Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso

(Art 226 CE)

2. Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso

(Art. 226 CE)

3. Ambiente — Conservazione degli uccelli selvatici — Direttiva 79/409 — Misure di conservazione speciale

(Direttive del Consiglio 79/409, art. 4, n. 4, e 92/43, artt. 6, n. 2, e 7)

4. Ambiente — Conservazione degli uccelli selvatici — Direttiva 79/409 — Classificazione come zona di protezione speciale

(Direttiva del Consiglio 79/409, art. 4)

5. Ambiente — Conservazione degli uccelli selvatici — Direttiva 79/409 — Misure di conservazione speciale

(Direttiva del Consiglio 79/409, art. 4, n. 4)

Massima

1. Nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’art. 226 CE, la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato della detta istituzione delimitano la materia del contendere, che quindi non può più venir ampliata. Infatti, la possibilità per lo Stato membro interessato di presentare osservazioni costituisce, anche se esso ritenga di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato, la cui osservanza è un requisito formale essenziale per la regolarità del procedimento di accertamento dell’inadempimento di uno Stato membro. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre il procedimento precontenzioso. In caso contrario, una simile irregolarità non può ritenersi sanata per il fatto che lo Stato membro convenuto ha formulato osservazioni sul parere motivato.

Pertanto, è irricevibile un ricorso laddove sia basato su addebiti che non figuravano nella lettera di diffida.

(v. punti 15-17)

2. Il parere motivato e il ricorso contemplati dall’art. 226 CE devono essere fondati sui medesimi motivi di ricorso e sulle medesime motivazioni e presentare gli addebiti in modo coerente e preciso, così da consentire allo Stato membro interessato e alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto comunitario contestata, presupposto necessario affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i suoi motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto.

Pertanto, è irricevibile un ricorso per inadempimento relativamente ad un motivo di ricorso le cui motivazioni siano state cambiate rispetto a quelle fatte valere nel contesto del procedimento precontenzioso e che quindi non soddisfi più gli enunciati requisiti di coerenza e di precisione.

(v. punti 18, 22-23)

3. L’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, impone agli Stati membri di adottare misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione speciale (ZPS), l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi di detto articolo.

Gli Stati membri devono rispettare gli obblighi che derivano dalla detta disposizione anche nel caso in cui le zone interessate non siano state classificate come ZPS dal momento in cui dovevano esserlo.

Per quanto concerne le zone classificate come ZPS, l’art. 7 della direttiva 92/43, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, prevede che gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409 siano sostituiti, segnatamente, dagli obblighi derivanti dall’art. 6, n. 2, della direttiva 92/43, a decorrere dalla data di entrata in vigore di quest’ultima o dalla data di classificazione a norma della direttiva 79/409, qualora tale data sia posteriore. Pertanto, le zone che non sono state classificate come ZPS mentre avrebbero dovuto esserlo continuano a rientrare nel regime proprio dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409.

(v. punti 26-28)

4. L’inventario delle «Important Bird Areas» del 1998, che offre un elenco aggiornato delle zone importanti per la conservazione degli uccelli in uno Stato membro, costituisce, in assenza di prove scientifiche contrarie, un elemento di riferimento che consente di valutare se tale Stato abbia classificato come zone di protezione speciale un numero e una superficie di territori sufficienti per offrire protezione a tutte le specie di uccelli elencate all’allegato I della direttiva 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e alle specie migratrici non comprese in tale allegato.

(v. punto 30)

5. Viola l’obbligo ad esso incombente in forza dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, uno Stato membro che autorizzi un progetto di irrigazione della portata di quello in questione senza prendere i provvedimenti idonei ad evitare che, nelle zone interessate da tale progetto che avrebbero dovuto essere classificate come zone di protezione speciale (ZPS), si producano gli effetti nocivi vietati. A questo proposito, detto obbligo sussiste già prima che si registri una diminuzione del numero di uccelli o che si presenti un effettivo rischio di estinzione di una specie protetta.

Tale constatazione non può essere messa in discussione dalla sola circostanza che il detto progetto rivesta notevole importanza per lo sviluppo economico e sociale del territorio in cui deve essere realizzato. Infatti, la facoltà degli Stati membri di arrecare un pregiudizio significativo a zone che avrebbero dovuto essere classificate come ZPS e che rientrano nel regime previsto dall’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409 non può, in nessun caso, essere giustificata da esigenze economiche o sociali.

(v. punti 36-37)