CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 20 settembre 2007 ( 1 )

Causa C-346/06

Dirk Rüffert, in qualità di curatore fallimentare della Objekt und Bauregie GmbH & Co. KG

contro

Land Niedersachsen

«Art. 49 CE — Libera prestazione dei servizi — Restrizioni — Direttiva 96/71/CE — Distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi — Procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori — Tutela previdenziale dei lavoratori»

1. 

Il presente rinvio pregiudiziale consentirà alla Corte di aggiungere un nuovo mattone alla giurisprudenza vertente sulle problematiche legate al distacco di lavoratori effettuato nell’ambito di una prestazione di servizi.

2. 

Infatti, la questione formulata dal giudice a quo induce ancora una volta la Corte a soppesare, da una parte, la libera prestazione dei servizi, e dall’altra, gli imperativi relativi alla tutela dei lavoratori ed alla prevenzione del dumping sociale.

3. 

In termini più precisi, l’Oberlandesgericht Celle (Germania), chiede sostanzialmente alla Corte di chiarire se il diritto comunitario debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale sull’aggiudicazione degli appalti che impone agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori, di corrispondere ai lavoratori distaccati nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, come minimo, la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione della prestazione, a pena di sanzioni che possono arrivare fino alla risoluzione del contratto d’appalto, laddove il contratto collettivo cui si riferisce la detta disposizione normativa non sia stato dichiarato di applicazione generale.

4. 

Tale questione è sorta nell’ambito di una controversia che oppone il Rechtsanwalt Dr. Dirk Rüffert als Insolvenzverwalter über das Vermögen der Objekt und Bauregie GmbH & Co. KG, (il sig. Dirk Rüffert, avvocato, in qualità di curatore fallimentare della società Objekt und Bauregie GmbH & Co. KG), convenuta nella causa principale, ed il Land Niedersachsen (Land della Bassa Sassonia), ricorrente nella causa principale, avente ad oggetto la risoluzione di un contratto di appalto stipulato tra la detta società ed il detto Land nell’ambito di un appalto pubblico di lavori.

5. 

Nelle presenti conclusioni illustrerò come mai, a mio parere, né la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi ( 2 ), né l’art. 49 CE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella controversa nella causa principale.

I — Ambito normativo

A — Il diritto comunitario

6.

L’art. 49, primo comma, CE, dispone che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.

7.

La direttiva 96/71 mira a sviluppare la libera prestazione dei servizi tra gli Stati membri in un clima di leale concorrenza tra le imprese prestatrici dei servizi e garantendo il rispetto dei diritti dei lavoratori ( 3 ).

8.

L’art. 1 della direttiva 96/71, intitolato «Campo d’applicazione», così recita:

«1.   La presente direttiva si applica alle imprese stabilite in uno Stato membro che, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchino lavoratori, a norma del paragrafo 3, nel territorio di uno Stato membro.

(…)

3.   La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese di cui al paragrafo 1 adottino una delle misure transnazionali seguenti:

a)

distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia;

(…)».

9.

Come indica il sesto ‘considerando’ della direttiva, il legislatore comunitario ha preso le mosse dalla constatazione che la transnazionalizzazione dei rapporti di lavoro solleva problemi in ordine alla legislazione applicabile al rapporto di lavoro.

10.

Al riguardo, la convenzione di Roma, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 ( 4 ), offre criteri generali per determinare la legge applicabile al rapporto di lavoro ( 5 ). Così, l’art. 3 di tale convenzione prevede, come regola generale, che le parti abbiano la libertà di scegliere la legge applicabile. In mancanza di scelta, il contratto di lavoro, ai sensi dell’art. 6, n. 2, di tale convenzione, è regolato dalla legge del paese in cui il lavoratore compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese.

11.

Inoltre, l’art. 7 della convenzione di Roma prevede che, a determinate condizioni, sia data efficacia, parallelamente alla legge dichiarata applicabile, alle norme di polizia di un’altra legge, in particolare, di quella dello Stato membro sul cui territorio il lavoratore è distaccato a titolo temporaneo. Tali norme imperative, altrimenti denominate «leggi di applicazione immediata» o «leggi di polizia», la cui applicazione prevale nel luogo di esecuzione dell’opera, non sono specificate dalla convenzione.

12.

In tale contesto, il contributo della direttiva 96/71 consiste nell’individuare, a livello comunitario, una serie di norme imperative applicabili al distacco transazionale di monodopera ( 6 ). Essa costituisce altresì un’espressione del principio di preminenza del diritto comunitario, enunciato all’art. 20 della convenzione di Roma, e secondo il quale la convenzione non pregiudica l’applicazione delle disposizioni che, in materie particolari, regolano i conflitti di leggi nel campo delle obbligazioni contrattuali e che sono contenute in atti di diritto comunitario o nelle legislazioni nazionali armonizzate in esecuzione di tali atti ( 7 ).

13.

Al fine di conciliare i diversi obiettivi perseguiti, la direttiva 96/71 procede così al coordinamento delle legislazioni nazionali «per definire un nucleo di norme vincolanti ai fini della protezione minima cui deve attenersi nel paese ospite il datore di lavoro che distacca dipendenti a svolgere un lavoro a carattere temporaneo nel territorio di uno Stato membro dove vengono prestati i servizi» ( 8 ).

14.

A termini del diciassettesimo ‘considerando’ di tale direttiva «le norme imperative di protezione minima in vigore nel paese ospite non devono ostacolare l’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori».

15.

Tali principi sono descritti all’art. 3 della direttiva 96/71, recante il titolo «Condizioni di lavoro e di occupazione», che è del seguente tenore:

«1.   Gli Stati membri provvedono affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1 garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie in appresso indicate che, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione di lavoro, sono fissate:

da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative,

e/o

da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale, a norma del paragrafo 8, sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato [ ( 9 )]:

(…)

c)

tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; il presente punto non si applica ai regimi pensionistici integrativi di categoria;

(…)

Ai fini della presente direttiva, la nozione di tariffa minima salariale di cui al primo comma, lettera c) è definita dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

(…)

7.   I paragrafi da 1 a 6 non ostano all’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori.

(…)

8.   Per contratti collettivi o arbitrati, dichiarati di applicazione generale, si intendono quelli che devono essere rispettati da tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate.

In mancanza di un sistema di dichiarazione di applicazione generale di contratti collettivi o di arbitrati di cui al primo comma, gli Stati membri possono, se così decidono, avvalersi:

dei contratti collettivi o arbitrati che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate

e/o

dei contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale,

a condizione che la loro applicazione alle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1 assicuri la parità di trattamento quanto alle materie di cui al paragrafo 1, primo comma del presente articolo, fra tali imprese e le altre imprese di cui al presente comma che si trovano in una situazione analoga.

Vi è parità di trattamento, a norma del presente articolo, quando le imprese nazionali che si trovano in una situazione analoga:

sono soggette, nel luogo o nel settore in cui svolgono la loro attività, ai medesimi obblighi delle imprese che effettuano il distacco, per quanto attiene alle materie menzionate al paragrafo 1, primo comma del presente articolo,

e

sono soggette ai medesimi obblighi, aventi i medesimi effetti

(…)».

16.

Infine, per quanto riguarda le norme comunitarie sull’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, si fa presente che all’epoca dei fatti di cui alla causa principale era d’applicazione la direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori ( 10 ) ( 11 ).

17.

Sebbene la direttiva 93/37 non abbia lo scopo di organizzare la fase di esecuzione degli appalti ( 12 ), è nondimeno opportuno citare il testo del suo art. 23, che riguarda le informazioni pertinenti sulle condizioni di lavoro da rispettare durante l’esecuzione di un appalto pubblico. Esso si legge:

«1.   Le amministrazioni aggiudicatrici possono indicare o possono essere obbligate da uno Stato membro ad indicare nel capitolato d’oneri l’autorità o le autorità presso le quali gli offerenti possono ottenere le informazioni pertinenti sugli obblighi relativi alle norme in materia di sicurezza e dalle condizioni di lavoro in vigore nello Stato membro, nella regione o nella località in cui devono essere eseguiti i lavori e che saranno applicabili ai lavori effettuati nel cantiere durante l’esecuzione dell’appalto.

2.   Le amministrazioni aggiudicatrici che forniscono le informazioni menzionate al paragrafo 1 chiedono agli offerenti od ai partecipanti ad una procedura di appalto di indicare che essi hanno tenuto conto, nella preparazione della loro offerta, degli obblighi relativi alle norme in materia di sicurezza e delle condizioni di lavoro in vigore nel luogo dove devono essere eseguiti i lavori. Questa disposizione non osta all’applicazione delle disposizioni dell’articolo 30, paragrafo 4 relative alla verifica delle offerte anormalmente basse».

B — Diritto nazionale

1. La determinazione delle tariffe minime salariali nel settore edilizio.

18.

In Germania, la determinazione delle tariffe minime salariali nel settore edilizio è oggetto di contrattazione collettiva.

19.

In tale Stato membro, i contratti collettivi vengono generalmente conclusi tra i sindacati dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro. Tali contratti possono applicarsi, per un settore particolare, ad una parte ovvero all’intero territorio della Repubblica federale di Germania.

20.

Il settore delle costruzioni è disciplinato da un contratto collettivo quadro per l’industria edile (Bundesrahmentarifvertrag für das Baugewerbe) del 4 luglio 2002. Tale contratto collettivo, che è applicabile nell’intero territorio della Repubblica federale di Germania, tuttavia non contiene norme relative alla retribuzione minima.

21.

Tali norme sono contenute sia in un contratto collettivo che stabilisce una retribuzione minima nel settore dell’edilizia sul territorio della Repubblica federale di Germania (Tarifvertrag zur Regelung der Mindestlöhne im Baugewerbe im Gebiet der Bundesrepublik Deutschland; in prosieguo: il «TV Mindestlohn»), sia in contratti collettivi specifici.

a) Il TV Mindestlohn

22.

A livello federale, il TV Mindestlohn, che si applica alle imprese rientranti nel campo di applicazione del contratto collettivo quadro per l’industria edile, fissa la tariffa minima salariale in base a due categorie che corrispondono al livello della qualifica professionale del lavoratore dipendente e ad un livello diverso a seconda che si tratti dei «vecchi» o dei «nuovi» Länder. Tale normativa dispone che la retribuzione minima sia composta dalla retribuzione oraria prevista dal rispettivo contratto collettivo e dal premio concesso ai lavoratori del settore edilizio, che insieme costituiscono la retribuzione oraria complessiva convenzionale. Essa stabilisce altresì che la disposizione che prevede le retribuzioni orarie complessive convenzionali delle categorie 1 e 2 non pregiudica il diritto a percepire retribuzioni più elevate in virtù di altri contratti collettivi o di accordi specifici.

23.

Le disposizioni del TV Mindestlohn sono state dichiarate di applicazione generale dal regolamento relativo alle condizioni di lavoro vincolanti per il settore edilizio (Verordnung über zwingende Arbeitsbedingungen im Baugewerbe).

24.

Occorre precisare che, nel diritto tedesco, la dichiarazione di applicazione generale di un contratto collettivo comporta l’applicabilità di quest’ultimo a tutti i datori di lavoro ed ai lavoratori del settore interessato su un determinato territorio. Tale dichiarazione ha quindi l’effetto di estendere il campo di applicazione del detto contratto collettivo a datori di lavoro e lavoratori dipendenti che non appartengono alle organizzazioni sindacali contraenti. Siffatta dichiarazione di applicazione generale può essere effettuata dal Ministero federale del Lavoro, relativamente ai settori disciplinati dalla legge tedesca sul distacco dei lavoratori (Arbeitnehmer-Entsendesgesetz ( 13 )), del 26 febbraio 1996, in forza dell’art. 1, n. 3a, della detta legge, nonché dell’art. 5 della legge sui contratti collettivi (Tarifvertragsgesetz).

25.

Il TV Mindestlohn è applicabile per periodi limitati. Dalle informazioni di cui disponiamo sembra emergere che il TV Mindestlohn applicabile all’epoca dei fatti di cui alla causa principale era quello del 29 ottobre 2003, che è rimasto in vigore tra il 1o novembre 2003 ed il 31 agosto 2005. Tale contratto collettivo è stato dichiarato di applicazione generale con un regolamento del 13 dicembre 2003 ( 14 ).

b) I contratti collettivi specifici

26.

I contratti collettivi specifici (Entgelttarifvertraege) hanno, per la maggior parte, un campo di applicazione territoriale limitato. Inoltre, non sono generalmente oggetto di dichiarazioni di applicazione generale, il che significa che non sono tutti obbligatoriamente applicabili all’insieme dei lavoratori dipendenti del ramo interessato.

27.

Dalla risposta scritta fornita dal Land Niedersachsen ad un quesito rivoltogli dalla Corte, si apprende che ai fini del presente caso rileva il contratto collettivo relativo alle retribuzioni ed ai sussidi per la formazione professionale (Tarifvertrag zur Regelung der Löhne und Ausbildungsvergütungen) del 4 luglio 2003, nel testo risultante dall’accordo modificativo del 29 ottobre 2003. Tale contratto collettivo non è stato dichiarato d’applicazione generale.

28.

Dal fascicolo di causa risulta che i livelli salariali fissati in tali contratti collettivi specifici sono, di fatto, nettamente superiori alle tariffe minime salariali imposte su tutto il territorio tedesco in forza del TV Mindestlohn. D’altra parte, la tabella delle retribuzioni riportata nei detti contratti è più articolata di quella contenuta nel TV Mindestlohn, e fissa i livelli salariali in base a diverse categorie di funzioni.

2. L’AEntG

29.

In Germania, la direttiva 96/71 è stata trasposta nell’ordinamento interno con l’AEntG. L’art. 1, n. 1, di tale legge prevede specificamente che le norme giuridiche fissate da contratti collettivi dell’industria edilizia dichiarati di applicazione generale, aventi ad oggetto la retribuzione minima, si applichino parimenti ai rapporti di lavoro tra datori di lavoro stabiliti all’estero ed i propri dipendenti che svolgano attività lavorativa nella sfera di applicazione territoriale di tali contratti collettivi. Così, un datore di lavoro stabilito all’estero deve quantomeno riconoscere al proprio dipendente distaccato le condizioni di lavoro previste nel contratto di lavoro medesimo.

3. La legge del Land della Bassa Sassonia sull’aggiudicazione degli appalti pubblici

30.

La legge del Land della Bassa Sassonia sull’aggiudicazione degli appalti pubblici (Niedersächsisches Landesvergabegesetz; in prosieguo: la «legge del Land») contiene alcune disposizioni per l’aggiudicazione di appalti pubblici che ammontino ad un valore minimo di EUR 10000. Nel preambolo, si legge:

«La presente legge contrasta le distorsioni della concorrenza che sorgono nell’ambito dell’edilizia e del trasporto pubblico di passeggeri in seguito all’impiego di manodopera a basso costo e mitiga gli oneri a carico dei sistemi previdenziali. A tal fine, essa prevede che alle amministrazioni aggiudicatrici sia consentito designare come aggiudicatarie di appalti di costruzioni e di trasporto pubblico locale solo le imprese che versino le retribuzioni stabilite dal contratto collettivo del luogo in cui viene eseguita la prestazione di servizi».

31.

Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della legge del Land, è consentita l’aggiudicazione degli appalti solo alle imprese che, alla presentazione dell’offerta, si impegnino per iscritto a corrispondere ai loro dipendenti, come corrispettivo per le relative prestazioni, almeno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo e nel momento di esecuzione delle dette prestazioni.

32.

L’art. 4, n. 1, di tale legge prevede, in particolare, che qualora le prestazioni siano date in subappalto, l’aggiudicatario sia ugualmente tenuto ad imporre ai subappaltatori gli obblighi che gli incombono in forza della legge medesima, e a controllarne il rispetto da parte di subappaltatori.

33.

Conformemente all’art. 7, n. 1, della legge del Land, l’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto di eseguire accertamenti per verificare il rispetto delle condizioni richieste per l’attribuzione dell’appalto. A tal fine essa ha il diritto di prendere visione delle buste paghe stabilite dagli aggiudicatari e dai subappaltatori e della documentazione relativa ai versamenti di imposte e contributi, nonché dei contratti di prestazioni d’opera conclusi fra gli aggiudicatari ed i subappaltatori.

34.

L’art. 8 di tale legge, che riguarda le sanzioni, così recita:

«1.   Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di cui agli artt. 3, 4 e 7, paragrafo 2, le amministrazioni aggiudicatrici devono stipulare con l’aggiudicatario una penale contrattuale per l’ammontare dell’1% del valore dell’appalto per ogni violazione imputabile, ammontare che, nel caso di una pluralità di violazioni, aumenta fino al 10%. L’aggiudicatario è inoltre tenuto al pagamento di una penale ai sensi della prima frase anche nel caso in cui la violazione sia commessa da un suo subappaltatore o da un subappaltatore di secondo grado, a meno che l’aggiudicatario non conoscesse né fosse tenuto a conoscere tale violazione. Qualora la penale contrattuale da versare risultasse sproporzionatamente elevata, l’ente aggiudicatore, su richiesta dell’aggiudicatario, la può ridurre ad un importo adeguato.

2.   Le amministrazioni aggiudicatrici convengono con l’aggiudicatario che il mancato rispetto degli obblighi di cui all’art. 3 da parte dell’aggiudicatario o dei suoi subappaltatori, così come violazioni per colpa grave o ripetute degli obblighi stabiliti agli artt. 4 e 7, paragrafo 2, giustificano la risoluzione immediata del contratto da parte dell’ente pubblico aggiudicatore.

3.   Qualora sia provato che un’impresa ha violato per lo meno con colpa grave o ripetutamente gli obblighi della presente legge, allora le amministrazioni aggiudicatrici, ognuna per il rispettivo ambito di competenza, possono escludere tale impresa dall’attribuzione di appalti per un periodo fino ad un anno.

(…)».

II — Controversia principale e questione pregiudiziale

35.

Dall’ordinanza di rinvio risulta che, nell’autunno 2003, in esito ad una gara d’appalto, il Land Niedersachsen ha attribuito alla convenuta nella causa principale un appalto relativo a lavori strutturali per la costruzione dell’istituto penitenziario di Göttingen-Rosdorf. L’importo dell’appalto ammontava ad EUR 8493331 al netto dell’IVA. Il contratto conteneva un «accordo relativo al rispetto delle disposizioni del contratto collettivo in occasione dell’esecuzione dei lavori», con cui la convenuta assumeva i seguenti obblighi:

«Alla base della mia/nostra offerta vi è l’accordo seguente:

Relativamente all’art. 3 del Landesvergabegesetz (Dichiarazione di rispetto del contratto collettivo):

 

In caso di aggiudicazione dell’appalto, mi impegno a corrispondere alle lavoratrici ed ai lavoratori impiegati nella mia impresa per l’esecuzione dei lavori di costruzione relativi all’appalto almeno la retribuzione prevista dal contratto collettivo vigente nel luogo dell’esecuzione in applicazione del contratto collettivo denominato “Edilizia e lavori pubblici” al n. 1 dell’elenco dei contratti collettivi rappresentativi (…).

 

Mi impegno ad imporre anche ai subappaltatori gli obblighi che assumo come aggiudicatario ai sensi degli artt. 3, 4 e 7, paragrafo 2, del Landesvergabegesetz ed a controllare il rispetto di tali obblighi da parte dei subappaltatori.

(…)

 

Dichiaro di accettare il fatto che la mancata osservanza degli obblighi di cui all’art. 3 del Landesvergabegesetz da parte mia o dei miei subappaltatori, così come violazioni per colpa grave o ripetute degli obblighi stabiliti agli artt. 4 e 7, paragrafo 2, del Landesvergabegesetz giustificano la risoluzione immediata del contratto da parte dell’ente pubblico aggiudicatore».

36.

La società convenuta si è avvalsa dei servizi della ditta PKZ Pracownie Konserwacji Zabytkow sp. zoo (in prosieguo: la «società PKZ») con sede a Tarnow (Polonia), presente in Germania con una succursale a Wedemark, come impresa subappaltatrice.

37.

Nell’estate 2004 la società PKZ è stata sospettata di aver impiegato, in cantiere, manodopera polacca cui sarebbe stata corrisposta una retribuzione inferiore a quella prevista dal contratto collettivo applicabile. Dopo l’inizio delle indagini, sia la società convenuta, sia il Land Niedersachsen, hanno risolto il contratto d’appalto fra loro concluso. Il Land Niedersachsen ha motivato la risoluzione sostenendo, in particolare, che la società convenuta aveva violato l’obbligo contrattuale di rispetto dei contratti collettivi. Peraltro, era stato emesso un decreto penale nei confronti dei principali responsabili della ditta PZK, con l’addebito di aver versato ai 53 lavoratori impiegati in cantiere soltanto il 46,57% del salario minimo previsto per legge.

38.

Il Land Niedersachsen ha chiesto l’applicazione della penale contrattuale, sostenendo che la società convenuta doveva essere a conoscenza delle violazioni commesse dall’impresa subappaltatrice e che il pagamento di salari inferiori a quelli previsti dal contratto collettivo costituiva una violazione a sé stante per ogni dipendente, talché doveva applicarsi una penale pari al 10% dell’importo dell’appalto.

39.

In primo grado, il Landgericht Hannover ha considerato tale domanda parzialmente fondata, sostenendo, infatti, che la pretesa avanzata dalla società convenuta in forza del contratto d’appalto era estinta per effetto della compensazione con la penale contrattuale spettante all’attore per l’ammontare di EUR 84934,31 (pari all’1% dell’importo dell’appalto), e ha respinto la restante parte della domanda.

40.

Investito del ricorso di appello, l’Oberlandesgericht Celle spiega, nell’ordinanza di rinvio, che, per dirimere la controversia principale, occorre stabilire se esso sia tenuto a disapplicare la legge del Land, e in particolare, l’art. 8, n. 1, di tale legge, in quanto incompatibile con il principio della libera prestazione dei servizi di cui all’art. 49 CE.

41.

Il giudice del rinvio osserva, in proposito, che l’obbligo di rispettare i contratti collettivi, che deve essere assunto dalle imprese edili stabilite in altri Stati membri in applicazione della legge del Land, impone a queste ultime di adeguare i salari versati ai loro dipendenti al livello delle retribuzioni, solitamente più elevato, corrisposte nel luogo di esecuzione della prestazione dei servizi in Germania. Ciò facendo, tali imprese perderebbero il vantaggio concorrenziale loro derivante dal minor costo del lavoro. Pertanto, l’obbligo di rispettare i contratti collettivi costituirebbe un ostacolo all’accesso al mercato per persone o imprese provenienti da altri Stati membri.

42.

D’altronde, l’organo remittente esprime dubbi quanto al fatto che l’obbligo di rispettare i contratti collettivi possa essere giustificato per motivi imperativi di interesse generale.

43.

Esso si pronuncia a favore della tesi secondo cui non si può ritenere che l’obbligo relativo al rispetto della contrattazione collettiva risponda a ragioni imperative d’interesse generale. Infatti, nei limiti in cui contribuisce alla chiusura del mercato proteggendo le imprese edili tedesche dalla concorrenza proveniente da altri Stati membri, tale obbligo persegue un obiettivo economico che, secondo la giurisprudenza della Corte, non può costituire un motivo imperativo di interesse generale, atto a giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi.

44.

Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che la giurisprudenza della Corte in materia di salario minimo non sia applicabile nell’ambito della controversia principale in quanto le tariffe salariali indicate nei contratti collettivi vigenti nel luogo di esecuzione della prestazione, sarebbero largamente superiori alle retribuzioni minime applicabili sul territorio della Repubblica federale di Germania in forza dell’AEntG. Ne deriva, secondo il giudice nazionale, che l’obbligo di rispettare i contratti collettivi va oltre quanto necessario ai fini della tutela dei lavoratori. Egli sostiene, infatti, che quanto necessario per la tutela dei lavoratori è definito con il salario minimo obbligatorio che dev’essere applicato sull’intero territorio della Repubblica federale di Germania in forza dell’AEntG. L’organo remittente aggiunge, infine, che, per quanto riguarda i lavoratori stranieri, l’obbligo di rispettare i contratti collettivi non consente di realizzare l’effettiva parità di trattamento con i lavoratori tedeschi ma piuttosto ostacola la loro occupazione in Germania, poiché il loro datore di lavoro non può sfruttare il vantaggio concorrenziale detenuto in termini di costi della manodopera.

45.

Reputando necessario, ai fini della soluzione della causa principale, che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’art. 49 CE, l’Oberladesgericht Celle ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la circostanza che all’amministrazione aggiudicatrice sia imposto, ex lege, di aggiudicare gli appalti relativi a lavori edili esclusivamente alle imprese che, all’atto della presentazione delle offerte, si impegnino per iscritto a corrispondere ai propri dipendenti, impiegati per l’esecuzione dei lavori oggetto di appalto, una retribuzione non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo dell’esecuzione dei lavori in questione non rappresenti una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi ai sensi del Trattato CE».

III — Analisi

46.

Con la presente questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede sostanzialmente di chiarire se le norme del Trattato in materia di libera circolazione dei servizi debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa nazionale come quella del Land che imponga agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori, di corrispondere ai lavoratori distaccati nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, almeno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni, a pena di sanzioni, che possono arrivare fino alla risoluzione del contratto d’appalto, laddove il contratto collettivo cui si riferisce la detta disposizione normativa non sia stato dichiarato di applicazione generale.

47.

Il Land Niedersachsen, i governi tedesco e danese, l’Irlanda nonché i governi cipriota, austriaco, finlandese e norvegese ritengono, in sostanza, che l’art. 49 CE non osti ad una misura come quella controversa nella causa principale. Pur trattandosi di una restrizione alla libera prestazione dei servizi, tale misura sarebbe giustificata, precisamente, in base all’obiettivo di tutela dei lavoratori e risulterebbe proporzionata all’obiettivo perseguito.

48.

Il governo belga ritiene che siffatta restrizione possa essere giustificata a condizione che, da una parte, i lavoratori non beneficino di una tutela sostanzialmente equivalente in forza della normativa dello Stato membro in cui ha sede il datore di lavoro, di modo che l’applicazione della normativa nazionale dello Stato ospitante attribuisca loro un effettivo vantaggio che contribuisce, in maniera significativa, alla loro tutela sociale, e, dall’altra, che l’applicazione di tale normativa sia proporzionata all’obiettivo d’interesse generale perseguito.

49.

Alcuni tra i summenzionati governi analizzano tale questione anche dal punto di vista dell’applicazione della direttiva 96/71, e affermano che essa non osta alla misura controversa nella causa principale.

50.

Al contrario, il governo polacco sostiene che la direttiva 96/71 non può giustificare una misura che subordini l’assegnazione di un appalto pubblico alla condizione che il prestatore versi ai lavoratori distaccati un salario superiore alle tariffe minime menzionate all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. Orbene, dall’ordinanza di rinvio emergerebbe che i livelli di remunerazione previsti dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione della prestazione sono sensibilmente superiori al salario minimo definito dall’AEntG.

51.

In subordine, il governo polacco sostiene che la misura controversa nella causa principale è contraria all’art. 49 CE. Secondo tale governo, la detta misura costituisce un ostacolo ingiustificato alla libera prestazione dei servizi. Esso concorda con il giudice del rinvio nel sostenere che le disposizioni legislative del Land hanno l’obiettivo di proteggere le imprese edili tedesche dalla concorrenza delle imprese di altri Stati membri, perciò realizzando, di fatto, un obiettivo di carattere economico che, secondo la giurisprudenza della Corte non può giustificare una restrizione ad una libertà fondamentale. Disposizioni di tal genere andrebbero oltre quanto necessario alla lotta contro la concorrenza sleale, obiettivo, questo, che sarebbe sufficientemente tutelato attraverso la fissazione di una tariffa minima salariale dall’AEntG.

52.

La Commissione delle Comunità europee asserisce che la controversia di cui alla causa principale rientra nel campo di applicazione della direttiva 96/71 e che occorre pertanto esaminare la presente questione pregiudiziale, in primo luogo, alla luce di tale direttiva. Essa espone che la direttiva in parola ha lo scopo di realizzare un equilibrio tra la libera prestazione dei servizi e la tutela dei lavoratori distaccati. A tal fine, il legislatore comunitario avrebbe definito, all’art. 3 della direttiva 96/71, un quadro normativo dettagliato che tutti gli Stati membri sono tenuti a rispettare.

53.

Dato che la Repubblica federale di Germania dispone di un sistema di dichiarazione di applicazione generale dei contratti collettivi, solo l’art. 3, n. 8, primo trattino, della direttiva risulterebbe applicabile alla fattispecie. Orbene, ai sensi di tale disposizione, letta congiuntamente all’art. 3, n. 1, secondo trattino, della direttiva medesima, i salari minimi da corrispondere ai lavoratori distaccati in Germania possono essere fissati unicamente attraverso contratti collettivi che siano stati dichiarati di applicazione generale, ossia contratti che devono essere rispettati da tutte le imprese appartenenti al settore o alla categoria professionale considerati, che rientrano nell’ambito di applicazione territoriale di tale contratto.

54.

È questo il motivo per cui la Commissione ritiene che, in quanto la normativa del Land impone di rispettare un livello di retribuzione previsto da un contratto collettivo che non è stato dichiarato di applicazione generale, tale normativa dev’essere considerata incompatibile con la direttiva 96/71. Infatti, tale misura esulerebbe dall’ambito del sistema di garanzie, armonizzato dalla direttiva in parola, stabilito dalla normativa comunitaria relativamente alla retribuzione minima dei lavoratori distaccati.

55.

La Commissione aggiunge che la legge di un Land il cui obiettivo sia quello di imporre condizioni di lavoro e di impiego più rigide unicamente per i lavoratori distaccati che sono occupati nell’ambito di un appalto pubblico, vale a dire all’interno di un segmento dell’economia, non può, in nessun caso, rispondere ad un interesse generale di carattere imperativo di cui all’art. 49 CE, né risultare idonea alla tutela di tale interesse.

56.

All’udienza, il governo francese ha sostanzialmente condiviso la tesi sostenuta dalla Commissione, dichiarando che né l’art. 49 CE né la direttiva 96/71 ostano al fatto che uno Stato membro applichi ai lavoratori distaccati le tariffe minime salariali previste da un contratto collettivo nazionale o locale, purché però tale contratto collettivo sia stato dichiarato di applicazione generale a tutte le imprese operanti nel settore o nel territorio considerato.

57.

A seguito di tali osservazioni si deve anzitutto rammentare che, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione ( 15 ).

58.

Per quanto riguarda, in primo luogo, la direttiva 93/37, ho già indicato in precedenza che tale strumento normativo non disciplina le condizioni di esecuzione degli appalti pubblici. Orbene, l’impegno che gli aggiudicatari assumono in forza degli artt. 3, n. 1, e 4, n. 1, della legge del Land, di corrispondere ai loro dipendenti per lo meno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni di cui trattasi, nonché di far rispettare tale obbligo dal subappaltatore, costituisce, secondo me, una condizione di esecuzione dell’appalto ( 16 ).

59.

Occorre peraltro osservare che l’art. 23 della direttiva in parola non è del tutto privo di rilevanza per il presente caso, poiché esprime il concetto secondo cui l’esecuzione del contratto in seguito all’aggiudicazione di un appalto pubblico dev’essere effettuata nel rispetto delle norme sulla sicurezza e delle condizioni di lavoro in vigore nel luogo dove devono essere eseguiti i lavori

60.

Tuttavia, non insisterò ulteriormente sull’interpretazione della direttiva 93/37, in quanto tale strumento normativo non ci consente di risolvere il problema sul quale verte la questione pregiudiziale in esame, che consiste nel determinare le condizioni di lavoro legittimamente imponibili, in conformità al diritto comunitario, in occasione dell’esecuzione di un appalto pubblico, in una situazione di distacco di lavoratori effettuata nell’ambito di una prestazione di servizi.

61.

Passando poi a considerare la direttiva 96/71, ritengo corretto sostenere che i fatti di cui alla causa principale, come vengono descritti nell’ordinanza di rinvio, rientrino nell’ambito di applicazione di tale direttiva, nei limiti in cui corrispondono al caso descritto all’art. 1, n. 3, lett. a), della direttiva medesima.

62.

Più precisamente, ci troviamo, qui, di fronte al caso di un’impresa stabilita in uno Stato membro, ossia la società PKZ, avente sede in Polonia, che ha distaccato lavoratori polacchi per proprio conto e sotto la propria direzione sul territorio di un altro Stato membro, nella specie, la Repubblica federale di Germania, nell’ambito di un contratto di subappalto concluso tra l’impresa che invia i lavoratori e il destinatario della prestazione di servizi operante in quest’ultimo Stato membro, ossia la convenuta nella causa principale.

63.

D’altronde, è pacifico che i fatti all’origine della lite di cui alla causa principale si sono svolti in epoca successiva alla scadenza del termine impartito agli Stati membri per trasporre la direttiva 96/71, vale a dire dopo il 16 dicembre 1999.

64.

È certamente vero che la legge del Land non mira a disciplinare specificamente i casi di distacco di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, ma piuttosto riguarda, in senso più generale, l’aggiudicazione degli appalti pubblici nel Land Niedersachsen. Ciononostante, nei limiti in cui tale legge impone delle condizioni relative all’esecuzione dei contratti di lavoro, e in particolare, il rispetto della retribuzione minima, che devono obbligatoriamente applicarsi ai lavoratori impiegati dall’aggiudicatario e/o da un eventuale subappaltatore, ivi compreso il caso dei lavoratori distaccati nell’ambito di una prestazione di servizi, come appunto si verifica nella causa principale, occorre esaminare la detta legge alla luce delle norme del diritto comunitario derivato riguardanti il distacco di lavoratori effettuato nell’ambito di una prestazione di servizi.

65.

Inizierò dunque la mia analisi dalla questione diretta a stabilire se la direttiva 96/71 debba essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale come la legge del Land che imponga agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori di corrispondere ai lavoratori distaccati nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, almeno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni, a pena di sanzioni, che possono arrivare fino alla risoluzione del contratto d’appalto, laddove il contratto collettivo cui si riferisce tale normativa non sia stato dichiarato d’applicazione generale ai sensi dell’art. 3, n. 8, primo trattino, della direttiva in parola.

A — Sull’interpretazione della direttiva 96/71

66.

A mio parere, la direttiva 96/71 non può essere interpretata nel senso che osta ad una misura come quella controversa nella causa principale. Per convincersi della correttezza di tale conclusione, occorre descrivere il sistema instaurato dalla direttiva medesima. Alla luce del sistema così descritto, passerò poi ad esaminare il regime per la determinazione del minimo salariale nel settore edilizio che prevale nel diritto tedesco.

67.

Come ho indicato nei precedenti paragrafi, la direttiva 96/71 mira a coordinare le legislazioni degli Stati membri per stabilire un nucleo di norme imperative di protezione minima che, nel paese ospitante, devono essere osservate dai datori di lavoro i quali distaccano lavoratori al fine di eseguire un’opera a titolo temporaneo sul territorio dello Stato membro della prestazione.

68.

Con l’adozione di tale direttiva, il legislatore comunitario, non soltanto ha fatto propria la giurisprudenza elaborata progressivamente dalla Corte di giustizia in materia di distacco dei lavoratori, ma l’ha precisata e rafforzata.

69.

Infatti, fin dalla pronuncia della sentenza 3 febbraio 1982, Seco e Desquenne & Giral ( 17 ), la Corte considera che, di norma, il diritto comunitario non osta a che gli Stati membri estendano l’applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro stipulati tra le parti sociali a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio, indipendentemente dal paese in cui è stabilito il datore di lavoro, e che il diritto comunitario non vieta nemmeno agli Stati membri d’imporre l’osservanza di queste norme con i mezzi adeguati ( 18 ). Tale giurisprudenza della Corte è stata ripresa dal dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 96/71.

70.

Un primo apporto della direttiva è stato quello di trasformare in obbligo ciò che in passato era solo una facoltà di cui disponevano gli Stati membri. La detta direttiva stabilisce quindi l’obbligo degli Stati membri di applicare nei confronti delle imprese con sede in un altro Stato membro, le quali distaccano lavoratori nel proprio territorio nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale, un dato numero di norme nazionali che fissano le condizioni di lavoro e di impiego in determinati settori.

71.

Un ulteriore merito della direttiva 96/71 è quello di aver costituito un «nocciolo duro» di norme protettive, di cui il legislatore comunitario ha voluto garantire l’applicazione nei confronti dei lavoratori distaccati.

72.

Così, l’art. 3, n. 1, di tale direttiva, individua le norme nazionali che fissano le condizioni di lavoro e di occupazione della cui tutela i lavoratori distaccati non possono essere privati nello Stato membro in cui viene eseguita la prestazione.

73.

Come la Corte ha recentemente indicato, la detta direttiva istituisce «un elenco delle norme nazionali che uno Stato membro deve applicare nei confronti delle imprese con sede in un altro Stato membro le quali distaccano lavoratori nel proprio territorio nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale» ( 19 ). In tal senso si tratta di norme protettive a carattere imperativo.

74.

Il fatto che il legislatore comunitario abbia voluto elencare tali misure contribuisce a rafforzare la certezza del diritto, poiché il prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro è sicuro del fatto che gli verrà imposta una base minima di norme chiaramente individuabili, relative alle condizioni di lavoro e di occupazione in vigore nello Stato membro di esecuzione della prestazione. Parallelamente, il lavoratore distaccato in uno Stato membro potrà rivendicare l’applicazione nei suoi confronti di tali norme, il cui carattere imperativo deriva immediatamente dalla direttiva 96/71.

75.

Tra le suddette condizioni di lavoro a carattere imperativo figurano le tariffe minime salariali, che siano fissate da disposizioni legislative o amministrative, oppure, per quanto riguarda le attività del settore edilizio, da contratti collettivi o da sentenze arbitrali dichiarati d’applicazione generale ai sensi dell’art. 3, n. 8, della detta direttiva.

76.

Tale categoria di condizioni di lavoro contempla aspetti particolari rispetto alle altre materie indicate all’art. 3, n. 1, della direttiva 96/71, quali periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo, sicurezza, salute e igiene sul lavoro, nonché durata minima delle ferie annuali retribuite. Infatti, per quanto riguarda le altre condizioni di lavoro individuate dalla disposizione in parola, sono state sviluppate alcune azioni comunitarie e, in particolare, è stato possibile operare un ravvicinamento delle legislazioni mediante l’adozione di direttive recanti prescrizioni minime ( 20 ). Lo stesso non può dirsi nel caso delle tariffe minime salariali, per le quali non esistono ancora misure comunitarie di tal genere ( 21 ).

77.

Perciò, sebbene non si possa affermare che l’argomento retribuzione sfugge interamente al diritto comunitario, dobbiamo comunque ammettere che la determinazione dell’importo o del livello delle retribuzioni non è ancora regolata da quest’ultimo ( 22 ).

78.

L’art. 3, n. 1, ultimo comma, della direttiva 96/71 dà prova del carattere peculiare della materia relativa alle tariffe minime salariali, prevedendo che «la nozione di tariffa minima salariale di cui al primo comma, lettera c) è definita dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato».

79.

D’altronde, l’applicazione del «nocciolo duro» delle norme protettive menzionate all’art. 3, n. 1, di tale direttiva deve essere considerata, secondo me, una garanzia minima per i lavoratori distaccati, cui viene assicurato almeno il beneficio di tali disposizioni nazionali che hanno acquisito carattere vincolante.

80.

Quest’ultima caratteristica del sistema istituito con la direttiva in parola trova espressione nella nozione stessa di «nucleo di norme vincolanti ai fini della protezione minima», di cui al tredicesimo ‘considerando’ della direttiva 96/71.

81.

Merita inoltre ricordare che a termini del diciassettesimo ‘considerando’ di tale direttiva «le norme imperative di protezione minima in vigore nel paese ospite non devono ostacolare l’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori». L’art. 3, n. 7, primo comma, della direttiva medesima, traduce siffatta voluntas del legislatore comunitario, precisando che «[i] paragrafi da 1 a 6 non ostano all’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori».

82.

A mio parere, quest’ultimo principio comporta due aspetti. Da un lato, significa che il carattere imperativo delle norme di protezione in vigore nello Stato membro in cui viene eseguita la prestazione possono soccombere a vantaggio delle norme in vigore nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore, nei limiti in cui queste ultime prevedano condizioni di lavoro e di impiego più favorevoli nei confronti dei lavoratori distaccati.

83.

D’altra parte — e questo è l’aspetto rilevante ai fini del presente procedimento — l’art. 3, n. 7, della direttiva 96/71 comporta altresì, secondo me, che allo Stato membro in cui viene eseguita la prestazione sia consentito migliorare, nelle materie indicate all’art. 3, n. 1, di tale direttiva, il livello di protezione sociale che essi intendono garantire ai lavoratori occupati sul loro territorio, e che pertanto potranno applicare ai lavoratori ivi distaccati. Tale disposizione, quindi, autorizza in via di principio l’applicazione di una protezione rinforzata a livello nazionale ( 23 ).

84.

Occorre tuttavia precisare che l’attuazione di tale protezione nazionale rinforzata deve avvenire in conformità dei limiti consentiti dall’art. 49 CE ( 24 ).

85.

Mettendo ora a confronto il regime prevalente nel diritto tedesco per la determinazione delle tariffe minime salariali nel settore edilizio e il sistema instaurato dalla direttiva 96/71, quale è stato appena descritto, si possono derivare le seguenti osservazioni.

86.

Anzitutto si osserva che il diritto tedesco ha previsto un sistema che consente di dichiarare i contratti collettivi di applicazione generale. Il regime tedesco che stabilisce le tariffe minime salariali deve pertanto essere esaminato alla luce dell’art. 3, n. 1, della direttiva 96/71 e non già dell’art. 3, n. 8, secondo trattino, della direttiva medesima, che contempla il caso in cui difetti un sistema di dichiarazione d’applicazione generale dei contratti collettivi.

87.

In conformità dell’art. 3, n. 1, della direttiva in parola, l’art. 1, n. 1, dell’AEntG prevede, in particolare, che le norme giuridiche sul salario minimo contenute in un contratto collettivo per l’industria edile dichiarato di applicazione generale sono vincolanti anche nell’ambito di un rapporto di lavoro tra un datore di lavoro stabilito all’estero ed il proprio dipendente la cui prestazione rientri nel campo di applicazione territoriale di tale contratto. Ne deriva che il detto datore di lavoro dovrà, come minimo, applicare al proprio dipendente distaccato le condizioni di lavoro che sono definite nel contratto medesimo.

88.

Ricordo inoltre che il TV Mindestlohn applicabile all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, che è stato dichiarato di applicazione generale e copre l’intero territorio della Repubblica federale di Germania, fissa il livello di salario minimo per il settore edilizio in base a due categorie, che corrispondono al livello di qualifica professionale del dipendente e ad un livello diverso a seconda che si tratti di «vecchi» o «nuovi» Länder.

89.

Tale contratto collettivo, dichiarato d’applicazione generale ai sensi dell’art. 3, n. 8, primo comma, della direttiva 96/71, fa anch’esso parte del «nocciolo duro» di misure protettive di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva medesima.

90.

Occorre al contempo sottolineare che il suddetto contratto collettivo stipula altresì che le disposizioni sulle tariffe salariali orarie convenzionali, stabilite globalmente per le due categorie summenzionate, non pregiudicano il diritto di percepire salari più elevati in forza di altri contratti collettivi o di accordi particolari. Pertanto il TV Mindestlohn, conformemente alla facoltà garantita dall’art. 3, n. 7, della detta direttiva, dichiara espressamente la possibilità che vengano applicate condizioni di lavoro più favorevoli ai lavoratori.

91.

Detto in termini più precisi, il regime prevalente in Germania sulla determinazione delle tariffe minime salariali nel settore edilizio si basa, in aggiunta al TV Mindestlohn, su contratti collettivi specifici che hanno per la maggior parte un’applicazione territoriale limitata e che, normalmente, non vengono dichiarati di applicazione generale, ciò che li colloca pertanto al di fuori del «nocciolo duro» delle misure minime di protezione definite all’art. 3, n. 1, della direttiva 96/71.

92.

È dunque corretto affermare, come sostiene la Commissione, che non è lecito imporre alle imprese le quali distacchino lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale, l’obbligo di rispettare tali contratti collettivi specifici, non dichiarati di applicazione generale ai sensi dell’art. 3, n. 8, primo trattino, della direttiva in parola?

93.

Non sono di questa opinione.

94.

Ritengo, infatti, che, in quanto i livelli salariali fissati in tali contratti collettivi specifici sono, per la maggior parte, nettamente superiori alle tariffe minime salariali imposte sul territorio della Repubblica federale di Germania ai sensi del TV Mindestlohn, tali contratti costituiscono una misura di attuazione di protezione nazionale rinforzata. Come ho illustrato in precedenza, tale protezione nazionale rinforzata è ammessa in forza dell’art. 3, n. 7, della direttiva 96/71.

95.

Ritengo perciò che una misura nazionale come quella controversa nella causa principale, che rende obbligatoria l’applicazione dei suddetti contratti collettivi anche nel caso di un distacco di lavoratori, sia conforme alla direttiva in parola, nei limiti in cui costituisce l’esercizio di una facoltà conferita agli Stati membri dall’art. 3, n. 7, della direttiva stessa.

96.

Del resto, il fatto che un contratto collettivo dichiarato di applicazione generale, come il TV Mindestlohn, di norma, rinvii a sua volta ad altri contratti collettivi o ad accordi specifici che prevedono il diritto di percepire salari più elevati è, a mio parere, conforme alla direttiva 96/71.

97.

Mi sembra evidente pertanto che il regime tedesco sulla determinazione delle tariffe minime salariali nel settore edilizio costituisce un sistema coerente, compatibile con la direttiva 96/71.

98.

Di conseguenza, ritengo che la direttiva 96/71 debba essere interpretata nel senso che non osta ad una normativa nazionale come quella del Land che imponga agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori, di corrispondere ai lavoratori distaccati nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, come minimo, la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni, a pena di sanzioni, che possono arrivare fino alla risoluzione del contratto d’appalto, anche nel caso in cui il contratto collettivo cui tale normativa si riferisce non sia stato dichiarato d’applicazione generale ai sensi dell’art. 3, n. 8, primo trattino, della direttiva medesima.

99.

Occorre adesso stabilire se l’art. 49 CE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale.

B — Sull’interpretazione dell’art. 49 CE

100.

Secondo costante giurisprudenza, l’art. 49 CE impone non soltanto l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi ( 25 ).

101.

Occorre a tal fine precisare che, come la Corte ha già statuito in precedenza, l’applicazione delle normative nazionali dello Stato membro ospitante ai prestatori di servizi può vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le prestazioni di servizi da parte di persone o imprese stabilite in altri Stati membri, in quanto essa comporta spese nonché oneri amministrativi ed economici supplementari ( 26 ).

102.

Nel caso presente, è fuor di dubbio, a mio parere, che sussiste una restrizione alla libera prestazione dei servizi.

103.

Infatti, obbligando gli aggiudicatari di appalti pubblici di lavori e, indirettamente, i loro subappaltatori, a rispettare almeno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni, gli artt. 3, n. 1, e 4, n. 1, della legge del Land, possono comportare per i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro, che applichi salari minimi inferiori, un onere economico supplementare, capace di vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le prestazioni di servizi nello Stato ospitante.

104.

D’altra parte, occorre rilevare che le disposizioni controverse della legge del Land si applicano indistintamente ai prestatori di servizi nazionali ed a quelli stabiliti in altri Stati membri. In altri termini, l’obbligo di rispettare la retribuzione minima prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione delle prestazioni grava tanto sui prestatori di servizi stabiliti in Germania quanto sui prestatori stabiliti in un altro Stato membro.

105.

Inoltre, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che siffatta normativa indistintamente applicabile può essere giustificata ai sensi dell’art. 49 CE se risponde a ragioni imperative d’interesse generale, qualora tale interesse non sia tutelato da norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui risiede e in quanto siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento ( 27 ).

106.

Tra le ragioni imperative d’interesse generale già riconosciute dalla Corte vi è la tutela dei lavoratori ( 28 ).

107.

A nome di tale imperativo, da una giurisprudenza costante della Corte emerge che il diritto comunitario non osta a che gli Stati membri estendano l’applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro stipulati tra le parti sociali a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio indipendentemente dal paese in cui è stabilito il datore di lavoro, e che il diritto comunitario non vieta nemmeno agli Stati membri di imporre l’osservanza di queste norme con mezzi adeguati, quando risulti che la protezione da queste conferita non è garantita da obblighi identici o sostanzialmente comparabili ai quali l’impresa è già soggetta nello Stato membro di stabilimento ( 29 ).

108.

La Corte ha altresì statuito che l’obiettivo di prevenire una concorrenza sleale da parte delle imprese che retribuiscono i loro dipendenti a un livello inferiore rispetto a quello corrispondente al salario minimo, può essere preso in considerazione quale esigenza imperativa atta a giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi ( 30 ). Essa ha poi aggiunto che non vi è necessariamente una contraddizione tra, da un lato, l’obiettivo di preservare la concorrenza leale e, dall’altro, quello di garantire la tutela dei lavoratori ( 31 ).

109.

Nello sviluppare tale ragionamento, di recente la Corte ha esplicitamente tracciato un nesso tra la propria giurisprudenza costante che riconosce la prerogativa degli Stati membri di estendere l’applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro in materia di salari minimi a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio, e la giustificazione basata sulla «prevenzione del dumping sociale» ( 32 ).

110.

Come ho indicato nei precedenti paragrafi, il giudice del rinvio esprime dubbi sul fatto che l’obbligo stabilito dalla legge del Land, che impone agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori, il rispetto del contratto collettivo applicabile nel luogo in cui vengono eseguite le prestazioni possa essere giustificato per motivi imperativi d’interesse generale.

111.

Ricordo, in merito, che, secondo l’organo remittente, lo scopo principale delle disposizioni legislative controverse consisterebbe nel proteggere le imprese edili tedesche dalla concorrenza proveniente da altri Stati membri. Orbene, siffatto obiettivo di natura economica non potrebbe costituire un motivo imperativo d’interesse generale idoneo a legittimare una restrizione alla libera prestazione dei servizi.

112.

D’altra parte, il giudice nazionale considera che l’obbligo di rispettare, sul luogo di esecuzione della prestazione, un contratto collettivo che stabilisce tariffe minime salariali superiori alle tariffe applicabili sul territorio della Repubblica federale di Germania in forza dell’AEntG vada oltre quanto necessario ai fini della tutela dei lavoratori. Infatti, esso ritiene che quanto necessario alla tutela dei lavoratori sia definito dal salario minimo obbligatorio, che dev’essere applicato sul territorio della Repubblica federale di Germania in forza dell’AEntG.

113.

Non concordo con l’analisi proposta dal giudice del rinvio, che viene sostanzialmente condivisa dal governo polacco.

114.

Ritengo, al contrario, che le disposizioni controverse della legge del Land siano atte a garantire la realizzazione degli obiettivi di tutela dei lavoratori e di prevenzione del dumping sociale, e che non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.

115.

È pur vero che, secondo una giurisprudenza costante, misure che costituiscono una restrizione alla libera prestazione di servizi non possono essere giustificate da obiettivi di natura economica, come la protezione delle imprese nazionali ( 33 ). Tuttavia, la Corte considera al contempo che l’intento del legislatore quale risulta dai dibattiti politici che precedono l’adozione di una legge o dall’esposizione delle sue motivazioni non può essere determinante, ma può solo costituire un indizio quanto al fine perseguito dalla detta legge ( 34 ). Spetta al giudice del rinvio, che s’interroga sul vero scopo perseguito dal legislatore, verificare se la disciplina di cui trattasi nella causa principale, considerata da un punto di vista obiettivo, sia idonea a garantire la tutela dei lavoratori distaccati ( 35 ), o, in termini più generali, la prevenzione del dumping sociale.

116.

Così, in merito all’osservazione del giudice del rinvio secondo cui lo scopo prioritario perseguito dalle disposizioni legislative controverse nella causa principale sarebbe quello di proteggere le imprese edili tedesche dalla concorrenza proveniente da altri Stati membri, spetta a tale giudice verificare se la normativa di cui trattasi nella causa di cui è investito, considerata da un punto di vista obiettivo, garantisca la tutela dei lavoratori distaccati. Al riguardo, si deve accertare se tale disciplina comporti, per i lavoratori interessati, un vantaggio effettivo che contribuisce, in modo determinante, alla loro tutela sociale ( 36 ).

117.

Per stabilire se esista tale vantaggio, che costituisce una tutela aggiuntiva per il lavoratore distaccato ( 37 ), il giudice a quo deve valutare se la tutela già offerta a tali lavoratori dalla legislazione e/o dai contratti collettivi vigenti nello Stato membro di stabilimento del prestatore di servizi sia equivalente o sostanzialmente comparabile in termini di retribuzione. Nell’ambito di tale valutazione, sono gli importi lordi della retribuzione quelli che devono essere presi in considerazione ( 38 ).

118.

Rammento, in proposito, che, come emerge dall’ordinanza di rinvio, la società PKZ è accusata di aver versato ai 53 operai occupati in cantiere soltanto il 46,57% del salario minimo applicabile. In tali circostanze, è un dato di fatto che l’osservanza della legge del Land avrebbe conferito a tali lavoratori una tutela aggiuntiva, dando loro il diritto di percepire un salario nettamente superiore a quello normalmente pagato nello Stato di stabilimento del datore di lavoro. Mi sembra che tale legge sia quindi idonea a garantire la tutela dei lavoratori distaccati.

119.

Tale normativa, secondo me, è altresì idonea a prevenire il dumping sociale, nei limiti in cui persegue l’obiettivo specifico di parificare le condizioni cui i prestatori di servizi, che siano stabiliti in Germania o altrove, dovranno remunerare i lavoratori impegnati nell’esecuzione di un appalto pubblico. Tale normativa assicura, pertanto, che i lavoratori locali ed i lavoratori distaccati operanti in uno stesso cantiere vengano retribuiti allo stesso modo

120.

Il fatto che il Land Niedersachsen abbia scelto di prendere come riferimento, all’interno della legge regionale sull’aggiudicazione degli appalti pubblici, un contratto collettivo specifico diverso dal TV Mindestlohn, con la conseguenza che il salario minimo che gli aggiudicatari ed i loro subappaltatori sono tenuti a rispettare nel luogo di esecuzione della prestazione risulta, di fatto, superiore a quello normalmente applicabile sul territorio della Repubblica federale di Germania per il settore edile, non mi sembra, di per sé, censurabile sulla base del diritto comunitario.

121.

Da un lato, difficilmente si potrebbe negare che la garanzia, per i lavoratori distaccati, di ricevere un salario più elevato, costituisca una misura idonea ad assicurare la loro tutela ( 39 ). Dall’altro, su un piano più generale, non dobbiamo dimenticare che l’art. 136, primo comma, CE, dispone che «[l]a Comunità e gli Stati membri, tenuti presenti i diritti sociali fondamentali (…), hanno come obiettivi (…) il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata [nonché] il dialogo sociale (…)».

122.

Del resto, non mi pare che le disposizioni della legge del Land contestate nella causa principale vadano oltre quanto necessario al raggiungimento degli obiettivi di tutela dei lavoratori e di prevenzione del dumping sociale.

123.

Le dette disposizioni hanno, infatti, lo scopo di rendere obbligatorio da parte dei datori di lavoro impegnati nell’esecuzione di un appalto pubblico il rispetto delle tariffe salariali applicabili in base al contratto collettivo specifico vigente nel luogo di esecuzione della prestazione. A tal fine, esse prevedono, da un lato, che i contratti di appalto siano assegnati unicamente agli aggiudicatari che si impegnino per iscritto a versare ai loro dipendenti, come corrispettivo per l’esecuzione delle relative prestazioni, il salario minimo previsto dal contratto collettivo applicabile nel luogo di esecuzione di tali prestazioni, e che si impegnino altresì a trasferire tale obbligo ai loro subappaltatori. D’altro lato, la violazione di tale obbligo espone a sanzioni di vari livelli che possono andare dall’applicazione di una penale contrattuale alla risoluzione del contratto.

124.

A mio parere, gli obiettivi di tutela dei lavoratori e di prevenzione del dumping sociale non potrebbero essere conseguiti con altrettanta efficacia mediante il ricorso a misure meno gravose e meno restrittive della libera prestazione dei servizi.

125.

Inoltre, come ha fatto presente l’Irlanda nelle osservazioni scritte ( 40 ), nessun elemento suggerisce che, tenuto conto degli indicatori pertinenti, come l’indice del costo della vita, le tariffe minime salariali imposte dal contratto collettivo specifico cui rinvia la legge del Land risultino sproporzionate rispetto alle tariffe salariali fissate dal TV Mindestlohn.

126.

Non mi pare che l’analisi appena esposta possa essere messa in discussione dall’argomento della Commissione secondo cui la legge di un Land, che avrebbe lo scopo di imporre condizioni di lavoro e di occupazione più esigenti unicamente per i lavoratori distaccati che operino nell’ambito di appalti pubblici — cioè in un segmento della vita economica — non può rispondere ad un interesse generale imperativo ai sensi dell’art. 49 CE né risultare idoneo al perseguimento di tale interesse.

127.

Come ha esposto in udienza, la Commissione rimprovera alla legge del Land il fatto di introdurre una discriminazione tra i lavoratori del settore edile, in funzione della circostanza che il committente sia pubblico o privato. Inoltre, sempre secondo tale istituzione, se l’obiettivo del Land Niedersachsen è effettivamente la tutela dei lavoratori, il Land dovrebbe estendere questo tipo di misura a tutti i lavoratori del settore interessato.

128.

Non posso condividere tale argomentazione per le ragioni di seguito esposte.

129.

In primo luogo, all’udienza è stato confermato che, salvo in presenza di una delega, il Land Niedersachsen non è competente a dichiarare di applicazione generale un contratto collettivo. Con l’adozione delle disposizioni della legge regionale contestate nella causa principale, il Land Niedersachsen ha dunque cercato di rendere obbligatoria, in un settore di sua competenza — quello, cioè, degli appalti pubblici — il contratto collettivo applicabile nel luogo delle prestazioni, che sia stato o meno dichiarato di applicazione generale.

130.

In secondo luogo, l’argomento in base al quale si creerebbe in tal modo una discriminazione tra i lavoratori del settore edile, a seconda che il committente sia pubblico o privato, non mi sembra rilevante dal punto di vista del diritto comunitario.

131.

Come ho già indicato nei precedenti paragrafi, ciò che rileva è il fatto che la legge del Land rispetti il divieto di discriminazione fondata sulla cittadinanza, e che, quindi, sottometta i prestatori di servizi ad uno stesso obbligo di rispettare le tariffe salariali minime applicabili sul luogo di esecuzione delle prestazioni, tanto nel caso in cui essi siano stabiliti in Germania quanto nel caso in cui risiedano in un altro Stato membro. Detto in altri termini, risulta determinante la circostanza che, nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, i lavoratori locali e i lavoratori distaccati siano retribuiti ad uno stesso livello. È questo il punto, a mio parere, che ci dà la chiave giusta per svelare l’esistenza eventuale di una discriminazione contraria al diritto comunitario.

132.

In terzo luogo, se è pur vero che le commesse pubbliche sono volte anzitutto a soddisfare un’esigenza specifica dell’amministrazione, sul piano dei lavori, dei servizi o delle forniture, è altrettanto vero che l’appalto pubblico permette altresì di soddisfare altre necessità, d’interesse generale, come, ad esempio, in attuazione della politica ambientale o, nel caso che ci occupa, in ambito sociale ( 41 ).

133.

La possibilità di integrare le esigenze sociali in materia di appalti pubblici è stata già riconosciuta dalla Corte ( 42 ), ed è oggi espressamente ammessa dalla direttiva 2004/18. Quest’ultima, infatti, contiene l’art. 26, dal titolo «Condizioni di esecuzione dell’appalto», che si legge:

«Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto purché siano compatibili con il diritto comunitario e siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. Le condizioni di esecuzione di un appalto possono basarsi in particolare su considerazioni sociali e ambientali» ( 43 ).

134.

Nei limiti in cui la condizione di esecuzione dell’appalto relativa alla retribuzione minima dei lavoratori, come previsto dalle disposizioni controverse della legge del Land, rispetti il principio di non discriminazione a motivo della cittadinanza e qualora rispetti altresì il principio della trasparenza, tale condizione deve, a mio parere, essere considerata conforme al diritto comunitario.

135.

Quanto al principio di trasparenza, ciò che è rilevante, a mio parere, è il fatto che i contratti collettivi di cui è imposto il rispetto siano sufficientemente precisi e accessibili così da non rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile la determinazione, da parte del datore di lavoro, degli obblighi cui dovrebbe conformarsi ( 44 ). Spetta al giudice del rinvio accertare se ciò si verifichi nel caso di specie ( 45 ).

IV — Conclusione

136.

Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni sottopostele dall’Oberlandesgericht Celle:

«La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e l’art. 49 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale come quella del Land della Bassa Sassonia sull’aggiudicazione degli appalti pubblici che imponga agli aggiudicatari e, indirettamente, ai loro subappaltatori, di corrispondere ai lavoratori distaccati nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico, per lo meno la retribuzione prevista dal contratto collettivo applicabile nel luogo dell’esecuzione delle prestazioni, a pena di sanzioni che possono arrivare fino alla risoluzione del contratto d’appalto, laddove il contratto collettivo cui si riferisce tale normativa non sia stato dichiarato d’applicazione generale.

Spetta al giudice a quo accertare che la detta normativa arrechi ai lavoratori distaccati un effettivo vantaggio che contribuisce in maniera significativa alla loro tutela sociale e altresì verificare che, nell’applicazione della normativa medesima, venga rispettato il principio di trasparenza delle condizioni d’esecuzione dell’appalto pubblico di cui trattasi».


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 1997, L 18, pag. 1.

( 3 ) Quinto ‘considerando’.

( 4 ) GU L 266, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Roma».

( 5 ) V. dal settimo al decimo ‘considerando’ della direttiva 96/71.

( 6 ) V. la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni 25 luglio 2003, sull’attuazione della direttiva 96/71 negli Stati membri, COM(2003) 458 def. (punto 2.3.1.1).

( 7 ) Undicesimo ‘considerando’.

( 8 ) Tredicesimo ‘considerando’.

( 9 ) Si tratta di «tutte le attività del settore edilizio riguardanti la realizzazione, il riattamento, la manutenzione, la modifica o l'eliminazione di edifici».

( 10 ) GU L 199, pag. 54, direttiva modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE (GU L 328, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/37»). Tale direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), il cui termine per la trasposizione nel diritto interno è scaduto il 31 gennaio 2006.

( 11 ) Dall’ordinanza di rinvio risulta che l’importo dell’appalto pubblico controverso nella causa principale ammonta ad EUR 8493331 al netto d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: «al netto dell’IVA»), vale a dire, un importo superiore alla soglia di applicazione della direttiva 93/37 che corrisponde all’equivalente in ecu di 5 milioni di diritti speciali di prelievo (in prosieguo: i «DSP»), ossia a EUR 6242028 [v., al riguardo, il controvalore delle soglie previste dalle direttive sugli appalti pubblici applicabile a partire dal 1o gennaio 2002 (GU 2001, C 332, pag. 21)].

( 12 ) V., in tal senso, la comunicazione interpretativa della Commissione sul diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare aspetti sociali negli appalti pubblici [COM(2001) 566 def., pag. 16 (punto 1.6)].

( 13 ) BGB1. 1996 I, pag. 227; in prosieguo: l’«AEntG».

( 14 ) Bundesanzeiger n. 242 del 30 dicembre 2003, n. 26093. Tale contratto collettivo è attualmente sostituito dal TV Mindestlohn del 29 luglio 2005, applicabile dal 1o settembre 2005 al 31 agosto 2008 e che è stato dichiarato d’applicazione generale con regolamento del 29 agosto 2005 (Bundesanzeiger n. 164 del 31 agosto 2005, n. 13199).

( 15 ) V., in particolare, sentenza 12 ottobre 2004, causa C-60/03, Wolff & Müller (Racc. pag. I-9553, punto 24).

( 16 ) V., al riguardo, la comunicazione interpretativa della Commissione sul diritto comunitario degli appalti pubblici e la possibilità di integrare aspetti sociali negli appalti pubblici, in cui si indica che «la condizione di esecuzione configura un obbligo, riferito all’esecuzione del contratto, che deve essere accettato dal titolare dell’appalto» e in virtù del quale «gli offerenti si impegnano, all’atto di preentazione delle offerte, a soddisfare tale esigenza in caso di aggiudicazione dell’appalto» [punto (1.6)]. Per essere considerata compatibile con l’art. 49 CE, come illustrerò infra, tale condizione di esecuzione deve rispettare il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità nonché il principio di trasparenza.

( 17 ) Cause riunite 62/81 e 63/81 (Racc. pag. 223).

( 18 ) Punto 14.

( 19 ) Sentenza 18 luglio 2007, causa C-490/04, Commissione/Germania (Racc. pag. I-6095, punto 17). In questa stessa sentenza, la Corte ha altresì precisato che «la direttiva 96/71 non ha armonizzato il contenuto materiale di tali regole nazionali [e che tale] contenuto può quindi essere liberamente definito dagli Stati membri nel rispetto del Trattato e dei principi generali del diritto comunitario, ivi compreso dunque (…) l’art. 49 CE» (punto 19).

( 20 ) V., in particolare, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299, pag. 9). A termini del suo art. 15, dal titolo «Disposizioni più favorevoli», tale direttiva «non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori o di favorire o consentire l'applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

( 21 ) V. Rodière, P., Droit Social de l’Union européenne, LGDJ, 2o ed., Parigi, 2002 (pag. 551).

( 22 ) Ibidem (pagg. 55 e 56). L’autore precisa, tuttavia, che tale materia non è esclusa da eventuali negoziazioni salariali a livello europeo. D’altra parte, occorre osservare che, al di là della determinazione in senso stretto dell’importo o del livello delle retribuzioni «il principio di uguaglianza delle retribuzioni tra uomini e donne può avere ripercussioni di carattere generale sui meccanismi di retribuzione dei lavoratori» e che «altre disposizioni comunitarie possono intervenire accessoriamente sul terreno delle retribuzioni, per esempio sul piano degli orari di lavoro».

( 23 ) Secondo l’espressione usata da Moizard, N., Droit communautaire du travail et protection nationale renforcée — L’exemple du droit du travail français, Presses universitaires d’Aix-Marseille, Aix-en-Provence, 2000 (v., in particolare, pagg. 94-96). Secondo l’autore, nel caso delle condizioni di lavoro e di impiego nell’ambito delle materie contemplate dalla direttiva 96/71, si tratta di «norme interne di protezione minima, di origine legislativa o contrattuale, che gli Stati membri sono tenuti almeno a rispettare in forza della direttiva nelle situazioni che comportano un distacco temporaneo di lavoratori» (pag. 95). Tale concetto è altresì enunciato nel trentaquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18, secondo cui la direttiva 96/71 «stabilisce le condizioni minime che devono essere rispettate nel paese ospitante nei confronti di detti lavoratori distaccati».

( 24 ) Concordo, in proposito, con l’analisi proposta dall’avvocato generale Mengozzi nelle conclusioni che ha presentato il 23 maggio 2007 nella causa C-341/05, Laval un Partneri (attualmente pendente dinanzi alla Corte), allorché ha affermato «sebbene la direttiva 96/71 ammetta che gli Stati membri possano applicare ai prestatori di servizi di uno Stato membro che distaccano lavoratori temporaneamente sul territorio di un altro Stato membro condizioni di lavoro e di occupazione più favorevoli per i lavoratori di quelle previste in particolare all’art. 3, n. 1 [della detta] direttiva, il riconoscimento di tale facoltà deve tuttavia avvenire nel rispetto della libera prestazione dei servizi garantita dall’art. 49 CE» (paragrafo 151). Segnalo inoltre che, nella sua comunicazione interpretativa sul diritto comunitario applicabile agli appalti pubblici e le possibilità di integrare aspetti sociali negli appalti pubblici, la Commissione indica che tanto nelle situazioni nazionali quanto nelle situazioni transfrontaliere «possono (…) essere applicate (e nel caso, devono anche essere rispettate) delle disposizioni più favorevoli ai lavoratori, a condizione che queste siano compatibili con il diritto comunitario» (pag. 21, punto 3.2).

( 25 ) V., in particolare, sentenza Commissione/Germania, cit. (punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

( 26 ) V., segnatamente, sentenza Wolff & Müller, cit. (punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) V., in proposito, sentenza Commissione/Germania, cit. (punti 64 e 65, nonché giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V., in particolare, sentenze Wolff & Müller, cit. (punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Al fine di ammettere che l’interesse generale inerente alla tutela sociale dei lavoratori del settore edile può costituire un motivo imperativo, la Corte ha indicato l’esistenza di «condizioni peculiari di questo settore» [sentenze 28 marzo 1996, causa C-272/94, Guiot (Racc. pag. I-1905, punto 16) e 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96, e C-376/96, Arblade e a. (Racc. pag. I-8453, punto 51)].

( 29 ) V., in particolare, sentenze 21 ottobre 2004, causa C-445/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-10191, punto 29 e giurisprudenza ivi citata) e 21 settembre 2006, causa C-168/04, Commissione/Austria (Racc. pag. I-9041, punto 47).

( 30 ) Sentenza Wolff & Müller, cit. (punto 41).

( 31 ) Ibidem (punto 42). In proposito, la Corte richiama il quinto ‘considerando’ della direttiva 96/71 che, a suo parere, dimostra che tali due obiettivi possono essere perseguiti in concomitanza.

( 32 ) Sentenza 19 gennaio 2006, causa C-244/04, Commissione/Germania (Racc. pag. I-885, punto 61). In merito all’evoluzione di tale giurisprudenza, v. Mischo, J. «Libre circulation des services et dumping social», Le droit à la mesure de l’Homme, dans Mélanges en l’honneur de Philippe Léger, Pedone, Parigi, 2006, pag. 435.

( 33 ) Sentenze 25 ottobre 2001, cause riunite C-49/98, da C-50/98 a C-54/94 e da C-68/98 a C-71/98, Finalarte e a. (Racc. pag. I-7831, punto 39) e 24 gennaio 2002, causa C-164/99, Portugaia Costruções (Racc. pag. I-787, punto 26).

( 34 ) Sentenza Portugaia Construções, cit. (punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

( 35 ) Ibidem (punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) V. sentenza Wolff & Müller, cit. (punto 38).

( 37 ) Sentenza Finalarte e a., cit. (punto 45).

( 38 ) Sentenza 14 aprile 2005, causa C-341/02, Commissione/Germania (Racc. pag. I-2733, punto 29).

( 39 ) Come indica il governo tedesco al punto 63 delle osservazioni scritte, oltre al fatto che i contratti collettivi specifici prevedono tariffe minime salariali più elevate, è interessante notare che contribuisce all’obiettivo mirante a tutelare i lavoratori anche il fatto che tali contratti consentono la corresponsione di retribuzioni differenziate e modulate in funzione del lavoro svolto. Ricordo, in proposito, che la tabella salariale riportata in tali contratti è più articolata di quella contenuta nel TV Mindestlohn, e fissa i livelli dei salari in base a diverse categorie di funzioni.

( 40 ) Punto 26.

( 41 ) V., in tal senso, Martinez, V., «Les péripéties du critère social dans l’attribution des marchés publics», Contrats publics, in Mélanges en l’honneur du professeur Michel Guibal, vol. II, Presses de la faculté de droit de Montpellier, 2006, pagg. 251 e 252. In particolare, l’autore esprime l’opinione secondo cui l’appalto pubblico può costituire un mezzo per combattere la disoccupazione e l’emarginazione, venendo utilizzato come «pilastro favorevole allo sviluppo del lavoro».

( 42 ) Sentenze 20 settembre 1988, causa 31/87, Beentjes (Racc. pag. 4635) e 26 settembre 2000, causa C-225/98, Commissione/Francia (Racc. pag. I-7445). V., con riguardo a tale giurisprudenza ed il suo recepimento nel diritto francese, Pongérard-Payet, H., «Critères sociaux et écologiques des marchés publics: droits communautaire et interne entre guerre et paix», Europe n. 10, ottobre 2004, Étude 10.

( 43 ) Merita ricordare anche il trentatreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18, a termini del quale «le condizioni di esecuzione di un appalto sono compatibili con la presente direttiva a condizione che non siano, direttamente o indirettamente, discriminatorie e siano indicate nel bando di gara o nel capitolato d'oneri». Nella sentenza Beentjes, cit., la Corte si era già espressa nel senso che per realizzare la finalità della direttiva consistente nel garantire lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di lavori pubblici, «i criteri e le condizioni che si applicano a ciascuna gara devono costituire oggetto di un’adeguata pubblicità da parte delle amministrazioni aggiudicatrici» (punto 21).

( 44 ) V., in tal senso, nell’ambito di un procedimento penale, sentenza Arblade e a., cit. (punto 43).

( 45 ) Si ricorda, al riguardo, che l’impegno assunto dall’aggiudicatario si riferisce alla «retribuzione in vigore nel luogo di esecuzione della prestazione in applicazione del contratto collettivo figurante al n. 1 “Edilizia e lavori pubblici”, dell’elenco dei contratti collettivi rappresentativi».