SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

16 dicembre 2008 ( *1 )

«Impugnazione — Art. 288, secondo comma, CE — Ricorso basato su un arricchimento senza causa della Comunità — Programmi d’assistenza comunitaria — Irregolarità commesse dalla controparte contrattuale della Commissione — Servizi forniti da un subappaltatore — Mancato pagamento — Rischi inerenti alle attività economiche — Principio di tutela del legittimo affidamento — Obbligo di diligenza dell’amministrazione comunitaria»

Nel procedimento C-47/07 P,

avente ad oggetto un’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 31 gennaio 2007,

Masdar (UK) Ltd, con sede in Eversley (Regno Unito), rappresentata dai sigg. A.P. Bentley, QC, e P. Green, barrister,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Enegren e M. Wilderspin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, M. Ilešič (relatore) e T. von Danwitz, presidenti di sezione, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J. Malenovský, A. Arabadjiev e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 20 febbraio 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Masdar (UK) Ltd (in prosieguo: la «Masdar») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 novembre 2006, causa T-333/03, Masdar (UK)/Commissione (Racc. pag. II-4377; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso inteso al risarcimento del danno che afferma aver subito a causa del mancato pagamento dei servizi da essa forniti nell’ambito di progetti d’assistenza comunitaria.

Fatti

2

All’inizio del 1994, nell’ambito del programma comunitario d’assistenza tecnica alla Comunità di Stati indipendenti (TACIS), veniva stipulato un contratto tra la Commissione delle Comunità europee e la società Hellenic Management Investment Consultants SA (in prosieguo: la «Helmico») ai fini dell’esecuzione di un progetto in Moldavia. Tale contratto (in prosieguo: il «contratto moldavo») faceva parte di un progetto denominato «Assistenza all’organizzazione di un’associazione privata di imprenditori agricoli» (in prosieguo: il «progetto moldavo»).

3

Nell’aprile 1996 la Helmico e la Masdar stipulavano un contratto mediante il quale la Helmico subappaltava a quest’ultima la fornitura di alcuni dei servizi previsti dal contratto moldavo.

4

Il 27 settembre 1996 veniva stipulato un altro contratto tra la Commissione e la Helmico. In forza di tale contratto (in prosieguo: il «contratto russo»), la Helmico si impegnava a fornire servizi in Russia nell’ambito di un progetto denominato «Sistema federale di certificazione e di controllo delle sementi» (in prosieguo: il «progetto russo»).

5

Nel dicembre 1996 la Helmico e la Masdar concludevano un contratto di subappalto per il progetto russo, molto simile a quello concluso nell’aprile 1996 per il progetto moldavo.

6

Verso la fine del 1997 la Masdar esprimeva la sua preoccupazione per i ritardi di pagamento della Helmico, la quale asseriva che tali ritardi erano imputabili alla Commissione. La Masdar contattava i servizi della Commissione apprendendo che essa, a tale data, aveva pagato tutte le fatture della Helmico. Ricerche più approfondite consentivano alla Masdar di scoprire che la Helmico l’aveva informata in ritardo o in modo inesatto dei pagamenti ricevuti dalla Commissione.

7

Il 2 ottobre 1998 si teneva una riunione tra un amministratore della Masdar e alcuni rappresentanti della Commissione (in prosieguo: la «riunione 2 ottobre 1998») per esaminare i problemi sorti nella cooperazione con la Helmico.

8

Il 5 ottobre 1998 la Commissione inviava una lettera alla Helmico in cui esprimeva la propria preoccupazione per il fatto che fossero sorte talune divergenze di valutazione tra quest’ultima e la Masdar, le quali rischiavano di compromettere la realizzazione del progetto russo, e sottolineava l’importanza che per essa rivestiva il successo di tale progetto. Essa richiedeva alla Helmico garanzie sotto forma di una dichiarazione sottoscritta congiuntamente dalla Helmico e dalla Masdar. Tale lettera precisava che, in caso di mancato ricevimento di tale garanzia entro lunedì 12 ottobre 1998, la Commissione intendeva ricorrere ad altri mezzi per garantire la realizzazione del detto progetto.

9

Il 6 ottobre 1998 la Helmico rispondeva ai servizi della Commissione che le divergenze erano state risolte. In tale risposta si precisava che essa aveva concordato con la Masdar che tutti i futuri pagamenti, compresi quelli delle fatture relative al progetto russo il cui trattamento era in corso, sarebbero stati effettuati su un conto bancario designato dalla Masdar e non sul conto bancario della Helmico. La detta risposta recava la seguente menzione manoscritta: «Approvato, sig. S, Masdar, 6 ottobre 1998». Una lettera redatta negli stessi termini, con la stessa data e controfirmata dal presidente della Masdar veniva inviata alla Commissione in merito alle somme da pagare nell’ambito del contratto moldavo.

10

Il 7 ottobre 1998 la Helmico spediva alla Commissione altre due lettere, anch’esse controfirmate dal sig. S in nome della Masdar. Il loro tenore era identico a quello delle lettere del 6 ottobre, salvo che la lettera relativa al contratto russo non menzionava alcun conto bancario, mentre la lettera riguardante il contratto moldavo indicava un numero di conto bancario intestato alla Helmico ad Atene per i futuri pagamenti.

11

L’8 ottobre 1998 la Helmico scriveva due lettere ai gestori dei progetti in questione del servizio «contratti» della Commissione, chiedendo loro di effettuare tutti i successivi pagamenti nell’ambito dei contratti russo e moldavo su un conto diverso intestato alla Helmico ad Atene.

12

Alla stessa data la Helmico e la Masdar sottoscrivevano una convenzione che conferiva al presidente della Masdar una procura al fine di trasferire fondi dai due conti menzionati nelle lettere del 7 e dell’8 ottobre 1998 inviate alla Commissione.

13

Il 10 novembre 1998 la Commissione adottava la sua relazione di fine progetto relativa al progetto russo. Delle sei voci sottoposte a valutazione, quattro ricevevano il giudizio «eccellente», una «bene» e un’altra «complessivamente sufficiente». In tale relazione si concludeva che «il progetto è stato svolto e completato in maniera esemplare». Il 26 febbraio 1999 la Commissione emetteva la sua relazione di fine progetto relativa al progetto moldavo, per il quale due voci soggette a valutazione ricevevano il giudizio «bene» e altre quattro «complessivamente sufficiente».

14

Il 29 luglio 1999 i servizi della Commissione inviavano alla Masdar una lettera in cui spiegavano che la Commissione, informata dell’esistenza di irregolarità finanziarie tra la Helmico e la Masdar relative all’esecuzione dei contratti russo e moldavo, aveva sospeso tutti i pagamenti non ancora effettuati. Consapevole delle difficoltà finanziarie della Masdar, la Commissione le comunicava che avrebbe versato, nell’ambito del progetto russo, un acconto di EUR 200000 sul conto della Helmico menzionato nelle istruzioni che tale società aveva comunicato l’8 ottobre 1998. La somma di EUR 200000 veniva versata nell’agosto 1999 su tale conto e, in seguito, veniva bonificata sul conto della Masdar.

15

Tra il dicembre 1999 ed il marzo 2000 il presidente della Masdar scriveva a vari funzionari della Commissione, nonché al membro della Commissione incaricato delle relazioni esterne, il sig. Patten. Tra le varie questioni sollevate figurava quella del pagamento dei servizi forniti dalla Masdar.

16

Il 22 marzo 2000 il direttore generale del Servizio comune per le Relazioni esterne della Commissione scriveva al presidente della Masdar per informarlo di quanto segue:

«Dopo intense consultazioni (nelle quali sono state considerate diverse possibilità, compresa la liquidazione finale dei due contratti mediante pagamenti aggiuntivi a favore della Masdar, calcolati in funzione dei lavori effettuati e delle spese da voi sostenute), i servizi della Commissione hanno infine deciso di procedere al recupero dei fondi versati in precedenza al contraente, ossia la Helmico. Sul piano giuridico, ogni pagamento effettuato direttamente alla Masdar (anche mediante il conto bancario della Helmico, per il quale disponete di una procura) in caso di insolvibilità della Helmico sarebbe considerato, da parte degli amministratori o dei creditori della Helmico, come un atto di collusione; inoltre non è certo che in caso di controversia tra la Helmico e la Masdar i fondi versati dalla Commissione europea resterebbero definitivamente alla Masdar, come vorrebbe la Commissione».

17

Il 23 marzo 2000 la Commissione scriveva alla Helmico per comunicarle il proprio rifiuto di pagare le fatture in sospeso e per domandarle il rimborso di un importo totale di EUR 2091168,07. La Commissione assumeva tale iniziativa dopo avere rilevato che la Helmico aveva agito in modo fraudolento nell’ambito dell’esecuzione dei contratti moldavo e russo.

18

Il 31 marzo 2000 la Masdar presentava ricorso contro la Helmico dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division, chiedendo il pagamento dei servizi effettuati in subappalto nell’ambito dell’esecuzione dei contratti moldavo e russo per un importo totale di EUR 453000. Tale ricorso è stato sospeso per un periodo indeterminato.

19

Il 4 aprile 2000 la Commissione emanava due ordini di riscossione ufficiali nei confronti della Helmico ai sensi dell’art. 28, n. 2, del regolamento finanziario 21 dicembre 1977, applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 356, pag. 1) nella versione vigente all’epoca dei fatti.

20

Nel corso degli anni 2000 e 2001 la Masdar contattava la Commissione per esaminare la possibilità di farsi pagare da quest’ultima per i lavori svolti e fatturati alla Helmico. In proposito si sono tenute varie riunioni tra gli avvocati della Masdar e i servizi della Commissione.

21

Il 16 ottobre 2001 i servizi della Commissione rispondevano che le informazioni erano state inviate ai competenti servizi della direzione generale «Bilancio», all’Ufficio europeo per la lotta antifrode e all’unità finanza e contratti competente per i programmi TACIS. Essi affermavano che i servizi della Commissione avrebbero compiuto gli atti necessari per rintracciare gli amministratori della Helmico.

22

Il 1° febbraio 2002, in una risposta scritta ad una domanda formulata dagli avvocati della Masdar, i servizi della Commissione spiegavano che nei confronti della Helmico erano stati emanati due ordini di riscossione ufficiali il 4 aprile 2000, uno relativo al contratto moldavo, per un importo di EUR 1236200,91, l’altro riguardante il contratto russo, per un importo di EUR 854967,16, per una somma complessiva pari a EUR 2091168,07.

23

Il 18 febbraio 2003 si svolgeva una nuova riunione tra gli avvocati della Masdar ed i servizi della Commissione.

24

Il 23 aprile 2003 gli avvocati della Masdar inviavano ai servizi della Commissione una lettera raccomandata che si concludeva con la seguente dichiarazione:

«[S]alvo il caso in cui i servizi della Commissione avanzino, entro il 15 maggio 2003, una concreta proposta di pagamento della mia cliente per i servizi da essa forniti, presenteremo un ricorso per risarcimento danni contro la Commissione dinanzi al Tribunale di primo grado in forza degli artt. 235 CE e 288 [CE] (…)».

25

Con telefax 15 maggio 2003 la Commissione proponeva agli avvocati della Masdar una riunione per discutere di un’eventuale composizione amichevole della vertenza in base alla quale la Commissione avrebbe versato alla Masdar la somma di EUR 249314,35 per i lavori effettuati dopo la scoperta delle irregolarità commesse dalla Helmico, nell’ipotesi in cui la Masdar avesse fornito la prova di un accordo secondo cui essa sarebbe stata pagata direttamente dalla Commissione se avesse portato a termine i progetti russo e moldavo.

26

Con lettera raccomandata del 23 giugno 2003 gli avvocati della Masdar comunicavano ai servizi della Commissione il loro rifiuto di proseguire le trattative sulla base proposta da quest’ultima, esponendo i dettagli della domanda della Masdar nonché i termini e le condizioni ai quali essa avrebbe acconsentito di partecipare ad una riunione.

27

Tale lettera raccomandata veniva seguita da una telefax del 3 luglio 2003, nel quale gli avvocati della Masdar sollecitavano una risposta da parte della Commissione sulla possibilità di organizzare, prima del 15 luglio 2003, una riunione alle condizioni da essi proposte. In detto telefax si aggiungeva che, in mancanza di siffatta riunione, la Masdar avrebbe adito il Tribunale.

28

Con lettera 22 luglio 2003 i servizi della Commissione rispondevano di non poter accogliere la richiesta di pagamento della Masdar.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

29

Con atto introduttivo depositato il 30 settembre 2003, la Masdar ha proposto, ai sensi degli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE, un ricorso per risarcimento danni dinanzi al Tribunale. Essa ha fondato la sua domanda di risarcimento sul principio del divieto di arricchimento senza causa (de in rem verso), sul principio della gestione di affari (negotiorum gestio), su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e, infine, sul fatto che gli atti compiuti dai servizi della Commissione sono qualificabili come colposi o negligenti che le hanno cagionato un danno.

30

Il 6 ottobre 2005 si è svolta una riunione informale dinanzi al Tribunale, a titolo di misure d’organizzazione del procedimento, per verificare le possibilità di composizione amichevole della vertenza.

31

All’esito dell’udienza, tenutasi in pari data, il Tribunale ha concesso alle parti un termine fino al 30 novembre 2005 per verificare le possibilità di una siffatta composizione della vertenza.

32

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2005 la Commissione ha comunicato al Tribunale che tra le parti non era stato possibile giungere all’auspicata composizione amichevole della vertenza.

33

Dopo aver rilevato, al punto 69 della sentenza impugnata, che «la domanda di risarcimento danni della ricorrente si fonda, da una parte, su regimi di responsabilità extracontrattuale che non implicano comportamenti illeciti da parte delle istituzioni della Comunità o dei suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni (l’arricchimento senza causa e la gestione di affari) e, dall’altra, su un regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito delle sue istituzioni e dei suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni (la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e l’errore o la negligenza della Commissione)», il Tribunale ha anzitutto respinto gli argomenti basati sull’arricchimento senza causa e sulla gestione d’affari, per le seguenti ragioni:

«91

(…) il regime della responsabilità extracontrattuale, come previsto nella maggior parte dei sistemi giuridici nazionali, non contiene necessariamente una condizione relativa all’illegittimità o alla colpa nel comportamento del convenuto. Le azioni fondate sull’arricchimento senza causa o sulla gestione di affari sono concepite per costituire, in particolari circostanze in diritto civile, una fonte di obbligazione extracontrattuale in capo a colui che si trova nella posizione di arricchito o di beneficiario della gestione che consiste, di norma, rispettivamente, o nel restituire ciò che era stato indebitamente percepito, o nel risarcire il gestore.

92

Non ne risulta, quindi, che i motivi fatti valere dalla ricorrente tratti dall’arricchimento senza causa e dalla gestione di affari debbano essere respinti per la sola ragione che la condizione relativa all’illegittimità del comportamento dell’istituzione non è soddisfatta, come sostiene in via principale la Commissione.

93

(…) l’art. 288, secondo comma, CE stabilisce l’obbligo, in capo alla Comunità, di risarcire i danni cagionati dalle sue istituzioni senza limitare il regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità alla sola responsabilità per colpa (…).

(…)

95

Occorre pertanto esaminare se le condizioni dell’azione de in rem verso o quelle dell’azione fondata sulla negotiorum gestio siano soddisfatte in questa fattispecie, al fine di decidere se tali principi vi trovino applicazione.

96

A tale riguardo è inevitabile concludere (…) che, nel contesto giuridico e fattuale in cui si colloca la controversia in esame, le azioni fondate sull’arricchimento senza causa o sulla gestione di affari non possono trovare attuazione.

97

Infatti, secondo i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, tali azioni non possono essere esercitate quando il vantaggio ottenuto dall’arricchito o dal beneficiario della gestione trova giustificazione in un contratto o in un obbligo di legge. Inoltre, secondo gli stessi principi, di norma siffatte azioni possono essere esercitate solamente in subordine, ossia nel caso in cui la persona che ha subito il danno non possa disporre di alcun altro rimedio per ottenere quanto le è dovuto.

98

Orbene, in questa fattispecie è pacifico che esistono rapporti contrattuali tra, da una parte, la Commissione e la Helmico e, dall’altra, tra quest’ultima e la ricorrente. Il presunto danno diretto corrisponde alla retribuzione dovuta alla ricorrente dalla Helmico in forza dei contratti di subappalto stipulati tra queste due parti, contratti che contengono, a tale riguardo, una clausola compromissoria che designa, come giudici competenti per eventuali controversie contrattuali, i tribunali inglese e gallese. Spetta quindi incontestabilmente alla Helmico retribuire la ricorrente per i lavori effettuati e assumersi l’eventuale responsabilità risultante dal mancato pagamento, come dimostrato anche dal procedimento giudiziario — attualmente pendente benché sospeso — che la ricorrente ha avviato contro la Helmico dinanzi alla High Court of Justice. L’eventuale insolvibilità della Helmico non può giustificare l’assunzione della relativa responsabilità da parte della Commissione dato che la ricorrente non può avere due fonti per lo stesso diritto alla retribuzione. Dagli atti processuali risulta infatti, senza che le parti lo abbiano contestato, che tale procedimento avviato dinanzi alla High Court of Justice verte sul pagamento dei servizi oggetto del ricorso in esame.

99

Ne risulta che un eventuale arricchimento della Commissione o impoverimento della ricorrente, avendo origine in un contesto contrattuale esistente, non può essere definito senza causa.

100

(…) I presupposti per l’esercizio dell’azione civile fondata sulla gestione di affari palesemente non sono soddisfatti per le seguenti ragioni.

101

Occorre rilevare che l’esecuzione, da parte della ricorrente, dei suoi obblighi contrattuali nei confronti della Helmico non può essere legittimamente considerata alla stregua di un intervento disinteressato in affari altrui che devono necessariamente essere gestiti, come richiede l’azione in questione. (…) Infine, l’argomento della ricorrente risulta contraddittorio anche in considerazione dei principi della gestione di affari sotto il profilo della consapevolezza, da parte dell’interessato, dell’intervento del gestore. Tale intervento, infatti, in linea di massima viene effettuato all’insaputa dell’interessato, o per lo meno senza che quest’ultimo sia consapevole della necessità di agire immediatamente. Ebbene, la stessa ricorrente afferma che la sua scelta di proseguire i lavori nell’ottobre 1998 è stata il risultato di una sollecitazione della Commissione.

102

Non è fuori luogo osservare, ad abundantiam, che, secondo la giurisprudenza, gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie (…).

103

Orbene, non è stato dimostrato che la ricorrente abbia subito un danno anormale o speciale che vada oltre i limiti dei rischi economici e commerciali inerenti alla sua attività. In tutti i rapporti contrattuali esiste un certo rischio che una parte non esegua il contratto in modo soddisfacente o diventi addirittura insolvente. Spetta ai contraenti ovviare in modo adeguato a tale rischio nel contratto stesso. La ricorrente non ignorava che la Helmico non stava adempiendo i propri obblighi contrattuali, tuttavia ha scelto consapevolmente di continuare ad adempiere i propri invece di presentare un ricorso formale. Così facendo, essa si è assunta un rischio commerciale che potrebbe essere definito normale (…)».

34

Il Tribunale ha poi respinto anche gli altri motivi della Masdar. Quanto agli argomenti basati su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, il Tribunale li ha respinti per le ragioni di seguito esposte:

«119

(…) il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento (…) si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale emerga che l’amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, abbia fatto sorgere in lui speranze fondate. Costituiscono assicurazioni in tal senso, indipendentemente dalla forma con cui vengano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (…). La giurisprudenza ha inoltre stabilito che il principio della tutela del legittimo affidamento costituisce una norma di diritto che conferisce diritti ai singoli (…). La violazione di tale principio può determinare la responsabilità della Comunità. Tuttavia, gli operatori economici devono sopportare i rischi economici inerenti alle loro attività, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie (…).

120

Dal fascicolo risulta che le aspettative fatte valere dalla ricorrente riguardavano il pagamento, da parte della Commissione, dei servizi forniti alla Helmico in base al contratto. In questa fattispecie occorre constatare che i documenti scritti provenienti dalla Commissione e di cui il Tribunale dispone non possono in alcun caso essere interpretati come assicurazioni precise, idonee a suscitare nella ricorrente aspettative fondate, che la Commissione si impegnasse a retribuirle i servizi prestati».

35

Ai punti 121-129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha avvalorato la constatazione svolta al punto 120 di tale sentenza mediante un esame dettagliato degli elementi del fascicolo.

36

Quanto al motivo basato sulla carenza di diligenza da parte della Commissione, il Tribunale ha rilevato quanto segue:

«140

Dalle memorie della ricorrente emerge che il comportamento contestato alla Commissione è rappresentato dalla sospensione dei pagamenti alla Helmico. L’illiceità di tale comportamento della Commissione consisterebbe nel non aver dato prova di ragionevole diligenza non avendo accertato se, procedendo a tale sospensione, avrebbe cagionato un pregiudizio a terzi e non avendo considerato, all’occorrenza, l’eventualità di risarcire i terzi per il danno subito.

141

(…) [I]n primo luogo, (…) la ricorrente si limita ad addurre l’esistenza di un siffatto dovere di diligenza senza però produrre alcuna prova né sviluppare alcuna argomentazione giuridica a sostegno della sua tesi e senza precisare la fonte e la portata di tale dovere. Il Tribunale considera che il riferimento in termini molto vaghi ai principi generali della responsabilità extracontrattuale per colpa vigente nei sistemi di diritto civile e della responsabilità per delitto in seguito a negligenza vigente nei sistemi anglosassoni non consente di dimostrare l’esistenza di un obbligo in capo alla Commissione di tener conto degli interessi di terzi quando adotta una decisione relativa alla sospensione dei pagamenti nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali. (…) Il Tribunale (…) constata inoltre che la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo fatta valere ed il danno lamentato (…)».

Conclusioni delle parti

37

Con la propria impugnazione la ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

condannare la Commissione a versare alla ricorrente la somma di EUR 448947,78 reclamata dalla Masdar in prima istanza o, in subordine, la somma di EUR 249314,35, ovvero ogni altra somma che la Corte ritenga appropriata, oltre agli interessi sull’importo riconosciuto;

condannare la Commissione a pagare le spese del presente procedimento, nonché quelle del procedimento di primo grado.

38

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, ove la Corte dovesse annullare, in tutto o in parte, la sentenza impugnata, respingere la domanda risarcitoria della ricorrente;

condannare la ricorrente a pagare le spese del presente procedimento, nonché quelle del procedimento di primo grado;

in subordine, ove la Corte dichiarasse fondata la domanda della ricorrente, condannare quest’ultima a sopportare un terzo delle proprie spese per il procedimento di primo grado.

Sull’impugnazione

39

La ricorrente solleva in sostanza cinque motivi a sostegno della propria impugnazione, basati, in primo luogo, su errori di diritto e su una carenza di motivazione nel trattare la questione dell’arricchimento senza causa, in secondo luogo, su uno snaturamento dei fatti e su un errore di diritto nel trattare la questione della gestione di affari, in terzo luogo, su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e su un’incoerenza nella motivazione, in quarto luogo, su un erroneo trattamento del motivo basato su un errore o su una negligenza e, in quinto luogo, su un esame incompleto dei fatti.

Sul primo motivo, basato su errori di diritto e su una carenza di motivazione nel trattare la questione dell’arricchimento senza causa

Argomenti delle parti

40

La ricorrente contesta al Tribunale di aver erroneamente ritenuto che essa aveva semplicemente agito in forza delle proprie obbligazioni contrattuali nei confronti della Helmico.

41

Il Tribunale sarebbe inoltre incorso in un errore di diritto omettendo di prendere in considerazione il fatto che la Commissione non era un contraente ordinario della Helmico, ma disponeva di poteri di riscossione. Lasciando prima che la ricorrente completasse i lavori ed esercitando poi i propri poteri di riscossione, la Commissione, privando del loro effetto pratico le relazioni contrattuali preesistenti, si sarebbe indebitamente arricchita.

42

La Commissione osserva che la ricorrente non ha risolto i propri contratti con la Helmico.

43

In ogni caso, il Tribunale avrebbe correttamente rilevato, ai punti 97-99 della sentenza impugnata, che la Commissione non si è arricchita senza causa, dal momento che il suo beneficio traeva origine dal contratto che la legava alla Helmico e che la ricorrente era tenuta ad agire in forza del contratto di subappalto da essa stipulato con questa stessa società.

Giudizio della Corte

44

Secondo i principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, un soggetto che ha subito una perdita la quale incrementi il patrimonio di un altro soggetto, senza che vi sia alcun fondamento giuridico per tale arricchimento, ha generalmente diritto ad una restituzione, fino a concorrenza di tale perdita, da parte del soggetto che si è arricchito.

45

A tal proposito, come è stato rilevato dal Tribunale, l’azione basata sull’arricchimento senza causa, come prevista nella maggior parte dei sistemi giuridici nazionali, non contiene una condizione relativa all’illegittimità o alla colpa nel comportamento del convenuto.

46

Per contro, ai fini dell’accoglimento di tale azione, è essenziale che l’arricchimento sia privo di qualsiasi valido fondamento giuridico. Tale condizione non è soddisfatta, segnatamente, quando l’arricchimento trova la propria giustificazione in obblighi contrattuali.

47

Posto che l’arricchimento senza causa, come sopra definito, rappresenta una fonte di obbligazione extracontrattuale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la Comunità non può sottrarsi all’applicazione, nei propri confronti, degli stessi principi, qualora una persona fisica o giuridica l’accusi di essersi indebitamente arricchita a suo discapito.

48

Del resto, poiché qualsiasi obbligazione derivante da un arricchimento senza causa presenta necessariamente carattere extracontrattuale, si deve consentire, come ha fatto il Tribunale nella presente fattispecie, che essa sia invocata in forza degli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE.

49

È certo vero che il ricorso basato su un arricchimento senza causa non è riconducibile al regime della responsabilità extracontrattuale in senso stretto, il cui sorgere dipende dalla compresenza di un insieme di condizioni, riguardanti l’illegittimità del comportamento contestato alla Comunità, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (v., in particolare, sentenza 9 settembre 2008, cause riunite C-120/06 P e C-121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-6513, punto 106 e giurisprudenza ivi citata). Esso si distingue dai ricorsi proposti in base al regime citato in quanto non richiede la prova di un comportamento illegittimo del convenuto, come neppure l’esistenza di un comportamento in quanto tale, ma semplicemente la prova di un arricchimento, senza valido fondamento giuridico, del convenuto e di un impoverimento del ricorrente correlato all’arricchimento stesso.

50

Tuttavia, nonostante tali caratteristiche, la possibilità di proporre un ricorso basato sull’arricchimento senza causa contro la Comunità non può essere negata al singolo per la sola ragione che il Trattato CE non prevede espressamente un mezzo di ricorso destinato a questo tipo di azione. Un’interpretazione degli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE che escludesse una tale possibilità condurrebbe ad un risultato contrario al principio di tutela giurisdizionale effettiva, sancito dalla giurisprudenza della Corte e ribadito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1) (v. sentenze 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet, Racc. pag. I-2271, punto 37, e 3 settembre 2008, cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-6351, punto 335).

51

È alla luce di tali osservazioni preliminari che si deve verificare se il Tribunale sia incorso in errore nell’esaminare la questione dell’arricchimento senza causa.

52

Emerge dalla sentenza impugnata che il Tribunale ha respinto gli argomenti della ricorrente in quanto esistevano rapporti contrattuali tra, da una parte, la Commissione e la Helmico e, dall’altra, tra quest’ultima e la ricorrente. Il Tribunale ha dedotto da tale circostanza che qualsiasi arricchimento della Commissione o impoverimento della ricorrente traeva origine dal quadro contrattuale posto in essere e non poteva quindi essere qualificato come «senza causa».

53

Peraltro, secondo il Tribunale, la ricorrente disponeva di un mezzo alternativo per ottenere quanto dovutole, in quanto, in forza dei contratti di subappalto da essa stipulati con la Helmico, poteva proporre avverso quest’ultima un ricorso per responsabilità contrattuale dinanzi ai tribunali inglesi e gallesi indicati in tali contratti.

54

Come rilevato al punto 46 di questa sentenza, è vero che un arricchimento non può essere qualificato come «senza causa» quando trova la propria giustificazione in obblighi contrattuali.

55

Quando al contrario vi siano contratti sulla cui base vengono fornite talune prestazioni, i quali si rivelino invalidi e cessino di esistere, l’arricchimento del beneficiario di tali prestazioni deve, secondo i principi sviluppati negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, dar luogo, a talune condizioni, ad una restituzione.

56

Senza doversi esaminare le condizioni nelle quali, in quest’ultima ipotesi, è dovuta una siffatta restituzione, si deve osservare che il Tribunale ha applicato correttamente la distinzione, sopra delineata, tra arricchimenti originati da rapporti contrattuali e arricchimenti «senza causa».

57

Per le ragioni esposte dall’avvocato generale ai paragrafi 53 e 54 delle proprie conclusioni, il Tribunale ha potuto ritenere che i contratti stipulati tra la Commissione e la Helmico, da un lato, e tra quest’ultima e la ricorrente, dall’altro, non erano venuti meno. Il Tribunale ha correttamente dedotto da tale circostanza che non può sussistere per la Comunità alcun obbligo extracontrattuale di farsi carico delle spese sostenute dalla ricorrente per completare i progetti russo e moldavo.

58

Il Tribunale ha rilevato, segnatamente, che la ricorrente, pur essendo al corrente del fatto che la Helmico non adempiva i propri obblighi contrattuali, aveva scelto in piena consapevolezza di continuare ad adempiere i propri. Esso ha altresì rammentato che la ricorrente, in forza della clausola compromissoria contenuta nei contratti da essa stipulati con la Helmico, aveva intrapreso un procedimento giudiziario avverso quest’ultima.

59

Il Tribunale ha inoltre sottolineato correttamente che qualsiasi rapporto contrattuale implica il rischio che una parte non esegua il contratto in maniera soddisfacente ovvero divenga insolvibile. Si tratta di un rischio commerciale intrinseco alle attività degli operatori economici.

60

Quest’ultimo elemento riveste una particolare importanza nell’ambito dei programmi di assistenza comunitaria. Non è infatti raro che il contraente cui la Comunità ha affidato un progetto si limiti alla gestione dello stesso e ne deleghi l’esecuzione a subappaltatori, i quali a loro volta, se del caso, lavorano con imprese in subappalto. In un simile contesto, ciascun operatore economico coinvolto nel progetto deve accettare il rischio che il proprio contraente divenga insolvibile ovvero ponga in essere irregolarità che conducano ad una sospensione dei pagamenti da parte della Comunità, se non addirittura ad ordini di riscossione. In simili circostanze, non può agevolmente ammettersi che le perdite derivanti dal verificarsi di un tale rischio debbano dar luogo a pagamenti ad hoc da parte della Comunità.

61

Risulta da quanto precede che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, né ha dato luogo ad alcuna carenza di motivazione nel trattamento della questione relativa all’arricchimento senza causa. Di conseguenza, il primo motivo deve essere respinto.

Sul secondo motivo, basato su uno snaturamento dei fatti e su un errore di diritto nel trattamento della questione della gestione d’affari

Argomenti delle parti

62

Secondo la ricorrente, il ragionamento svolto nella sentenza impugnata sulla questione della gestione d’affari è erroneo in fatto e in diritto.

63

I rilievi svolti dal Tribunale, secondo cui l’intervento della ricorrente non era disinteressato e secondo cui la Commissione era in grado di gestire i progetti, sarebbero manifestamente erronei.

64

Il Tribunale sarebbe inoltre incorso in un errore di diritto ritenendo, al punto 101 della sentenza impugnata, che il principio della gestione d’affari non può applicarsi quando l’interessato è cosciente della necessità di agire.

65

La Commissione rileva che la constatazione, svolta ai punti 97 e seguenti della sentenza impugnata, secondo cui la ricorrente aveva agito in virtù dei propri contratti con la Helmico, è sufficiente a respingere gli argomenti relativi alla gestione d’affari.

Giudizio della Corte

66

Senza che vi sia necessità di verificare se il Tribunale abbia operato una corretta qualificazione giuridica dell’azione basata sulla gestione d’affari, occorre rilevare che gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito di questo secondo motivo non possono in alcun caso essere accolti.

67

Anzitutto, la ricorrente non può validamente sostenere che le proprie prestazioni sono state disinteressate. Infatti, sia in primo grado che nell’ambito della presente impugnazione la ricorrente ha sottolineato di aver continuato a fornire alla Commissione le proprie prestazioni dopo la scoperta delle irregolarità commesse dalla Helmico proprio in quanto riteneva che la Commissione stessa le avesse garantito la relativa remunerazione. Già per questa sola ragione, non può dichiararsi che il Tribunale abbia dato luogo ad uno snaturamento dei fatti rifiutandosi di riconoscere l’esistenza di un intervento disinteressato.

68

Per quanto riguarda poi l’argomento secondo cui il Tribunale ha snaturato i fatti rilevando che la Commissione era in grado di gestire i progetti, è sufficiente osservare che la ricorrente non ha fornito elementi dai quali emergerebbe che la Commissione non era più in grado di garantire la gestione del programma o dei progetti di cui trattasi.

69

Per quanto riguarda infine l’argomento basato su un errore di diritto, occorre rilevare che al punto 101 della sentenza impugnata il Tribunale ha sottolineato che «in linea di massima» l’intervento del gestore viene effettuato all’insaputa dell’interessato, o per lo meno senza che quest’ultimo sia consapevole della necessità di agire immediatamente. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha quindi escluso che il principio della gestione di affari possa essere invocato in circostanze nelle quali l’interessato sia stato cosciente di una siffatta necessità.

70

Anche il secondo motivo d’impugnazione deve pertanto essere respinto.

Sul terzo motivo, basato su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e su un’incoerenza nella motivazione

Argomenti delle parti

71

La ricorrente sostiene che vi è incoerenza tra i motivi del Tribunale relativi all’arricchimento senza causa e alla gestione d’affari, da un lato, e quelli relativi al principio di tutela del legittimo affidamento, dall’altro.

72

Essa rileva come il Tribunale abbia ammesso, al punto 101 della sentenza impugnata, che la Commissione ha sollecitato la ricorrente a continuare a fornire servizi e, al punto 148 di tale sentenza, che la Commissione e la ricorrente esprimevano una volontà comune nel senso che quest’ultima concludesse i progetti e fosse retribuita. Di conseguenza, la conclusione di cui al punto 130 della sentenza impugnata, secondo cui «occorre concludere che dagli elementi disponibili, siano essi esaminati separatamente o complessivamente, non emerge la presenza di assicurazioni precise fornite dalla Commissione che abbiano potuto far sorgere nella ricorrente fondate aspettative che le consentano di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento» sarebbe manifestamente erronea.

73

In subordine, la ricorrente afferma che il criterio impiegato dal Tribunale è eccessivamente restrittivo in casi quali quello cui alla presente causa. A suo parere, si deve constatare l’esistenza di assicurazioni precise laddove il comportamento dell’istituzione comunitaria sia tale da esortare un subappaltatore a fornire taluni servizi a vantaggio dell’istituzione in circostanze nelle quali è divenuto evidente che detto subappaltatore non sarà retribuito dal contraente principale.

74

La Commissione sostiene anzitutto che tale motivo riguarda questioni di fatto e che è pertanto irricevibile.

75

Quanto poi al principio di tutela del legittimo affidamento, la Commissione rileva che il Tribunale ha esaminato dettagliatamente, da un lato, se i documenti scritti provenienti dalla Commissione potessero essere interpretati come assicurazioni precise in ordine al fatto che essa avrebbe assunto la responsabilità dei pagamenti e, dall’altro, se dagli elementi probatori emergesse che siffatte assicurazioni fossero state fornite in occasione della riunione del 2 ottobre 1998.

Giudizio della Corte

76

Occorre ricordare anzitutto che la questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può, in quanto tale, essere sollevata nell’ambito di un’impugnazione (sentenza 25 gennaio 2007, cause riunite C-403/04 P e C-405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I-729, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

77

Tale motivo è inoltre ricevibile laddove si basa su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. Infatti, gli argomenti della ricorrente a tal proposito non hanno ad oggetto la constatazione di determinati fatti, ma vertono invece sul criterio impiegato dal Tribunale ai fini dell’applicazione del principio stesso. La questione se il Tribunale abbia applicato la norma giuridica corretta nell’esaminare i fatti costituisce una questione di diritto (sentenza Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, cit., punto 40).

78

Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, tale motivo deve essere esaminato nel merito.

79

Per quanto concerne, anzitutto, un’asserita incoerenza nella motivazione, la ricorrente sostiene che la constatazione operata dal Tribunale, secondo cui la Commissione perseguiva lo stesso obiettivo della Masdar, vale a dire la piena realizzazione dei progetti, come inizialmente prevista, e aveva sollecitato quest’ultima a continuare a fornire taluni servizi, contraddice la sua conclusione secondo cui la Commissione non aveva fornito assicurazioni precise.

80

Tale argomento non può essere accolto. Come rilevato dal Tribunale al punto 120 della sentenza impugnata, le precise assicurazioni fatte valere dalla ricorrente vertevano sul pagamento da parte della Commissione dei servizi che la Masdar aveva fornito alla Helmico. La circostanza, rilevata dal Tribunale altrove nella sentenza impugnata, secondo cui la Commissione, auspicando la realizzazione dei progetti conformemente a quanto previsto, aveva sollecitato la ricorrente a continuare a fornire servizi, non presenta all’evidenza alcun nesso con la tesi della ricorrente secondo cui la Commissione si era impegnata a retribuirla direttamente. Di conseguenza, non si può ivi ravvisare alcuna incoerenza tra le constatazioni del Tribunale in ordine agli auspici espressi dalla Commissione in merito alla realizzazione dei progetti, da un lato, e sul rifiuto di quest’ultima di retribuire direttamente la ricorrente, dall’altro.

81

Per quanto riguarda poi il criterio enunciato dal Tribunale, al punto 119 della sentenza impugnata, ai fini dell’applicazione nel caso di specie del principio di tutela del legittimo affidamento, si deve necessariamente rilevare che esso corrisponde ad una costante giurisprudenza secondo cui nessuno può invocare una violazione di detto principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (v., in tal senso, sentenze 22 giugno 2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187/Commissione, Racc. pag. I-5479, punto 147, nonché 18 luglio 2007, causa C-213/06 P, AER/Karatzoglou, Racc. pag. I-6733, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

82

La ricorrente rileva che il requisito attinente alle assicurazioni precise deve essere applicato con una certa elasticità in casi quali quello di cui alla presente causa. Sussisterebbe un legittimo affidamento laddove il comportamento dell’istituzione comunitaria sia tale da esortare un subappaltatore a fornire taluni servizi a vantaggio dell’istituzione in circostanze nelle quali è divenuto evidente che detto subappaltatore non sarà retribuito dal contraente della Comunità.

83

Quest’argomento non può essere accolto.

84

Occorre ricordare in proposito che il sistema di programmi di assistenza messo a punto dalla normativa comunitaria si basa sull’adempimento da parte del contraente della Commissione di una serie di obblighi che gli danno diritto a ricevere il contributo finanziario previsto. Nel caso in cui il contraente non abbia eseguito il progetto nel rispetto delle condizioni cui la concessione del contributo finanziario era subordinata, egli non può far valere il principio di tutela del legittimo affidamento al fine di ottenere il pagamento di tale contributo finanziario (v., in tal senso, sentenza 13 marzo 2008, cause riunite da C-383/06 a C-385/06, Vereniging Nationaal Overlegorgaan Sociale Werkvoorziening e a., Racc. pag. I-1561, punto 56).

85

Ciò consente alla Commissione, in caso di irregolarità commesse da un contraente nell’ambito di un progetto di assistenza comunitaria, di assolvere il proprio dovere consistente nel salvaguardare gli interessi finanziari e la disciplina di bilancio della Comunità.

86

In tale contesto, caratterizzato da un’accresciuta importanza della vigilanza finanziaria del progetto, i subappaltatori non possono basarsi su vaghi indizi per invocare un legittimo affidamento sul fatto che la Commissione compirà un’azione finanziaria nei loro confronti, retribuendo direttamente i loro servizi. Un tale legittimo affidamento potrebbe sorgere solamente da assicurazioni precise, da parte di tale istituzione, che attestino senza ambiguità che essa intende garantire il pagamento dei servizi di subappalto. Orbene, come rilevato dal Tribunale, l’esistenza di simili assicurazioni non è stata dimostrata.

87

Da tutto quel che precede risulta che anche il terzo motivo deve essere respinto.

Sul quarto motivo, basato su un trattamento erroneo del motivo basato su una colpa o su una negligenza

Argomenti delle parti

88

La ricorrente contesta al Tribunale di aver concluso, al punto 141 della sentenza impugnata, «che la ricorrente si limita ad addurre l’esistenza di un (…) dovere di diligenza [come descritto al punto 140] senza però produrre alcuna prova né sviluppare alcuna argomentazione giuridica a sostegno della sua tesi», laddove essa aveva esposto alla luce di un’analisi giuridica delle nozioni di colpa e di negligenza che, quando la Commissione esercita il proprio potere di sospendere il pagamento di un contratto nei casi di irregolarità commesse dal contraente, essendo al corrente che un subappaltatore lavorava per il contraente, essa deve dar prova di diligenza per fare in modo di non cagionare alcun danno al detto subappaltatore. Del resto, la ricorrente afferma che, manifestamente, la Commissione ha agito con negligenza, dal momento che essa ha prima lasciato che la ricorrente concludesse i lavori e ha poi esercitato i propri poteri di riscossione.

89

La Commissione sostiene che il Tribunale ha correttamente concluso, al punto 141 della sentenza impugnata, che la ricorrente non aveva fornito alcun fondamento al proprio argomento.

Giudizio della Corte

90

Come la Corte ha già rilevato, la nozione di negligenza implica un’azione o un’omissione mediante la quale il responsabile viola l’obbligo di diligenza che avrebbe dovuto e potuto rispettare alla luce delle sue qualità, conoscenze e capacità (v., in tal senso, sentenza 3 giugno 2008, causa C-308/06, Intertanko e a., Racc. pag. I-4057, punti 74-77).

91

È quindi possibile che in capo all’amministrazione comunitaria sorga una responsabilità extracontrattuale per comportamento illecito laddove essa non abbia agito con tutta la diligenza richiesta, cagionando, in tal modo, un danno (v., in tal senso, sentenze 7 novembre 1985, causa 145/83, Adams/Commissione, Racc. pag. 3539, punto 44, e 28 giugno 2007, causa C-331/05 P, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, Racc. pag. I-5475, punto 24).

92

Detto obbligo di diligenza è insito nel principio di buona amministrazione. Esso si applica in maniera generale all’azione dell’amministrazione comunitaria nei suoi rapporti con il pubblico. La Commissione doveva quindi ottemperare a tale obbligo anche nei rapporti con la Masdar e nelle posizioni assunte nei confronti di tale impresa.

93

L’obbligo di diligenza non ha però la portata che gli attribuisce la ricorrente. Tale obbligo implica che l’amministrazione comunitaria deve agire con accuratezza e prudenza. Non grava invece sull’amministrazione l’onere di escludere qualsiasi danno che derivi a taluni operatori economici dal verificarsi di rischi commerciali normali, quali quello descritto al punto 59 della presente sentenza.

94

Peraltro, come emerge dai fatti descritti dal Tribunale e riassunti al punto 14 della presente sentenza, la Masdar ha ricevuto, mediante un conto della Helmico, una somma considerevole per tener conto della situazione difficile in cui essa si era trovata.

95

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il Tribunale ha giustamente concluso, al punto 141 della sentenza impugnata, che la Commissione non era tenuta ad allineare le proprie posizioni sugli interessi della ricorrente, né a porre in essere un meccanismo ad hoc, quale il pagamento del saldo del contributo finanziario su un conto speciale sul quale la ricorrente disponeva di una procura.

96

Ne discende che il quarto motivo d’impugnazione deve essere respinto.

Sul quinto motivo, basato su un esame incompleto dei fatti

Argomenti delle parti

97

La ricorrente ritiene che il Tribunale avrebbe dovuto esaminare ulteriormente il contesto in cui si è tenuta la riunione del 2 ottobre 1998, segnatamente accettando di assumere la testimonianza da essa proposta.

98

Secondo la Commissione, il Tribunale ha esaminato dettagliatamente la questione dell’esistenza o meno di assicurazioni precise e la testimonianza proposta dalla ricorrente non avrebbe potuto mettere in discussione le constatazioni svolte dal Tribunale sulla base degli altri elementi probatori forniti nel corso della fase scritta e orale del procedimento.

Giudizio della Corte

99

Per quanto riguarda la valutazione, da parte del giudice di primo grado, di domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, occorre ricordare che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito. Il valore probante o meno degli atti del processo rientra nella sua valutazione insindacabile dei fatti che esula dal controllo della Corte nell’ambito del ricorso di impugnazione, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova presentati al Tribunale o quando l’inesattezza materiale degli accertamenti effettuati da quest’ultimo risulti dai documenti inseriti nel fascicolo (v., in particolare, sentenze 10 luglio 2001, causa C-315/99 P, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. I-5281, punto 19, nonché 11 settembre 2008, cause riunite C-75/05 P e C-80/05 P, Germania e a./Kronofrance, Racc. pag. I-6619, punto 78).

100

Pertanto, non essendo stato dimostrato nel caso di specie alcuno snaturamento né alcuna inesattezza materiale, il Tribunale ha potuto correttamente concludere che gli elementi contenuti nel fascicolo erano sufficienti a permettergli di statuire sulla controversia.

101

Il quinto motivo deve pertanto essere respinto.

102

Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente può essere accolto, la sua impugnazione dev’essere respinta.

Sulle spese

103

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, reso applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della ricorrente alle spese, quest’ultima, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Masdar (UK) Ltd è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.