Causa C-318/07

Hein Persche

contro

Finanzamt Lüdenscheid

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Libera circolazione dei capitali — Imposta sul reddito — Deducibilità di donazioni disposte in favore di enti riconosciuti di interesse generale — Limitazione della deducibilità alle donazioni ad enti nazionali — Donazioni in natura — Direttiva 77/799/CEE — Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette»

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 14 ottobre 2008   I ‐ 363

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 27 gennaio 2009   I ‐ 390

Massime della sentenza

  1. Libera circolazione dei capitali – Disposizioni del Trattato – Ambito di applicazione

    (Artt. 56 CE e 58 CE)

  2. Libera circolazione dei capitali – Restrizioni – Normativa tributaria – Imposta sul reddito

    (Art. 56 CE)

  1.  Quando un soggetto passivo chiede in uno Stato membro la deduzione fiscale di donazioni eseguite a favore di enti stabiliti e riconosciuti di interesse generale in un altro Stato membro, a tali donazioni si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, anche quando sono state eseguite in natura sotto forma di beni di largo consumo.

    Infatti, una normativa fiscale nazionale può ricadere nell’ambito di applicazione degli artt. 56 CE-58 CE anche se concerne il trasferimento di un patrimonio potenzialmente costituito tanto da denaro quanto da beni mobili o immobili. Al pari dell’imposta sulle successioni, la tassazione delle donazioni in contanti o in natura rientra, dunque, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative ai movimenti di capitali, ad eccezione dei casi in cui gli elementi costitutivi di dette operazioni si trovino all’interno di un solo Stato membro.

    (v. punti 26-27, 30, dispositivo 1)

  2.  L’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, relativamente alle donazioni disposte a favore di enti riconosciuti di interesse generale, il beneficio della deduzione fiscale è accordato solo per le donazioni a favore di enti stabiliti sul territorio nazionale, senza alcuna possibilità per il soggetto passivo di dimostrare che una donazione a favore di un ente stabilito in un altro Stato membro soddisfi i requisiti imposti dalla suddetta normativa per la concessione del beneficio.

    Poiché, infatti, la possibilità di ottenere una deduzione fiscale può incidere in misura considerevole sul comportamento del donatore, la non deducibilità nello Stato membro di imposizione delle donazioni a favore di enti riconosciuti di interesse generale allorché essi hanno sede in altri Stati membri può pregiudicare la disponibilità dei contribuenti residenti nel primo Stato membro ad effettuare donazioni a loro vantaggio e costituisce dunque una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE.

    È certamente legittimo che uno Stato membro, nell’ambito della propria legislazione relativa alla deducibilità fiscale delle donazioni, tratti in modo diverso gli enti riconosciuti di interesse generale stabiliti nel proprio territorio rispetto a quelli aventi sede in altri Stati membri allorché questi ultimi perseguono obiettivi diversi da quelli enunciati dalla propria normativa. A tale proposito, il diritto comunitario non impone agli Stati membri di curare che gli enti stranieri riconosciuti di interesse generale nello Stato membro d’origine beneficino automaticamente dello stesso riconoscimento sul loro territorio. Tuttavia, un ente stabilito in uno Stato membro che soddisfi i requisiti imposti da un altro Stato membro per beneficiare di vantaggi fiscali si trova, in ordine alla concessione da parte di quest’ultimo Stato di vantaggi fiscali volti a promuovere le attività di interesse generale in questione, nella stessa situazione degli enti riconosciuti di interesse generale stabiliti in quest’ultimo Stato membro.

    Peraltro, nella misura in cui nulla impedisce alle autorità fiscali dello Stato membro di imposizione di richiedere ad un soggetto passivo che voglia ottenere la deduzione fiscale delle donazioni eseguite a favore di enti stabiliti in un altro Stato membro di fornire lui stesso le prove occorrenti, tale Stato membro non può invocare la necessità di preservare l’efficacia dei controlli fiscali per giustificare una normativa nazionale che impedisca assolutamente al soggetto passivo di produrre tali prove. In tale contesto, prima di concedere un’esenzione fiscale a un ente stabilito e riconosciuto di interesse generale in un altro Stato membro, uno Stato membro è autorizzato ad applicare misure che gli permettano di verificare con chiarezza e precisione se detto ente soddisfi le condizioni prescritte dalla legislazione nazionale per beneficiarne nonché a controllare la sua effettiva gestione. Per contro, gli eventuali inconvenienti amministrativi che deriverebbero dall’essere tali enti stabiliti in un altro Stato membro non sono sufficienti per giustificare un rifiuto da parte delle autorità dello Stato di cui trattasi di concedere a detti enti le stesse esenzioni fiscali concesse agli enti nazionali dello stesso tipo. Altrettanto dicasi nel caso di un contribuente che richiede in uno Stato membro la deduzione fiscale di una donazione versata ad un ente stabilito e riconosciuto di interesse generale in un altro Stato membro.

    Inoltre, le autorità fiscali interessate possono rivolgersi, in applicazione della direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, alle autorità di un altro Stato membro per ottenere ogni informazione che risulti necessaria per determinare correttamente l’imposta dovuta da un contribuente. Nondimeno, tale direttiva non pregiudica affatto la competenza delle autorità preposte dello Stato membro del donatore a valutare, in particolare, se ricorrano le condizioni cui la loro normativa subordina la concessione di un vantaggio fiscale. Così, nel caso di un ente stabilito e riconosciuto di interesse generale in un altro Stato membro, lo Stato membro del donatore non deve accordare un trattamento fiscale identico a quello applicato alle donazioni a favore degli enti nazionali se non quando tale ente soddisfi le condizioni poste dalla normativa di quest’ultimo Stato membro per concedere vantaggi fiscali, condizioni tra le quali figura il perseguimento di obiettivi identici a quelli promossi dalla normativa fiscale del detto Stato. Spetta alle autorità nazionali competenti, organi giurisdizionali nazionali inclusi, verificare se, conformemente alle norme del diritto interno, sia stata fornita la prova dell’osservanza dei requisiti imposti da tale Stato membro ai fini della concessione del vantaggio fiscale in questione.

    Infine, uno Stato membro non può neppure escludere la concessione di vantaggi fiscali per donazioni a favore di enti stabiliti e riconosciuti di interesse generale in un altro Stato membro per il solo fatto che, rispetto a tali enti, le autorità fiscali del primo Stato non dispongono della possibilità di verificare in loco l’osservanza dei requisiti che la loro legislazione fiscale impone.

    Nel caso di enti di interesse generale situati in un paese terzo, è in linea di principio legittimo per lo Stato membro dell’imposizione rifiutare la concessione di un vantaggio fiscale se, in particolare per l’assenza di un obbligo convenzionale da parte di tale paese terzo di fornire informazioni, risulti impossibile ottenere dal medesimo le informazioni necessarie.

    (v. punti 38-39, 47-48, 50, 55-56, 60-61, 63, 66, 70, 72, dispositivo 2)