SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

22 dicembre 2008 ( *1 )

«Impugnazione — Rapporto di evoluzione della carriera — Ricorso di annullamento — Interesse ad agire — Funzionario colpito da invalidità totale permanente»

Nel procedimento C-198/07 P,

avente ad oggetto l'impugnazione, ai sensi dell'art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 6 aprile 2007,

Donal Gordon, ex funzionario della Commissione delle Comunità europee, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentato dagli avv.ti J. Sambon, P.-P. Van Gehuchten e P. Reyniers, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui l'altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Currall e H. Krämer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore), G. Arestis e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 ottobre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione il sig. Gordon chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 7 febbraio 2007, causa T-175/04, Gordon/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale, da un lato, ha deciso di non dar più luogo a statuire sul ricorso di annullamento proposto dal ricorrente contro la decisione della Commissione delle Comunità europee 11 dicembre 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata») che ha respinto il suo reclamo contro la decisione 28 aprile 2003 che conferma il rapporto di evoluzione della carriera (in prosieguo: il «REC»), di cui aveva costituito oggetto per il periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002, a causa della mancanza di interesse ad agire, e, d’altro lato, ha rigettato in quanto irricevibile la sua domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno che avrebbe subìto.

Contesto normativo

Le disposizioni relative alla valutazione dei funzionari

2

Ai sensi dell’art. 43 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti controversi (in prosieguo: lo «Statuto»), la competenza, il rendimento e il comportamento in servizio dei funzionari, eccettuati quelli di grado A 1 e A 2, sono oggetto di un rapporto informativo periodico compilato almeno ogni due anni, alle condizioni stabilite da ciascuna istituzione, conformemente alle disposizioni dell’art. 110 dello Statuto.

3

Il 26 aprile 2002, la Commissione ha adottato una decisione recante disposizioni generali di esecuzione dell’art. 43 dello Statuto (in prosieguo: le «disposizioni generali di esecuzione»), e una decisione relativa alle disposizioni generali di esecuzione dell’art. 45 dello Statuto. Un nuovo sistema di valutazione è stato così introdotto. Dalla norma transitoria di cui all’art. 4, n. l, di tali disposizioni risulta che il primo esercizio di valutazione effettuato secondo questo nuovo sistema riguarda il periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002.

4

Ai sensi dell’art. 5, n. 3, delle disposizioni generali di esecuzione dell’art. 45 dello Statuto, il funzionario è promosso, in linea di principio, quando la somma dei punti di merito, corrispondenti alla valutazione risultante dal REC, e, inoltre, dei punti di priorità, assegnati ai sensi degli artt. 6, 7 e 9 delle dette disposizioni, accumulati nel corso di uno o più esercizi supera la «soglia di promozione».

5

Il procedimento di valutazione dei funzionari, la redazione del REC nonché la sua contestazione sono principalmente disciplinati dagli artt. 7 e 8 delle disposizioni generali di esecuzione.

6

L’art. 7, n. 2, di dette disposizioni enuncia che, «in occasione di un incontro formale con il titolare del posto alla fine del periodo di valutazione, il valutatore esamina il rendimento, le competenze e il suo comportamento nel servizio; discute con lui del suo fabbisogno in materia di formazione e delle prospettive di evoluzione della sua carriera (…). Questo colloquio annuale costituisce un dovere fondamentale del compilatore in quanto membro della dirigenza».

7

Ai sensi dell’art. 7, n. 5, delle stesse disposizioni, «se (…) il titolare del posto non accetta il contenuto del rapporto, egli è tenuto a informarne immediatamente il compilatore e ad indicare, nella rubrica “osservazioni”, il proprio desiderio di incontrarsi con il vidimatore, motivando tale richiesta. Entro cinque giorni lavorativi, il vidimatore convoca a colloquio il titolare del posto, nell’intento di addivenire ad un accordo; in esito a tale colloquio, il vidimatore modifica il rapporto o lo conferma e lo notifica nuovamente al titolare del posto. Quest’ultimo, in caso di accettazione, firma il rapporto entro cinque giorni lavorativi e lo trasmette al compilatore, il quale lo firma/controfirma immediatamente (…)».

8

Lo stesso art. 7, al n. 6, precisa che, «se il titolare del posto dissente dalla decisione del vidimatore, può chiedere a quest’ultimo, entro cinque gironi lavorativi, di deferire la controversia alla commissione paritetica di valutazione di cui all’art. 8».

9

L’art. 8, n. 5, delle disposizioni generali di esecuzione enuncia che, «senza sostituirsi al compilatore nella valutazione delle prestazioni del personale, la commissione paritetica verifica che il rapporto sia stato compilato nelle dovute forme, con obiettività ed in conformità con i normali criteri di valutazione. Essa verifica altresì che la procedura sia stata seguita correttamente (colloquio, rispetto dei termini, ecc.). A questo fine, essa procede alle consultazioni che ritiene necessarie».

10

L’art. 8, n. 7, delle dette disposizioni prevede che «il parere della commissione paritetica di valutazione, dopo essere stato notificato al titolare del posto, al compilatore ed al vidimatore, è trasmesso al valutatore d’appello. Quest’ultimo, entro tre giorni lavorativi, conferma o modifica il rapporto e lo notifica al titolare del posto. Se il valutatore d’appello non si attiene alle valutazioni formulate nel parere della commissione paritetica di valutazione, egli deve motivare tale decisione. Una copia del rapporto è inviata alla commissione paritetica di valutazione. Il rapporto viene allora considerato definitivo».

Le disposizioni relative ai funzionari riconosciuti in stato d’invalidità

11

L’art. 53 dello Statuto è redatto come segue:

«Il funzionario che a giudizio della commissione d’invalidità si trovi nelle condizioni previste dall’articolo 78 è collocato a riposo d’ufficio l’ultimo giorno del mese nel corso del quale viene adottata la decisione dell’autorità che ha il potere di nomina con cui si constata l’incapacità definitiva del funzionario di esercitare le proprie funzioni».

12

L’art. 78 dello Statuto dispone:

«Alle condizioni previste dagli articoli 13, 14, 15 e 16 dell’allegato VIII, il funzionario ha diritto ad una pensione di invalidità allorché sia colpito da invalidità permanente riconosciuta come totale che lo ponga nell’impossibilità di esercitare funzioni corrispondenti a un impiego della sua carriera.

(…)».

13

L’allegato VIII dello Statuto stabilisce le modalità del regime di pensione. Gli artt. 13-16 del suo capitolo 3, intitolato «Pensione di invalidità», sono redatte come segue:

«Art. 13

Fatte salve le disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 1, il funzionario di età inferiore a 65 anni che, nel periodo in cui matura i diritti a pensione, sia riconosciuto dalla commissione di invalidità colpito da una invalidità permanente, considerata totale e che gli impedisca di esercitare funzioni corrispondenti ad un impiego della sua carriera e sia pertanto costretto a sospendere il servizio presso le Comunità, ha diritto, per tutto il periodo d’inabilità, alla pensione d’invalidità di cui all’articolo 78 dello Statuto. Il beneficio della pensione di invalidità non è cumulabile con quello della pensione di anzianità.

Art. 14

Il diritto alla pensione d’invalidità sorge a decorrere dal primo giorno del mese civile successivo al collocamento a riposo in applicazione dell’articolo 53 dello Statuto.

L’ex funzionario che non soddisfi più alle condizioni richieste per beneficiare della pensione d’invalidità è obbligatoriamente reintegrato, non appena un posto si renda vacante, in un impiego corrispondente alla sua carriera nella sua categoria o quadro, sempre che sia in possesso dei requisiti prescritti. Qualora rifiuti l’impiego offertogli, l’ex funzionario conserva, sempre che sia in possesso dei requisiti prescritti, i propri diritti alla reintegrazione, per il secondo posto che si rende vacante, in un impiego corrispondente alla sua carriera nella sua categoria o quadro; in caso di secondo rifiuto, può essere dimesso d’ufficio.

In caso di decesso dell’ex funzionario beneficiario della pensione di invalidità, il diritto alla pensione suddetta si estingue alla fine del mese civile nel corso del quale l’ex funzionario è deceduto.

Art. 15

Fino a quando l’ex funzionario, che beneficia di una pensione d’invalidità, non abbia compiuto l’età di 60 anni, l’istituzione può sottoporlo periodicamente a visita medica per accertarsi che si trovi ancora nelle condizioni richieste per beneficiare della pensione.

Art. 16

Quando un ex funzionario, beneficiario di una pensione d’invalidità, sia reintegrato nella sua istituzione o in un’altra istituzione delle Comunità, il periodo durante il quale ha percepito la pensione d’invalidità è preso in considerazione, senza versamento di contributi, per il calcolo della pensione di anzianità».

Fatti

14

I fatti pertinenti sono descritti come segue ai punti 7-12 della sentenza impugnata:

«7

Il ricorrente era, al momento della presentazione del ricorso, funzionario di grado LA 5 assegnato alla direzione generale (DG) “Traduzione” della Commissione.

8

La sera dell’11 marzo 2003, il ricorrente ha ricevuto il proprio REC relativo al periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002. Il mattino del 12 marzo 2003 ha comunicato al vidimatore il proprio desiderio di incontrarsi con quest’ultimo, in conformità all’art. 7, n. 5, delle [disposizioni generali di esecuzione]. Si è preso quindi un periodo di ferie di due giorni e mezzo a partire da quel pomeriggio. Quello stesso giorno il vidimatore ha confermato il suddetto REC dopo avervi annotato che “non [era] stato possibile effettuare [il colloquio richiesto dal ricorrente] poiché l’interessato [si trovava] in ferie a partire dal pomeriggio del 12 [marzo] 2003”.

9

Il 25 marzo 2003 il ricorrente si è incontrato con il vidimatore. Lo stesso giorno, e su richiesta del ricorrente, è stata adita la commissione paritetica di valutazione (…). L’11 aprile 2003 la [commissione paritetica di valutazione] ha formulato il proprio parere, secondo cui “[essa] constata che il colloquio formale non ha avuto luogo [e,] [d]i conseguenza, (…) raccomanda al valutatore di chiedere al vidimatore di svolgere tale colloquio formale”. Il ricorrente si è intrattenuto con il vidimatore il 14 aprile 2003.

10

Il 25 aprile 2003 si è svolto un colloquio tra il ricorrente e il valutatore d’appello. Il 28 aprile 2003 il valutatore ha pronunciato la propria decisione, confermando il REC in questione e indicando, da un lato, che “[era] stato precisato che [il ricorrente] aveva sollecitato un colloquio formale in data 12 marzo [2003], ma [che] tale colloquio non aveva avuto luogo a causa dell’assenza per ferie dell’interessato (…) e tenuto conto del termine iniziale di finalizzazione dell’esercizio (15 marzo 2003)” e, dall’altro, che “il 25 marzo 2003 e il 14 aprile 2003 si [erano] poi svolti due incontri con il vidimatore”. In una nota dello stesso giorno, il valutatore d’appello ha comunicato la propria decisione al presidente della [commissione paritetica di valutazione]. In tale nota, ha indicato le ragioni per cui il colloquio formale chiesto dal ricorrente non aveva potuto tenersi e ha aggiunto che “i commenti del vidimatore [erano] stati formulati (…) tenendo conto di questi elementi, delle ragioni indicate dall’interessato e dopo aver ascoltato il diretto superiore gerarchico”. Il valutatore ha altresì osservato che “[d]ue colloqui formali con il vidimatore si [erano] tenuti il 25 marzo 2003 (…) e il 14 aprile 2003”.

11

Il 25 luglio 2003 il ricorrente ha presentato reclamo, a norma dell’art. 90 dello Statuto, contro la decisione del 28 aprile 2003 che confermava il REC di cui egli costituiva l’oggetto. Il reclamo è stato respinto dall’[APN] con [la decisione controversa], notificata al ricorrente il 2 febbraio 2004 (…).

12

A fronte delle conclusioni della commissione d’invalidità del 1o febbraio 2005, in cui si constatava che il ricorrente “è colpito da invalidità permanente riconosciuta come totale che lo pone nell’impossibilità di esercitare funzioni corrispondenti a un impiego del suo grado”, l’APN, con decisione 15 febbraio 2005, ha stabilito che il ricorrente fosse “collocato a riposo e avesse diritto alla pensione di invalidità fissata secondo le disposizioni di cui all’art. 78, [terzo] comma (…), dello Statuto”. Tale decisione è entrata in vigore il 28 febbraio 2005».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 maggio 2004, il ricorrente ha proposto ricorso di annullamento contro la decisione controversa e per risarcimento danni.

16

Il 1o marzo 2005, la Commissione ha proposto una domanda di non luogo a statuire concernente il ricorso di annullamento del ricorrente in ragione della collocazione a riposo di questi, sostenendo che un funzionario collocato a riposo per invalidità permanente considerata come totale non ha più interesse ad agire contro un REC che lo riguarda, in quanto l’unica funzione di questo è, secondo la giurisprudenza, di costituire la base per future decisioni relative alla sua carriera. Essa ha del pari contestato la ricevibilità della domanda di risarcimento. Con ordinanza del Tribunale 10 giugno 2005, la domanda di non luogo a statuire è stata riunita nel merito, con riserva sulle spese.

17

Con la sentenza impugnata, il Tribunale si è pronunciato sul ricorso di annullamento della decisione controversa, nonché sulla domanda di risarcimento del ricorrente e, infine, sulle misure di organizzazione del procedimento da lui richieste.

La decisione del Tribunale sul ricorso di annullamento

18

Il Tribunale ha ritenuto che non fosse più necessario pronunciarsi sulla domanda di annullamento controversa per i seguenti motivi, esposti ai punti 27-39 della sentenza impugnata:

«27

Da un lato, occorre rammentare che, sebbene l’interesse ad agire, a cui è subordinata la ricevibilità di un ricorso, si valuti al momento in cui è depositato l’atto introduttivo (sentenza della Corte 16 dicembre 1963, causa 14/63, Forges de Clabecq/Alta Autorità, Racc. pag. 705, 748, nonché ordinanza [del Tribunale 30 novembre 1998, causa T-97/94,] N/Commissione, [Racc. PI pagg. I-A-621 e II-1879,] punto 23), ciò non può impedire al Tribunale di constatare che non sarebbe più necessario pronunciarsi sul ricorso qualora il ricorrente che inizialmente aveva interesse ad agire abbia perduto qualsiasi interesse personale all’annullamento della decisione [impugnata] a causa di un evento verificatosi successivamente alla presentazione del detto ricorso. Affinché un ricorrente possa proseguire un ricorso diretto all’annullamento di una decisione, infatti, occorre che mantenga un interesse personale all’annullamento della decisione impugnata (sentenze del Tribunale 24 aprile 2001, causa T-159/98, Torre e a./Commissione, Racc. PI pagg. I-A-83 e II-395, punto 30; 31 maggio 2005, causa T-105/03, Dionyssopoulou/Consiglio, [Racc. PI pagg. I-A-137 e II-621,] punto 18, nonché 8 dicembre 2005, causa T-274/04, Rounis/Commissione, [Racc. PI pagg. I-A-407 e II-1849,] punti 21 e 22). Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, il ricorrente deve dimostrare un suo interesse esistente ed effettivo all’annullamento dell’atto impugnato in maniera che, qualora l’interesse sul quale esso si fonda riguardi una situazione giuridica futura, egli dovrà stabilire che il pregiudizio a questa situazione è comunque già certo (sentenze del Tribunale 17 settembre 1992, causa T-138/89, NBV e NVB/Commissione, Racc. pag. II-2181, punto 33; 14 aprile 2005, causa T-141/03, Sniace/Commissione, Racc. pag. II-1197, punto 26, e ordinanza del Tribunale 17 ottobre 2005, causa T-28/02, First Data e a./Commissione, [Racc. pag. II-4119,] punti 42 e 43).

28

Dall’altro lato, per quanto riguarda i ricorsi diretti all’annullamento di un REC, va rammentato che questo è un documento interno, con la funzione precipua di fornire periodicamente all’amministrazione informazioni circa lo svolgimento, da parte dei dipendenti, dei compiti loro affidati (v., in tal senso, sentenze della Corte 3 luglio 1980, cause riunite 6/79 e 97/79, Grassi/Consiglio, Racc. pag. 2141, punto 20, e del Tribunale 28 maggio 1997, causa T-59/96, Burban/Parlamento, Racc. PI pagg. I-A-109 e II-331, punto 73) e che pertanto, nei confronti del funzionario, gioca un ruolo importante per lo sviluppo della sua carriera, soprattutto per quanto concerne il trasferimento e la promozione. Da ciò deriva che, in linea di principio, il REC lede l’interesse della persona valutata solo fintantoché quest’ultima ha ancora una carriera davanti a sé, ossia solo fino alla cessazione definitiva dal servizio. Conseguentemente, dopo tale cessazione, il funzionario non ha interesse a proporre o a mantenere un ricorso contro un REC di cui è stato oggetto, se non per stabilire l’esistenza di una circostanza particolare che dimostri un interesse personale ed effettivo a ottenerne l’annullamento (v. in tal senso, ordinanza N/Commissione, cit., punto 26, e sentenza Dionyssopoulou/Consiglio, cit., punto 20).

29

Nella fattispecie, la Commissione sostiene che il ricorrente, essendo stato collocato a riposo a norma dell’art. 78 dello Statuto perché colpito da invalidità permanente riconosciuta come totale, ha cessato definitivamente il servizio e, in conformità della suddetta giurisprudenza, ha perso il proprio interesse a mantenere il ricorso. Tuttavia, il ricorrente sostiene che tale giurisprudenza non è applicabile al caso di specie per due motivi. In primo luogo, non si tratterebbe in tal caso di una cessazione definitiva dal servizio giacché, a tenore dell’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto, egli potrebbe essere reintegrato nell’impiego non appena le sue condizioni di salute lo consentano. In secondo luogo, il collocamento a riposo è stato un atto obbligatorio ed è avvenuto dopo la presentazione del presente ricorso. Date le circostanze, il ricorrente ritiene quindi che il proprio diritto alla tutela giurisdizionale debba essere prevalente rispetto ad altre osservazioni, oltre a consentirgli di ottenere una sentenza sulla legittimità del REC impugnato. Conseguentemente, è del parere di avere ancora un interesse personale e attuale all’annullamento del suddetto REC.

30

Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione del carattere definitivo della cessazione dal servizio in caso di collocamento a riposo per invalidità permanente riconosciuta come totale, occorre osservare che, benché l’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto preveda la possibilità della reintegrazione del funzionario a cui sia stato concesso il diritto a una pensione d’invalidità, l’invalidità permanente riconosciuta come totale è stata concepita dal legislatore come un evento che pone fine alla carriera del funzionario interessato. L’art. 53 dello Statuto prevede infatti che “[i]l funzionario che a giudizio della commissione d’invalidità si trovi nelle condizioni previste dall’articolo 78 è collocato a riposo d’ufficio l’ultimo giorno del mese nel corso del quale viene adottata la decisione dell’[APN] con cui si constata l’incapacità definitiva del funzionario di esercitare le proprie funzioni”. Da parte sua, l’art. 47 dello Statuto contempla, tra le cause di cessazione definitiva dal servizio, ogni tipo di collocamento a riposo, compreso quello derivante da invalidità permanente riconosciuta come totale. La suddetta invalidità, per quanto concerne il carattere definitivo o provvisorio della cessazione dal servizio che essa comporta, è quindi considerata dal legislatore al pari di altre cause di cessazione dal servizio, quali le dimissioni, il licenziamento per insufficienza professionale o la destituzione, la cui definitività è indubbia.

31

Ne deriva che, nel sistema previsto dallo Statuto, il collocamento a riposo per invalidità permanente riconosciuta come totale ai sensi degli artt. 53 e 78 è considerato come un evento che mette fine — in linea di principio — alla carriera del funzionario. Questa forma di collocamento a riposo differisce dunque dal congedo per malattia previsto dall’art. 59 dello Statuto, il quale non influisce sulla continuità della carriera del funzionario che si trova nell’impossibilità temporanea di esercitare le proprie funzioni.

32

Pertanto, il Tribunale ritiene che, conformemente alla giurisprudenza summenzionata, il collocamento a riposo del ricorrente ai sensi dell’art. 78 dello Statuto influisca sul suo interesse a ottenere l’annullamento del REC impugnato, giacché la sua carriera all’interno della sua istituzione è stata interrotta — in linea di principio — in maniera definitiva.

33

Siffatta conclusione non è inficiata dall’argomento del ricorrente relativo a un’eventuale reintegrazione in servizio a norma dell’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto. Invero, occorre rammentare che un ricorrente deve dimostrare un interesse esistente ed effettivo all’annullamento dell’atto impugnato e che, se l’interesse che fa valere riguarda una situazione giuridica futura, egli deve stabilire che il pregiudizio a questa situazione è comunque già certo. Orbene, è giocoforza rilevare che la reintegrazione in servizio del ricorrente presso la Commissione è solo un’eventualità la cui realizzazione è attualmente incerta. Si tratta quindi di un interesse semplicemente ipotetico e dunque insufficiente per rilevare che la situazione giuridica del ricorrente sarebbe compromessa dal mancato annullamento del REC impugnato (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 gennaio 1987, causa 204/85, Stroghili/Corte dei conti, Racc. pag. 389, punto 11).

34

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il fatto che il collocamento a riposo del ricorrente è stato obbligatorio ed è avvenuto dopo la presentazione del presente ricorso, occorre osservare — in prima battuta — che il Tribunale ha già avuto occasione di affermare che un funzionario che ha lasciato il servizio a causa di licenziamento per insufficienza professionale o per destituzione divenuta definitiva in seguito a un ricorso giurisdizionale non ha interesse ad annullare il proprio rapporto informativo (ordinanza N/Commissione, cit., punto 27, nonché sentenza del Tribunale 21 febbraio 2006, cause riunite T-200/03 e T-313/03, V/Commissione, [Racc. FP pagg. I-A-2-15 e II-A-2-57,] punto 184). Dalla giurisprudenza emerge, quindi, che la cessazione dal servizio, a prescindere che sia volontaria o meno, non è pertinente ai fini dell’esistenza dell’interesse ad agire. In seconda battuta, per quanto concerne il momento del collocamento a riposo rispetto alla data in cui è stato proposto il ricorso, occorre rammentare che dalla giurisprudenza citata al precedente paragrafo 27 discende che il fatto che l’interesse ad agire sia venuto meno dopo la presentazione del ricorso non può impedire al Tribunale di constatare che non è più necessario pronunciarsi sul ricorso medesimo (sentenze [del Tribunale 13 dicembre 1990, causa T-20/89,] Moritz/Commissione, [Racc. pag. II-769,] punto 16; Dionyssopoulou/Consiglio, punto 18, e Rounis/Commissione, cit., punto 21).

35

Alla luce di quanto precede, si deve osservare che la modifica del REC impugnato richiesta dal ricorrente non comporterebbe, in linea di principio, alcuna conseguenza per la sua carriera, che è terminata il 28 febbraio 2005. Spetta dunque al ricorrente stabilire l’esistenza di una circostanza particolare che dimostri il persistere di un interesse personale ed effettivo ad agire per chiedere l’annullamento (ordinanza N/Commissione, cit., punti 26 e 27).

36

Si deve rilevare che il ricorrente, contestando il carattere definitivo della cessazione dal servizio, non invoca alcuna circostanza particolare ai sensi della citata ordinanza N/Commissione. Al contrario, egli sostiene che il proprio interesse a chiedere l’annullamento del REC impugnato dovrebbe essere riconosciuto per garantire il rispetto del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

37

A tal proposito, basti osservare che il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva comporta il diritto di impugnare dinanzi al giudice solo gli atti delle istituzioni comunitarie che, colpendo gli interessi del ricorrente, gli arrecano pregiudizio (v., in tal senso, ordinanze della Corte 1o ottobre 2004, causa C-379/03 P, Pérez Escolar/Commissione, punti 41 e 42, e del Tribunale 2 giugno 2003, causa T-276/02, Forum 187/Commissione, Racc. pag. II-2075, punto 50). Orbene, nel caso di specie è giocoforza constatare che, in ragione del collocamento a riposo, né la decisione [controversa] né il REC impugnato arrecano — a tutt’oggi — pregiudizio al ricorrente per il fatto che egli non è stato reintegrato in servizio. Ne consegue che, sebbene in questa fase non sia necessario pronunciarsi sulla pertinenza dell’argomento del ricorrente nell’ipotesi in cui detto argomento sia sollevato a sostegno di un eventuale ricorso — qualora il ricorrente fosse reintegrato in servizio —, occorre osservare che il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non può conferirgli il diritto di ottenere una pronuncia del Tribunale sulla presente domanda di annullamento.

38

Da tutte le precedenti considerazioni emerge che il ricorrente non ha dimostrato un interesse esistente ed effettivo ad agire. Non è dunque più necessario pronunciarsi sulla domanda di annullamento del REC impugnato.

39

Per quanto riguarda la domanda diretta a ottenere che il Tribunale dichiari illegittime le disposizioni generali di esecuzione e la guida di transizione o le vigenti disposizioni, va detto che, come indicato dallo stesso ricorrente, essa rappresenta un’eccezione d’illegittimità sollevata nell’ambito della domanda di annullamento e, pertanto, non occorre pronunciarsi al riguardo».

La decisione del Tribunale sulla domanda di risarcimento

19

Il Tribunale ha respinto la domanda di risarcimento in quanto irricevibile per i seguenti motivi, esposti ai punti 42-45 della sentenza impugnata:

«42

Occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte [di giustizia], applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, del medesimo Statuto, nonché ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Per soddisfare tali requisiti, un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento dei danni che si asseriscono causati da un’istituzione comunitaria deve contenere gli elementi che consentono di individuare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per cui essa ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento ed il danno che afferma di aver subito nonché la natura e l’entità di tale danno. Per contro, una domanda diretta a ottenere un risarcimento qualunque manca della precisione necessaria e deve, di conseguenza, essere considerata irricevibile (sentenza della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 9; ordinanze del Tribunale 1o luglio 1994, causa T-505/93, Osório/Commissione, Racc. PI pagg. I-A 179 e II-581, punto 33, e [15 febbraio 1995, causa T-112/94,] Moat/Commissione, [Racc. PI pagg. I A-37 e II-135,] punto 32).

43

Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a chiedere il risarcimento del danno per un pregiudizio arrecato alla sua carriera, alla sua salute e al suo benessere, senza precisarne l’importo in termini numerici e senza indicare con sufficiente precisione gli elementi che consentirebbero di determinarne l’entità. Infatti, la sua richiesta non contiene altre precisazioni a tal riguardo, se non il fatto che “[l]’errore manifesto di valutazione e lo sviamento di potere commessi dal vidimatore [avrebbero] arrecato grave pregiudizio alle prospettive di carriera del ricorrente” e che “[t]ale situazione [avrebbe] nuociuto al suo morale e alla sua salute, danno che si [sarebbe] sommato a quello subito dalle sue prospettive di carriera”.

44

Anche se il Tribunale, in circostanze particolari, ha già avuto modo di dichiarare che non è indispensabile precisare nel ricorso l’entità esatta del danno e indicare numericamente l’importo del risarcimento chiesto (sentenze del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punti 75-77, e 20 settembre 1990, causa T-37/89, Hanning/Parlamento, Racc. pag. II-463, punto 82), occorre osservare che, nel caso di specie, il ricorrente non ha provato e nemmeno invocato l’esistenza di tali circostanze (v., in tal senso, le citate ordinanze Osório/Commissione, punto 35, e Moat/Commissione, punto 37).

45

Inoltre, per quanto riguarda il danno morale, si deve sottolineare che, oltre alla totale assenza di valutazione di tale pregiudizio, il ricorrente non ha permesso al Tribunale di apprezzarne l’entità e il carattere. Orbene, a prescindere dal fatto che la domanda di risarcimento del danno morale sia a titolo simbolico o per ottenere un vero e proprio risarcimento, spetta al ricorrente precisare la natura del danno morale asserito in riferimento al comportamento addebitato alla Commissione e, quindi, precisare anche in maniera approssimativa la valutazione del danno nel suo complesso (ordinanza Moat/Commissione, cit., punto 38, e sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T-157/96, Affatato/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-41 e II-97, punto 38)».

La decisione del Tribunale per quanto riguarda la domanda di misure di organizzazione del procedimento presentata dal ricorrente

20

Il Tribunale ha ritenuto che la domanda del ricorrente diretta ad ottenere la produzione, da parte della Commissione, di vari documenti, vale a dire il resoconto delle riunioni della commissione paritetica di valutazione, i due REC più favorevoli e i due REC più sfavorevoli concernenti i funzionari della sua unità per il periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002, nonché il documento contenente le norme quantitative ufficiali delle unità di traduzione per il detto periodo, non presentava alcun interesse per la soluzione della lite e doveva essere quindi respinta.

Le conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

21

Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e pronunciarsi sul ricorso da lui presentato;

constatare l’interesse intrinseco del ricorrente al suo rapporto di evoluzione della carriera, indipendentemente dall’interesse dell’amministrazione al medesimo;

riconoscere che l’invalidità è per definizione reversibile ed è considerata e trattata come tale dal servizio medico della Commissione;

concedergli il diritto alla tutela giurisdizionale per quanto attiene al suo REC;

accogliere inoltre la domanda di risarcimento dei danni e concedergli un risarcimento di EUR 1,5 milioni, e

condannare la Commissione alle spese.

22

La Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna del ricorrente a sostenere tutte le spese.

Sull’impugnazione

23

A sostegno della sua impugnazione il ricorrente deduce quattro motivi. I primi tre sostengono l’impugnazione in quanto essa è diretta contro la decisione del Tribunale relativa al ricorso di annullamento, il quarto in quanto essa è diretta contro la decisione del Tribunale relativa alla domanda di risarcimento.

Sui motivi relativi alla decisione del Tribunale concernente il ricorso di annullamento della decisione controversa

Argomenti delle parti

24

Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata è viziata da errori di diritto in quanto il Tribunale ha affermato, in primo luogo, che il REC presenta un interesse per il funzionario scrutinato soltanto se questi ha ancora una carriera da compiere, in secondo luogo, che il collocamento a riposo nel caso di invalidità permanente equivale ad una cessazione definitiva delle funzioni e, in terzo luogo, che il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale in caso di malattia professionale non conferisce un diritto di ricorso contro la decisione controversa.

25

In primo luogo, fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non tenendo conto della funzione esatta del REC.

26

Il ricorrente afferma che la giurisprudenza sulla quale il Tribunale si è basato al punto 28 della sentenza impugnata non è più pertinente, in quanto essa si riferisce al precedente sistema di valutazione, vigente prima del 2003, secondo cui il rapporto informativo svolgeva solo un ruolo accessorio per la promozione. Orbene, il sistema attuale di valutazione comporterebbe un collegamento aritmetico con la promozione o il licenziamento e un margine di manovra maggiore per quanto attiene all’acceleramento o al rallentamento della progressione della carriera. Secondo il ricorrente, nell’ambito di questo nuovo sistema, non è più appropriato qualificare come «interno» un documento che ha implicazioni oggettive significative. Inoltre, il ruolo del funzionario nel sistema di valutazione non può essere relegato ad un livello secondario rispetto a quello dell’amministrazione.

27

In secondo luogo, il ricorrente fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto sbagliandosi sulle conseguenze dell’invalidità. Infatti, il Tribunale avrebbe interpretato l’invalidità come uno stato definitivo. Orbene, dal tenore dell’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto risulterebbe chiaramente che l’invalidità è uno stato reversibile, il che corrisponderebbe del resto alla prassi secondo cui i casi d’invalidità sono di regola riesaminati dal servizio medico della Commissione ogni due anni.

28

Il ricorrente sottolinea inoltre che, mentre la decisione di collocamento a riposo per causa di invalidità presa nei suoi confronti il 15 febbraio 2005 è stata adottata per due anni, il rinnovo effettuato nel 2007 dal servizio medico della Commissione è stato limitato ad un anno, il che dimostrerebbe che la sua reintegrazione nel servizio non è meramente ipotetica, di modo che sarebbe vivo ed effettivo il suo interesse all’annullamento della decisione controversa.

29

In terzo luogo, il ricorrente sostiene che il Tribunale non ha preso in considerazione le conseguenze del principio generale dell’effettiva tutela giurisdizionale.

30

Il ricorrente afferma che, nel caso di specie, i medici non hanno escluso l’ipotesi secondo cui l’invalidità di cui soffre sarebbe di origine professionale. Tuttavia, la commissione d’invalidità avrebbe preferito attendere il parere delle istanze competenti, vale a dire, a suo avviso, il parere del Tribunale, prima di pronunciarsi su tale punto. Il fatto che il Tribunale non abbia statuito nel merito della causa significherebbe che la situazione è bloccata tanto dal punto di vista del ricorrente quanto da quello del servizio medico della Commissione, nonché di quello della commissione d’invalidità.

31

Orbene, la decisione sul punto se l’invalidità sia di origine professionale determinerebbe le modalità secondo le quali il ricorrente potrebbe reintegrare il suo posto di lavoro o, in caso contrario, l’ammontare della sua pensione d’invalidità. In tali circostanze, il ricorrente fa valere che non si può sostenere che il suo interesse ad agire è meramente ipotetico e che occorrerebbe statuire su tale questione unicamente in caso di reintegrazione.

32

Il ricorrente fa valere che, poiché il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale costituisce un diritto fondamentale, le norme e gli elementi giuridici di cui trattasi non possono essere interpretati ed applicati restrittivamente.

33

Quanto al primo motivo, la Commissione contesta l’argomento del ricorrente secondo il quale il ragionamento del Tribunale al punto 28 della sentenza impugnata sarebbe irrilevante, poiché esso fa riferimento al sistema di valutazione che si applicava prima del 2003, invece che al sistema attualmente vigente.

34

La Commissione rileva, in via preliminare, che il REC di cui trattasi riguarda un periodo precedente al 2003, vale a dire il periodo collocato tra il 1o luglio 2001 e il 31 dicembre 2002. Pertanto, essa presume che il ricorrente faccia riferimento piuttosto al sistema di valutazione introdotto a partire dal luglio 2001.

35

La Commissione fa valere che vi è sempre stata una prossimità tra la valutazione dei funzionari e la loro promozione. Ciò varrebbe ancora, poiché le pertinenti disposizioni del nuovo Statuto adottato nel 2004 continuano a figurare in un capitolo, intitolato «Rapporto informativo, aumento periodico di stipendio e promozione». Secondo la Commissione, il rapporto informativo sarebbe privo di utilità in mancanza di un collegamento fra la valutazione e la promozione dei funzionari. Essa considera che il ricorrente non ha addotto alcun argomento serio, né ha invocato qualsivoglia cambiamento asseritamente importante nelle norme, né ha citato alcun nuovo sviluppo nella giurisprudenza per sostenere la sua tesi.

36

Quanto al secondo motivo, relativo alle conseguenze della decisione di collocamento a riposo per causa d’invalidità, la Commissione rileva che il ricorrente si limita ad invocare l’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto, senza fare alcuna menzione degli artt. 53 e 78 dello stesso. Orbene, come risulterebbe dalla sentenza impugnata, detto art. 14 non può essere interpretato isolatamente. Infatti, lo Statuto opererebbe una netta distinzione tra, da un lato, l’invalidità temporanea (art. 59) e, dall’altro, l’invalidità permanente (art. 53). Mentre l’invalidità temporanea conferisce il diritto ad un congedo di malattia, l’invalidità permanente sfocia nel collocamento a riposo del funzionario interessato.

37

La Commissione osserva che il fatto che il servizio medico abbia rinnovato la sua decisione per quanto concerne l’invalidità del ricorrente per un periodo di un anno, invece di due, è irrilevante al fine di valutare l’entità dell’invalidità. L’intervallo fra gli esami medici non può infatti essere considerato come un criterio per stabilire se l’invalidità di un funzionario sia temporanea o permanente. Qualora un caso d’invalidità rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 78 dello Statuto, quest’ultima dovrebbe essere considerata permanente. Peraltro, nonostante l’art. 14 dell’allegato VIII dello Statuto, l’invalidità dovrebbe essere considerata permanente finché essa persiste.

38

Per quanto concerne il terzo motivo, relativo alla violazione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale, la Commissione fa valere che questo si basa su una premessa errata. Infatti, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non spetterebbe al Tribunale pronunciarsi sull’origine dell’invalidità che è stata constatata nei suoi confronti. La Commissione sostiene che si tratta di una questione medica, per cui è competente un’istanza medica, vale a dire il medico dell’APN o la commissione medica, ai sensi degli artt. 19 e seguenti delle modalità di applicazione dell’art. 73 dello Statuto. Ne conseguirebbe che, qualora la commissione di invalidità abbia sospeso la sua decisione sull’origine di tale invalidità nell’attesa del parere delle «istanze competenti», la stessa commissione si riferirebbe al parere delle istanze mediche, e non alla sentenza impugnata.

39

La Commissione aggiunge che il ricorrente ha sempre avuto la possibilità di avviare un procedimento in base all’art. 73 dello Statuto al fine di far determinare se la detta invalidità sia di origine professionale. Pertanto, non sarebbe stato privato di alcuna tutela giurisdizionale al riguardo.

40

Inoltre, la Commissione sostiene che il Tribunale non ha neanche privato il ricorrente di una tutela giurisdizionale per quanto concerne il REC di cui trattasi, in quanto esso non esclude completamente la possibilità che il ricorrente possa avere interesse a contestarlo successivamente, qualora sia reintegrato nel servizio.

Giudizio della Corte

41

In via preliminare, va sottolineato che la Commissione, al pari di tutte le istituzioni comunitarie, ha un obbligo particolare di trasparenza quanto al rapporto informativo, all’aumento periodico di stipendio e alla promozione dei suoi agenti, il cui rispetto è garantito dal procedimento formale di cui agli artt. 43 e 46 dello Statuto.

42

A questo proposito il REC è un documento essenziale nella valutazione del personale occupato dalle istituzioni, poiché consente di stabilire una valutazione della competenza, del rendimento e del comportamento di un funzionario, come menzionato dall’art. 43 dello Statuto. La stesura di tale rapporto avviene almeno ogni due anni secondo le modalità stabilite da ciascuna istituzione, ai sensi dell’art. 110 dello Statuto.

43

Inoltre, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, il REC costituisce un giudizio di valore effettuato dai suoi superiori gerarchici sul modo in cui il funzionario scrutinato ha assolto i compiti che gli sono stati attribuiti, e sul suo comportamento nel servizio durante il periodo considerato.

44

Occorre infatti rilevare, in primo luogo, che il REC, indipendentemente dalla sua utilità futura, costituisce una prova scritta e formale quanto alla qualità del lavoro svolto dal funzionario. Siffatta valutazione non è meramente descrittiva delle mansioni effettuate nel periodo considerato, ma comporta anche una valutazione delle qualità umane mostrate dalla persona scrutinata nell’esercizio della sua attività professionale.

45

Pertanto, ciascun funzionario dispone di un diritto a che il suo lavoro sia sancito da una valutazione stabilita in modo giusto ed equo. Di conseguenza, conformemente al diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale, al funzionario deve essere riconosciuto in ogni caso il diritto di contestare un REC che lo riguarda a causa del suo contenuto o in quanto non è stato redatto secondo le norme prescritte dallo Statuto.

46

In secondo luogo, anche se un funzionario per il quale la commissione d’invalidità ha dichiarato che si trova in incapacità permanente totale è collocato d’ufficio a riposo in forza degli artt. 53 e 78 dello Statuto, la situazione di siffatto funzionario si distingue da quella di un funzionario che ha raggiunto l’età della pensione, che si è dimesso o che è stato licenziato, poiché si tratta di una situazione reversibile.

47

Infatti, il funzionario colpito da siffatta invalidità può riprendere un giorno le sue funzioni nell’ambito di un’istituzione comunitaria, tenuto conto del disposto dell’art. 16 dell’allegato VIII dello Statuto. A questo riguardo, la disposizione generale dell’art. 53 dello Statuto dev’essere letta in combinato disposto con le specifiche disposizioni degli artt. 13-15 dell’allegato VIII dello Statuto. L’attività del funzionario dichiarato in stato d’invalidità è soltanto sospesa, essendo l’evoluzione della sua situazione in seno alle istituzioni subordinata alla persistenza delle condizioni che hanno giustificato tale invalidità, che può essere periodicamente accertata.

48

Nella fattispecie, la sussistenza in capo al ricorrente di tutte le condizioni richieste per giustificare il suo collocamento a riposo d’ufficio per causa d’invalidità permanente totale, conformemente all’art. 13 dell’allegato VIII dello Statuto, non è stata considerata definitivamente acquisita. Ciò è corroborato dal fatto che il servizio medico della Commissione incaricato dell’esame della situazione d’invalidità del ricorrente ha rinnovato la dichiarazione d’invalidità che lo riguardava, il 31 gennaio 2007, soltanto per un anno supplementare, e non per due anni, come ciò era avvenuto per la decisione iniziale della commissione d’invalidità del 1o febbraio 2005. Ciò dimostra che la possibilità di reintegrazione del ricorrente non è semplicemente ipotetica, ma ben effettiva.

49

Orbene, un funzionario dichiarato colpito da invalidità permanente considerata totale, poiché può reintegrare le istituzioni, dispone di un diritto equivalente a quello di un funzionario in servizio di ottenere che il suo REC sia redatto equamente, oggettivamente e conformemente ai criteri di una valutazione regolare.

50

Nel caso di una reintegrazione il REC sarebbe utile per l’evoluzione del funzionario in seno al suo servizio o alle istituzioni comunitarie. Costituirebbe una prova concreta e formale della sua competenza e della sua esperienza in seno all’istituzione, di cui potrebbe avvalersi. Consentirebbe anche al potere gerarchico di confrontare i meriti dei candidati ad un’eventuale promozione o trasferimento.

51

Occorre quindi considerare che un funzionario in stato d’invalidità permanente totale ai sensi degli artt. 53 e 78 dello Statuto conserva un interesse a contestare un REC.

52

Non potendosi dedurre dalla dichiarazione d’invalidità permanente totale del sig. Gordon che questi non possa un giorno essere reintegrato in seno alle istituzioni comunitarie, non si può escludere che lo stesso possa avvalersi del REC di cui trattasi, dopo un’eventuale reintegrazione nell’ambito delle dette istituzioni.

53

Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, i primi due motivi vanno considerati fondati. Di conseguenza, si deve annullare la sentenza impugnata nella parte in cui essa decide che non si deve più statuire sulla domanda di annullamento della decisione controversa, senza che occorra esaminare il terzo motivo, che non può comportare un annullamento più ampio.

Sul motivo relativo alla decisione del Tribunale concernente la domanda di risarcimento

Argomenti delle parti

54

Il ricorrente sostiene che a torto il Tribunale ha dichiarato irricevibile la sua domanda di risarcimento per il motivo che la natura e la portata del danno non erano state precisate. Rileva infatti che, conformemente alla giurisprudenza del Tribunale citata nella stessa sentenza impugnata, in circostanze particolari, non è indispensabile precisare nel ricorso l’esatta portata del danno e quantificare l’importo del risarcimento richiesto.

55

Il ricorrente fa valere anche che non ha mai atteso né chiesto una decisione sul danno in mancanza di una decisione sul ricorso di annullamento. Precisa che, nella replica dinanzi al Tribunale, si è espressamente riservato il diritto di avviare qualsiasi procedimento al fine di ottenere il risarcimento del danno subito sulla base della futura sentenza del Tribunale.

56

Il ricorrente considera che, a causa di circostanze particolari e della complessità della sua situazione, una decisione sul danno dovrebbe unicamente intervenire dopo che la Corte abbia statuito sul ricorso di annullamento.

57

Tuttavia, fa già valere che, se la Corte constata che è stato effettivamente vittima di una valutazione iniqua nonché di un danno grave e che, per tale motivo, la sua carriera ha effettivamente subito un danno irreparabile, un risarcimento dell’ordine di EUR 1,5 milioni non sarebbe eccessivo.

58

La Commissione ribatte che la possibilità di essere dispensato dall’obbligo di precisare nel ricorso l’esatta portata del danno subito costituisce un’eccezione. Dal punto 44 della sentenza impugnata risulterebbe che il Tribunale ha considerato che il caso del ricorrente non rientra nell’ambito di tale eccezione. Secondo la Commissione, il ricorrente non ha fatto valere dinanzi al Tribunale che il suo caso presentava il benché minimo elemento che gli consentisse di non rientrare nella regola generale. Inoltre, nella sua impugnazione, il ricorrente non avrebbe dichiarato perché il Tribunale si sarebbe sbagliato applicando tale regola generale. La Commissione ne conclude che, di conseguenza, l’argomento del ricorrente si espone ad una nuova eccezione di irricevibilità a causa della mancanza di argomentazione che corrobori la sua tesi.

59

La Commissione contesta, inoltre, l’argomento del suddetto secondo cui il Tribunale non avrebbe dovuto statuire sulla questione del danno in quanto il ricorrente avrebbe manifestato la sua intenzione di avviare successivamente un procedimento separato, al fine di ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito. Infatti, tale pretesa non sarebbe corroborata dal fascicolo del procedimento di primo grado.

Giudizio della Corte

60

Va constatato che il Tribunale ha dichiarato la domanda di risarcimento irricevibile in quanto, da un lato, il ricorrente si è limitato a chiedere il risarcimento come riparazione del danno alla sua carriera, alla sua salute e al suo benessere, senza quantificarne in cifre l’importo e senza indicare, con precisione sufficiente, gli elementi che consentono di determinare la portata di tale danno e, inoltre, per quanto concerne il danno morale, oltre alla mancanza totale di valutazione di tale danno, il ricorrente non ha posto il Tribunale in grado di valutarne la portata ed il carattere.

61

A questo proposito, è sufficiente constatare che la questione se l’importo del risarcimento richiesto dal ricorrente sia stato sufficientemente giustificato da quest’ultimo richiede una valutazione dei fatti che esula dalla competenza della Corte, la quale riguarda soltanto il controllo del rispetto, da parte della sentenza impugnata, delle regole di diritto (v., in tal senso, sentenza 15 febbraio 1996, causa C-209/94 P, Buralux e a./Consiglio, Racc. pag. I-615, punto 21).

62

Inoltre, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, la domanda di una somma di EUR 1,5 milioni a titolo di risarcimento qualora la Corte esaminasse la causa nel merito costituisce una nuova domanda, ai sensi dell’art. 113 del regolamento di procedura della Corte, che dev’essere dichiarata irricevibile.

63

Di conseguenza, l’impugnazione del ricorrente va dichiarata irricevibile, nella parte in cui contesta il rigetto, da parte del Tribunale, della sua domanda di risarcimento danni.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

64

Ai sensi dell’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima, qualora annulli la decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Ciò vale nel caso di specie per quanto concerne il ricorso di annullamento.

Argomenti delle parti

65

Il ricorrente chiede in primo luogo l’annullamento della decisione controversa, che respinge il suo reclamo presentato contro la decisione 28 aprile 2003 che conferma il REC di cui ha costituito oggetto per il periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002.

66

Invoca tre motivi a sostegno di detto ricorso, il primo dei quali riguarda la violazione delle forme sostanziali e dei diritti della difesa.

67

A questo proposito, il ricorrente fa valere che varie irregolarità sono state commesse nel corso del procedimento di ricorso interno contro il REC di cui trattasi. Sostiene, in particolare, che la seconda fase di tale procedimento, consistente in un controllo delle condizioni formali e sostanziali del detto REC da parte della commissione paritetica di valutazione, non si è svolta regolarmente.

68

Così, l’esame di detto comitato sarebbe stato limitato all’aspetto procedurale, senza riguardare il merito. Infatti, non essendosi svolto il colloquio formale con il vidimatore del REC, detta commissione avrebbe raccomandato lo svolgimento di tale colloquio. Orbene, il fascicolo del ricorrente non sarebbe stato rinviato dopo che detto colloquio aveva avuto luogo dinanzi a questa stessa commissione affinché essa potesse pronunciarsi anche sul punto se il REC fosse stato redatto equamente, oggettivamente e conformemente ai consueti criteri di valutazione, come prescritto dall’art. 8, n. 5, delle disposizioni generali di esecuzione.

69

Secondo il ricorrente, tale lacuna costituisce un’irregolarità grave che vizia il procedimento di ricorso interno. Infatti, la commissione paritetica di valutazione, a causa della sua composizione, costituirebbe l’unico organo di ricorso in cui alcuni membri del personale che esercitano le sue stesse funzioni avrebbero potuto esaminare il suo rapporto informativo. Inoltre, il parere di detta commissione sarebbe di grande valore, giacché il valutatore d’appello, qualora rifiutasse di attenervisi, sarebbe tenuto a motivare la sua decisione.

70

La Commissione sostiene che il ricorrente non può trarre argomenti dal fatto che la commissione paritetica di valutazione si sia limitata a constatare che il colloquio formale con il vidimatore del REC non aveva avuto luogo, poiché egli stesso non aveva informato detta commissione del fatto che tale colloquio si era svolto il 25 marzo 2003.

Giudizio della Corte

71

Dal fascicolo risulta che la commissione paritetica di valutazione non si è pronunciata sul contenuto del REC di cui trattasi, mentre essa è tenuta a farlo quando, come nel caso di specie, è stata investita di una contestazione. Infatti, tale commissione ha unicamente constatato, nel suo parere inviato al valutatore d’appello l’11 aprile 2003, che il colloquio formale con il vidimatore non si era svolto, e ciò in contrasto con l’art. 7 delle disposizioni generali di esecuzione.

72

Pertanto, il valutatore d’appello non poteva pronunciarsi sul ricorso interno del ricorrente nella sua decisione 28 aprile 2003 mentre la stessa commissione paritetica di valutazione non aveva dato il suo parere sul contenuto del REC di cui trattasi, di modo che questo non era definitivo.

73

Come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue conclusioni, pronunciandosi in tal modo nella sua decisione 28 aprile 2003, il valutatore d’appello ha considerato il diritto di ricorso del ricorrente dinanzi alla commissione paritetica di valutazione come una fase puramente formale. Orbene, quando tale commissione è investita di una contestazione, l’esame del contenuto del REC in questione costituisce una formalità sostanziale, poiché, da un lato, detta commissione è l’unico organismo che interviene nella procedura di valutazione che comprenda i rappresentanti del personale e, dall’altro, i pareri da essa emessi devono essere presi in considerazione dal valutatore d’appello.

74

Risulta pertanto che il fatto che la commissione paritetica di valutazione non si sia pronunciata sul contenuto del REC di cui trattasi ai sensi dell’art. 8 delle disposizioni generali di esecuzione costituisce una violazione sostanziale del procedimento di formazione di un REC che lede i diritti del ricorrente.

75

Così, senza che occorra statuire sugli altri motivi invocati a sostegno del ricorso di annullamento, si deve annullare la decisione controversa.

Sulle spese

76

Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione viene accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

77

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il sig. Gordon ha chiesto la condanna della Commissione e quest’ultima è risultata soccombente, essa dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 7 febbraio 2007, causa T-175/04, Gordon/Commissione, è annullata nella parte in cui il Tribunale ha dichiarato di non dover statuire sul ricorso di annullamento presentato dal sig. Gordon.

 

2)

L’impugnazione è rigettata in quanto irricevibile nella parte in cui contesta il rigetto del ricorso per risarcimento danni disposto dalla detta sentenza del Tribunale.

 

3)

È annullata la decisione della Commissione delle Comunità europee 11 dicembre 2003 che respinge il reclamo del sig. Gordon contro la decisione 28 aprile 2003 che conferma il rapporto di evoluzione di carriera di cui ha costituito oggetto per il periodo 1o luglio 2001 - 31 dicembre 2002.

 

4)

La Commissione delle Comunità europee è condannata a sopportare le spese sostenute dal sig. Gordon dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee e dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l'inglese.