SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

19 marzo 2009 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato — Transito comunitario esterno — Carnet TIR — Dazi doganali — Risorse proprie delle Comunità — Messa a disposizione — Termine — Interessi di mora — Norme di contabilizzazione»

Nella causa C-275/07,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto l’8 giugno 2007,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Wilms e dalle sig.re M. Velardo e D. Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Albenzio, avvocato dello Stato,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Borg Barthet (relatore), E. Levits e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 aprile 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che:

avendo rifiutato di versare alla Commissione interessi di mora per un importo totale di EUR 847,06, relativi alla contabilizzazione tardiva dei dazi doganali, e avendo rifiutato di adeguare la normativa nazionale alla disciplina comunitaria in materia di contabilizzazione delle operazioni doganali coperte da garanzia globale e non contestate, risultanti da un’operazione di transito comunitario,

avendo rifiutato di versare alla Commissione interessi di mora per un importo totale di EUR 3322, relativi al mancato rispetto dei termini assegnati dalla normativa comunitaria per l’iscrizione dei dazi doganali nella contabilità «A», nel contesto di operazioni di transito ai sensi della convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate dal carnet TIR (convenzione TIR), firmata a Ginevra (Svizzera) il 14 novembre 1975 (GU 1978, L 252, pag. 2; in prosieguo: la «convenzione TIR»),

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 155, pag. 1), e, segnatamente, del suo art. 6, n. 2, lett. a), come sostituito, a partire dal , dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio , n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (GU L 130, pag. 1), e, segnatamente, del suo art. 6, n. 3, lett. a).

Contesto normativo

La convenzione TIR

2

La Repubblica italiana è parte della convenzione TIR, come pure la Comunità europea che l’ha approvata con regolamento (CEE) del Consiglio 25 luglio 1978, n. 2112 (GU L 252, pag. 1). Tale convenzione è entrata in vigore per la Comunità il (GU L 31, pag. 13).

3

La convenzione TIR prevede in particolare che le merci trasportate sotto il regime TIR, da essa istituito, non sono soggette al pagamento o al deposito dei dazi o delle tasse all’importazione o all’esportazione presso gli uffici doganali di passaggio.

4

Per accordare tali facilitazioni, la convenzione TIR esige che le merci siano accompagnate, per tutta la durata del trasporto, da un documento uniforme, il carnet TIR, che serve a controllare la regolarità dell’operazione. Essa richiede inoltre che i trasporti siano garantiti da associazioni abilitate dalle parti contraenti, conformemente alle disposizioni dell’art. 6.

5

Il carnet TIR si compone di una serie di fogli che comprendono un tagliando n. 1 e un tagliando n. 2 con le corrispondenti matrici sulle quali figurano tutte le informazioni necessarie. Una coppia di tagliandi viene utilizzata per ciascun territorio attraversato. All’inizio dell’operazione di trasporto il tagliando n. 1 è depositato presso l’ufficio doganale di partenza; l’accertamento interviene al ritorno del tagliando n. 2 proveniente dall’ufficio doganale di uscita situato sullo stesso territorio doganale. Questo procedimento si ripete per ciascun territorio attraversato, utilizzando le differenti coppie di tagliandi che si trovano nello stesso carnet. Ai fini dell’applicazione della convenzione TIR, la Comunità europea costituisce un solo e unico territorio doganale.

6

L’art. 8 della convenzione TIR dispone in particolare quanto segue:

«1.   L’associazione garante s’impegna a pagare i dazi e le tasse all’importazione o all’esportazione esigibili, più eventuali interessi di mora, dovuti in virtù di leggi e regolamenti doganali del paese in cui è stata accertata un’irregolarità in correlazione con un’operazione TIR. L’associazione garante risponde solidalmente, insieme con le persone debitrici dei succitati importi, del pagamento di dette somme.

2.   Allorché le leggi e i regolamenti di una parte contraente non prevedono il pagamento di dazi e tasse all’importazione o all’esportazione nei casi previsti al paragrafo 1 che precede, l’associazione garante deve impegnarsi a pagare, nelle medesime condizioni, una somma pari all’importo dei tributi d’entrata o d’uscita, più gli eventuali interessi di mora.

(…)

7.   Allorché le somme di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo sono esigibili, prima di reclamarle all’associazione garante le autorità competenti devono, nella misura del possibile, chiederne il pagamento alla(e) persona(e) direttamente tenuta(e) a pagarle».

7

Ai sensi dell’art. 11 della convenzione TIR:

«1.   Se un carnet TIR non è stato scaricato o è stato scaricato con riserve, le autorità competenti possono esigere dall’associazione garante il pagamento delle somme di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 2 soltanto se, entro un termine di un anno a decorrere dall’accettazione del carnet TIR da parte delle autorità doganali, esse hanno notificato per iscritto all’associazione garante che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve. Detta disposizione è applicabile anche allorché lo scarico è stato ottenuto abusivamente o fraudolentemente, ma in tal caso il termine per la notificazione è di due anni.

2.   La richiesta di pagare le somme di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 2, dev’essere inviata all’associazione garante al più presto tre mesi o al più tardi due anni dopo, a contare dal giorno in cui l’associazione è stata informata che il carnet non è stato scaricato o che è stato scaricato con riserve, oppure che l’attestazione di scarico è stata ottenuta abusivamente o fraudolentemente. Tuttavia, trattandosi di casi deferiti ad un tribunale durante il succitato termine di due anni, la richiesta di pagamento dovrà essere notificata entro il termine di un anno, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è passata in giudicato.

3.   L’associazione garante deve pagare gli importi richiesti entro un termine di tre mesi, a contare dalla data della richiesta di pagamento. Gli importi pagati saranno restituiti all’associazione garante allorché entro un termine di due anni, a decorrere dalla data della richiesta di pagamento, si comprovi a soddisfazione delle autorità doganali che durante la rispettiva operazione di trasporto non è stata commessa nessuna irregolarità».

La normativa doganale comunitaria

Il regolamento (CEE) n. 2913/92

8

Ai sensi dell’art. 92 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»):

«Il regime di transito esterno ha fine quando le merci e il documento corrispondente sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione conformemente alle disposizioni del regime in questione».

9

A norma dell’art. 204 del codice doganale:

«1.   L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)

all’inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta a dazi all’importazione, dalla sua permanenza in custodia temporanea oppure dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, oppure

b)

all’inosservanza di una delle condizioni stabilite per il vincolo di una merce a tale regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari,

in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 sempre che non si constati che tali inosservanze non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato.

2.   L’obbligazione doganale sorge quando cessa di essere soddisfatto l’obbligo la cui inadempienza fa sorgere l’obbligazione doganale oppure nel momento in cui la merce è stata vincolata al regime doganale considerato quando si constati, a posteriori, che non era soddisfatta una delle condizioni stabilite per il vincolo della merce al regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari.

3.   Il debitore è la persona tenuta, secondo il caso, ad adempiere agli obblighi che, per una merce soggetta a dazi all’importazione, derivano dalla permanenza in custodia temporanea o dall’utilizzazione del regime doganale cui la merce è stata vincolata, oppure a rispettare le condizioni stabilite per il vincolo della merce a tale regime».

10

Conformemente all’art. 217, n. 1, del codice doganale:

«Ogni importo di dazi all’importazione o di dazi all’esportazione risultante da un’obbligazione doganale, in seguito denominato “importo dei dazi”, deve essere calcolato dall’autorità doganale non appena disponga degli elementi necessari e da questa iscritto nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (contabilizzazione)».

11

L’art. 221, n. 1, del codice doganale così dispone:

«L’importo dei dazi deve essere comunicato al debitore secondo modalità appropriate, non appena sia stato contabilizzato».

Il regolamento (CEE) n. 2454/93

12

Ai sensi dell’art. 348 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di attuazione»):

«1.   L’ufficio di partenza accetta e registra la dichiarazione T1, fissa il termine entro il quale le merci devono essere presentate all’ufficio di destinazione e prende le misure di identificazione ritenute necessarie.

2.   L’ufficio di partenza annota il documento T1, conserva l’esemplare che gli è destinato e consegna gli altri esemplari all’obbligato principale o al suo rappresentante».

13

L’art. 356 di tale regolamento dispone quanto segue:

«1.   Le merci e il documento T1 devono essere presentati all’ufficio di destinazione.

2.   L’ufficio di destinazione annota gli esemplari del documento T1 in base ai risultati del controllo effettuato, rispedisce immediatamente un esemplare all’ufficio di partenza e conserva l’altro esemplare.

(…)».

14

Conformemente all’art. 379 del regolamento di attuazione:

«1.   Quando una spedizione non sia stata presentata all’ufficio di destinazione e non possa accertarsi il luogo dell’infrazione o dell’irregolarità, l’ufficio di partenza ne dà notificazione all’obbligato principale quanto prima e al più tardi entro la fine dell’undicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transito comunitario.

2.   La notifica di cui al paragrafo 1 deve indicare, in particolare, il termine entro il quale può essere fornita all’ufficio di partenza la prova considerata sufficiente dall’autorità doganale, della regolarità dell’operazione di transito o del luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata effettivamente commessa. Il termine è di tre mesi dalla data della notificazione di cui al paragrafo 1. Se alla scadenza di tale termine la prova di cui sopra non è fornita, lo Stato membro competente procede alla riscossione dei dazi e delle altre imposizioni del caso. Qualora tale Stato membro non sia quello in cui si trova l’ufficio di partenza, quest’ultimo informa senza ritardo lo Stato membro competente».

15

L’art. 454 del regolamento di attuazione stabilisce quanto segue:

«1.   Il presente articolo si applica fatte salve le disposizioni specifiche della convenzione TIR e della convenzione ATA concernenti la responsabilità delle associazioni garanti nell’utilizzazione del carnet TIR o del carnet ATA.

2.   Quando si accerti che durante o in occasione di un trasporto effettuato con un carnet TIR, o di un’operazione di transito effettuata con un carnet ATA, è stata commessa un’infrazione o un’irregolarità in un dato Stato membro, la riscossione dei dazi e delle altre imposizioni eventualmente esigibili è operata da tale Stato membro secondo le disposizioni comunitarie o nazionali, fatto salvo l’esercizio di azioni penali.

3.   Qualora non sia possibile determinare il territorio in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata commessa, si considera che essa sia stata commessa nello Stato membro in cui è stata accertata, a meno che, nel termine di cui all’articolo 455, paragrafo 1, non venga fornita la prova, ritenuta sufficiente dall’autorità doganale, della regolarità dell’operazione ovvero del luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata effettivamente commessa.

(…)

Le amministrazioni doganali degli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per combattere e sanzionare efficacemente qualsiasi infrazione o irregolarità».

16

Ai sensi dell’art. 455, nn. 1 e 2, del regolamento in parola:

«1.   Quando si accerti un’infrazione o un’irregolarità commessa nel corso o in occasione di un trasporto effettuato con un carnet TIR o di un’operazione di transito effettuata con un carnet ATA, l’autorità doganale provvede ad informare di ciò il titolare del carnet TIR o del carnet ATA e l’associazione garante nei termini previsti, secondo i casi, all’articolo 11, paragrafo 1 della convenzione TIR o all’articolo 6, paragrafo 4 della convenzione ATA.

2.   La prova della regolarità dell’operazione effettuata con un carnet TIR o con un carnet ATA, ai sensi dell’articolo 454, paragrafo 3, primo comma, deve essere fornita nel termine previsto, secondo i casi, all’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione TIR o all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della convenzione ATA».

Il regime delle risorse proprie delle Comunità

17

L’art. 1 della decisione del Consiglio 24 giugno 1988, 88/376/CEE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 185, pag. 24), sostituita, a decorrere dal , dalla decisione del Consiglio , 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 293, pag. 9), così dispone:

«Le risorse proprie sono attribuite alle Comunità per garantire il finanziamento del loro bilancio secondo le modalità fissate agli articoli che seguono.

Salve restando le altre entrate, il bilancio delle Comunità è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità».

18

Ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), delle decisioni 88/376 e 94/728, costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio delle Comunità le entrate provenienti:

«dai dazi della tariffa doganale comune ed altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni della Comunità sugli scambi con i paesi non membri e dazi doganali sui prodotti rientranti nel Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio».

19

A norma dell’art. 8, n. 1, delle decisioni 88/376 e 94/728:

«Le risorse proprie comunitarie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) sono riscosse dagli Stati membri conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le vengono comunicate dagli Stati membri, comunica agli Stati membri gli adattamenti che ritiene necessari per garantire che esse siano conformi alle normative comunitarie e riferisce alla autorità di bilancio. Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione le risorse di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere da a) a d)».

20

Il secondo, ottavo e tredicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1552/89, simili al secondo, quindicesimo e ventunesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1150/2000, enunciano quanto segue:

«(2)

considerando che la Comunità deve disporre delle risorse proprie di cui all’articolo 2 della decisione 88/376/CEE, Euratom nelle migliori condizioni possibili e che a tal fine è necessario fissare le modalità secondo le quali gli Stati mettono a disposizione della Commissione le risorse proprie attribuite alle Comunità;

(…)

(8)

considerando che la messa a disposizione delle risorse proprie può effettuarsi sotto forma di accreditamento degli impegni dovuti in un conto aperto a tale scopo, a nome della Commissione, presso il Tesoro di ogni Stato membro o l’organismo designato da ogni Stato membro; che al fine di limitare i movimenti di fondi a quanto risulta necessario all’esecuzione del bilancio, la Comunità deve limitarsi ad effettuare sui conti di cui sopra prelievi destinati a coprire unicamente i bisogni di tesoreria della Commissione;

(…)

(13)

considerando che una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione può facilitare la corretta applicazione del presente regolamento, (…)».

21

Ai sensi dell’art. 1 dei regolamenti, rispettivamente, nn. 1552/89 e 1150/2000:

«Le risorse proprie delle Comunità previste dal[le decisioni, rispettivamente, 88/376 e 94/728] qui di seguito denominate “risorse proprie”, sono messe a disposizione della Commissione e controllate alle condizioni previste dal presente regolamento, fatti salvi il regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall’imposta sul valore aggiunto [GU L 155, pag. 9], e la direttiva 89/130/CEE, Euratom [del Consiglio , relativa all’armonizzazione della fissazione del prodotto nazionale lordo ai prezzi di mercato (GU L 49, pag. 26)]».

22

L’art. 2 del regolamento n. 1552/89 così dispone:

«1.   Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) della decisione 88/376/CEE, Euratom è accertato non appena il servizio competente dello Stato membro ha comunicato al soggetto passivo l’importo dovuto. Tale comunicazione viene effettuata non appena è nota l’identità del soggetto passivo e non appena l’importo del diritto può essere calcolato dalle autorità amministrative competenti, in ottemperanza a tutte le disposizioni comunitarie applicabili in materia.

2.   Il paragrafo 1 si applica allorché la comunicazione deve essere rettificata».

23

Tale disposizione è stata modificata, con effetto dal 14 luglio 1996, dal regolamento (Euratom, CE) del Consiglio , n. 1355 (GU L 175, pag. 3), il cui dettato è stato ripreso dall’art. 2 del regolamento n. 1150/2000, che così prevede:

«1.   Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 94/728/CE, Euratom, è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del diritto e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo.

2.   La data da considerare per l’accertamento di cui al paragrafo 1 è la data della registrazione prevista dalla normativa doganale.

(…)

4.   Il paragrafo 1 si applica allorché la comunicazione deve essere rettificata».

24

L’art. 6, nn. 1 e 2, lett. a), del regolamento n. 1152/89 [divenuto art. 6, nn. 1 e 3, lett. a), del regolamento n. 1150/2000], stabilisce quanto segue:

«1.   Presso il Tesoro di ogni Stato membro o l’organismo designato da quest’ultimo viene tenuta una contabilità delle risorse proprie, ripartita secondo la natura delle risorse.

a)

Con riserva della lettera b) del presente paragrafo, i diritti accertati conformemente all’articolo 2 sono riportati nella contabilità [correntemente denominata contabilità «A»] al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento».

25

A norma dell’art. 8 dei regolamenti, rispettivamente, nn. 1552/89 e 1150/2000:

«Le rettifiche effettuate a norma de[gli articoli, rispettivamente, 2, paragrafo 2 e 2, paragrafo 4] vengono aggiunte o detratte dall’importo totale dei diritti accertati. Esse vengono riportate nelle contabilità previste [dagli articoli, rispettivamente, 6, paragrafo 2, lettere a) e b), e 6, paragrafo 3, lettere a) e b),] nonché negli estratti previsti [dagli articoli, rispettivamente, 6, paragrafo 3, e 6, paragrafo 4,] corrispondenti alle date delle rettifiche stesse.

Ove le rettifiche riguardino casi di frode e irregolarità già comunicati alla Commissione, il fatto deve essere specificatamente menzionato».

26

Conformemente all’art. 9, n. 1, dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000:

«Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato».

27

L’art. 10, n. 1, dei regolamenti, rispettivamente, nn. 1552/89 e 1150/2000 così recita:

«Dopo la deduzione del 10% a titolo di spese di riscossione in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3 dell[e decisioni, rispettivamente, 88/376 e 94/728] l’iscrizione delle risorse proprie, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) dell[e summenzionate decisioni], ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2 (…)».

28

A norma dell’art. 11 dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000:

«Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1 dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».

29

Ai sensi dell’art. 12, n. 1, dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000:

«La Commissione dispone delle somme accreditate sui conti previsti all’articolo 9, paragrafo 1 nella misura necessaria per coprire i bisogni di tesoreria derivanti dall’esecuzione del bilancio».

30

L’art. 17, nn. 1 e 2, dei regolamenti n. 1552/89 e 1150/2000 così dispone:

«1.   Gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’articolo 2 siano messi a disposizione della Commissione alle condizioni previste dal presente regolamento.

2.   Gli Stati membri sono dispensati dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore. Inoltre, in casi particolari, gli Stati membri sono dispensati dal mettere tali importi a disposizione della Commissione, quando, dopo attento esame di tutti i dati pertinenti del caso, risulta definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non potrebbero essere loro imputabili. (…)».

Procedimento precontenzioso

Il procedimento per inadempimento n. 2003/2241

31

Nell’ambito di un controllo sulle risorse proprie tradizionali svolto nell’aprile 1994, la Commissione ha ritenuto che, in un certo numero di casi di transito comunitario, la Repubblica italiana non avesse avviato nei termini prescritti il procedimento di riscossione dei diritti, violando l’art. 379 del regolamento di attuazione.

32

Con lettera del 15 giugno 2001, la Commissione, a norma dell’art. 11 del regolamento n. 1150/2000, ha richiesto alla Repubblica italiana il pagamento dell’importo di ITL 31564893 a titolo di interessi di mora relativi alle pratiche di transito ritenute irregolari.

33

In esito ad un’indagine condotta dalla Repubblica italiana, è stato accertato che 11 tra i 201 documenti di transito considerati non appurati, in realtà, lo erano stati, benché fossero stati comunicati dall’ufficio di destinazione oltre i termini regolamentari. In tale contesto, detto Stato membro, con nota del 31 luglio 2001, ha dichiarato la propria disponibilità a provvedere al pagamento degli interessi di mora relativi ai documenti di transito rimasti non appurati, contestando nel contempo la legittimità della pretesa avanzata dalla Commissione in relazione ai titoli appurati tardivamente.

34

A tale riguardo la Repubblica italiana ha indicato che, siccome i documenti di transito erano stati presentati in tempo utile all’ufficio doganale di destinazione, non era sorta alcuna obbligazione doganale ai sensi dell’art. 204 del codice doganale. Di conseguenza non sarebbe dovuto alcun interesse di mora.

35

In seguito, la Commissione ha constatato un altro caso di appuramento tardivo, che l’ha indotta a modificare l’ammontare complessivo degli interessi di mora di cui esigeva il pagamento da parte della Repubblica italiana.

36

La Commissione, dopo aver contestato l’argomentazione di tale Stato membro e dopo che quest’ultimo aveva confermato il proprio rifiuto di procedere al pagamento dei suddetti interessi, il 3 febbraio 2004 ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida, in cui le ha ricordato i suoi addebiti e ha respinto gli argomenti svolti da detto Stato membro.

37

Poiché la Repubblica italiana, con risposta in data 8 giugno 2004, ha riaffermato le proprie posizioni, la Commissione le ha inviato, il , un parere motivato in cui la invitava ad adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi nel termine di due mesi dalla data del suo ricevimento.

38

In risposta al suddetto parere motivato, tale Stato membro ha ribadito la propria posizione e ha indicato che considerava opportuno, ai fini della soluzione della controversia, rimettere la questione alla decisione della Corte di giustizia.

Il procedimento per inadempimento n. 2006/2266

39

Sulla base di una lettera inviata dalla Repubblica italiana alla Corte dei conti delle Comunità europee il 27 gennaio 1999, la Commissione ha individuato una serie di quattro operazioni di transito comunitario disciplinate dalla convenzione TIR, coperte da garanzia globale e non contestate, con riferimento alle quali essa ha ritenuto che l’appuramento fosse intervenuto oltre i termini fissati dal regolamento n. 1552/89.

40

Di conseguenza la Commissione ha reclamato dalle autorità italiane il pagamento di interessi di mora per il periodo intercorrente tra il momento in cui le risorse proprie avrebbero dovuto essere messe a disposizione della Commissione e il termine entro il quale tale Stato membro avrebbe potuto procedere alla corrispondente rettifica a seguito della rettifica della notificazione al debitore.

41

Analogamente a quanto esposto in merito al procedimento per inadempimento n. 2003/2241, la Repubblica italiana ha rifiutato di versare i suddetti interessi di mora. Essa ha fatto valere che, in assenza di obbligazione doganale e, quindi, di obbligazione principale, il versamento di interessi di mora avrebbe indebitamente modificato la natura giuridica di questi ultimi, equiparandoli ad un provvedimento sanzionatorio collegato all’inosservanza formale dei termini imposti dal regolamento n. 1552/89 per lo svolgimento delle operazioni da esso previste.

42

Il 4 luglio 2006 la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida, in cui le chiedeva il pagamento di interessi di mora per l’importo di EUR 3322.

43

Non avendo ricevuto osservazioni da parte di tale Stato membro nel termine impartito, la Commissione ha emesso in data 12 ottobre 2006 un parere motivato, al quale la Repubblica italiana ha risposto con nota del . Quest’ultima ha concordato sull’opportunità che la questione, unitamente a quella cui si riferisce il procedimento per inadempimento n. 2003/2241, fosse rimessa alla decisione della Corte di giustizia.

44

In tale contesto la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

45

La Commissione sostiene che l’art. 11 del regolamento n. 1552/89 è stato violato tanto nell’ambito del procedimento per inadempimento n. 2003/2241 quanto in quello del procedimento per inadempimento n. 2006/2266.

46

Per quanto riguarda il procedimento per inadempimento n. 2003/2241, la Commissione afferma, anzitutto, che, se l’ufficio doganale di partenza non ha ricevuto la prova dell’appuramento di un’operazione alla scadenza del periodo di cui all’art. 379 del regolamento di attuazione, l’operazione di cui trattasi deve essere considerata irregolare e, pertanto, far sorgere un’obbligazione doganale. Il ruolo chiave nella constatazione e nella messa a disposizione di risorse comunitarie spetterebbe all’ufficio doganale di partenza, talché non potrebbe essere validamente invocata la circostanza che l’ufficio di destinazione abbia notificato tardivamente il regolare arrivo delle merci, al fine di annullare con effetto retroattivo le obbligazioni che incombono agli Stati membri in forza dell’art. 379 del regolamento di attuazione.

47

La Commissione sostiene che i termini imposti dalla normativa comunitaria sono, in conformità all’obiettivo della stessa, perentori, in quanto tale obiettivo consiste nel garantire un’applicazione uniforme delle disposizioni in materia di recupero del debito doganale nell’interesse di una messa a disposizione rapida delle risorse di cui trattasi. Lo Stato membro competente sarebbe tenuto ad accertare le risorse proprie, anche qualora ne dovesse contestare il fondamento, con il rischio altrimenti di pregiudicare il principio dell’equilibrio finanziario delle Comunità.

48

La Commissione ne deduce che, qualora i termini previsti dall’art. 379 del regolamento d’applicazione siano scaduti senza che la prova della regolarità dell’operazione di transito sia stata fornita, lo Stato membro competente è tenuto, in conformità dell’art. 6 del regolamento n. 1552/89, ad iscrivere senza ritardo i dazi non contestati e coperti da garanzia nella contabilità «A» e, pertanto, a metterli a disposizione della Commissione a norma dell’art. 10 del suddetto regolamento.

49

La Commissione invoca, poi, il testo dell’art. 11 del regolamento 1552/89 per affermare che l’obbligo per lo Stato membro interessato di corrispondere gli interessi deriva dalla mera assenza di iscrizione o dall’iscrizione tardiva di tali dazi, a prescindere da qualunque altra condizione.

50

Per quanto riguarda l’argomentazione della Repubblica italiana secondo cui gli interessi di mora relativi alle operazioni di cui trattasi non sarebbero dovuti in quanto l’obbligazione doganale non sarebbe mai sorta, la Commissione afferma anzitutto che la formulazione dell’art. 379 del regolamento di attuazione dimostra esattamente il contrario, cioè che il sorgere dell’obbligazione doganale può essere ricollegato ad uno dei due presupposti strutturali da esso previsti, vale a dire l’esistenza di un’operazione doganale irregolare, oppure la mancata presentazione da parte del soggetto passivo della prova della regolarità di tale operazione.

51

La Commissione sostiene inoltre che gli interessi di mora di cui all’art. 11 del regolamento n. 1552/89 non sono gli interessi dovuti dal soggetto passivo a causa del pagamento tardivo dei dazi, bensì gli interessi di mora dovuti direttamente dallo Stato membro per il semplice fatto della non iscrizione o dell’iscrizione tardiva delle obbligazioni doganali. Pertanto l’inadempimento dello Stato si configurerebbe al momento della mancata iscrizione in contabilità e sarebbe indifferente al riguardo che la pretesa patrimoniale riguardante i dazi sia o meno divenuta esigibile in un momento successivo nei confronti del soggetto passivo.

52

Peraltro la Commissione contesta l’argomentazione secondo cui esigere il pagamento di interessi di mora qualora, in seguito ad un appuramento tardivo, le operazioni di transito si siano rivelate regolari equivarrebbe ad attribuire loro un carattere sanzionatorio. Al riguardo essa sostiene che tali interessi deriverebbero dalla mera violazione degli obblighi previsti dalla disciplina comunitaria e che non è necessario che sia stato effettivamente subìto un danno patrimoniale.

53

Nell’ambito del procedimento per inadempimento n. 2006/2266, la Commissione sostiene che, alla scadenza del termine previsto all’art. 11 della convenzione TIR, l’ufficio doganale di partenza delle merci avrebbe dovuto procedere alla riscossione.

54

Infatti, qualora l’ufficio doganale di partenza non avesse ricevuto prova dell’appuramento delle operazioni entro il periodo di quindici mesi dall’accettazione del carnet TIR da parte del medesimo ufficio, le operazioni in questione avrebbero dovuto essere dichiarate irregolari e, perciò, far sorgere l’obbligazione doganale.

55

La Commissione aggiunge che, in tal caso, lo Stato membro è tenuto a constatare il diritto delle Comunità europee sulle risorse proprie, in applicazione dell’art. 2 del regolamento n. 1552/89, a partire dal momento in cui le competenti autorità amministrative sono in grado di calcolare l’importo del dazio risultante da un’obbligazione doganale e di determinarne il debitore. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, le autorità dello Stato membro di partenza della merce si presumono competenti per il recupero del debito doganale.

56

La Commissione ne deduce che, nei casi contestati di cui alla presente fattispecie, la Repubblica italiana avrebbe dovuto accertare il diritto sulle risorse proprie e procedere a riportarlo in contabilità «A» al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento. Essa aggiunge che tale Stato membro avrebbe inoltre dovuto avviare il recupero in conformità dell’art. 11, n. 2, della convenzione TIR, ai fini di una rapida ed efficace messa a disposizione delle risorse proprie della Commissione.

57

Dati tali elementi, la Commissione chiede che le siano versati, nell’ambito dei due menzionati procedimenti per inadempimento, gli interessi applicabili per il periodo intercorrente tra il momento in cui le risorse proprie avrebbero dovuto essere messe a sua disposizione e la data in cui la Repubblica italiana avrebbe potuto procedere alla corrispondente rettifica in seguito alla rettifica della notifica al debitore, in conformità dell’art. 8 del regolamento n. 1552/89.

58

La Repubblica italiana, dopo aver ricordato la formulazione dell’art. 379 del regolamento di attuazione, sottolinea che la regolarità dell’operazione di transito di cui trattasi non è posta in discussione e che la prova della loro regolarità è stata fornita in tempo utile di modo che non sussiste alcun ritardo nel recupero dei dazi dovuti alla Comunità. Lo Stato membro ne deduce che non ricorrono i presupposti dell’obbligo di corrispondere gli interessi di mora, in conformità dell’art. 11 del regolamento n. 1150/2000, che fa riferimento a «ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto», mentre, nella specie, nessuna iscrizione doveva essere effettuata.

59

La Repubblica italiana eccepisce altresì l’insussistenza di danno per la Comunità, dato che non vi sarebbero fondi comunitari da recuperare, in quanto, a suo avviso, le operazioni di transito sarebbero state compiute regolarmente. Al riguardo, essa indica che si tratterebbe di stabilire se l’obbligazione accessoria relativa agli interessi di mora possa esistere malgrado l’assenza dell’obbligazione principale.

60

Inoltre, tale Stato membro afferma che all’amministrazione competente non potrebbe essere contestato alcun ritardo nel recupero dei dazi e che la comunicazione tardiva dell’effettivo appuramento delle operazioni agli organi comunitari è dovuta al ritardo con cui gli uffici di destinazione hanno trasmesso l’informazione.

61

Il suddetto Stato membro indica peraltro che le circostanze dell’epoca, ossia le difficoltà di funzionamento incontrate nell’ambito del regime di transito comunitario in seguito all’allargamento dell’Unione europea a taluni Stati membri dell’EFTA, hanno comportato un periodo di ritardo generalizzato nel rinvio degli «esemplari 5». In siffatto contesto gli uffici doganali comunitari di partenza avrebbero considerato logico, in assenza di elementi che lasciassero supporre che fosse stata commessa un’irregolarità, non dar corso all’immediato recupero delle imposizioni, allo scopo di evitare di dover rimborsare tali somme qualora si fosse accertato che l’operazione era regolare e che il ritardo era stato determinato, come avverrebbe nella fattispecie, da un mero errore amministrativo.

62

Infine, la Repubblica italiana sostiene che pretendere il versamento di interessi di mora in un caso come quello di specie equivarrebbe ad attribuire a tali interessi una funzione sanzionatoria che non è nella loro natura.

Giudizio della Corte

63

La Commissione sostiene che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del regolamento n. 1552/89, e, segnatamente, del suo art. 6, n. 2, lett. a). Essa addebita in particolare a tale Stato membro di aver rifiutato di versarle interessi di mora relativi, da un lato, alla contabilizzazione tardiva dei dazi doganali derivanti da un’operazione di transito comunitario e, dall’altro, all’inosservanza dei termini stabiliti dalla normativa comunitaria per l’iscrizione dei dazi doganali nella contabilità «A», nel contesto di operazioni di transito ai sensi della convenzione TIR.

64

Ai sensi dell’art. 6, n. 1 del regolamento n. 1552/89, gli Stati membri devono tenere una contabilità delle risorse proprie presso il Tesoro o presso l’organismo dagli stessi designato. In attuazione del n. 2, lett. a), del medesimo articolo, gli Stati membri sono tenuti a riportare nella contabilità i diritti «accertati conformemente all’articolo 2» dello stesso regolamento, al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento.

65

Secondo l’art. 2 del regolamento n. 1552/89, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie è accertato non appena il servizio competente dello Stato membro ha comunicato al soggetto passivo l’importo dovuto. La comunicazione al soggetto passivo dev’essere effettuata dal momento in cui le autorità doganali competenti sono in grado di calcolare l’importo dei dazi risultanti da un’obbligazione doganale e di individuare il soggetto passivo (sentenza 15 novembre 2005, causa C-392/02, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-9811, punto 61).

66

Ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 1552/89, ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’art. 9, n. 1, dello stesso regolamento dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro considerato, di un interesse di mora applicabile per tutto il periodo di ritardo. Tali interessi di mora sono esigibili qualunque sia la ragione per cui l’iscrizione di tali risorse sul conto della Commissione è stata effettuata con ritardo (v. sentenza 14 aprile 2005, causa C-460/01, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-2613, punto 91).

67

Tutto ciò premesso, occorre verificare se la Repubblica italiana fosse tenuta a constatare l’esistenza di diritti delle Comunità sulle risorse proprie e a riportarli nella contabilità stabilita all’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1552/89 e, in caso affermativo, se sia tenuta a versare interessi di mora ex art. 11 del regolamento in parola.

Sull’esistenza di un diritto delle Comunità sulle risorse proprie

68

Nell’ambito del transito comunitario esterno, le autorità doganali sono in grado di calcolare l’importo dei dazi e di determinare l’identità del debitore al più tardi alla scadenza del termine di tre mesi di cui all’art. 379, n. 2, del regolamento di attuazione, ossia al più tardi alla scadenza del termine di quattordici mesi dalla data della dichiarazione di transito comunitario (v. sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 71). Pertanto il diritto delle Comunità sulle risorse proprie dev’essere accertato al più tardi in tale momento.

69

Nell’ambito del trasporto internazionale di merci accompagnate dal carnet TIR, dall’art. 11 della convenzione TIR risulta che ciò si verifica al più tardi entro la scadenza di un termine di tre anni a decorrere dall’accettazione del carnet TIR da parte delle autorità doganali.

70

Nel caso di specie è pacifico che, sia nell’ambito del procedimento per inadempimento n. 2003/2241 sia in quello del procedimento per inadempimento n. 2006/2266, le spedizioni sono state presentate in tempo utile all’ufficio di destinazione, benché quest’ultimo abbia trascurato di rinviare tempestivamente all’ufficio di partenza i documenti che attestavano la regolarità delle operazioni.

71

Orbene, l’art. 379, n. 1, del regolamento di attuazione prevede che, qualora «una spedizione non sia stata presentata all’ufficio di destinazione», l’ufficio di partenza sia tenuto a darne notificazione all’obbligato principale, mentre, ai sensi degli artt. 455, n. 1, del regolamento di attuazione e 11, n. 1, della convenzione TIR, in caso di mancato scarico del carnet TIR le autorità doganali devono darne notificazione al titolare del carnet TIR.

72

La Repubblica italiana ne deduce che non sarebbero sorte obbligazioni doganali, cosicché non si può sostenere esservi stato ritardo nella riscossione dei dazi dovuti alla Comunità.

73

Siffatta argomentazione deve essere respinta.

74

Occorre ricordare, da un lato, che l’art. 356 del regolamento di attuazione dispone che, allorché le merci sono state presentate all’ufficio di destinazione, quest’ultimo «rispedisce immediatamente un esemplare [del documento T1] all’ufficio di partenza».

75

D’altro canto, va parimenti ricordato che spetta all’ufficio di partenza notificare all’obbligato principale l’irregolarità dell’operazione di transito, conformemente all’art. 379, n. 1, del regolamento di attuazione.

76

Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, tale disposizione deve essere interpretata nella prospettiva dell’ufficio di partenza, ossia nel senso che, nel caso in cui quest’ultimo non sia stato informato della presentazione della spedizione all’ufficio di destinazione allo scadere del termine prescritto ai sensi dell’art. 348, n. 1, del regolamento di attuazione, l’ufficio di partenza deve considerare che la merce non sia stata ivi presentata.

77

Una diversa interpretazione del n. 1 dell’art. 379 del regolamento di attuazione priverebbe di senso il procedimento diretto a dimostrare la regolarità dell’operazione di transito a norma del n. 2 del medesimo articolo.

78

Da quanto precede emerge che le conseguenze dell’omessa informazione all’ufficio di partenza relativamente all’arrivo delle merci all’ufficio di destinazione sono le stesse di quelle derivanti dall’omessa presentazione della spedizione all’ufficio di destinazione. Siffatta interpretazione è conforme allo scopo di garantire un’applicazione diligente e uniforme, da parte delle autorità doganali, delle disposizioni in materia di riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale nell’interesse di una rapida messa a disposizione delle risorse proprie della Comunità (v., in tal senso, sentenza 14 aprile 2005, causa C-104/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2689, punto 69).

79

Quindi, allo scadere del termine stabilito dall’ufficio di partenza, si presume che l’obbligazione doganale sia sorta e che l’obbligato principale sia il debitore di quest’ultima (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Paesi Bassi, punto 72, e Commissione/Germania, punto 81).

80

Si deve dunque ritenere che, a tale stadio, esista una presunzione di obbligazione doganale. Come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, contro tale presunzione è ammessa prova contraria. Di conseguenza, qualora risulti successivamente che l’operazione di transito comunitario si è svolta regolarmente, l’obbligato principale potrà ottenere il rimborso delle somme versate (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 88).

81

L’art. 379, n. 1, del regolamento di attuazione impone all’ufficio di partenza, in caso di mancata presentazione della spedizione all’ufficio di destinazione, di darne notificazione all’obbligato principale «quanto prima e al più tardi entro la fine dell’undicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transito comunitario».

82

Orbene, è pacifico che ciò non si è verificato nel caso di specie.

83

In proposito, la circostanza, fatta valere dalla Repubblica italiana, relativa al fatto che all’epoca vi era un periodo di ritardi generalizzati nel rinvio degli esemplari del documento T1 destinati all’ufficio di partenza non può incidere sull’obbligo di notifica che grava sulle autorità doganali.

84

Avendo l’art. 379, n. 1, del regolamento di attuazione lo scopo di garantire un’applicazione diligente e uniforme delle disposizioni in materia di riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale nell’interesse di una rapida ed efficace messa a disposizione delle risorse proprie delle Comunità, la comunicazione dell’infrazione o dell’irregolarità deve, in ogni caso, avere luogo il più rapidamente possibile, ossia dal momento in cui le autorità doganali sono venute a conoscenza di tale infrazione o irregolarità, e quindi, eventualmente, ben prima della scadenza del termine massimo di undici mesi previsto da detto articolo (v., per analogia, sentenze 5 ottobre 2006, causa C-377/03, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-9733, punto 69, e causa C-312/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-9923, punto 54).

85

Risulta da quanto precede che le autorità italiane erano tenute a notificare all’obbligato principale l’irregolarità delle operazioni di transito in questione entro i termini di cui all’art. 379, n. 1, del regolamento di attuazione o al più tardi entro la fine dell’undicesimo mese successivo alla data di registrazione della dichiarazione di transito comunitario.

86

Conformemente all’art. 379, n. 2, terza frase, del regolamento di attuazione, gli Stati membri hanno l’obbligo di avviare il procedimento di riscossione a norma di tale disposizione alla scadenza del termine di tre mesi dalla data della notificazione di cui al n. 1 del medesimo articolo.

87

In mancanza di notifica all’obbligato principale, come si verifica nella fattispecie in esame, quest’ultimo non è tenuto al pagamento del debito doganale (v., in tal senso, sentenza 3 aprile 2008, causa C-230/06, Militzer & Münch, Racc. pag. I-1895, punto 39). Occorre tuttavia considerare che, allo scadere del termine di cui trattasi, è sorto un diritto della Comunità sulle risorse proprie. Siffatta interpretazione è necessaria per garantire un’applicazione diligente e uniforme, da parte delle autorità competenti, delle disposizioni in materia di riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale nell’interesse di una rapida messa a disposizione delle risorse proprie della Comunità (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 69).

88

Nell’ambito delle spedizioni con carnet TIR, è altresì pacifico che le autorità doganali italiane non hanno ricevuto dall’ufficio doganale di destinazione nessun documento relativo al disbrigo delle operazioni di transito in questione alla scadenza della data limite per la presentazione delle merci che era stata fissata.

89

In tale situazione esse avrebbero dovuto presumere, fino a prova contraria, che le merci non fossero state presentate all’ufficio di destinazione. Un’interpretazione del genere è conforme all’economia dell’art. 455 del regolamento di attuazione ed è compatibile con il procedimento di dimostrazione della regolarità dell’operazione di transito di cui al n. 2 del medesimo articolo.

90

Si deve dunque ritenere che, a tale stadio, esista una presunzione di obbligazione doganale. Come nel caso delle operazioni di transito comunitario, le conseguenze dell’omessa informazione dell’ufficio di partenza sull’arrivo delle merci all’ufficio di destinazione sono le stesse di quelle derivanti dall’omesso scarico del carnet TIR.

91

Dal combinato disposto dell’art. 455, n. 1, del regolamento di attuazione e dell’art. 11, nn. 1 e 2, della convenzione TIR emerge che, in caso di mancato scarico del carnet TIR, la richiesta di pagamento del debito doganale deve avvenire, in linea di principio, entro tre anni dalla data di accettazione di detto carnet (sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 68).

92

In mancanza di notifica dell’irregolarità al titolare del carnet TIR e all’associazione garante entro il termine di un anno a decorrere dall’accettazione del carnet in questione, le autorità competenti non avranno il diritto di esigere dall’associazione garante il pagamento del debito doganale.

93

Malgrado la circostanza che le autorità doganali italiane non abbiano avvisato l’associazione garante, va considerato che, alla scadenza di un termine massimo di tre anni dalla data dell’accettazione del carnet TIR, è sorto un diritto della Comunità sulle risorse proprie e ciò al fine di garantire un’applicazione diligente e uniforme, da parte di tali autorità, delle disposizioni in materia di riscossione dell’importo dell’obbligazione doganale nell’interesse di una rapida messa a disposizione delle risorse proprie della Comunità (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 69).

94

Dalle considerazioni che precedono discende che la Repubblica italiana era tenuta, ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento n. 1552/89, ad accertare l’esistenza di diritti delle Comunità sulle risorse proprie ed a riportarli nella contabilità delle risorse proprie conformemente all’art. 6, n. 2, lett. a), del regolamento in parola.

Sugli interessi di mora

95

Si deve osservare che il presente ricorso concerne solamente il versamento degli interessi di mora a titolo dell’art. 11 del regolamento n. 1552/89.

96

Certo, conformemente a quest’ultimo, qualsiasi ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’art. 9, n. 1, del suddetto regolamento dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro considerato, di un interesse di mora applicabile per tutto il periodo di ritardo. Tali interessi di mora sono esigibili qualunque sia la ragione per cui l’iscrizione di tali risorse sul conto della Commissione è stata effettuata con ritardo (sentenza 14 aprile 2005, Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 91).

97

A parere della Commissione, la citata disposizione si applica a qualsiasi ritardo nelle iscrizioni delle risorse proprie sul conto di cui all’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1552/89, indipendentemente dalla ragione del ritardo e senza che risulti necessario che sia stato effettivamente subìto un danno patrimoniale.

98

Tuttavia, si deve rilevare, in primo luogo, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, che, secondo la maggioranza degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, gli interessi di mora sono accessori rispetto all’obbligazione principale.

99

In secondo luogo, occorre sottolineare che dal tenore letterale dell’art. 11 del regolamento n. 1552/89 non emerge espressamente che gli interessi di mora ivi previsti siano applicabili a situazioni nelle quali successivamente risulti che l’obbligazione principale non sussisteva. Orbene, se il legislatore comunitario avesse inteso estendere l’ambito di applicazione della disposizione di cui trattasi parimenti a siffatte situazioni, avrebbe potuto prevederlo espressamente in tale disposizione, il che non ha fatto.

100

In terzo ed ultimo luogo, la Corte ha senz’altro riconosciuto che, se un errore commesso dalle autorità doganali di uno Stato membro ha come conseguenza che il soggetto passivo non deve versare l’importo dei dazi di cui trattasi, ciò non può mettere in discussione l’obbligo dello Stato membro in questione di pagare gli interessi di mora nonché i dazi che avrebbero dovuto essere accertati, nell’ambito della messa a disposizione delle risorse proprie (sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 63).

101

La presente causa si differenzia tuttavia da quella all’origine della citata sentenza Commissione/Danimarca, in quanto è successivamente emerso che le spedizioni erano state presentate in tempo utile all’ufficio di destinazione, rendendo quindi le obbligazioni doganali inesistenti. Orbene, è proprio sull’obbligazione doganale che, come emerge dall’art. 2, n. 1, lett. b), delle decisioni 88/376 e 94/728, si fonda il diritto delle Comunità sulle risorse proprie.

102

Si deve pertanto rilevare che l’inesistenza delle obbligazioni doganali nella presente causa comporta che la Commissione non è legittimata ad esigere interessi di mora a norma dell’art. 11 del regolamento n. 1552/89.

103

Ne consegue che il ricorso dev’essere respinto.

Sulle spese

104

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.