1. Politica sociale — Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale — Direttiva 79/7
(Direttiva del Consiglio 79/7)
2. Stati membri — Obblighi — Attuazione del diritto comunitario
(Art. 10 CE)
1. La direttiva 79/7, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, non osta a che uno Stato membro, qualora adotti una normativa che consente alle persone di un determinato sesso, in origine discriminate, di beneficiare per tutta la durata della loro pensione del regime di pensione applicabile alle persone dell’altro sesso, faccia dipendere tale iscrizione dal pagamento di contributi di regolarizzazione costituiti dalla differenza tra i contributi pagati dalle persone in origine discriminate nel periodo durante il quale la discriminazione è avvenuta e i contributi più elevati pagati dall’altra categoria di persone nel medesimo periodo, maggiorati di interessi che compensano la svalutazione monetaria.
Tuttavia, qualsiasi misura adottata da uno Stato membro per conformarsi alle norme di diritto comunitario, come il principio di parità di trattamento tra uomini e donne, dev’essere effettiva. Al riguardo, la direttiva in parola osta a che detto Stato membro esiga che il summenzionato pagamento dei contributi di regolarizzazione sia maggiorato di interessi diversi da quelli diretti a compensare la svalutazione monetaria. Tale direttiva osta parimenti a che si esiga che il pagamento avvenga in un’unica soluzione, qualora la detta condizione renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la regolarizzazione perseguita. Ciò avviene, in particolare, laddove la somma da pagare superi la pensione annuale dell’interessato.
(v. punti 27-28, 35, dispositivo 1)
2. A seguito di una sentenza emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale da cui risulta l’incompatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario, è compito delle autorità dello Stato membro interessato adottare i provvedimenti generali o particolari idonei a garantire il rispetto del diritto comunitario sul loro territorio, vigilando in particolare affinché il diritto nazionale sia rapidamente adeguato al diritto comunitario e sia data piena attuazione ai diritti che sono attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario.
Nei casi in cui è stata constatata una discriminazione incompatibile con il diritto comunitario, finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale discriminatoria, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte del legislatore, e deve applicare ai componenti del gruppo sfavorito lo stesso regime che viene riservato alle persone dell’altra categoria.
(v. punto 41, dispositivo 2)