione penale reputando che il reato non sia perseguibile con azione pubblica».

16

L’art. 236 della legge n. XIX del 1998 prevede quanto segue:

«Salvo contraria disposizione della presente legge, l’accusa privata sussidiaria esercita nell’ambito del procedimento giudiziario i poteri attribuiti al pubblico ministero, incluso quello di proporre che all’imputato si applichino misure coercitive privative o restrittive della libertà. L’accusa privata sussidiaria non può proporre che all’imputato sia revocata la potestà di genitore».

17

In forza dell’art. 343, n. 5, della medesima legge,

«l’accusa privata sussidiaria non può estendere l’ambito del procedimento».

Fatti e questione pregiudiziale

18

Nell’ambito di un procedimento penale dinanzi al Fővárosi Bíróság (Corte di Budapest) introdotto dal sig. Katz a titolo di accusa privata sussidiaria, il sig. Sós veniva chiamato a rispondere nei confronti di quest’ultimo di truffa che abbia causato un danno grave ai sensi dell’art. 318, nn. 1 e 6, lett. a), del codice penale ungherese (Büntető törvénykönyv). L’azione veniva promossa a seguito della decisione del pubblico ministero di non luogo a procedere nel medesimo procedimento.

19

L’accusa privata sussidiaria costituirebbe un modo particolare di promuovere l’azione penale previsto dal diritto processuale penale ungherese. Non solo al pubblico ministero, ma anche alla vittima di taluni reati minori il diritto ungherese permetterebbe di instaurare e di portare avanti il procedimento; la vittima agirebbe come «accusa privata» («magánvád»). L’«accusa privata sussidiaria» («pótmagánvád»), oggetto della presente controversia, sarebbe un terzo modo di azione penale che permetterebbe alla vittima di un reato di intervenire quando, per esempio, il pubblico ministero desiste. L’accusa privata e l’accusa privata sussidiaria sarebbero altro dalla costituzione di parte civile.

20

La richiesta del sig. Katz, in quanto vittima, di essere sentito come teste nell’ambito dell’accusa privata sussidiaria veniva respinta dal Fővárosi Bíróság, che statuiva su tale istanza e chiudeva l’istruzione.

21

Nel dibattimento dinanzi al giudice del rinvio il sig. Katz faceva valere che, rifiutando di sentire come teste la vittima, che svolge altresì il ruolo dell’accusa, detto giudice aveva violato i principi dell’equo processo e della parità delle armi sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Affermava inoltre che già era stato danneggiato, nell’ambito della fase istruttoria, dal fatto che il giudice istruttore aveva omesso di adempiere al suo obbligo di acclarare i fatti, quando invece l’accusa privata sussidiaria è stata istituita proprio per ovviare a situazioni siffatte, affinché con la deposizione della vittima che interviene di persona possa essere accertata la verità e risarcito il danno arrecato alla stessa. In caso contrario — sosteneva il sig. Katz —, la vittima sarebbe sfavorita rispetto all’imputato.

22

Nell’ambito di una successiva udienza, tenuta il 6 luglio 2007, il medesimo giudice riapriva la fase istruttoria osservando che il legislatore ungherese, se all’art. 236 della legge n. XIX del 1998 ha ammesso una deroga al divieto per un accusatore privato sussidiario di agire come pubblico ministero, non ha fatto altrettanto per quanto riguarda il divieto sancito all’art. 31, n. 1, della stessa legge, in forza del quale un testimone non può agire come pubblico ministero. Il Fővárosi Bíróság ne deduceva che chi esercita l’accusa privata sussidiaria non può essere sentito come teste nel medesimo procedimento penale. Quanto al procedimento di accusa privata, invece, detta legge conterrebbe una disposizione che esplicitamente consente all’accusa privata di essere sentita come teste. Per quanto esista indubbiamente una somiglianza tra la natura del procedimento caratterizzato dalla presenza dell’accusa privata e la natura di quello instaurato da un privato in sostituzione del pubblico ministero, in mancanza di una norma di rinvio dall’uno all’altro non possono essere tuttavia applicate a questi due distinti procedimenti le stesse disposizioni.

23

Il Fővárosi Bíróság constatava che lo stesso legislatore ungherese ha riconosciuto che l’istituto giuridico dell’accusa privata sussidiaria costituisce un importante strumento per sanare l’inazione delle autorità giudiziarie. Parimenti, sarebbe indubbio che l’obiettivo di questo istituto consiste nell’assicurare alla vittima una possibilità concreta di obbligare l’autorità giurisdizionale a pronunciarsi, obiettivo che sarebbe tuttavia difficile, se non addirittura impossibile, realizzare qualora la vittima che agisce come accusa privata sussidiaria non potesse essere sentita come teste e non potesse fornire prove mediante la sua deposizione, pur essendo il più delle volte proprio essa il soggetto che ha conoscenza dei fatti da accertare.

24

Si dovrebbe altresì riconoscere che, svolgendo i compiti del pubblico ministero, l’accusa privata sussidiaria dispone comunque di poteri alquanto ampi. Potendo presentare istanze istruttorie, avrebbe la possibilità di produrre prove ed anche di svolgere osservazioni.

25

Per il Fővárosi Bíróság è controverso come debbano essere interpretati i concetti di ruolo «effettivo e appropriato» della vittima, nonché di «possibilità» per quest’ultima «di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova», rispettivamente previsti agli artt. 2 e 3 della decisione quadro; esso si chiede se occorra includervi la possibilità per il giudice nazionale di sentire la vittima di un reato come teste anche in seno a un procedimento in cui quest’ultima svolga il ruolo di accusa privata sussidiaria.

26

Alla luce di tali circostanze, il Fővárosi Bíróság, come giudice di prima istanza, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli artt. 2 e 3 della decisione quadro (…) debbano essere interpretati nel senso che al giudice nazionale deve essere garantita la possibilità di sentire come teste la vittima di un reato anche nell’ambito di un procedimento in cui quest’ultima si sia costituita come accusa privata sussidiaria».

Sulla ricevibilità

27

Come risulta dal punto 10 della presente sentenza, la Repubblica di Ungheria, con la decisione governativa 15 maggio 2003, n. 2088, ha dichiarato di accettare la competenza della Corte a statuire sulla validità e sull’interpretazione degli atti di cui all’art. 35 UE conformemente alle modalità previste al n. 3, lett. b), del medesimo articolo. È pacifico che la presente decisione di rinvio è stata introdotta in conformità di tale dichiarazione, pertanto il Fővárosi Bíróság rientra tra le giurisdizioni legittimate ad adire la Corte ai sensi dell’art. 35 UE.

28

Il governo ungherese ritiene nondimeno che la domanda pregiudiziale sia irricevibile in quanto, a suo parere, di natura ipotetica. Il Fővárosi Bíróság affermerebbe a torto che il diritto ungherese nega all’accusa privata sussidiaria di essere sentita come teste in un procedimento penale. A sostegno della sua argomentazione detto governo invoca in particolare il parere 14 maggio 2007, n. 4, della sezione penale del Legfelsöbb Bíróság (Corte suprema ungherese), ai termini del quale «non sussiste ostacolo di legge nell’ambito di un procedimento penale a che sia sentita come teste la vittima che esercita l’accusa privata sussidiaria». Neppure il sig. Katz ha dubbi che il diritto ungherese ammetta chi assume l’accusa privata sussidiaria a testimoniare in un procedimento penale.

29

Occorre ricordare che, in conformità dell’art. 46, lett. b), UE, le disposizioni del Trattato CE relative alle competenze della Corte e all’esercizio di tali competenze, disposizioni tra le quali figura l’art. 234 CE, sono applicabili a quelle del titolo VI del Trattato UE alle condizioni previste dall’art. 35 UE. Ne risulta che il regime previsto all’art. 234 CE è destinato ad applicarsi alla competenza pregiudiziale della Corte ai sensi dell’art. 35 UE, fatte salve le condizioni previste da tale ultima disposizione (v., in particolare, sentenza 12 agosto 2008, causa C-296/08 PPU, Santesteban Goicoechea, Racc. pag. I-6307, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

30

Occorre rilevare che, analogamente all’art. 234 CE, l’art. 35 UE subordina il rinvio pregiudiziale alla Corte alla condizione che il giudice nazionale «reputi necessaria una decisione su tale punto per emanare la sua sentenza», di modo che la giurisprudenza della Corte relativa alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali proposte ai sensi dell’art. 234 CE è, in linea di principio, trasponibile alle domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte in forza dell’art. 35 UE (v., in particolare, sentenza 28 giugno 2007, causa C-467/05, Dell’Orto, Racc. pag. I-5557, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

31

Ne consegue che la presunzione di pertinenza che inerisce alle questioni proposte in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere esclusa solo in casi eccezionali, qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione europea considerate in tali questioni non abbia alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni che le vengono sottoposte. Fatte salve tali ipotesi, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire sulle questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli atti previsti all’art. 35, n. 1, UE (sentenza Dell’Orto, cit., punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

32

Come risulta dai punti da 18-25 della presente sentenza, la decisione di rinvio illustra i fatti principali all’origine della controversia nonché le disposizioni direttamente pertinenti del diritto nazionale applicabile e spiega le ragioni per cui il giudice remittente richiede l’interpretazione della decisione quadro, così come il nesso fra quest’ultima e la normativa nazionale applicabile in materia.

33

Contrariamente a quanto sostiene il governo ungherese, non è evidente che il problema sorto nel procedimento principale abbia natura ipotetica, se non altro perché è pacifico che il giudice nazionale ha respinto la richiesta del sig. Katz di essere sentito come testimone nel procedimento in cui ha esercitato l’accusa privata sussidiaria con l’argomento che la normativa ungherese non attribuirebbe espressamente tale diritto in una situazione del genere.

34

Non spetta, inoltre, alla Corte nell’ambito di un rinvio pregiudiziale pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni nazionali, né giudicare se l’interpretazione che di queste dà il giudice del rinvio sia corretta (v., in particolare, quanto all’art. 234 CE, sentenza 14 febbraio 2008, causa C-244/06, Dynamic Medien, Racc. pag. I-505, punto 19).

35

Occorre perciò risolvere la questione pregiudiziale.

36

Per contro, va respinta la richiesta del sig. Katz che la Corte ampli la questione sollevata e accerti se, in applicazione della decisione quadro, alcuni poteri istruttori riconosciuti dal diritto ungherese al pubblico ministero debbano essere attribuiti anche all’accusa privata sussidiaria.

37

A norma dell’art. 35 UE, spetta infatti al giudice nazionale e non alle parti nella causa principale adire la Corte. La facoltà di determinare le questioni da sottoporre a quest’ultima è quindi riservata al giudice nazionale e le parti non possono modificarne il tenore (v. sentenza Santesteban Goicoechea, cit., punto 46).

38

Infine, rispondere alle questioni sollevate dal sig. Katz sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’art. 35 UE e con l’obbligo della Corte di assicurare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base a quest’ultima disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (v. sentenza Santesteban Goicoechea, cit., punto 47).

Sulla questione pregiudiziale

39

È pacifico che chi si trovi nella situazione del sig. Katz è una vittima ai sensi dell’art. 1, lett. a), della decisione quadro, disposizione che definisce la vittima come la persona fisica che ha subìto un pregiudizio causato direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro.

40

Come risulta dai suoi artt. 5 e 7, la decisione quadro si occupa della posizione della vittima, indipendentemente dal fatto che quest’ultima intervenga come testimone o come parte nel procedimento.

41

Nessuna disposizione della decisione quadro tende a escludere dal suo ambito di applicazione il caso in cui, in un procedimento penale, la vittima eserciti le funzioni dell’accusa in luogo e al posto dell’autorità pubblica, come è avvenuto nella fattispecie.

42

Si legge al quarto ‘considerando’ della decisione quadro che occorre offrire alle vittime della criminalità un livello elevato di protezione.

43

Conformemente all’art. 2, n. 1, della decisione quadro, gli Stati membri assicurano alle vittime un ruolo effettivo e appropriato nel loro sistema giudiziario penale e ne riconoscono i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale.

44

L’art. 3, n. 1, della decisione quadro dispone, in termini generali, che gli Stati membri garantiscano la possibilità per la vittima di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova.

45

Ne consegue che, se una vittima che esercita l’accusa privata sussidiaria può senz’altro rivendicare il beneficio della posizione di vittima ai sensi della decisione quadro, né l’art. 3, n. 1, suddetto né altra disposizione di detta decisione precisano quale regime probatorio trovi applicazione nei suoi confronti nell’ambito di un procedimento penale.

46

Si deve perciò necessariamente constatare che la decisione quadro, pur imponendo agli Stati membri, da un lato, di assicurare alle vittime un elevato livello di protezione nonché un ruolo effettivo ed appropriato nel loro sistema giudiziario penale e, dall’altro, di riconoscere i diritti e gli interessi giuridicamente protetti di queste ultime e di fare in modo che possano essere sentite durante il procedimento e fornire elementi di prova, lascia alle autorità nazionali un ampio potere discrezionale quanto alle modalità concrete di attuazione di tali obiettivi.

47

Tuttavia, pena svuotare di gran parte del suo effetto utile l’art. 3, n. 1, della decisione quadro e disattendere gli obblighi enunciati all’art. 2, n. 1, della medesima, dette disposizioni devono implicare in ogni caso che la vittima possa rendere una deposizione nel procedimento penale e che tale deposizione possa essere considerata un elemento di prova.

48

A ciò si aggiunga che la decisione quadro deve essere interpretata in maniera tale che siano rispettati i diritti fondamentali, tra i quali anzitutto il diritto ad un processo equo, quale sancito dall’art. 6 CEDU (v., in particolare, sentenza 16 giugno 2005, causa C-105/03, Pupino, Racc. pag. I-5285, punto 59).

49

Spetta pertanto al giudice del rinvio accertarsi che la produzione delle prove nell’ambito del procedimento penale, considerato nel suo complesso, non pregiudichi l’equità del processo sancita dall’art. 6 CEDU come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in particolare, sentenze 10 aprile 2003, causa C-276/01, Steffensen, Racc. pag. I-3735, punto 76, e Pupino, cit., punto 60).

50

Alla luce di quanto precede occorre risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che gli artt. 2 e 3 della decisione quadro devono essere interpretati nel senso che non obbligano un giudice nazionale ad ammettere l’audizione della vittima di un reato come testimone nell’ambito di un procedimento di accusa privata sussidiaria quale quello oggetto della presente fattispecie. Ove priva di tale possibilità, la vittima deve però poter essere ammessa a rendere una deposizione che possa essere presa in considerazione come elemento di prova.

Sulle spese

51

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Gli artt. 2 e 3 della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, devono essere interpretati nel senso che non obbligano un giudice nazionale ad ammettere l’audizione della vittima di un reato come testimone nell’ambito di un procedimento di accusa privata sussidiaria quale quello oggetto della presente fattispecie. Ove priva di tale possibilità, la vittima deve però poter essere ammessa a rendere una deposizione che possa essere presa in considerazione come elemento di prova.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.