Causa T‑196/06

Edison SpA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Perossido di idrogeno e perborato di sodio — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE — Imputabilità del comportamento illecito — Obbligo di motivazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione

(Art. 81 CE)

2.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle norme sulla concorrenza — Decisione riguardante una pluralità di destinatari — Necessità di una motivazione sufficiente in particolare nei confronti dell’ente che deve sostenere l’onere conseguente a un’infrazione

(Artt. 81 CE e 253 CE)

3.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle norme sulla concorrenza — Motivazione che si basa su un elemento non esposto nella comunicazione degli addebiti — Inammissibilità

(Artt. 81 CE e 253 CE)

4.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle norme sulla concorrenza — Regolarizzazione di un difetto di motivazione nel corso del procedimento contenzioso — Inammissibilità

(Artt. 81 CE e 253 CE)

5.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione di applicazione delle norme sulla concorrenza — Considerazione di elementi di informazione non contenuti nella decisione che riconosce la responsabilità di un’impresa al fine di valutare la legittimità della motivazione della decisione — Inammissibilità

(Artt. 81 CE e 253 CE)

1.      Il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici. Infatti, in una simile situazione la controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi dell’art. 81 CE.

Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata.

In tali circostanze, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante responsabile dell’infrazione di cui trattasi, a meno che tale società controllante, sulla quale incombe l’onere di invertire detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

Al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato, devono essere presi in considerazione tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano tale controllata alla società controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere quindi elencati in modo tassativo.

(v. punti 26-30)

2.      Con riferimento alla motivazione di una decisione della Commissione che applica l’art. 81 CE, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione. In particolare, essa non è tenuta a prendere posizione sugli elementi che sono manifestamente ininfluenti, privi di significato o chiaramente secondari.

Quando una decisione in applicazione dell’art. 81 CE riguarda più destinatari e pone un problema d’imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione. Pertanto, nei confronti di una controllante ritenuta responsabile del comportamento illecito della sua controllata, una simile decisione deve contenere un’esposizione esauriente dei motivi atti a giustificare l’imputabilità dell’infrazione a tale società.

In tale contesto, quando una società controllante faccia valere non solo che essa era una holding che gestiva la sua controllata come un mero investimento finanziario, attraverso una società di holding interposta, ma adduca altresì un insieme di circostanze particolari caratterizzante i legami tra le società interessate al momento dell’infrazione, e ove gli elementi da essa dedotti non si limitino ad affermazioni, ma contengano informazioni dettagliate sul funzionamento della holding, accompagnate da dichiarazioni dei dirigenti delle società interessate, da scambi di corrispondenza con terzi nonché da un certo numero di documenti interni alle società interessate e contemporanei al periodo dell’infrazione, la Commissione è tenuta a prendere posizione su tale argomentazione, esaminando se, considerati tutti gli elementi rilevanti relativi ai legami economici, organizzativi e giuridici tra le società interessate, la società controllante abbia dimostrato che la sua controllata si comportava in modo autonomo sul mercato, nonché, eventualmente, a esporre i motivi per cui ritiene che gli elementi dedotti dalla società controllante non sono sufficienti per invertire la presunzione di cui trattasi. L’obbligo della Commissione di motivare la propria decisione sotto questo profilo si desume chiaramente dal carattere relativo della presunzione riguardante l’influenza determinante da parte di una società controllante sulla sua controllata di cui detenga il 100% del capitale, per inficiare la quale la società controllante deve produrre una prova attinente al complesso dei legami economici, organizzativi e giuridici tra la stessa e la sua controllata.

(v. punti 57-58, 71, 73, 75-77)

3.      Un elemento non esposto nella comunicazione degli addebiti e sul quale un’impresa, destinataria di una decisione della Commissione che rileva un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, non ha avuto occasione di far valere la propria posizione nel corso del procedimento amministrativo deve essere considerato inopponibile a detta impresa. Di conseguenza, la Commissione non può avvalersene nell’ambito della motivazione della propria decisione.

(v. punto 83)

4.      La motivazione di una decisione della Commissione che applica l’art. 81 CE deve, in linea di principio, essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può dunque essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza del ragionamento alla base della decisione in pendenza della causa. Pertanto, la mancanza di motivazione non può essere sanata in pendenza della causa.

(v. punti 89-90)

5.      Nel caso di ricorsi diretti conto le decisioni della Commissione che infliggono ammende ad imprese per violazione delle norme in materia di concorrenza, il Tribunale è competente a valutare, nell’ambito della sua competenza giurisdizionale estesa anche al merito, il carattere adeguato dell’importo delle ammende. Mentre tale valutazione può, in determinate condizioni, giustificare la presa in considerazione di elementi di informazione aggiuntivi, tale rilievo non si applica nell’ambito del controllo del rispetto dell’obbligo di motivazione della decisione che accerta l’infrazione, allorché questa è sottoposta al controllo di legittimità.

Pertanto, anche se il Tribunale può constatare una violazione dell’obbligo di motivazione commessa dalla Commissione nell’ambito della determinazione delle ammende inflitte per infrazioni dell’art. 81, n. 1, CE, affermando al contempo che, poiché la soluzione adottata dalla Commissione dev'essere, nel merito, confermata, tale violazione non comporta né l’annullamento della decisione impugnata né una modifica dell’importo delle ammende, tale valutazione non può essere applicata al caso del controllo della legittimità di una decisione della Commissione, nella parte in cui quest’ultima ha affermato la responsabilità dell’impresa interessata.

(v. punti 91-93)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

16 giugno 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Perossido di idrogeno e perborato di sodio – Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE – Imputabilità del comportamento illecito – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑196/06,

Edison SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti M. Siragusa, R. Casati, M. Beretta, P. Merlino e E. Bruti Liberati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dai sigg. V. Di Bucci e F. Amato, successivamente dai sigg. Di Bucci e V. Bottka, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, la domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 3 maggio 2006, C (2006) 1766 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/F/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), nella parte in cui riguarda la ricorrente e, in via subordinata, la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata),

composto dai sigg. V. Vadapalas (relatore), facente funzione di presidente, M. Prek, A. Dittrich, L. Truchot e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 settembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Edison SpA (precedentemente Montedison SpA), ricorrente, è una società di diritto italiano che, attraverso la Montecatini SpA, controllava, fino al 20 dicembre 2000, il 100% del capitale della Ausimont SpA, produttore di perossido di idrogeno (in prosieguo: l’«HP») e di perborato di sodio (in prosieguo: il «PBS»).

2        Tra il dicembre 2000 e il maggio 2002 la Ausimont era controllata in modo maggioritario dalla ricorrente. Nel maggio 2002 la Ausimont è stata ceduta al gruppo della Solvay SA ed è divenuta, dal 1° gennaio 2003, la Solvay Solexis SpA.

3        Nel novembre del 2002 la Degussa AG ha informato la Commissione delle Comunità europee dell’esistenza di un’intesa nei mercati dell’HP e del PBS e ha richiesto l’applicazione della comunicazione della Commissione relativa alla non imposizione di ammende e alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3).

4        La Degussa ha fornito alla Commissione le prove materiali che le hanno consentito di effettuare, il 25 e il 26 marzo 2003, talune verifiche negli uffici di determinate imprese.

5        Il 26 gennaio 2005 la Commissione ha trasmesso una comunicazione degli addebiti alla ricorrente e alle altre imprese coinvolte.

6        Dopo aver sentito le imprese interessate, la Commissione ha adottato la decisione 3 maggio 2006, C (2006) 1766 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE nei confronti di Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA [ricorrente], FMC Corporation, FMC Foret S.A., Kemira OYJ, Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (caso COMP/F/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), una sintesi della quale è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 13 dicembre 2006 (GU L 353, pag. 54). Essa è stata notificata alla ricorrente con lettera dell’8 maggio 2006.

 Decisione impugnata

7        Nella decisione impugnata la Commissione ha rilevato che i destinatari di quest’ultima avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’Accordo sullo spazio economico europeo (SEE), relativa all’HP e al suo derivato, il PBS (punto 2 della decisione impugnata).

8        L’infrazione accertata è consistita prevalentemente nello scambio tra concorrenti di informazioni rilevanti in termini commerciali e di informazioni riservate concernenti il mercato e le imprese, nella limitazione e nel controllo della produzione e delle capacità potenziali ed effettive di questa, nell’assegnazione di quote di mercato e di clienti nonché nella fissazione e nel monitoraggio del rispetto degli obiettivi di prezzo.

9        La ricorrente è stata ritenuta responsabile «in solido» dell’infrazione con la Solvay Solexis (punto 423 della decisione impugnata).

10      Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato il metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3).

11      La Commissione ha determinato l’importo di base delle ammende in funzione della gravità e della durata dell’infrazione (punto 452 della decisione impugnata), e questa è stata qualificata come molto grave (punto 457 della decisione impugnata).

12      In applicazione di un trattamento differenziato, la ricorrente e la Solvay Solexis sono state classificate nella terza e penultima categoria, corrispondente all’importo di partenza pari a EUR 20 milioni (punti 460‑462 della decisione impugnata).

13      Per assicurare un sufficiente effetto dissuasivo, al suddetto importo di partenza è stato applicato un coefficiente moltiplicatore pari all’1,5, in considerazione del rilevante fatturato della ricorrente. Dal momento che la Solvay Solexis è stata ceduta ad un’altra impresa, tale coefficiente non è stato applicato alla sua ammenda (punto 463 della decisione impugnata).

14      Dato che, secondo la Commissione, la ricorrente ha partecipato all’infrazione dal 12 maggio 1995 al 31 dicembre 2000, ossia per un periodo di cinque anni e sette mesi, l’importo della sua ammenda è stato maggiorato del 55% per la durata (punto 467 della decisione impugnata).

15      Per le circostanze aggravanti la Commissione ha aumentato l’importo dell’ammenda della ricorrente del 50%, tenuto conto della recidiva rispetto all’infrazione accertata nella decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/599/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (caso 31.865 – PVC) (GU L 239, pag. 14) (punti 469 e 496 della decisione impugnata).

16      In applicazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta in solido con la Solvay Solexis all’importo corrispondente al 10% del suo fatturato globale nel 2005 (punto 498 della decisione impugnata).

17      L’art. 1, lett. e) e n), della decisione impugnata enuncia che la ricorrente e la Solvay Solexis, avendo partecipato all’infrazione di cui trattasi dal 12 maggio 1995 al 31 dicembre 2000, hanno violato l’art. 81, n. 1, CE e l’art. 53 dell’accordo SEE.

18      All’art. 2, lett. c), della decisione impugnata la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda pari a EUR 58,125 milioni, di cui la Solvay Solexis viene dichiarata responsabile «in solido» fino a un ammontare pari a EUR 25,619 milioni.

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio 2006, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

20      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione e, sentite le parti, la presente causa è stata attribuita alla Sesta Sezione ampliata.

21      A causa dell’impedimento di due membri della sezione ampliata a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato altri due giudici per completare la sezione, ai sensi dell’art. 32, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

22      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 2 settembre 2010.

23      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        in subordine, annullare o ridurre l’importo dell’ammenda ad essa inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

25      Dal momento che l’argomentazione della ricorrente a sostegno delle conclusioni dirette all’annullamento si dirige, in sostanza, contro l’affermazione della sua responsabilità per il comportamento illecito della sua controllata, occorre preliminarmente ricordare la giurisprudenza rilevante a tale riguardo.

26      Secondo costante giurisprudenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici (v. sentenza della Corte 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

27      Infatti, in una simile situazione la società madre e la sua affiliata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi dell’art. 81 CE (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 26 supra, punto 59).

28      Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 26 supra, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

29      Ciò premesso, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà conseguentemente considerare la società madre responsabile dell’infrazione di cui trattasi, a meno che questa società madre, sulla quale incombe l’onere di invertire detta presunzione, non fornisca elementi di prova sufficienti, idonei a dimostrare che la sua affiliata tiene un comportamento autonomo nel mercato (v., in tal senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 26 supra, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

30      Al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato, devono essere presi in considerazione tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano tale controllata alla società controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere quindi elencati in modo tassativo (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, punto 26 supra, punto 74; v. altresì, in questo senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2007, causa T‑112/05, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. II‑5049, punto 65).

31      Nel caso di specie, ai punti 370‑379 della decisione impugnata la Commissione ha rammentato che una società madre può essere considerata responsabile del comportamento illecito di una controllata, qualora la controllata non determini in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato. Essa ha precisato di aver potuto presumere legittimamente che una filiale controllata al 100% segua essenzialmente le istruzioni impartitele dalla società madre e che quest’ultima può tuttavia confutare tale presunzione fornendo la prova del contrario.

32      Quanto all’imputazione alla ricorrente del comportamento illecito della Ausimont, la Commissione ha anzitutto affermato, al punto 416 della decisione impugnata, che essa «controllava direttamente» la sua filiale al momento dell’infrazione.

33      Al punto 417 della decisione impugnata la stessa ha fatto riferimento agli argomenti con cui la ricorrente aveva contestato tale imputazione.

34      Al punto 418 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che, contrariamente alla tesi sostenuta dalla ricorrente, un controllo al 100% sulla filiale è sufficiente a provare la responsabilità di una controllante, in mancanza di un argomento atto a confutare la presunzione che ne deriva.

35      Per quanto poi concerne gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno dell’autonomia della Ausimont, ai punti 419‑421 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che «altri elementi indica[vano] il contrario», facendo riferimento, da una parte, alle condizioni della partecipazione dei dirigenti della ricorrente alla riunione del marzo 1994 con i rappresentanti della Degussa e, dall’altra, all’identità di un membro del consiglio di amministrazione della Ausimont e di quello della Montecatini, nonché alle condizioni della ristrutturazione del gruppo nel dicembre 2000. Al punto 422 della decisione impugnata la Commissione ha giudicato che «altri elementi» presentati dalla ricorrente, segnatamente il fatto che essa non fosse a conoscenza dell’intesa, non erano sufficienti a confutare la presunzione.

36      Infine, la Commissione ha affermato la responsabilità della ricorrente, in considerazione del suo «coinvolgimento (...) nelle operazioni commerciali di Ausimont» e della sua partecipazione al 100% nel capitale di quest’ultima (punto 423 della decisione impugnata).

37      Nel contestare tale valutazione, la ricorrente deduce, in sostanza, tre motivi, relativi, il primo, ad una violazione dei suoi diritti della difesa, il secondo, ad una violazione dell’obbligo di motivazione e, il terzo, ad una violazione dell’art. 81 CE.

38      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare in primo luogo il secondo motivo.

 Sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

39      Nell’ambito del secondo motivo la ricorrente sostiene, da un lato, che la constatazione della partecipazione al 100% nel capitale della Ausimont non configura un motivo sufficiente per chiarire sotto quale profilo la responsabilità dell’infrazione in esame potesse esserle imputata e che la motivazione della decisione impugnata è contraddittoria e insufficiente per quanto riguarda altri due elementi cui viene fatto riferimento ai punti 419‑421 di tale decisione.

40      In particolare, per quanto riguarda la riunione del 16 marzo 1994, menzionata al punto 420 della decisione impugnata, nella sua risposta datata 13 aprile 2006 la ricorrente avrebbe fornito alla Commissione un certo numero di elementi atti a dimostrare che le condizioni in cui si è svolta la riunione in parola non potevano essere fatte valere al fine di affermare la sua responsabilità nell’infrazione di cui trattasi, ma che, al contrario, esse confermavano l’autonomia della sua controllata.

41      La ricorrente sostiene, dall’altro, di aver fornito nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti elementi di prova dell’autonomia della Ausimont. La Commissione avrebbe dichiarato insufficienti tali elementi senza indicare i motivi di tale rigetto. Sotto questo aspetto la decisione impugnata sarebbe viziata da un difetto assoluto di motivazione. Infatti, la Commissione non avrebbe neanche discusso uno solo dei punti in fatto e in diritto sollevati dalla ricorrente per dimostrare l’autonomia di cui godeva la Ausimont.

42      Alla luce di tali elementi, la Commissione non avrebbe potuto basare le sue conclusioni su un «elemento puramente formale», cioè l’indiretta partecipazione totalitaria al capitale della Ausimont, e soltanto su due circostanze di fatto, vale a dire la riunione del 16 marzo 1994 e l’identità di uno dei membri dei consigli di amministrazione della Ausimont e della Montecatini. A questo fine non potrebbero essere presi in considerazione gli argomenti addotti dalla Commissione per la prima volta in corso di causa.

43      Dal momento che la Commissione ha imputato la responsabilità alla ricorrente sulla base di una presunzione, essa avrebbe dovuto esaminare con particolare attenzione gli elementi dedotti dalla ricorrente. Il loro rigetto immotivato avrebbe l’effetto di trasformare la presunzione semplice in esame in una presunzione assoluta, implicante una responsabilità oggettiva della ricorrente.

44      La Commissione controbatte sostenendo che il controllo totale da parte della ricorrente sulla Ausimont fa sorgere una presunzione dell’esercizio della sua influenza determinante sul comportamento di tale controllata. Gli elementi menzionati ai punti 420 e 421 della decisione impugnata sarebbero stati utilizzati quali indizi supplementari di una simile influenza già desumibile dalla presunzione in discorso.

45      Per quanto riguarda il primo elemento, dalle informazioni della Degussa e della ricorrente risulterebbe che esse hanno organizzato congiuntamente la riunione del 16 marzo 1994 e che il presidente della Ausimont sarebbe stato convocato «improvvisamente». Il suo obiettivo principale sarebbe stato quello di discutere il possibile acquisto da parte della Degussa delle attività della Ausimont nel settore di cui trattasi, nonché il progetto della Ausimont di costruire un nuovo stabilimento a Bitterfeld (Germania). Il fatto che tale riunione sia stata organizzata dalla ricorrente sarebbe un indizio della sua influenza sulle attività della Ausimont.

46      Contrariamente a quanto argomentato dalla ricorrente, dalla nota della Degussa risulterebbe che anche il settore dell’HP e del PBS in generale è stato oggetto di discussione. Tale indicazione sarebbe corroborata dal presidente della Ausimont. Sebbene la riunione in questione si sia svolta circa un anno prima dell’inizio dell’infrazione, non vi sarebbe ragione di ritenere che essa non sia rivelatrice dell’esistenza di rapporti tra la ricorrente e la Ausimont durante l’infrazione, in quanto nel frattempo la struttura del gruppo non avrebbe subito sostanziali modifiche.

47      Per quanto riguarda il secondo elemento, il fatto che il presidente della Ausimont fosse membro del consiglio di amministrazione della Montecatini costituirebbe un indizio della volontà della ricorrente di garantire la stabilità della catena di controllo tra essa e la Ausimont.

48      L’argomento della ricorrente relativo alla mancanza di un legame personale tra la stessa e la Ausimont sarebbe del resto contraddetto dal fatto, che emerge dalla risposta della Solvay Solexis ad una richiesta di informazioni, che il presidente e un membro del consiglio di amministrazione della ricorrente sono stati membri del consiglio di amministrazione della Ausimont durante una parte del periodo di durata dell’infrazione. Sebbene si tratti di un elemento non menzionato nella decisione impugnata, la Commissione sostiene di potersene avvalere legittimamente, in risposta all’argomento della ricorrente.

49      Quanto ai motivi del rigetto della prova contraria, la Commissione asserisce che il suo obbligo di motivazione non si estende all’obbligo di esaminare tutti i punti di fatto e di diritto trattati nel corso del procedimento amministrativo. Essa sostiene che nessuno degli elementi dedotti dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti fosse idoneo a dimostrare l’autonomia della Ausimont.

50      La Commissione afferma di aver motivato la sua decisione in modo giuridicamente valido e, in particolare, di aver sufficientemente chiarito le ragioni per cui ha respinto gli argomenti della ricorrente. In particolare, ai punti 419‑421 della decisione impugnata essa avrebbe risposto agli argomenti della ricorrente secondo cui la Ausimont godeva d’autonomia, sottolineando in proposito che esistevano indizi contrari, cioè la riunione del 16 marzo 1994 e la funzione esercitata dal presidente della Ausimont nel consiglio di amministrazione della Montecatini.

51      Gli elementi forniti dalla ricorrente sarebbero stati comunque insufficienti. Il fatto che l’attività di una controllata non costituisca l’attività principale del gruppo non sarebbe un indizio rilevante. L’impegno della ricorrente nel processo di risanamento del gruppo avrebbe logicamente comportato il suo coinvolgimento nelle scelte strategiche più importanti, proprio per evitare che tali scelte potessero pregiudicare il processo di risanamento del gruppo. Il fatto che la controllante non si occupi direttamente o indirettamente della gestione corrente delle attività della controllata non dimostrerebbe l’autonomia di quest’ultima. Per poter constatare l’esistenza di un’influenza determinante, sarebbe sufficiente che la capogruppo incida sulle scelte strategiche fondamentali della controllata.

52      Il controllo del gruppo descritto dalla ricorrente, esercitato attraverso tre comitati che avevano incontri trimestrali con la direzione delle controllate, non sarebbe assimilabile all’attività di gestione di azioni da parte di una holding puramente finanziaria. Inoltre, sulla scorta della dichiarazione del presidente della Ausimont, la ricorrente sarebbe stata informata dei «piani e del budget del Gruppo Ausimont», degli «obiettivi di massima» nonché dei «principi generali in tema di risorse umane», e si sarebbe occupata della «copertura del fabbisogno finanziario» della Ausimont per la realizzazione dei suoi progetti strategici più importanti.

53      Il fatto che, in forza del suo statuto sociale, il consiglio di amministrazione della Ausimont fruisse di un ampio potere discrezionale in materia di attività commerciali non costituirebbe una prova della sua autonomia, in particolare per quanto riguarda le scelte strategiche fondamentali. Infatti, la ricorrente sarebbe intervenuta nelle decisioni strategiche concernenti i progetti della Ausimont di un nuovo stabilimento a Bitterfeld o di una joint-venture negli Stati Uniti.

54      L’asserita mancanza di tracce di ingerenza nei verbali delle riunioni dei consigli di amministrazione della ricorrente o della Ausimont, i quali peraltro non sarebbero stati prodotti, non sarebbe sufficiente, in quanto l’esercizio di siffatta influenza non deve necessariamente trasparire da tali verbali.

55      Pertanto, secondo la Commissione, anche supponendo che la decisione impugnata fosse viziata da un difetto di motivazione relativamente al rigetto degli argomenti addotti dalla ricorrente nella risposta alla comunicazione degli addebiti, non sarebbe opportuno annullarla, in quanto tale annullamento potrebbe dare luogo solo alla pronuncia di una nuova decisione identica nel merito (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, FNCBV e a./Commissione, Racc. pag. II‑4987, punto 363).

 Giudizio del Tribunale

56      Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

57      La Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma le è sufficiente esporre i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’economia della decisione. In particolare, essa non è tenuta a prendere posizione sugli elementi che sono manifestamente ininfluenti, privi di significato o chiaramente secondari (sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, causa T‑349/03, Corsica Ferries France/Commissione, Racc. pag. II‑2197, punto 64; v. altresì, in tal senso, sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, punto 56 supra, punto 64).

58      Quando, come nella fattispecie in esame, una decisione in applicazione dell’art. 81 CE riguarda più destinatari e pone un problema d’imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione. Pertanto, nei confronti di una controllante ritenuta responsabile del comportamento illecito della sua controllata, una simile decisione deve contenere un’esposizione esauriente dei motivi atti a giustificare l’imputabilità dell’infrazione a tale società (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punti 78‑80).

59      Dai punti 416-423 della decisione impugnata risulta che l’imputazione del comportamento illecito alla ricorrente si fonda sull’affermazione dell’esercizio effettivo della sua influenza determinante sulla Ausimont, derivante da una presunzione connessa al controllo totale da parte sua di tale filiale attraverso una società interposta, dato che, secondo la Commissione, detta presunzione non è stata inficiata dalla ricorrente.

60      La ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha esposto una motivazione sufficiente in merito alla constatazione della sua responsabilità, in particolare, in quanto non ha esplicitato i motivi per i quali gli elementi addotti per confutare la presunzione siano stati respinti.

61      Occorre osservare che dal fascicolo risulta che la ricorrente, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, ha addotto un’argomentazione specifica allo scopo di dimostrare l’autonomia della Ausimont.

62      Anzitutto, essa ha sostenuto di aver svolto, al momento dell’infrazione, il ruolo di una holding non operativa di un gruppo estremamente diversificato, precisando di aver ripreso solo nel 2002 la propria attività di produttore e fornitore di energia elettrica. In proposito essa ha prodotto una sintesi delle dichiarazioni IVA (imposta sul valore aggiunto) relative all’attività della propria società nonché di quella della Montecatini, società attraverso la quale la ricorrente controllava la Ausimont nel corso di tutta la durata dell’infrazione.

63      Essa ha affermato che l’attività di holding non comportava un coinvolgimento nella gestione delle controllate, in quanto il loro controllo era circoscritto alla verifica dei risultati finanziari mediante revisioni interne ed esterne. A tale riguardo essa si è fondata su documenti contemporanei del periodo di durata dell’infrazione relativi all’organizzazione della revisione interna, redatti dalla propria amministrazione.

64      Essa, poi, ha fatto valere le condizioni particolari della crisi finanziaria del gruppo, affermando che tutta la direzione del gruppo era stata sostituita nel 1993 e che la sua nuova direzione aveva attuato un piano di cessione delle attività non strategiche del gruppo, attuato nel periodo compreso tra il 1993 e il 2001 e destinato a ridurre lo squilibrio finanziario nonché ad evitare il fallimento. Essa ha asserito che tale piano implicava una totale autonomia di gestione delle società del gruppo e, in particolare, della Ausimont, dal momento che quest’ultima era stata attiva nel settore non considerato essenziale e di cui era in corso la cessione.

65      A sostegno di tale argomentazione, la ricorrente ha illustrato gli elementi del funzionamento del suo gruppo, il quale, nel 1995, era costituito da 932 società attive in diversi settori dell’economia ed aveva conosciuto una rilevante riorganizzazione conclusasi nel 2002, il cui obiettivo era la concentrazione delle attività nel settore dell’energia.

66      Inoltre, la stessa ha prodotto un certo numero di elementi di prova, ossia la lettera indirizzata a terzi da uno dei suoi dirigenti nel 1995, in cui veniva affermato tra l’altro che la «politica ormai consolidata da tempo [era] di delegare la totale gestione operativa a (...) società [del gruppo]», la dichiarazione dell’ex presidente della Ausimont, che testimoniava la sua autonomia in materia di politica commerciale, una copia dello statuto della Ausimont, secondo cui il suo consiglio di amministrazione era stato investito «dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società» e della «facoltà di compiere tutti gli atti che riten[esse] opportuni per l’attuazione e il raggiungimento degli scopi sociali», nonché il verbale del consiglio di amministrazione della Ausimont del 27 maggio 1996, in cui vengono conferiti al suo presidente «tutti i poteri e la facoltà per la gestione ordinaria e straordinaria della società».

67      La ricorrente ha altresì affermato che la Ausimont disponeva di tutte le strutture e di tutti i servizi necessari ai fini di una gestione autonoma, che i verbali delle riunioni del suo consiglio di amministrazione non contenevano alcun indizio di discussioni relative alle politiche commerciali delle controllate e che quelli del consiglio di amministrazione della Ausimont non contenevano alcun riferimento ad eventuali direttive che quest’ultima avrebbe ricevuto in merito alle politiche commerciali, offrendosi di produrre tutti i suddetti documenti su richiesta della Commissione.

68      Infine, la ricorrente ha fatto riferimento alle dichiarazioni della Solvay Solexis, riprese nella sua risposta ad una richiesta di informazioni trasmessa dalla Commissione e facente parte del fascicolo amministrativo, da cui risulta che, al momento dell’infrazione, il consiglio di amministrazione della Ausimont disponeva di un ampio potere discrezionale in ordine alle attività commerciali.

69      Al punto 417 della decisione impugnata la Commissione ha illustrato l’argomentazione addotta dalla ricorrente.

70      Essa ha poi affermato, al punto 419 della decisione impugnata, che «la tesi sostenuta [dalla ricorrente] circa l’autonomia [della sua controllata]» era contraddetta dagli elementi esposti ai punti 420 e 421 della decisione impugnata. Infine, al punto 422 della decisione impugnata essa ha concluso che «altri elementi» presentati dalla ricorrente non erano sufficienti a confutare la presunzione in esame.

71      Si deve rilevare che tale ragionamento non affronta l’argomentazione addotta dalla ricorrente, ma si limita a rinviare agli indizi supplementari indicati ai punti 420 e 421 della decisione impugnata. Conseguentemente, la citata motivazione della decisione impugnata non indica le ragioni per cui la Commissione ritiene che gli elementi dedotti dalla ricorrente non siano sufficienti per confutare la presunzione di cui trattasi.

72      Inoltre, deve ritenersi che, nonostante la Commissione non sia tenuta a prendere posizione su tutti gli elementi fatti valere dall’interessato, in particolare qualora questi siano manifestamente ininfluenti, privi di significato o chiaramente secondari (v. precedente punto 57), nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, gli elementi dedotti dalla ricorrente non possono essere considerati privi di significato rispetto alla valutazione dell’autonomia della Ausimont.

73      Infatti, va osservato che la ricorrente non solo ha fatto valere che essa era una holding che gestiva la sua controllata come un mero investimento finanziario, attraverso una società di holding interposta, ma ha altresì addotto un insieme di circostanze particolari caratterizzante i legami tra le società interessate al momento dell’infrazione in questione.

74      In particolare, essa ha argomentato in modo circostanziato che la nuova direzione della holding che aveva assunto il comando del gruppo, a seguito della sua crisi finanziaria nel 1993, ha adottato provvedimenti di riorganizzazione che comportavano la decisione di lasciare alle società del gruppo un’autonomia di comportamento, tenuto conto, da un lato, degli obiettivi della holding a fronte della crisi e, dall’altro, della grande varietà delle attività del gruppo.

75      Gli elementi dedotti dalla ricorrente, del resto, non si limitavano ad affermazioni, ma contenevano informazioni dettagliate sul funzionamento della holding, accompagnate da dichiarazioni dei dirigenti della società interessate, da scambi di corrispondenza con terzi nonché da un certo numero di documenti interni alle società interessate e contemporanei del periodo di durata dell’infrazione.

76      Date tali circostanze, la Commissione era tenuta a prendere posizione sull’argomentazione contraria della ricorrente, esaminando se, considerati tutti gli elementi rilevanti relativi ai legami economici, organizzativi e giuridici tra le società interessate, la ricorrente avesse dimostrato che la sua controllata si comportava in modo autonomo sul mercato.

77      L’obbligo della Commissione di motivare la propria decisione sotto questo profilo si desume chiaramente dal carattere relativo della presunzione in parola, per inficiare la quale la ricorrente dovrebbe produrre una prova attinente al complesso dei legami economici, organizzativi e giuridici tra la stessa, la società interposta e la controllata.

78      D’altro canto, alla carenza della motivazione in esame non può ovviarsi mediante il riferimento fatto agli indizi indicati ai punti 420 e 421 della decisione impugnata.

79      Da una parte, relativamente alle condizioni della partecipazione dei rappresentanti della ricorrente alla riunione del 16 marzo 1994, la quale in particolare aveva comportato discussioni in merito alla continuazione di un progetto di investimento da parte della Ausimont, nonché all’eventuale cessione delle sue attività (punto 420 della decisione impugnata), va osservato che non può escludersi che l’ingerenza della controllante nelle decisioni strategiche della controllata sia indicativa dell’esercizio di un’influenza determinante.

80      Ciò nondimeno, adducendo la riunione di cui trattasi quale prova dell’esercizio dell’influenza sulla Ausimont, la Commissione non ha preso posizione sugli argomenti contrari addotti dalla ricorrente nella sua risposta del 13 aprile 2006 alla richiesta di informazioni trasmessale il 4 aprile 2006, vale a dire meno di un mese prima dell’adozione della decisione impugnata.

81      Occorre osservare a questo proposito che, nella suddetta risposta, la ricorrente aveva tra l’altro affermato, facendo riferimento alla nota della Degussa relativa alla riunione in questione, alla dichiarazione di uno dei suoi ex dirigenti nonché a quella di un ex presidente della Ausimont, che i suoi responsabili che avevano preso parte alla predetta riunione erano entrati in funzione recentemente, a seguito di un grave squilibrio finanziario, che avevano considerato detta riunione quale riunione di cortesia e che non erano in grado di affrontare discussioni con conoscenza di causa. Essa aveva sostenuto che la sua società si era ritrovata, all’epoca dei fatti, in amministrazione «controllata» da parte di banche creditrici, che erano divenute le sue principali azioniste e che era stata necessaria la loro autorizzazione per tutti gli investimenti superiori ad un determinato limite, circostanza che aveva giustificato comunque la presenza dei dirigenti della holding a discussioni vertenti sul progetto di investimenti in esame e, a fortiori, a quelle concernenti l’eventuale cessione delle attività della Ausimont. Da ultimo, essa aveva sottolineato che la riunione di cui trattasi era precedente di oltre un anno all’inizio dell’infrazione e, quindi, non poteva fungere da indizio diretto di un’influenza esercitata nel corso del periodo di durata dell’infrazione.

82      Orbene, la Commissione non ha risposto a tali argomenti, limitandosi a constatare che, in effetti, la ricorrente aveva «confermato che il proprio interesse in Ausimont era puramente finanziario, ma [si era limitata] a fornire una dichiarazione dell’[ex presidente della Ausimont] che non permette alla Commissione di modificare il proprio convincimento» (punto 420 e nota a piè di pagina n. 391 della decisione impugnata).

83      Dall’altra parte, per quanto riguarda l’elemento fatto valere al punto 421 della decisione impugnata, vale a dire l’identità di un membro del consiglio della Ausimont e di quello della Montecatini, si deve rilevare che, trattandosi, come ammesso dalla Commissione nel controricorso, di un elemento non esposto nella comunicazione degli addebiti e sul quale la ricorrente non ha avuto occasione di far valere la propria posizione nel corso del procedimento amministrativo, deve essere considerato inopponibile alla ricorrente (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II‑3275, punto 162 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, la Commissione non può avvalersene nell’ambito della motivazione della decisione impugnata.

84      Inoltre, sebbene al punto 421 della decisione impugnata la Commissione abbia fatto riferimento anche a talune circostanze della ristrutturazione del gruppo del dicembre 2000, occorre osservare che tali fatti riguardano essenzialmente la cessione della Ausimont al gruppo Solvay avvenuta dopo la cessazione dell’infrazione. Orbene, la Commissione non precisa sotto quale profilo le circostanze di tale cessione contengano un qualche indizio dell’influenza esercitata dalla ricorrente sul comportamento della Ausimont al momento dell’infrazione.

85      Date tali circostanze, il riferimento operato dalla Commissione agli elementi menzionati ai punti 420 e 421 della decisione impugnata non è atto a rimettere in discussione la rilevanza dell’argomentazione della ricorrente relativa all’autonomia della Ausimont e, pertanto, non può configurare un motivo sufficiente ai fini del rigetto di tale argomentazione.

86      Quanto all’argomento della Commissione relativo all’esistenza di altri indizi dell’influenza esercitata dalla ricorrente sulla Ausimont, vale a dire il fatto che il presidente e un membro del consiglio di amministrazione della ricorrente siano stati membri del consiglio di amministrazione della Ausimont durante parte del periodo di durata dell’infrazione nonché il coinvolgimento della ricorrente in un progetto della Ausimont relativo ad una joint-venture negli Stati Uniti, va osservato che tali elementi non sono stati indicati nella decisione impugnata e non possono ovviare, dunque, all’insufficienza della motivazione di quest’ultima.

87      In base a quanto precede, si deve affermare che la Commissione non ha preso una posizione circostanziata sugli elementi di prova forniti dalla ricorrente allo scopo di inficiare la presunzione derivante dalla sua partecipazione nel capitale della Ausimont e, pertanto, non ha motivato in modo giuridicamente adeguato la propria conclusione circa l’imputazione dell’infrazione di cui trattasi alla ricorrente.

88      Per quanto riguarda l’affermazione operata dalla Commissione nel controricorso, secondo cui gli elementi di prova contrari prodotti dalla ricorrente non erano in ogni caso sufficienti a dimostrare l’autonomia della Ausimont, si deve rilevare che dalla motivazione della decisione impugnata non emergono elementi di valutazione da parte della Commissione degli elementi in discorso, circostanza che preclude il controllo della fondatezza della decisione impugnata sotto questo profilo.

89      Inoltre, si deve ricordare che la motivazione, in linea di principio, deve essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio, e la mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza del ragionamento alla base della decisione in pendenza della causa (sentenze della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 463, e del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑25/04, González y Díez/Commissione, Racc. pag. II‑3121, punto 220).

90      La mancanza di motivazione di cui trattasi non può quindi essere sanata in pendenza della causa.

91      Al riguardo la Commissione non può invocare legittimamente la sentenza FNCBV/Commissione (citata al precedente punto 55, punti 362 e 363), nella quale il Tribunale ha constatato una violazione dell’obbligo di motivazione commessa dalla stessa nell’ambito della determinazione delle ammende inflitte per infrazioni dell’art. 81, n. 1, CE, pur affermando che, qualora la soluzione adottata da tale istituzione dovesse essere confermata nel merito, tale violazione non comporterebbe né l’annullamento della decisione impugnata né una modifica dell’importo delle ammende.

92      Occorre osservare che quest’ultima valutazione, che si inseriva nell’ambito dell’esercizio del potere giurisdizionale esteso anche al merito di cui dispone il Tribunale in materia di sanzioni pecuniarie, non può essere applicata al caso in esame, trattandosi del controllo della legittimità della decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione ha affermato la responsabilità della ricorrente per l’infrazione di cui trattasi.

93      Infatti, mentre la valutazione del carattere adeguato dell’importo delle ammende, operata dal Tribunale nell’ambito della sua competenza giurisdizionale estesa anche al merito, può, in determinate condizioni, giustificare la presa in considerazione di elementi di informazione aggiuntivi, tale rilievo non si applica nell’ambito del controllo del rispetto dell’obbligo di motivazione della decisione che accerta l’infrazione, allorché questa è sottoposta al controllo di legittimità (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I‑10101, punti 54 e 55).

94      Alla luce di tutto quanto precede, il motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e la domanda di annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui riguarda la ricorrente, devono essere accolti.

95      Di conseguenza, non occorre pronunciarsi sul primo e sul terzo motivo.

 Sulle spese

96      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 3 maggio 2006, C (2006) 1766 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/F/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), è annullata nella parte in cui riguarda la Edison SpA.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.


Vadapalas

Prek

Dittrich

Truchot

 

       O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 giugno 2011.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.