Causa C-222/07

Unión de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA)

contro

Administración General del Estado

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale — Art. 12 CE — Divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità — Artt. 39 CE, 43 CE, 49 CE e 56 CE — Libertà fondamentali garantite dal Trattato CE — Art. 87 CE — Aiuto di Stato — Direttiva 89/552/CEE — Esercizio delle attività televisive — Obbligo degli operatori televisivi di destinare parte dei ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione, ove una percentuale del 60% di tale finanziamento va destinata alla produzione di opere la cui lingua originale sia una delle lingue ufficiali del Regno di Spagna e che siano per la maggior parte prodotte dall’industria cinematografica spagnola»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 4 settembre 2008   I ‐ 1411

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 5 marzo 2009   I ‐ 1447

Massime della sentenza

  1. Diritto comunitario – Principi – Parità di trattamento – Discriminazione in base alla nazionalità – Libera prestazione dei servizi – Attività televisive – Direttiva 89/552

    (Artt. 12 CE, 39, n. 2, CE, 43 CE, 49 CE e 56 CE; direttiva del Consiglio 89/552, art. 3)

  2. Aiuti concessi dagli Stati – Nozione

    (Art. 87, n. 1, CE)

  1.  La direttiva 89/552, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla direttiva 97/36 e, più in particolare, il suo art. 3 nonché l’art. 12 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una misura adottata da uno Stato membro che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro.

    Infatti, a prescindere dalla questione se una siffatta misura rientri nei settori coperti da tale direttiva, gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti ad adottarla a condizione che rispettino le libertà fondamentali garantite dal Trattato.

    È certamente vero che tale misura, laddove ha ad oggetto l’obbligo di destinare a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali dello Stato membro interessato il 60% del 5% dei ricavi di esercizio destinati al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e per la televisione, costituisce una restrizione a diverse libertà fondamentali, e cioè la libera prestazione dei servizi, la libertà di stabilimento, la libera circolazione dei capitali e la libera circolazione dei lavoratori.

    Tuttavia, tale misura può essere giustificata dall’obiettivo di difendere e di promuovere una o più lingue ufficiali dello Stato membro interessato. A questo proposito, detta misura, in quanto istituisce un obbligo di investire nei film per il cinema e per la televisione la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, appare idonea a garantire la realizzazione di un siffatto obiettivo.

    Parimenti, non risulta che una siffatta misura ecceda quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo menzionato. Infatti, tale misura riguarda, anzitutto, solo il 3% dei ricavi di esercizio degli operatori e una siffatta percentuale non può essere considerata sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito. Del resto, una misura del genere, non eccede quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che non prevede criteri che consentano di classificare le opere di cui trattasi come «prodotti culturali». Poiché la lingua e la cultura sono intrinsecamente legate, non si può ritenere che l’obiettivo perseguito da uno Stato membro, consistente nel difendere e promuovere una o più delle sue lingue ufficiali, debba necessariamente essere corredato da altri criteri culturali affinché possa giustificare una restrizione a una delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. Tale misura non eccede nemmeno quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito per il solo fatto che i beneficiari del finanziamento di cui trattasi sono per la maggioranza imprese cinematografiche stabilite in tale Stato membro. Il fatto che il criterio su cui tale misura si fonda, cioè il criterio linguistico, possa costituire un vantaggio per imprese cinematografiche, che operano nella lingua considerata dal detto criterio e che pertanto possono, in pratica, essere per la maggior parte originarie dello Stato membro di cui tale lingua costituisce una lingua ufficiale, appare inerente all’obiettivo perseguito. Una tale situazione non può costituire, di per sé, la prova del carattere sproporzionato della misura di cui trattasi, se non si vuole privare di senso il riconoscimento, come ragione imperativa di interesse pubblico, dell’obiettivo, perseguito da uno Stato membro, di difendere e di promuovere una o più delle sue lingue ufficiali.

    Infine, per quanto riguarda l’art. 12 CE, tale disposizione è destinata ad applicarsi in modo autonomo solo in situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato non prevede regole specifiche di non discriminazione. Orbene, al principio di non discriminazione è stata data attuazione, nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del diritto di stabilimento, della libera prestazione dei servizi e della libera circolazione dei capitali, rispettivamente, dagli artt. 39, n. 2, CE, 43 CE, 49 CE e 56 CE. Dal momento che risulta da quanto sopra che la misura in parola non appare essere incompatibile con le dette disposizioni del Trattato, tale misura non può neppure essere considerata incompatibile con l’art. 12 CE.

    (v. punti 20, 24, 27, 29-34, 36-40, dispositivo 1)

  2.  L’art. 87 CE dev’essere interpretato nel senso che una misura adottata da uno Stato membro, che fa obbligo agli operatori televisivi di destinare il 5% dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film europei per il cinema e la televisione nonché, più specificamente, il 60% di tale 5% a opere la cui lingua originale è una delle lingue ufficiali di tale Stato membro, non costituisce un aiuto di Stato a favore dell’industria cinematografica di questo stesso Stato membro.

    Infatti, soltanto i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali vanno considerati aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. A tale proposito, la distinzione stabilita da questa disposizione tra «gli aiuti concessi dagli Stati» e gli aiuti concessi «mediante risorse statali» non significa che tutti i vantaggi concessi da uno Stato costituiscano aiuti, che siano o meno finanziati mediante risorse statali, ma è intesa solamente a ricomprendere in tale nozione i vantaggi che sono direttamente concessi dallo Stato, nonché quelli concessi per il tramite di enti pubblici o privati designati o istituiti da tale Stato.

    Orbene, non risulta che il vantaggio che una simile misura procura all’industria cinematografica dello Stato membro di cui trattasi costituisca un vantaggio che viene concesso direttamente dallo Stato o tramite un organismo pubblico o privato designato o istituito da tale Stato. Un siffatto vantaggio deriva da una normativa generale che fa obbligo agli operatori televisivi, siano essi pubblici o privati, di destinare una parte dei loro ricavi di esercizio al finanziamento anticipato di film per il cinema e per la televisione.

    Inoltre, nella parte in cui tale misura si applica a operatori di televisione pubblica, non risulta che il vantaggio di cui trattasi dipenda dal controllo esercitato dai pubblici poteri su siffatti operatori o da direttive date da questi stessi poteri a tali operatori.

    (v. punti 43-47, dispositivo 2)