CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

DÁMASO RUIZ-JARABO COLOMER

presentate l’8 aprile 2008 ( 1 )

Causa C-297/07

Procedimento penale

contro

Klaus Bourquain

«Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen — Art. 54 — Principio del ne bis in idem — Ambito di applicazione — Condanna in contumacia per i medesimi fatti — Nozione di “sentenza definitiva” — Norme processuali di diritto nazionale — Nozione di “pena che non può più essere eseguita”»

I — Introduzione

1.

Negli ultimi cinque anni la Corte di giustizia ha delineato i vaghi contorni del principio del ne bis in idem attraverso una giurisprudenza ( 2 ) nella quale le circostanze specifiche delle cause trattate non offuscano la vocazione di generalità che la ispira e alla quale mi onoro di avere contribuito ( 3 ).

2.

Come quando si contempla un quadro, per valutare correttamente l’insieme occorre prendere le distanze dall’oggetto dipinto, per evitare che l’occhio colga soltanto i tratti, l’ordito e la densità dei colori, senza giungere alla comprensione del significato complessivo dell’opera.

3.

A volte, questo modo di procedere risulta davvero difficile, come accade nel caso di specie, scaturito in parte dalla paradossale condotta di un uomo che arriva a invocare la propria condanna a morte ( 4 ), pronunciata 47 anni prima, per far valere il principio del ne bis in idem. In casi come questo emergono la grandezza e la miseria del diritto.

II — Contesto normativo

A — L’acquis di Schengen

4.

Tale complesso normativo comprende:

a)

l’Accordo relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato il 14 giugno 1985 nell’omonima città lussemburghese dagli Stati facenti parte dell’Unione economica Benelux, dalla Repubblica federale di Germania e dalla Repubblica francese ( 5 );

b)

la Convenzione di applicazione di tale Accordo, firmata il 19 giugno 1990 ( 6 ) (in prosieguo: la «Convenzione»), che stabilisce misure di cooperazione per neutralizzare l’eliminazione di detti controlli;

c)

i protocolli e gli strumenti di adesione degli altri Stati membri, le dichiarazioni e gli atti adottati dal comitato esecutivo istituito dalla Convenzione nonché gli atti delle autorità alle quali tale comitato attribuisce competenze decisionali ( 7 ).

5.

Il Protocollo (n. 2) allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea (in prosieguo: il «Protocollo») integra tale complesso normativo nell’ambito dell’Unione decretandone l’applicazione, all’art. 2, n. 1, primo comma, nei tredici Stati elencati nell’art. 1 ( 8 ) a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1o maggio 1999).

6.

La decisione del Consiglio 6 dicembre 2007, 2007/801/CE ( 9 ), ha notevolmente ampliato l’ambito di operatività territoriale dell’acquis di Schengen dichiarando la piena applicazione delle sue disposizioni alla Repubblica ceca, alla Repubblica di Estonia, alla Repubblica di Lettonia, alla Repubblica di Lituania, alla Repubblica di Ungheria, alla Repubblica di Malta, alla Repubblica di Polonia, alla Repubblica di Slovenia e alla Repubblica slovacca.

7.

Il Regno Unito ( 10 ) e l’Irlanda ( 11 ) non si sono associati pienamente a questo progetto comune, optando per una partecipazione puntuale.

8.

La Repubblica di Cipro ( 12 ), la Repubblica di Bulgaria e la Romania ( 13 ) si sono impegnate ad osservare l’acquis sin dalla loro adesione all’Unione europea, ma il Consiglio dovrà verificare che tutte le condizioni per l’applicazione delle sue disposizioni siano soddisfatte.

9.

Tra i paesi non appartenenti all’Unione europea l’art. 6 del Protocollo impegna nell’attuazione e nello sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia, paesi nei quali l’acquis è in vigore dal 25 marzo 2001 ( 14 ). Vige, inoltre, un accordo di associazione con la Svizzera per l’attuazione, l’applicazione e lo sviluppo del menzionato acquis ( 15 ) al quale, probabilmente, aderirà il Principato del Liechtenstein, in virtù di un progetto di decisione elaborato dal Consiglio ( 16 ).

10.

Secondo il preambolo del Protocollo, l’obiettivo consiste nel rafforzare l’integrazione in Europa per favorire, nel più breve tempo possibile, la trasformazione dell’Unione in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

11.

Conformemente all’art. 2, n. 1, secondo comma, del Protocollo, il Consiglio ha adottato il 20 maggio 1999 le decisioni 1999/435/CE e 1999/436/CE in cui definisce l’Accordo di Schengen e stabilisce, in conformità delle norme rilevanti del Trattato che istituisce la Comunità europea e del Trattato sull’Unione europea, la base giuridica delle disposizioni che ne costituiscono l’acquis ( 17 ).

B — In particolare, il principio del ne bis in idem

12.

Il titolo III della Convenzione, denominato «Polizia e sicurezza», inizia con un capitolo dedicato alla «Cooperazione tra forze di polizia» (artt. 39-47) e prosegue con un altro riguardante l’«Assistenza giudiziaria in materia penale» (artt. 48-53).

13.

Il terzo capitolo, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem», è composto dagli artt. 54-58, con fondamento normativo negli artt. 34 UE e 31 UE, conformemente all’art. 2 e all’allegato A della menzionata decisione 1999/436.

14.

L’art. 54 così recita:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

C — Il diritto francese

15.

Condivido le riflessioni di alcuni degli intervenienti ( 18 ) al dibattito pregiudiziale sull’esiguità delle informazioni fornite dall’ordinanza di rinvio quanto all’esatto contenuto delle disposizioni di diritto francese applicabili ( 19 ).

16.

In ogni caso sappiamo che, ai sensi dell’art. 120 del code de justice militaire (codice militare) ( 20 ), il contumace poteva proporre opposizione contro la sentenza nei cinque giorni successivi alla notifica ovvero, se la notifica non fosse stata sicura, ciò che peraltro è piuttosto consueto in un processo in contumacia, finché la pena non fosse prescritta.

17.

Dal code de procédure pénale (codice di procedura penale) ( 21 ), a sua volta, si deduce un periodo di prescrizione della pena di 20 anni, da calcolarsi a decorrere dalla comminazione della stessa ( 22 ).

18.

Un’esegesi congiunta di queste norme lascia trasparire che la sentenza dichiarata in contumacia, per la quale non si abbia certezza dell’avvenuta notifica all’interessato ( 23 ), diviene intangibile ( 24 ) trascorsi 20 anni dalla sua pronuncia, senza dimenticare che, nel caso di specie, il periodo di prescrizione coincide con il periodo concesso per richiedere la revisione ( 25 ).

III — Fatti, controversia principale e questione pregiudiziale

19.

Il signor Klaus Bourquain, cittadino tedesco arruolato nella Legione straniera ( 26 ), veniva giudicato per il reato di omicidio, dichiarato colpevole e condannato alla pena di morte in contumacia con sentenza pronunciata il 26 gennaio 1961 dal Tribunale permanente delle Forze armate nella zona est Constantinoise, a Bona ( 27 ).

20.

Il giudice militare, applicando il codice penale francese vigente all’epoca, accertava che, il 4 maggio 1960, il signor Bourquain, mentre tentava di disertare alla frontiera tra l’Algeria e la Tunisia, nella provincia di El Tarf ( 28 ), aveva ucciso con un colpo di arma da fuoco un altro soldato della Legione straniera, anch’egli di nazionalità tedesca, che aveva cercato di impedirgli la fuga.

21.

Il condannato non compariva dinanzi al Tribunale, fuggendo nella Repubblica democratica tedesca; la pena comminatagli non trovava esecuzione, ma il suo patrimonio veniva sottoposto a sequestro a garanzia del recupero delle spese.

22.

Dopo tale sentenza, nessun altro procedimento penale veniva instaurato nei confronti del signor Bourquain né in Francia né in Algeria; veniva instaurato, invece, nella Repubblica federale di Germania, le cui autorità emettevano un mandato di arresto nel 1962, rivolto alla Repubblica democratica tedesca, che lo respingeva.

23.

Nel 2002 la Staatsanwaltschaft Regensburg (Procura di Ratisbona) apriva un’istruttoria a carico del signor Bourquain, per sottoporlo a giudizio in Germania per gli stessi reati.

24.

A quella data la condanna inflitta con sentenza 26 gennaio 1961 non poteva avere esecuzione in Francia in quanto: 1) nel 1968 in quel paese era stata concessa un’amnistia ( 29 ) per i reati penali commessi dai membri dell’esercito durante la guerra in Algeria; 2) il periodo di prescrizione della pena si era compiuto nel 1981 e 3) in quello stesso anno era stata abolita la pena di morte ( 30 ).

25.

Considerate le circostanze, il Landgericht Regensburg chiedeva il parere del Max-Planck-Institut für ausländisches und internationales Strafrecht (Istituto di diritto penale internazionale ed estero), che riconosceva alla sentenza pronunciata in contumacia autorità di cosa giudicata, formale e sostanziale, sebbene non fosse suscettibile di esecuzione diretta a causa delle peculiarità del diritto francese, ed escludeva perciò la prosecuzione di un nuovo procedimento penale.

26.

Il citato giudice nazionale interpellava, inoltre, il Ministero della Giustizia francese, ai sensi dell’art. 57 della Convenzione, per accertare se la sentenza pronunciata il 26 gennaio 1961 ostasse all’apertura di un nuovo procedimento penale in Germania, secondo quanto previsto dall’art. 54 della Convenzione.

27.

Il pubblico ministero del Tribunal aux armées de Paris confermava che la sentenza aveva autorità di cosa giudicata in quanto era irrevocabile dal 1981 e che non poteva essere eseguita in Francia per prescrizione della pena; riteneva, nondimeno, che il principio del ne bis in idem, di cui alla Convenzione, non fosse applicabile al caso di specie ( 31 ).

28.

Questo scenario di opinioni divergenti ha alimentato i dubbi del Landgericht Regensburg il quale, nell’ordinanza di rinvio, intende accertare se l’art. 54 della Convenzione richieda che la pena sia stata eseguibile almeno in un momento qualsiasi. Secondo il suo ragionamento, il diritto di intraprendere un nuovo processo mentre decorre il termine di prescrizione ( 32 ) ha come conseguenza che la condanna può essere eseguita solo dopo lo spirare del predetto termine, vale a dire solo dopo che la pena si è prescritta ( 33 ).

29.

Pertanto, il Landgericht Regensburg, sospeso il procedimento, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva da una Parte contraente possa essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente qualora la pena comminata nei suoi confronti non abbia mai potuto essere eseguita secondo la legge dello Stato contraente di condanna».

IV — Il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

30.

L’ordinanza di rinvio pregiudiziale è stata registrata presso la cancelleria della Corte in data 21 giugno 2007.

31.

Hanno depositato osservazioni, entro i termini previsti dall’art. 23 dello Statuto CE della Corte di giustizia, il signor Bourquain, la Commissione, nonché i governi ceco, ungherese, olandese e portoghese.

32.

Dopo la riunione generale del 19 febbraio 2008, in data 27 febbraio mi è stato comunicato che il termine per richiedere la fissazione di un’udienza era scaduto il 25 febbraio senza che ne fosse stata fatta richiesta, pertanto dal quel momento si poteva procedere alla presentazione delle conclusioni.

V — Analisi della questione pregiudiziale

A — Alcune osservazioni preliminari sul principio del ne bis in idem nell’acquis di Schengen

1. Doppia valenza del principio

33.

La Corte ha attribuito diversa ampiezza al principio del ne bis in idem, secondo che esso attenga al settore della concorrenza ( 34 ) o al «terzo pilastro» dell’Unione europea: in entrambi i casi ha affermato il divieto della doppia condanna, ma solo nel secondo caso ( 35 ) ha esteso il principio alla possibilità di sottoporre qualcuno a giudizio due volte per il medesimo fatto (nemo debet bis vexari pro una et eadem causa).

34.

Il pieno riconoscimento delle sentenze penali straniere costituiva un’autentica sfida per il diritto comunitario e la Corte, senza esimersi dalle sue responsabilità, ha dichiarato, in applicazione del diritto della libera circolazione delle persone, che l’art. 54 della Convenzione assicura l’esercizio di questa libertà fondamentale a coloro che siano stati giudicati con sentenza definitiva, i quali non dovranno temere di incorrere in un altro Stato membro in nuovi procedimenti penali contro di loro per i fatti già giudicati ( 36 ).

2. Fondamenti tradizionali del ne bis in idem

35.

L’art. 54 della Convenzione vieta che, a causa di una stessa condotta illecita, una persona sia più volte sottoposta ad un procedimento penale e, se del caso, ripetutamente punita, evitando una inammissibile reiterazione dell’esercizio dello ius puniendi  ( 37 ).

36.

La certezza del diritto garantisce all’imputato in un procedimento penale che, una volta assolto, non sarà nuovamente sottoposto a giudizio per la sua azione criminosa e che, in caso di condanna, non gli sarà imposta una nuova pena.

37.

Non si deve peraltro dimenticare il ruolo svolto a sostegno della proporzionalità dall’equità, che impedisce il cumulo delle sanzioni ( 38 ): ogni pena, infatti, se è vero che, oltre alla finalità rieducativa ( 39 ), persegue un duplice obiettivo, repressivo e deterrente, sanzionando la condotta degli uni e scoraggiando dall’imitarla gli altri, deve anche ponderare tali obiettivi, per assicurare un giusto equilibrio tra correzione ed esemplarità.

38.

Infine, la legittimità del principio del ne bis in idem si fonda altresì sul rispetto della cosa giudicata quale esigenza strutturale del sistema giuridico.

3. Sviluppi recenti

a) Dalla fiducia tra gli Stati...

39.

Questa nozione, sebbene recente nella costruzione di una giustizia penale europea, rientra nel principio del reciproco riconoscimento ( 40 ), introdotto al punto 33 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 16 ottobre 1999 ( 41 ).

40.

La decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri ( 42 ), postula con assoluta chiarezza, al punto 10, un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri.

41.

Questi presupposti lasciavano presagire un’imminente pronuncia della Corte che, infatti, alla prima occasione utile ( 43 ), ha sottolineato l’importanza della fiducia reciproca, elemento chiave nell’attuazione dell’art. 54 della Convenzione, dichiarando che ognuno degli Stati membri deve accettare l’applicazione del diritto penale vigente negli altri, anche quando il proprio diritto condurrebbe a soluzioni diverse; in altre parole, dal punto di vista degli effetti, la ratio della fiducia reciproca assume toni utilitaristici quando si applica al principio del reciproco riconoscimento.

42.

Tuttavia, questa illuminante posizione della Corte agevola la soluzione in alcuni casi, ma risulta insufficiente in altri, soprattutto perché questo sistema di cooperazione rafforzata attribuisce ai giudici nazionali un ruolo di primo piano che richiede elevate doti di interpretazione ( 44 ).

43.

Una soluzione idonea per risolvere i casi controversi potrebbe individuarsi nell’armonizzazione ( 45 ) del diritto penale sostanziale e processuale degli Stati membri, giacché la circospezione che caratterizza l’adozione di decisioni in questo settore dell’ordinamento normalmente si stempera quando si constata che le sentenze penali pronunciate in un altro Stato membro offrono le medesime garanzie.

44.

Nel frattempo, il principio del ne bis in idem continua ad applicarsi all’insegna della fiducia reciproca. Infatti, che la convergenza diventi un giorno realtà oppure no, l’art. 54 della Convenzione non è subordinato al ravvicinamento delle legislazioni penali tra gli Stati membri ( 46 ), anzi riveste un’importanza tanto maggiore proprio in assenza di tale condizione.

45.

Se negli Stati membri deve presumersi l’osservanza di determinate condizioni, specialmente in materia di diritti fondamentali, l’esperienza dimostra che la fiducia reciproca vige come principio giuridico che riassume le linee interpretative degli obblighi derivanti dal «terzo pilastro», svolgendo un ruolo analogo a quello della leale cooperazione ( 47 ).

46.

Il reciproco riconoscimento, pur prendendo spunto dall’astratto settore della cooperazione tra Stati, si concretizza nella più tangibile delle garanzie individuali ( 48 ) e porta alla verifica di standard comuni nell’ambito dei diritti soggettivi, dove il fatto che esso venga abitualmente invocato da parte degli operatori del diritto accresce le probabilità di una comprensione condivisa.

b) … al riconoscimento di un diritto individuale

47.

Nonostante i progressi registrati, separare le grandi libertà (come quella di circolazione) dal divieto di sottoporre a giudizio o di condannare «due volte per lo stesso fatto» richiede ancora sforzi eccezionali, che appaiono ingiustificati se si considera il livello di integrazione raggiunto in un’Unione europea che concepisce il cittadino come titolare di diritti e destinatario finale delle tutele normative ( 49 ).

48.

Inoltre, non vedo ostacoli al completamento (e non alla sostituzione) delle linee guida di una cooperazione fra Stati, costruita sulla base della fiducia reciproca, con l’idea dell’applicazione dei diritti fondamentali come punti di riferimento ( 50 ), giacché il principio del ne bis in idem si pone come una manifestazione della tutela giurisdizionale, a fronte dello ius puniendi, derivata dal diritto ad un giusto processo ( 51 ) ed è elevato a rango costituzionale in alcuni degli Stati che riconoscono l’acquis di Schengen ( 52 ).

49.

La regola del ne bis in idem acquisisce il proprio reale spessore giuridico con l’elaborazione di un diritto soggettivo al trattamento unitario dell’azione repressiva ( 53 ), apparendo così ancorata a fondamenta solide che contribuiscono a proteggere gli aspetti deboli ( 54 ) di istituti come la prescrizione e l’autorità di giudicato o delle molteplici teorie sulla proporzionalità, che il solo ricorso alla reciproca fiducia tra gli Stati ( 55 ) non consente di chiarire in modo soddisfacente.

50.

Il quadro si fa più nitido con l’enunciazione autonoma del principio del ne bis in idem nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 56 ), il cui art. 50 dispone quanto segue: «Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

51.

Tra le molteplici implicazioni dei diritti fondamentali riveste particolare rilevanza l’individuazione dei limiti nonché delle eccezioni che pongono al principio del reciproco riconoscimento ( 57 ), sempre che vigano quali principi comuni negli Stati membri ( 58 ).

B — Nozione di «sentenza definitiva»

52.

I termini della questione presentata dal Landgericht Regensburg denotano che il suo dubbio si limita alla portata dell’art. 54 della Convenzione, che proibisce di perseguire i medesimi fatti quando, in caso di condanna, la sanzione «non possa più essere eseguita».

53.

Ciò nonostante, i fatti inducono alla preventiva disamina della questione se la condanna pronunciata in contumacia costituisca una «sentenza definitiva» ai sensi di tale disposizione, tenuto conto dell’impossibilità di dare diretta esecuzione alla pena comminata, visto l’obbligo di celebrare un nuovo processo in caso di cattura del contumace.

1. Interpretazione

54.

La citata sentenza Kretzinger del 18 luglio 2007 ha eluso il problema ( 59 ) in quanto, al punto 67, non ha ritenuto «necessario esaminare (…) se una sentenza emessa in contumacia, la cui forza esecutiva può essere subordinata a condizioni in forza dell’art. 5, punto 1, della decisione quadro, debba essere considerata come una decisione con la quale una persona sia stata giudicata con sentenza definitiva ai sensi dell’art. 54 della CAAS».

55.

Tuttavia la Corte ha adottato un’interpretazione estensiva, riaffermando la necessità di rispettare nell’ambito dell’Unione europea le decisioni che mettono fine alla situazione processuale dell’imputato in base alla legislazione dello Stato nel quale sono state intraprese le azioni penali a suo carico.

56.

Pertanto, ha ricondotto alla nozione di sentenza definitiva tanto le ipotesi di estinzione dell’azione penale nei procedimenti in cui il pubblico ministero dispone l’archiviazione senza l’intervento di un organo giurisdizionale (cause Gözütok e Brügge), quanto le sentenze con le quali l’imputato viene assolto in via definitiva, sia per mancanza di prove (causa van Straaten), sia per prescrizione (causa Gasparini e a.).

57.

Inoltre, sebbene le varie versioni linguistiche dell’art. 54 della Convenzione siano divergenti ( 60 ), la finalità di consentire la libera circolazione delle persone in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia emerge inequivocabilmente e tale disegno verrebbe compromesso se non si accettasse, a causa delle peculiarità procedurali nazionali, un’accezione ampia di sentenza definitiva.

58.

L’archetipo della res iudicata ( 61 ) conferisce alla sentenza uno status giuridico non modificabile attraverso alcuna impugnazione o perché non è stato proposto ricorso contro di essa o perché l’impugnazione non è stata proposta nei termini di legge ( 62 ).

2. Sentenza pronunciata in contumacia

59.

I diversi approcci degli Stati membri in materia di pronunce giudiziali adottate in absentia ostacolano un’armonica cooperazione in materia penale, come appare evidente da alcune recenti iniziative ( 63 ) volte a perseguire una certa unità organizzando i criteri attraverso regole comuni destinate a superare questa criticità.

60.

Nel caso di specie, un eventuale giudizio successivo metterebbe in forse, apparentemente, ai sensi dell’art. 54 della Convenzione, il carattere «definitivo» della sentenza pronunciata dal Tribunale di Bône.

61.

Tuttavia l’ombra del dubbio balenava soltanto, perché, come ha sostenuto il pubblico ministero del Tribunal aux armées de Paris, la sentenza era investita dell’autorità di cosa giudicata dal 1981 e, pertanto, prima che avesse inizio il processo in Germania, affermazione ( 64 ) incontestabile nella sfera del diritto comunitario.

62.

Ciò nonostante è dovere della Corte rilevare che l’art. 54 della Convenzione non richiede che la sentenza abbia il requisito della definitività quando è emessa, essendo sufficiente che questa condizione sussista nel momento in cui ha inizio il secondo processo ( 65 ), il che, per il signor Bourquain, è avvenuto nel 2002, anno in cui la decisione del Tribunale militare aveva già conseguito forza di giudicato secondo lo stesso diritto francese.

63.

Inoltre, in armonia con varie disposizioni normative ( 66 ), la presenza dell’accusato nel corso del giudizio permette l’attuazione della difesa e il rispetto del diritto a un giusto processo ( 67 ); anche la decisione quadro 2002/584 ( 68 ) consente di esigere dallo Stato che intende dare esecuzione a una pena comminata in contumacia assicurazioni sufficienti che il condannato possa sollecitare un nuovo processo nel quale siano garantiti i suoi diritti fondamentali.

64.

Trasformare questa garanzia per l’imputato in una condizione che inibisca l’applicazione di altri diritti condurrebbe a una situazione assurda, ed è proprio quanto avverrebbe se si limitasse l’applicazione del principio del ne bis in idem alle decisioni che escludono una revisione a beneficio dell’imputato.

65.

Per i motivi sopra esposti, la sentenza di condanna pronunciata in contumacia deve ritenersi «definitiva» agli effetti dell’applicazione dell’art. 54 della Convenzione.

C — Requisito della «non esecuzione della pena»

66.

In questo rinvio pregiudiziale tutti concordano che, quando è iniziato il processo in Germania, la pena non era eseguibile in Francia, in quanto, oltre all’avvenuta prescrizione, quel paese aveva abolito la pena capitale e, prima ancora, aveva promulgato una legge di amnistia per gli avvenimenti in Algeria.

67.

Tuttavia, con la sua questione il Landgericht Regensburg intende sapere se l’ostacolo all’esecuzione della pena debba essere posteriore all’imposizione della stessa. È la tesi sostenuta dal governo ungherese, il quale osserva che l’art. 54 della Convenzione ammette che gli impedimenti possano sorgere successivamente, ma non prevede l’ipotesi che una condanna sia ineseguibile fin dal momento della sentenza, come accade in questo caso, in cui la mancata comparizione del signor Bourquain rendeva impossibile introdurre un nuovo processo per dare esecuzione alla pena.

68.

Il governo ungherese basa le sue osservazioni sulla formulazione testuale del richiamato art. 54, in particolare dell’inciso in base al quale la pena «non possa più essere eseguita», per dedurre, a contrario, che in qualche momento antecedente avrebbe potuto essere eseguita.

69.

Questo argomento non pare convincente, in quanto, come la Corte ha già avuto occasione di sottolineare ( 69 ), il senso delle parole non rappresenta sempre un assioma adeguato; ritengo inoltre che, nella sua brevità, l’espressione di cui trattasi indichi solo che l’esecutività della pena si determina quando si decide di avviare un nuovo processo e non prima, interpretazione che preserva l’effetto utile del principio.

70.

Ciò nondimeno l’art. 54 offre copertura a talune norme penali nazionali che, in funzione della loro natura di ultima ratio, non consentono alcuna interpretazione estensiva ( 70 ) contraria al principio di legalità ( 71 ), vigente nelle tradizioni comuni ( 72 ) degli Stati e ripreso esplicitamente ( 73 ) nel diritto comunitario.

71.

Senza pregiudizio di quanto detto finora, riveste indubbio interesse la riflessione del governo olandese circa la difficoltà di immaginare che una sentenza definitiva possa infliggere pene non eseguibili ( 74 ).

72.

Occorre prestare particolare attenzione per valutare in termini corretti la portata del principio che afferma l’esecutività della pena e non quella della sentenza.

73.

Fatta questa raccomandazione, è opportuno distinguere la sentenza eseguibile da quella esecutiva ( 75 ) considerato che, se la normativa francese non permette che la punizione si compia senza avviare un ulteriore processo, non riduce affatto il valore della sentenza come titolo giuridico che si proietta ipso iure sulla persona e sul patrimonio dell’imputato, come dimostrano sia la verifica della responsabilità del signor Bourquain in un nuovo giudizio rispetto alla precedente pronuncia, in caso di cattura, sia il sequestro dei suoi beni.

74.

In parallelo, la pena diverrebbe esecutoria una volta superato l’impedimento processuale che la rendeva inoperante, impedimento che, del resto, non pregiudicava la sua intrinseca validità ( 76 ), che è altro dall’efficacia.

75.

Considerando quanto sopra esposto, propongo alla Corte di interpretare l’art. 54 della Convenzione nel senso che esso si applica anche a una pena derivante da una sentenza definitiva che, per le peculiarità processuali del diritto nazionale, non abbia mai potuto essere eseguita.

D — Sull’amnistia, sul ne bis in idem e sulla loro diversa natura

76.

Non è un escamotage giuridico omettere di esaminare in che modo l’abolizione della pena di morte e la prescrizione della pena impediscono l’esecuzione della sentenza del Tribunale di Bône: l’ovvietà, da un lato, e il rispetto della competenza esclusiva del giudice nazionale, dall’altro, trasformerebbero qualsiasi ragionamento in superfluo e inopportuno.

77.

Tuttavia, la prudenza suggerisce di riflettere, seppur brevemente, sulle implicazioni dell’amnistia, di fronte all’ampia gamma di registri che contraddistingue questo meccanismo eccezionale di clemenza nei sistemi giuridici comparati.

78.

Il Protocollo aggiuntivo II della Convenzione di Ginevra ( 77 ) sembra ricondurre l’amnistia al sentimento di pacificazione e di riconciliazione che segue periodi di tumulti caratterizzati da scontri violenti in seno a una comunità.

79.

Appare opportuno placare sentimenti opposti, di origine molto precisa, generati da avvenimenti di carattere collettivo, che hanno spaccato politicamente e socialmente la popolazione.

80.

Con questo termine si definisce, in una accezione amplia ( 78 ), qualsivoglia misura di perdono o remissione delle pene, incluso l’indulto ( 79 ), mentre altre concezioni intendono per amnistia esclusivamente decisioni di carattere generale del Parlamento, adottate secondo la procedura interna di adozione delle leggi.

81.

Le differenze che si manifestano in Europa a proposito di queste modalità di clemenza, percettibili da punti di vista molto diversi come quello della tipologia o della finalità del provvedimento, nonché del tipo di reato cui possono applicarsi ( 80 ), non ne alterano l’efficacia estintiva dello ius puniendi in tutti gli Stati né confutano l’innegabile realtà che autorità non giurisdizionali abrogano, attraverso il loro esercizio, gli effetti di una sentenza penale ( 81 ).

82.

Questa serie di misure di grazia, variegata per le diverse idee che raccoglie, sebbene univoca per gli obiettivi perseguiti, evidenzia senza spaccature autentici gesti di volontà politica, nutriti da principi di opportunità che affondano le radici nella sovranità degli Stati nella gestione dei propri conflitti interni.

83.

La reciproca fiducia non dovrebbe comprendere, a rigore del ne bis in idem comunitario, le ipotesi di non esecuzione di una pena derivanti dal ricorso a queste facoltà eccezionali dei poteri nazionali, poiché la logica del reciproco riconoscimento smette di operare nella sfera dell’applicazione giudiziale della legge, facendo così registrare un’altra sconfitta, quando subisce l’influenza di una forte componente sociologica e politica.

84.

Non è un caso che la decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo individui nell’amnistia uno dei motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato, sempre che lo Stato di esecuzione sia competente a perseguire il reato secondo la propria legge penale (art. 3, punto 1).

85.

Rispetto ai diritti fondamentali, l’amnistia non permette neppure di giustificare la non esecuzione della pena grazie all’applicazione del ne bis in idem giacché, a prescindere dal fatto che potrebbe costituire un pericoloso catalizzatore per costanti rinvii ( 82 ), si constata ancora una volta la presenza di due dimensioni diverse, in quanto il fondamento da cui essa trae ispirazione non attinge alla sorgente dei valori incarnati dai diritti fondamentali e contemporaneamente opera in virtù di parametri tanto vaghi e aleatori da apparire inconciliabili con i classici riferimenti della razionalità giuridica, pregiudicando la possibilità di un controllo giurisdizionale ( 83 ).

VI — Conclusione

86.

Conformemente alle considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale dichiarando quanto segue:

«L’art. 54 della Convenzione, sottoscritta il 19 giugno 1990, per l’applicazione dell’Accordo di Schengen deve interpretarsi nel senso che una persona giudicata con sentenza definitiva in uno Stato membro non può essere sottoposta a un procedimento penale in altro Stato membro per i medesimi fatti, qualora in forza della legge dello Stato di condanna la pena comminata nei suoi confronti non abbia mai potuto essere eseguita».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) La Corte si è occupata di questo principio in sette occasioni: sentenze 11 febbraio 2003, cause riunite C-187/01 e C-385/01, Gözütok e Brügge (Racc. pag. I-1345); 10 marzo 2005, causa C-469/03, Miraglia (Racc. pag. I-2009); 9 marzo 2006, causa C-436/04, van Esbroeck (Racc. pag. I-2333); 28 settembre 2006, causa C-150/05, van Straaten (Racc. pag. I-9327); 28 settembre 2006, causa C-467/04, Gasparini e a. (Racc. pag. I-9199); 18 luglio 2007, causa C-288/05, Kretzinger (Racc. pag. I-6441), e 18 luglio 2007, causa C-367/05, Kraaijenbrink (Racc. pag. I-6619).

( 3 ) V. le mie conclusioni nelle cause Gözütok e Brügge, van Esbroeck e van Straaten, presentate, rispettivamente, il 19 settembre 2002, il 20 ottobre 2005 e l’8 giugno 2006. Negli altri casi, eccetto che nella causa Miraglia, decisa senza conclusioni, l’avvocato generale Sharpston ha formulato le sue conclusioni in data 15 giugno 2006 per la causa Gasparini e a. e il 5 dicembre 2006 per le cause Kretzinger e Kraaijenbrink.

( 4 ) Nietzsche, F., ne Il crepuscolo degli idoli, con riferimento allo sforzo di sopravvivenza, nell’aforisma 8 del capitolo «Sentenze e frecce», che si riferisce a quella scuola di guerra che è la vita, descrive la capacità del genere umano di trarre vantaggio dalle avversità osservando: «quel che non mi uccide, mi rende più forte». Analogo il detto popolare spagnolo: «lo que no mata, engorda» (quello che non uccide, ingrassa).

( 5 ) GU 2000, L 239, pag. 13.

( 6 ) GU 2000, L 239, pag. 19.

( 7 ) GU 2000, L 239, pagg. 63 e segg.

( 8 ) Il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Finlandia, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia e il Regno di Danimarca, anche se quest’ultimo si avvale di uno statuto speciale che gli permette di sottrarsi alle decisioni adottate in detto ambito.

( 9 ) GU L 323, pag. 34.

( 10 ) Decisioni del Consiglio 29 maggio 2000, 2000/365/CE (GU L 131, pag. 43), e 22 dicembre 2004, 2004/926/CE, relativa all’attuazione di parte delle disposizioni dell’acquis di Schengen da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 395, pag. 70).

( 11 ) La richiesta è stata accolta con decisione del Consiglio 28 febbraio 2002, 2002/192/CE (GU L 64, pag. 20).

( 12 ) Art. 3, n. 2, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione (GU 2003, L 236, pag. 50).

( 13 ) Art. 4, n. 2, dell’Atto relativo alle condizioni di adesione (GU 2005, L 157, pag. 203).

( 14 ) Il 19 dicembre 1996 i tredici Stati membri dell’Unione europea firmatari all’epoca dell’Accordo di Schengen e i paesi nordici suddetti hanno sottoscritto a Lussemburgo un accordo ad hoc, anteriore all’accordo 18 maggio 1999 concluso dal Consiglio dell’Unione europea con la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (GU L 176, pag. 36). A norma dell’art. 15, n. 4, di quest’ultimo accordo, avrebbe provveduto il Consiglio a fissare la data di entrata in vigore per i nuovi firmatari, data che è stata fissata con decisione 1o dicembre 2000, 2000/777/CE (GU L 309, pag. 24), in via generale, al 25 marzo 2001 (art. 1).

( 15 ) Approvato con decisione del Consiglio 25 ottobre 2004, 2004/860/CE (GU L 370, pag. 78).

( 16 ) Proposta di decisione del Consiglio 1o dicembre 2006, COM(2006) 752 def.

( 17 ) GU L 176, rispettivamente pagg. 1 e 17.

( 18 ) In particolare quelle del governo ungherese, formulate al punto 8 delle sue osservazioni.

( 19 ) Se fossero intervenute, la Francia e la Germania avrebbero potuto colmare certe lacune. Purtroppo, però, non sono comparse.

( 20 ) Questo codice non è più in vigore oggi, ma era applicabile ratione temporis al caso della controversia principale, nella versione del 1958 che modificava la precedente legge del 9 marzo 1928.

( 21 ) Art. 133.2, del codice vigente e artt. 639, 640 e 763 del codice applicabile al momento della commissione dell’omicidio.

( 22 ) La Repubblica portoghese, al punto 27 delle osservazioni, cita l’art. 639 del detto code de procédure pénale, dal quale si evince che la prescrizione della pena comincia a decorrere prima della costituzione o dell’arresto del contumace: «si le contumax se constitue prisonnier ou s’il est arrêté avant que la peine sois éteinte par prescription (…)».

( 23 ) Nel caso di specie non si ha certezza dell’avvenuta notifica della sentenza al condannato.

( 24 ) Il termine francese per questo status è «irrevocabilité», che descrive una pronuncia formalmente definitiva.

( 25 ) Conformemente alla relazione del pubblico ministero del Tribunal aux armées de Paris, alla quale più avanti mi riferisco in modo più dettagliato.

( 26 ) Con un attivo intervento nella guerra di Algeria, questo corpo speciale delle truppe francesi, istituito nel 1831 dal re Luigi Filippo I, il 30 aprile 1863 scrisse in Messico una delle pagine più celebri della sua storia: durante la battaglia di Camarón, nella quale circa 65 soldati, guidati da Jean Danjou, resistettero dieci lunghe ore all’assalto di migliaia di soldati dell’esercito regolare messicano, episodio storico narrato con rigore da Mañes, J., in El mito de Camerone, 2a ed., Hergué Editorial, Huelva, 2005.

( 27 ) L’attuale Annaba, città algerina conosciuta nell’antichità come Ippona, sede del santo vescovo Agostino negli anni 396-430.

( 28 ) Pur consapevole dell’insormontabile barriera tra realtà e finzione, le circostanze del misfatto sembrano evocare il romanzo di Camus, A., Lo straniero. Il premio Nobel per la letteratura, nato in Algeria, dando voce a un crudo esistenzialismo, narra le miserie di Meursault ad Algeri, assolutamente indifferente alla morte della madre o alla prospettiva di un matrimonio che gli si presenta, apatia che lo porta a rivolgere la propria arma contro l’«arabo» per il solo fatto di essere stato abbagliato dal riflesso del sole proiettato dalla lama d’acciaio del suo coltello; questo stato di apatia prosegue durante il processo, al termine del quale Meursault viene condannato a morte, fino a fargli dichiarare, suscitando l’ilarità dei presenti, che il sole è stato l’unico movente della sua azione criminosa.

( 29 ) Legge 31 luglio 1968.

( 30 ) Con legge 9 ottobre 1981, n. 81-908 (JORF 10 ottobre 1981, pag. 2759). Recentemente, a seguito della riforma introdotta dalla legge costituzionale 23 febbraio 2007, n. 2007-239 (JORF 24 febbraio 2007, pag. 3355), la Repubblica francese ha riaffermato la suddetta abolizione nell’art. 66 della Costituzione.

( 31 ) Quest’idea è viziata da un’evidente contraddizione perché, indipendentemente dal fatto che la pena non sia stata eseguita o non sia in corso di esecuzione, l’altra condizione di applicazione del principio è che essa «non possa più essere eseguita» secondo la legge dello Stato di condanna.

( 32 ) Insisto sul fatto che si tratta di termini che, evidentemente, si sovrappongono.

( 33 ) Volutamente tralascio ogni considerazione circa la non esecuzione della pena per effetto dell’amnistia, poiché è un aspetto che attiene alla cognizione del giudice nazionale, senza che ciò pregiudichi la competenza della Corte di giustizia ad interpretare gli effetti in relazione all’art. 54 della Convenzione.

( 34 ) Con sentenza 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer Mannheim/Commissione (Racc. pag. 1281), la Corte ha elevato il ne bis in idem a principio generale del diritto comunitario.

( 35 ) Vervaele, J., «El principio non bis in idem en Europa», La orden de detención y entrega europea, Arroyo, L. e Nieto, A., Ed. de la Universidad de Castilla-La Mancha, Cuenca, 2006, pag. 229, sottolinea la limitazione del principio nel settore del diritto della concorrenza.

( 36 ) Punti 38, 32, 57 e 27, rispettivamente, delle sentenze nelle cause Gözütok e Brügge, Miraglia, van Straaten e Gasparini e a.

( 37 ) Conclusioni nelle cause Gözütok e Brügge (paragrafi 48 e segg.) e Van Esbroeck (paragrafi 18 e segg.).

( 38 ) La banalità del tema non invoglia a riferimenti letterari, sebbene colpisca l’interpretazione che del principio in esame fornisce Dumas, A., in Impressions de voyage, Michel Lévy Frères Libraires-Editeurs, Parigi, 1855, pag. 57, collegandolo, con un certo tono scherzoso alieno dal rigore del diritto, alla difficoltà di eseguire due volte una stessa pena quando descrive l’infallibile metodo applicato dal «cadí» per semplificare l’azione della giustizia al Cairo: lì, catturato il ladro, gli si taglia un orecchio, per cui, in caso di reiterazione, «a meno che l’orecchio non cresca di nuovo, ciò che è raro, non c’è possibilità di contestazione; si taglia l’altro, in virtù di questo principio di diritto del non bis in idem».

( 39 ) Henzelin, M., «Ne bis in idem, un principe à géométrie variable», Revue Pénale Suisse, vol. 123, 2005, fasc. 4, Stámpfli Editions SA, pag. 347.

( 40 ) Che dovrebbe accettarsi senza riserve giacché, come correttamente ricorda Moreiro González, C.J., in Las claúsulas de seguridad nacional, Ed. Iustel, Portal Derecho S.A., Madrid, 2007, pagg. 132 e 133, il consenso dello Stato opera come principio creatore di norme internazionali e fa sorgere la questione principale degli obblighi che ne scaturiscono per i consociati.

( 41 ) Poco tempo dopo, la fiducia è stata espressamente richiamata nel Programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (GU 2001, C 12, pag. 10) per «rafforzare non solo la cooperazione tra Stati membri, ma anche la protezione dei diritti delle persone. (…) L’attuazione del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni penali presuppone una fiducia reciproca degli Stati membri nei rispettivi ordinamenti penali. Tale fiducia si fonda, in particolare, sulla base comune costituita dal loro attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello stato di diritto».

( 42 ) GU L 190, pag. 1.

( 43 ) Al punto 33 della sentenza Gözütok e Brügge, cit., che riprende il paragrafo 124 delle mie conclusioni.

( 44 ) Nei miei anni di attività come giudice nazionale e poi come avvocato generale a Lussemburgo ho maturato un’esperienza tale da consentirmi di dissentire dalle autorevoli riflessioni di Flore, D., «La notion de confiance mutuelle: l’alpha ou l’oméga d’une justice pénale européenne», La confiance mutuelle dans l’éspace européen/Mutual Trust in the European Criminal Area, Editions de l’Université de Bruxelles, 2005, pag. 17: «Se in alcuni casi un giudice di Bruxelles può dubitare della perizia di un collega di Arlon o di Bruges, come potrebbe non preoccuparsi delle decisioni di altro collega lontano, che non ha mai incontrato né mai incontrerà, che esercita le proprie funzioni in un paese che non conosce, dove non metterà mai piede, e che non possiede, probabilmente, né il suo stesso status né la stessa indipendenza, che applica un diritto diverso e parla un’altra lingua (…)».

( 45 ) Concepibile come obiettivo finale ma, in nessun caso, presupposto unico e solo di uno spazio comune di giustizia, libertà e sicurezza.

( 46 ) Punto 32 della sentenza Gözütok e Brügge, cit.

( 47 ) De Schutter, O., «La contribution du contrôle jurisdictionnel à la confiance mutuelle», La confiance mutuelle dans l’éspace européen/Mutual Trust in the European Criminal Area, cit., pag. 103.

( 48 ) Sottolineo che il principio del ne bis in idem rappresenta una di queste garanzie individuali.

( 49 ) Nelle mie conclusioni nelle cause riunite Gözütok e Brügge richiamo l’attenzione su questa carenza di sensibilità e metto in rilievo che gli artt. 54 e segg. della Convenzione devono essere interpretati dal punto di vista del cittadino (paragrafi 114 e 115).

( 50 ) Peers, S., in EU Justice and Home Affaire Law, 2a ed., Oxford University Press, 2006, pag. 460, individua nell’ordinamento dell’Unione europea, quale riflesso dell’elevato livello di integrazione, alcune misure di cooperazione penale che, a suo parere, contribuiranno a uno sviluppo delle norme internazionali in materia di diritti dell’uomo.

( 51 ) Suggerisco questa linea interpretativa nelle conclusioni nelle cause riunite Gözütok e Brügge.

( 52 ) Questo principio è richiamato anche in alcuni accordi internazionali, come il Patto internazionale sui diritti civili e politici, del 19 dicembre 1966 (art. 14, n. 7), o il Protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 4). Occorre tuttavia segnalare che questi testi contemplano il principio nella sua dimensione interna e ne assicurano la vigenza nell’ambito della giurisdizione nazionale.

( 53 ) Secondo l’avvocato generale Sharpston, «lo Stato ha una sola possibilità di esaminare e giudicare il preteso reato commesso da un individuo» (paragrafo 92 delle conclusioni nella causa Gasparini e a.).

( 54 ) Aspetti che affiorano in assenza di una armonizzazione del diritto penale, sostanziale o processuale.

( 55 ) A tale proposito è paradigmatica la causa Gasparini e a., cit., nella quale la Corte ha sostenuto una posizione massimalista riguardo alla fiducia reciproca, discostandosi dalle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston secondo la quale, invece, la suddetta nozione non costituiva un valido fondamento all’applicazione del principio del ne bis in idem in un caso di archiviazione del processo per prescrizione dell’azione penale (paragrafi 108 e segg.).

( 56 ) Nelle conclusioni relative alla sentenza 3 maggio 2007, causa C-303/05, Advocaten voor de Wereld VZW (Racc. pag. I-3633), da me presentate in data 12 settembre 2006, sostengo che «occorre (….) che la Carta si affermi come strumento interpretativo di prim’ordine nella difesa delle garanzie dei cittadini appartenenti al patrimonio giuridico degli Stati membri. La sfida dev’essere affrontata con prudenza, ma anche con decisione, e con la piena consapevolezza che, se la tutela dei diritti fondamentali ha carattere imprescindibile nel pilastro comunitario, essa risulta altrettanto indispensabile nel terzo pilastro, settore capace di incidere, per la sua stessa natura e per il contenuto, sul nucleo della libertà personale, che è il presupposto di tutte le altre». Inoltre, il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 modifica l’art. 6 UE al quale aggiunge il seguente paragrafo: «L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, così come è stata adottata, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati».

( 57 ) Lo si deduce dall’art. 6 UE e dall’art. 1, n. 3, della decisione quadro 2002/584.

( 58 ) Punti 34, 37 e 38 della sentenza 14 ottobre 2004, causa C-36/02, Omega (Racc. pag. I-9609).

( 59 ) La questione non è stata elusa, viceversa, dall’avvocato generale Sharpston nelle sue conclusioni del 5 dicembre 2006, in cui sostiene che la sentenza in contumacia, grazie al principio della fiducia reciproca, assicura la protezione di cui all’art. 54 della Convenzione, sempre che rispetti le condizioni previste dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (paragrafo 101).

( 60 ) Nelle mie conclusioni nelle cause riunite Gözütok e Brügge, seppur riferendomi a un diverso contesto, evidenzio queste differenze linguistiche.

( 61 ) La fallita Proposta della Repubblica ellenica per l’adozione di una decisione quadro del Consiglio sull’applicazione del principio del ne bis in idem (GU C 100, pag. 24) attribuisce, all’art. 1, il carattere di sentenza definitiva a qualsiasi decisione che abbia lo status di res iudicata ai sensi della legislazione nazionale. Sostengono un diverso punto di vista Almagro, J. e Tomé, J., in Instituciones de Derecho Procesal. Proceso Penal, Ed. Trivium, Madrid, 1994, pag. 347, e Cortés, V., in Derecho Procesal. Parte General. Proceso Civil, 6a ed., Ed. Tirant lo Blanch, Valencia, 1992, tomo I (vol. I), pag. 488.

( 62 ) Idea espressa dalle locuzioni francese «définitivement jugé», inglese «finally disposed», tedesca «rechtskräftig abgeurteilt» o italiana «giudicata con sentenza definitiva», mentre altri ordinamenti, come quello spagnolo, descrivono questo tipo di decisioni con la locuzione «sentencia firme», come conferma la versione spagnola dell’art. 54 della Convenzione, intendendo che la «sentencia definitiva» conclude soltanto il processo in primo grado.

( 63 ) Come quelle presentate dai governi sloveno, francese, ceco, svedese, slovacco, britannico e tedesco, riprese dal Consiglio dell’Unione europea in un documento di lavoro (5213/08) del 14 gennaio 2008, per agevolare la cooperazione giudiziaria e il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziali quando siano pronunciate in assenza dell’imputato.

( 64 ) Ritengo necessario evidenziare la coerenza con le informazioni fornite tramite la questione pregiudiziale considerato che, dal momento della pronuncia della sentenza, hanno cominciato a decorrere tanto il termine per l’impugnazione da parte del condannato quanto il termine per la prescrizione della pena; pertanto, compiutisi entrambi senza alcuna possibilità di revisione, la decisione è divenuta irreversibile in senso sia materiale che formale.

( 65 ) Possono essere illuminanti in proposito le mie conclusioni nella causa van Esbroeck, dove analizzo l’applicazione nel tempo dell’art. 54 della Convenzione.

( 66 ) Art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

( 67 ) Nel senso che l’accusato deve conoscere l’imputazione, essere sentito da un giudice imparziale, disporre dell’assistenza di un legale e partecipare alla formazione delle prove.

( 68 ) Art. 5, punto 1.

( 69 ) La sentenza 13 luglio 1989, causa 173/88, Skatteministeriet (Racc. pag. 2763, punto 11), ha respinto questo meccanismo esegetico avvertendo che «non si può valutare la portata della nozione controversa sulla base di un’interpretazione esclusivamente testuale».

( 70 ) Berdugo, I., Arroyo, L., García, N., Ferré, J., e Ramón, J., in Lecciones de Derecho penal. Parte general, Ed. Praxis, Barcellona, 1996, pag. 37, spiegano che il principio di legalità richiede «la riserva assoluta di legge — monopolio del Parlamento — per definire i reati e applicare le pene, con esclusione di ogni altra disposizione normativa di rango inferiore e della consuetudine; l’esigenza di definizione, certezza o tassatività delle norme penali; il divieto di interpretazione estensiva e per analogia in malam partem; la irretroattività delle norme penali sfavorevoli per il reo (…)». Analogamente, Vogel, J., in «Principio de legalidad, territorialidad y competencia judicial», Eurodelitos. El derecho penal económico de la Unión Europea, Tiedemann, K., e Nieto, A., Ed. de la Universidad de Castilla-La Mancha, Cuenca, 2004, pag. 32, evidenzia che il divieto di applicazioni analogiche e l’obbligo di interpretazione restrittiva sono principi riconosciuti senza eccezioni in tutti gli Stati membri, quale corollario del principio di legalità.

( 71 ) Il principio di legalità come principio generale del diritto comunitario prende forma, tra l’altro, nella sentenza Advocaten voor de Wereld VZW, cit., punti 46 e 49.

( 72 ) Punto 67 della sentenza 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a. (Racc. pag. I-3565), in cui si citano le sentenze 12 giugno 2003, causa C-112/00, Schmidberger (Racc. pag. I-5659), e 10 luglio 2003, cause riunite C-20/00 e C-64/00, Broker Aquaculture e Hydro Seafood (Racc. pag. I-7411).

( 73 ) Principio consacrato nell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

( 74 ) «Le gouvernement néerlandais ne peut par ailleurs pas imaginer une situation dans laquelle une sanction est infligée par un jugement définitif, sanction à propos de laquelle on peut déclarer à un quelconque moment ultérieur qu’elle n’a jamais pu être exécutée» (punto 40 delle sue osservazioni).

( 75 ) Questa duplice prospettiva è descritta dalle categorie del diritto amministrativo spagnolo di «autotutela dichiarativa ed esecutiva», giacché se la prima significa che gli atti della Pubblica amministrazione godono di una presunzione di legalità, finché gli interessati non li impugnino nelle forme previste, la seconda riporta al terreno dei fatti e implica l’esecuzione forzosa quando i destinatari oppongano resistenza all’esecuzione (García de Enterría, E., e Fernández, T.R., Curso de Derecho administrativo I, 6a ed., Ed. Civitas, Madrid, 1996, pagg. 490 e 491).

( 76 ) A meno che non si tratti della pena di morte, incompatibile nella sostanza con le libertà e i diritti che l’Unione europea difende con inflessibile tenacia.

( 77 ) In particolare l’art. 6, n. 5, che recita quanto segue: «Al termine delle ostilità, le autorità al potere procureranno di concedere la più larga amnistia possibile alle persone che avessero preso parte al conflitto armato (…)».

( 78 ) Bernardi, A., e Grande, C., «Amnistía. La prescripción del delito y de la sanción», La orden de detención y entrega europea, Arroyo, L., e Nieto, A., Ed. de la Universidad de Castilla-La Mancha, Cuenca, 2006, pagg. 260, 261 e 275.

( 79 ) L’indulto si caratterizza per l’individualità, a differenza di altre misure di grazia rivolte a un gruppo di persone.

( 80 ) Bernardi, A., e Grande, C., op. cit., pag. 262.

( 81 ) Pradel, J., Droit Pénal général, Parigi, 2002, pag. 669.

( 82 ) La Corte interamericana dei diritti dell’uomo si è pronunciata in modo critico su alcune forme di perdono, nella sentenza 14 marzo 2001, causa Barrios Altos/Perú, serie C, n. 45.

( 83 ) Coerentemente alla sua definizione, l’atto di «grazia», quale categoria autonoma del «discrezionale», sfugge a un eventuale controllo giurisdizionale.