SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
3 settembre 2009 ( *1 )
«Impugnazioni — Intese — Mercato della carta autocopiante — Mancata concordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione controversa — Violazione dei diritti della difesa — Conseguenze — Snaturamento degli elementi di prova — Partecipazione all’infrazione — Durata dell’infrazione — Regolamento n. 17 — Art. 15, n. 2 — Orientamenti per il calcolo delle ammende — Principio della parità di trattamento — Principio di proporzionalità — Obbligo di motivazione — Durata ragionevole del procedimento dinanzi al Tribunale»
Nei procedimenti riuniti C-322/07 P, C-327/07 P e C-338/07 P,
aventi ad oggetto tre impugnazioni a titolo dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte rispettivamente il 9, l’11 e il 16 luglio 2007,
Papierfabrik August Koehler AG, con sede in Oberkirch (Germania), rappresentata dagli avv.ti I. Brinker e S. Hirsbrunner, Rechtsanwälte, e dal sig. J. Schwarze, professore,
Bolloré SA, con sede in Ergue Gaberic (Francia), rappresentata dagli avv.ti C. Momège e P. Gassenbach, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Distribuidora Vizcaína de Papeles SL, con sede in Derio (Spagna), rappresentata dagli avv.ti E. Pérez Medrano e T. Díaz Utrilla, abogados,
ricorrenti,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e W. Mölls, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti H.-J. Freund, Rechtsanwalt, e N. Coutrelis, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J. Klučka (relatore), U. Lõhmus e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 settembre 2008,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 aprile 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
Con le loro impugnazioni, la Papierfabrik August Koehler AG (in prosieguo: la «Koehler») (causa C-322/07 P), la Bolloré SA (in prosieguo: la «Bolloré») (causa C-327/07 P) e la Distribuidora Vizcaína de Papeles SL (in prosieguo: la «Divipa») (causa C-338/07 P) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 aprile 2007, cause riunite T-109/02, T-118/02, T-122/02, T-125/02, T-126/02, T-128/02, T-129/02, T-132/02 e T-136/02, Bolloré e a./Commissione (Racc. pag. II-947; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto i ricorsi, presentati segnatamente dalla Koehler, dalla Bolloré e dalla Divipa, diretti all’annullamento della decisione della Commissione 20 dicembre 2001, 2004/337/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/36.212 — Carta autocopiante) (GU 2004, L 115, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»). Con tale decisione, la Commissione delle Comunità europee ha inflitto un’ammenda di EUR 33,07 milioni alla Koehler, di EUR 22,68 milioni alla Bolloré e di EUR 1,75 milioni alla Divipa. |
Fatti
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2 |
I fatti all’origine della presente controversia, quali esposti ai punti 1-13 della sentenza impugnata, possono essere così riassunti. |
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3 |
Nell’autunno del 1996, il gruppo cartario Sappi, la cui società controllante è la Sappi Ltd (in prosieguo: la «Sappi»), ha trasmesso alla Commissione dati e documenti che l’hanno indotta a sospettare l’esistenza, presente o passata, di un cartello segreto per la fissazione dei prezzi nel settore della carta autocopiante, settore in cui la Sappi operava come produttore. |
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4 |
Alla luce degli elementi comunicati dalla Sappi, la Commissione ha effettuato accertamenti presso taluni produttori di carta autocopiante, a titolo dell’art. 14, nn. 2 e 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, 13, pag. 204). Pertanto, gli accertamenti previsti dall’art. 14, n. 3, di tale regolamento sono stati effettuati segnatamente il 18 e 19 febbraio 1997 nei locali di diverse imprese, tra cui la Papeteries Mougeot SA (in prosieguo: la «Mougeot»), nonché la Sappi e altre imprese, tra cui la Koehler e la Arjo Wiggins Appelton plc (in prosieguo: l’«AWA»), durante il periodo intercorrente tra il luglio e il dicembre del 1997. |
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5 |
Nel 1999, la Commissione ha inviato richieste di informazioni, conformemente all’art. 11 del regolamento n. 17, a diverse imprese, tra cui figuravano l’AWA, la Mougeot, la Divipa, la Koehler e la Copigraph SA (in prosieguo: la «Copigraph»), che è una controllata della Bolloré. Con tali richieste, le imprese sono state invitate a fornire indicazioni in merito ai loro annunci di aumenti di prezzo, ai loro volumi di vendita, ai loro clienti, ai loro fatturati e ai loro incontri con i concorrenti. |
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6 |
Nelle rispettive risposte a tali richieste di informazioni, l’AWA, la Copigraph ed un’altra impresa hanno ammesso la loro partecipazione alle riunioni del cartello a livello multilaterale tenutesi fra i produttori di carta autocopiante. Esse hanno fornito alla Commissione vari documenti ed informazioni a tal proposito. |
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7 |
La Mougeot, da parte sua, ha contattato la Commissione il 14 aprile 1999 dichiarando che era disposta a cooperare all’indagine in applicazione della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»). Essa ha ammesso l’esistenza di un cartello per la fissazione dei prezzi nel settore della carta autocopiante e ha fornito alla Commissione informazioni sulla struttura del cartello, e in particolare sulle singole riunioni a cui avevano preso parte i suoi rappresentanti. |
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8 |
Il 26 luglio 2000, la Commissione ha avviato il procedimento nelle cause che hanno dato luogo alla decisione controversa e ha adottato una comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») che essa ha inviato a 17 imprese tra cui figuravano la Copigraph, la Bolloré, in qualità di società controllante della Copigraph, nonché l’AWA, la Divipa, la Mougeot, la Koehler e la Sappi. |
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9 |
Tutte le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti, tranne tre, hanno trasmesso osservazioni scritte in risposta agli addebiti della Commissione. |
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10 |
Un’udienza si è svolta l’8 ed il 9 marzo 2001 e il 20 dicembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione controversa. |
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11 |
All’art. 1, primo comma, della decisione, la Commissione constata che undici imprese, con la loro partecipazione ad un complesso di accordi e di pratiche concordate nel settore della carta autocopiante, hanno violato gli artt. 81, n. 1, CE e 53, n. 1, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3). |
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12 |
All’art. 1, secondo comma, della medesima decisione, la Commissione constata che l’AWA, la Bolloré, la Koehler, la Sappi e altre tre imprese hanno partecipato all’infrazione dal gennaio 1992 al settembre 1995, la Divipa dal marzo 1992 al gennaio 1995 e la Mougeot dal maggio 1992 al settembre 1995. |
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13 |
All’art. 2 della decisione controversa, viene ordinato alle imprese menzionate all’art. 1 della medesima decisione di porre fine all’infrazione cui si riferisce quest’ultimo articolo, qualora non vi abbiano già provveduto, e di astenersi, nella loro attività nel settore della carta autocopiante, da qualsiasi accordo o pratica concordata che possa avere oggetto od effetto identico o equivalente a quello dell’infrazione. |
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14 |
Secondo l’art. 3, primo comma, di detta decisione, le seguenti ammende sono inflitte alle imprese interessate:
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Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
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15 |
Con ricorsi separati depositati presso la cancelleria del Tribunale nell’aprile del 2002, la Bolloré, l’AWA, la Koehler, la Divipa e cinque altre imprese hanno presentato ricorsi avverso la decisione controversa. |
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16 |
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto i ricorsi proposti in particolare dalla Bolloré, dalla Koehler e dalla Divipa. |
Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
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17 |
La Koehler chiede alla Corte:
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La Bolloré chiede alla Corte:
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La Divipa chiede alla Corte:
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La Commissione chiede che la Corte voglia respingere le impugnazioni e condannare le ricorrenti alle spese. |
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Con ordinanza del presidente della Corte 24 giugno 2008, le cause C-322/07 P, C-327/07 P e C-338/07 P sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza. |
Sulle impugnazioni
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Per esigenze di chiarezza, taluni motivi invocati dalle ricorrenti sono esaminati separatamente e altri sono esaminati congiuntamente. |
Sul primo motivo invocato dalla Bolloré, vertente su una violazione dei diritti della difesa a causa della mancata concordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione controversa
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23 |
In primo grado, la Bolloré sosteneva che non offrendole la possibilità di prendere posizione, durante il procedimento amministrativo, sulla censura relativa al suo coinvolgimento personale e autonomo nel cartello, la Commissione ha violato nei suoi confronti i diritti della difesa. |
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Dopo aver ricordato, ai punti 66-68 della sentenza impugnata, la giurisprudenza relativa al rispetto dei diritti della difesa e al contenuto della comunicazione degli addebiti, il Tribunale ha affermato, al punto 79 della medesima sentenza, che la comunicazione degli addebiti rivolta alla Bolloré non aveva permesso a quest’ultima di venire a conoscenza della censura relativa al suo coinvolgimento diretto nell’infrazione, e nemmeno dei fatti accertati dalla Commissione nella decisione a sostegno di tale censura, per cui la Bolloré, come emerge dalla lettura della sua risposta a tale comunicazione, non ha potuto garantire utilmente la propria difesa, durante il procedimento amministrativo, su tale censura e su tali fatti. |
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Ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata il Tribunale ha aggiunto quanto segue:
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Argomenti delle parti
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Nella sua impugnazione, la Bolloré contesta i punti 79-81 della sentenza impugnata articolando il suo motivo in due capi. |
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Per quanto riguarda la prima parte, il Tribunale avrebbe violato il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, rifiutando di sanzionare con la nullità della decisione controversa la constatazione secondo cui la comunicazione degli addebiti era incompletaLa Bolloré si basa in particolare su diverse sentenze della Corte e del Tribunale nel settore delle pratiche anticoncorrenziali (sentenze della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I-1307; 16 marzo 2000, cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. I-1365; 2 ottobre 2003, causa C-176/99 P, ARBED/Commissione, Racc. pag. I-10687, e del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T-39/92 e T-40/92 CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II-49), nonché nel settore del diritto delle concentrazioni (sentenza del Tribunale 22 ottobre 2002, causa T-310/01, Schneider Electric/Commissione, Racc. pag. II-4071). |
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28 |
La Commissione risponde che il fondamento della decisione controversa come confermato dal Tribunale è, per quanto riguarda la Bolloré, unicamente la responsabilità di quest’ultima per i comportamenti della sua controllata. La Bolloré avrebbe potuto pretendere un annullamento di detta decisione solo ove non fosse stata in grado di comprendere, nella comunicazione degli addebiti, che la Commissione aveva l’intenzione di imputarle i comportamenti della sua controllata. |
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29 |
La Commissione aggiunge che la giurisprudenza invocata dalla Bolloré non è pertinente (sentenze citate della Corte Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, nonché del Tribunale CB e Europay/Commissione), ovvero illustrativa della fondatezza del modo in cui il Tribunale ha proceduto nella sentenza impugnata (sentenze citate della Corte Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, nonché ARBED/Commissione). |
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30 |
Per quanto riguarda il secondo capo del suo primo motivo, la Bolloré sostiene che il Tribunale ha violato il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, considerando che il vizio constatato non aveva pregiudicato il dispositivo della decisione controversa. Secondo la Bolloré, la giurisprudenza su cui il Tribunale si è basato è inconferente. Da una parte, la prima serie di sentenze menzionata al punto 80 della sentenza impugnata riguarderebbe un caso diverso rispetto a quello della presente controversia in quanto mette in discussione tale impresa. In tali sentenze, l’imprecisione constatata nella comunicazione degli addebiti avrebbe riguardato non la determinazione e l’identificazione precisa delle responsabilità, ma solo i comportamenti addebitati. D’altra parte, la seconda serie di sentenze menzionata parimenti al detto punto 80 sarebbe ancora più estranea al dibattito, in quanto tali sentenze riguardano il controllo delle concentrazioni nonché il settore degli aiuti di Stato e, pertanto, una valutazione nel merito della compatibilità di un’operazione nell’ambito di un controllo a priori, mentre la presente causa riguarderebbe un controllo a posteriori della regolarità di un procedimento. |
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31 |
La Bolloré contesta anche «l’approccio finalistico» dei diritti della difesa che, a suo avviso, è stato adottato dal Tribunale. In diritto, l’approccio secondo cui la nullità di una decisione in caso di inosservanza di una regola procedurale può essere pronunciata solo se tale violazione ha effettivamente pregiudicato gli interessi della parte interessata non si applicherebbe a tutte le violazioni procedurali e, in particolare, un tale approccio non troverebbe applicazione nella presente causa. In realtà, poiché la Bolloré non era informata delle censure che le erano contestate a titolo personale, i suoi diritti sarebbero stati pregiudicati in modo effettivo e pratico. |
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32 |
La Commissione fa valere che la distinzione effettuata dalla Bolloré tra controllo a priori e controllo a posteriori è confusa. La giurisprudenza in materia di controllo delle concentrazioni e degli aiuti di Stato dimostrerebbe piuttosto che una violazione delle regole procedurali non può viziare automaticamente una decisione. Il Tribunale avrebbe solo applicato in modo molto classico la giurisprudenza in materia. |
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33 |
Per quanto riguarda la questione se la violazione dei diritti della difesa abbia avuto un’incidenza sul dispositivo della decisione controversa e, nella fattispecie, sull’importo dell’ammenda inflitta alla Bolloré, la Commissione sostiene che tale argomento è irricevibile in quanto riprende un argomento già usato dinanzi al Tribunale e, in ogni caso, infondato in quanto a tale società sono stati imputati i comportamenti della sua controllata, ovvero la Copigraph, e una tale imputazione non è in discussione. |
Giudizio della Corte
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Secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale di diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenze 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 9, e ARBED/Commissione, cit., punto 19). |
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In tal senso, il regolamento n. 17 prevede l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si basa in tale fase del procedimento. Una tale comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto comunitario che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento (v., in tal senso, sentenza 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto10). |
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Tale principio richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v., in tal senso, sentenze 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 26; 3 luglio 1991, causa C-62/86, AKZO/Commissione, Racc. pag. I-3359, punto 29, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit., punto 135, nonché ARBED/Commissione, cit., punto 20). |
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37 |
In tal senso, un tale principio esclude che possa essere considerata lecita una decisione con cui la Commissione impone ad un’impresa un’ammenda in materia di concorrenza senza averle preventivamente comunicato gli addebiti presi in considerazione nei suoi confronti. |
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38 |
Considerata la sua importanza, la comunicazione degli addebiti deve precisare in maniera inequivocabile la persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende e dev’essere inviata a quest’ultima (v. sentenze citate Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, punti 143 e 146, nonché ARBED/Commissione, punto 21). |
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È parimenti importante che la comunicazione degli addebiti indichi in che qualità ad un’impresa sono contestati i fatti addebitati. |
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40 |
Orbene, nella fattispecie e come ha rilevato il Tribunale ai punti 72 e 77 della sentenza impugnata, la Commissione, con la comunicazione degli addebiti, intendeva imputare alla Bolloré l’infrazione addebitata a causa della sua responsabilità, in quanto società controllante al 100% della Copigraph, all’epoca dell’infrazione, per la partecipazione della Copigraph al cartello. La Bolloré non poteva prevedere, in base alla comunicazione degli addebiti, che la Commissione intendeva imputarle, nella decisione controversa, l’infrazione anche in ragione del suo coinvolgimento personale e diretto nelle attività del cartello. |
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41 |
Il Tribunale ha dunque correttamente considerato, al punto 79 della sentenza impugnata, che la comunicazione degli addebiti non aveva consentito alla Bolloré di essere informata della censura vertente su un tale coinvolgimento e nemmeno dei fatti addotti dalla Commissione nella decisione controversa a sostegno di tale censura, per cui tale impresa non ha potuto assicurare la propria difesa, durante il procedimento amministrativo, in merito a tale censura e a tali fatti. |
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42 |
Tuttavia, ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che il vizio constatato comporta l’annullamento della decisione controversa solo se le allegazioni della Commissione non possono essere dimostrate sufficientemente sulla base di altri elementi contenuti in tale decisione e nei confronti dei quali le imprese interessate hanno avuto l’occasione di illustrare il loro punto di vista. Esso ha aggiunto che, se dall’esame del merito dovesse emergere che la Commissione ha correttamente ritenuto responsabile la Bolloré per la partecipazione della sua controllata Copigraph al cartello, l’illegittimità commessa dalla Commissione non basta a giustificare l’annullamento di detta decisione in quanto essa non avrebbe potuto avere un’influenza determinante sul dispositivo della medesima. |
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43 |
Tali considerazioni hanno indotto il Tribunale, a seguito dell’esame di merito, a constatare, al punto 150 della sentenza impugnata, la responsabilità della Bolloré per l’infrazione commessa dalla sua controllata, indipendentemente dal coinvolgimento diretto della società controllante, e a confermare, ai termini di detta sentenza, la decisione controversa nella parte in cui condanna la Bolloré al pagamento dell’ammenda inflitta dalla Commissione, nonostante il fatto che i diritti della difesa di tale società siano stati violati su un elemento essenziale. |
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44 |
Orbene, il fatto che la decisione controversa abbia accertato la responsabilità della Bolloré per il suo coinvolgimento in qualità di controllante della Copigraph, oltre che per il coinvolgimento personale di tale società controllante, non esclude la possibilità che detta decisione sia fondata su comportamenti per i quali la Bolloré non è stata in grado di assicurare la propria difesa. |
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45 |
Il Tribunale ha in tal modo commesso un errore di diritto non facendo derivare alcuna conseguenza giuridica dalla sua decisione secondo cui i diritti della difesa della Bolloré non sono stati rispettati. Occorre dunque dichiarare fondato il primo motivo invocato da quest’ultima a sostegno della sua impugnazione. |
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46 |
Poiché detto motivo è fondato, occorre annullare la sentenza impugnata nella parte in cui riguarda la Bollorè, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dalla medesima. |
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47 |
Conformemente all’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia quando l’impugnazione è accolta e la Corte annulla la decisione del Tribunale, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. Questo avviene nella fattispecie. |
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48 |
Risulta dai punti 34-46 della presente sentenza che il ricorso è fondato e che la decisione controversa dev’essere annullata nella parte riguardante la Bolloré. |
Sul primo motivo invocato dalla Divipa, relativo alla partecipazione della medesima all’infrazione
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49 |
La Divipa contesta la sua partecipazione alle riunioni del 5 marzo 1992 e del 19 ottobre 1994, relative al mercato spagnolo, nonché la sua partecipazione all’intesa sul mercato europeo. Essa articola il suo motivo vertente su tali partecipazioni in tre capi che occorre analizzare in successione. |
Sul primo capo del primo motivo della Divipa, relativo alla partecipazione della medesima alla riunione del 5 marzo 1992
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50 |
La Divipa sostiene, in particolare, che il Tribunale ha snaturato la nota del dipendente della Sappi, datata 9 marzo 1992, in quanto non ha tenuto conto, né ha citato nella sentenza impugnata, una parte di detta nota in cui sarebbe stato precisato che la Sappi è venuta a conoscenza dei prezzi praticati dalla Divipa non direttamente, bensì per il tramite di alcuni clienti. A suo avviso, non è logico che un’impresa che si ritiene abbia partecipato ad una riunione del cartello, in cui venivano discussi i prezzi, non abbia indicato i prezzi da essa stessa praticati in occasione della riunione medesima. La partecipazione della Divipa alla riunione del 5 marzo 1992 non sarebbe dunque dimostrata. |
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51 |
La Commissione risponde che qualsiasi documento deve essere esaminato congiuntamente agli altri elementi del fascicolo. Poiché la Commissione e il Tribunale sono tenuti ad effettuare un esame complessivo, l’argomento secondo cui un documento particolare non proverebbe una data circostanza non avrebbe probabilità di successo ove vi fossero altri documenti nel fascicolo idonei a fornire una tale prova. La Divipa non metterebbe in discussione il valore probatorio delle dichiarazioni dell’AWA e della Sappi né la loro interpretazione da parte del Tribunale. In ogni caso, la Commissione sottolinea in particolare che, in detta nota, il dipendente della Sappi afferma solo che la Divipa non aveva aumentato i suoi prezzi e che tale circostanza era nota a quest’ultimo perché un cliente gli aveva inviato un listino prezzi. Sarebbe normale che un’impresa che non rispetta i prezzi convenuti nel corso di un cartello non ne informi le altre partecipanti, ma ciò non significherebbe che essa non prende parte a quest’ultimo. Peraltro, sarebbe logico che le imprese che partecipano ad un cartello organizzino una sorveglianza del medesimo e che critichino quelle partecipanti che non rispettano ciò che è stato deciso di comune accordo. |
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52 |
In tal senso, occorre ricordare che la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove siano state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura applicabili in materia di onere e di produzione della prova siano stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Salvo il caso dello snaturamento di tali elementi, tale valutazione non costituisce quindi una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte (v., in particolare, sentenze 6 aprile 2006, causa C-551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I-3173, punto 52; 22 maggio 2008, causa C-266/06 P, Evonik Degussa/Commissione, punto 73, nonché 18 dicembre 2008, cause riunite C-101/07 P e C-110/07 P, Coop de France bétail et viande e a./Commissione, Racc. pag. I-10193, punto 59). |
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53 |
Uno snaturamento dei fatti e delle prove sottoposti al Tribunale deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione di tali elementi (v., segnatamente, sentenze citate General Motors/Commissione, punto 54; Evonik Degussa/Commissione, punto 74, nonché Coop de France bétail et viande e a./Commissione, punto 60). |
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54 |
Orbene, occorre rilevare che il Tribunale ha accertato la partecipazione della Divipa alla riunione del 5 marzo 1992, dopo aver constatato, ai punti 162-164, 171, 192, 194 e 197 della sentenza impugnata, quanto segue:
(…)
(…)
(…)
(…)
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55 |
Leggendo i detti punti della sentenza impugnata, risulta che gli accertamenti del Tribunale sono stati effettuati a partire da diversi fatti e indizi, vale a dire segnatamente le dichiarazioni dell’AWA nonché la nota del 9 marzo dell’agente della Sappi, e dall’esame dei documenti non emerge che il Tribunale abbia effettuato accertamenti sostanzialmente inesatti. |
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56 |
Una tale inesattezza non può nemmeno essere caratterizzata dal fatto che il Tribunale ha omesso di menzionare che le informazioni relative ai prezzi praticati dalla Divipa fornite durante detta riunione provenivano da informazioni fornite non già da tale impresa, ma dai suoi clienti. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 165 delle sue conclusioni, tale omissione non è idonea a dimostrare che il Tribunale avrebbe commesso un errore di interpretazione quanto alla partecipazione della Divipa alla riunione del 5 marzo 1992. |
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57 |
Il primo capo del primo motivo invocato dalla Divipa a sostegno della sua impugnazione deve dunque essere dichiarato infondato. |
Sul secondo capo del primo motivo della Divipa, relativo alla partecipazione della medesima alla riunione del 19 ottobre 1994
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58 |
La Divipa sostiene che le dichiarazioni della Mougeot, utilizzate dal Tribunale a sostegno della sua asserita partecipazione alla riunione del 19 ottobre 1994, sono successive ai fatti e sono state rese al fine di poter far valere la comunicazione sulla cooperazione. Orbene, dalla giurisprudenza emergerebbe che la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese parimenti perseguite per una tale partecipazione, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova. |
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59 |
Il Tribunale avrebbe snaturato gli elementi di prova basandosi principalmente sulla propria giurisprudenza per contestare alla Divipa la sua partecipazione a tale riunione, cosa che costituirebbe un’evidente violazione del principio del processo equo e un errore manifesto nella qualificazione dei fatti. |
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La Commissione risponde che l’AWA ha parimenti menzionato la Divipa tra le partecipanti al cartello nel 1994, in risposta ad una richiesta d’informazioni. Poiché la Divipa non ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore nella valutazione di tale risposta, la parte del motivo relativa alla riunione del 19 ottobre 1994 sarebbe inconferente. Ad ogni modo, non verrebbe contestato al Tribunale di aver effettuato un’interpretazione erronea delle dichiarazioni della Mougeot. Inoltre, quest’ultimo avrebbe preso in considerazione la circostanza che le dichiarazioni di cui trattasi sono successive ai fatti in questione nella presente controversia. |
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61 |
A tal riguardo non sembra nemmeno che il Tribunale abbia snaturato i fatti per quanto riguarda la partecipazione della Divipa alla riunione del 19 ottobre 1994. |
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62 |
Infatti, come per l’esame che esso ha effettuato per quanto riguarda la riunione del 5 marzo 1992, il Tribunale ha concluso per la partecipazione della Divipa dopo aver effettuato i suoi accertamenti a partire da una serie di indizi. |
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Esso ha preso in considerazione, come è indicato ai punti 163, 164 e 192 della sentenza impugnata, le dichiarazioni dell’AWA, le quali non sono del resto censurate dalla Divipa. Esso ha inoltre constatato quanto segue ai punti 165 e 166 della sentenza impugnata:
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64 |
Il Tribunale ha valutato sovranamente i fatti nel loro complesso, tenendo conto del valore probatorio dei diversi indizi che erano a sua disposizione, che non spetta alla Corte controllare, e non emerge che tale valutazione sia basata su un’interpretazione manifestamente erronea dei documenti probatori. |
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65 |
Il secondo capo del primo motivo invocato dalla Divipa a sostegno della sua impugnazione deve dunque essere dichiarato infondato. |
Sul terzo capo del primo motivo della Divipa, relativo alla partecipazione di questa all’intesa sul mercato europeo
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66 |
La Divipa sostiene che il Tribunale ha snaturato e omesso alcuni elementi di prova. Essa sottolinea che non opera quale produttore di carta autocopiante, che vendeva esclusivamente sul mercato nazionale, che era l’unica società non produttrice cui è stata contestata la pretesa partecipazione ad alcune riunioni sul mercato nazionale e che non fa parte di alcuna rete di distribuzione, in Spagna, di grandi produttori europei di carta autocopiante. Nessun documento potrebbe dimostrare che, in occasione delle riunioni alle quali si ritiene essa abbia partecipato, sia stato fatto riferimento all’esistenza di un piano di collusione su più ampia scala. |
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67 |
La Commissione risponde in primo luogo che essa non era tenuta a dimostrare che la Divipa era a conoscenza dell’esistenza di un’intesa su più ampia scala, ma solo che essa «avrebbe dovuto saperlo». In secondo luogo, tale società non avrebbe precisato i punti dell’argomentazione del Tribunale in cui quest’ultimo avrebbe snaturato i fatti. In terzo luogo, la circostanza che la Divipa sia presente solo sul mercato nazionale non escluderebbe l’ipotesi secondo cui essa «avrebbe dovuto sapere» che vi era un’intesa su più ampia scala. In quarto luogo, poiché vi erano indizi che dimostravano che detta società poteva essere informata delle dimensioni europee dell’intesa, il Tribunale non avrebbe potuto ignorarli. In ultimo luogo, la nota redatta dalla Mougeot in seguito alla riunione del 19 ottobre 1994 indica che, durante la medesima, sono stati menzionati i «volumi AEMCP [Association of European Manufacturers of Carbonless Paper] annunciati per la Spagna», circostanza che dimostrerebbe che le partecipanti alla riunione erano consapevoli delle dimensioni europee dell’intesa. |
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68 |
Come è già stato ricordato al punto 52 della presente sentenza la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in principio, ad esaminare le prove che il Tribunale ha accolto a sostegno di tali fatti, fatto salvo lo snaturamento di tali elementi. |
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69 |
La Corte non è dunque competente ad esaminare il terzo capo del primo motivo invocato dalla Divipa nella parte in cui esso non è diretto a dimostrare uno snaturamento dei fatti da parte del Tribunale, ma a provare che quest’ultimo, erroneamente, non ha preso in considerazione taluni fatti per concludere per la mancata partecipazione di tale impresa all’intesa sul mercato europeo. |
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70 |
Detto capo deve dunque essere dichiarato irricevibile. |
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71 |
Dalle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo invocato dalla Divipa, relativo alla sua partecipazione all’infrazione, deve essere respinto. |
Sul secondo motivo invocato dalla Divipa, relativo all’affermazione secondo cui il Tribunale si è basato su semplici indizi
Argomenti delle parti
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72 |
La Divipa invoca l’art. 6, n. 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché una violazione del principio della presunzione d’innocenza. Essa osserva che non esiste una prova diretta idonea a suffragare la sua partecipazione alle riunioni del 5 marzo 1992 e del 19 ottobre 1994, e nemmeno la sua partecipazione all’intesa a livello europeo. Il Tribunale non avrebbe rispettato due condizioni fondamentali a tal riguardo. Infatti, da una parte, il nesso di causalità tra gli indizi e i fatti costitutivi dell’infrazione non sarebbe sufficientemente motivato e, dall’altra, ove sussistano dubbi occorrerebbe esaminarli e se non è possibile chiarirli devono andare a vantaggio della persona in questione. |
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73 |
La Commissione sostiene segnatamente che il secondo motivo invocato dalla Divipa a sostegno della sua impugnazione è manifestamente irricevibile, poiché non sono precisati i punti censurati della sentenza impugnata né gli indizi, le presunzioni o i fatti di cui trattasi. |
Giudizio della Corte
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74 |
Sostenendo che il Tribunale erroneamente non ha preso in considerazione le osservazioni della Divipa, suffragate dalle memorie di quest’ultima, per rendere esplicita la portata degli indizi su cui esso si è basato, detta società chiede in realtà alla Corte di procedere ad un nuovo esame della valutazione dei fatti, degli indizi e degli altri elementi sottopostigli effettuata dal Tribunale. |
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75 |
Orbene, come è stato ricordato al punto 52 della presente sentenza, la Corte non è competente ad effettuare un tale esame, in quanto la valutazione dei fatti rientra unicamente nella competenza del Tribunale, fatto salvo lo snaturamento dei medesimi. |
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76 |
Il secondo motivo invocato dalla Divipa a sostegno della sua impugnazione è dunque irricevibile. |
Sul secondo motivo invocato dalla Koehler, relativo alla durata dell’infrazione
Argomenti delle parti
— Argomenti della Koehler
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77 |
La Koehler sostiene che il Tribunale non ha esaminato sufficientemente le prove e che le ha snaturate. Il Tribunale avrebbe tratto conclusioni erronee per quanto riguarda la durata della partecipazione di tale impresa all’infrazione. La Koehler articola il suo motivo in due capi i quali contengono diversi argomenti. |
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78 |
Per quanto riguarda il primo capo di detto motivo, relativo alle asserite riunioni dell’intesa nell’ambito dell’AEMCP prima dei mesi di settembre o di ottobre del 1993, la Commissione si sarebbe basata su tre categorie di prove, ossia le dichiarazioni della Mougeot, la testimonianza del dipendente della Sappi e alcune prove dell’organizzazione di riunioni nazionali o regionali del cartello. |
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79 |
Orbene, la Koehler sostiene, anzitutto, che la lettera della Mougeot del 14 aprile 1999 non contiene alcuna ammissione circa riunioni del cartello per il periodo precedente il mese di ottobre 1993. Il Tribunale avrebbe peraltro affermato, al punto 279 della sentenza impugnata, che la conclusione di accordi collusivi sui prezzi a partire dal gennaio 1992, e quindi prima del mese di ottobre 1993, non è dimostrata. Le considerazioni svolte dal Tribunale in ordine ad asseriti accordi tariffari nell’ambito delle riunioni ufficiali dell’AEMCP prima del mese di ottobre 1993 sarebbero insufficienti e viziate da contraddizioni nella motivazione costitutive di un errore di diritto. Il Tribunale non avrebbe neppure rispettato la presunzione d’innocenza cercando di rinvenire, nelle dichiarazioni della Mougeot, l’ammissione di un’infrazione per il periodo precedente al mese di ottobre 1993. |
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80 |
La Koehler sostiene, inoltre, che la testimonianza del dipendente della Sappi non contiene informazioni relativamente al periodo in cui hanno avuto luogo le riunioni del cartello. Il Tribunale non potrebbe correttamente ritenere, senza fornire «indicazioni in senso contrario», che il dipendente abbia voluto confermare implicitamente che l’infrazione aveva avuto inizio prima del mese di settembre 1993. Il Tribunale avrebbe in tal modo snaturato il contenuto della testimonianza di tale dipendente. Ciò contravverrebbe al diritto a un processo equo, sancito dall’art. 6 della CEDU, nonché all’art. 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1). |
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81 |
Infine, la Koehler ritiene che possa darsi credito alle dichiarazioni di un teste pentito solo nel caso in cui esse siano avvalorate anche da altre prove. Orbene, nella presente causa, non esisterebbe alcuna prova confermativa di tali dichiarazioni. |
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82 |
Quanto al secondo capo del secondo motivo della Koehler, relativo alla partecipazione di quest’ultima a riunioni nazionali o regionali del cartello prima dell’ottobre del 1993, il Tribunale avrebbe snaturato gli elementi probatori che dovevano dimostrare tale partecipazione. |
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83 |
Per quanto riguarda la riunione del 17 febbraio 1992, concernente il mercato spagnolo, il Tribunale non avrebbe dovuto concludere nel senso della partecipazione della Koehler alla riunione medesima, poiché il dipendente della Sappi, nella sua nota del 17 febbraio 1992, fa soltanto riferimento ad una riunione delle «parti interessate», senza menzionare i nomi di tali parti. Il Tribunale non spiegherebbe in modo preciso le ragioni per cui la Koehler avrebbe presumibilmente partecipato all’accordo. |
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84 |
Per quanto riguarda la riunione del 5 marzo 1992 relativa al mercato spagnolo, il Tribunale si sarebbe basato soprattutto sulle osservazioni dell’AWA in risposta alla comunicazione degli addebiti a tale impresa per concludere per la partecipazione della Koehler a tale riunione. Orbene, dato che tali osservazioni non sarebbero state comunicate a quest’ultima, il Tribunale ha pregiudicato i diritti della difesa di tale impresa. |
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85 |
Per quanto riguarda le riunioni relative al mercato francese, che si sono tenute durante la primavera degli anni 1992 e 1993 non vi sarebbe alcuna prova che un dipendente della Koehler si sia recato a Parigi per partecipare ad una riunione del cartello nella primavera del 1993. Le considerazioni svolte dal Tribunale al riguardo sarebbero talmente vaghe da apparire inidonee a soddisfare l’obbligo di motivazione. E comunque esso non afferma in alcun punto che la Koehler abbia partecipato ad una riunione relativa al mercato francese nella primavera del 1992. |
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86 |
Quanto alla riunione del 16 luglio 1992 concernente il mercato spagnolo, la Koehler, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, non vi avrebbe partecipato, dal momento che, tra l’altro, l’AWA non ha riconosciuto espressamente tale partecipazione. |
— Risposta della Commissione
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87 |
La Commissione considera che la Koehler non invoca uno snaturamento degli elementi di prova, ma tenta di rimettere in discussione la valutazione dei fatti del Tribunale. Il motivo sarebbe dunque irricevibile. |
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88 |
Per quanto riguarda il primo capo del motivo, relativo alle riunioni del cartello nell’ambito dell’AEMCP prima del mese di ottobre 1993, la questione se il contenuto della lettera della Mougeot sia chiaro o ambiguo sarebbe una questione di interpretazione e di valutazione delle prove, che rientra nella sola competenza del Tribunale. Quest’ultimo non avrebbe affermato che la Mougeot ha riconosciuto un’infrazione per il periodo anteriore al 1o ottobre 1993. |
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89 |
Peraltro, la sentenza impugnata non sarebbe viziata da alcuna contraddizione né insufficienza dei motivi. Al punto 279 della medesima, il Tribunale non avrebbe detto che «non è dimostrato» che accordi collusivi sui prezzi sono stati conclusi a partire dal mese di gennaio 1992 nell’ambito delle riunioni dell’AEMCP, ma avrebbe solo spiegato che le dichiarazioni della Sappi non bastano, da sole, per determinare il momento esatto a partire dal quale le dette riunioni possono essere considerate riunioni di cartello. Il punto 308 della medesima sentenza si fonderebbe su una serie di prove la maggior parte delle quali non è rimessa in discussione dalla Koehler e il fatto che il Tribunale non indichi quali siano le riunioni che hanno costituito il contesto di accordi collusivi sui prezzi a livello europeo non renderebbe insufficiente la sua motivazione. Inoltre, poiché tale impresa ha partecipato al complesso delle riunioni dell’AEMCP che si sono svolte nel corso del periodo in questione, sarebbe irrilevante nel suo caso sapere durante quali riunioni precise si sia manifestato il carattere collusivo del sistema. |
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90 |
Secondo la Commissione, il Tribunale ha tenuto perfettamente conto della presunzione di innocenza, in quanto ha esaminato se il comportamento addebitato poteva basarsi su un solo mezzo probatorio o se tale mezzo costituiva solo un indizio che deve essere completato e confermato da altri. |
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91 |
Per quanto riguarda le dichiarazioni del dipendente della Sappi, la Commissione contesta che esse siano state snaturate. Il Tribunale avrebbe constatato, al punto 270 della sentenza impugnata, che tale dipendente non fornisce indicazione alcuna in merito all’epoca a cui si riferiscono i suoi ricordi e, se tale giudice ha concluso che tali ricordi coprono i periodi anteriore e posteriore al mese di ottobre 1993, ciò sarebbe il risultato di una valutazione delle prove che rientra nella sua competenza. Le dichiarazioni della Sappi sarebbero inoltre corroborate da altre prove elencate ai punti 261-307 di detta sentenza. |
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92 |
Per quanto riguarda il secondo capo del secondo motivo della Koehler, relativo alle riunioni nazionali o regionali del cartello prima dell’ottobre del 1993, la Commissione considera innanzitutto che l’argomento di tale impresa non sarebbe efficace se gli argomenti invocati da quest’ultima a proposito delle riunioni dell’AEMCP venissero respinti dalla Corte. Gli accertamenti a tal riguardo sarebbero sufficienti per imputare alle imprese interessate l’infrazione per il periodo di cui trattasi. Poiché poi la Koehler non rimette in discussione gli accertamenti del Tribunale a proposito della sua partecipazione ad altre riunioni del cartello, ovvero quelle del 14 gennaio 1993 relativa ai mercati britannico e irlandese nonché del 30 settembre 1993 relativa al mercato spagnolo, la partecipazione di questa impresa a tale cartello a partire dal gennaio del 1993 sarebbe dimostrata. Infine, l’argomento della Koehler sarebbe irricevibile e, in ogni caso, infondato. |
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93 |
Per quanto riguarda la riunione del 17 febbraio 1992, la Commissione rinvia al punto 321 della sentenza impugnata per negare qualsiasi snaturamento degli elementi di prova e sostiene che tale punto soddisfa l’obbligo di motivazione a tal riguardo. |
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94 |
Per quanto concerne la riunione del 5 marzo 1992, la Commissione sottolinea in particolare che la Koehler non ha contestato il punto 284 della sentenza impugnata e aggiunge che il rinvio, effettuato in tale punto, alle dichiarazioni dell’AWA è fatto solo a titolo complementare. Il Tribunale avrebbe fatto ricorso a tale risposta solo in secondo luogo. La Commissione si basa a tal proposito sul punto 323 della medesima sentenza. |
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95 |
Per quanto riguarda le riunioni che si sono svolte nella primavera del 1992 e del 1993, la Commissione sostiene in particolare che, ai punti 285-293 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dimostrato lo svolgimento di riunioni tra concorrenti durante tali periodi nonché l’oggetto anticoncorrenziale di tali riunioni, senza che ciò sia stato contestato nell’ambito dell’impugnazione. |
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96 |
Per quanto riguarda la riunione del 16 luglio 1992, la Commissione sottolinea che, al punto 332 della sentenza impugnata, il Tribunale si è basato sulle dichiarazioni del sig. B. G. Il Tribunale avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni dell’AWA solo a titolo confermativo. La Commissione si riferisce, a tal riguardo, ai punti 333-335 di detta sentenza. |
Giudizio della Corte
— Sulle riunioni del cartello, nell’ambito dell’AEMCP, durante il periodo precedente al mese di settembre o di ottobre del 1993
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97 |
Ai punti 261-280 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato i motivi invocati dalle ricorrenti in primo grado, tra cui figurava la Koehler, relativi alla partecipazione di queste alle riunioni dell’AEMCP prima del mese di settembre o di ottobre del 1993. |
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98 |
Emerge da tali punti che il Tribunale ha confermato gli accertamenti che la Commissione aveva fatto a partire da una serie di indizi costituiti da diverse testimonianze e dichiarazioni, tra cui la nota del dipendente della Sappi del 9 marzo 1992 nonché le dichiarazioni dell’AWA e della Mougeot versate al fascicolo. |
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99 |
In tal modo, il Tribunale ha valutato sovranamente il valore probatorio di tali indizi e ne ha tratto conclusioni che non spetta alla Corte controllare. |
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100 |
Di conseguenza, il primo capo del secondo motivo invocato dalla Koehler deve essere dichiarato in parte infondato e in parte irricevibile. |
— Sulle riunioni nazionali o regionali del cartello prima dell’ottobre del 1993
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101 |
Per quanto riguarda la riunione del 17 febbraio 1992, da una parte, non risulta dal punto 321 della sentenza impugnata che il Tribunale abbia violato l’obbligo di motivazione che ad esso incombe in virtù degli artt. 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia (v. sentenza 2 aprile 2009, causa C-431/07 P, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione, Racc. pag. I-2665, punto 42). Infatti, quest’ultimo osserva al detto punto che per accertare la partecipazione della Koehler a tale riunione, la Commissione si è basata sulla nota interna della Sappi recante la medesima data che attesta una riunione delle «parti interessate» e che tale indicazione, combinata con quelle, figuranti in questa stessa nota, relative alle incertezze suscitate dal comportamento della Koehler in particolare sul mercato spagnolo, autorizzava la Commissione a constatare che tale impresa figurava tra le «parti interessate» che hanno assistito a questa riunione, destinata ad esaminare i problemi legati al mancato rispetto da parte di quest’ultima, nonché di un’altra impresa, dell’accordo a cui essa partecipava, così come emerge dalla nota del dipendente della Sappi del 9 marzo 1992. Il Tribunale rende dunque esplicita in modo sufficientemente chiaro la tesi che la Commissione ha seguito per dedurre dai diversi indizi di cui essa disponeva che la Koehler ha partecipato alla riunione del 17 febbraio 1992. |
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102 |
D’altra parte, dal medesimo punto 321 non emerge nemmeno che il Tribunale abbia commesso un qualsiasi snaturamento dei fatti. Un tale snaturamento non emerge in modo manifesto e la valutazione dei fatti nonché dei diversi indizi di cui disponeva la Commissione per concludere per la partecipazione della Koehler alla riunione del 17 febbraio 1992 rientra unicamente nella competenza del Tribunale. La Corte non è competente ad esaminare una tale valutazione. |
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103 |
Occorre dunque respingere l’argomento invocato a tal riguardo dalla Koehler come in parte infondato e in parte irricevibile. |
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104 |
Per quanto riguarda la riunione del 5 marzo 1992, occorre rilevare che, pur supponendo fondato l’argomento della Koehler vertente su una violazione dei diritti della difesa, in quanto, per concludere per la partecipazione di tale impresa a detta riunione, il Tribunale, al punto 324 della sentenza impugnata, si è fondato sulle osservazioni dell’AWA in risposta ad una richiesta d’informazioni della Commissione, mentre la Koehler non è stata informata di tali osservazioni, quest’unico argomento non consente di contestare la partecipazione della Koehler all’infrazione nel periodo intercorrente tra il gennaio del 1992 e il settembre del 1995, come precisa l’art. 1, secondo comma, della decisione controversa. Occorre ricordare a tal riguardo che la Koehler non è stata in grado di contestare la sua partecipazione alla riunione del 17 febbraio 1992, come risulta dai punti 101 e 102 della presente sentenza. |
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105 |
L’argomento invocato dalla Koehler a tal proposito deve essere respinto in quanto inconferente. |
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106 |
Per quanto riguarda le riunioni che si sono svolte nella primavera degli anni 1992 e 1993 relative al mercato francese nonché la riunione del 16 luglio 1992, il Tribunale ha ricordato rispettivamente ai punti 285-293 e 332-334 della sentenza impugnata i diversi fatti e indizi che la Commissione ha usato per dimostrare la partecipazione a dette riunioni delle imprese interessate, tra cui figurava la Koehler. Orbene, non emerge da un tale richiamo che il Tribunale abbia in qualche modo snaturato i fatti. |
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107 |
L’argomento invocato dalla Koehler a tal riguardo deve dunque essere respinto in quanto infondato e, di conseguenza, il secondo motivo d’impugnazione di quest’ultima non può essere accolto. |
Sul primo motivo invocato dalla Koehler e sul terzo motivo invocato dalla Divipa, relativi alla fissazione dell’importo delle ammende
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108 |
La Koehler e la Divipa articolano i loro motivi relativi alla determinazione e all’importo delle ammende in diversi capi che occorre esaminare in successione. |
Sul capo del primo motivo invocato dalla Koehler, relativo al principio della parità di trattamento
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109 |
Occorre rilevare, in via preliminare, che il Tribunale ha esaminato, ai punti 473-478 della sentenza impugnata, se la Commissione aveva preso in considerazione erroneamente il fatturato della Koehler rispetto a ciò che essa ha fatto per altre imprese interessate e, ai punti 505-522 della medesima sentenza, se la classificazione in categorie della Koehler e delle altre imprese interessate operata dalla Commissione, ai fini della fissazione dell’importo delle ammende, era conforme al principio della parità di trattamento. |
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110 |
Nella sua impugnazione, la Koehler censura i punti 477, 478 e 496 della sentenza impugnata. Essa sostiene che il trattamento che essa ha subito è diverso da quello riservato a imprese di dimensioni maggiori e che fanno parte di un gruppo. Essa sottolinea in particolare il fatto di essere un’impresa familiare di medie dimensioni e che sono i suoi proprietari che ne assicurano la direzione. Essa osserva che il suo capitale sociale è di EUR 43,2 milioni e il suo fatturato di circa EUR 447000 per l’anno 2000. Essa cita il caso dell’AWA, della M-real Zanders GmbH e della Mitsubishi HiTec Paper Bielefeld GmbH per tentare di dimostrare la disparità di trattamento che essa avrebbe subito per quanto riguarda la presa in considerazione del suo fatturato. |
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111 |
La Commissione risponde segnatamente che essa gode di un ampio potere discrezionale quanto al metodo di calcolo delle ammende. Ne conseguirebbe che il Tribunale non ha violato il principio della parità di trattamento non rilevando alcun errore di diritto nel metodo applicato nella classificazione delle imprese in cinque categorie sulla base del fatturato relativo alla vendita del prodotto nello Spazio economico europeo. |
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112 |
A tal proposito, come risulta da una costante giurisprudenza, è vero che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3), prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (v., in tal senso, sentenze 29 giugno 2006, causa C-308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I-5977, punti 46 e 47, nonché 25 gennaio 2007, causa C-407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I-829, punto 133). |
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113 |
In tale contesto, spetta alla Corte verificare se il Tribunale abbia correttamente valutato l’esercizio, da parte della Commissione, del detto potere discrezionale (sentenze citate SGL Carbon/Commissione, punto 48, e Dalmine/Commissione, punto 134). |
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114 |
Occorre aggiungere che è possibile, per commisurare l’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, anche se approssimativa e imperfetta, delle dimensioni di questa e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente alla vendita delle merci coinvolte nell’infrazione e che può quindi fornire un’indicazione dell’entità della medesima. Ne consegue, dall’altro, che non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso eccessivo rispetto ad altri criteri di valutazione e, quindi, che la determinazione dell’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato (v. sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121; 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 111, nonché 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 243). |
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115 |
Orbene, nella fattispecie, non emerge che il Tribunale abbia commesso alcun errore di diritto respingendo l’argomento invocato dalla Koehler relativo alla presa in considerazione del suo volume d’affari complessivo. |
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116 |
Infatti, come ha constatato correttamente il Tribunale al punto 476 della sentenza impugnata, la Commissione, nella decisione controversa, ha effettuato una distinzione tra le imprese interessate secondo la loro importanza relativa sul mercato di cui trattasi, adottando come base per tale distinzione il fatturato relativo alla vendita del prodotto nello Spazio economico europeo. Un tale metodo è destinato ad evitare che le ammende siano fissate a partire da un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo di ciascuna impresa e non comporti pertanto disparità di trattamento. |
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117 |
La Commissione non è andata dunque oltre il suo potere discrezionale e il Tribunale non ha violato il principio della parità di trattamento. |
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118 |
Per quanto riguarda gli argomenti invocati dalla Koehler nei confronti dei punti 477 e 478 della sentenza impugnata, basta constatare che si tratta di censure dirette contro motivazioni ad abundantiam della medesima per cui occorre respingerli. |
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119 |
Infatti, secondo una costante giurisprudenza, la Corte rigetta a priori censure di tale tipo, poiché la critica dei soli motivi ad abundantiam non può comportare l’annullamento della sentenza impugnata (v., in tal senso, ordinanza 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 47; sentenze 16 settembre 1997, causa C-362/95 P, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4775, punto 23, nonché 25 gennaio 2007, cause riunite C-403/04 P e C-405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I-729, punto 106). |
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120 |
Detto capo del primo motivo invocato dalla Koehler deve dunque essere dichiarato infondato. |
Sul capo dei motivi invocati dalla Koehler e dalla Divipa relativo al principio di proporzionalità
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121 |
La Koehler sostiene in sostanza che, tenuto conto della sua struttura di impresa familiare non quotata in borsa, il calcolo dell’ammenda che le è stata inflitta operato dalla Commissione è contrario al principio di proporzionalità. |
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122 |
La Commissione risponde segnatamente che essa, conformemente alla sua prassi costante, ha preso in considerazione l’importanza relativa di ciascuna delle imprese sul mercato interessato dall’infrazione, poi ha adeguato verso l’alto l’importo iniziale dell’ammenda così determinato tenendo conto delle dimensioni nonché delle risorse globali delle diverse imprese, e che essa ha dunque esaminato la questione se l’importo dell’ammenda fissato inizialmente doveva essere corretto a causa dell’effetto dissuasivo necessario della medesima. |
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123 |
La Divipa sostiene anche che il Tribunale ha violato il principio di proporzionalità poiché esso non ha preso in considerazione la sua situazione economica né il fatto che essa non è un produttore di carta autocopiante, a differenza delle altre imprese interessate. Il fatturato effettivo da prendere in considerazione per il calcolo delle ammende sarebbe un importo pari alla differenza tra le vendite di carta autocopiante trasformata a clienti finali e gli acquisti della medesima dai produttori. |
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124 |
La Commissione risponde che l’argomento relativo al principio di proporzionalità è irricevibile, in quanto la situazione economica della Divipa nonché ciò che avrebbe dovuto essere preso in considerazione per il calcolo delle ammende non sono mai stati invocati dinanzi al Tribunale da tale impresa. L’argomento legato alla qualità dell’impresa non sarebbe a maggior ragione ricevibile, poiché la Divipa non contesta i punti pertinenti della sentenza impugnata. In ogni caso, dalla giurisprudenza emergerebbe che la Commissione non è tenuta, nel determinare l’importo dell’ammenda, a tener conto della situazione finanziaria di un’impresa. |
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125 |
A tal proposito, occorre ricordare che, nell’ambito dell’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce dell’art. 81 CE nonché dell’art. 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dal ricorrente per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’ammenda (v., segnatamente, sentenze 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punto 128; 29 aprile 2004, causa C-359/01 P, British Sugar/Commissione, Racc. pag. I-4933, punto 47, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 244). |
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126 |
Orbene, appare che nelle cause per le quali è adito, il Tribunale ha preso in considerazione correttamente tutti i fattori essenziali per valutare la gravità del comportamento della Koehler nonché della Divipa e che esso ha risposto sufficientemente agli argomenti di tali imprese. |
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127 |
Quanto alla Koehler, poiché la fissazione di un’ammenda non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo, come è stato ricordato al punto 114 della presente sentenza, il Tribunale ha potuto correttamente constatare, al punto 494 della sentenza impugnata, che una comparazione di percentuali rappresentate dalle ammende inflitte dalla Commissione rispetto al fatturato complessivo delle imprese interessate non basterebbe a dimostrare il carattere sproporzionato dell’ammenda inflitta a detta impresa. Per di più non risulta che il Tribunale non ha preso in considerazione le differenze strutturali e finanziarie esistenti tra la Koehler e le altre imprese sanzionate, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 277 delle sue conclusioni. |
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128 |
Quanto alla Divipa, il Tribunale ha correttamente preso in considerazione la partecipazione di tale impresa alle diverse intese e a tal riguardo non può essere dimostrata alcuna violazione del principio di proporzionalità. Occorre aggiungere che l’argomento di tale impresa vertente sulla mancata presa in considerazione delle sue capacità finanziarie è irricevibile in quanto è sollevato per la prima volta dinanzi alla Corte (v., in tal senso, sentenza 21 settembre 2006, causa C-167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I-8935, punto 114 e giurisprudenza citata). |
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129 |
I capi dei motivi invocati dalla Koehler e dalla Divipa relativi al principio di proporzionalità devono dunque essere dichiarati infondati e, per quanto riguarda la Divipa, in parte irricevibili. |
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130 |
La Divipa sostiene inoltre che, per quanto riguarda la qualificazione dell’infrazione, il Tribunale ha parimenti violato il principio di proporzionalità poiché, da una parte, tale impresa non ha partecipato ad un cartello europeo, circostanza che implicherebbe che l’infrazione non può essere qualificata come molto grave e, dall’altra, essa non ha partecipato a tutte le riunioni relative al mercato spagnolo, dato che la sua partecipazione al cartello è durata meno di un anno. |
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131 |
Su tale punto, la Commissione risponde che detto argomento è infondato in quanto un cartello, anche ove sia su scala solo nazionale, è generalmente considerato molto grave anche se l’importo iniziale dell’ammenda è piuttosto moderato per questo genere d’infrazione. Inoltre, la durata dell’infrazione non avrebbe nulla a che vedere con la gravità della medesima. |
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132 |
A tal riguardo, occorre rilevare che il Tribunale ha confermato i criteri adottati dalla Commissione per il calcolo dell’importo delle ammende e non sembra che esso abbia commesso un qualsiasi errore di diritto a tale riguardo, in quanto la Commissione ha esercitato il suo potere discrezionale conformemente agli orientamenti menzionati al punto 112 della presente sentenza e come definito a tale medesimo punto 112. |
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133 |
Il capo del terzo motivo sollevato dalla Divipa, relativo alla qualificazione dell’infrazione, deve dunque essere dichiarato infondato. |
Sul capo del terzo motivo invocato dalla Divipa, relativo all’obbligo di motivazione
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134 |
La Divipa sostiene che, al punto 629 della sentenza impugnata, il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione pronunciandosi come segue: «(…) [I]l semplice fatto che [la Divipa] abbia potuto non avere un comportamento pienamente conforme agli accordi convenuti, qualora fosse dimostrato, non sarebbe sufficiente ad obbligare la Commissione a riconoscerle circostanze attenuanti. Infatti, la [Divipa] potrebbe, attraverso la sua politica più o meno indipendente sul mercato, semplicemente tentare di utilizzare l’intesa a proprio profitto (…)». |
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135 |
Secondo la Divipa, queste due ultime frasi del punto 629 non costituiscono una motivazione sufficiente. Mentre essa avrebbe presentato prove a sostegno della sua domanda di applicazione delle circostanze attenuanti, il Tribunale non avrebbe dimostrato l’esistenza di un vantaggio da essa ottenuto tale da consentirgli di rigettare una tale domanda. |
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136 |
La Commissione risponde in particolare che l’argomento è inconferente, in quanto le frasi censurate del punto 629 della sentenza impugnata non fanno altro che ribadire elementi su cui il Tribunale si è fondato. Inoltre, il semplice fatto che la Divipa abbia eventualmente tenuto un comportamento non del tutto conforme agli accordi conclusi nell’ambito del cartello non basterebbe ad obbligare la Commissione ad accordarle circostanze attenuanti. Il Tribunale avrebbe semplicemente riprodotto, al punto contestato, una motivazione più volte usata dai giudici comunitari. |
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137 |
A tal proposito, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 287 e 288 delle sue conclusioni, le frasi del punto 629 della sentenza impugnata censurate dalla Divipa costituiscono solo un motivo ad abundantiam e quest’ultima non contesta gli altri motivi su cui il Tribunale si è basato per giustificare la mancata applicazione delle circostanze attenuanti a vantaggio di tale impresa. |
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138 |
Il capo del terzo motivo invocato dalla Divipa, relativo all’obbligo di motivazione deve dunque essere dichiarato infondato. |
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139 |
Dalle considerazioni che precedono risulta che i motivi della Koehler e della Divipa relativi alla fissazione e all’importo delle ammende devono essere respinti. |
Sul quarto motivo invocato dalla Divipa, vertente sulla violazione del diritto ad un processo equo, tenuto conto della durata del procedimento dinanzi al Tribunale
Argomenti delle parti
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140 |
La Divipa sostiene che il diritto a che una procedura d’infrazione sia conclusa entro un termine ragionevole si applica, in materia di concorrenza, sia ai procedimenti amministrativi sia a quelli giurisdizionali. Tale diritto sarebbe stato violato, poiché sarebbero decorsi cinque anni tra la proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale il 18 aprile 2002 e la pronuncia della sentenza impugnata il 26 aprile 2007. |
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141 |
La Commissione risponde che il carattere ragionevole del termine è valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, alla luce dell’oggetto della controversia, della complessità del caso in esame, nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti. |
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142 |
Quanto al procedimento dinanzi al Tribunale, essa sottolinea che dieci imprese hanno contestato la decisione controversa, utilizzando quattro lingue di procedura, che molti fatti sono stati negati e che è occorso valutare la forza probatoria delle dichiarazioni e dei documenti relativi alle ricorrenti in primo grado per provarne la veridicità, che i motivi invocati da queste ultime presentavano somiglianze ma anche divergenze, che si riferivano a questioni di merito e di procedura nonché all’importo delle ammende. La lunghezza del procedimento non sarebbe dunque eccessiva. Ad ogni modo la Commissione considera che un’irregolarità nel procedimento come quella oggetto della censura, ammesso che venga dimostrata, non potrebbe portare all’annullamento della decisione impugnata nella sua interezza. |
Giudizio della Corte
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143 |
Occorre ricordare che il principio generale di diritto comunitario in forza del quale ogni persona ha diritto a un processo equo, ispirato all’art. 6, n. 1, della CEDU, e in particolare il diritto a un processo entro un termine ragionevole, è applicabile nell’ambito di un ricorso giurisdizionale avverso una decisione della Commissione che infligge ammende a un’impresa per violazione della normativa sulla concorrenza (sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit., punti 20 e 21; 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punto 179; 2 ottobre 2003, causa C-194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I-10821, punto 154, nonché Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, cit., punto 115). |
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144 |
Il carattere ragionevole del termine è valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, alla luce della posta in gioco nella controversia per l’interessato, della complessità del caso in esame, nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti (sentenze citate Baustahlgewebe/Commissione, punto 29; Thyssen Stahl/Commissione, punto 155, nonché Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, punto 116). |
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145 |
La Corte ha precisato, a questo proposito, che l’elencazione dei detti criteri non è esaustiva e che la valutazione del carattere ragionevole del termine non richiede un esame sistematico delle circostanze della causa alla luce di ciascuno di tali criteri quando la durata del procedimento risulti giustificata alla stregua di uno solo di essi. Pertanto, la complessità della causa può essere considerata una valida giustificazione di un termine a prima vista troppo lungo (sentenze citate Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 188; Thyssen Stahl/Commissione, punto 156, nonché Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, punto 117). |
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146 |
Nella fattispecie, il procedimento dinanzi al Tribunale ha avuto una durata di cinque anni a partire dal deposito, tra l’11 ed il 18 aprile 2002, dei ricorsi di nove imprese sino al 26 aprile 2007, data di pronuncia della sentenza impugnata. |
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147 |
Una tale durata del procedimento deve essere esaminata con riferimento alle circostanze della causa. Come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 145-148 delle sue conclusioni, tale durata può essere giustificata tenuto conto della complessità della causa e della circostanza, in particolare, che la quasi totalità dei fatti che fondavano la decisione controversa è stata contestata in primo grado e ha dovuto essere verificata. Inoltre, nove imprese hanno proposto un ricorso contro la decisione controversa, in quattro lingue di procedura diverse, e uno Stato membro, nella fattispecie il Regno del Belgio, ha chiesto di intervenire. A seguito della riunione di tali ricorsi, la sentenza impugnata è stata pronunciata nelle nove cause. |
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148 |
Tali diverse circostanze hanno richiesto un esame parallelo dei nove ricorsi e la durata del procedimento può facilmente essere spiegata con l’istruzione approfondita del fascicolo condotta dal Tribunale e con i vincoli linguistici imposti dalle regole di procedura dinanzi ad esso applicabili. |
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149 |
Alla luce degli elementi che precedono, occorre constatare che il procedimento dinanzi al Tribunale non ha oltrepassato i requisiti legati al rispetto del termine ragionevole. |
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150 |
Dai punti 49-149 della presente sentenza risulta che nessuno dei motivi invocati dalla Koehler e dalla Divipa a sostegno delle loro impugnazioni può essere accolto e che essi devono pertanto essere respinti. |
Sulle spese
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151 |
Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai termini dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
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152 |
La Commissione è risultata soccombente per quanto riguarda l’impugnazione proposta dalla Bolloré, che ha chiesto la condanna alle spese di tale istituzione. Occorre, di conseguenza, condannare la Commissione alle spese sostenute da tale impresa sia dinanzi al Tribunale sia in sede d’impugnazione. |
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153 |
Poiché la Koehler e la Divipa sono risultate soccombenti nei loro motivi, e la Commissione ha chiesto la loro condanna alle spese, occorre condannarle alle spese del presente grado di giudizio per quanto attiene ai loro rispettivi ricorsi. |
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Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingue processuali: il tedesco, il francese e lo spagnolo.