CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 25 settembre 2008 ( 1 )

Causa C-202/07 P

France Télécom SA

contro

Commissione delle Comunità europee

«Impugnazione — Abuso di posizione dominante — Mercato dei servizi d’accesso ad Internet ad alta velocità — Prezzi predatori — Recupero delle perdite — Diritto all’adeguamento»

1. 

Nel presente procedimento di impugnazione, la Corte è chiamata a esaminare un preteso abuso di posizione dominante sotto forma di pratica di prezzi predatori, rientrante nella categoria delle pratiche preclusive, o «eliminatorie», delle imprese dominanti ( 2 ). La giurisprudenza della Corte in materia di prezzi predatori è costituita essenzialmente dalle sentenze Akzo ( 3 ) e Tetra Pak II ( 4 ).

2. 

L’impugnazione in esame trae origine da una decisione della Commissione del 16 luglio 2003 ( 5 ), in cui quest’ultima ha constatato che la Wanadoo Interactive SA aveva violato l’art. 82 CE per avere applicato prezzi predatori per i propri servizi eXtense e Wanadoo ADSL ( 6 ) (in prosieguo: i «servizi controversi»), che non le hanno permesso di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001 e che non le hanno permesso di coprire i suoi costi totali a partire dall’agosto 2001, nell’ambito di un disegno diretto ad appropriarsi prioritariamente del mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità in una fase importante del suo sviluppo ( 7 ). La Commissione le ha ordinato di porre fine all’infrazione e le ha inflitto un’ammenda di EUR 10,35 milioni ( 8 ).

3. 

La decisione contestata è stata confermata dalla sentenza del Tribunale di primo grado 30 gennaio 2007 nella causa T-340/03 ( 9 ). (in prosieguo: la «sentenza impugnata»). Nel presente giudizio di impugnazione, la France Télécom SA (in prosieguo: la «FT» o la «ricorrente»), già Wanadoo Interactive SA (in prosieguo: la «WIN»), chiede l’annullamento della sentenza impugnata.

I — Fatti all’origine della controversia

4.

I fatti all’origine della controversia sono riassunti dal Tribunale ai punti 1-11 della sentenza impugnata:

«1

Nell’ambito dello sviluppo dell’accesso ad Internet ad alta velocità, la Commissione ha deciso di avviare, nel luglio del 1999, in seno all’Unione europea [ ( 10 )], un’indagine settoriale (…) riguardo specificamente alla fornitura di servizi relativi all’accesso alla rete locale e all’utilizzazione della rete locale residenziale. In tale contesto, le informazioni raccolte hanno condotto la Commissione ad esaminare nel dettaglio le condizioni tariffarie di fornitura, da parte della [WIN], di servizi d’accesso ad Internet ad alta velocità a destinazione della clientela residenziale in Francia. A tal fine, essa ha avviato d’ufficio un procedimento nel settembre del 2001.

2

La WIN era all’epoca della controversia una società del gruppo France Télécom. Il suo capitale era detenuto al 99,9% dalla Wanadoo SA. La partecipazione della [FT] nel capitale della Wanadoo ha oscillato tra il 70% e il 72,2% durante il periodo controverso. Il gruppo formato dalla Wanadoo e dalle sue controllate (…) riuniva tutte le attività relative ad Internet del gruppo [FT] così come le attività di edizione di elenchi telefonici. (…) [L]a WIN assicurava le responsabilità operative e tecniche connesse ai servizi di accesso ad Internet in territorio francese, inclusi i servizi ADSL (…).

3

La Commissione inviava alla WIN, il 19 dicembre 2001, una prima comunicazione degli addebiti (…) e, il 9 agosto 2002, una comunicazione degli addebiti supplementare (…), alle quali la WIN rispondeva rispettivamente il 4 marzo e il 23 ottobre 2002.

4

Il 16 gennaio 2003, la Commissione inviava alla WIN una missiva qualificata come “lettera sui fatti” (…), in cui le dava accesso al fascicolo che era servito alla redazione di tale lettera. La WIN consultava (…) il fascicolo il 23 e il 27 gennaio 2003. Con lettera del 26 febbraio 2003, la WIN chiedeva alla Commissione di fornirle chiarimenti su diversi aspetti della lettera sui fatti. La Commissione rispondeva con lettera datata 28 febbraio 2003, di modo che, il 4 marzo 2003, la WIN presentava una memoria in risposta alla lettera sui fatti.

5

Con [la decisione contestata], la Commissione constatava che [la WIN aveva violato l’art. 82 CE ( 11 ),] le ingiungeva di mettere fine a tale infrazione (…) e le infliggeva un’ammenda di EUR 10,35 milioni (…)

6

La decisione definisce il mercato in causa come il mercato francese dell’accesso ad Internet ad alta velocità per la clientela residenziale. I prodotti interessati dall’infrazione sono i servizi di accesso ad Internet ad alta velocità attraverso la tecnologia ADSL (Wanadoo ADSL e eXtense).

7

Secondo la decisione, nel caso di Wanadoo ADSL, l’abbonato, durante il periodo controverso, doveva pagare mensilmente un abbonamento alla [FT] a fronte della prestazione del servizio, la locazione del modem ADSL dalla [FT], così come un abbonamento alla WIN nella sua qualità di fornitore di accesso ad Internet (in prosieguo: il «FAI»). Nell’ambito del servizio eXtense, il modem veniva acquistato dall’utilizzatore e quest’ultimo pagava un solo abbonamento mensile alla WIN, corrispondente al servizio fornito dalla [FT] e all’accesso forfettario illimitato ad Internet.

8

Dopo l’esame di differenti elementi, tra cui le quote di mercato (punti 211-222 della decisione) e gli effetti dell’“addossamento” alla [FT] (punti 223-228), la Commissione giunge alla conclusione dell’esistenza di una posizione dominante della WIN nel mercato in causa. Essa si sofferma poi a dimostrare che l’applicazione di prezzi al di sotto dei costi attuata dalla WIN si è inserita nell’ambito di una strategia intenzionale predatoria avente il fine di “appropriarsi prioritariamente” del mercato e, perciò, ha costituito un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE (punto 254).

9

La decisione fissa l’inizio del periodo d’infrazione al 1o marzo 2001 e la fine al 15 ottobre 2002, data di entrata in vigore del rimedio proposto dalla [FT] nel marzo 2002. I costi variabili non sarebbero stati coperti dai prezzi praticati dal marzo all’agosto 2001 e i costi totali non lo sarebbero stati a partire da tale ultima data (art. 1 della decisione; v. punto 5 supra).

10

Il 23 luglio 2003, tale decisione veniva notificata alla WIN (…)

11

A seguito di un’operazione di fusione intervenuta il 1o settembre 2004, la [FT] subentra nei diritti della WIN».

II — Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

5.

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 ottobre 2003, la WIN ha proposto un ricorso d’annullamento contro la decisione contestata.

6.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso.

7.

A sostegno della sua domanda di annullamento della decisione contestata, la WIN deduceva quattro motivi, concernenti i) la violazione dei diritti della difesa e di forme sostanziali, ii) un difetto di motivazione; iii) la violazione del principio della personalità della pena, e iv) la violazione dell’art. 82 CE ( 12 ).

8.

Nel presente giudizio di impugnazione si controverte solo sulla seconda parte del quarto motivo (concernente la violazione dell’art. 82 CE), che riguarda la questione dell’abuso ( 13 ). In quel contesto, la WIN ha affermato in sostanza che la Commissione aveva violato l’art. 82 CE per non avere sufficientemente dimostrato che la WIN avesse abusato della sua posizione dominante applicando prezzi predatori per i servizi in questione tra marzo 2001 e ottobre 2002 (in prosieguo: il «periodo controverso»).

9.

Tale argomento è costituito da due gruppi di censure, concernenti: i) il test di copertura dei costi, e ii) l’applicazione, da parte della Commissione, del test sulla strategia predatoria.

10.

Anzitutto, sembra che le parti concordino in sostanza sui punti seguenti:

i servizi in questione sono abbonamenti per l’accesso a Internet e vengono quindi forniti per un certo periodo di tempo; la durata media di un abbonamento è di 48 mesi;

ogni abbonamento genera ricavi ricorrenti mensili;

la struttura dei costi è costituita, da un lato, da «costi di acquisizione del cliente» o «costi di conquista», quali le spese pubblicitarie e promozionali, «pacchetti di partenza» per i clienti, ecc. (che rientrano nella categoria dei costi non ricorrenti, dato che l’impresa li sopporta una volta sola per concludere un contratto di abbonamento con un cliente) e, dall’altro, i «costi di produzione» e i «costi di rete» (che rientrano nella categoria dei costi ricorrenti in quanto sono inerenti alla fornitura del servizio in abbonamento e vengono sostenuti dall’impresa ogni mese; può trattarsi di costi variabili, quali i costi dell’accesso alla rete di FT che quest’ultima fattura in base al numero di abbonati, o di costi fissi, quali i costi di esercizio dell’impresa).

11.

Per calcolare la copertura dei costi, la Commissione ha sostanzialmente confrontato i ricavi mensili con la somma dei costi ricorrenti mensili e la parte imputabile a un mese dei costi non ricorrenti ripartiti su un periodo di 48 mesi. In particolare, la Commissione ha calcolato la media dei risultati ottenuti per quattro periodi consecutivi: dal 1 gennaio 2001 al 31 luglio 2001, dal 1o agosto 2001 al 15 ottobre 2001, dal 15 ottobre 2001 al 15 febbraio 2002 e dal 15 febbraio 2002 al 15 ottobre 2002.

A — Le censure relative al test di copertura dei costi

12.

Il Tribunale ha rilevato ( 14 ) che «[a]pplicando tale metodo, la Commissione ha considerato che i prezzi praticati dalla WIN non le permettessero di coprire i suoi costi variabili fino all’agosto 2001, né i suoi costi totali dal gennaio 2001 all’ottobre 2002 (…), mentre non vi erano dubbi sulla mancata copertura dei costi totali fino all’agosto 2001, considerato il livello di copertura dei costi variabili».

13.

Esaminando la critica della WIN al metodo di calcolo del tasso di copertura dei costi scelto dalla Commissione, il Tribunale ha ricordato in via preliminare che, poiché tale scelta implicava una valutazione economica complessa da parte della Commissione, occorreva riconoscere ad essa un ampio potere discrezionale. Il controllo del Tribunale doveva limitarsi pertanto alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere ( 15 ).

14.

Riferendosi poi alla giurisprudenza Akzo e Tetra Pak II ( 16 ), il Tribunale ha rilevato che «da un lato, prezzi inferiori alla media dei costi variabili permettono di presumere il carattere eliminatorio di una pratica di prezzi e che, dall’altro, prezzi inferiori alla media dei costi totali, ma superiori alla media dei costi variabili, sono da considerarsi illeciti allorché sono fissati nell’ambito di un disegno inteso a eliminare un concorrente» ( 17 ).

15.

Il Tribunale ha dichiarato che, nella specie, la decisione contestata della Commissione si basava su un’analisi della copertura effettiva dei costi rettificati. Secondo il principio dell’ammortamento di un’immobilizzazione, la Commissione aveva considerato l’ipotesi di spalmare i costi di acquisizione della clientela su 48 mesi. Su tale fondamento, essa aveva esaminato separatamente la copertura dei costi variabili rettificati e quella dei costi totali rettificati ( 18 ).

16.

Inoltre, il Tribunale ha respinto gli argomenti della WIN secondo cui la Commissione aveva applicato un test di copertura statica, senza tenere conto della ripartizione dei costi ricorrenti mensili nel tempo, che sarebbe stato molto meno favorevole alla WIN. Il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva integrato, per ogni periodo di infrazione considerato e per tutti gli abbonati, le riduzioni successive delle tariffe intervenute nel corso del periodo controverso. Aveva addirittura strutturato la sua analisi in funzione di tali riduzioni ( 19 ).

17.

Il Tribunale ha inoltre dichiarato che era a giusto titolo che la Commissione aveva ritenuto che i ricavi e i costi successivi all’ottobre 2002 — e, quindi, all’infrazione — non potessero entrare nel calcolo per valutare il tasso di copertura dei costi durante il periodo considerato ( 20 ).

18.

Infine, il Tribunale ha rilevato che, anche se la WIN avesse provato il carattere appropriato, sotto certi profili, del metodo che raccomandava (ossia il metodo dei flussi di cassa attualizzati), ciò non sarebbe stato sufficiente a provare l’illegittimità del metodo utilizzato nella fattispecie dalla Commissione ( 21 ).

19.

La WIN aveva anche sostenuto che la Commissione avesse commesso errori nell’applicazione del proprio metodo di calcolo, in particolare nel calcolo dei costi fissi e variabili.

20.

A tale riguardo, il Tribunale ha dichiarato che, indipendentemente dalla ricevibilità di tale motivo, il fatto che, utilizzando il suo potere discrezionale, la Commissione avesse potuto ammettere che un tasso di copertura dei costi variabili pari al 99,7% non costituiva un’infrazione non poteva obbligare la medesima a giungere alla stessa conclusione per un tasso del 98% o del 99%, a seconda dei casi, dei costi totali. Tale motivo è quindi stato respinto come ininfluente ( 22 ).

B — Le censure relative al test sulla strategia predatoria

21.

Il Tribunale ha respinto anche le censure della WIN relative al test sulla strategia predatoria applicato dalla Commissione.

22.

Ha in primo luogo respinto gli argomenti della WIN secondo cui un operatore ha il diritto di allinearsi in buona fede ai prezzi anteriormente praticati da un concorrente anche qualora siano inferiori ai costi dell’impresa interessata.

23.

Dopo avere osservato che né la prassi della Commissione né la giurisprudenza della Corte ammettevano che il diritto di un’impresa dominante di allinearsi ai prezzi dei concorrenti fosse assoluto, il Tribunale ha rilevato che alle imprese in posizione dominante si impongono obblighi particolari ed esse possono essere private del diritto di adottare comportamenti, o di compiere atti, che non sono in se stessi abusivi e che sarebbero persino incensurabili se fossero adottati, o compiuti, da imprese non dominanti ( 23 ).

24.

Il Tribunale ha concluso che «[l]a WIN non può dedurre un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti per giustificare il proprio comportamento. Benché sia vero che l’allineamento da parte dell’impresa dominante ai prezzi dei concorrenti non è in sé abusivo o condannabile, non può essere escluso che esso lo divenga qualora non sia diretto solo a proteggere i propri interessi, ma abbia per obiettivo di rafforzare tale posizione dominante e di abusarne» ( 24 ).

25.

In secondo luogo, il Tribunale ha deciso di non accogliere la censura della WIN fondata sull’assenza di una strategia predatoria e di riduzione della concorrenza.

26.

Secondo la WIN, la Commissione, concludendo che tale piano era esistito, aveva commesso una grave violazione dell’art. 82 CE. Infatti, detta strategia predatoria non avrebbe potuto in nessun caso essere considerata razionale nelle condizioni di mercato esistenti all’epoca dei fatti, viste in particolare le basse barriere all’ingresso ( 25 ).

27.

Richiamandosi alla giurisprudenza comunitaria, il Tribunale ha ricordato che, in caso di prezzi predatori, se i prezzi erano inferiori ai costi totali medi, l’esistenza di un disegno volto all’eliminazione della concorrenza doveva essere dimostrata e tale intento eliminatorio doveva essere provato mediante indizi gravi e concordanti ( 26 ). Ha quindi dichiarato che le affermazioni cui si riferiva la Commissione, che si trovavano in documenti interni della società, costituivano un indizio dell’esistenza di un disegno predatorio che era confortato da altri elementi. Il Tribunale ha dichiarato che, nel ricorso, la WIN aveva formulato solo affermazioni vaghe che non gli consentivano di pronunciarsi e che ha quindi respinto. Ha concluso che la Commissione aveva fornito indizi gravi e concordanti in merito all’esistenza di un disegno predatorio durante tutto il periodo d’infrazione ( 27 ).

28.

In terzo luogo, la WIN ha sostenuto che il recupero delle perdite costituiva una componente completamente distinta dal test sulla strategia predatoria di cui la Commissione doveva fornire la prova. A suo parere, la Commissione aveva quindi commesso un grave errore di diritto nel sostenere che non fosse necessaria la dimostrazione del recupero delle perdite. Inoltre, la WIN ha affermato che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione, accompagnato da un errore di diritto, nel ritenere di aver fornito la prova di una possibilità di recupero delle perdite ( 28 ).

29.

Il Tribunale ha dichiarato che, conformemente alla giurisprudenza Akzo e Tetra Pak II, la Commissione aveva giustamente considerato che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituiva una condizione per la constatazione di una pratica di prezzi predatori. Seguendo tale giurisprudenza, la Commissione poteva considerare abusivi i prezzi inferiori alla media dei costi variabili. In tale caso, il carattere eliminatorio di una tale pratica in materia di prezzi era presunto. Per ciò che riguardava i costi totali, la Commissione doveva fornire in più la prova che la pratica di prezzi predatori della WIN si iscriveva nell’ambito di un disegno volto ad «appropriarsi prioritariamente» del mercato. In entrambe le ipotesi, non era necessario dimostrare, a titolo di prova supplementare, che la WIN avesse la reale possibilità di recuperare le sue perdite ( 29 ).

III — Conclusioni delle parti

30.

La FT chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e conseguentemente:

rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché esso statuisca nuovamente; oppure

statuire definitivamente, annullando la decisione contestata e accogliendo pertanto le conclusioni presentate dalla ricorrente in primo grado;

condannare la Commissione alle spese.

31.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

condannare la ricorrente alle spese.

IV — L’impugnazione

32.

A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente deduce sette motivi.

A — Sul primo motivo, concernente un difetto di motivazione

33.

Il primo motivo è costituito da due censure. Con la prima, la ricorrente afferma che il Tribunale non ha adempiuto l’obbligo di motivazione ad esso incombente in ordine alla necessità di dimostrare la possibilità di recupero delle perdite.

34.

Con la seconda censura del primo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale non ha adempiuto all’obbligo di motivazione ad esso incombente in ordine al diritto di allineamento ai prezzi dei concorrenti, che ha escluso senza fornire spiegazioni.

35.

Per ragioni di comodità, esaminerò tali motivi in ordine inverso.

1. Diritto di allineamento ai prezzi dei concorrenti

a) Principali argomenti delle parti

36.

La ricorrente contesta il fatto che il Tribunale si sia limitato a dichiarare, al punto 187 della sentenza impugnata, che, «[b]enché sia vero che l’allineamento da parte dell’impresa dominante ai prezzi dei concorrenti non è in sé abusivo o condannabile, non può essere escluso che esso lo divenga qualora non sia diretto solo a proteggere i propri interessi, ma abbia per obiettivo di rafforzare tale posizione dominante e di abusarne» (il corsivo è mio) ( 30 ). La ricorrente sostiene che tale affermazione è meramente ipotetica e che il Tribunale non ha assolutamente precisato se, nel caso di specie, la WIN intendesse rafforzare la sua posizione dominante o abusarne.

37.

La Commissione sostiene che, dinanzi al Tribunale, la ricorrente ha dedotto solo un’«eccezione relativa all’allineamento» o un «diritto fondamentale all’allineamento», di cui tutte le imprese, dominanti o meno, potrebbero avvalersi anche quando i prezzi dei concorrenti siano tali che l’impresa in questione debba applicare prezzi inferiori ai costi. La Commissione afferma quindi che il Tribunale ha giustamente escluso l’esistenza di siffatto diritto assoluto.

b) Valutazione

38.

Ai punti 176-182 della sentenza impugnata, il Tribunale esamina la questione del diritto della WIN di allinearsi ai prezzi dei concorrenti. Il Tribunale ha concluso che non si poteva sostenere che un’impresa dominante avesse un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti. Questa tesi era corroborata dalla prassi decisionale della Commissione e dalla giurisprudenza.

39.

Tale conclusione mi sembra corretta.

40.

Tuttavia, al punto 185 della sentenza impugnata, il Tribunale si è richiamato in generale a una giurisprudenza costante secondo cui, benché una posizione dominante non possa privare un’impresa che si trova in siffatta posizione del diritto di tutelare i propri interessi commerciali, qualora essi siano insidiati, e benché le si debba concedere, entro limiti ragionevoli, la facoltà di compiere gli atti che essa ritiene opportuni per la protezione dei suoi interessi, non si possono ammettere comportamenti del genere qualora essi abbiano appunto lo scopo di rafforzare la posizione dominante e di abusarne ( 31 ).

41.

Al punto 186 della sentenza impugnata, il Tribunale ha poi richiamato la propria giurisprudenza, secondo cui risulta dalla natura degli obblighi imposti dall’art. 82 CE che, in circostanze specifiche, le imprese in posizione dominante possono essere private del diritto di adottare comportamenti, o di compiere atti, che non sono in se stessi abusivi e che sarebbero persino incensurabili se fossero adottati, o compiuti, da imprese non dominanti ( 32 ).

42.

In conclusione, il Tribunale ha dichiarato che «[l]a WIN non può dedurre un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti per giustificare il proprio comportamento. Benché sia vero che l’allineamento da parte dell’impresa dominante ai prezzi dei concorrenti non è in sé abusivo o condannabile, non può essere escluso che esso lo divenga qualora non sia diretto solo a proteggere i propri interessi, ma abbia per obiettivo di rafforzare tale posizione dominante e di abusarne» ( 33 ).

43.

Il Tribunale ha considerato in generale il diritto di un’impresa dominante di allinearsi ai prezzi dei concorrenti, senza applicarlo ai fatti della concreta controversia ad esso sottoposta.

44.

In altre parole, il Tribunale non ha specificamente analizzato se la WIN avesse o meno allineato i suoi prezzi allo scopo di rafforzare la propria posizione dominante o di abusarne. A mio avviso, nel caso di specie il Tribunale non ha minimamente esaminato tale questione.

45.

Dunque, occorre verificare se il Tribunale abbia soddisfatto il requisito formale di motivazione prescritto dall’art. 36 dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al Tribunale in forza dell’art. 53 del medesimo Statuto. L’art. 36 dispone che le sentenze sono motivate ( 34 ).

46.

Nelle conclusioni relative alla causa Acerinox, l’avvocato generale Léger ha osservato che «[s]i può ritenere che la motivazione di una sentenza debba fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale di primo grado, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale» ( 35 ).

47.

Mentre la Commissione ha sostenuto dinanzi al Tribunale che un’impresa dominante non dovrebbe poter allineare i suoi prezzi laddove non sia in grado di coprire i costi del servizio in questione ( 36 ), la risposta del Tribunale su questo punto è in qualche modo più sottile. Infatti, dai termini utilizzati al punto 187 della sentenza impugnata sembrerebbe che il Tribunale abbia tentato di lasciare spazio alla «giustificazione per ragioni di competitività» nei futuri casi in cui un’impresa dominante applicasse prezzi inferiori ai costi.

48.

Dopo essersi richiamato alla giurisprudenza United Brands ( 37 ) e alla giurisprudenza relativa agli obblighi speciali imposti alle imprese in posizione dominante, il Tribunale, in risposta alla questione da esso stesso sollevata al punto 184 della sentenza impugnata, ha definito l’allineamento ai prezzi della concorrenza secondo un criterio leggermente diverso da quello utilizzato dalla Commissione e applicato nella decisione contestata, quale descritto ai punti 176 e 183 della sentenza impugnata.

49.

Il Tribunale avrebbe quindi dovuto valutare se tale (nuova) definizione fosse applicabile o meno ai fatti del caso di specie, valutazione che ha chiaramente omesso.

50.

Condivido invece l’argomento della ricorrente secondo cui l’affermazione del Tribunale di cui al punto 187 della sentenza impugnata ( 38 ) è meramente ipotetica e risulta prima facie incompleta. A tale riguardo, non posso accogliere la tesi della Commissione secondo cui tale affermazione viene «completata» (e/o viene applicata ai fatti del caso di specie la nuova definizione di ciò che costituisce un allineamento consentito) ai punti 199-218 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva prodotto gli elementi necessari a dimostrare la pratica di prezzi predatori inferiori ai costi medi totali. Da un lato, tale argomento è stato dedotto in una fase troppo avanzata del procedimento per essere ricevibile, dato che è stato sollevato dalla Commissione solo in udienza ed era quindi nuovo rispetto alle osservazioni scritte. Dall’altro, a mio parere, tale argomento si basa su punti della sentenza che non presentano alcun collegamento con il punto 187.

51.

Infine, ritengo che la mancanza di motivazione e le lacune nell’argomentazione del Tribunale sopra constatate siano ancora più gravi in quanto il caso in esame sembra essere il primo in cui la giustificazione dell’allineamento sia stata esaminata direttamente dai giudici comunitari in una situazione come quella oggetto del presente procedimento.

52.

Ne consegue che il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente ed è altresì incorso in un errore di diritto.

53.

Pertanto, la seconda censura del primo motivo va accolta.

2. La prova (della possibilità) del recupero delle perdite

a) Principali argomenti delle parti

54.

La ricorrente afferma in sostanza che, nella sentenza Tetra Pak II, la Corte ha dichiarato che, nelle circostanze del caso di specie, non era opportuno esigere anche, come prova supplementare, la dimostrazione del fatto che un’impresa dominante disponeva di una effettiva possibilità di recupero delle perdite subite ( 39 ). Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha deciso di trasformare questa dichiarazione in una regola generale, ma senza motivare tale scelta. La ricorrente aggiunge che le circostanze di cui alla causa Tetra Pak II erano del tutto diverse da quelle su cui si controverte in questa sede, dato che la Tetra Pak deteneva una cosiddetta posizione ultradominante in un mercato maturo. Infine, la giurisprudenza comunitaria non avrebbe mai stabilito che non occorre dimostrare la possibilità di recuperare le perdite.

55.

Nella controreplica, la Commissione fa riferimento alla sua risposta al settimo motivo e afferma in sostanza che dalla giurisprudenza comunitaria non emerge che occorre fornire la prova del recupero delle perdite. In subordine, la Commissione sostiene che la decisione contestata ha effettivamente esaminato in modo molto approfondito se nella fattispecie il recupero fosse probabile e ha concluso in senso affermativo.

b) Valutazione

56.

Al punto 226 della sentenza impugnata, il Tribunale ha citato il punto 44 della sentenza Tetra Pak II, secondo cui, «nelle circostanze del caso di specie, non sarebbe opportuno esigere anche, come prova supplementare, la dimostrazione del fatto che la Tetra Pak disponeva di una effettiva possibilità di recupero delle perdite subite. Infatti, una pratica di prezzi predatori deve potersi sanzionare non appena sussista il rischio di eliminazione dei concorrenti. Ebbene, nella fattispecie il Tribunale di primo grado ha riscontrato un simile rischio ai punti 151 e 191 della sentenza [Tetra Pak II]. L’obiettivo perseguito, che è quello di preservare una concorrenza non falsata, non consente di aspettare che una strategia del genere pervenga all’effettiva eliminazione dei concorrenti». Il Tribunale ha quindi dichiarato, ai punti 227 e 228 della sentenza impugnata, che «(…) la Commissione poteva dunque considerare abusivi i prezzi inferiori alla media dei costi variabili. In tale [situazione], il carattere eliminatorio di una tale pratica in materia di prezzi è presunto (…). Per ciò che riguarda i costi totali, la Commissione doveva fornire in più la prova che la pratica di prezzi predatori della WIN si iscriveva nell’ambito di un disegno volto ad “appropriarsi prioritariamente” del mercato. In entrambe le ipotesi, non era necessario dimostrare, a titolo di prova supplementare, che la WIN avesse la reale possibilità di recuperare le sue perdite (…). È pertanto a giusto titolo che la Commissione ha considerato che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituiva una condizione per la constatazione di una pratica di prezzi predatori» ( 40 ).

57.

Come si è già rilevato nell’ambito della censura concernente il diritto all’allineamento dei prezzi, la motivazione deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale ( 41 ).

58.

A mio parere, il Tribunale non ha spiegato per quale motivo riteneva che la prova della possibilità di recupero delle perdite non fosse necessaria alla luce delle specifiche circostanze di fatto del caso di specie.

59.

Il Tribunale ha citato una sentenza in cui si afferma chiaramente che, nelle circostanze del caso di specie, non era opportuno esigere la dimostrazione del fatto che l’impresa dominante disponeva di una effettiva possibilità di recupero delle perdite subite. Ritengo che il Tribunale non avrebbe dovuto semplicemente trasformare quella dichiarazione, che era chiaramente basata sulle specifiche circostanze di fatto della causa Tetra Pak II, in una regola generale. Così facendo, senza fornire alcuna spiegazione, il Tribunale è chiaramente venuto meno all’obbligo di motivazione ad esso incombente.

60.

Concludo pertanto che il Tribunale è incorso in un duplice errore. Da un lato, interpretando e applicando in modo inesatto la sentenza Tetra Pak II, ha utilizzato un criterio inappropriato. Dall’altro, il Tribunale è chiaramente venuto meno all’obbligo di motivazione ad esso incombente.

61.

Si può inoltre osservare che il Tribunale non ha risposto in modo preciso all’argomento sollevato dalla WIN. La WIN non aveva sostenuto che la Commissione dovesse dimostrare l’«effettivo» recupero delle perdite. Aveva semmai affermato che la Commissione doveva dimostrare che la WIN potesse «prevedere la possibilità» di recuperare le perdite.

62.

Infatti, poiché la mancata considerazione, da parte del Tribunale, di alcune parti degli argomenti della ricorrente incide sull’esito del procedimento e quindi lede i suoi interessi, tale omissione potrebbe anche configurare una violazione del diritto al contraddittorio ( 42 ).

63.

Pertanto, anche la prima censura del primo motivo va accolta.

64.

Da quanto sopra esposto discende che il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente ed è incorso in un errore di diritto. La sentenza impugnata va pertanto annullata.

B — Sulla prima censura del settimo motivo, concernente la violazione dell’art. 82 CE — recupero delle perdite — la possibilità di recupero delle perdite quale condizione per la constatazione di una pratica di prezzi predatori

65.

Il settimo motivo è composto da due censure. Con la prima, che ora esaminerò, la ricorrente sostiene che il Tribunale, dichiarando che la possibilità di recupero delle perdite non costituiva una condizione per constatare una pratica di prezzi predatori, ha violato l’art. 82 CE.

1. Principali argomenti delle parti

66.

La ricorrente afferma che la giurisprudenza comunitaria esige la prova della possibilità di recupero delle perdite, senza la quale non può esistere alcuna strategia predatoria, dato che, in mancanza di una prospettiva di recupero, una pratica di prezzi predatori non costituirebbe un comportamento economico razionale. Sostiene che tale parere è condiviso da molti giudici nazionali e da molte autorità per la concorrenza, nonché da gran parte della dottrina.

67.

La Commissione afferma che la giurisprudenza comunitaria non richiede una prova specifica della possibilità di recupero delle perdite. A differenza dell’approccio adottato nel diritto statunitense in materia di concorrenza, l’analisi dell’abuso ai sensi dell’art. 82 CE presuppone l’esistenza di una posizione dominante (v. sentenza Hoffman-La Roche ( 43 )), la quale sarebbe di per sé sufficiente per concludere che il recupero dei costi è possibile.

2. Valutazione

68.

Dopo essersi richiamato alla sentenza Tetra Pak II, il Tribunale conclude al punto 228 della sentenza impugnata che giustamente la Commissione ha considerato che la dimostrazione di un recupero delle perdite non costituiva una condizione per la constatazione di una pratica di prezzi predatori.

69.

Ritengo che l’interpretazione della giurisprudenza adottata dal Tribunale e, per quanto rileva, dalla Commissione, sia inesatta. A mio parere, detta giurisprudenza richiede che sia dimostrata la possibilità di recupero delle perdite.

70.

Sono del parere che la Corte, utilizzando nella sentenza Tetra Pak II l’espressione «nelle circostanze del caso di specie», intendesse chiaramente evitare di formulare una dichiarazione di portata generale ( 44 ), che renderebbe superflua la prova della possibilità di recupero nei futuri casi di strategie predatorie ( 45 ).

71.

Infatti, come ha giustamente rilevato l’avvocato generale Fennelly nelle conclusioni relative alla causa Compagnie maritime belge transports e a./Commissione ( 46 ), «[n]on sembra che la Corte si sia spinta tanto lontano quanto l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, che aveva proposto[ ( 47 )] alla Corte di non indicare “come nuova condizione per il riconoscimento di prezzi eliminatori, incompatibili con l’art. [82 CE], la prospettiva di recupero delle perdite” perché, tra l’altro, a [parere dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer], “il recupero delle perdite costituisce il risultato perseguito dall’impresa dominante, ma i prezzi predatori costituiscono di per sé una pratica anticoncorrenziale indipendentemente dal fatto che raggiungano o meno il loro obiettivo”».

72.

Inoltre, utilizzando tale espressione limitativa, la Corte ha chiaramente preso le distanze dalla dichiarazione categorica formulata dal Tribunale nella sentenza impugnata nella causa Tetra Pak II, secondo cui non era «necessario accertare in modo specifico se l’impresa considerata potesse ragionevolmente supporre di recuperare le perdite volontariamente riportate» ( 48 ).

73.

A mio parere, anche dalle sentenze AKZO ( 49 ) e Hoffman-La Roche ( 50 ) discende che la prova della possibilità di recupero è necessaria ai fini della constatazione di una pratica di prezzi predatori ai sensi dell’art. 82 CE ( 51 ). Se non esiste alcuna possibilità di recupero, l’impresa dominante svolge probabilmente una normale concorrenza ( 52 ).

74.

In un caso siffatto, dove non esiste la possibilità di recuperare le perdite, i consumatori e i loro interessi, in linea di massima, non dovrebbero subire pregiudizi. Posso qui osservare che condivido il parere dell’avvocato generale Jacobs, il quale ha affermato nelle sue conclusioni relative alla causa Oscar Bronner che «[i]l fine principale dell’art. [82 CE] è prevenire distorsioni della concorrenza — e in particolare tutelare gli interessi dei consumatori — piuttosto che proteggere la posizione di singoli concorrenti» ( 53 ).

75.

Infine, colgo l’occasione per osservare che, a parte la giurisprudenza sopra citata, l’importanza della dimostrazione della possibilità di recupero è stata sottolineata tra l’altro dall’Economic Advisory Group on Competition Policy (EAGCP) ( 54 ), dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici ( 55 ) e dal Gruppo dei regolatori europei ( 56 ).

76.

Nel concludere le mie osservazioni sulla dimostrazione della possibilità di recupero, vorrei rilevare che non mi convince l’argomento della Commissione secondo cui in Europa, e ai sensi dell’art. 82 CE, il recupero è inerente alla posizione dominante, non da ultimo perché la posizione dominante è spesso determinata dalle condizioni storiche del mercato, mentre ho già spiegato che la dimostrazione della possibilità di recupero è necessariamente ex ante e prospettica, essendo basata sulla valutazione della futura struttura del mercato ( 57 ).

77.

Da quanto precede discende che occorre accogliere la prima censura del settimo motivo.

78.

A mio parere, le considerazioni che precedono sono sufficienti per annullare la sentenza impugnata. Ritengo inoltre che le questioni della dimostrazione della possibilità di recupero e del diritto di allineamento siano talmente fondamentali, nel caso in esame, da richiedere un riesame del ricorso in primo grado.

C — Sul secondo motivo, concernente la violazione dell’art. 82 CE — allineamento ai prezzi dei concorrenti

79.

Con il secondo motivo, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE per avere escluso il diritto della WIN di allinearsi in buona fede ai prezzi dei concorrenti.

1. Principali argomenti delle parti

80.

La ricorrente fa valere che il Tribunale non ha contestato che la WIN si fosse semplicemente allineata ai prezzi dei concorrenti. Tuttavia, esso non avrebbe tratto alcuna conclusione da tale circostanza. Senza spiegarne i motivi, si sarebbe limitato a dichiarare che «non è escluso» che tale allineamento divenga abusivo o oppugnabile. Pertanto, il Tribunale non avrebbe rispettato le condizioni di applicazione dell’art. 82 CE. Tale diritto di allineamento sarebbe riconosciuto dalla prassi decisionale della Commissione e dalla giurisprudenza della Corte, nonché dalla dottrina e dalla prassi decisionale delle autorità francesi. Costituirebbe inoltre l’unico mezzo a disposizione della ricorrente per rimanere competitiva sul mercato. Infine, la ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza United Brands ( 58 ), il Tribunale avrebbe dovuto esaminare se la reazione della WIN alla concorrenza fosse o meno «ragionevole» e «adeguata».

81.

La Commissione afferma che la ricorrente non fa valere né un errore di diritto del Tribunale per quanto riguarda i motivi concernenti il preteso diritto della WIN all’allineamento, né una contraddizione nel ragionamento svolto nella sentenza impugnata. Quanto agli argomenti relativi alla reazione «ragionevole» e «adeguata», la ricorrente li solleva per la prima volta in fase di impugnazione, lamentando che la Commissione non ha effettuato tale controllo di proporzionalità. In ogni caso, la ricorrente si limita a criticare un unico punto della sentenza impugnata (il punto 187) ( 59 ). La Commissione sostiene che vietare l’allineamento a un’impresa dominante, quando esso comporti l’applicazione di prezzi inferiori ai costi, è perfettamente conforme ai principi sottesi all’art. 82 CE, secondo cui un’impresa dominante ha una «responsabilità particolare». In subordine, la Commissione afferma che la decisione contestata ha concluso in base ai fatti per l’infondatezza dell’argomento con cui la WIN sosteneva di essersi semplicemente allineata alla concorrenza. Il Tribunale non era tenuto a pronunciarsi su tali fatti.

2. Valutazione

82.

Anzitutto, come ho rilevato al paragrafo 39 delle presenti conclusioni, il Tribunale ha giustamente concluso ai punti 176-182 della sentenza impugnata che la giurisprudenza comunitaria non riconosce a un’impresa in posizione dominante un diritto assoluto ad allinearsi ai prezzi dei concorrenti.

83.

Nel presente motivo, tuttavia, la ricorrente non precisa cosa renda inesatto il ragionamento del Tribunale, né sostiene che quest’ultimo sia incorso in un errore di diritto.

84.

Nondimeno, la ricorrente afferma, analogamente a quanto ha fatto dinanzi al Tribunale, che il diritto (assoluto) di un operatore ad allinearsi in buona fede ai prezzi della concorrenza è stato riconosciuto dalla stessa Commissione nelle sue precedenti decisioni e dalla giurisprudenza della Corte, e trova unanimi consensi nella dottrina e tra gli analisti economici.

85.

Ai sensi dell’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte e dell’art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado deve indicare in modo preciso gli elementi criticati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti giuridici dedotti a sostegno di tale domanda. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, non è conforme a tali precetti il ricorso che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale ( 60 ).

86.

L’avvocato generale Geelhoed ha richiamato la giurisprudenza pertinente al riguardo nelle conclusioni relative alla causa Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione ( 61 ): «[i]n una giurisprudenza ormai copiosa ed univoca, la Corte ha dichiarato che i motivi addotti devono riguardare la decisione del Tribunale di primo grado [ ( 62 )] che, a pena di irricevibilità, un ricorso deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza del Tribunale [ ( 63 )]. Da siffatto requisito di accuratezza consegue, tra l’altro, che non basta la semplice indicazione astratta di un motivo [ ( 64 )]».

87.

Ritengo pertanto che il secondo motivo debba essere dichiarato irricevibile.

88.

Tuttavia, quand’anche fosse concesso alla ricorrente il beneficio del dubbio, ci sia comunque consentito ritenere che, nonostante le perplessità già espresse in ordine all’irricevibilità del presente motivo, questo debba ritenersi ricevibile.

89.

A mio parere, contrariamente a quanto sembra sostenere la ricorrente, la motivazione della sentenza non è contraddittoria solo perché non contiene alcuna affermazione nel senso che «il Tribunale non contesterebbe in base ai fatti che la WIN si fosse semplicemente allineata ai prezzi dei concorrenti».

90.

Come ho concluso in precedenza nell’analisi del primo motivo, il Tribunale non ha applicato ai fatti di causa la giurisprudenza relativa al diritto di allineamento.

91.

Infatti, il Tribunale non ha esaminato sulla base dei fatti di causa la questione se la WIN si fosse o meno effettivamente allineata in buona fede ai prezzi dei concorrenti. Il problema è che tale questione di fatto è ora controversa tra le parti in fase di impugnazione.

92.

Tuttavia, l’impugnazione dinanzi alla Corte è limitata ai punti di diritto, vale a dire che il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare i fatti all’origine del procedimento di primo grado. Per di più, in fase di impugnazione non è consentito alle parti dedurre prove relative a fatti non accertati dal Tribunale.

93.

A mio parere, ne consegue che il secondo motivo è doppiamente irricevibile.

94.

In ogni caso, conformemente a quanto sosterrò al termine delle presenti conclusioni, ritengo che la sentenza impugnata debba essere annullata e rinviata al Tribunale di primo grado per un nuovo esame della causa. Ciò consentirebbe al Tribunale di effettuare accertamenti sulla questione di fatto dell’allineamento della WIN ( 65 ).

95.

Quanto alla questione di principio, approfitterei invece di questa occasione per richiamare l’attenzione su alcuni punti che mi sembrano pertinenti a tale riguardo. In primo luogo, vi è la giurisprudenza richiamata dal Tribunale ai punti 185 e 186 della sentenza impugnata. In secondo luogo, la Corte ha dichiarato nella sentenza Tetra Pak II che «l’ambito d’applicazione materiale della responsabilità particolare che incombe su un’impresa dominante deve essere valutato alla luce delle circostanze specifiche del caso concreto, le quali riflettano una situazione di concorrenza affievolita» ( 66 ). Pertanto, la questione dell’allineamento in situazioni come quella in esame andrebbe esaminata caso per caso. In terzo luogo, ritengo che in alcune circostanze occorra consentire eccezionalmente a un’impresa in posizione dominante di dimostrare che la sua pratica di prezzi inferiori ai costi medi variabili è obiettivamente giustificata ( 67 ).

D — Sul terzo motivo, pretesa violazione dell’art. 82 CE — snaturamento del test sulla strategia predatoria

96.

Con il terzo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE anche per non avere rilevato l’inesattezza del metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il recupero dei costi, che comportava uno snaturamento del test sulla strategia predatoria richiesto dalla Corte nella sentenza AKZO. Il metodo impiegato dalla Commissione avrebbe reso impossibile sapere se gli abbonati della WIN generassero profitti o perdite nel periodo di validità dell’abbonamento.

1. Principali argomenti delle parti

97.

Per quanto riguarda i costi variabili, la ricorrente afferma che, conformemente al punto 71 della sentenza AKZO, affinché possano essere considerati abusivi ai sensi dell’art. 82 CE prezzi inferiori ai costi, il metodo di calcolo del recupero dei costi dev’essere atto a provare che i prodotti o servizi di cui trattasi sono stati venduti in perdita. Il metodo utilizzato può essere compatibile con l’art. 82 CE solo se è idoneo a dimostrare che, in alcuni casi, l’abbonamento ha generato una perdita su un periodo di 48 mesi. Tuttavia, poiché la WIN ha sostenuto nel ricorso d’annullamento che praticamente per l’intero periodo controverso ogni singolo abbonato ha generato un profitto per la WIN, il Tribunale non avrebbe potuto evitare, a pena di incorrere in una violazione all’art. 82 CE, di verificare se la Commissione avesse dimostrato che almeno alcuni abbonati avevano generato una perdita complessiva per la WIN. Il Tribunale ha invece confermato l’approccio della Commissione, che non forniva un quadro completo della redditività di ciascun abbonamento.

98.

Per quanto riguarda i costi totali, la ricorrente si riferisce al suo argomento relativo ai costi variabili e afferma che il Tribunale, omettendo di verificare se fosse stato provato che non erano stati coperti i costi totali degli abbonamenti, ha snaturato il test sulla strategia predatoria. Infatti, non è stata fornita alcuna prova dell’esistenza di abbonamenti che avessero generato una perdita per la WIN su un periodo di 48 mesi.

99.

La Commissione respinge tali affermazioni sostenendo, anzitutto, che non solo il metodo applicato nel caso di specie è lo stesso utilizzato nelle cause sfociate nelle sentenze AKZO e Tetra Pak II, che tiene conto semplicemente dei costi indicati nei bilanci dell’impresa, ma questa volta la Commissione avrebbe addirittura attenuato il metodo in modo favorevole alla ricorrente. Ad esempio, la Commissione non avrebbe applicato un tasso di sconto né imputato un costo di sostituzione ai costi utilizzati nel calcolo.

100.

Per quanto riguarda il metodo di calcolo alternativo (il metodo dei flussi di cassa), il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non era incorsa in un errore manifesto di valutazione; nella presente impugnazione non si afferma che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto a tale riguardo. Quanto alla necessità di tenere conto dell’intera durata di 48 mesi degli abbonamenti, la Commissione sostiene che, essendo il tasso di recupero inferiore al 100% per tutti i successivi brevi periodi esaminati nella decisione (per un periodo complessivo di circa un anno e mezzo), la percentuale di recupero non poteva che essere stata inferiore al 100% anche sull’intera durata media degli abbonamenti, ossia 48 mesi. In proposito, la Commissione fa valere che un tasso di recupero inferiore al 100% non può superare il 100% su un periodo più esteso, a meno che la situazione creatasi a seguito dell’infrazione consenta all’impresa di conseguire margini di profitto su ciascun abbonamento molto superiori a un livello concorrenziale sostenibile.

2. Valutazione

101.

La ricorrente non indica specificamente quali parti (vale a dire quali punti) della sentenza impugnata intenda contestare ( 68 ).

102.

Nell’impugnazione, la ricorrente asserisce che la Commissione ha applicato un’analisi statica del recupero delle perdite che in realtà consiste nell’addizionare i costi di acquisizione a una cifra pari a 48 volte l’importo dei costi ricorrenti mensili, quali esistevano alla data della sottoscrizione dell’abbonamento, e a confrontare tale totale con una cifra pari a 48 volte i ricavi mensili quali esistevano alla stessa data.

103.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato rispettivamente ai punti 140 e 142 che, «contrariamente a ciò che ha sostenuto la WIN, la Commissione non ha usato un test di copertura statica» e che «contrariamente a quanto afferma la WIN, il metodo non equivale assolutamente ad addizionare i costi di acquisizione ad una cifra pari a 48 volte l’importo dei costi ricorrenti mensili, quali esistevano alla data della sottoscrizione dell’abbonamento, e a confrontare tale totale con una cifra pari a 48 volte i ricavi mensili quali esistevano alla stessa data» ( 69 ).

104.

Tuttavia, la ricorrente, a parte il fatto che sembra contestare in fase di impugnazione le valutazioni di merito operate dal Tribunale di primo grado, non imputa a quest’ultimo un errore di valutazione né un travisamento dei fatti e si limita a ripetere gli stessi argomenti presentati al Tribunale ( 70 ). Quanto agli argomenti relativi al metodo dei flussi di cassa, il Tribunale ha dichiarato ai punti 153-155 della sentenza impugnata che la Commissione non è incorsa in un errore di diritto per non avere scelto tale metodo e la ricorrente non ha sostenuto che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto su questo punto.

105.

Ritengo pertanto che quanto precede sia sufficiente per respingere il terzo motivo in quanto irricevibile e, in ogni caso, infondato.

E — Sul quarto motivo, secondo cui il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente l’art. 82 CE e l’obbligo di motivazione ad esso incombente — costi e ricavi successivi al periodo controverso

106.

Con il quarto motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale, decidendo che non occorreva prendere in considerazione i costi e i ricavi successivi al periodo della pretesa infrazione (vale a dire posteriori al 15 ottobre 2002), ha interpretato erroneamente sia l’art. 82 CE che l’obbligo di motivazione ad esso incombente. La Commissione avrebbe erroneamente concluso per l’esistenza di una violazione sulla base di tale limitazione nel tempo dei costi e dei ricavi da prendere in considerazione.

1. Principali argomenti delle parti

107.

La ricorrente lamenta che il Tribunale ha confermato l’analisi della Commissione, che escludeva costi e ricavi successivi al 15 ottobre 2002. Il Tribunale non avrebbe potuto — senza contraddirsi e incorrere in una violazione dell’art. 82 CE — confermare l’approccio adottato dalla Commissione, che, da un lato, aveva escluso dal calcolo del tasso di recupero costi e ricavi successivi alla pretesa infrazione ma rientranti nel periodo di 48 mesi e, dall’altro, aveva riconosciuto, per quanto riguardava gli abbonamenti, che i costi e i ricavi erano legittimamente ripartiti su 48 mesi. Per soddisfare i requisiti di cui all’art. 82 CE, il tasso di recupero andrebbe calcolato solo su un periodo di 48 mesi.

108.

La ricorrente sostiene che il Tribunale, confermando la tesi della Commissione, è caduto in contraddizione, in quanto la decisione contestata aveva chiaramente stabilito che, a decorrere dal 15 ottobre 2002, le condizioni di concorrenza erano state «ripristinate» ( 71 ), mentre la Commissione ha ora ammesso di non avere mai tenuto conto dei ricavi successivi alla pretesa infrazione, in quanto sarebbero stati conseguiti solo in una situazione di concorrenza affievolita.

109.

Secondo la Commissione, tale motivo costituisce in realtà solo un ampliamento del terzo motivo e deriva da una confusione. Non sarebbe mai esistito il dubbio se consentire di spalmare su un periodo di 48 mesi tutti i ricavi e i costi degli abbonamenti. Semmai, il metodo della Commissione, che è stato accettato dal Tribunale, consentiva — conformemente al principio dell’ammortamento di un’immobilizzazione — di spalmare su un determinato periodo una particolare categoria di costi, vale a dire i costi variabili non ricorrenti («costi di conquista» o «costi di acquisizione dell’abbonato») sopportati all’inizio di un abbonamento.

110.

La Commissione afferma che, per contro, i costi ricorrenti non devono essere ripartiti su un periodo di tempo. Secondo la decisione contestata, l’impresa non era in grado di «raggiungere un livello di copertura dei costi ricorrenti (costi di rete e costi di produzione) sufficiente affinché il margine risultante su tali costi ricorrenti coprisse, in un orizzonte di tempo ragionevole, i costi variabili non ricorrenti investiti nello sviluppo commerciale dei prodotti in questione» ( 72 ). Tutti i costi e i ricavi successivi alla pretesa infrazione, che la ricorrente vorrebbe includere nel calcolo, sono invece ricorrenti.

111.

La Commissione fa inoltre valere che sarebbe errato includere nel calcolo le proiezioni dei futuri margini positivi derivanti dalle successive riduzioni dei costi, che sarebbero accessibili a tutti i concorrenti ma non sarebbero accompagnati da una riduzione dei prezzi. Tale risultato potrebbe essere raggiunto solo in un contesto di concorrenza affievolita. La Commissione osserva che, in ogni caso, le estrapolazioni della ricorrente non porterebbero a un tasso positivo di recupero dei costi totali e che, quand’anche si accettassero le proiezioni dei margini di profitto estremamente elevati su 48 mesi presentate dalla ricorrente, tali margini potrebbero essere realizzati solo in un ambiente di concorrenza affievolita. Infine, la Commissione sostiene che, anche escludendo i «costi d’acquisizione», i costi diretti sopportati ogni mese dalla WIN per ciascun abbonamento sarebbero superiori ai relativi ricavi.

112.

Infine, la Commissione afferma che l’approccio (errato) della ricorrente consiste nell’ammettere che gli abbonati generino perdite mensili crescenti per un anno e mezzo (il periodo oggetto della decisione contestata), ma ipotizzando notevoli margini positivi per gli anni successivi all’intervento della Commissione, di modo che gli abbonati possano risultare redditizi alla fine del periodo di abbonamento.

2. Valutazione

113.

Prima facie, sembrerebbe che questo motivo costituisca un mero ampliamento del motivo precedente e che la ricorrente ripeta l’argomento secondo cui solo un periodo di 48 mesi avrebbe consentito un calcolo del recupero dei costi rispondente ai requisiti di cui all’art. 82 CE. Anzitutto, tale motivo sembrerebbe basato sulla errata convinzione che il Tribunale di primo grado avrebbe ammesso che «i costi e i ricavi sono ripartiti su 48 mesi». Il Tribunale di primo grado non ha mai fatto una simile affermazione. Semmai, il Tribunale di primo grado ha confermato il metodo della Commissione, consistente nel ripartire solo una categoria di costi, ossia i costi variabili non ricorrenti.

114.

In ogni caso, dal mio esame dei punti 129-156 della sentenza impugnata non è emerso nulla che possa inficiare la validità dell’analisi del Tribunale. A mio parere, esso non è incorso in alcun errore di diritto e ha applicato correttamente l’art. 82 CE laddove ha dichiarato che «la WIN non ha dimostrato che, utilizzando i dati registrati nella contabilità della WIN e correggendoli in senso favorevole a questa in modo da tenere in conto il contesto particolare del mercato in questione, rispettando al tempo stesso le regole inderogabili dell’esame richiesto dall’art. 82 CE, la Commissione abbia applicato, nella fattispecie, un illegittimo test di copertura dei costi» e che «non risulta dalla giurisprudenza che il ricorso al metodo dei flussi di cassa attualizzati si imponesse nella presente fattispecie e (…) la WIN non ha proposto alcun argomento che provasse che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione a tale riguardo» ( 73 ).

115.

Infine, ricordo che, secondo il regolamento di procedura della Corte, l’oggetto del procedimento dinanzi al Tribunale non può essere modificato in fase di impugnazione. Questo motivo di impugnazione risulta invece significativamente diverso dal motivo dedotto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale, con cui essa sosteneva che la Commissione, rifiutando l’uso del metodo dei flussi di cassa o del valore attuale netto (VAN) (che, secondo la ricorrente, era l’unico metodo appropriato), era incorsa in un errore di diritto. Per contro, l’impugnazione proposta dinanzi alla Corte non menziona più il metodo in questione.

116.

Pertanto, ritengo che il quarto motivo debba essere dichiarato irricevibile e, in ogni caso, infondato.

F — Sul quinto motivo, con cui si deduce una violazione dell’art. 82 CE e dell’obbligo di motivazione — prezzi predatori anche se accompagnati da una significativa riduzione della quota di mercato dell’impresa considerata

117.

Con il quinto motivo, la ricorrente fa inoltre valere che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE e l’obbligo di motivazione ad esso incombente per avere dichiarato che un prezzo può essere predatorio anche quando sia accompagnato da una significativa riduzione della quota di mercato dell’impresa considerata. Tale prezzo non potrebbe essere considerato atto a determinare l’esclusione dei concorrenti.

1. Principali argomenti delle parti

118.

La ricorrente sostiene che il Tribunale, pur ammettendo che la quota di mercato della WIN si era ridotta a partire dall’agosto 2002, ha dichiarato nondimeno che la pretesa infrazione era continuata fino al 15 ottobre dello stesso anno. Tuttavia, una strategia predatoria presupporrebbe una riduzione significativa della concorrenza e pertanto non potrebbe esistere laddove quest’ultima aumenti.

119.

La Commissione afferma che, in primo grado, la ricorrente aveva sollevato tale argomento solo per contestare l’esistenza di una posizione dominante e chiedere una riduzione dell’ammenda. Essa utilizza tale argomento per contestare l’esistenza di un abuso per la prima volta in fase di impugnazione.

120.

Quanto al merito, dalle informazioni in possesso della Commissione emerge che la quota di mercato della WIN è costantemente aumentata fino al 31 agosto 2002. Qualunque riduzione della sua quota di mercato durante l’ultimo mese e mezzo dell’infrazione potrebbe essere dovuta solo alla riduzione delle tariffe all’ingrosso della FT per l’accesso alla rete, che la WIN, a differenza dei concorrenti, ha deciso di non traslare sui propri prezzi, ponendo così fine all’infrazione il 15 ottobre 2002. La Commissione aggiunge, per scrupolo di completezza, che tale riduzione della quota di mercato non rimetterebbe in discussione la legittimità della decisione, ma tutt’al più la durata dell’infrazione. Ciò, tuttavia, non avrebbe alcuna incidenza sull’entità dell’ammenda, dato che nell’impugnazione non se ne chiede il riesame.

2. Valutazione

121.

Come ha rilevato giustamente la Commissione, con l’impugnazione in esame si contesta solo la valutazione della posizione dominante operata dal Tribunale e la WIN ha dedotto in primo grado l’argomento relativo a una pretesa riduzione della sua quota di mercato solo per contestare l’esistenza di una posizione dominante ( 74 ) e chiedere una riduzione dell’ammenda ( 75 ).

122.

Secondo la giurisprudenza, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. In sede di impugnazione la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado ( 76 ).

123.

Il quinto motivo deve quindi essere dichiarato irricevibile.

G — Sul sesto motivo, concernente uno snaturamento dei fatti e la violazione dell’art. 82 CE — l’asserita strategia predatoria

1. Snaturamento dei fatti e delle prove

124.

Il sesto motivo è costituito da due censure. Con la prima, la ricorrente fa valere che, per quanto riguarda l’asserita strategia predatoria, il Tribunale ha snaturato i fatti e le prove ad esso sottoposte.

a) Principali argomenti delle parti

125.

La ricorrente sostiene che il Tribunale ha snaturato le prove su cui ha fondato la propria analisi della questione relativa all’esistenza di una strategia predatoria. Esso si sarebbe basato esclusivamente sui documenti della WIN e avrebbe dedotto l’esistenza di una strategia predatoria dai termini ivi impiegati, quali «occupazione prioritaria» e «occupare prioritariamente». Tuttavia, tali documenti rispecchierebbero solo «obiettivi commerciali alquanto ambiziosi», per usare le parole dello stesso Tribunale ( 77 ).

126.

La Commissione sostiene che la ricorrente tenta di ottenere il riesame in fase di impugnazione di una censura già dichiarata irricevibile dal Tribunale, senza tuttavia contestare la constatazione della sua irricevibilità. In secondo luogo, la ricorrente non adduce alcun argomento a dimostrazione del preteso snaturamento e spetta unicamente al Tribunale valutare la rilevanza da attribuire alle prove dedotte dinanzi ad esso. Per scrupolo di completezza, la Commissione afferma che l’analisi del Tribunale non si basa esclusivamente su documenti nei quali compare l’espressione «occupare prioritariamente», ma anche su molti altri documenti.

b) Valutazione

127.

La ricorrente tenta di ottenere il riesame di un motivo già dichiarato irricevibile dal Tribunale ai punti 204 e 205 della sentenza impugnata.

128.

Tuttavia, la ricorrente non può nuovamente sollevare tale motivo in fase di impugnazione. Essa può soltanto contestare, per ragioni specifiche, la conclusione del Tribunale secondo cui il motivo è irricevibile in primo grado ( 78 ) e deve addurre argomenti atti a dimostrare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ( 79 ). A mio avviso, la ricorrente non ha contestato la dichiarazione di irricevibilità del Tribunale.

129.

La censura in esame riguarda una questione di fatto e non offre argomenti persuasivi a riprova di un preteso snaturamento.

130.

Conformemente all’art. 225 CE e all’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti ( 80 ). Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte ( 81 ).

131.

La prima censura del sesto motivo va quindi dichiarata irricevibile.

2. Violazione dell’art. 82 CE

132.

Con la seconda censura, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE. Tale disposizione presuppone che esista un piano oggettivamente individuabile volto a eliminare i concorrenti e non può in alcun caso essere soddisfatta da un test soggettivo sulla nozione di abuso di posizione dominante.

a) Principali argomenti delle parti

133.

La ricorrente sostiene che l’abuso di posizione dominante è una nozione oggettiva. L’analisi e la conclusione del Tribunale sarebbero invece basate su elementi puramente soggettivi, anziché su prove oggettive quali minacce ai concorrenti, prezzi selettivi per i clienti della concorrenza, discriminazioni di prezzo, offerte migliori, oppure la durata, la concordanza e l’entità delle vendite in perdita.

134.

La Commissione afferma anzitutto che l’elemento dell’intenzionalità dell’abuso è necessariamente soggettivo e, in secondo luogo, che la giurisprudenza comunitaria non richiede che la strategia predatoria venga dimostrata con il tipo di prova oggettiva suggerito dalla ricorrente.

b) Valutazione

135.

È sufficiente rilevare, in primo luogo, che, come per alcuni dei precedenti motivi, la ricorrente fa ricorso ai medesimi argomenti presentati dinanzi al Tribunale.

136.

Pertanto, anche la seconda censura del sesto motivo dev’essere respinta in quanto irricevibile.

137.

Per quanto riguarda la strategia predatoria, ritengo che il Tribunale abbia applicato correttamente al caso in esame la giurisprudenza AKZO e Tetra Pak II.

138.

Pertanto, il sesto motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile e, in ogni caso, infondato.

H — Sulla seconda censura del settimo motivo, concernente la violazione dell’art. 82 CE — recupero delle perdite — prova dell’impossibilità di recuperare le perdite fornita dall’impresa

139.

Con la seconda censura del settimo motivo, la ricorrente afferma che il Tribunale ha violato l’art. 82 CE per avere confuso la prova della possibilità di recuperare le perdite fornita dalla Commissione con la prova dell’impossibilità di recuperare le perdite fornita dall’impresa.

1. Principali argomenti delle parti

140.

La ricorrente sostiene che la stessa WIN ha dimostrato che il recupero delle perdite era impossibile. Il Tribunale avrebbe quindi dovuto pronunciarsi sulla questione se la Commissione potesse legittimamente ignorare la prova dell’impossibilità di recupero fornita dall’impresa.

141.

La Commissione fa valere che la ricorrente non ha dedotto alcun motivo in primo grado sulla questione se la Commissione potesse ignorare tale prova. In ogni caso, rileva che l’argomento è stato implicitamente respinto ai punti 103-121 e 261-267 della sentenza impugnata. Infine, la Commissione afferma che, per scrupolo di completezza, nella decisione contestata aveva esaminato anche la possibilità di recupero e aveva ritenuto che nel caso di specie il recupero sarebbe risultato probabile.

2. Valutazione

142.

A mio parere, dinanzi al Tribunale la ricorrente non ha dedotto alcun argomento per sostenere che il recupero delle perdite era impossibile, oltre a quello secondo cui la Commissione avrebbe dimostrato l’impossibilità di recuperare le perdite, nella decisione contestata, con la sua affermazione, secondo cui «le condizioni di concorrenza sono state ripristinate».

143.

Infatti, l’obbligo per il Tribunale di motivare le proprie decisioni non implica che quest’ultimo sia tenuto a replicare in dettaglio a tutti gli argomenti invocati dal ricorrente, specialmente se tali argomenti non hanno un carattere sufficientemente chiaro e preciso e non sono fondati su elementi di prova circostanziati ( 82 ).

144.

Ritengo che l’argomento dedotto dalla WIN nel ricorso dinanzi al Tribunale — secondo cui la Commissione si era contraddetta nell’analisi del mercato — per dimostrare che il recupero era impossibile non possa essere considerato sufficientemente chiaro e preciso. Né esso equivale ad asserire che la Commissione non poteva legittimamente ignorare la prova dell’impossibilità di recupero fornita dall’impresa in questione.

145.

In ogni caso, tale prova risulta implicitamente ma necessariamente respinta ai punti 103-121 e 261-267 della sentenza impugnata.

146.

Pertanto, ritengo che la seconda censura del settimo motivo debba essere dichiarata irricevibile, in quanto argomento o motivo nuovo non sollevato dinanzi al Tribunale, e, in ogni caso, infondata.

V — Conclusione

147.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di annullare la sentenza impugnata.

Inoltre, ritengo opportuno che la Corte rinvii la causa al Tribunale di primo grado, ai sensi dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, e riservi le spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Le pratiche di prezzi predatori vengono talvolta definite anche come «pratiche di prezzi inferiori ai costi».

( 3 ) Sentenza 3 luglio 1991, causa C-62/86, AKZO/Commissione (Racc. pag. I-3359; in prosieguo: la «sentenza AKZO»).

( 4 ) Sentenza 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. I-5951; in prosieguo: la «sentenza Tetra Pak II»).

( 5 ) Decisione della Commissione 16 luglio 2003, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo [82 CE] (Caso COMP/38.233 — Wanadoo Interactive; in prosieguo: la «decisione contestata»).

( 6 ) Asymmetric Digital Subscriber Line.

( 7 ) Art. 1 della decisione contestata.

( 8 ) Artt. 2 e 4 della decisione contestata.

( 9 ) Sentenza France Télécom/Commissione (Racc. pag. II-107)

( 10 ) In base ai poteri che le sono conferiti dall’art. 12, n. 1, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE e 82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204).

( 11 ) V. paragrafo 2 delle presenti conclusioni.

( 12 ) A sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale, la WIN ha inoltre chiesto in via subordinata l’annullamento o la riduzione dell’ammenda, deducendo: i) la violazione dei principi di personalità e di legalità della pena, ii) l’assenza di effetti delle pratiche in causa, iii) la determinazione errata della durata dell’infrazione e iv) la violazione del principio di proporzionalità.

( 13 ) V. punti 122-230 della sentenza impugnata.

( 14 ) V. punto 138 della sentenza impugnata.

( 15 ) V. punto 129, che richiama, in tal senso, la sentenza 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, John Deere/Commissione (Racc. pag. I-3111, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) Cit. rispettivamente alle note 3 e 4.

( 17 ) V. punto 130 della sentenza impugnata.

( 18 ) V. punto 132.

( 19 ) V. punti 140-143.

( 20 ) V. punto 152.

( 21 ) V. punto 153.

( 22 ) V. punti 165-169.

( 23 ) V. punto 186.

( 24 ) V. punto 187.

( 25 ) V. punto 188.

( 26 ) V. punti 195-198.

( 27 ) V. punti 199-215.

( 28 ) V. punti 219-223.

( 29 ) V. punti 224-229.

( 30 ) V. punto 187 della sentenza impugnata.

( 31 ) Che cita le sentenze 14 febbraio 1978, causa 27/76, United Brands/Commissione (Racc. pag. 207, punto 189); 1o aprile 1993, causa T-65/89, BPB Industries e British Gypsum/Commissione (Racc. pag. II-389, punto 117), e 8 ottobre 1996, cause riunite da T-24/93 a T-26/93 e T-28/93, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (Racc. pag. II-1201, punto 146).

( 32 ) Che cita la sentenza 17 luglio 1998, causa T-111/96, ITT Promedia/Commissione (Racc. pag. II-2937, punto 139).

( 33 ) V. punto 187 della sentenza impugnata.

( 34 ) V., per quanto riguarda la disposizione corrispondente dello Statuto CECA della Corte, sentenza 11 settembre 2003, causa C-197/99 P, Belgio/Commissione (Racc. pag. I-8461, punto 63).

( 35 ) Causa C-57/02 P, Compañía española para la fabricación de aceros inoxidables SA (Acerinox)/Commissione, decisa con sentenza 14 luglio 2005 (Racc. pag. I-6689). V. paragrafo 32 delle conclusioni, dove si citano in tal senso le sentenze 14 maggio 1998, causa C-259/96 P, Consiglio/De Nil e Impens (Racc. pag. I-2915, punti 32-34); 17 maggio 2001, causa C-449/98 P, IECC/Commissione (Racc. pag. I-3875, punto 70), nonché le ordinanze 19 luglio 1995, causa C-149/95 P(R), Commissione/Atlantic Container Line e a. (Racc. pag. I-2165, punto 58); 14 ottobre 1996, causa C-268/96 P(R), SCK e FNK/Commissione (Racc. pag. I-4971, punto 52), e 25 giugno 1998, causa C-159/98 P(R), Antille olandesi/Consiglio (Racc. pag. I-4147, punto 70). V. anche sentenza Acerinox, cit. (punto 36).

( 36 ) Sarebbe agevole contestare tale argomento, dato che la Commissione non precisa a quali costi (variabili o totali, ecc.) si riferisca.

( 37 ) V. sentenze United Brands/Commissione, cit. alla nota 31 (punto 189); BPB Industries e British Gypsum/Commissione, cit. alla nota 31 (punto 117), e Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. alla nota 31 (punto 146).

( 38 ) In cui si dichiara in sostanza che l’allineamento diviene condannabile quando non sia diretto solo a proteggere gli interessi dell’impresa dominante, ma abbia lo scopo di rafforzare la sua posizione dominante e di abusarne.

( 39 ) Sentenza Tetra Pak II, cit. alla nota 4 (punto 44).

( 40 ) Sentenza impugnata (punti 226-228).

( 41 ) V. giurisprudenza citata alla nota 35.

( 42 ) V. sentenza 10 dicembre 1998, causa C-221/97 P, Schröder e a./Commissione (Racc. pag. I-8255, punto 24).

( 43 ) Sentenza 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione (Racc. pag. 461).

( 44 ) Per un’interpretazione analoga v., ad esempio, Whish, R., Competition Law, Butterworths, 4a edizione, 2001, pag. 650; Jones, A., e Sufrin, B., EC Competition Law, Oxford University Press, 2001, pag. 342; Korah, V., «The Paucity of Economic Analysis in the Decision on Competition: Tetra Pak II», Current Legal Problems, vol. 46, 1993, pag. 172, nonché Kon, S., e Turnbull, S., «Pricing and the Dominant Firm: Implications of the Competition Commission Appeal Tribunal’s Judgment in the NAPP Case» (2003) E.C.L.R. 24(2), pagg. 70-86, in particolare pag. 75.

( 45 ) Per contro, ritengo che dal punto 44 della sentenza della Corte nella causa Tetra Pak II emerga chiaramente che non è necessaria la prova dell’effettivo recupero. Ciò risulta anche da quanto dichiarato dalla Corte nel medesimo punto, secondo cui «una pratica di prezzi predatori deve potersi sanzionare non appena sussista il rischio di eliminazione dei concorrenti. Ebbene, nella fattispecie il Tribunale di primo grado ha riscontrato un simile rischio ai punti 151 e 191 della sentenza impugnata. L’obiettivo perseguito, che è quello di preservare una concorrenza non falsata, non consente di aspettare che una strategia del genere pervenga all’effettiva eliminazione dei concorrenti».

( 46 ) Cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P (Racc. pag. I-1365, paragrafo 129 e nota 84).

( 47 ) V. conclusioni nella causa Tetra Pak II, cit. alla nota 4 (paragrafo 78).

( 48 ) V. sentenza 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak International/Commissione (Racc. pag. II-755, punto 150).

( 49 ) In particolare punto 71.

( 50 ) In particolare punto 91.

( 51 ) A mio parere, l’analisi della possibilità di recupero richiede una valutazione ex ante o in prospettiva della struttura del mercato successiva all’esclusione, vale a dire la possibilità di recupero quale può essere ragionevolmente prevista dall’impresa dominante nel momento in cui stabilisce la propria strategia di prezzo. Tale analisi sembrerebbe infatti analoga a quella svolta dalla Commissione nel settore del controllo delle concentrazioni. Cfr. sentenza 15 febbraio 2005, causa C-12/03 P, Commissione/Tetra Laval (Racc. pag. I-987, punti 42-44). V. anche, ad esempio, Ezrachi, A., EC Competition Law, Hart, 2008, pag. 140; Papandropoulos, P., «Article 82 EC reform», Droit & économie, Concurrences n. 1 — 2008, e de la Mano, M., e Durand, B., A Three-Step Structured Rule of Reason to Assess Predation under Article 82, DG Competition, European Commission, Office of the Chief Economist Discussion Paper, 12 dicembre 2005, pag. 3.

( 52 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. alla nota 46 (paragrafo 136). Per di più, dal momento che l’analisi prezzi/costi nei casi relativi a pratiche di prezzi predatori è inevitabilmente discutibile e controversa (cfr. sentenza AKZO, cit. alla nota 3), v. altresì Howarth, D., «Unfair and Predatory Pricing under Article 82 EC», in EC Competition Law, Amato, G., e Ehlermann, C.-D. (a cura di)., Hart, 2007, pagg. 258-262, non da ultimo per questioni quali l’individuazione dei prezzi variabili e fissi, del periodo di tempo rilevante e così via, la condizione della prova della possibilità di recupero comporterebbe, in linea di principio, il vantaggio di attenuare le conseguenze degli errori (soprattutto falsi positivi) commessi nei casi relativi a presunte pratiche di prezzi predatori. Inoltre, per quanto riguarda la prova ex ante della possibilità di recupero quale utile e amministrabile criterio di distinzione, concordo sul fatto che, in linea di massima, «è molto più facile stabilire in base alla struttura di mercato che il recupero è improbabile di quanto non lo sia accertare il costo sopportato da un determinato produttore» [traduzione libera]. V. la sentenza statunitense A. A. Poultry Farms, Inc v Rose Acre Farms, Inc 881 F.2d 1396, (7th Cir. 1989), cert denied, 494 U.S. (1990). Tale analisi del recupero «consente al giudice di non addentrarsi nella complessa materia dell’analisi dei costi, dell’esame di varie voci contabili e delle prove peritali sul problema dell’individuazione dei costi rilevanti» [traduzione libera]. V. la sentenza australiana Boral (2003) 195 ALR 609 (punto 292).

( 53 ) Conclusioni nella causa C-7/97 (Racc. pag. I-7791, paragrafo 58).

( 54 ) «In particolare, occorre valutare attentamente la capacità del predatore di recuperare le perdite» [traduzione libera], in Report by the EAGCP, che è un gruppo di eminenti economisti accademici consulenti della Direzione generale della Commissione per la concorrenza e del Commissario per la concorrenza, «An economic approach to Article 82», luglio 2005, pag. 52, consultabile su http://ec.europa.eu/comm/competition/publications/studies/eagcp_july_21_05.pdf.

( 55 ) «Il test del recupero andrebbe applicato ordinariamente nei casi relativi a pratiche di prezzi predatori» [traduzione libera], in OECD, Predatory Foreclosure, Directorate for Financial and Enterprise Affairs, Competition Committee, DAF/COMP(2005)14, 15 marzo 2005, pagg. 8 e segg., consultabile su http://www.oecd.org/dataoecd/26/53/34646189.pdf. Per un panorama recente di 35 giurisdizioni, v. The International Competition Network, Report on Predatory Pricing, a cura di The Unilateral Conduct Working Group, presentata alla 7a conferenza annuale dell’ICN, Kyoto, aprile 2008, consultabile su http://www.icn-kyoto.org/documents/materials/Unilateral_WG_3.pdf.

( 56 ) Il Gruppo dei regolatori europei per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, istituito dalla Commissione, nel suo documento consultivo del 21 novembre 2003 relativo a un «Draft joint ERG/EC approach on appropriate remedies in the new regulatory framework», pag. 36, afferma quanto segue: «le pratiche di prezzi predatori presentano quindi le seguenti caratteristiche: i) il prezzo applicato è inferiore ai costi; ii) i concorrenti vengono spinti fuori dal mercato o esclusi; iii) l’impresa è in grado di recuperare le perdite» (il corsivo è mio) [traduzione libera]. Tale documento è consultabile su: http://www.erg.eu.int/doc/publications/erg0330_draft_joint_approach_on_remedies.pdf.

( 57 ) Cfr. «Al contempo, però, si deve tenere presente che la prova della posizione dominante non implica necessariamente che l’impresa che occupa tale posizione sia anche in grado di recuperare le perdite. Benché la prova del recupero implichi che il monopolio di detta impresa continuerà anche in futuro, è importante considerare che le fasi della perdita e del recupero non sono coincidenti (…) Il fatto che un’impresa si trovasse in posizione dominante nel momento in cui ha effettuato vendite sottocosto non significa che potrà recuperare in futuro, aumentando i prezzi, le perdite subite in passato, dato che in futuro le condizioni di concorrenza potrebbero essere diverse. (…). In secondo luogo, le denunce relative a pratiche di prezzi predatori ai sensi dell’art. 82 CE sono state accolte praticamente solo quando il recupero era stato dimostrato o risultava probabile in base alle circostanze» [traduzione libera], in O’Donoghue, R., e Padilla, A. J., The Law and Economics of Article 82 EC, Oxford, Hart, 2006, pag. 254. V. anche: «Le Autorità dovrebbero tenere presente, tuttavia, che verificare l’esistenza di una posizione dominante non equivale ad effettuare un’analisi del recupero» [traduzione libera], OECD, cit. alla nota 55, pagg. 8 e segg.

( 58 ) Cit. alla nota 31.

( 59 ) Secondo cui non può essere escluso che l’allineamento ai prezzi della concorrenza «divenga [abusivo e condannabile] qualora (…) abbia per obiettivo di rafforzare [la] posizione dominante [dell’impresa] e di abusarne».

( 60 ) V. sentenza Schröder e a./Commissione, cit. alla nota 42 (punto 35). Tale interpretazione dell’impugnazione sarebbe solo un tentativo diretto a ottenere un nuovo giudizio di merito, che non compete alla Corte. V., ad esempio, sentenza 3 marzo 2005, causa C-499/03 P, Biegi Nahrungsmittel e Commonfood/Commissione (Racc. pag. I-1751, punti 37 e 38).

( 61 ) Sentenza 25 gennaio 2007, cause riunite C-403/04 P e C-405/04 P (Racc. pag. I-729).

( 62 ) I motivi sostanzialmente diretti contro atti od omissioni delle istituzioni sono irricevibili. La riproposizione di tali motivi trasformerebbe l’impugnazione in un «normale» appello. V., tra l’altro, sentenze 7 maggio 1998, causa C-401/96 P, Somaco/Commissione (Racc. pag. I-2587, punto 49), e 22 aprile 1999, causa C-161/97 P Kernkraftwerke Lippe-Ems/Commissione (Racc. pag. I-2057, punti 76 e 77).

( 63 ) V., tra l’altro, sentenze Schröder e a./Commissione, cit. alla nota 42 (punti 35 e 38-42), e 9 settembre 1999, causa C-257/98 P, Lucaccioni/Commissione (Racc. pag. I-5251, punti 61 e 62).

( 64 ) V. sentenza 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione (Racc. pag. I-4235, punto 113).

( 65 ) Quando risultino necessari ulteriori accertamenti di fatto oppure un esame ex novo dei fatti già accertati, la Corte rinvia la causa dinanzi al Tribunale. V., a tale riguardo, sentenza 17 dicembre 1992, causa C-68/91 P, Moritz/Commissione (Racc. pag. I-6849, punti 41 e 42).

( 66 ) V. sentenza Tetra Pak II, cit. alla nota 4 (punto 24).

( 67 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. alla nota 31 (paragrafo 127). Cfr. sentenza Tetra Pak International/Commissione, cit. alla nota 48 (punto 147): «[è] ammissibile che un’impresa in posizione dominante effettui vendite in perdita qualora ricorrano determinate condizioni». V., tra l’altro, anche Bellamy & Child, European Community Law of Competition, Oxford, 6a ed., 2008, pagg. 956-957, section 10.071: «Intendere che la [sentenza Akzo] implichi che praticare prezzi inferiori ai costi medi debba essere predatorio, (…) mi sembra troppo rigido, [p]rezzi inferiori ai costi medi potrebbero essere proconcorrenziali (…)» [traduzione libera]; Motta, M., Competition Policy, Cambridge University Press, 2004, pag. 453; Faull, J., e Nikpay, A., The EC law of competition, Oxford University Press 2007, pag. 379, section 4.287; Ezrachi, A., cit. alla nota 51, pag. 136; OECD, cit. alla nota 55, pag. 18: «il solo fatto che un’impresa applichi prezzi inferiori ai costi non significa che i suoi atti siano lesivi della concorrenza. Esistono circostanze nelle quali tale pratiche di prezzi non solo è benigna, ma favorisce effettivamente la concorrenza. Gli organi competenti devono indagare in modo approfondito sulle giustificazioni addotte dai presunti predatori per le proprie pratiche di prezzi» [traduzione libera]; Whish, R., cit. alla nota 44, pag. 649; Jones, A, e Sufrin, B., cit. alla nota 44, pag. 339; Garzaniti, L., e Liberatore, F., «Recent Developments in the European Commission’s Practice in the Communications Sector: Part 2» (2004) E.C.L.R. 25(4), pagg. 34-240.

( 68 ) A tale riguardo, per evitare ripetizioni, mi richiamo ai precedenti paragrafi 85 e 86 delle presenti conclusioni, applicabili anche in questa sede.

( 69 ) Per il ragionamento svolto a tale riguardo dal Tribunale v. punti 143-151 della sentenza impugnata.

( 70 ) Un atto di impugnazione non può limitarsi a ripetere i motivi e gli argomenti che sono già stati presentati dinanzi al Tribunale senza dedurre argomenti intesi a dimostrare che quest’ultimo abbia commesso un errore di diritto. V. ordinanza 5 febbraio 1998, causa C-30/96 P, Abello e a./Commissione (Racc. pag. I-377, punto 45).

( 71 ) V. punto 386 della decisione contestata.

( 72 ) V. punto 76 della decisione contestata e punto 136 della sentenza impugnata.

( 73 ) Punti 154 e 155. Per quanto riguarda il dibattito sull’analisi del valore attuale netto v., ad esempio, la sentenza britannica 15 gennaio 2002, causa n. 1001/1/1/01, Napp Pharmaceutical Holdings Ltd v Director General of Fair Trading, Competition Commission Appeal Tribunal (CAT) (punto 260).

( 74 ) Punto 95 del ricorso in primo grado della WIN, nell’ambito del motivo concernente l’esistenza di una posizione dominante.

( 75 ) Punto 272 del ricorso in primo grado della WIN, nell’ambito del motivo concernente l’ammenda.

( 76 ) V. sentenza 26 ottobre 2006, causa C-68/05 P, Koninklijke Coöperatie Cosun/Commissione (Racc. pag. I-10367, punti 95-98 e giurisprudenza ivi citata).

( 77 ) Si fa riferimento al punto 214 della sentenza impugnata.

( 78 ) V. Lenaerts, K., Arts, D., e Maselis, I., Procedural Law of the European Union, 2a ed., Londra, 2006, pag. 464: «Ciò si può desumere dalla sentenza 22 dicembre 1993, causa C-354/92 P, Eppe/Commissione (Racc. pag. I-7027, punto 13)» [traduzione libera].

( 79 ) V. sentenza Abello e a./Commissione, cit. alla nota 70 (punto 45).

( 80 ) Sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punto 24).

( 81 ) Sentenza 7 novembre 2002, cause riunite C-24/01 P e C-25/01 P, Glencore e Compagnie Continentale/Commissione (Racc. pag. I-10119, punti 65-69). Tale snaturamento deve emergere chiaramente dai documenti del fascicolo di cui dispone la Corte, senza che occorra svolgere un nuovo esame dei fatti e delle prove. V. sentenza 6 aprile 2006, causa C-551/03 P, General Motors/Commissione (Racc. pag. I-3173, punti 51, 52 e 54).

( 82 ) V. sentenza 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione (Racc. pag. I-1611, punto 121), e Belgio/Commissione, cit. alla nota 34 (punto 81).