CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. POIARES MADURO

presentate il 1° ottobre 2009 (1)

Cause riunite C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P

Regno di Svezia

contro

Association de la presse internationale ASBL (API)


Association de la presse internationale ASBL (API)

contro

Commissione delle Comunità europee


Commissione delle Comunità europee

contro

Association de la presse internationale ASBL (API)

«Impugnazioni – Diritto di accesso ai documenti delle istituzioni – Memorie depositate dalla Commissione in procedimenti dinanzi alla Corte di giustizia e al Tribunale di primo grado»





1.        In che misura i principi di trasparenza dei procedimenti giudiziari e di pubblicità del processo impongono di consentire l’accesso del pubblico alle osservazioni scritte presentate alla Corte dalle parti in causa? È questa, in sostanza, la questione sollevata nelle presenti impugnazioni proposte, rispettivamente, dal Regno di Svezia, da un’associazione di giornalisti e dalla Commissione europea contro una sentenza del Tribunale di primo grado.

I –    I fatti e la sentenza del Tribunale di primo grado

2.        Le impugnazioni riguardano una controversia tra l’Association de la presse internationale ASBL (in prosieguo: l’«API») e la Commissione delle Comunità europee in ordine all’accesso a talune memorie scritte depositate dalla Commissione in procedimenti dinanzi al Tribunale di primo grado e alla Corte di giustizia.

3.        L’API – un’organizzazione a scopo non lucrativo di giornalisti, il cui obiettivo è quello di aiutare i propri membri ad informare i loro paesi d’origine in merito all’Unione europea – richiedeva alla Commissione, con lettera 1° agosto 2003, l’accesso alle suddette memorie, ai sensi dell’art. 6 del regolamento n. 1049/2001 (2). Quest’ultima respingeva la richiesta con decisione 20 novembre 2003.

4.        Secondo la Commissione, i documenti in argomento appartenevano a varie categorie. Con riguardo ai documenti che erano stati prodotti in tre cause ancora pendenti (3), la Commissione dichiarava che la loro divulgazione avrebbe potuto compromettere la sua posizione di convenuta, esponendola a possibili pressioni esterne, segnatamente da parte del pubblico. Pertanto, i documenti ricadevano nell’eccezione prevista dal regolamento n. 1049/2001 per quelle divulgazioni che «arrec[ano] pregiudizio alla tutela d[el](...)le procedure giurisdizionali e [del]la consulenza legale» (4). Per la stessa ragione, la Commissione negava inoltre l’accesso a memorie depositate in una quarta causa, che, sebbene chiusa, era strettamente connessa ad una causa pendente (5).

5.        Con riguardo a procedimenti di infrazione, la Commissione dichiarava, in aggiunta, che la divulgazione delle sue memorie avrebbe «arrec[ato] pregiudizio alla tutela d[e](...)gli obiettivi delle attività (...) di indagine» ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, obiettivi consistenti nel pervenire ad una composizione amichevole della controversia. La Commissione applicava il suo ragionamento sia a cause in cui il procedimento di infrazione era pendente (6), sia ad altre in cui il procedimento era chiuso, ma gli Stati membri non avevano ancora ottemperato alla sentenza (7).

6.        La Commissione riconosceva che, alla luce del regolamento n. 1049/2001, un primario interesse pubblico alla divulgazione avrebbe potuto prevalere sul suo interesse a preservare la riservatezza delle memorie. Tuttavia, essa affermava che l’API non aveva sviluppato argomenti idonei a dimostrare un siffatto interesse. Infine, essa esaminava e negava la possibilità di un accesso parziale ai documenti.

7.        L’API impugnava la decisione della Commissione con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado il 2 febbraio 2004. Quest’ultimo assegnava la causa alla Grande Sezione, che pronunciava la sentenza qui appellata in data 12 settembre 2007.

8.        Nella sua sentenza, il Tribunale di primo grado sottolineava che l’obiettivo del regolamento n. 1049/2001 è quello di garantire un accesso ampio e che le eccezioni devono essere interpretate in modo restrittivo. Nondimeno, esso dichiarava che la Commissione può negare l’accesso alle memorie scritte in tutte le cause in cui non sono state ancora presentate le difese orali, poiché il suo interesse a difendere la propria posizione al riparo da condizionamenti esterni è sufficiente a coprire tutte le memorie fintanto che una causa raggiunga la fase orale. Tuttavia, quando il diniego di accesso è basato sulla connessione tra una causa chiusa e una seconda ancora pendente, la Commissione non può negare l’accesso senza fornire una specifica motivazione sul perché la divulgazione arrecherebbe un pregiudizio al procedimento nella causa pendente. Quanto ai procedimenti di infrazione, il Tribunale di primo grado dichiarava che l’interesse a pervenire ad una composizione con gli Stati membri può giustificare un rifiuto generalizzato di divulgare documenti soltanto finché la sentenza non sia stata pronunciata. Successivamente, gli Stati membri sono obbligati ad ottemperare a quest’ultima e la questione non è ulteriormente negoziabile.

9.        La sentenza del Tribunale di primo grado è stata impugnata dalla Commissione (causa C‑532/07), dall’API (causa C‑528/07), e dal Regno di Svezia (causa C‑514/07). In seguito, sono intervenuti il Regno Unito, il Regno di Danimarca e la Repubblica di Finlandia.

10.      Nella sua impugnazione dinanzi a codesta Corte, la Commissione sostiene che il Tribunale di primo grado ha commesso un errore in diritto allorché ha ritenuto che, quando l’accesso alle memorie scritte sia richiesto dopo l’udienza, occorre valutare la richiesta caso per caso. Secondo la Commissione, il Tribunale di primo grado ha proceduto sulla base di un ragionamento incoerente e ha erroneamente omesso di prendere in considerazione gli interessi della giustizia, gli interessi delle altre parti coinvolte nel procedimento e i diritti della Commissione. Quest’ultima aggiunge che il Tribunale di primo grado ha erroneamente richiesto una valutazione caso per caso delle richieste di accesso alle memorie scritte nei procedimenti di infrazione di cui all’art. 226 CE dopo che la sentenza è stata pronunciata ed in tutti i procedimenti che sono stati decisi, ma che sono connessi a cause pendenti. La Commissione rileva che la sentenza impugnata avrà l’effetto di indebolire la sua capacità di garantire l’osservanza del diritto comunitario e di assicurare che gli Stati membri rispettino i propri obblighi. Di conseguenza, la Commissione chiede che codesta Corte annulli la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato la decisione della Commissione di negare l’accesso.

11.      L’API chiede invece alla Corte di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha confermato il diritto della Commissione di non divulgare le sue memorie prima dell’udienza, nonché di annullare la decisione della Commissione 20 novembre 2003 oppure rinviare la causa al Tribunale di primo grado per un nuovo esame. L’API afferma che l’eccezione prevista nel regolamento n. 1049/2001 con riguardo alle procedure giurisdizionali comporta una valutazione caso per caso, e contesta la conclusione in senso contrario del Tribunale di primo grado per i seguenti motivi: (i) ha contraddetto principi consolidati relativi all’interpretazione della suddetta eccezione; (ii) è fondata su un inesistente diritto della Commissione di tutelare i suoi interessi da ogni condizionamento esterno; (iii) il Tribunale di primo grado ha errato nella sua applicazione del principio della parità delle armi; (iv) il Tribunale ha omesso di ponderare adeguatamente la prassi di altri giudici; e (v) ha erroneamente invocato l’esigenza di tutelare i procedimenti a porte chiuse. Inoltre, l’API afferma che il Tribunale di primo grado ha mal interpretato l’espressione «interesse pubblico prevalente» di cui all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001.

12.      Analogamente all’API, il Regno di Svezia chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il ricorso dell’API e di annullare la decisione della Commissione 20 novembre 2003. La Svezia ritiene che le eccezioni alle condizioni per la divulgazione debbano essere interpretate in modo restrittivo e che un rifiuto generalizzato all’accesso del pubblico sia ingiustificato.

II – Valutazione

A –    Osservazioni preliminari

13.      Nel richiedere i documenti di cui tratta la presente causa, l’API ha messo in evidenza rilevanti questioni in tema di trasparenza nell’Unione europea. Il problema dell’API non risiede tanto nelle risposte a tali questioni, quanto nella procedura seguita per sollevarle. Allorché l’API ha esperito la procedura disciplinata nel regolamento n. 1049/2001 (8) per ottenere memorie depositate in cause pendenti, essa ha rivolto alla Commissione una richiesta che avrebbe dovuto presentare alla Corte.

14.      In pendenza di causa spetta alla Corte, e non già alla Commissione, decidere se il pubblico possa accedere ai documenti relativi a una certa causa. È questo l’approccio adottato nel Trattato di Amsterdam, quando gli Stati membri scelsero di non menzionare il potere giudiziario nell’art. 255. Tale decisione compete alla Corte non perché, come la Commissione sembra ritenere, i valori di trasparenza non si applicano al potere giudiziario, bensì perché, in corso di causa, la Corte è sovrana nell’ambito del procedimento. Solo la Corte è in grado di ponderare gli interessi confliggenti e di determinare se la divulgazione di documenti sia idonea a causare un pregiudizio irreparabile per una parte qualsiasi oppure a compromettere la correttezza dello svolgimento del processo. Se la decisione di divulgare taluni documenti fosse lasciata alle parti, queste potrebbero essere troppo caute nel divulgarli, laddove temessero un pregiudizio per i propri interessi, e troppo propense a farlo, se ciò potesse danneggiare i loro avversari.

15.      Una volta chiarito che le questioni di accesso ai documenti depositati presso la Corte devono essere decise da quest’ultima, svaniscono i principali rischi che, ad avviso dei contendenti, si celano nel presente caso. La Corte non dovrà preoccuparsi della possibilità che la Commissione rilasci documenti tali da perturbare le sue deliberazioni. Non sarà messa a rischio la facoltà della Corte di svolgere procedimenti a porte chiuse, potendo essa decidere se la divulgazione di taluni documenti è incompatibile con l’esigenza di riservatezza in un caso particolare. Né deve destare preoccupazioni il principio di parità delle armi, dato che, diversamente dalla Commissione e dal regime previsto nel regolamento n. 1049/2001, la Corte ha il potere di controllare l’accesso ai documenti depositati da ogni parte in causa ed è sicuramente in grado di concepire condizioni di accesso tali da non recare pregiudizio, di fatto, ad una certa parte. Di conseguenza, ritengo che nella presente causa la conclusione più congrua sia di dichiarare che tutti i documenti depositati dalle parti in cause pendenti sono esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001. Una volta sottoposti alla Corte, essi diventano elementi del procedimento giudiziario, la cui amministrazione ricade nell’esclusiva competenza della stessa. Ciò non significa che la Corte non sia di per sé soggetta a limitazioni quando decide se consentire l’accesso. Al contrario, essa è tenuta a valutare le richieste di accesso alla luce dei principi di correttezza e di trasparenza, prendendo attentamente in considerazione tutti gli interessi in gioco. Detto altrimenti, la giustizia deve essere amministrata in modo corretto e trasparente, e spetta alla Corte garantire che tale esigenza sia soddisfatta in tutte le cause.

16.      La mia tesi stride con l’ordinanza della Corte nella causa Germania/Parlamento e Consiglio (9). Se fosse vero che, come la Corte ha ritenuto in detta ordinanza, le parti sono in via di principio libere di divulgare le proprie memorie scritte (10), la stessa non sarebbe in grado di controllare l’accesso ai documenti nel fascicolo di causa. Inoltre, se, come l’ordinanza suggerisce, la volontaria divulgazione delle sue memorie ad opera di una parte non può ritenersi idonea a compromettere l’integrità del procedimento giudiziario, non ci sarebbe alcuna base giuridica per il rifiuto generalizzato della Commissione di divulgare le memorie relative a cause pendenti. Che i documenti siano divulgati volontariamente oppure perché richiesto da un regolamento, l’attitudine della divulgazione a generare pressioni esterne tali da compromettere l’integrità del procedimento giudiziario o da recare pregiudizio ad una parte resterebbe la stessa. In effetti, l’ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio è leggermente contraddittoria per la seguente ragione: mentre riconosce che le parti sono, in via di principio, libere di divulgare le loro memorie scritte, la Corte ammette altresì che, in circostanze eccezionali, la divulgazione potrebbe compromettere la buona amministrazione della giustizia. Ciò che ne consegue, da un punto di vista logico, è che la questione della divulgazione, in quei casi eccezionali dove è in gioco la buona amministrazione della giustizia, non può essere lasciata alle parti ma deve essere decisa dalla Corte. Ma a chi spetta giudicare se un caso specifico è abbastanza eccezionale da richiedere l’attenzione della Corte? La risposta è ovvia: solo la Corte stessa può giudicarlo. È altrettanto ovvio che l’intervento della Corte ha senso soltanto se avviene prima di qualsiasi divulgazione operata da una parte. Se una parte rende noto un documento che sarebbe dovuto restare segreto e, di conseguenza, viene minacciata l’integrità del procedimento giudiziario, nessun’azione successiva della Corte potrebbe rimediare al danno.

17.      Un ulteriore problema che sorgerebbe se la questione dell’accesso agli atti di causa fosse lasciata all’iniziativa delle parti, oppure interamente disciplinata dal regolamento n. 1049/2001, è quello riguardante la parità delle armi. Come potrebbe la Corte lasciare tale questione nelle mani delle parti, o imporre a talune di esse (ad esempio, alle istituzioni comunitarie), sulla base del regolamento, un obbligo di divulgazione senza assoggettare al contempo le altre parti (inclusi gli Stati membri) allo stesso obbligo di divulgare le rispettive memorie? Si supponga, ad esempio, che la Commissione – di propria iniziativa o in quanto obbligata a rispettare il regolamento – consentisse l’accesso alle sue memorie scritte in una determinata causa: è ragionevole aspettarsi che lo stesso obbligo debba valere anche per le altre parti, dato che sarebbe estremamente incoerente se la Corte negasse l’accesso alle loro memorie in base al motivo che una tale divulgazione inciderebbe sull’integrità del procedimento giudiziario. Pertanto, le decisioni della Corte sull’accesso finirebbero per essere influenzate in modo significativo (se non addirittura determinate) dalla politica di divulgazione delle altre istituzioni o dai criteri stabiliti nel regolamento, il quale, tuttavia, non è stato concepito per essere applicato alla Corte.

18.      È quindi giunto il momento per la Corte di riconsiderare la sua affermazione in Germania/Parlamento e Consiglio e di chiarire che spetta alla Corte, e non alle parti, gestire l’accesso ai documenti nelle cause pendenti. Sebbene la Corte «si [sia] sempre mostrata cauta rispetto alla possibilità di modificare l’interpretazione del diritto contenuta in sentenze precedenti» al fine di garantire importanti valori di stabilità, uniformità, coerenza e certezza del diritto (11), essa è stata disposta a riconsiderare le sue precedenti decisioni in circostanze eccezionali. Questa è, a mio avviso, una delle situazioni che giustificano un revirement. All’epoca della suddetta ordinanza, la portata dei suoi effetti sulla questione dell’accesso agli atti processuali non era chiara. A seguito di richieste di accesso proposte ai sensi del regolamento n. 1049/2001, gli effetti dell’ampia dichiarazione della Corte nell’ordinanza in argomento si possono percepire più pienamente oggi (12).

19.      Se la Corte fosse d’accordo con la mia conclusione su questo punto, le questioni sollevate nell’appello relativamente alle cause pendenti diverrebbero accademiche. Tuttavia, per il caso in cui la Corte decidesse di non riconsiderare l’ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio, analizzerò di seguito le circostanze in cui può essere imposta alla Commissione la divulgazione di documenti. Ad ogni modo, la questione da porsi è identica a quella che la Corte deve risolvere quando si trova a decidere se essa stessa debba divulgare documenti, e cioè se la divulgazione del documento possa compromettere l’integrità del procedimento giudiziario.

20.      È dunque in tale contesto che esaminerò le ragioni giuridiche contrarie all’interpretazione operata in primo grado delle condizioni imposte dal regolamento per la divulgazione delle memorie. Così facendo, esaminerò l’equilibrio tra la serenità del procedimento giudiziario e l’interesse sotteso al diritto ad una pubblica udienza. Distinguerò inoltre fra le cause pendenti dinanzi alla Corte e quelle in cui è stata pronunciata la sentenza definitiva.

B –    Cause pendenti

21.      Al fine di stabilire se la tutela dell’integrità del procedimento giudiziario comporti che le memorie depositate dalle parti restino riservate, è opportuno esaminare le tradizioni comuni degli Stati membri e la prassi della Corte europea dei diritti dell’uomo.

22.      Nel caso della Corte di Strasburgo, la disposizione pertinente è l’art. 33 del Regolamento di tale Corte (13), che dispone quanto segue:

«Pubblicità dei documenti

1.       Tutti i documenti depositati in cancelleria dalle parti o da terzi intervenienti e relativi a un ricorso, ad eccezione di quelli presentati nell’ambito di trattative volte a raggiungere una composizione amichevole come previsto nell’articolo 62 del presente regolamento, sono accessibili al pubblico, secondo le modalità pratiche stabilite dal cancelliere, sempre che il presidente della Camera non decida diversamente per le ragioni indicate nel paragrafo 2 del presente articolo, sia d’ufficio sia su istanza di una parte o d’ogni altra persona interessata.

2.      L’accesso del pubblico a un documento o a parte di esso può essere vietato nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della sfera privata delle parti o di altre persone interessate oppure, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal presidente della Camera, quando, in circostanze speciali, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.

3.      Ogni richiesta di riservatezza formulata conformemente al paragrafo 1 deve essere motivata e deve indicare se concerne tutti i documenti o soltanto parte di essi.

4.      Le decisioni e le sentenze della Camera sono accessibili al pubblico. La Corte rende periodicamente accessibili al pubblico informazioni generali sulle decisioni adottate dai Comitati in virtù dell’articolo 53 paragrafo 2 del presente regolamento».

23.      Il principio ivi stabilito è che tutti i documenti depositati in relazione a un ricorso dalle parti o da un terzo (come un interveniente) sono pubblici, ad eccezione dei documenti relativi ad una composizione amichevole, indipendentemente dal fatto che la causa sia pendente oppure chiusa. Allo stesso tempo, l’art. 33 prevede restrizioni all’accesso qualora lo richiedano considerazioni relative alla morale, all’ordine pubblico, alla sicurezza nazionale, alla tutela dei minori, alla privacy e agli interessi della giustizia. Tali considerazioni costituiscono limiti al diritto di accesso del pubblico ai documenti contenuti nei fascicoli di causa: mentre la pubblicità è la regola generale, la segretezza viene assicurata laddove necessario in un caso particolare. Inoltre, occorre osservare che il controllo dell’accesso ai documenti processuali è affidato alla Corte di Strasburgo. Ciò si evince dall’art. 33, n. 1, a termini del quale il presidente della Sezione può limitare l’accesso non soltanto su richiesta delle parti o di un terzo, ma anche d’ufficio, se ritenga una siffatta limitazione necessaria per una delle ragioni elencate al n. 2.

24.      Per quanto riguarda gli Stati membri, nelle loro legislazioni non è rinvenibile alcun requisito generale di riservatezza che proibisca la divulgazione di memorie delle parti. Infatti, la maggior parte degli ordinamenti giuridici nazionali sembra essere passata da un sistema in cui l’accesso era molto limitato a uno dove è garantita una certa pubblicità. Pertanto, oggi la grande maggioranza degli Stati membri consente l’accesso ai documenti processuali in talune circostanze (14).

25.      Sebbene la Corte non abbia espressamente esaminato tale questione, dalla giurisprudenza non emerge la necessità di un generale requisito di riservatezza. Ciò è vero per la citata ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio, secondo cui «la divulgazione di un documento potrebbe compromettere la buona amministrazione della giustizia» soltanto in «casi eccezionali» (15). Nondimeno, i dicta della Corte sulla questione non sono confinati a tale ordinanza. Allorché ha esaminato il tema dell’accesso alle opinioni del servizio giuridico del Consiglio, la Corte ha vagliato e respinto argomenti relativi a pressioni del pubblico in tale contesto. La Corte, in effetti, è andata oltre l’approccio più prudente che avevo proposto nelle mie conclusioni su quella particolare questione (16). Essa ha affermato che, «anche supponendo che i membri di tale servizio giuridico subiscano a tal fine pressioni illegittime, sarebbero queste pressioni, e non la possibilità di divulgazione dei pareri giuridici, a pregiudicare l’interesse di tale istituzione (...) e spetterebbe evidentemente al Consiglio adottare le misure necessarie per porvi fine» (17). Siffatta conclusione non è meno valida nel contesto di pressioni illegittime sulle autorità giudiziarie e sulle parti dei procedimenti giudiziari.

26.      Inoltre, dalla prassi dei tribunali internazionali risulta che non c’è alcuna ragione per temere che la divulgazione di simili documenti possa compromettere il procedimento giudiziario. Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, ad esempio, nonostante la necessità pressante di garantire la riservatezza al fine di proteggere i testimoni, inferisce dalla sua regola che favorisce la pubblicità del processo che tutte le memorie devono essere pubbliche, salvo che ragioni eccezionali ne impongano la riservatezza, nel qual caso le parti devono depositare versioni riviste e pubbliche dei loro atti riservati (18). La Corte penale internazionale ha adottato un approccio analogo, rendendo disponibili sul suo sito internet le memorie delle parti, a meno che la Corte stessa ne vieti la divulgazione oppure che sia necessario un trattamento riservato per tutelare dati personali sensibili (19). A tale riguardo, la tendenza pare essere che tanto più l’organo giurisdizionale è lontano, quanto più significativa è la cura della trasparenza dei suoi procedimenti giudiziari (20).

27.      La prassi negli Stati Uniti conferma ulteriormente che un giusto procedimento giudiziario può coesistere con l’accesso del pubblico ai documenti (21). La legislazione statunitense dà per scontato l’accesso ai documenti. Essa si limita a specificare taluni limiti all’accesso ai documenti a tutela delle informazioni riservate (22) e consente ai giudici di secretare altri documenti, qualora necessario. Le norme federali di procedura civile, ad esempio, prevedono che:

«In una causa, sulla base di giustificati motivi, il giudice può con ordinanza:

1. chiedere la presentazione di informazioni aggiuntive; o

2. limitare o proibire un accesso elettronico remoto di un terzo ai documenti depositati nella cancelleria del giudice» (23).

28.      In assenza di un’ordinanza di questo tipo, detti documenti sono immediatamente accessibili. I giudici federali provvedono all’accesso ai fascicoli di causa, ivi incluse le memorie depositate dalle parti, tramite internet (24). Molti di questi materiali sono accessibili al pubblico anche su banche dati giuridiche come Westlaw, specialmente per cause di alto profilo. Infatti, le memorie sono spesso disponibili su Westlaw già dopo alcuni giorni lavorativi che sono state depositate presso la cancelleria di un giudice.

29.      Comunque, se è vero che le tradizioni comuni degli Stati membri non richiedono la riservatezza, e non pare esserci alcuna ragione per farlo, esse non sono nemmeno orientate in senso contrario, nel senso cioé che il diritto a un giusto processo esiga un accesso generalizzato del pubblico ai documenti di parte (25). Soltanto due Stati membri – la Svezia e la Finlandia – riconoscono un diritto di accesso ai documenti nelle cause pendenti. La posizione di gran lunga comune negli Stati membri (tra cui Spagna, Germania, Estonia, Polonia, Portogallo, Irlanda, Repubblica Ceca e Slovenia) è che i giudici hanno il potere di consentire l’accesso, ma la decisione di farlo è discrezionale o dipende da un contemperamento tra i vari interessi rilevanti in una particolare causa. In taluni Stati membri che prevedono alcune forme di accesso ai documenti processuali, le norme pertinenti e la prassi variano secondo il tipo di causa o di giudice dinanzi al quale essa pende (ad esempio, in Danimarca, nel Regno Unito, in Grecia, in Austria, in Francia e a Cipro). Occorre notare, ancora, il ruolo decisivo svolto dal giudice in tutti i sistemi nazionali nel decidere se garantire l’accesso. Infine, in una minoranza di Stati membri (Ungheria, Lussemburgo e Paesi Bassi), la prassi è di vietare l’accesso ai documenti nel fascicolo di causa.

30.      Dati gli interessi confliggenti in gioco e l’attuale mancanza di uniformità tra gli Stati membri, mi pare che in quest’ambito la Corte debba procedere con cautela. Poiché ciascuna causa solleva questioni differenti, le contrapposte giustificazioni devono essere soppesate con attenzione quando vengono applicate a ciascun caso e quando viene adottata una decisione specifica. Ritengo che, almeno allo stato attuale, sia opportuno evitare di imporre una regola molto ampia oppure molto restrittiva, che imponga l’accesso in tutti i casi oppure neghi l’esistenza di un tale diritto. Si tratta di un’area in cui il diritto deve svilupparsi gradualmente sulla base di un approccio caso per caso. La Corte può effettuare il migliore bilanciamento delle considerazioni che si contrappongono in ciascuna causa dopo aver consultato le parti. Col tempo, se gli Stati membri dovessero continuare ad evolvere nel senso di garantire un accesso ampio, anche la posizione della Corte potrebbe evolvere in quella direzione. Per il momento, quando l’accesso al fascicolo di una causa pendente è richiesto da un membro del pubblico, a mio avviso spetta alla Corte valutare con attenzione gli interessi in gioco e stabilire se l’accesso debba essere consentito.

C –    Cause nelle quali è stata pronunciata la sentenza definitiva

31.      Laddove la causa sia chiusa, tuttavia, la questione diviene più semplice. La riposta alla questione di fondo – se la divulgazione di documenti possa compromettere l’integrità del procedimento giudiziario – è ovviamente negativa. La Corte ha avuto modo di valutare le deduzioni delle parti, di deliberare e di adottare la sua decisione; il procedimento giudiziario è completato e non può più essere influenzato dalla pubblicazione delle memorie delle parti.

32.      Inoltre, ulteriori considerazioni relative alla pubblicità del processo e al diritto a una sentenza motivata costituiscono argomenti a favore della divulgazione di tali documenti. Uno degli obiettivi principiali del diritto a una sentenza motivata è quello di consentire al pubblico di comprendere le ragioni della decisione della Corte e il percorso attraverso cui è stata raggiunta. Come ha spiegato Neil MacCormick, l’argomentazione giuridica svolge una funzione giustificativa: non soltanto l’avvocato che patrocina la causa presenta gli argomenti sul perché, nel caso concreto, è giusto che prevalga il suo cliente, ma anche il giudice, emettendo una sentenza motivata, mira a dimostrare che il modo in cui ha risolto la controversia è giustificato (26). È proprio questa funzione giustificatrice che caratterizza la peculiare forma di responsabilità gravante sui giudici, responsabilità legata alla qualità del loro procedimento deliberativo e agli argomenti scaturenti da quest’ultimo. L’accesso delle parti alle memorie è cruciale per tale meccanismo, in quanto consente al pubblico di capire sia gli argomenti che sono stati sottoposti alla Corte, sia le ragioni per le quali essa li ha accettati oppure respinti. Senza accesso al fascicolo, seguire e comprendere una causa rischia di divenire una mera possibilità teorica priva di qualsiasi valore pratico, poiché il pubblico ha bisogno di tale accesso al fine di valutare l’oggetto della causa e le modalità in cui il procedimento giudiziario si è svolto. L’accesso aiuta inoltre a garantire la simmetria tra l’effettivo procedimento deliberativo in seno alla Corte e le ragioni fornite nella sentenza.

33.      Un ulteriore aspetto connesso al suddetto speciale regime di responsabilità al quale i giudici sono assoggettati è che la possibilità di accedere a un fascicolo di causa potrebbe accrescere la generale fiducia del pubblico europeo nel sistema giudiziario dell’Unione, trasmettendo il messaggio che il procedimento giudiziario non si svolge nel segreto assoluto, ma è aperto al controllo del pubblico (27), un controllo non già di carattere politico, bensì informato in merito agli argomenti giuridici presentati in giudizio e al ragionamento seguito dalla Corte in risposta ad essi. Si tratta di un’osservazione particolarmente importante per la Corte di giustizia, la quale, di fatto, non è così prossima ai cittadini europei come i loro giudici nazionali, sia in termini di distanza geografica, sia in considerazione delle modalità meno familiari dei suoi procedimenti. Il fatto di consentire l’accesso ai documenti nei fascicoli di causa contribuirà a ridurre la distanza tra i cittadini europei e la Corte, rendendo il suo procedimento più accessibile e trasparente.

34.      Inoltre, mentre le pronunce giudiziali stabiliscono (all’unanimità o meno) la soluzione giuridica corretta, esse devono al contempo dare atto che tale soluzione è il prodotto di una pluralità di opinioni contrastanti su quale possa essere la soluzione corretta. Paradossalmente, il potere in forza del quale un giudice dichiara il diritto ha la sua genesi nel dibattito – spesso acceso – che avviene tra le parti. È la valutazione di tutte le varie e contrapposte tesi sul diritto che legittima la determinazione autoritativa della Corte su cosa sia il diritto. A tale riguardo, l’accesso alle memorie delle parti e la possibilità di contestualizzare la decisione della Corte alla luce di tali memorie garantisce a coloro che avevano una diversa opinione giuridica che, anche se la loro opinione non ha prevalso, essa è stata presa in debita considerazione nel procedimento deliberativo della Corte. Ciò appare particolarmente importante, stante l’assenza dell’istituto delle opinioni dissenzienti (28). È altresì importante per permettere un discorso continuativo, non soltanto su ciò che è il diritto, ma anche su ciò che dovrebbe essere il diritto.

35.      Storicamente, la pubblicazione delle relazioni d’udienza della Corte, le quali sintetizzano gli argomenti delle parti, era funzionale a tale scopo, garantendo al pubblico e ai giuristi l’accesso alla maggior parte delle informazioni necessarie (29). L’abbandono da parte della Corte della prassi di pubblicare le suddette relazioni, avvenuto per comprensibili ragioni, costituisce una giustificazione aggiuntiva per la divulgazione delle memorie delle parti.

36.      Certamente, ci saranno cause in cui l’accesso dovrà essere negato per prevalenti considerazioni che vi si oppongono: ovvio (ma non unico) esempio è quello della tutela di dati personali sensibili e degli interessi dei minori. In alcuni casi, considerazioni attinenti a negoziati in corso con gli Stati membri potrebbero egualmente giustificare la limitazione dell’accesso al fascicolo di causa per qualche tempo dopo la chiusura del caso. Tuttavia, in via di principio, dopo la pronuncia della sentenza l’accesso dev’essere la regola e, in tali casi, la riservatezza dovrebbe essere consentita solo come eccezione alla regola. Ancora, dovrebbe spettare alla Corte di giustizia, d’ufficio o su richiesta di una parte interessata, decidere che taluni documenti, o parti di essi, o addirittura tutti i documenti contenuti in uno specifico fascicolo di causa, debbano restare riservati anche dopo la chiusura della causa stessa.

37.      Pertanto, dopo che è stata pronunciata una sentenza definitiva, le memorie delle parti dovrebbero essere accessibili al pubblico, salvo che ragioni eccezionali impongano, in una causa particolare, di mantenerne la riservatezza. Non si può, tuttavia, presumere la sussistenza di tali motivi in tutte le cause. Dati gli importanti motivi che militano in favore della pubblicità delle informazioni di cui trattasi, siffatte eccezioni devono essere limitate.

38.      Una volta chiarito che l’accesso dev’essere la norma nelle cause chiuse, ne consegue che in tali cause anche alle parti deve essere consentito di divulgare le proprie memorie scritte, se lo desiderano. Le considerazioni relative all’integrità del procedimento giudiziario o alla parità delle armi, che inducono alla riservatezza quando la causa è pendente, e, ancor più, impongono che la Corte sia l’unica competente a decidere su tale questione, svaniscono dopo che la sentenza è stata emessa. Ancora, ci possono essere cause in cui la riservatezza deve essere mantenuta anche dopo la pronuncia della sentenza. Costituisce responsabilità e prerogativa della Corte, d’ufficio o su richiesta di una parte interessata, identificare le cause di questo tipo e imporre alle parti specifici obblighi atti a limitare la divulgazione, o a proibirla del tutto, anche dopo la loro chiusura.

39.      Ricapitolando: le richieste del pubblico di accedere a memorie scritte depositate dalle parti in una causa mentre quest’ultima è ancora pendente dovrebbero essere indirizzate alla Corte stessa. Tali memorie sono elementi del procedimento giudiziario e la Corte è l’organo più adatto a stabilire in modo imparziale se l’accesso potrebbe nuocere alla serenità e all’integrità del procedimento giudiziario o compromettere altri interessi legittimi. Anche se la Corte dovesse stabilire che le memorie scritte delle parti ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001 e decidere in base ad esso la presente causa, la questione sostanziale rimane la stessa, vale a dire, in quali circostanze debba essere consentito l’accesso. Ritengo che nelle cause pendenti si debba evitare, nell’attuale livello di evoluzione del diritto, di imporre una norma rigida e, piuttosto, adottare un approccio cauto e caso per caso. Per contro, nelle cause chiuse, è ragionevole adottare un principio generale favorevole all’accesso. Ciò significa altresì che, nelle cause chiuse, si dovrebbe permettere a una parte di rendere pubbliche le sue memorie o quelle di un’altra parte, di sua iniziativa; dopo che la sentenza è stata emessa, non è più necessario che queste ultime restino nell’esclusivo dominio della Corte. In tale contesto, si deve applicare proprio il regolamento n. 1049/2001 e la Commissione dovrebbe valutare ciascuna richiesta con un approccio caso per caso e alla luce dei principi di cui ho trattato nelle presenti conclusioni. Nondimeno, la Corte dovrebbe poter imporre in ogni momento alle parti un obbligo di riservatezza, qualora ritenga corretto ed equo disporre in tal senso.

III – Conclusione

40.      In considerazione di quanto precede, propongo alla Corte di:

–        annullare la sentenza del Tribunale di primo grado 12 settembre 2007, causa T‑36/04;

–        annullare la decisione della Commissione 20 novembre 2003; e

–        ordinare alla Commissione di riesaminare la richiesta dell’API 1° agosto 2003 alla luce della sentenza da pronunciarsi nella presente causa.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43).


3 – Sentenze 14 dicembre 2005, causa T‑209/01, Honeywell/Commissione (Racc. pag. II‑5527); causa T‑210/01, General Electric/Commissione (Racc. pag. II‑5575), e 1° febbraio 2005, causa C‑203/03, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑935).


4 – V. art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001.


5 – Sentenza 6 giugno 2002, causa T‑342/99, Airtours/Commissione (Racc. II‑2585).


6 – Causa C‑203/03, Commissione/Austria, cit..


7 – Sentenze 5 novembre 2002, causa C-466/98, Commissione/Regno Unito (Racc. I‑9427); causa C‑467/98, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9519); causa C‑468/98, Commissione/Svezia, Racc. pag. I‑9575; causa C‑469/98, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑9627); causa C‑471/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑9681); causa C‑472/98, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑9741); causa C‑475/98, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑9797); e causa C‑476/98, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑9855).


8 – Il Regolamento istituisce una procedura che il pubblico deve utilizzare allorché richiede documenti delle istituzioni dell’Unione europea, ad esclusione della Corte, «in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile» [art. 1, lett. a)]. Il principio dell’accesso stabilito dal regolamento è soggetto a varie eccezioni. Quelle inerenti al presente caso si trovano all’art. 4, n. 2, che prevede quanto segue:


«Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:


– gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,


– le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,


– gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,


a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».


9 – Ordinanza della Corte 3 aprile 2000, causa C‑376/98, Germania/Parlamento e Consiglio (Racc. pag. I‑2247).


10 – Ibid., punto 10.


11 – V. le mie conclusioni 1° febbraio 2006, cause riunite C‑94/04 e C-202/04, Cipolla e a. (Racc. pag. I‑11421, paragrafo 28).


12 – V. sentenza della Corte 24 novembre 1993, cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I‑6097, punto 14).


13 – Anche l’art. 20 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è rilevante: «I documenti depositati presso l’Ufficio di cancelleria sono accessibili al pubblico a meno che il presidente della Corte non decida diversamente».


14 – Per le diverse soluzioni adottate dagli Stati membri, si veda infra, al paragrafo 29.


15 – Ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio, cit., punto 10.


16 – V. paragrafo 40 delle mie conclusioni 29 novembre 2007 nelle cause riunite C‑39/05 P e C‑52/05 P, Svezia e Turko/Consiglio (Racc. 2008, pag. I‑4723), dove spiego che ogni parere giuridico dei servizi giuridici delle istituzioni potrebbe, in linea di principio, beneficiare della riservatezza.


17
                                                                      
Sentenza della Corte 1° luglio 2008, cause riunite Svezia e Turko/Consiglio, cit. alla nota precedente (Racc. pag. I-4723, punto 64).


18
                                                                      
Nchamihigo, Decision on Prosecution Motion on the Filing of the Defence Notice of Appeal, 30 March 2009, ICTR-2001-63-A.


19 – ICC Rules of Procedure and Evidence ICC-ASP/1/3, art. 15; http://www.icc-cpi.int/Menus/ICC/Situations+and+Cases/Cases/.


20 – È opportuno notare che, nel sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC, mentre le memorie scritte delle parti sono riservate (art. 18, n. 2, dell’intesa sulla risoluzione delle controversie), le relazioni del Panel e dell’organo di appello forniscono una descrizione molto dettagliata delle memorie delle parti e molto spesso le recano in allegato o le riproducono. Le parti sono, in ogni caso, se lo desiderano, libere di divulgare le loro memorie al pubblico. Si veda Davey, W., «Proposals for Improving the Working Procedures of WTO Dispute Settlement Panels», The WTO Dispute Settlement System 1995-2003, F. Ortino & E.U. Petersmann (eds.), Vol. 18, Studies in Transnational Economic Law, Kluwer, 2004, pag. 20.


21 – Inoltre, l’ultimo Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti ha sostenuto che i giudici sono inevitabilmente raggiunti dall’opinione pubblica, ma che ciò, a suo avviso, può produrre effetti positivi e creare “grandi” casi («Constitutional Law and Public Opinion», Suffolk U. L. Rev., n. 20, 1986, pag. 751).


22 – V., ad esempio, norme federali di procedura civile, art. 5, n. 2 (relative ai dati personali quali il numero di iscrizione al sistema di previdenza sociale e i numeri di conti correnti bancari); norme federali sulla prova 412 (c)(2) (relative alla prova della precedente condotta sessuale delle vittime di stupro).


23 –      Norme federali di procedura civile, art. 5, n. 2, lett. e).


24 – Per ulteriori informazioni, v. http://pacer.psc.uscourts.gov/pacerdesc.html.


25 – Nota di ricerca 2/126.


26 – MacCormick, N., Legal Reasoning and Legal Theory, Clarendon Press, Oxford, 1978, pag. 14.


27 – Per un argomento analogo, con riferimento all’importanza della trasparenza del processo legislativo, v. sentenza Turco, cit., punto 46.


28 – Benché talvolta le conclusioni degli avvocati generali possano rappresentare un diverso punto di vista in seno alla Corte.


29 – Anche le conclusioni degli avvocati generali, qualche volta, forniscono informazioni aggiuntive, ma non hanno lo scopo (né dovrebbero averlo) di svolgere tale funzione.