SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

2 aprile 2009 ( *1 )

«Impugnazione — Abuso di posizione dominante — Mercato dei servizi d’accesso ad Internet ad alta velocità — Prezzi predatori — Recupero delle perdite — Diritto all’adeguamento»

Nel procedimento C-202/07 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 10 aprile 2007,

France Télécom SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dagli avv.ti J. Philippe, H. Calvet, O.W. Brouwer e T. Janssens, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Gippini Fournier, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano (relatore), A. Borg Barthet e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 aprile 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 settembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso d’impugnazione, la France Télécom SA (in prosieguo: la «France Télécom») chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 gennaio 2007, causa T-340/03, France Télécom/Commissione (Racc. pag. II-107; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso, diretto all’annullamento della decisione della Commissione 16 luglio 2003 relativa ad un procedimento di applicazione dell’art. 82 CE (caso COMP/38.233 — Wanadoo Interactive; in prosieguo: la «decisione controversa»).

Fatti, procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

2

La Wanadoo Interactive SA (in prosieguo: la «WIN») era, all’epoca dei fatti controversi, una società del gruppo France Télécom operante in Francia nel settore dei servizi di accesso ad Internet, ivi compresi i servizi ADSL (Asymmetric Digital Subscriber Line, linea digitale asimmetrica per l’abbonato).

3

Ai sensi dell’art. 1 della decisione controversa, la Commissione delle Comunità europee ha accertato che, nel periodo marzo 2001 - ottobre 2002, la WIN «ha violato l’art. [82 CE], praticando per i suoi servizi eXtense e Wanadoo ADSL prezzi predatori che non le hanno permesso di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001 e che non le hanno permesso di coprire i suoi costi totali a partire dall’agosto 2001, nell’ambito di un disegno diretto ad appropriarsi prioritariamente del mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità in una fase importante del suo sviluppo». Di conseguenza, con l’art. 2 della detta decisione, la Commissione le ha imposto di porre fine a tale violazione e, con l’art. 4 della medesima, le ha inflitto un’ammenda pari ad EUR 10,35 milioni.

4

Il 2 ottobre 2003, la WIN, cui è subentrata la France Télécom in seguito ad un’operazione di fusione avvenuta il 1o settembre 2004, ha proposto al Tribunale un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. Questo ricorso è stato respinto con la sentenza impugnata.

5

Con la sua domanda di annullamento la WIN ha sollevato, in particolare, una censura relativa alla violazione, da parte della Commissione, dell’art. 82 CE. In una parte di questa censura, la WIN ha sostenuto che la Commissione non aveva adeguatamente dimostrato l’abuso di posizione dominante da essa commesso sotto forma di applicazione di prezzi predatori per i servizi in questione nel periodo marzo 2001 — ottobre 2002, e che aveva commesso una serie di errori di diritto.

6

Il motivo in questione era composto di due gruppi di argomenti relativi, rispettivamente, al metodo seguito dalla Commissione per il calcolo del tasso di copertura dei costi e all’applicazione fatta da quest’ultima del test sulla strategia predatoria.

7

Per quanto riguarda gli argomenti relativi al metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi, il Tribunale ha ricordato preliminarmente, nei punti 129 e 130 della sentenza impugnata, l’ampio potere discrezionale attribuito alla Commissione in materia di valutazioni economiche complesse, nonché i criteri ricavati dalla giurisprudenza per considerare un prezzo come predatorio.

8

Facendo richiamo, in particolare, alle sentenze 3 luglio 1991, causa C-62/86, AKZO/Commissione (Racc. pag. I-3359), e 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. I-5951), il Tribunale, nel punto 130 della sentenza impugnata, ha ricordato che «da un lato, prezzi inferiori alla media dei costi variabili permettono di presumere il carattere eliminatorio di una pratica di prezzi e che, dall’altro, prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili, sono da considerarsi illeciti allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso a eliminare un concorrente».

9

Ciò premesso, il Tribunale ha constatato anzitutto che, nel caso di specie, la Commissione, al fine di calcolare il tasso di copertura dei costi, aveva scelto il metodo di calcolo dei costi rettificati. Questo metodo è descritto nel punto 132 della sentenza impugnata nei termini seguenti:

«(…) Secondo il principio dell’ammortamento di un’immobilizzazione, la Commissione ha considerato l’ipotesi di spalmare i costi di acquisizione della clientela su 48 mesi. Su tale fondamento, essa ha esaminato separatamente la copertura dei costi variabili rettificati e quella dei costi totali rettificati, affermando che la Corte prevede due test di copertura dei costi a seconda che i comportamenti dell’impresa dominante si iscrivano o meno nell’ambito di un disegno finalizzato ad escludere i concorrenti. (…)».

10

Applicando il suddetto metodo dei costi rettificati, la Commissione ha concluso, come rilevato dal Tribunale nel punto 138 della sentenza impugnata, nel senso che:

«(…) I prezzi praticati dalla WIN non le permette[vano] di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001, né i suoi costi totali dal gennaio 2001 all’ottobre 2002 (…), mentre non vi erano dubbi sulla mancata copertura dei costi totali fino all’agosto 2001, considerato il livello di copertura dei costi variabili».

11

Nel respingere poi le asserzioni della WIN, dirette a dimostrare che il metodo scelto dalla Commissione fosse statico e non tenesse in considerazione le variazioni dei costi lungo tutto il periodo di 48 mesi preso in considerazione, il Tribunale, nel punto 143 della sentenza impugnata, ha osservato che la Commissione aveva correttamente integrato, per ciascun periodo dell’infrazione preso in considerazione nonché per l’insieme degli abbonati, le riduzioni delle tariffe succedutesi durante il periodo di durata dell’infrazione e che essa aveva strutturato la sua analisi in funzione delle dette riduzioni.

12

Inoltre, nel punto 152 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che la Commissione aveva ritenuto giustamente che i ricavi e i costi successivi all’ottobre 2002 e, di conseguenza, posteriori all’infrazione non potessero essere presi in considerazione per valutare il tasso di copertura dei costi durante il detto periodo.

13

Infine, nel punto 153 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che, anche ipotizzando, come sosteneva la WIN, che sarebbe stato opportuno applicare nel caso di specie un altro metodo di calcolo, in particolare quello diretto a calcolare il valore netto attualizzato degli abbonati, tale circostanza non poteva bastare per dimostrare l’illegalità del metodo seguito in ultima analisi dalla Commissione.

14

La WIN, in primo grado, ha criticato anche la rilevanza data dalla Commissione a certi elementi errati, in sede di applicazione del metodo scelto per la determinazione del tasso di copertura dei costi.

15

A questo proposito, il Tribunale, nei punti 165 e 169 della sentenza impugnata, ha giudicato che, a prescindere dalla ricevibilità dell’argomento, anche senza prendere in considerazione i detti elementi errati, i ricavi generati dai servizi di cui trattasi, come ammesso dalla stessa WIN, sarebbero stati comunque inferiori ai costi completi dei medesimi. Questa circostanza avrebbe consentito già da sola di respingere tale argomento, in quanto ininfluente.

16

Per quanto riguarda gli argomenti relativi al test sulla strategia predatoria, in primo luogo il Tribunale ha respinto, nei punti 182-186 della sentenza impugnata, gli argomenti dedotti dalla WIN riguardanti l’esistenza di un diritto assoluto dell’operatore economico di uniformarsi in buona fede ai prezzi precedentemente praticati da un suo concorrente quando questi prezzi siano inferiori ai costi del detto operatore.

17

Infatti, dopo aver rilevato che né la prassi della Commissione né la giurisprudenza comunitaria riconoscono a un’impresa in posizione dominante un siffatto diritto assoluto, il Tribunale ha ricordato che le imprese dominanti hanno obblighi specifici e, di conseguenza, possono venire private del diritto di adottare comportamenti che non siano di per sé abusivi e che sarebbero tollerabili se fossero adottati da un’impresa non dominante.

18

Da ciò il Tribunale ha tratto le seguenti conclusioni (punto 187 della sentenza impugnata):

«La WIN non può dedurre un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti per giustificare il proprio comportamento. Benché sia vero che l’allineamento da parte dell’impresa dominante ai prezzi dei concorrenti non è in sé abusivo o condannabile, non può essere escluso che esso lo divenga qualora non sia diretto solo a proteggere i propri interessi, ma abbia per obiettivo di rafforzare tale posizione dominante e di abusarne».

19

In secondo luogo, il Tribunale ha respinto l’asserzione della WIN, secondo la quale quest’ultima non aveva una strategia predatoria e di riduzione della concorrenza.

20

Secondo la WIN, la Commissione ha commesso una grave violazione dell’art. 82 CE, considerando accertata l’esistenza di un piano di eliminazione dei suoi concorrenti. Infatti, un piano siffatto non sarebbe stato razionalmente concepibile nelle condizioni del mercato di cui trattasi, in particolare in considerazione della fragilità delle barriere d’ingresso in quest’ultimo.

21

A questo proposito, il Tribunale ha anzitutto ricordato, nei punti 195-198 della sentenza impugnata, che, secondo la giurisprudenza, la Commissione, per poter concludere nel senso dell’esistenza di una prassi di prezzi predatori, ha l’obbligo di fornire indizi seri in merito all’esistenza di una strategia di «appropriazione prioritaria» del mercato, quando i prezzi applicati da un’impresa in posizione dominante non siano sufficienti a coprire i suoi costi integrali. Successivamente, dopo aver constatato che la Commissione aveva fornito indizi di tal genere, esso, nel punto 204 della medesima sentenza, ha giudicato che il ricorso della WIN faceva riferimento ad elementi troppo generici per consentire al Tribunale di pronunciarsi su questo argomento, che di conseguenza esso ha respinto. In via ultronea, il Tribunale ha dichiarato, nei punti 206-215 della detta sentenza, che gli indizi sui quali la Commissione si era basata erano sufficientemente seri, nonché corroborati da altri elementi di fatto, di modo che quest’ultima poteva giustamente concludere nel senso dell’esistenza di una strategia di «appropriazione prioritaria» del mercato durante tutta la durata dell’infrazione.

22

In terzo luogo, secondo la WIN, la Commissione ha commesso un errore di diritto, giudicando superflua la dimostrazione della possibilità di recupero delle perdite da essa subite in seguito all’applicazione della sua politica in materia di prezzi. La WIN ha sostenuto anche che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione e un errore di diritto, ritenendo di aver fornito la prova di una siffatta possibilità.

23

Facendo riferimento alle citate sentenze AKZO/Commissione e Tetra Pak/Commissione, il Tribunale, nel punto 228 della sentenza impugnata, ha escluso che una prova siffatta fosse richiesta dalla Commissione. Infatti, quando i prezzi praticati da un’impresa in posizione dominante sono inferiori solo ai costi totali di quest’ultima, la Commissione, pur essendo obbligata a fornire la prova di un elemento ulteriore, ossia l’esistenza di un piano diretto all’«appropriazione prioritaria» del mercato, non sarebbe obbligata a fornire anche la dimostrazione della possibilità di recupero delle perdite.

Conclusioni delle parti

24

Con il suo ricorso d’impugnazione, la France Télécom chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e, di conseguenza,

rinviare la causa dinanzi al Tribunale, oppure

statuire essa stessa in via definitiva, annullando la decisione controversa, accogliendo pertanto le domande formulate dalla ricorrente in primo grado, e

condannare la Commissione alle spese.

25

La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

Sull’impugnazione

Sul primo motivo, relativo a un vizio di motivazione della sentenza impugnata

26

Con il suo primo motivo, la ricorrente lamenta un vizio di motivazione della sentenza impugnata. Questo motivo si divide in due parti.

Sulla prima parte del primo motivo, relativa alla necessità di dimostrare la possibilità di recupero delle perdite

— Argomenti delle parti

27

A sostegno della prima parte del primo motivo, la ricorrente asserisce che la Corte, nella sua citata sentenza Tetra Pak/Commissione, ha dichiarato che una dimostrazione della possibilità di recuperare le perdite subite dall’impresa in posizione dominante in seguito all’applicazione della sua politica in materia di prezzi non era necessaria nelle circostanze specifiche della causa sfociata in tale sentenza. Poiché il Tribunale si è rifatto al ragionamento seguito nella citata sentenza Tetra Pak/Commissione, esso avrebbe dovuto spiegare le ragioni per cui le circostanze del caso di specie fossero, o meno, analoghe a quelle della causa che aveva portato alla detta sentenza, o giustificassero la stessa soluzione accolta nel citato provvedimento.

28

La Commissione asserisce, in sostanza, che la giurisprudenza non richiede alla Commissione nessuna dimostrazione della possibilità di recupero delle perdite e che il Tribunale ha sufficientemente motivato la sentenza impugnata a tale proposito.

— Giudizio della Corte

29

In via preliminare occorre ricordare che, in base ad una giurisprudenza consolidata, la motivazione di una sentenza deve far risultare in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata ed alla Corte di esercitare il suo sindacato giurisdizionale (v., in particolare, sentenze 14 maggio 1998, causa C-259/96 P, Consiglio/de Nil e Impens, Racc. pag. I-2915, punti 32 e 33, nonché 17 maggio 2001, causa C-449/98 P, IECC/Commissione, Racc. pag. I-3875, punto 70).

30

Tuttavia, come la Corte ha parimenti precisato, l’obbligo per il Tribunale di motivare le proprie decisioni non può essere interpretato nel senso che esso implichi che quest’ultimo sia tenuto a rispondere dettagliatamente a ciascun argomento dedotto da una parte, in particolare qualora esso non rivesta un carattere sufficientemente chiaro e preciso e non si fondi su elementi di prova circostanziati (sentenze 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 121, ed 11 settembre 2003, causa C-197/99 P, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-8461, punto 81).

31

Pertanto, è alla luce di questi principi che occorre esaminare la prima parte del primo motivo.

32

Orbene, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale ha motivato sufficientemente le ragioni per le quali la Commissione non era tenuta a dimostrare che la WIN avesse la possibilità di recuperare le proprie perdite.

33

Infatti, nel punto 224 della sentenza impugnata, il Tribunale innanzitutto ha ricordato che, nelle citate sentenze AKZO/Commissione (punti 71 e 72) nonché Tetra Pak/Commissione (punto 41), la Corte ha dichiarato che, da un lato, i prezzi inferiori alla media dei costi variabili devono sempre essere considerati abusivi e, dall’altro, i prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili, presentano carattere abusivo solo quando può essere dimostrato un piano di eliminazione.

34

Il Tribunale ha poi ricordato, nel punto 225 della sentenza impugnata, le circostanze della causa sfociata nella citata sentenza Tetra Pak/Commissione. In particolare, esso ha fatto richiamo ai punti 42 e 43 di tale sentenza, dove la Corte aveva spiegato specificamente che:

«42

(…) Per quanto riguarda i cartoni non asettici, in Italia, tra il 1976 e il 1981, [il Tribunale] ha rilevato che i prezzi erano largamente inferiori alla media dei costi variabili. Non era dunque necessaria la prova dell’intento di eliminazione dei concorrenti. Nel 1982 il prezzo dei cartoni si situava tra la media dei costi variabili e la media dei costi totali. Per questo motivo, al punto 151 della sentenza impugnata, il Tribunale ha cercato di dimostrare, senza peraltro essere criticato a questo proposito dalla ricorrente, che la Tetra Pak [International SA] intendeva eliminare un concorrente.

43

Parimenti a giusto titolo il Tribunale, ai punti 189-191 della sentenza impugnata, ha svolto esattamente lo stesso ragionamento riguardo alle vendite di macchine non asettiche nel Regno Unito tra il 1981 e [il] 1984».

35

Infine il Tribunale, nel punto 226 della sentenza impugnata, ha citato il punto 44 della menzionata sentenza Tetra Pak/Commissione, dove la Corte aveva concluso nel senso che, alla luce degli accertamenti illustrati nei punti 42 e 43 della detta sentenza, non era opportuno richiedere, a titolo di prova supplementare, la dimostrazione che la Tetra Pak International SA avesse un’effettiva possibilità di recuperare le proprie perdite.

36

Pertanto, è proprio applicando al caso di specie il ragionamento seguito dalla Corte nella citata sentenza Tetra Pak/Commissione, quale sintetizzato nei punti precedenti, che il Tribunale, nel punto 227 della sentenza impugnata, ha concluso che la Commissione poteva presumere giustamente il carattere eliminatorio della prassi in materia di prezzi di cui trattasi, in quanto i prezzi applicati dalla WIN erano, proprio come nella causa che aveva portato alla menzionata sentenza Tetra Pak/Commissione, inferiori alla media dei costi variabili e che, per quanto riguarda i costi totali, essa doveva fornire in più la prova che la prassi in materia di prezzi adottata dalla WIN si inseriva nel quadro di un disegno diretto all’«appropriazione prioritaria» del mercato.

37

Alla luce di ciò, occorre constatare che la sentenza impugnata espone con chiarezza sufficiente le ragioni che hanno indotto il Tribunale a considerare le circostanze all’origine della presente causa, in particolare il rapporto esistente tra il livello dei prezzi praticati dalla WIN e la media dei costi variabili e totali sostenuti da quest’ultima, come analoghe a quelle che hanno portato alla citata sentenza Tetra Pak/Commissione ed a concludere, di conseguenza, che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituiva un presupposto necessario all’accertamento di una prassi di prezzi predatori.

38

Di conseguenza, la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.

Sulla seconda parte del primo motivo, relativa al diritto di un’impresa in posizione dominante di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti

— Argomenti delle parti

39

Con la seconda parte del presente motivo, la ricorrente critica il Tribunale per non aver motivato il rigetto dei suoi argomenti a sostegno di un diritto a conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti. In particolare, essa rimprovera al Tribunale di essersi limitato ad affermare, nel punto 187 della sentenza impugnata, che, benché l’allineamento ai prezzi dei concorrenti non sia di per sé abusivo, non si può escludere che esso lo divenga quando ha lo scopo di rafforzare una posizione dominante e di abusarne, senza specificare assolutamente se la WIN avesse, nel caso di specie, l’intento di rafforzare la sua posizione dominante o di abusarne.

40

La Commissione sostiene che la ricorrente si era limitata, in primo grado, a lamentare una violazione, da parte della Commissione, del diritto assoluto di cui disporrebbe qualsiasi impresa di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti, persino quando quest’ultima goda di una posizione dominante sul mercato e persino qualora un siffatto allineamento si traduca nell’applicazione di un livello di prezzi inferiore ai costi. La Commissione ritiene che, di conseguenza, il Tribunale si sia giustamente limitato ad escludere l’esistenza in diritto comunitario di un siffatto diritto assoluto.

— Giudizio della Corte

41

Occorre ricordare che, in sede di impugnazione, il controllo da parte della Corte ha lo scopo, in particolare, di verificare se il Tribunale abbia adeguatamente risposto al complesso degli argomenti dedotti dal ricorrente (v., in tal senso, sentenze 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punto 128; 29 aprile 2004, causa C-359/01 P, British Sugar/Commissione, Racc. pag. I-4933, punto 47, nonché 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 244).

42

Orbene, è giocoforza constatare che, come sostenuto dalla Commissione, nel caso di specie il Tribunale ha ampiamente risposto all’argomento dedotto dalla WIN in primo grado, diretto, in sostanza, a giustificare la prassi in materia di prezzi di cui trattasi sul fondamento del diritto di un qualsiasi operatore economico, a prescindere dalla sua posizione sul mercato, di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti.

43

Così, nel punto 176 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato anzitutto che la decisione controversa (punto 315) nega il diritto della WIN di conformare i suoi prezzi a quelli praticati dai propri concorrenti solo in quanto l’esercizio di una siffatta facoltà «implichi per l’impresa dominante una mancata copertura dei costi del servizio in questione».

44

Il Tribunale ha poi spiegato, nei punti 178-182 della sentenza impugnata, le ragioni per cui un siffatto diritto all’allineamento non poteva essere basato né sulla decisione della Commissione 29 luglio 1983, 83/462/CEE, relativa ad una procedura in applicazione dell’art. [82 CE] (IV/30.698 — ECS/Akzo — Provvedimenti provvisori) (GU L 252, pag. 13), né sulla citata sentenza AKZO/Commissione, invocata dalla ricorrente.

45

Infine, il Tribunale ha verificato se la limitazione del diritto della WIN di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti, comportando «una mancata copertura dei costi del servizio in questione da parte dell’impresa dominante», fosse compatibile con il diritto comunitario.

46

A tal fine, nei punti 185 e 186 della sentenza impugnata il Tribunale ha fatto riferimento alla giurisprudenza comunitaria, secondo la quale l’art. 82 CE impone obblighi specifici alle imprese in posizione dominante. In particolare, il Tribunale ha ricordato che, benché una posizione dominante non possa privare un’impresa che si trovi in tale situazione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali quando questi siano minacciati, e benché occorra riconoscerle, in misura ragionevole, la facoltà di realizzare gli atti che essa ritenga idonei alla tutela dei detti interessi, siffatti comportamenti non possono però essere ammessi quando abbiano proprio lo scopo di rafforzare questa posizione dominante e di abusarne.

47

Pertanto, è in applicazione di questa giurisprudenza che il Tribunale, nel punto 187 della sentenza impugnata, ha concluso che la WIN non può avvalersi di nessun diritto assoluto di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti per giustificare il suo comportamento, quando quest’ultimo costituisca un abuso della sua posizione dominante.

48

La ricorrente non può nemmeno criticare il Tribunale per il fatto di essersi limitato a denunciare una siffatta conclusione senza verificare se, nel caso di specie, il comportamento della WIN presentasse carattere abusivo. Infatti, il Tribunale ha proprio respinto, in particolare nei punti 195-218 e 224-230 della sentenza impugnata, il complesso degli argomenti della ricorrente diretti a rimettere in discussione l’esistenza di un siffatto comportamento abusivo, quale accertato dalla decisione controversa.

49

Di conseguenza, occorre parimenti respingere la seconda parte del primo motivo e, pertanto, il primo motivo nella sua integralità.

Sul secondo motivo, relativo ad una violazione, da parte del Tribunale, dell’art. 82 CE, in quanto quest’ultimo avrebbe negato alla WIN il diritto di conformare in buona fede i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti

Argomenti delle parti

50

Con il suo secondo motivo la ricorrente sottolinea anzitutto che il Tribunale ha riconosciuto che essa si è limitata a conformare i suoi prezzi a quelli di alcuni fra i suoi concorrenti. Essa poi sostiene che un diritto all’allineamento ai prezzi dei concorrenti è stato sancito dalla prassi della Commissione in materia di decisioni, dalla giurisprudenza della Corte e dalla dottrina. Infine, essa critica il Tribunale per il fatto di non aver verificato, come sarebbe richiesto da una consolidata giurisprudenza, se le misure che essa ha adottato per conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti fossero, come da essa affermato, proporzionati e ragionevoli.

51

La Commissione obietta che la ricorrente non lamenta né un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’analisi degli argomenti riguardanti il presunto diritto della WIN di conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti, né una motivazione contraddittoria. In realtà, la ricorrente solleverebbe per la prima volta in sede di impugnazione argomenti consistenti nell’addebitare alla Commissione il fatto di non aver verificato se le misure adottate dalla WIN fossero proporzionate e ragionevoli.

52

Ad ogni modo, la ricorrente censurerebbe un solo punto della sentenza impugnata, ossia il punto 187 della medesima, secondo il quale «non può essere escluso» che la facoltà di conformare i propri prezzi a quelli dei concorrenti sia negata a un’impresa, quando un siffatto allineamento abbia lo scopo di rafforzare la posizione dominante di quest’ultima o di abusarne. Ebbene, secondo la Commissione il divieto di un siffatto allineamento, quando quest’ultimo possa comportare l’applicazione da parte dell’impresa in posizione dominante di prezzi inferiori ai suoi costi, è pienamente conforme ai principi su cui si fonda l’art. 82 CE. In via subordinata, la Commissione sottolinea che la WIN non si è limitata a conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti bensì, al contrario, ha obbligato i suoi concorrenti a conformare i loro prezzi ai propri.

Giudizio della Corte

53

A sostegno del presente motivo, la ricorrente deduce due argomenti.

54

Da un lato, essa accusa il Tribunale di aver violato l’art. 82 CE sostanzialmente per non averle riconosciuto un diritto a conformare i suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti.

55

A questo proposito, occorre ricordare che, conformemente agli artt. 58 dello Statuto della Corte di giustizia, e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, un ricorso d’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti in diritto su cui si fonda specificamente tale domanda.

56

Orbene, nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 83 delle sue conclusioni, la ricorrente non spiega assolutamente le ragioni per le quali il Tribunale avrebbe violato l’art. 82 CE quando ha espressamente esaminato, come ricordato nel punto 44 della presente motivazione, la prassi della Commissione in materia di decisioni e la giurisprudenza della Corte richiamate dalla WIN in primo grado, deducendone che il detto articolo non può essere interpretato nel senso che esso garantisca a un’impresa in posizione dominante un diritto assoluto all’allineamento dei suoi prezzi a quelli dei propri concorrenti.

57

Ne deriva che quest’argomento è irricevibile.

58

La ricorrente critica inoltre il Tribunale per aver omesso di analizzare il carattere ragionevole e proporzionato del comportamento della WIN.

59

Orbene, questo secondo argomento è parimenti irricevibile, in quanto la ricorrente non l’aveva sollevato in primo grado.

60

Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo da essa non dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di investire la Corte, la cui competenza in sede di impugnazione è limitata, di una controversia più ampia di quella portata a conoscenza del Tribunale. In sede di impugnazione, la competenza della Corte è limitata pertanto alla valutazione della soluzione in diritto data ai motivi discussi dinanzi ai giudici di primo grado (v., in particolare, sentenze 11 novembre 2004, cause riunite C-186/02 P e C-188/02 P, Ramondín e a./Commissione, Racc. pag. I-10653, punto 60, nonché 26 ottobre 2006, causa C-68/05 P, Koninklijke Coöperatie Cosun/Commissione, Racc. pag. I-10367, punto 96).

61

Ne deriva che il secondo motivo dev’essere dichiarato irricevibile.

Sul terzo motivo, relativo ad un errore commesso dal Tribunale in sede di valutazione della legalità del metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il tasso di copertura dei costi

Argomenti delle parti

62

Con il suo terzo motivo, la ricorrente asserisce che, non criticando il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il tasso di copertura dei costi, il Tribunale ha snaturato il test sulla strategia predatoria delineato dalla citata sentenza AKZO/Commissione e, di conseguenza, ha violato l’art. 82 CE. Infatti, il Tribunale avrebbe convalidato illegalmente l’errata applicazione di questo test da parte della Commissione sia riguardo ai costi variabili, sia riguardo a quelli totali.

63

Per quanto riguarda i costi variabili, la ricorrente asserisce che, affinché prezzi inferiori alla media dei costi variabili possano essere qualificati abusivi, il metodo di calcolo applicato deve dimostrare che i servizi in questione siano stati forniti generando perdite.

64

Ebbene, dato che la WIN, nel suo ricorso in primo grado, aveva sottolineato che tutti gli abbonati, durante la quasi totalità del periodo di durata dell’infrazione, avevano generato singolarmente un utile, il Tribunale non avrebbe potuto esimersi, senza violare l’art. 82 CE, dal verificare se la Commissione avesse dimostrato che il bilancio di ogni abbonamento avesse rappresentato o meno una perdita per la WIN. Viceversa, il Tribunale avrebbe convalidato il metodo seguito dalla Commissione, consistente in un’analisi periodo per periodo, che non fornirebbe una visione completa della redditività di ogni abbonamento.

65

Per quanto riguarda i costi totali la ricorrente, facendo riferimento a quanto da essa dedotto in relazione ai costi variabili, sostiene che il Tribunale ha snaturato il test sulla strategia predatoria, non cercando di verificare se fosse stato dimostrato che i costi totali degli abbonati non fossero stati coperti.

66

La Commissione ribatte anzitutto che il metodo applicato al caso di specie è non solo lo stesso metodo da essa seguito nelle cause sfociate nelle citate sentenze AKZO/Commissione e Tetra Pak/Commissione, dove ha tenuto conto dei costi per come essi risultavano dalla contabilità annuale dell’impresa, ma che il detto metodo è stato persino adeguato in senso favorevole alla ricorrente, di modo che il livello dei costi preso in considerazione nel calcolo sarebbe in realtà inferiore a quello dei costi effettivi della WIN.

67

La Commissione inoltre rileva che la ricorrente non addebita al Tribunale nessun errore di valutazione o nessuno snaturamento dei fatti nell’analisi del motivo riguardante il metodo di calcolo statico applicato dalla Commissione. Parimenti, essa non denuncerebbe nessun errore di diritto per quanto concerne l’analisi, svolta dal Tribunale, del diniego, da parte della Commissione, di adottare il metodo alternativo di calcolo dei costi proposto dalla WIN.

68

Per quanto riguarda la necessità di prendere in considerazione l’abbonamento per tutti i suoi 48 mesi di durata, la Commissione ritiene che, con tassi di copertura inferiori al 100% su tutti i periodi brevi successivi esaminati nella decisione controversa, pari in totale a circa un anno e mezzo, il tasso di copertura sarebbe stato necessariamente inferiore al 100% anche per tutta la durata media di vita d’un abbonamento, ossia 48 mesi. A questo riguardo, la Commissione rileva che questo tasso di copertura potrebbe superare il 100% su un periodo più lungo solo qualora si ipotizzasse che le condizioni posteriori al periodo di durata dell’infrazione avrebbero consentito all’impresa di conseguire in modo duraturo margini di utile per abbonato abbondantemente sovraconcorrenziali.

Giudizio della Corte

69

Occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un’impugnazione non può limitarsi a riproporre i motivi e gli argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale, senza addurre argomenti diretti a dimostrare che quest’ultimo abbia commesso un errore di diritto (v. ordinanza 5 febbraio 1998, causa C-30/96 P, Abello e-a./Commissione, Racc. pag. I-377, punto 45, nonché, in tal senso, sentenza 8 gennaio 2002, causa C-248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I-1, punto 69).

70

Orbene, nei punti 129-156 della sentenza impugnata, il Tribunale ha risposto ampiamente agli argomenti della ricorrente, secondo i quali il metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi impiegato dalla Commissione non consentiva di prendere in considerazione un livello adeguato dei costi sostenuti dalla WIN.

71

In particolare, il Tribunale ha rilevato, da un lato, nel punto 138 della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’applicazione del metodo di calcolo scelto dalla Commissione consentiva a quest’ultima di concludere che la WIN aveva praticato prezzi inferiori ai suoi costi. Dall’altro, il Tribunale, analizzando la legalità di questo metodo, nei punti 144 e 145 di questa sentenza ha spiegato le ragioni per le quali l’analisi periodo per periodo, svolta dalla Commissione, consentiva di prendere in considerazione le variazioni delle tariffe avvenute durante la durata dell’infrazione e, di conseguenza, di avere una visione sufficientemente completa della redditività di un abbonamento.

72

Ebbene, è giocoforza constatare che in realtà, con il motivo in esame, la ricorrente non individua nessun errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nell’ambito dell’analisi ricordata nei punti precedenti della presente motivazione, bensì si limita a riproporre gli argomenti da essa già dedotti in primo grado a carico del metodo adottato dalla Commissione nella decisione controversa.

73

Di conseguenza, occorre dichiarare irricevibile il terzo motivo.

Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto e ad una violazione dell’obbligo di motivazione commessi dal Tribunale, poiché quest’ultimo ha giudicato che i costi e gli utili successivi al periodo di durata della presunta infrazione non devono essere presi in considerazione in sede di calcolo del tasso di copertura dei costi

Argomenti delle parti

74

In relazione al suo quarto motivo, la ricorrente critica il Tribunale per aver convalidato l’analisi della Commissione, che escludeva dal calcolo per la valutazione del tasso di copertura dei costi i ricavi e i costi successivi alla presunta infrazione, ossia posteriori al 15 ottobre 2002. A questo riguardo essa sostiene, in particolare, che il Tribunale non poteva confermare, senza contraddirsi e violare l’art. 82 CE, il metodo adottato dalla Commissione, consistente nel contempo, da un lato, nell’escludere dal calcolo del detto tasso di copertura i ricavi e i costi successivi alla presunta infrazione, anche se compresi nei 48 mesi di durata di un abbonamento, e, dall’altro, nel riconoscere che, nel caso degli abbonamenti, i costi e i ricavi sono correttamente distribuiti nell’arco di 48 mesi.

75

Secondo la Commissione, questo motivo è semplicemente un’estensione del terzo e deriva da una confusione. Infatti, applicando il metodo seguito dalla Commissione e convalidato dal Tribunale, solo i costi non ricorrenti, ossia quelli «di cattura» o «acquisto della clientela», dovrebbero essere distribuiti in base al principio dell’ammortamento. Viceversa, i ricavi e i costi ricorrenti, quali quelli successivi all’infrazione, non dovrebbero essere distribuiti.

76

La Commissione sostiene poi che è errato comprendere nel calcolo del tasso di copertura dei costi le proiezioni riguardanti margini di utile futuri. Proiezioni positive di tal genere si baserebbero sulla circostanza che la WIN aveva deciso di non ripercuotere sui propri prezzi la riduzione delle tariffe d’accesso alla rete della France Télécom accessibile a tutti i concorrenti. In realtà, secondo la Commissione, ipotesi di margine di tal genere possono realizzarsi solo in un contesto di concorrenza indebolita.

77

Infine, la Commissione ricorda che, comunque, le estrapolazioni della ricorrente non conducono a un tasso di copertura dei costi totali positivo e che, anche accettando le proiezioni proposte dalla ricorrente, di margini di utile estremamente elevati per i 48 mesi di durata di un abbonamento, margini siffatti potrebbero giustificarsi solo in una situazione di concorrenza indebolita.

Giudizio della Corte

78

Occorre ricordare che il Tribunale, nei punti 136 e 137 della sentenza impugnata, ha spiegato che il metodo seguito dalla Commissione consisteva nel distribuire lungo la durata media di un abbonamento, pari a 48 mesi, unicamente i costi variabili non ricorrenti, ossia i costi di acquisto della clientela. Infatti, secondo il metodo adottato dalla Commissione nella decisione controversa, lo scopo dell’impresa non era quello di conseguire immediatamente un risultato contabile positivo istantaneo bensì, come risulta dal punto 76 della motivazione della menzionata decisione, citato dal Tribunale nel punto 136 della sentenza impugnata, «di raggiungere un livello di copertura dei costi ricorrenti (costi di rete e costi di produzione) sufficiente affinché il margine risultante su tali costi ricorrenti coprisse, in un orizzonte di tempo ragionevole, i costi variabili non ricorrenti investiti nello sviluppo commerciale dei prodotti in questione».

79

In applicazione di questo metodo, la Commissione ha analizzato la politica in materia di prezzi seguita dalla WIN tra il gennaio 2001 e l’ottobre 2002 ed ha concluso che, in tale periodo, la WIN aveva applicato prezzi inferiori a un determinato livello dei suoi costi rielaborati.

80

Ne consegue che la mancata presa in considerazione dei costi e degli utili successivi al periodo di durata dell’infrazione, ma compresi nei 48 mesi in questione, derivava direttamente dall’applicazione al caso di specie del metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi scelto dalla Commissione, di cui la ricorrente non è riuscita a dimostrare l’illegalità né in primo grado, come si evince dal punto 154 della sentenza impugnata, né nell’ambito del presente giudizio di impugnazione, come risulta dai punti 69-73 della presente motivazione.

81

Pertanto, il Tribunale non ha commesso nessun errore di diritto quando ha dichiarato, nel punto 152 della sentenza impugnata, che «è a giusto titolo che la Commissione considera che i ricavi e i costi successivi all’infrazione non possono entrare nel calcolo per valutare il tasso di copertura dei costi durante il periodo considerato».

82

Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto.

Sul quinto motivo, relativo a un errore di diritto e a una violazione dell’obbligo di motivazione commessi dal Tribunale, in quanto quest’ultimo ha dichiarato che può ritenersi predatorio un prezzo che provochi una diminuzione della quota di mercato dell’impresa

Argomenti delle parti

83

Secondo la ricorrente, il Tribunale, benché abbia ammesso che la quota di mercato della WIN fosse diminuita a partire dall’agosto 2002, ha giudicato erroneamente che la presunta infrazione fosse continuata sino al 15 ottobre 2002. In realtà, la strategia predatoria presupporrebbe una diminuzione significativa della concorrenza e pertanto sarebbe esclusa nell’ipotesi di un rafforzamento della concorrenza stessa.

84

La Commissione preliminarmente ribatte che la WIN aveva dedotto questo argomento in primo grado solo per negare l’esistenza della sua posizione dominante, nonché per chiedere una diminuzione dell’ammenda. Ebbene, questo argomento sarebbe sollevato per la prima volta in sede di impugnazione per negare l’esistenza dell’abuso di posizione dominante e sarebbe di conseguenza irricevibile.

85

Per quanto riguarda la fondatezza del quinto motivo, la Commissione sottolinea, in subordine, che, in base alle informazioni a sua disposizione, la quota di mercato della WIN è costantemente aumentata sino all’agosto 2002. Di conseguenza, qualsiasi eventuale flessione della quota di mercato della WIN durante l’ultimo mese e mezzo di durata dell’infrazione sarebbe dovuto semplicemente alla diminuzione delle tariffe all’ingrosso della France Télécom per l’accesso alla rete che la WIN, contrariamente ai suoi concorrenti, ha deciso di non trasferire sui propri prezzi, interrompendo così l’infrazione il 15 ottobre 2002. In via ultronea, la Commissione sostiene che una siffatta flessione non può rimettere in discussione la legittimità della decisione controversa, ma potrebbe eventualmente incidere solo sulla durata dell’infrazione, senza che ciò possa avere del resto un impatto sull’importo della sanzione, dal momento che una revisione di quest’ultima non è stata chiesta dalla ricorrente.

Giudizio della Corte

86

A questo proposito basta constatare che, nel caso di specie, come giustamente sostenuto dalla Commissione e come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 121 delle sue conclusioni, la ricorrente non ha censurato in primo grado la decisione controversa sotto questo profilo. Infatti, benché essa abbia fatto menzione della diminuzione della sua quota di mercato al fine, da un lato, di negare l’esistenza di una posizione dominante e, dall’altro, di chiedere una diminuzione dell’importo dell’ammenda, tuttavia la ricorrente, a differenza del presente motivo, non ha dedotto tale argomento per negare l’esistenza dell’infrazione.

87

Ne consegue che, in forza della giurisprudenza ricordata nel punto 60 della presente motivazione, il quinto motivo dev’essere dichiarato irricevibile.

Sul sesto motivo, relativo a uno snaturamento degli elementi di prova e ad un errore di diritto commessi dal Tribunale in sede di valutazione dell’esistenza di una strategia predatoria

88

Il sesto motivo si compone di due parti.

Sulla prima parte del sesto motivo, relativa allo snaturamento degli elementi di prova

— Argomenti delle parti

89

Con la prima parte del motivo in esame, la ricorrente asserisce che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova sui quali esso ha basato la sua analisi dell’esistenza di una strategia predatoria da parte della WIN. Infatti, esso si sarebbe fondato unicamente su alcuni documenti della WIN che riflettevano semplicemente, secondo i termini utilizzati dallo stesso Tribunale nel punto 214 della sentenza impugnata, alcuni «obiettivi commerciali alquanto ambiziosi», nonché su una lettura gravemente inesatta di una serie di documenti interni che impiegavano, in particolare, termini del tipo «appropriazione prioritaria» o «appropriarsi prioritariamente».

90

Secondo la Commissione, la prima parte del sesto motivo sarebbe irricevibile in quanto, da un lato, essa mira a fare riesaminare in sede di impugnazione un motivo dichiarato irricevibile dal Tribunale, senza però censurare il fatto che quest’ultimo l’abbia dichiarato tale. Dall’altro, la ricorrente non fornirebbe nessun argomento per suffragare l’asserito snaturamento, mentre spetta al Tribunale valutare sovranamente il valore da attribuire agli elementi di prova prodotti dinanzi ad esso.

— Giudizio della Corte

91

Occorre rilevare che, come si evince dal punto 192 della sentenza impugnata, la ricorrente ha già lamentato dinanzi al Tribunale lo snaturamento degli elementi di prova commesso dalla Commissione, quando ha affermato che quest’ultima si era basata ingiustamente su documenti interni al fine di concludere nel senso dell’esistenza di una strategia predatoria.

92

Tuttavia, prima di dedicarsi, in via ultronea, alla valutazione di questi documenti, censurata dalla ricorrente nell’ambito della presente impugnazione, il Tribunale, nei punti 204 e 205 della sentenza impugnata, ha dichiarato anzitutto questo motivo irricevibile, poiché esso non soddisfaceva i requisiti di precisione e specificità imposti dalla giurisprudenza comunitaria.

93

Orbene, in sede di impugnazione il ricorrente non è legittimato ad avvalersi di motivi che il Tribunale abbia dichiarato irricevibili qualora tale dichiarazione d’irricevibilità non sia messa in discussione (sentenza 22 dicembre 1993, causa C-354/92 P, Eppe/Commissione, Racc. pag. I-7027, punto 13).

94

Di conseguenza, la prima parte del sesto motivo dev’essere dichiarata irricevibile.

Sulla seconda parte del sesto motivo, relativa alla violazione dell’art. 82 CE

— Argomenti delle parti

95

Con la seconda parte di questo motivo, la ricorrente asserisce che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE quando ha giudicato esistente una strategia predatoria esclusivamente in base ad elementi soggettivi, mentre invece il detto articolo richiederebbe la prova di un piano di eliminazione dei concorrenti oggettivamente individuabile, basata su indizi obiettivi quali, in particolare, minacce ai concorrenti o sconti selettivi nei confronti dei clienti di questi ultimi.

96

La Commissione ribatte che, da un lato, l’elemento intenzionale dell’abuso di posizione dominante è necessariamente soggettivo e che, dall’altro, l’obbligo di dimostrare l’esistenza di un piano di eliminazione della concorrenza in base ad indizi obiettivi, quali quelli indicati dalla ricorrente, non trova nessun appiglio nella giurisprudenza.

— Giudizio della Corte

97

È sufficiente rilevare che la ricorrente sostiene ingiustamente che il Tribunale, al fine di dimostrare l’esistenza di una strategia predatoria, si sia basato unicamente su elementi soggettivi.

98

Infatti, dai punti 199 e 215 della sentenza impugnata si ricava che, sebbene il Tribunale abbia fatto riferimento ad una «strategia di appropriazione prioritaria» del mercato da parte della WIN, esso ha dedotto tuttavia quest’ultima da elementi obiettivi, quali taluni documenti interni della detta impresa.

99

Di conseguenza, poiché la seconda parte del presente motivo non è fondata, il sesto motivo dev’essere integralmente respinto.

Sul settimo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 82 CE da parte del Tribunale, dovuta al fatto che quest’ultimo si è rifiutato di prendere in considerazione l’impossibilità di recuperare le perdite

100

Anche il settimo motivo è diviso in due parti.

Sulla prima parte del settimo motivo, relativa alla necessità di dimostrare la possibilità di recupero delle perdite

— Argomenti delle parti

101

Con la prima parte del settimo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE, giudicando che la dimostrazione della possibilità di recuperare le perdite non debba precedere l’accertamento di una pratica di prezzi predatori. In realtà, la giurisprudenza comunitaria richiederebbe sempre una siffatta dimostrazione, senza la quale non è concepibile nessuna strategia predatoria, dal momento che non sarebbe economicamente razionale per un’impresa dedicarsi a una pratica siffatta. Del resto, questa posizione sarebbe condivisa da numerosi giudici e autorità di vigilanza sulla concorrenza, nonché da gran parte della dottrina.

102

La Commissione ribatte anzitutto che la dimostrazione della possibilità di recupero delle perdite non è richiesta dalla giurisprudenza della Corte. Del resto, una dimostrazione siffatta, richiesta dai giudici statunitensi, si fonderebbe su una logica economica estranea al diritto comunitario. Infatti, secondo la Commissione, contrariamente all’impostazione dell’ordinamento nordamericano, l’analisi dell’abuso ex art. 82 CE presuppone che l’impresa in questione goda di una posizione dominante. Ebbene, l’esistenza di una siffatta posizione sarebbe sufficiente, di per sé, a determinare la possibilità di recupero delle perdite. Infine, nel caso di specie, lo stato di crescita esponenziale del mercato di cui trattasi avrebbe reso probabile un recupero siffatto.

— Giudizio della Corte

103

Al fine di valutare la fondatezza della prima parte del presente motivo, occorre ricordare preliminarmente che, in base a una giurisprudenza consolidata, l’art. 82 CE è espressione dello scopo generale assegnato dall’art. art. 3, n. 1, lett. g), CE all’azione della Comunità europea, ossia l’instaurazione di un regime che garantisca una concorrenza leale all’interno del mercato comune. Pertanto, la posizione dominante ex art. 82 CE riguarda una posizione di potenza economica detenuta da un’impresa, che conferisca a quest’ultima il potere di impedire la sussistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, fornendole la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei propri clienti e, in ultimo, dei consumatori (sentenza 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 38).

104

In una cornice del genere, vietando lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato, qualora ciò possa incidere sul commercio tra Stati membri, l’art. 82 CE mira ai comportamenti tali da influenzare la struttura di quel mercato dove, proprio in conseguenza della presenza dell’impresa in questione, il livello della concorrenza sia già indebolito e che abbiano l’effetto di impedire, mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che reggono una normale competizione fra i prodotti o i servizi in base alle prestazioni degli operatori economici, il mantenimento del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo della medesima (sentenze Hoffman-La Roche/Commissione, cit., punto 91; 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 70; AKZO/Commissione, cit., punto 69, e 15 marzo 2007, causa C-95/04 P, British Airways/Commissione, Racc. pag. I-2331, punto 66).

105

Di conseguenza, poiché l’art. 82 CE riguarda non solo le pratiche che possono provocare un danno immediato ai consumatori, ma anche quelle che li danneggiano pregiudicando la sussistenza di una concorrenza effettiva (sentenza 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, punto 26), è all’impresa che detiene una posizione dominante che incombe la responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale all’interno del mercato comune (sentenza Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, cit., punto 57).

106

Come già precisato dalla Corte, da ciò discende che l’art. 82 CE vieta a un’impresa in posizione dominante di eliminare un concorrente e di rafforzare in tal modo la propria posizione, facendo ricorso a mezzi diversi da quelli propri di una concorrenza basata sui meriti. In questa prospettiva, non si può considerare legale una qualsiasi forma di concorrenza realizzata tramite i prezzi (sentenza AKZO/Commissione, cit., punto 70).

107

In particolare, occorre giudicare che sfrutta abusivamente la propria posizione dominante un’impresa che, in un mercato in cui le condizioni della concorrenza siano già indebolite proprio a causa della sua presenza, attui una politica in materia di prezzi che persegua l’unico scopo economico di eliminare i suoi concorrenti, per poter poi trarre profitto dalla diminuzione del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato.

108

Ebbene, per valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, la Corte, nel punto 74 della citata sentenza AKZO/Commissione, ha fatto riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante e sulla strategia di quest’ultima.

109

La Corte ha così precisato, da un lato, che i prezzi inferiori alla media dei costi variabili devono essere considerati in via di principio abusivi in quanto, applicando prezzi di tal genere, si presume che un’impresa in posizione dominante persegua l’unico scopo economico di eliminare i propri concorrenti. Dall’altro, i prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili devono essere considerati abusivi solo quando sono stabiliti nel quadro di un piano avente lo scopo di eliminare un concorrente (v. citate sentenze AKZO/Commissione, punti 70 e 71, nonché Tetra Pak/Commissione, punto 41).

110

Di conseguenza, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dalla giurisprudenza della Corte non si evince che la prova della possibilità di recupero delle perdite sofferte per l’applicazione, da parte di un’impresa in posizione dominante, di prezzi inferiori a un determinato livello di costi costituisca un presupposto necessario per dimostrare il carattere abusivo di una siffatta politica in materia di prezzi. In particolare, la Corte ha avuto occasione di escludere la necessità di una prova del genere in circostanze in cui l’intento eliminatorio dell’impresa in questione poteva essere presunto alla luce dell’applicazione, effettuata da quest’ultima, di prezzi inferiori alla media dei costi variabili (v., in tal senso, sentenza Tetra Pak/Commissione, cit., punto 44).

111

Ovviamente, quest’interpretazione non esclude che la Commissione possa considerare una siffatta possibilità di recupero delle perdite come elemento rilevante in sede di valutazione della natura abusiva della pratica in questione in quanto, per esempio, essa può contribuire ad escludere, in caso di applicazione di prezzi inferiori alla media dei costi variabili, giustificazioni economiche diverse dall’eliminazione di un concorrente, oppure a dimostrare, in caso di applicazione di prezzi inferiori alla media dei costi totali ma superiori alla media dei costi variabili, l’esistenza di un piano avente lo scopo di eliminare un concorrente.

112

Del resto, la mancanza di qualsiasi possibilità di recupero delle perdite non può bastare ad escludere che l’impresa in questione giunga a rafforzare la sua posizione dominante in seguito, in particolare, all’uscita dal mercato di uno o più tra i suoi concorrenti, di modo che il grado di concorrenza esistente sul mercato, già indebolito proprio a causa della presenza dell’impresa in questione, risulti ancor più diminuito e che i consumatori subiscano un danno derivante dalla limitazione delle loro possibilità di scelta.

113

Di conseguenza, il Tribunale ha concluso giustamente, nel punto 228 della sentenza impugnata, che la dimostrazione della possibilità di un recupero delle perdite non deve necessariamente precedere l’accertamento di una pratica di prezzi predatori.

114

Ne deriva che la prima parte del presente motivo è infondata.

Sulla seconda parte del settimo motivo, riguardante la prova offerta dall’impresa dominante dell’impossibilità di recupero delle perdite

— Argomenti delle parti

115

Con la seconda parte del settimo motivo, la ricorrente asserisce di aver fornito la prova che il recupero delle perdite fosse impossibile nel caso di specie. Il Tribunale avrebbe dovuto pronunciarsi, di conseguenza, sulla questione della possibilità, per la Commissione, di ignorare questa prova quando quest’ultima è fornita dall’impresa convenuta.

116

La Commissione replica che, in primo grado, la ricorrente non ha dedotto nessun motivo vertente sulla questione della possibilità o meno per la Commissione di ignorare una prova siffatta fornita dalla convenuta. Ad ogni modo, dai punti 103-121 e 261-267 della sentenza impugnata si ricaverebbe un implicito rigetto di questo argomento. Infine, la Commissione sottolinea che, nella decisione controversa, essa ha analizzato, in subordine, la possibilità di recupero delle perdite e l’ha ritenuta possibile nel caso di specie.

— Giudizio della Corte

117

Come ricordato nel punto 30 della presente motivazione, l’obbligo del Tribunale di motivare le proprie decisioni non può essere interpretato nel senso che implichi che esso sia tenuto a rispondere dettagliatamente a ciascun argomento dedotto da una parte, in particolare qualora esso non rivesta un carattere sufficientemente chiaro e preciso e non si fondi su elementi di prova circostanziati.

118

Ebbene, basti constatare che, in primo grado, la ricorrente non ha dedotto nessun motivo diretto a denunciare specificamente la circostanza che la Commissione avrebbe illegalmente ignorato la prova, asseritamente fornita dalla WIN, dell’impossibilità di recupero delle perdite nel caso di specie.

119

Ciò posto, poiché nemmeno la seconda parte del settimo motivo è fondata, detto motivo dev’essere integralmente respinto.

120

In base a tutto quanto sin qui esposto, l’impugnazione dev’essere dichiarata parzialmente irricevibile e parzialmente infondata.

Sulle spese

121

Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è infondata la Corte statuisce sulle spese.

122

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al giudizio di impugnazione in forza dell’art. 118 di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese del presente grado di giudizio.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La France Télécom SA è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.