Parole chiave
Massima

Parole chiave

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposte sul reddito

(Art. 56 CE)

Massima

L’art. 56 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale i profitti ricavati dalla cessione di quote sociali in una società di capitali stabilita in un altro Stato membro sono immediatamente imponibili in un determinato anno, se il cedente possedeva, nei cinque anni precedenti, una partecipazione diretta o indiretta al capitale della società pari almeno all’1%, mentre, in quello stesso anno, in presenza delle stesse condizioni, il profitto ottenuto dalla cessione di quote di una società di capitali, stabilita nel primo Stato membro, soggetta ad un obbligo fiscale illimitato a titolo dell’imposta sulle società era imponibile solo in presenza di una considerevole partecipazione pari almeno al 10%.

Infatti, tale disparità di trattamento fondata sul luogo di investimento dei capitali ha l’effetto di dissuadere un azionista dall’investire i suoi capitali in una società stabilita in un altro Stato e produce altresì un effetto restrittivo nei confronti delle società stabilite in altri Stati, in quanto costituisce nei loro riguardi un ostacolo alla raccolta di capitali nello Stato membro interessato. Poco importa, a tale proposito, che la disparità di trattamento sia esistita solo durante un periodo limitato nel tempo, dato che questa sola circostanza non impedisce che la disparità di trattamento produca effetti rilevanti e che dunque l’ostacolo alla libera circolazione dei capitali sia reale.

Una simile disparità di trattamento non può essere giustificata dalla necessità di garantire un’imposizione integrale, la quale presenta affinità con quella di assicurare la coerenza del regime fiscale, in quanto non esiste, per un azionista, un nesso diretto tra un certo beneficio fiscale e la compensazione di questo beneficio con un prelievo fiscale determinato. Inoltre, la detta disparità di trattamento non risulta giustificata dal margine di manovra di cui disporrebbero gli Stati membri nell’attuazione di un regime transitorio, al fine di instaurare, a lungo termine, la compatibilità del regime nazionale dell’imposta sulle società con il diritto comunitario e di sopprimere eventuali discriminazioni. Infatti, questo margine di manovra trova sempre i suoi limiti nel rispetto delle libertà fondamentali e, in particolare, nel rispetto della libera circolazione dei capitali. Anche se un regime transitorio può spiegarsi, per quanto riguarda l’imposizione degli utili realizzati all’atto della cessione di partecipazioni in società residenti, con un intento legittimo di assicurare una transizione senza interruzioni dal regime precedente verso il nuovo regime, una tale circostanza non consente di per sé di giustificare la detta disparità di trattamento a danno dell’imposizione degli utili realizzati all’atto della cessione di partecipazioni in società non residenti.

(v. punti 14-15, 26-27, 32-33, 35 e dispositivo)