Cause riunite T‑456/05 e T‑457/05

Gütermann AG e

Zwicky & Co. AG

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato europeo del filo industriale — Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE — Ammende — Gravità dell’infrazione — Impatto concreto sul mercato — Durata dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo — Proporzionalità — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende»

Massime della sentenza

1.      Diritto comunitario — Interpretazione — Atti delle istituzioni — Motivazione

2.      Concorrenza — Intese — Divieto — Infrazioni — Accordi e pratiche concordate idonei ad essere considerati costitutivi di un’infrazione unica — Imputazione di responsabilità a un’impresa in ragione di una partecipazione all’infrazione complessivamente considerata — Ammissibilità

(Art. 81, n. 1, CE)

3.      Concorrenza — Intese — Imputazione ad un’impresa — Responsabilità per i comportamenti di altre imprese nell’ambito della stessa infrazione — Ammissibilità — Criteri

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Cessazione delle infrazioni — Potere della Commissione — Ingiunzioni rivolte alle imprese

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 7, n. 1)

5.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Importo massimo

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2)

6.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità e durata dell’infrazione — Possibilità di innalzare il livello delle ammende per rafforzarne l’effetto dissuasivo

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, e n. 1/2003, art. 23, n. 2)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Congruità — Sindacato giurisdizionale

(Artt. 229 CE e 253 CE; regolamenti del Consiglio n. 17, art. 17, e n. 1/2003, art. 31)

8.      Ricorso di annullamento — Sindacato giurisdizionale — Limiti

(Art. 233 CE)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Impatto concreto sul mercato — Criteri di valutazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Durata dell’infrazione — Infrazioni di lunga durata

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 B, primo comma)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Non applicazione di fatto di un accordo — Valutazione alla luce del comportamento individuale di ciascuna impresa

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 1 A, primo comma, e 3)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Ruolo passivo o gregario dell’impresa

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 2 e 3)

13.    Procedura — Deduzione di motivi nuovi in corso di causa — Presupposti — Motivo nuovo — Nozione

(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 48, n. 2)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, punto D 2)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Fissazione dell’ammenda in proporzione agli elementi di valutazione della gravità dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

1.      Il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione.

(v. punto 41)

2.      Una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé, singolarmente presi, una violazione della detta disposizione.

L’infrazione unica e continuata raggruppa frequentemente una serie di atti che si susseguono cronologicamente e che, di per sé, quando vengono compiuti, possono parimenti costituire un’infrazione alle regole di concorrenza. La particolarità di tali atti è che essi sono riconducibili ad una strategia complessiva.

(v. punti 45-46)

3.      Un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa delle regole di concorrenza attraverso comportamenti ad essa specifici, rientranti nelle nozioni di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa, quando sia accertato che l’impresa in questione è al corrente dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti, o che può ragionevolmente prevederli ed è pronta ad accettarne il rischio.

Un’impresa può violare il divieto previsto dall’art. 81, n. 1, CE quando il suo comportamento, coordinato con quello di altre imprese, ha per obiettivo di restringere la concorrenza su un particolare mercato rilevante all’interno del mercato comune, senza che ciò presupponga necessariamente che essa stessa sia attiva su tale mercato rilevante.

(v. punti 50, 53)

4.      Il potere della Commissione di pronunciare ingiunzioni deve essere esercitato in funzione della natura dell’infrazione accertata.

Qualora un’impresa non eserciti più attività nel settore in questione, essa non risulta interessata, di fatto, dall’ingiunzione di porre fine alle infrazioni. Pertanto, non può esservi violazione del principio di proporzionalità.

L’applicazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE, può comportare il divieto di persistere in talune attività, pratiche o situazioni la cui illegittimità sia stata accertata, ma anche quello di tenere in futuro un comportamento analogo o di adottare qualsiasi misura in grado di avere uno scopo o un effetto equivalente.

Qualora l’impresa coinvolta non si sia impegnata a non reiterare il proprio comportamento anticoncorrenziale, la Commissione è legittimata ad inserire l’ingiunzione di astenersi in futuro da qualsiasi misura in grado di avere uno scopo o un effetto equivalente, anche se l’impresa suddetta non esercita più attività nel settore interessato dall’intesa.

Tuttavia, simili misure non devono eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso.

(v. punti 61, 63, 65, 67)

5.      Ai fini della definizione della nozione di «esercizio sociale precedente», la Commissione deve, per ciascun caso di specie e alla luce del contesto nonché degli scopi perseguiti dal regime sanzionatorio introdotto dal regolamento n. 17 e dal regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE, valutare l’impatto che vuole produrre sull’impresa interessata, tenendo conto in particolare di un fatturato che rifletta la reale situazione economica della stessa nel periodo in cui è stata commessa l’infrazione.

Tuttavia, tanto dagli obiettivi del sistema nel quale si inseriscono l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, quanto dalla giurisprudenza, risulta che l’applicazione del tetto massimo del 10% del fatturato presuppone, da un lato, che la Commissione disponga del fatturato per l’ultimo esercizio sociale che precede la data di adozione della decisione e, dall’altro, che tali dati rappresentino un esercizio completo di attività economica normale durante un periodo di dodici mesi.

Così, se l’esercizio sociale si è concluso prima dell’adozione della decisione, ma i conti annuali dell’impresa in questione non sono ancora stati predisposti ovvero non sono ancora stati comunicati alla Commissione, quest’ultima è legittimata, e perfino obbligata, a fare ricorso al fatturato realizzato nel corso di un esercizio sociale antecedente al fine di applicare l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003. Allo stesso modo, se, a causa di una riorganizzazione o di una modifica delle pratiche contabili, un’impresa ha elaborato, per l’esercizio sociale precedente, conti riferiti ad un periodo inferiore a dodici mesi, la Commissione è legittimata ad utilizzare il fatturato realizzato nel corso di un esercizio completo antecedente al fine di applicare le dette disposizioni. Lo stesso dicasi se un’impresa non ha esercitato alcuna attività economica nel corso dell’esercizio sociale precedente e la Commissione non dispone dunque di un fatturato che rappresenti un’attività economica esercitata dalla stessa nel corso del detto esercizio. Infatti, il fatturato per tale periodo non fornisce alcuna indicazione in merito all’importanza dell’impresa suddetta, in contrasto con quanto richiesto dalla giurisprudenza e, pertanto, non può servire quale base per la determinazione del tetto massimo previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

Anche in un normale esercizio di attività economiche, è possibile che il fatturato di un’impresa si riduca in maniera rilevante, e perfino sostanziale, rispetto agli anni precedenti, per ragioni di varia natura, quali un difficile contesto economico, una crisi nel settore di cui trattasi, un sinistro o uno sciopero. Tuttavia, qualora un’impresa abbia di fatto realizzato un fatturato nel corso di un esercizio completo durante il quale sono state esercitate attività economiche, ancorché ridotte, la Commissione deve tener conto di tale fatturato al fine di determinare il tetto massimo previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Pertanto, quanto meno nelle situazioni in cui non vi siano elementi per ritenere che un’impresa abbia cessato le proprie attività commerciali od occultato il proprio fatturato per evitare l’imposizione di una pesante ammenda, si deve ritenere che la Commissione sia obbligata a fissare il limite massimo dell’ammenda con riferimento al fatturato più recente rispecchiante un anno completo di attività economica.

(v. punti 89-90, 94-97)

6.      Il potere della Commissione di infliggere ammende, a norma dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE, costituisce uno dei mezzi attribuiti alla detta istituzione per consentirle di adempiere la missione di sorveglianza conferitale dal diritto comunitario.

Tale missione include il compito di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma comporta altresì il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in materia di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese. Essa comprende dunque anche il compito di reprimere comportamenti illeciti nonché quello di prevenire il loro ripetersi.

Ne consegue che la Commissione deve provvedere affinché le ammende abbiano carattere dissuasivo.

(v. punti 79, 91)

7.      Per quanto riguarda i ricorsi proposti contro le decisioni della Commissione che infliggono ammende ad imprese per violazione delle regole di concorrenza, il giudice comunitario è competente a valutare, nell’ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito riconosciutagli dall’art. 229 CE, dall’art. 17 del regolamento n. 17 e dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE, l’adeguatezza dell’importo delle ammende. Questa valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi di informazione, la cui menzione nella decisione che infligge l’ammenda non è di per sé prescritta in forza dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE.

(v. punti 105-106)

8.      Se un destinatario di una decisione decide di proporre un ricorso di annullamento, il giudice comunitario è chiamato a conoscere soltanto di quegli aspetti della decisione che riguardano tale destinatario. Invece, gli aspetti riguardanti altri destinatari, che non siano stati impugnati, non rientrano nell’oggetto della controversia che il giudice comunitario è chiamato a risolvere.

(v. punto 112)

9.      Per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, la Commissione si deve riferire al gioco della concorrenza che avrebbe normalmente avuto luogo in assenza dell’infrazione. Per concludere nel senso dell’esistenza di un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi concordati siano serviti come base per la fissazione dei prezzi di transazione individuali, limitando in tal modo il margine di negoziazione dei clienti.

Per contro, non si può pretendere che la Commissione, una volta stabilita l’attuazione di un’intesa, dimostri sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che sarebbe prevalso in assenza dell’intesa stessa. Sarebbe sproporzionato esigere una siffatta dimostrazione che assorbirebbe risorse considerevoli, tenuto conto che essa renderebbe necessario il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza solo difficilmente potrebbe essere verificata dal giudice e la cui infallibilità non è affatto dimostrata. Infatti, per valutare la gravità dell’infrazione, è decisivo sapere che i membri dell’intesa avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per dare un effetto concreto alle proprie intenzioni. Ciò che si è verificato in seguito, a livello dei prezzi di mercato effettivamente realizzati, poteva essere influenzato da altri fattori, fuori dal controllo dei membri dell’intesa. I membri dell’intesa non possono addurre a proprio vantaggio, presentandoli come elementi atti a giustificare una riduzione dell’ammenda, fattori esterni che hanno controbilanciato gli sforzi da essi profusi.

Il comportamento effettivo che un’impresa asserisce di aver adottato è privo di rilevanza ai fini della valutazione dell’impatto di un’intesa sul mercato. Soltanto gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo insieme devono essere presi in considerazione. Quindi, la presa in considerazione del comportamento illecito tenuto da un’impresa implicata viene effettuata per valutare la specifica situazione di quest’ultima, ma non può avere alcuna incidenza sulla classificazione dell’infrazione nella categoria delle infrazioni «molto gravi».

Ove si tratti di un’infrazione di lunga durata, è poco probabile che le imprese interessate possano aver ritenuto che le pratiche addebitate fossero totalmente prive di efficacia e di utilità.

La natura dell’infrazione ha un ruolo di primaria importanza, in particolare per identificare le infrazioni come «molto gravi». Al riguardo, dalla descrizione delle infrazioni molto gravi fornita dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5 del Trattato CECA risulta che gli accordi o le pratiche concordate diretti, in particolare, alla fissazione dei prezzi possono comportare, sulla sola base della loro natura, la qualifica di «molto gravi», senza necessità che tali comportamenti siano caratterizzati da un’incidenza o da un’estensione geografica particolare. La descrizione delle infrazioni «molto gravi» non prevede come necessario alcun impatto concreto sul mercato né alcuna produzione di effetti su una determinata zona geografica.

(v. punti 126, 128-130, 133-134, 136-137)

10.    La durata dell’infrazione rappresenta uno degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese colpevoli di violazioni delle regole di concorrenza. Per quel che riguarda le infrazioni di lunga durata, la Commissione può applicare automaticamente il tasso massimo di maggiorazione del 10% annuo dell’importo fissato in funzione della gravità dell’infrazione. Infatti, anche se il punto 1 B, primo comma, terzo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA non stabilisce una maggiorazione automatica, esso lascia al riguardo un margine di discrezionalità alla Commissione.

Negli orientamenti non vi è alcun elemento che vieti di tener conto della durata effettiva dell’infrazione nell’ambito del calcolo dell’importo dell’ammenda. Un simile approccio è assolutamente logico e ragionevole e rientra nell’ambito del potere discrezionale della Commissione.

Ove si accerti che un’impresa era a conoscenza dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi, essa è altresì considerata responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione all’infrazione, dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione. A buon diritto la Commissione può implicitamente ritenere che la durata dell’infrazione non debba essere divisa in funzione dell’intensità della partecipazione dell’impresa ricorrente all’infrazione sui mercati interessati. Se il ruolo svolto nell’intesa dall’impresa in questione è stato correttamente preso in considerazione nella determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, il fatto che l’impresa non abbia partecipato a tutti gli elementi costitutivi dell’intesa non può essere nuovamente preso in considerazione nella determinazione della durata dell’infrazione.

L’aumento dell’importo dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione viene effettuato applicando una determinata percentuale all’importo di partenza stabilito in base alla gravità complessiva dell’infrazione, ciò che dunque già riflette le diverse intensità dell’infrazione. Non sarebbe perciò logico tener conto di una variazione nell’intensità dell’infrazione durante il periodo considerato al momento di aumentare il suddetto importo a causa della durata dell’infrazione. Occorre sempre distinguere tra la durata del funzionamento effettivo dell’intesa e la gravità di quest’ultima quale risultante dalla sua stessa natura.

(v. punti 147-148, 150, 152, 156-157, 159-160)

11.    Le circostanze attenuanti menzionate al punto 3 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA sono tutte connesse al comportamento di ciascuna impresa. Ai fini della valutazione di tali circostanze attenuanti, occorre prendere in considerazione non già gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo complesso – dei quali si deve tenere conto per determinare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato ai fini della valutazione della sua gravità –, bensì il comportamento individuale di ciascuna impresa, onde esaminare la gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione.

Le imprese devono dunque addurre altri argomenti idonei a dimostrare che, durante il periodo in cui hanno aderito agli accordi illeciti, esse si sono effettivamente sottratte alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, almeno, che esse hanno chiaramente e considerevolmente infranto gli obblighi volti a dare attuazione a tale intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento.

(v. punti 178, 180)

12.    Un ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa coinvolta di un «profilo basso», vale a dire una mancanza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali. Tra gli elementi atti a dimostrare il ruolo passivo di un’impresa nell’ambito di un’intesa, possono essere presi in considerazione il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure il suo ingresso tardivo sul mercato oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione a quest’ultima, oppure ancora il rilascio di espresse dichiarazioni in tal senso da parte di rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione.

È soltanto in alcune particolari circostanze che la modesta dimensione di un’impresa costituisce un elemento importante da prendere in considerazione. Qualora i dirigenti di tale impresa assumano il ruolo di presidente in occasione di varie riunioni provvedendo all’organizzazione delle stesse, giustamente la Commissione conclude per l’insussistenza di un comportamento passivo: è pacifico che convocare riunioni, proporre un ordine del giorno, distribuire documenti preparatori in vista di simili riunioni è incompatibile con un ruolo passivo di gregario che adotti un basso profilo, dato che simili iniziative rivelano un atteggiamento favorevole e attivo delle imprese interessate nell’elaborazione, nella continuazione e nel controllo dell’intesa.

La Commissione non è vincolata al rispetto di una prassi decisionale antecedente: il fatto che essa, in casi precedenti, possa aver tenuto conto della situazione economica del settore quale circostanza attenuante non comporta che essa sia necessariamente tenuta a continuare a osservare tale prassi. La Commissione è tenuta a procedere a un’analisi individualizzata delle circostanze proprie di ciascun caso, senza essere vincolata da decisioni anteriori riguardanti altri operatori economici, altri mercati di prodotti e di servizi o altri mercati geografici in momenti diversi.

(v. punti 184-185, 189, 193-195)

13.    Dalle disposizioni dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale risulta che è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che questi si fondino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

Tuttavia, un motivo che costituisca l’ampliamento di un motivo precedentemente dedotto – direttamente o implicitamente – nell’atto introduttivo del giudizio e che sia strettamente connesso con tale motivo precedente, va considerato ricevibile.

(v. punti 198-199)

14.    La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai suoi servizi. La cooperazione di un’impresa con la Commissione può giustificare una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese soltanto qualora essa faciliti il compito della detta istituzione consistente nel dichiarare l’esistenza di un’infrazione e nel porvi fine.

La Commissione non è vincolata ad una precedente prassi decisionale quando concede un certo tasso di riduzione per un determinato comportamento; essa non è tenuta a concedere la medesima riduzione proporzionale in occasione della valutazione di un comportamento analogo nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo.

La Commissione dispone di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese. In tale contesto, la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese coinvolte. L’elenco delle circostanze che danno luogo a una riduzione dell’ammenda, contenuto nel punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione, ha valore meramente indicativo.

La Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso. Quando un’impresa si limita a confermare, in maniera meno circostanziata ed esplicita, informazioni già fornite da un’altra impresa, ciò non agevola il compito della Commissione in maniera significativa ed esclude una riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione della cooperazione.

Il trattamento favorevole è una ricompensa accordata dalla Commissione all’impresa per aver reso più semplice l’accertamento dell’infrazione, e ciò indipendentemente dalla fase nella quale sia intervenuto l’aiuto fornito dall’impresa, nonché dal fatto che tale aiuto sia consistito nella trasmissione di informazioni nuove e di elementi probatori nuovi ovvero nel riconoscimento di elementi di fatto o della qualificazione giuridica degli stessi.

La riduzione dell’ammenda a titolo di cooperazione dipende principalmente dalla qualità o dall’utilità della cooperazione fornita, che la Commissione valuta nell’ambito del suo ampio potere discrezionale, del quale solo un uso manifestamente eccessivo può essere censurato.

Nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese, la Commissione non può disconoscere il principio della parità di trattamento, che risulta violato allorquando situazioni analoghe sono trattate in maniera differente ovvero situazioni diverse in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

La valutazione dell’utilità della cooperazione non si basa su una formula aritmetica che implichi d’ufficio una riduzione di almeno il 20% se trovano applicazione i due trattini del punto D della comunicazione sulla cooperazione.

(v. punti 219-225, 238, 246, 248)

15.    Il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Nel contesto del calcolo delle ammende, la gravità delle infrazioni deve essere determinata in funzione di numerosi fattori ed è necessario non attribuire ad alcuno di tali elementi un’importanza sproporzionata rispetto agli altri elementi di valutazione.

Il principio di proporzionalità implica, in tale contesto, che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata.

Quindi, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato. Peraltro, anche a supporre che essa provochi la liquidazione dell’impresa nella sua forma giuridica attuale, una misura adottata da un’autorità comunitaria, pur potendo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, non significa tuttavia che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perderebbero anch’essi il loro valore.

Così, né il regolamento n. 17, né il regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE, né gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, prevedono che l’importo delle ammende debba essere stabilito direttamente in relazione alle dimensioni del mercato rilevante, essendo tale fattore soltanto uno dei diversi elementi da considerare.

Se invero gli orientamenti non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione, essi però non ostano neppure a che tale fatturato sia preso in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo richiedano. Il fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell’infrazione è idoneo a fornire una corretta indicazione dell’entità dell’infrazione stessa e della responsabilità di ciascun membro dell’intesa sui mercati di cui trattasi. Esso costituisce infatti un elemento oggettivo che fornisce una corretta misura della nocività della pratica incriminata per il gioco normale della concorrenza e rappresenta, dunque, un buon indicatore della capacità di ogni impresa interessata di arrecare un danno. Tuttavia, non esiste un principio di applicazione generale secondo cui la sanzione dev’essere proporzionata al fatturato realizzato dall’impresa attraverso la vendita del prodotto oggetto dell’infrazione.

La Commissione non è tenuta ad assicurare, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende risultanti all’esito del suo calcolo per le imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra queste ultime quanto al loro fatturato complessivo o al loro fatturato realizzato sul mercato del prodotto in questione. La Commissione non è tenuta ad effettuare il calcolo dell’ammenda tenendo conto delle dimensioni delle imprese interessate; non vi è alcuna ragione di trattare le piccole e medie imprese diversamente dalle altre imprese, dato che ciò non le esonera dal loro dovere di rispettare le regole di concorrenza.

(v. punti 260-261, 264, 266-267, 275, 277-283)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

28 aprile 2010 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo del filo industriale – Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE – Ammende – Gravità dell’infrazione – Impatto concreto sul mercato – Durata dell’infrazione – Circostanze attenuanti – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo – Proporzionalità – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende»

Nelle cause riunite T‑456/05 e T‑457/05,

Gütermann AG, con sede in Gutach-Breisgau (Germania), rappresentata dagli avv.ti J. Burrichter, B. Kasten e S. Orlikowski‑Wolf,

ricorrente nella causa T‑456/05,

Zwicky & Co. AG, con sede in Wallisellen (Svizzera), rappresentata dagli avv.ti J. Burrichter, B. Kasten e S. Orlikowski‑Wolf,

ricorrente nella causa T‑457/05,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente dai sigg. F. Castillo de la Torre, M. Schneider e dalla sig.ra K. Mojzesowicz, successivamente dal sig. Castillo de la Torre e dalla sig.ra Mojzesowicz, in qualità di agenti,

convenuta,

aventi ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 14 settembre 2005, C (2005) 3452, relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38.337 PO/Filo), come modificata dalla decisione della Commissione 13 ottobre 2005, C (2005) 3765, e, in subordine, la domanda di riduzione dell’ammenda inflitta alle ricorrenti dalla detta decisione,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek (relatore) e V.M. Ciucǎ, giudici,

cancelliere: sig.ra T. Weiler, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 dicembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1.     Oggetto della controversia

1        Con decisione 14 settembre 2005, C (2005) 3452, relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38.337 PO/Filo; in prosieguo: la «decisione impugnata»), come modificata dalla decisione della Commissione 13 ottobre 2005, C (2005) 3765, e di cui è stata pubblicata una sintesi nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 26 gennaio 2008 (GU C 21, pag. 10), la Commissione delle Comunità europee ha constatato che le ricorrenti, Gütermann AG (in prosieguo: la «Gütermann») e Zwicky & Co. AG (in prosieguo: la «Zwicky»), avevano partecipato ad una serie di accordi e di pratiche concordate sul mercato del filo destinato all’industria del Benelux e dei paesi nordici per il periodo compreso tra il gennaio 1990 e il settembre 2001 per quanto riguarda la Gütermann e tra il gennaio 1990 e il novembre 2000 per quanto riguarda la Zwicky.

2        La Commissione ha inflitto un’ammenda di importo pari a EUR 4,021 milioni alla Gütermann ed a EUR 0,174 milioni alla Zwicky, per la loro partecipazione al cartello concernente il filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

2.     Procedimento amministrativo

3        Il 7 e 8 novembre 2001 la Commissione ha svolto accertamenti nei locali di diversi produttori di filo da cucito, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU n. 13, pag. 204). Tali accertamenti venivano disposti a seguito di informazioni fornite nell’agosto 2000 da The English Needle & Tackle Co. Ltd.

4        Il 26 novembre 2001 la Coats Viyella plc (in prosieguo: la «Coats») ha depositato una domanda di trattamento favorevole ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), cui erano allegati taluni documenti prodotti al fine di dimostrare l’esistenza delle seguenti intese: in primo luogo, un’intesa sul mercato del filo destinato all’industria automobilistica nello Spazio economico europeo (SEE), in secondo luogo, un’intesa sul mercato del filo per clienti industriali nel Regno Unito e, in terzo luogo, un’intesa sul mercato del filo per clienti industriali nel Benelux e in Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia (in prosieguo, considerati congiuntamente: i «paesi nordici»).

5        Sulla base dei documenti acquisiti in occasione delle ispezioni e di quelli trasmessi dalla Coats, la Commissione, nei mesi di marzo e agosto 2003, ha inviato richieste scritte di informazioni alle imprese interessate ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17.

6        Il 15 marzo 2004 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti che ha indirizzato a diverse imprese in ragione della loro partecipazione ad una o più intese indicate al precedente punto 4, tra cui quella sul mercato del filo per clienti industriali nel Benelux e nei paesi nordici.

7        Tutte le imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti hanno presentato osservazioni scritte. La Gütermann ha risposto a nome proprio e a quello della Zwicky.

8        Un’audizione si è svolta il 19 ed il 20 luglio 2004.

9        Il 24 settembre 2004 le parti hanno avuto accesso alla versione non riservata delle risposte alla comunicazione degli addebiti e alle osservazioni delle parti in occasione dell’audizione ed è stato impartito loro un termine per trasmettere ulteriori osservazioni.

10      Il 14 settembre 2005 la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

3.     Decisione impugnata

 Definizione dei mercati interessati

 Mercato di prodotti

11      Nella decisione impugnata, la Commissione indica che il settore dei filati può essere suddiviso in due segmenti, vale a dire, da un lato, quello del filo utilizzato dall’industria per cucire o ricamare diversi tipi di articoli di abbigliamento o di altro genere tra cui articoli in pelle, rivestimenti tessili per automobili e materassi, e, dall’altro, quello del filo per uso domestico utilizzato dai singoli per effettuare lavori di cucito o di riparazione e per attività ricreative.

12      Per quanto attiene al segmento del filo industriale, esso può essere diviso in tre categorie in funzione dell’uso che ne viene fatto: il filo da cucito, destinato alla confezione, utilizzato per diversi tipi di abbigliamento, il filo da ricamo, utilizzato per le macchine da ricamo industriali informatizzate per la decorazione di abbigliamento, scarpe sportive e prodotti tessili per la casa, e il filo speciale, utilizzato in diversi settori tra cui quello calzaturiero, della pelletteria e automobilistico.

13      Secondo la Commissione, il filo industriale può essere considerato, dal punto di vista dell’offerta, come costituente un mercato di un unico prodotto dal momento che non vi è una stretta corrispondenza tra l’utilizzo finale e il tipo di fibra e/o la struttura del filo.

14      La Commissione effettua tuttavia una distinzione tra il filo destinato all’industria automobilistica, da un lato, e quello destinato all’industria non facente parte del settore automobilistico, dall’altro. Infatti essa ritiene che, benché i processi produttivi di questi due tipi di filo siano simili o facilmente intercambiabili, la domanda dell’industria automobilistica provenga da clienti importanti che richiedono caratteristiche tecniche di un livello più elevato per alcuni prodotti di cui fanno uso – ad esempio, il filo utilizzato per le cinture di sicurezza – e che hanno interesse a che i prodotti impiegati nelle loro industrie siano uniformi nei diversi paesi.

15      Nelle presenti cause, il mercato dei prodotti nei confronti del quale è esaminata l’infrazione contestata alle ricorrenti è quello del filo industriale, ad esclusione del settore automobilistico (in prosieguo: il «filo industriale»).

 Mercati geografici

16      Nella decisione impugnata la Commissione osserva che, secondo le informazioni fornite dalle parti, il mercato geografico del filo industriale di cui trattasi è a dimensione regionale. Essa aggiunge che la regione può comprendere, a seconda dei casi, diversi paesi del SEE, ad esempio i paesi del Benelux o i paesi nordici, ovvero soltanto un paese, ad esempio il Regno Unito.

17      Nel caso di specie, il mercato geografico interessato dall’infrazione contestata alle ricorrenti è quello del Benelux e dei paesi nordici.

 Dimensioni e struttura dei mercati in questione

18      Dalla decisione impugnata emerge che il volume delle vendite del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici si aggirava attorno a EUR 50 milioni nel 2000 e a EUR 40 milioni nel 2004.

19      Risulta anche che, alla fine degli anni ’90, i fornitori principali di filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici erano in particolare la Gütermann, la Zwicky, l’Amann und Söhne GmbH & Co. KG (in prosieguo: l’«Amann»), la Barbour Threads Ltd prima della sua acquisizione da parte della Coats, la Belgian Sewing Thread NV (in prosieguo: la «BST») e la Coats.

 Descrizione delle infrazioni

20      La Commissione indica, nella decisione impugnata, che gli eventi relativi all’intesa sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici si sono svolti negli anni che vanno dal 1990 al 2001.

21      Secondo la Commissione, le imprese interessate si sarebbero incontrate almeno una volta all’anno e tali riunioni si sarebbero articolate in due sessioni, una dedicata al mercato dei paesi del Benelux, l’altra a quello dei paesi nordici, dal momento che il loro obiettivo principale sarebbe stato il mantenimento dei prezzi a un livello elevato su entrambi i mercati.

22      Le partecipanti avrebbero scambiato listini dei prezzi e informazioni sulle riduzioni, l’applicazione di aumenti dei prezzi di listino, la diminuzione delle riduzioni e l’aumento dei prezzi speciali applicabili ad alcuni clienti. Avrebbero concluso inoltre accordi sui futuri listini dei prezzi, il tasso massimo di riduzione, le diminuzioni di riduzioni e l’aumento dei prezzi speciali applicabili ad alcuni clienti nonché accordi volti a evitare di farsi concorrenza sul prezzo a vantaggio del fornitore abituale e a spartirsi i clienti (decisione impugnata, punti 99-125).

 Dispositivo della decisione impugnata

23      All’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che otto imprese, tra cui la Gütermann e la Zwicky, avevano violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE partecipando ad un sistema di accordi e pratiche concordate sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici, per il periodo compreso tra il gennaio 1990 e il settembre 2001 per quanto riguarda la Gütermann e tra il gennaio 1990 e il novembre 2000 per quanto riguarda la Zwicky.

24      Ai sensi dell’art. 2, primo comma, della decisione impugnata, per l’intesa sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici sono state inflitte, in particolare, alle seguenti imprese le ammende di seguito riportate:

–        Coats: EUR 15,05 milioni;

–        Amann: EUR 13,09 milioni;

–        BST: EUR 0,979 milioni;

–        Gütermann: EUR 4,021 milioni;

–        Zwicky: EUR 0,174 milioni.

25      All’art. 3 della decisione impugnata, la Commissione ha ingiunto alle imprese indicate nella detta decisione di porre immediatamente fine, se non l’avessero già fatto, alle infrazioni che essa aveva constatato. Essa le ha obbligate inoltre ad astenersi dal reiterare qualsiasi atto indicato all’art. 1 della decisione impugnata e qualsiasi atto o pratica aventi un oggetto o effetto equivalente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 30 dicembre 2005 le ricorrenti hanno proposto i presenti ricorsi.

27      Nella causa T‑4656/05 la Gütermann chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1 della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione vi constata che essa ha violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE sul mercato della Finlandia, della Norvegia e della Svezia per il periodo compreso tra il gennaio 1990 e il settembre 2001 e, in subordine, per il periodo compreso tra il gennaio 1990 e il dicembre 1993 compreso;

–        annullare l’art. 2 della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione le infligge un’ammenda di importo pari a EUR 4,021 milioni o, in subordine, ridurre in misura adeguata l’importo di tale ammenda;

–        condannare la Commissione alle spese.

28      La Commissione conclude che Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Gütermann alle spese.

29      Nella causa T‑457/05 la Zwicky chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1 della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione vi constata che essa ha violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE sul mercato della Finlandia, della Norvegia e della Svezia per il periodo compreso tra il gennaio 1990 e il novembre 2000 e, in subordine, per il periodo dal gennaio 1990 al dicembre 1993 compreso;

–        annullare l’art. 2 della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione le infligge un’ammenda di importo pari a EUR 0,174 milioni o, in subordine, ridurre in misura adeguata l’importo di tale ammenda;

–        annullare l’art. 3 della decisione impugnata nella parte che la riguarda;

–        condannare la Commissione alle spese.

30      La Commissione conclude che Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Zwicky alle spese.

31      Con ordinanza 9 dicembre 2008 il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha deciso, sentite le parti, di riunire le cause T‑456/05 e T‑457/05 ai fini della procedura orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.

 In diritto

32      In primo luogo, le ricorrenti deducono due motivi relativi al comportamento configurante infrazione. Esse sollevano innanzitutto un motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza previste dagli artt. 81 CE e 82 CE (GU 2003, L 1, pag. 1). La Zwicky solleva inoltre un motivo secondo cui le ingiunzioni di porre fine all’infrazione e di non reiterarla sarebbero ingiustificate.

33      In secondo luogo, le ricorrenti deducono una serie di motivi diretti all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda. Da un lato, la Zwicky addebita alla Commissione di averle inflitto un’ammenda il cui importo supera il 10% del suo fatturato. Dall’altro, le ricorrenti deducono cinque motivi relativi, rispettivamente, a un’erronea valutazione della gravità dell’infrazione con riferimento ai suoi effetti, a un’erronea valutazione della durata dell’infrazione, a una mancata considerazione di alcune circostanze attenuanti, a un’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione e al carattere sproporzionato dell’ammenda.

1.     Sui motivi diretti a contestare l’accertamento dell’esistenza di un comportamento configurante infrazione e le ingiunzioni di porvi fine e di non reiterarlo

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003

 Argomenti delle parti

34      Secondo le ricorrenti, la Commissione ha violato l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, il quale dispone che, «[s]e la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata». Infatti, contestando loro di avere violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE a causa della loro partecipazione ad accordi e pratiche concordate sui mercati del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici, nel periodo compreso tra il gennaio 1990 e il settembre 2001 per la Gütermann, e tra il gennaio 1990 e il novembre 2000 per la Zwicky, la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione il fatto che l’accordo SEE è entrato in vigore soltanto il 1°gennaio 1994 e che, di conseguenza, prima di tale data, le disposizioni di tale accordo non trovavano applicazione nei confronti della Finlandia, della Norvegia e della Svezia. Parimenti, poiché la Finlandia e la Svezia hanno aderito alla Comunità europea soltanto il 1° gennaio 1995, l’art. 81 CE sarebbe direttamente applicabile soltanto a partire da tale data.

35      Le ricorrenti ritengono peraltro che la Commissione abbia correttamente ritenuto che un’infrazione nel senso giuridico del termine, ossia una violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE derivante dal loro comportamento, poteva sussistere, per quanto riguarda la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, soltanto a partire dal 1° gennaio 1994. La Commissione avrebbe dunque commesso un errore basandosi, da un punto di vista giuridico, sull’esistenza di una violazione che non faceva che intensificarsi. La Commissione non avrebbe effettuato alcuna distinzione tra la valutazione materiale del comportamento delle ricorrenti come intesa unica e continua da gennaio 1990 a settembre 2001, per la Gütermann, e da gennaio 1990 a novembre 2000, per la Zwicky, e la valutazione giuridica di tale comportamento come violazione delle regole di concorrenza durante tali due periodi.

36      D’altronde, le ricorrenti ritengono ricevibile il loro motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003. Infatti, la Commissione farebbe valere a torto l’irricevibilità di tale motivo, in quanto esse non invocherebbero l’esistenza di un errore manifesto di valutazione nella qualificazione del loro comportamento come intesa unica e continua. A loro giudizio, la Commissione ha qualificato il loro comportamento di intesa unica e continua alla luce dei fatti, cosa che esse non contestano nell’ambito del presente motivo. Al contrario, l’art. 1, n. 1, della decisione impugnata conterrebbe una valutazione giuridica errata in quanto, da un lato, la Zwicky non era presente sul mercato del filo industriale nei paesi nordici e, dall’altro, per quanto attiene alla Finlandia, alla Norvegia e alla Svezia, non potrebbe configurarsi una violazione delle regole di concorrenza tra gennaio 1990 e dicembre 1993.

37      La Commissione fa valere, a titolo principale, l’irricevibilità del presente motivo dedotto dalle ricorrenti e contesta, in subordine, la fondatezza dello stesso.

 Giudizio del Tribunale

38      Il Tribunale ritiene che si debba valutare la fondatezza del motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, senza necessità di esaminarne la ricevibilità.

39      In primo luogo, si deve sottolineare che all’art. 1, n. 1, lett. g) ed h), della decisione impugnata la Commissione constata l’esistenza di una violazione, da parte delle ricorrenti, dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE in ragione della loro partecipazione a pratiche concordate relative ai mercati del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici da gennaio 1990 a settembre 2001, per la Gütermann, e da gennaio 1990 a novembre 2000, per la Zwicky.

40      È giocoforza constatare che, considerato isolatamente, tale articolo potrebbe lasciar intendere che la Commissione abbia considerato l’esistenza di un’infrazione commessa dalle ricorrenti in ragione della loro partecipazione a pratiche concordate sul mercato del filo industriale in Finlandia, Norvegia e Svezia, tra gennaio 1990 e dicembre 1993, ossia prima dell’entrata in vigore dell’accordo SEE. Ebbene, è pacifico che, durante tale periodo, non esisteva alcuna base giuridica che permettesse alla Commissione di constatare l’esistenza di una tale infrazione commessa dalle ricorrenti.

41      Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza che il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C‑355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I‑2549, punto 21; sentenza del Tribunale 13 giugno 2000, cause riunite T‑204/97 e T‑270/97, EPAC/Commissione, Racc. pag. II‑2267, punto 39).

42      A tale proposito, emerge chiaramente dai punti 246, 295-298 e 331 della decisione impugnata che, nella parte in cui l’intesa riguarda la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, essa ha costituito una violazione delle regole comunitarie e del SEE relative alla concorrenza soltanto a partire dal 1° gennaio 1994, data di entrata in vigore dell’accordo SEE. Pertanto, l’art. 1, n. 1, lett. g) ed h), della decisione impugnata deve essere letto alla luce di tale motivazione chiara e inequivocabile. Quindi, si deve considerare che il dispositivo della decisione impugnata deve essere letto nel senso che gli elementi dell’infrazione unica e continuata, relativi alla Finlandia, alla Norvegia e alla Svezia, sono venuti ad esistenza soltanto dal 1° gennaio 1994.

43      In secondo luogo, invano le ricorrenti richiamano, in sostanza, una presunta distinzione effettuata dalla Commissione, nella decisione impugnata, tra la valutazione giuridica di una violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE, da un lato, e la valutazione materiale del loro comportamento, ai punti 264‑277 della decisione impugnata, come infrazione unica e continuata, dall’altro lato. Esse concludono, altrettanto erroneamente, che, dal momento che un’infrazione «nel senso giuridico del termine» poteva sussistere, per quanto riguarda la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, solamente a partire dal 1° gennaio 1994, la Commissione avrebbe commesso un errore nel constatare l’esistenza di un’infrazione che non ha fatto che intensificarsi.

44      In primo luogo, si deve sottolineare che le ricorrenti non hanno affatto messo in discussione il carattere unico e continuato dell’infrazione sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

45      In seguito, va ricordato che una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé, singolarmente presi, una violazione della detta disposizione (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 81; sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 155).

46      Così, l’infrazione unica e continuata raggruppa frequentemente una serie di atti che si susseguono cronologicamente e che, di per sé, quando vengono compiuti, possono parimenti costituire un’infrazione alle regole di concorrenza. La particolarità di tali atti consiste nel fatto che essi sono riconducibili ad una strategia complessiva. È ciò che la Commissione ha constatato, in sostanza, ai punti 264-277 della decisione impugnata a proposito dell’intesa che interessa il mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

47      Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, le considerazioni esposte ai punti precedentemente citati della decisione impugnata non consistono unicamente in una semplice constatazione di elementi di fatto, ma enunciano ragioni obiettive che impongono alla Commissione di concludere che l’infrazione sul mercato del filo industriale nei paesi nordici ha formato, unitamente a quella sul mercato del filo industriale nel Benelux, un’infrazione unica e continuata.

48      Il fatto che la base giuridica su cui la Commissione si è fondata per constatare l’infrazione sui mercati del filo industriale in Finlandia, in Norvegia e in Svezia sia venuta ad esistenza dopo l’inizio dell’infrazione è priva di rilevanza al riguardo, dal momento che, come si evince dalla motivazione della decisione impugnata, il comportamento delle ricorrenti su tale mercato è stato preso in considerazione soltanto a partire dal 1° gennaio 1994.

49      In secondo luogo, la censura, mossa dalla Zwicky, relativa al fatto che essa non era presente sul mercato dei paesi nordici, deve essere respinta. Come è stato ricordato supra al punto 44, la Zwicky ha confermato di non rimettere in discussione la qualificazione di infrazione unica e continuata dell’intesa sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

50      Ebbene, risulta dalla giurisprudenza che un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa attraverso comportamenti ad essa specifici, rientranti nelle nozioni di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81 CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione, per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa, quando sia accertato che l’impresa considerata è al corrente dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti, o che può ragionevolmente prevederli ed è pronta ad accettarne il rischio (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. supra al punto 45, punto 203; sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑15/99, Brugg Rohrsysteme/Commissione, Racc. pag. II‑1613, punto 73).

51      Nella specie, la Zwicky non contesta di aver partecipato regolarmente alle riunioni riguardanti il filo industriale sul mercato dei paesi nordici, né ha messo in discussione l’affermazione della Commissione secondo cui essa era stata attiva su tale mercato del filo industriale nei paesi nordici prima dell’inizio dell’infrazione unica, non ha negato di aver partecipato agli elementi costitutivi di un’infrazione relativi al mercato del filo industriale nel Benelux, né, tanto meno, ha contestato che i suddetti elementi fossero riconducibili ad una strategia complessiva e, pertanto, erano solo alcuni dei componenti dell’infrazione unica e continuata sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

52      Ne consegue che il solo fatto che la Zwicky non sia stata presente sul mercato del filo industriale nei paesi nordici durante il periodo nel quale è stata commessa l’infrazione unica e continuata non può esimerla dalla propria responsabilità per i comportamenti posti in essere su tale mercato geografico dalle altre imprese nell’ambito della detta infrazione.

53      D’altronde, nei limiti in cui la censura della Zwicky deve intendersi nel senso che soltanto le imprese attive in qualità di concorrenti, dal lato o dell’offerta o della domanda, sul mercato geografico dei paesi nordici possono coordinare i loro comportamenti in quanto imprese (co)autrici di un’infrazione, si deve sottolineare che un’impresa può violare il divieto previsto dall’art. 81, n. 1, CE quando il suo comportamento, coordinato con quello di altre imprese, ha per obiettivo di restringere la concorrenza su un mercato rilevante particolare all’interno del mercato comune, senza che ciò presupponga necessariamente che essa stessa sia attiva su tale mercato rilevante (v., per analogia, sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑99/04, AC‑Treuhand/Commissione, Racc. pag. II-1509, punto 122).

54      Alla luce delle constatazioni formulate supra al punto 51, la Zwicky non può validamente negare di essere parimenti responsabile, in quanto coautrice, della commissione di un’infrazione alle regole della concorrenza per l’intesa relativa al filo industriale sul mercato dei paesi nordici.

55      Di conseguenza, il motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003 deve essere respinto.

 Sul motivo, dedotto dalla Zwicky, relativo al carattere ingiustificato delle ingiunzioni di porre fine all’infrazione e di non reiterare la stessa

 Argomenti delle parti

56      La Zwicky indica che, all’art. 3 della decisione impugnata, la Commissione ha ingiunto alle imprese interessate di porre immediatamente fine, se non l’avessero già fatto, alle infrazioni accertate e di astenersi, per il futuro, da qualsiasi atto che rientri nelle infrazioni accertate o da qualsiasi comportamento che abbia un oggetto simile.

57      Ebbene, la Zwicky fa valere che non soltanto essa non è più presente sui mercati interessati dalla decisione impugnata dal novembre 2000, ma anche che essa ha rinunciato a tutte le attività commerciali limitandosi ormai alla gestione di beni immobili. Essa ritiene che le ingiunzioni suddette violino il principio di proporzionalità e considera che l’art. 3 della decisione impugnata sia illegittimo. A suo avviso, nel caso in cui la Commissione avesse la possibilità di constatare, senza dover procedere a verifiche supplementari, la fine delle infrazioni e l’assenza di un rischio di recidiva, la stessa non avrebbe nessun interesse legittimo a pronunciare un’ingiunzione. La Zwicky fa valere, al riguardo, una sentenza della Corte 2 marzo 1983, 7/82, GVL/Commissione (Racc. pag. 483, punti 24 e segg.).

58      La Commissione chiede il rigetto di questo motivo.

 Giudizio del Tribunale

59      Si deve osservare che, con il presente motivo, la Zwicky chiede l’annullamento dell’art. 3 del dispositivo della decisione impugnata nella parte in cui la riguarda.

60      Deve rilevarsi che l’art. 3 del dispositivo della decisione impugnata contiene, di fatto, due ingiunzioni.

61      In un primo momento, tale disposizione esige che le imprese interessate pongano immediatamente fine, se non vi hanno ancora provveduto, alle infrazioni indicate all’art. 1 del dispositivo della decisione impugnata. A tal proposito, poiché la Zwicky non esercitava più attività nel settore del filo industriale al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’argomento dedotto contro tale disposizione è manifestamente infondato. Infatti, benché essa rientri tra le imprese elencate all’art. 1 della decisione impugnata, la Zwicky aveva già posto fine all’infrazione, in seguito alla cessazione delle proprie attività e, dunque, non era più interessata, di fatto, dall’ingiunzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punto 1247). Tale circostanza rende inoltre inoperante l’argomento, addotto a tal riguardo dalla Zwicky, relativo alla violazione del principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑4451, punto 196).

62      In un secondo momento, l’art. 3 della decisione impugnata esige che le imprese elencate all’art. 1 si astengano d’ora in poi dal reiterare atti o comportamenti descritti all’art. 1 e dall’adottare misure aventi oggetto o effetto equivalente.

63      Si deve rammentare che l’applicazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003 può comportare il divieto di persistere in talune attività, pratiche o situazioni la cui illegittimità sia stata accertata, ma anche quello di tenere in futuro un comportamento analogo. Obblighi del genere imposti alle imprese non devono tuttavia eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso (v., per analogia, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punti 4704 e 4705, e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il potere della Commissione di pronunciare ingiunzioni deve essere esercitato in funzione della natura dell’infrazione accertata (sentenza della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223, punto 45; sentenze del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T‑228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II‑2969, punto 298, e 12 dicembre 2000, causa T‑128/98, Aéroports de Paris/Commissione, Racc. pag. II‑3929, punto 82).

64      Nel caso di specie, la Commissione ha constatato, all’art. 1 della decisione impugnata, che la Zwicky, insieme ad altre imprese, aveva violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE, partecipando, per giunta per un periodo molto lungo, ad accordi e pratiche concertate nel settore del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici, nell’ambito dei quali essa e le altre imprese avevano convenuto di fissare i futuri listini dei prezzi, il tasso massimo di riduzione, le diminuzioni di riduzioni e l’aumento dei prezzi speciali applicabili ad alcuni clienti nonché di evitare di farsi concorrenza sul prezzo a vantaggio del fornitore abituale e a spartirsi i clienti. La Zwicky non contesta le osservazioni formulate in proposito nella decisione impugnata.

65      Ciò considerato, ingiungendo alle imprese interessate di astenersi per il futuro, nell’ambito del mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici, da ogni misura avente un simile oggetto o effetto, la Commissione non ha travalicato i poteri conferitile dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso e per analogia, sentenza Hoechst/Commissione, punto 61 supra, punto 199).

66      Il fatto che la Zwicky non svolgesse più attività nel settore del filo industriale alla data dell’adozione della decisione impugnata non può mettere in discussione tale conclusione. Infatti, un’ingiunzione come quella di cui trattasi è, per sua natura, preventiva e non dipende dalla situazione delle imprese interessate al momento dell’adozione della decisione impugnata.

67      A fortiori, la Commissione poteva correttamente inserire tale ingiunzione nel dispositivo della decisione impugnata dato che la Zwicky non si era impegnata a non reiterare il suo comportamento anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punto 678).

68      Per di più, la sentenza GVL/Commissione, citata supra al punto 57, richiamata dalla Zwicky non è pertinente nel caso di specie. Infatti, oltre al fatto che le circostanze di tale procedimento sono diverse rispetto a quelle del caso di specie, ai punti 60‑67 supra è stato dimostrato, da un lato, che la Zwicky non era interessata dall’ingiunzione di porre immediatamente fine alle infrazioni di cui all’art. 1 della decisione impugnata e, dall’altro, che la Commissione aveva un interesse perfettamente legittimo a ingiungere di astenersi, per il futuro, da qualsiasi atto rientrante nelle infrazioni accertate o da qualsiasi comportamento avente un oggetto simile.

69      Per tutte queste ragioni, il presente motivo dev’essere respinto.

2.     Sui motivi diretti a contestare l’ammenda e il suo importo

 Sul motivo, dedotto dalla Zwicky, relativo al superamento della soglia del 10% del fatturato

 Argomenti delle parti

70      Dopo aver indicato che essa aveva cessato le proprie attività commerciali relative al filo industriale nel novembre 2000, la Zwicky contesta innanzitutto alla Commissione di aver basato il suo calcolo dell’importo massimo del 10% del fatturato su quello realizzato dalla Gütermann. Infatti, ques’ultima impresa avrebbe proseguito soltanto una parte delle sue attività e non sarebbe sottoposta al suo controllo. Soltanto il volume di affari della Zwicky sarebbe dunque determinante. Dal momento che la Zwicky non ha registrato più alcun fatturato dal 2001, non potrebbe più esserle inflitta nessuna ammenda ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, il regolamento n. 1/2003 si riferirebbe al fatturato totale dell’ultimo esercizio sociale precedente all’adozione della decisione. Il fatto di collegare l’ammenda a quest’ultimo fatturato permetterebbe di prendere in considerazione l’importanza e l’influenza dell’impresa sul mercato. Pertanto, sarebbe la situazione attuale delle imprese in relazione al loro fatturato ad essere determinante. Un’impresa che non realizza più alcun fatturato non avrebbe influenza sul mercato e, di conseguenza, non potrebbero più esserle inflitte ammende.

71      Essa osserva, in seguito, che la sentenza del Tribunale 29 novembre 2005, causa T‑33/02, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione (Racc. pag. II‑4973), fatta valere dalla Commissione, deve essere interpretata nel senso che è possibile prendere in considerazione un fatturato diverso da quello dell’esercizio sociale completo precedente all’adozione della decisione qualora l’impresa interessata abbia cessato le proprie attività commerciali o abbia occultato il proprio fatturato per evitare l’imposizione di una pesante ammenda. Tale ipotesi non ricorrerebbe nel caso di specie. A tal proposito, la Zwicky sostiene che le proprie attività sono state vendute l’anno precedente agli accertamenti della Commissione, in seguito al degradarsi della propria situazione concorrenziale.

72      Inoltre, la Zwicky sottolinea che, nel caso di specie, la Gütermann ha acquisito la sua attività commerciale nell’ambito di un acquisto di attivi (asset deal) e che, pertanto, gli utili legati all’attività acquisita sarebbero dovuti passare alla Gütermann e aumentare il suo fatturato da prendere in considerazione ai fini dell’applicazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Inoltre, essa fa valere che la vendita delle proprie attività alla Gütermann non rappresenta una semplice riorganizzazione interna all’impresa.

73      Infine, il fatto che le ricorrenti abbiano trasmesso soltanto un documento in risposta alla comunicazione degli addebiti si spiegherebbe con la circostanza che le attività del filo industriale sono state riprese dalla Gütermann e che il presidente del consiglio di amministrazione della Zwicky è stato nominato membro del consiglio di amministrazione della Gütermann successivamente a tale operazione. Tuttavia, ciò non inciderebbe in alcun modo sul fatto che la Zwicky è indipendente dalla Gütermann e che quest’ultima non è divenuta azionista della prima.

74      La Commissione osserva che tale motivo è inconferente in quanto, benché l’argomento della Zwicky fosse esatto, essa avrebbe determinato l’importo massimo dell’ammenda prendendo in considerazione il fatturato dell’esercizio sociale precedente, come già avrebbe fatto in altri procedimenti. Ebbene, essa constata che il fatturato complessivo della Zwicky per l’anno 1999 era di EUR 4,5 milioni e che l’ammenda di importo pari a EUR 0,174 milioni non supera affatto la soglia del 10% di tale fatturato.

75      In subordine, la Commissione fa valere innanzitutto che, nonostante la Gütermann avesse acquistato, nel novembre 2000, le attività della Zwicky interessate dall’intesa sul mercato del filo industriale, essa ha tenuto conto del fatto che la Zwicky è stata coinvolta nell’infrazione sanzionata per dieci anni e ha ritenuto che, dopo la vendita da parte della Zwicky delle proprie attività commerciali, il fatto di continuare a esistere giuridicamente sotto forma di una «scatola vuota» rappresenterebbe una manovra attuata con lo scopo specifico di sfuggire alle sanzioni inflitte per violazione delle regole di concorrenza. Essa osserva, inoltre, che la Zwicky non ha contestato la giurisprudenza secondo cui è la persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento dell’infrazione a rispondere della stessa. Essa aggiunge che, dal momento che il presidente del consiglio di amministrazione della Zwicky era presente in seno al direttorio della Gütermann e che quindi esso disponeva di conoscenze precise sulla partecipazione delle due imprese all’intesa, le ragioni della decisione di tenere in vita la Zwicky possono essere facilmente comprese.

76      La Commissione ritiene in seguito che l’interpretazione dell’art. 23, n. 2, secondo periodo, del regolamento n. 1/2003 effettuata dalla Zwicky non sia compatibile con il principio dell’effetto utile, in quanto essa permette alle imprese di aggirare le proprie responsabilità ricorrendo a riorganizzazioni puramente interne. Un tale approccio sarebbe stato adottato dal Tribunale nella sentenza Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, citata supra al punto 71.

77      Infine, la Commissione fa valere che gli stretti legami esistenti tra la Zwicky e la Gütermann si evincerebbero dalla redazione di una risposta comune alla comunicazione degli addebiti e dall’affidamento della difesa dinanzi al Tribunale agli stessi avvocati.

 Giudizio del Tribunale

78      Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può infliggere alle imprese ammende che non superino il 10% del fatturato realizzato durante l’esercizio sociale precedente all’adozione della decisione. Tale tetto massimo del 10% mira ad evitare che le ammende siano sproporzionate rispetto all’importanza dell’impresa e, in particolare, che vengano inflitte ammende che prevedibilmente le imprese non saranno in grado di pagare. Posto che solo il fatturato complessivo può effettivamente dare un’indicazione approssimativa in proposito, è opportuno intendere questa percentuale come riferita al fatturato complessivo (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80‑103/80, Musique diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 119).

79      Si deve anche sottolineare che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 mirano a conferire alla Commissione il potere di infliggere ammende al fine di consentirle di adempiere il compito di sorveglianza conferitole dal diritto comunitario (sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, cit. supra al punto 78, punto 105, e sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punto 105). Tale compito comprende quello di indagare e reprimere le singole infrazioni nonché il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in materia di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese. Ne consegue che la Commissione deve provvedere affinché le ammende abbiano carattere dissuasivo (sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit., punti 105 e 106).

80      Occorre peraltro rilevare che per «esercizio sociale precedente», di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, si intende, in linea di principio, l’ultimo esercizio completo di ciascuna impresa interessata alla data di adozione della decisione (sentenza della Corte 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑4405, punto 32).

81      Nel caso di specie, poiché la decisione impugnata datava 14 settembre 2005, l’esercizio sociale precedente era quello compreso tra il 1° luglio 2004 e il 30 giugno 2005. Ebbene, la Zwicky ha ceduto alla Gütermann le proprie attività nel settore del filo industriale nel novembre 2000. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto, al momento dell’adozione della decisione impugnata, di non disporre, per quanto riguarda la Zwicky, di un fatturato rappresentante un’attività economica esercitata dalla stessa in occasione dell’esercizio sociale precedente. Inoltre, basandosi, al punto 383 della decisione impugnata, sull’asserita esistenza di un legame da società madre a controllata tra la Gütermann e la Zwicky in seguito alla cessione delle attività relative al filo industriale da parte della seconda a favore della prima, essa ha ritenuto di applicare il tetto massimo del 10% sulla scorta del volume di affari della Gütermann.

82      Si devono distinguere due aspetti dei motivi avanzati dalla Zwicky: da un lato, la scelta della Commissione di considerare il fatturato della Gütermann e, dall’altro lato, l’omessa considerazione del suo fatturato relativo all’esercizio sociale conclusosi il 30 giugno 2005, sebbene quest’ultimo fosse pari a zero.

83      Per quanto attiene al primo aspetto dei motivi fatti valere dalla Zwicky, si deve riconoscere che la Commissione ha fatto erroneamente riferimento al fatturato della Gütermann al fine di determinare il tetto massimo del 10% del fatturato da non superare al momento del calcolo dell’ammenda inflitta alla Zwicky.

84      Infatti, la Gütermann si è limitata a riprendere, nel novembre 2000, le attività della Zwicky nel settore del filo industriale. In udienza, la Zwicky ha spiegato che tale cessione di attività è avvenuta in due modi, ovvero, da un lato, mediante un contratto di trasferimento di attivi, quali magazzini e macchinari, concluso in Svizzera e, dall’altro lato, attraverso la vendita di azioni in Germania.

85      Tuttavia, la Commissione ha ammesso, in udienza, che la Gütermann non aveva affatto assorbito la Zwicky e che, quindi, la prima non era divenuta proprietaria della seconda. La cessione delle attività relative al filo industriale non ha quindi inciso sull’indipendenza giuridica ed economica della Zwicky.

86      Gli argomenti basati sul fatto che il presidente del consiglio di amministrazione della Zwicky è divenuto membro del direttorio della Gütermann, che tali due imprese consultino lo stesso avvocato e presentino una risposta comune alla comunicazione degli addebiti non possono, nel caso di specie, giustificare da soli la posizione della Commissione in merito all’esistenza di un legame da società madre a controllata tra le due imprese.

87      Inoltre, la Commissione non ha affatto dimostrato in che misura le informazioni fornite dalla Zwicky, alla propria richiesta di informazioni relativa alla sua cessione di attività e ai suoi legami con la Gütermann, l’avrebbero indotta in errore.

88      Ne deriva che, riferendosi al volume di affari della Gütermann, la Commissione ha commesso un errore di valutazione le cui conseguenze saranno dedotte successivamente ai punti 104 e segg.

89      Per quanto attiene al secondo aspetto dei motivi addotti dalla Zwicky, vale a dire l’omessa considerazione del suo fatturato pari a zero risultante dalla sua asserita attività economica nell’anno precedente l’adozione della decisione impugnata, esso comporta l’esame di come la Commissione debba definire la nozione di «esercizio sociale precedente» nei casi in cui cambiamenti sostanziali, relativi alla situazione economica dell’impresa interessata, siano intervenuti tra la fine del periodo durante il quale l’infrazione è stata commessa e la data di adozione della decisione della Commissione che infligge l’ammenda.

90      Quanto a detta nozione di «esercizio sociale precedente», occorre rilevare come da una giurisprudenza consolidata emerga che, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui tale disposizione fa parte (v. sentenze della Corte 7 giugno 2005, causa C‑17/03, VEMW e a., Racc. pag. I‑4983, punto 41; 1º marzo 2007, causa C‑391/05, Jan De Nul, Racc. pag. I‑1793, punto 20, nonché 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 80, punto 21).

91      Al riguardo, come è stato ricordato supra al punto 79, l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 hanno lo scopo di conferire alla Commissione il potere di infliggere ammende al fine di consentirle di adempiere il compito di sorveglianza attribuitole dal diritto comunitario. Questo compito comprende, in particolare, le funzioni di reprimere comportamenti illeciti come pure di prevenire il loro ripetersi (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 173).

92      Occorre aggiungere che, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e all’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, la Commissione deve tener conto della gravità e della durata dell’infrazione in questione.

93      Relativamente a tali elementi, il limite inerente al fatturato previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 mira ad evitare che le ammende inflitte dalla Commissione siano sproporzionate rispetto all’importanza dell’impresa di cui trattasi (sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, cit. supra al punto 78, punto 119).

94      Da quanto precede risulta che, ai fini della definizione della nozione di «esercizio sociale precedente», la Commissione deve valutare, per ciascun caso di specie e alla luce del contesto nonché degli scopi perseguiti dal regime sanzionatorio introdotto dal regolamento n. 17 e dal regolamento n. 1/2003, l’impatto che vuole produrre sull’impresa interessata, tenendo conto in particolare di un fatturato che rifletta la reale situazione economica della stessa nel periodo in cui è stata commessa l’infrazione (v. sentenza 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 80, punto 25).

95      Tuttavia, tanto dagli obiettivi del sistema nel quale si inseriscono l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, quanto dalla giurisprudenza citata supra al punto 80, risulta che l’applicazione del tetto massimo del 10% presuppone, da un lato, che la Commissione disponga del fatturato per l’ultimo esercizio sociale che precede la data di adozione della decisione e, dall’altro, che tali dati rappresentino un esercizio completo di attività economica normale durante un periodo di dodici mesi (v. sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 71, punto 38).

96      Così, se l’esercizio sociale si è concluso prima dell’adozione della decisione, ma i conti annuali dell’impresa in questione non sono ancora stati predisposti ovvero non sono ancora stati comunicati alla Commissione, quest’ultima è legittimata, e perfino obbligata, a fare ricorso al fatturato realizzato nel corso di un esercizio sociale antecedente al fine di applicare l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003. Allo stesso modo, se, a causa di una riorganizzazione o di una modifica delle pratiche contabili, un’impresa ha elaborato, per l’esercizio sociale precedente, conti riferiti ad un periodo inferiore a dodici mesi, la Commissione è legittimata ad utilizzare il fatturato realizzato nel corso di un esercizio completo antecedente al fine di applicare le dette disposizioni (v. sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 71, punto 39). Lo stesso dicasi se un’impresa non ha esercitato alcuna attività economica nel corso dell’esercizio sociale precedente e la Commissione non dispone dunque di un fatturato che rappresenti un’attività economica esercitata dalla stessa nel corso del detto esercizio. Infatti, il fatturato per tale periodo non fornisce alcuna indicazione in merito all’importanza dell’impresa suddetta in contrasto con quanto richiesto dalla giurisprudenza e, pertanto, non può servire quale base per la determinazione del tetto massimo previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (v. sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 71, punto 42).

97      Occorre altresì ricordare che si evince dalla sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, citata supra al punto 71 (punto 49), applicabile per analogia al caso di specie, che, anche in un normale esercizio di attività economiche, il fatturato di un’impresa potrebbe ridursi in maniera rilevante, e perfino sostanziale, rispetto agli anni precedenti, per ragioni di varia natura, quali un difficile contesto economico, una crisi nel settore di cui trattasi, un sinistro o uno sciopero. Tuttavia, qualora un’impresa abbia di fatto realizzato un fatturato nel corso di un esercizio completo durante il quale sono state esercitate attività economiche, ancorché ridotte, la Commissione deve tener conto di tale fatturato al fine di determinare il tetto massimo previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Pertanto, quanto meno nelle situazioni in cui non vi siano elementi per ritenere che un’impresa abbia cessato le proprie attività commerciali od occultato il proprio fatturato per evitare l’imposizione di una pesante ammenda, si deve ritenere che la Commissione sia obbligata a fissare il limite massimo dell’ammenda con riferimento al fatturato più recente rispecchiante un anno completo di attività economica (sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. supra al punto 71, punto 49).

98      Secondo la Zwicky, la Commissione non avrebbe affatto dimostrato che la stessa avrebbe occultato il proprio fatturato e quindi avrebbe erroneamente applicato la deroga al principio della considerazione del fatturato dell’ultimo esercizio sociale. Tuttavia, come precisato in udienza, la Commissione non addebita affatto alla Zwicky di aver agito abusivamente al fine di evitare l’imposizione di un’ingente ammenda, ma si limita a constatare che, di fatto, essa ha cessato la propria attività ed esiste, quindi, come una «scatola vuota».

99      Nelle sue memorie, la Zwicky ha affermato che dal 2001 essa si limitava a gestire immobili e ha sottolineato di non aver più realizzato fatturato successivamente. Di conseguenza, si deve osservare che non ha neanche realizzato fatturato nel corso dell’esercizio sociale completo precedente alla decisione impugnata, vale a dire quello del periodo che va dal 1° luglio 2004 al 30 giugno 2005. Interrogata in udienza sulla natura esatta delle proprie attività, la Zwicky ha ribadito quanto già affermato in merito all’esercizio dell’attività di gestione di immobili di cui essa era rimasta proprietaria. Essa ha precisato che il suo parco immobiliare era composto da immobili un tempo occupati dalla propria attività relativa al filo industriale e oramai vuoti dopo la cessione della detta attività alla Gütermann nonché da alloggi affittati a ex dipendenti. Essa ha fatto valere che gli stessi potranno essere utilizzati a fini locativi e che saranno fatti investimenti in tal senso. Essa ha altresì riferito in merito a un piano di sviluppo elaborato insieme alle autorità locali. Infine, essa ha ammesso che, dopo la cessazione delle sue attività sul mercato del filo industriale, essa non contava più alcun dipendente.

100    Se è pacifico che la Zwicky ha continuato ad esistere giuridicamente dopo la cessione delle proprie attività alla Gütermann, si deve constatare che seri indizi, quali un fatturato pari a zero per molti anni, l’assenza di dipendenti o ancora l’assenza di prove concrete di uno sfruttamento dei propri immobili ovvero di progetti di investimenti finalizzati allo sfruttamento degli stessi, consentono di presumere che, in particolare tra il 1° luglio 2004 e il 30 giugno 2005, la Zwicky non abbia continuato ad esercitare un’attività economica normale ai sensi della giurisprudenza precedentemente citata.

101    Le risposte fornite dalla Zwicky nelle sue difese scritte e in occasione dell’udienza sono rimaste vaghe e non hanno dunque permesso al Tribunale di constatare l’esistenza di un’«attività economica normale». Per di più, la Zwicky ha confermato il contenuto dell’estratto di un documento contenente una sintesi economica della propria situazione, letto dalla Commissione in udienza, dal quale risultano un fatturato e profitti pari a zero e l’assenza di dipendenti, e non nega che tale era la situazione in particolare nel periodo successivo alla cessione delle proprie attività connesse al filo industriale alla Gütermann fino al 30 giugno 2005.

102    A tal riguardo, e contrariamente a quanto affermato in udienza dalla Zwicky, il semplice fatto che un consiglio di amministrazione e un gestore si occupino del piano di sviluppo della società, la cui reale esistenza, inoltre, non è dimostrata, non può essere ritenuto una prova determinante dell’esistenza di un’attività economica normale di tale società quale intesa dal Tribunale nella sentenza 29 novembre 2005, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, citata supra al punto 71.

103    Ne deriva che la Commissione era obbligata a prendere in considerazione il fatturato complessivo della Zwicky precedente a quello dell’esercizio conclusosi il 30 giugno 2005.

104    Per quanto attiene alle conseguenze dell’errore di valutazione commesso dalla Commissione, consistente nell’essersi riferita al fatturato complessivo della Gütermann, si deve stabilire se esso sia tale da giustificare, a vantaggio della Zwicky, la riduzione dell’importo dell’ammenda, se non addirittura il suo annullamento da parte del giudice comunitario.

105    Sul punto va sottolineato come il Tribunale, per quanto riguarda i ricorsi proposti contro le decisioni della Commissione che infliggono ammende ad imprese per violazione delle regole di concorrenza, sia competente sotto un duplice profilo. Per un verso, ad esso incombe il sindacato della loro legittimità ai sensi dell’art. 230 CE (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I‑10101, punti 53 e 54).

106    Per altro verso, il Tribunale ha competenza per valutare, nell’ambito della sua competenza anche di merito riconosciutagli dall’art. 229 CE, dall’art. 17 del regolamento n. 17 e dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, l’adeguatezza dell’importo delle ammende. Quest’ultima valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi di informazione, la cui menzione nella decisione non è, in quanto tale, prescritta in forza dell’obbligo di motivazione ex art. 253 CE (sentenza SCA Holding/Commissione, cit. supra al punto 105, punto 55).

107    Nel caso di specie, il Tribunale ritiene, nell’esercizio del suo sindacato anche di merito, che non si debba fare riferimento al fatturato della Gütermann, bensì a quello della Zwicky.

108    Per le ragioni sopra esposte e alla luce della giurisprudenza Britannia Alloys & Chemicals/Commissione (cit. supra ai punti 71 e 80), l’ultimo fatturato della Zwicky risultante dalle sue attività economiche reali, al quale la Commissione avrebbe dovuto riferirsi, è quello che emerge dall’esercizio sociale compreso tra il 1° luglio 1999 e il 30 giugno 2000. Si evince dal punto 76 della decisione impugnata che tale fatturato si elevava a EUR 4,5 milioni. L’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione alla Zwicky è pari a EUR 205 000 e non supera affatto il 10% di tale fatturato.

109    Inoltre, si deve osservare che, in udienza, la Zwicky ha fatto valere che la soluzione subordinata, consistente nel riferirsi al proprio fatturato dell’esercizio sociale conclusosi il 30 giugno 2000, sarebbe inammissibile in quanto essa condurrebbe a prendere in considerazione il proprio fatturato due volte. Infatti, dal momento che le attività della Zwicky relative al filo industriale sono state riprese dalla Gütermann, il fatturato generato da tali attività sarebbe stato già preso in considerazione dalla Commissione nell’ambito del fatturato complessivo della Gütermann. La Commissione ha affermato che tale argomento era nuovo e che, pertanto, andava respinto.

110    Tale argomento della Zwicky deve essere respinto in quanto privo di fondamento.

111    Infatti, l’argomento della Zwicky consiste nel sostenere che la soluzione subordinata porterebbe a imputare alla Zwicky il fatturato già imputato alla Gütermann. Ebbene, il Tribunale ritiene che l’unica questione che si pone, nel caso di specie, sia quella di conoscere il fatturato rilevante da prendere in considerazione per il calcolo del tetto massimo del 10% dell’ammenda inflitta alla Zwicky. Come indicato in precedenza, l’unico fatturato ammissibile a tal fine è quello di EUR 4,5 milioni relativo all’esercizio sociale della Zwicky relativo al periodo 1° luglio 1999 ‑ 30 giugno 2000.

112    Supponendo che si debba ammettere che, in tale fase del calcolo dell’ammenda della Gütermann e della Zwicky, tale soluzione porti a imputare due volte il fatturato della Zwicky, bisognerebbe considerare che l’illegittimità è stata commessa a danno della Gütermann. L’argomento della Zwicky equivarrebbe quindi, in realtà, a invitare il Tribunale a una verifica della legittimità dell’importo dell’ammenda fissata per la Gütermann. Ebbene, la Zwicky non può avvalersi di un diritto ad agire a tal riguardo. Infatti, se un destinatario di una decisione decide di proporre un ricorso di annullamento, il giudice comunitario è investito dei soli elementi della decisione che riguardano tale destinatario. Invece, quelli riguardanti altri destinatari, che non sono stati impugnati, non rientrano nell'oggetto della controversia che il giudice comunitario è chiamato a risolvere (sentenza della Corte 14 settembre 1999, causa C‑310/97 P, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., Racc. pag. I-5363, punto 53).

113    Alla luce di tali considerazioni, il motivo, dedotto dalla Zwicky, relativo alla violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 deve essere respinto.

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, attinente a un’erronea valutazione della gravità dell’infrazione con riferimento ai suoi effetti

 Argomenti delle parti

114    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che, conformemente agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») e a una prassi decisionale costante, la valutazione della gravità dell’infrazione dipende espressamente dall’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Il principio di proporzionalità obbligherebbe la Commissione a prendere in considerazione tale impatto in occasione della valutazione della gravità dell’infrazione. Le ricorrenti precisano che, con tale censura, esse non intendono contestare l’infrazione in quanto tale, ma mirano a mettere in discussione la sua classificazione nella categoria delle infrazioni molto gravi.

115    In secondo luogo, le ricorrenti considerano la questione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato e concludono ritenendo tale impatto inesistente. Esse ritengono pertanto che la Commissione non potesse richiamarsi ad esso per qualificare come molto grave l’infrazione. Se esse ammettono che gli aumenti dei prezzi figuranti sui listini decisi nel corso delle riunioni sono stati attuati per lo più dalle diverse imprese, tuttavia, esse ritengono che tali aumenti di prezzo non abbiano determinato un aumento dei prezzi netti reali. Le osservazioni espresse dalla Commissione al punto 4.1.4 della decisione impugnata non consentirebbero di concludere nel senso di un tale impatto. Per le imprese, il fatto di riunirsi per un periodo di undici anni non basterebbe, da solo, a concludere che gli aumenti dei prezzi hanno avuto un’influenza sui prezzi netti. Le ricorrenti ritengono, infatti, di aver fornito la prova che le riunioni avevano principalmente lo scopo di effettuare uno scambio legale di informazioni. La Commissione, da parte sua, ammetterebbe di non disporre di prove per dimostrare l’esistenza di un impatto concreto.

116    A causa delle particolarità della determinazione dei prezzi nel settore del filo industriale – ai clienti non viene quasi mai fatturato il prezzo che risulta dai listini –, le ricorrenti ritengono che l’attuazione dell’accordo non consenta assolutamente, nel caso di specie, di concludere nel senso di ritenere esistente un impatto concreto sul mercato. Al contrario, i prezzi medi reali del mercato non avrebbero subìto un’evoluzione e sarebbero persino diminuiti.

117    In terzo luogo, le ricorrenti, riferendosi alla circostanza che l’infrazione non ha avuto un impatto concreto sui prezzi medi reali, fanno valere che l’infrazione, individualmente considerata, non avrebbe dovuto essere qualificata come molto grave e osservano che la Commissione avrebbe dovuto concedere loro il beneficio di tale circostanza.

118    Quanto alla notevole differenza di dimensioni tra le imprese interessate e al fatturato modesto realizzato sul mercato interessato, le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto considerare, quale circostanza a favore, ai sensi del punto 1 A degli orientamenti, il fatto che l’infrazione non ha realmente inciso sui loro prezzi netti.

119    Esse addebitano alla Commissione di essersi limitata a confrontare l’importanza relativa delle imprese sul mercato basandosi sul loro fatturato e di aver considerato solo la capacità economica astratta delle varie imprese a influenzare la concorrenza e non anche l’impatto concreto del comportamento delle varie imprese sui prezzi netti.

120    In quarto luogo, la Commissione avrebbe erroneamente attribuito alla Zwicky una partecipazione alle infrazioni sul mercato del filo industriale nei paesi nordici, mentre la stessa non avrebbe mai esercitato attività sul mercato del filo industriale in tali paesi.

121    La Commissione chiede che tale motivo venga respinto.

 Giudizio del Tribunale

122    In via preliminare, occorre ricordare che, per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, gli orientamenti affermano, al punto 1 A, primo e secondo paragrafo, quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

123    Nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato i seguenti tre elementi:

–        l’infrazione di cui trattasi è consistita essenzialmente nello scambio di informazioni sensibili sui listini dei prezzi e/o sui prezzi imposti ai singoli clienti, nel concordare gli aumenti di prezzo e/o gli obiettivi di prezzo e nell’evitare di farsi concorrenza sui prezzi a vantaggio del fornitore abituale, costituendo tali pratiche, per loro stessa natura, il tipo di infrazione più grave alle disposizioni dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE (decisione impugnata, punto345);

–        gli accordi collusivi sono stati attuati e hanno avuto un impatto sul mercato SEE per il prodotto considerato, ma tale impatto non può essere misurato con precisione (decisione impugnata, punto 351);

–        il cartello era esteso a più parti dell’accordo SEE, vale a dire il Benelux e i paesi nordici (decisione impugnata, punto 352).

124    La conclusione della Commissione è così redatta (decisione impugnata, punto 353):

«Tenuto conto di tutti questi fattori, la Commissione ritiene che le imprese oggetto della [decisione impugnata] abbiano commesso un’infrazione molto grave all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE».

125    Le ricorrenti contestano il carattere molto grave dell’infrazione, da un lato, adducendo che la Commissione ha concluso nel senso che esiste un impatto concreto sul mercato senza tuttavia poterlo dimostrare e, dall’altro, sostenendo che non c’è stato alcun impatto sui prezzi netti o, almeno, alcun impatto concreto sui prezzi medi reali.

126    In primo luogo, si deve ricordare che, per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, la Commissione si deve riferire al gioco della concorrenza che avrebbe normalmente avuto luogo in assenza dell’infrazione (sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, Racc. pag. II-2567, punto 165; v., in tal senso, sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 235, nonché Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra al punto 67, punto 645).

127    Nella specie, si deve rilevare che l’attuazione dell’intesa non è affatto messa in discussione dalle ricorrenti. Al contrario, si ricava dal punto 40 dell’atto introduttivo della Gütermann e dal punto 46 dell’atto introduttivo della Zwicky che esse hanno «espressamente riconosciuto tanto nella risposta alla comunicazione degli addebiti quanto nell’ambito della ricostruzione dei fatti contenuta [nei detti atti introduttivi]» che «gli aumenti dei prezzi, che figuravano sui listini decisi nel corso delle riunioni, sono stati attuati, quasi sempre, dalle varie imprese».

128    Per quel che riguarda un’intesa sui prezzi, è legittimo che la Commissione desuma che l’infrazione abbia prodotto effetti dal fatto che i membri dell’intesa hanno adottato provvedimenti per applicare i prezzi concordati, per esempio aumentando i prezzi da catalogo che vengono utilizzati come base per il calcolo dei prezzi reali, rinunciando alle riduzioni, aumentando i prezzi speciali ed esercitando una pressione, attraverso le denuncie, sull’impresa che violi l’accordo consistente nel non farsi concorrenza sul prezzo a vantaggio del fornitore abituale. Infatti, per concludere nel senso dell’esistenza di un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi concordati siano serviti come base per la fissazione dei prezzi di transazione individuali, limitando in tal modo il margine di negoziazione dei clienti (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. supra al punto 126, punto 166; v., in tal senso, sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. supra al punto 61, punti 743-745).

129    Per contro, non si può pretendere che la Commissione, una volta stabilita l’attuazione di un’intesa, dimostri sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che sarebbe prevalso in assenza dell’intesa (sentenza Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 61, punto 348; v., in tal senso, sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. supra al punto 61, punti 743-745). Sarebbe peraltro sproporzionato esigere una siffatta dimostrazione che assorbirebbe risorse considerevoli, tenuto conto che essa renderebbe necessario il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza solo difficilmente potrebbe essere verificata dal giudice e la cui infallibilità non è affatto dimostrata (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. supra al punto 126, punto 167).

130    Infatti, per valutare la gravità dell’infrazione, è decisivo sapere che i membri dell’intesa avevano fatto tutto ciò che era in loro potere per dare un effetto concreto alle proprie intenzioni. Ciò che si è verificato in seguito, a livello dei prezzi di mercato effettivamente realizzati, poteva essere influenzato da altri fattori, fuori dal controllo dei membri dell’intesa. I membri dell’intesa non possono addurre a proprio vantaggio, presentandoli come elementi atti a giustificare una riduzione dell’ammenda, fattori esterni che hanno controbilanciato gli sforzi da essi profusi (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. supra al punto 126, punto 168).

131    Inoltre, al punto 4.1.4 della decisione impugnata, la Commissione ha elencato una serie di indizi concreti e credibili diretti a dimostrare che l’intesa aveva avuto un impatto concreto sul mercato. A tal riguardo, si deve convenire con le osservazioni della Commissione, al punto 164 della decisione impugnata, secondo cui gli aumenti dei prezzi da catalogo, confermati inoltre dalla stessa Gütermann, avrebbero generato aumenti dei prezzi netti per alcuni piccoli clienti, generalmente dotati di un potere di negoziazione più debole. In seguito, si deve approvare la constatazione svolta dalla Commissione al punto 165 della decisione impugnata, secondo cui gli aumenti dei prezzi da catalogo avrebbero potuto influenzare altresì il livello dei prezzi reali applicati ai grossi clienti nella misura in cui tali prezzi da catalogo erano serviti da punto di partenza per le negoziazioni con tali clienti. Infine, le considerazioni della Commissione in merito al fatto che alcune imprese avrebbero aumentato effettivamente i prezzi speciali e avrebbero rinunciato alle riduzioni tendono a confermare che l’infrazione ha avuto un impatto concreto sul mercato interessato.

132    Da tali considerazioni e dalla constatazione che l'intesa è durata più di undici anni risulta che la Commissione ha potuto legittimamente concludere nel senso dell’esistenza di un impatto concreto sul mercato.

133    In secondo luogo, per quanto attiene agli argomenti relativi, da un lato, all’assenza di impatto concreto dell’intesa sui prezzi medi reali delle ricorrenti e, dall’altro, al fatto che la Zwicky non avrebbe mai esercitato le proprie attività sul mercato del filo industriale nei paesi nordici, essi riguardano il comportamento proprio di tali due imprese e non possono, pertanto, essere accolti. Infatti, il comportamento effettivo che un’impresa asserisce di aver adottato è privo di rilevanza ai fini della valutazione dell’impatto di un’intesa sul mercato. Soltanto gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo insieme devono essere presi in considerazione (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. supra al punto 45, punto 152, e sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T‑7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punto 342).

134    Quindi, la presa in considerazione, da parte della Commissione, del comportamento configurante infrazione della Gütermann e della Zwicky sulla concorrenza interviene per valutare la singola situazione di tali imprese, ma non può avere alcuna incidenza sulla classificazione dell’infrazione nella categoria delle infrazioni «molto gravi».

135    Inoltre, il fatto che la Zwicky non abbia mai esercitato attività sul mercato del filo industriale nei paesi nordici non è pertinente. Come è stato ricordato supra al punto 51, la Zwicky non ha affatto messo in discussione il carattere unico e continuato dell’infrazione sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

136    Quanto all’indizio relativo all’impatto dell’intesa sollevato dalla Commissione al punto 166 della decisione impugnata, relativo alla lunga durata dell’infrazione, occorre rilevare che, poiché le pratiche contestate sono durate almeno undici anni, è poco probabile che, all’epoca, i produttori abbiano ritenuto che esse fossero totalmente prive di efficacia e di utilità (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. supra al punto 61, punto 748, e 29 novembre 2005, causa T‑64/02, Heubach/Commissione, Racc. pag. II‑5137, punto 130).

137    Si deve infine rilevare che i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione non hanno lo stesso rilievo nell’ambito dell’esame globale. La natura dell’infrazione ha un ruolo di primaria importanza, in particolare, nel caratterizzare le infrazioni come «molto gravi». Al riguardo, dalla descrizione delle infrazioni molto gravi fornita dagli orientamenti emerge che gli accordi o le pratiche concordate dirette in particolare, come nel caso in esame, alla fissazione dei prezzi possono comportare, sulla sola base della loro natura, la qualifica di «molto gravi», senza che occorra valutare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica particolare. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni gravi si menzionano espressamente l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non è menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (sentenze del Tribunale 27 luglio 2005, cause riunite da T‑49/02 a T‑51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II‑3033, punto 178; 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 150; Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 61, punto 345, e Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. supra al punto 126, punto 171).

138    Nel caso in esame si evince dai fatti descritti nella parte I della decisione impugnata, nonché dai punti 345 e 346 della stessa, che l’infrazione è stata, per sua stessa natura, un’infrazione molto grave. Ne deriva che, sul solo fondamento della natura dell’infrazione, la qualifica di «molto grave» della stessa risulta appropriata.

139     Alla luce delle suesposte considerazioni, il motivo relativo all’erronea qualificazione dell’infrazione con riferimento ai suoi effetti deve essere respinto.

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo all’erronea valutazione della durata dell’infrazione

 Argomenti delle parti

140    Tale motivo è fondato su varie censure.

141    In primo luogo, le ricorrenti addebitano alla Commissione di aver applicato in modo automatico un aumento all’importo di partenza pari al 10% per anno di infrazione, laddove tale percentuale costituisce solo il limite massimo previsto dagli orientamenti per le infrazioni di lunga durata e non la regola. Infatti, gli orientamenti non prevedrebbero che la Commissione debba maggiorare automaticamente l’importo di partenza attraverso un importo addizionale pari alla percentuale determinata per ogni anno di infrazione, ma conferirebbero alla Commissione un potere discrezionale. Nel caso di specie, la Commissione non si sarebbe avvalsa di tale potere né con riferimento al principio stesso della maggiorazione dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata, né relativamente al valore di tale maggiorazione.

142    In secondo luogo, l’aumento del 5% applicato alle ammende inflitte alle ricorrenti rispettivamente per i nove mesi di infrazione commessa dalla Gütermann nel 2001 e per i dieci mesi di infrazione commessa dalla Zwicky nel 2000 sarebbe in contraddizione con il chiaro tenore letterale del punto 1 B degli orientamenti, dal momento che questi ultimi prevedono una maggiorazione soltanto per gli anni interi. Del resto, la concezione della Commissione a tal riguardo non troverebbe conferma nella giurisprudenza.

143    In terzo luogo, gli aumenti forfetari del 115% per la Gütermann e del 105% per la Zwicky sugli importi di partenza delle ammende inflitte a queste due imprese sarebbero illegittimi, dal momento che essi sarebbero stati calcolati in modo uniforme per tutti i paesi interessati dall’infrazione senza considerare la durata reale delle infrazioni. Infatti, è vero che la Commissione avrebbe ritenuto che il Benelux e i paesi nordici, pur rappresentando due mercati distinti, dovevano essere considerati allo stesso modo, poiché essi sarebbero stati oggetto di discussione negli stessi giorni e poiché vi avrebbero partecipato le stesse imprese. La Zwicky osserva tuttavia che essa non è mai stata presente sul mercato del filo industriale nei paesi nordici e che, pertanto, essa non ha partecipato alle infrazioni relative a tali paesi. Inoltre, le ricorrenti ricordano che l’accordo SEE è entrato in vigore solo il 1° gennaio 1994 e che, dal momento che gli accordi interessavano anche la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, prima di detta data essi non violavano né l’art. 81 CE né l’art. 53 dell’accordo SEE. Esse concludono che la Commissione avrebbe dovuto tenerne conto nell’ambito della valutazione della durata dell’infrazione.

144    Le ricorrenti affermano quindi che la Commissione ha omesso di distinguere l’elemento materiale costitutivo delle violazioni del diritto della concorrenza, rispettivamente da gennaio 1990 a settembre 2001 con riferimento alla Gütermann e da gennaio 1990 a novembre 2000 con riferimento alla Zwicky, nel senso di un atto illecito unico o continuato, da un lato, e la valutazione giuridica di tale fatto quale violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE, dall’altro lato.

145    Secondo la Gütermann, la Commissione avrebbe dovuto, pertanto, effettuare concretamente un calcolo differenziato dell’importo di partenza dell’ammenda prendendo in considerazione la parte di fatturato realizzato sul mercato del filo industriale nel Benelux e in Danimarca, da un lato, e di quella realizzata sul mercato del filo industriale in Finlandia, in Norvegia e in Svezia, dall’altro. In questo modo la Commissione avrebbe ottenuto due frazioni dell’importo di partenza, cui applicare successivamente una percentuale diversa in funzione della durata dell’infrazione nei due gruppi di paesi, e cioè il 115% sulla frazione dell’importo di partenza relativo alla parte dell’infrazione che interessa il Benelux e la Danimarca e il 75% su quella dell’importo di partenza relativo alla parte dell’infrazione che interessa la Finlandia, la Norvegia e la Svezia.

146    La Commissione contesta tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

147    Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, la durata dell’infrazione rappresenta uno degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese resesi responsabili di aver violato le regole di concorrenza.

148    Per quanto riguarda il fattore relativo alla durata dell’infrazione, gli orientamenti distinguono fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza considerato per la gravità non dovrebbe essere aumentato, le infrazioni di media durata (in genere da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo comma).

149    Emerge dai punti 359 e 360 della decisione impugnata, il cui contenuto non è contestato dalle ricorrenti, che le stesse hanno partecipato all’intesa sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici, rispettivamente da gennaio 1990 a settembre 2001 per quanto riguarda la Gütermann, vale a dire per un periodo di infrazione di 11 anni e 9 mesi, e da gennaio 1990 a novembre 2000 per quanto riguarda la Zwicky, vale a dire per un periodo di infrazione di 10 anni e 10 mesi. Entrambi tali periodi corrispondono a un’infrazione di lunga durata. Di conseguenza, l’importo di partenza della loro ammenda è stato maggiorato rispettivamente del 115% e del 105% a causa della durata dell’infrazione.

150    Per quel che riguarda, in primo luogo, l’addebito che le ricorrenti muovono alla Commissione di aver applicato automaticamente il tasso massimo del 10% annuo, si deve ricordare che il punto 1 B, primo comma, terzo trattino, degli orientamenti non stabilisce una maggiorazione automatica del 10% annuo per le infrazioni di durata media, ma lascia al riguardo un potere discrezionale alla Commissione (sentenze del Tribunale Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 61, punto 396, e 8 luglio 2008, causa T‑53/03, BPB/Commissione, Racc. pag. II‑1333, punto 362).

151    Nel caso di specie, emerge dal precedente punto 149 che la Commissione ha rispettato le regole che si era imposta negli orientamenti in occasione dell’aumento dell’importo delle ammende determinato dalla gravità dell’infrazione, in funzione della sua durata. Considerando le effettive circostanze di fatto, la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione maggiorando l’ammenda del 10% per ogni anno di infrazione.

152    In secondo luogo, la censura relativa all’aumento ingiustificato del 5% dell’importo di partenza dell’ammenda per ogni periodo superiore ai sei mesi deve essere respinto. Infatti, gli orientamenti non impediscono affatto di tener conto della durata effettiva dell’infrazione nell’ambito del calcolo dell’importo dell’ammenda. Siffatto approccio è assolutamente logico e ragionevole e in ogni caso rientra nell’ambito del potere discrezionale della Commissione (sentenza BPB/Commissione, cit. supra al punto 150, punto 361).

153    In terzo luogo, a torto le ricorrenti adducono che il calcolo della durata dell’infrazione sia avvenuto in maniera uniforme per tutti i paesi coinvolti nell’infrazione, non tenendo conto dell’assenza della Zwicky sul mercato del filo industriale nei paesi nordici e trascurando di prendere in considerazione la durata reale delle infrazioni sul mercato del Benelux e su quello dei paesi nordici.

154    Si deve ricordare, innanzitutto, che, secondo la Commissione, le ricorrenti avrebbero partecipato a un’infrazione complessa unica e continuata all’art. 81, n. 1, CE e all’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE, e che tale infrazione si sarebbe estesa a più paesi del territorio del SEE. Si deve parimenti sottolineare che, in udienza, le ricorrenti hanno confermato di non contestare l’esistenza, nel caso di specie, di un’infrazione unica.

155    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento della Zwicky relativo alla propria assenza sul mercato del filo industriale nei paesi nordici, tale impresa non ha dimostrato in che modo tale assenza inciderebbe sul calcolo della durata dell’infrazione, come effettuato dalla Commissione. Infatti, il calcolo dell’importo addizionale dell’ammenda, corrispondente alla durata dell’infrazione, è stato effettuato a partire dell’importo di partenza dell’ammenda, che, a sua volta, è stato fissato in funzione del fatturato della Zwicky sul mercato di cui trattasi nel 1999. Ebbene, l’assenza di attività di tale impresa sul mercato del filo industriale nei paesi nordici è già stata presa in considerazione tramite tale fatturato, in quanto, per definizione, esso non contempla il reddito da attività inesistente sul mercato dei paesi nordici.

156    Inoltre, come ricordato supra al punto 50, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti a cui ha partecipato non è rilevante ai fini dell’esistenza di un’infrazione. Ove si accerti che un’impresa era a conoscenza dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi, essa è altresì considerata responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione all’infrazione, dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 328). Nel caso di specie, lungi dal trascurare i comportamenti illeciti delle altre partecipanti sul mercato del filo industriale nei paesi nordici, la Zwicky ha effettivamente partecipato alle riunioni relative a tale mercato. Correttamente, quindi, la Commissione ha imputato alla Zwicky l’infrazione unica e continuata, compresa la parte configurante infrazione commessa sul mercato dei paesi nordici, e ha implicitamente considerato che la durata dell’infrazione non dovesse essere divisa in funzione dell’intensità della sua partecipazione sui mercati interessati.

157    Infatti, se nella determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda è stato correttamente preso in considerazione il ruolo svolto nell’intesa dall’impresa in questione, il fatto che l’impresa non abbia partecipato a tutti gli elementi costitutivi dell’intesa non può essere nuovamente preso in considerazione nella determinazione della durata dell’infrazione (sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑50/03, Saint-Gobain Gyproc Belgium/Commissione, punto 108).

158    In secondo luogo, deve essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui il calcolo della durata dell’infrazione sarebbe dovuto avvenire tenendo conto delle variazioni di intensità dell’infrazione e, pertanto, essere differenziato in funzione dei gruppi di paesi, quello del Benelux e della Danimarca, da un lato, e quello della Finlandia, della Norvegia e della Svezia, dall’altro.

159    Infatti, emerge dalla giurisprudenza che l’aumento avviene applicando una determinata percentuale all’importo di partenza stabilito in base alla gravità complessiva dell’infrazione, il che già riflette le diverse intensità dell’infrazione. Difatti, non sarebbe logico tener conto di una variazione nell’intensità dell’infrazione durante il periodo considerato al momento di aumentare il suddetto importo a causa della durata dell’infrazione (sentenza BPB/Commissione, cit. supra al punto 150, punto 364).

160    A tal proposito si deve ricordare che, quand’anche taluni tipi di intesa fossero intrinsecamente concepiti per durare nel tempo, occorre sempre distinguere, conformemente all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, tra la durata del loro funzionamento effettivo e la loro gravità quale risulta dalla loro stessa natura (sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, punto 275). Pertanto, la maggiorazione per la durata dell’infrazione non tiene conto, una seconda volta, della gravità dell’infrazione (sentenza Hoechst/Commissione, cit. supra al punto 61, punto 397).

161    Nella specie, l’infrazione si è dapprima manifestata sul mercato del filo industriale in Danimarca e nel Benelux. A partire dalla data di entrata in vigore dell’accordo SEE, l’intensità dell’infrazione, essendosi estesa al mercato del filo industriale nei paesi nordici, è aumentata. Dal momento che è stato dimostrato che tali manifestazioni configuranti infrazioni su tali diversi mercati geografici si inserivano in un’infrazione unica e continuata, si doveva prendere in considerazione la durata complessiva di tale infrazione in occasione del calcolo dell’importo dell’ammenda. Infatti, l’importo di partenza, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, rispecchiava già le differenti intensità dell’infrazione. Tale ragionamento non può essere messo in discussione dal fatto che l’aumento dell’intensità dell’infrazione è scaturito dalla circostanza di diritto che, ora, la normativa che considerava illecite le pratiche anticoncorrenziali veniva ad applicarsi in territori inizialmente non interessati dalla stessa.

162    Ne deriva che la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione la diversa intensità dell’infrazione al momento di aumentare l’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata della detta infrazione.

163    Ciò considerato, si deve concludere nel senso che l’argomento delle ricorrenti relativo all’erronea valutazione della durata dell’infrazione deve essere respinto.

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo alla mancata considerazione di alcune circostanze attenuanti

 Argomenti delle parti

164    In via preliminare, le ricorrenti ricordano che il punto 3 degli orientamenti elenca una serie di circostanze attenuanti che determinano una riduzione dell’ammenda. La Commissione avrebbe quindi limitato il proprio potere discrezionale nell’ambito della determinazione dell’importo delle ammende.

165    Le ricorrenti sottolineano parimenti che il punto 3 degli orientamenti permette di prendere in considerazione altre circostanze attenuanti non espressamente citate nell’elenco e che le stesse sarebbero state definite dalla Commissione nella sua prassi decisionale.

166    A sostegno di tale motivo, le ricorrenti deducono tre circostanze attenuanti che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione.

167    In primo luogo, le ricorrenti affermano che la Commissione avrebbe dovuto considerare l’assenza di impatto concreto dell’infrazione sui prezzi reali come idoneo a giustificare una diminuzione dell’ammenda. Esse si riferiscono a tal riguardo al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, che prevede che la non applicazione di fatto di un accordo relativo all’infrazione deve comportare una diminuzione dell’importo dell’ammenda.

168    In secondo luogo, esse ritengono che, conformemente al punto 3, primo trattino, degli orientamenti, sarebbe stato sufficiente prendere in considerazione il loro ruolo esclusivamente passivo o emulativo.

169    Infatti, la Zwicky fa valere che essa non esercitava alcuna attività sui mercati dei paesi nordici e, pertanto, non poteva partecipare alle infrazioni riguardanti tali paesi. Inoltre, per quanto attiene alla sua posizione irrilevante sul mercato del filo industriale nel Benelux, essa non avrebbe potuto influenzare le riunioni relative ai listini dei prezzi riguardanti questi tre paesi né, tanto meno, i contatti bilaterali. La Gütermann sostiene, dal canto suo, che anch’essa occupava un posto poco rilevante sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici e che neppure essa poteva esercitare un’influenza sulle riunioni relative ai listini dei prezzi o sui contatti bilaterali, essendo una siffatta influenza peraltro principalmente esercitata dalla Coats.

170    Per quanto riguarda i contatti bilaterali, le ricorrenti fanno valere che esse vi hanno partecipato soltanto raramente, contrariamente alla Coats e alla’Amann, che hanno intrattenuto contatti bilaterali molto più frequenti.

171    A dimostrazione del carattere irrilevante del loro ruolo nell’intesa incriminata, le ricorrenti mettono in evidenza l’esiguità delle loro quote di mercato. La Zwicky sostiene che la propria quota di mercato del filo industriale nel Benelux tra il 1990 e il 2000 era inferiore all’1%. Quanto alla Gütermann, essa beneficia di una quota di mercato nel Benelux e nei paesi nordici di circa il 5,6%. Tali quote sarebbero derisorie se confrontate con quelle della Coats e dell’Amann sul mercato dei paesi nordici (rispettivamente il 44% e il 46%), e con quelle delle stesse imprese sul mercato del Benelux (rispettivamente il 40% e il 27%).

172    Secondo le ricorrenti, il carattere passivo del loro comportamento non può essere messo in discussione dall’asserita funzione di presidente delle riunioni svolta dai loro rispettivi ex collaboratori, i sigg. B. ed F. Infatti, la presidenza sarebbe stata attribuita in funzione dell’età e i collaboratori interessati non avrebbero affatto influenzato lo svolgimento e il contenuto delle riunioni. Tale influenza, piuttosto, sarebbe stata esercitata, anche sotto il profilo organizzativo, dalla Coats. Esse invocano, a tal riguardo, un messaggio di posta elettronica del rappresentante della Coats, il sig. L., del 10 novembre 2000, dal quale si evincerebbe che lo stesso avrebbe prenotato una sala in un hotel a Francoforte sul Meno (Germania) al fine di organizzare una riunione, il 16 gennaio 2001, della quale egli avrebbe fissato il programma.

173    In terzo luogo, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione la crisi economica che imperversava da anni nel settore industriale del filo in Europa. Le ricorrenti si richiamano, a tal riguardo, alla decisione della Commissione 8 dicembre 1999 «Tubi di acciaio senza saldatura» relativa ad un procedimento a norma dell’art. [81] CE (Caso IV/E-1/35.860-B – Tubi di acciaio senza saldatura, punto 168) e alla decisione della Commissione 21 gennaio 1998 «Extra di lega» relativa ad un procedimento a norma dell’art. 65 [CA] (Caso COMP/35.814 – Extra di lega, punto 83), nelle quali si è tenuto conto della crisi economica che ha colpito tali settori, nonché alla decisione della Commissione 2 aprile 2003 «Carni bovine francesi» relativa ad un procedimento a norma dell’art. [81] CE (Caso COMP/C.38.279/F3 – Carni bovine francesi, punto 185), nella quale si è tenuto conto della crisi legata all’encefalopatia spongiforme bovina (ESB).

174    In subordine esse sostengono, richiamandosi alla giurisprudenza, che il principio del carattere individuale delle pene e delle sanzioni avrebbe dovuto condurre la Commissione a prendere in considerazione il comportamento proprio di ogni impresa ai fini di esaminare la gravità relativa della loro partecipazione all’infrazione e, pertanto, a diminuire considerevolmente le ammende che sono state loro inflitte.

175    La Commissione contesta gli argomenti addotti dalle ricorrenti.

 Giudizio del Tribunale

176    Gli orientamenti prevedono, al punto 3, la riduzione dell’importo di base dell’ammenda per «circostanze attenuanti», quali il ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione, la non applicazione di fatto degli accordi collusori, l’aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione e altre circostanze non espressamente menzionate.

177    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto accordare loro il beneficio della circostanza attenuante vertente sulla non applicazione di fatto dell’accordo in ragione dell’assenza di impatto concreto dell’infrazione sui prezzi.

178    Tuttavia, si deve ricordare che le circostanze attenuanti menzionate sono tutte connesse al comportamento di ciascuna impresa. Ne consegue che, ai fini della valutazione delle circostanze attenuanti, compresa quella relativa alla mancata applicazione degli accordi, occorre prendere in considerazione non già gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo complesso, di cui si deve tenere conto per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato ai fini della valutazione della sua gravità (punto 1 A, primo capoverso, degli orientamenti), bensì il comportamento individuale di ciascuna impresa, onde esaminare la gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione (sentenza Groupe Danone/Commissione, cit. supra al punto 137, punto 384).

179    Ne deriva che l’argomento delle ricorrenti relativo all’assenza di impatto effettivo dell’infrazione sui prezzi deve essere respinto.

180    A tal fine, si deve verificare se le ricorrenti adducano altri argomenti idonei a dimostrare che, durante il periodo in cui hanno aderito agli accordi illeciti, esse si sono effettivamente sottratte alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, almeno, che esse hanno chiaramente e considerevolmente infranto gli obblighi volti a dare attuazione a tale intesa, sì da perturbarne lo stesso funzionamento (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑26/02, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, Racc. pag. II‑713, punto 113).

181    È giocoforza constatare che esse non producono alcun elemento che consenta di concludere in tal senso. Al contrario, esse riconoscono che gli aumenti dei prezzi, come figuranti sui listini decisi nel corso delle riunioni, sono stati applicati, quasi sempre, dalle varie imprese e da loro stesse.

182    Pertanto, le ricorrenti non possono validamente avvalersi dell’asserita mancata applicazione di fatto degli accordi.

183    In secondo luogo, quanto all’argomento relativo all’asserito ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione, si deve ritenere che esso sia sprovvisto di fondamento.

184    Infatti, un ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa considerata di un «profilo basso», vale a dire una mancanza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali (sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 167, e 8 luglio 2008, causa T‑54/03, Lafarge/Commissione, punto 765).

185    A tal riguardo risulta dalla giurisprudenza che, tra gli elementi atti a dimostrare il ruolo passivo di un’impresa nell’ambito di un’intesa, possono essere presi in considerazione il carattere notevolmente più sporadico della partecipazione di tale impresa alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come pure il suo ingresso tardivo sul mercato oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione a quest’ultima, oppure ancora il rilascio di espresse dichiarazioni in tal senso da parte di rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (sentenze del Tribunale Cheil Jedang/Commissione, cit. supra al punto 184, punto 168; 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181; in prosieguo: la «sentenza Tokai I», punto 331, e 29 novembre 2005, causa T‑62/02, Union Pigments/Commissione, Racc. pag. II‑5057, punto 126).

186    Nel caso di specie si deve ricordare, innanzitutto, che la Commissione ha dimostrato adeguatamente che le ricorrenti avevano partecipato a numerose riunioni dell’intesa e ad accordi bilaterali e, in modo reiterato, a più pratiche collusorie indicate nella decisione impugnata. A tal riguardo sarebbe irrilevante l’asserzione secondo cui la frequenza dei contatti bilaterali intrattenuti da tali imprese con altri partecipanti all’intesa sarebbe stata inferiore rispetto a quella dei contatti bilaterali dell’Amann e della Coats con le loro concorrenti.

187    Inoltre, né la Gütermann né la Zwicky deducono circostanze specifiche e nemmeno elementi di prova, come le dichiarazioni di altri membri dell’intesa, che possano dimostrare che il loro atteggiamento fosse significativamente diverso da quello delle altre partecipanti all’intesa in ragione del carattere puramente passivo o emulativo dello stesso.

188    A tal riguardo, la scarsa quota di mercato o la mancanza di una quota di mercato di cui esse si avvalgono non possono essere indizi rivelatori di un qualche ruolo passivo o semplicemente emulativo. Infatti, il riconoscimento di tale circostanza quale circostanza attenuante si cumulerebbe con la valutazione delle dimensioni della Gütermann e della Zwicky in occasione della determinazione di un trattamento delle imprese differenziato per categoria ai fini del calcolo delle ammende, la cui dimensione sulla base del fatturato riflette già l’importanza di ciascuna impresa in vista della loro ripartizione nelle differenti categorie.

189    È vero che il Tribunale ha ammesso nella sua sentenza Cheil Jedang/Commissione, citata supra al punto 184 (punto 180), che la modesta dimensione di un’impresa costituisce un elemento importante da prendere in considerazione per valutare l’incidenza reale del suo ingresso tardivo nel mercato interessato dall’infrazione e il suo atteggiamento nei confronti degli altri produttori. Tuttavia, il contesto di tale procedimento era ben specifico dal momento che l’impresa interessata era stata palesemente «penalizzata» nell’ambito dell’intesa sulle quote di vendita rispetto agli altri produttori e ciò poteva essere interpretato come una conseguenza diretta della maggiore sporadicità delle sue partecipazioni alle riunioni e del ritardo del suo ingresso nel mercato. Tali circostanze particolari sarebbero assenti nel caso di specie.

190    Infine, correttamente la Commissione ritiene che il ruolo di presidente, assunto nel corso di diverse riunioni dai rispettivi rappresentanti della Gütermann e della Zwicky, tenda a confermare la mancanza di comportamento passivo di tali imprese.

191    Infatti, queste ultime non contestano affatto che i suddetti rappresentanti abbiano assunto formalmente la presidenza di diverse riunioni. Tuttavia, esse tendono a minimizzare tale ruolo deducendo che, in realtà, esso era esercitato di fatto dal rappresentante della Coats, il sig. L., e ciò anche durante la presidenza dei loro rispettivi rappresentanti.

192    Tuttavia, se è vero che dal messaggio di posta elettronica del 10 novembre 2000, sul quale esse si fondano, emerge che il rappresentante della Coats ha assunto un ruolo attivo nell’organizzazione della riunione del 16 gennaio 2001, resta il fatto che è stato proprio il rappresentante della Zwicky, il sig. F., ad inviare l’invito agli altri partecipanti. Va precisato che la circostanza che tale invio sia stato effettuato il 2 dicembre 2000, vale a dire appena dopo il periodo di infrazione attribuito alla Zwicky, è inconferente al riguardo. Siffatto invio rappresenta l’ultima tappa di un’attività preparatoria iniziata con la ricezione del messaggio di posta elettronica del 10 novembre 2000. Comunque, la sola circostanza che la Zwicky abbia accettato che il suo rappresentante assuma il ruolo di presidente dimostra un atteggiamento che non è affatto semplicemente passivo o emulativo.

193    Quanto al rappresentante della Gütermann, il sig. B., quest’ultimo non ha soltanto assunto la presidenza delle riunioni dell’intesa, ma le ha anche organizzate, come si evince dalle dichiarazioni dello stesso, allegate alla risposta della Gütermann alla comunicazione degli addebiti.

194    Ebbene, è pacifico che convocare riunioni, proporre un ordine del giorno, distribuire i documenti preparatori in vista delle riunioni è incompatibile con un ruolo passivo di gregario che adotti un basso profilo. Tali iniziative rivelano un atteggiamento favorevole e attivo delle ricorrenti concernente l’elaborazione, la continuazione e il controllo dell’intesa (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑43/02, Jungbunzlauer/Commissione, Racc. pag. II‑3435, punto 257).

195    In terzo luogo, le ricorrenti non possono invocare validamente le difficoltà economiche da loro incontrate nel corso del periodo oggetto dell’intesa. In effetti, proprio a causa delle difficoltà incontrate da tutti gli operatori sul mercato del filo industriale a partire dalla meta degli anni ’90, taluni di loro, incluse la Gütermann e la Zwicky, hanno deciso di tenere una condotta anticoncorrenziale. Ebbene, i cartelli come quelli del caso di specie sorgono, in generale, nel momento in cui un settore attraversa un periodo di difficoltà (v., in tal senso, sentenze Tokai I, cit. supra al punto 185, punto 345, e Jungbunzlauer/Commissione, cit. supra al punto 194, punto 256).

196    A tal riguardo, dando per vera l’affermazione della Gütermann e della Zwicky in merito all’esistenza di diverse decisioni della Commissione che considerano la situazione finanziaria negativa del settore di cui trattasi, il fatto che, in casi precedenti, la Commissione abbia tenuto conto della situazione economica del settore quale circostanza attenuante non comporta che essa sia necessariamente tenuta a continuare a osservare tale prassi (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T‑13/89, ICI/Commissione, Racc. pag. II‑1021, punto 372). La Commissione è tenuta a procedere a un’analisi individualizzata delle circostanze proprie a ciascun caso, senza essere vincolata da decisioni anteriori che riguardano altri operatori economici, altri mercati di prodotti e di servizi o altri mercati geografici in momenti diversi (sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑346/02 e T‑347/02, Cableuropa e a./Commissione, Racc. pag. II‑4251, punto 191).

197    In quarto luogo, le ricorrenti sollevano, nelle loro memorie di replica, una censura relativa alla violazione del principio del carattere individuale delle sanzioni.

198    Da un lato, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si fondino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

199    Dall’altro, secondo una costante giurisprudenza, un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con tale motivo precedente, va considerato ricevibile (sentenze del Tribunale 19 settembre 2000, causa T‑252/97, Dürbeck/Commissione, Racc. pag. II‑3031, punto 39; Cableuropa e a./Commissione, cit. supra al punto 196, punto 111, e 12 luglio 2007, causa T‑229/05, AEPI/Commissione, punto 21).

200    Nel caso di specie si deve constatare, in primo luogo, che nessun argomento relativo al principio del carattere individuale delle sanzioni è stato invocato negli atti introduttivi e, in secondo luogo, che tale motivo non costituisce un’estensione di un altro motivo dedotto negli atti introduttivi, né è strettamente connesso con i motivi ivi enunciati.

201    Inoltre, poiché l’argomento non si riferisce a elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento, esso deve essere dichiarato irricevibile.

202    Ne consegue che il motivo relativo alla mancata considerazione di alcune circostanze attenuanti non può essere accolto.

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo a un’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione

 Argomenti delle parti

203    Alle ricorrenti sarebbe stata accordata una riduzione del 15% dell’ammenda in ragione della loro cooperazione prima della comunicazione degli addebiti e della mancata contestazione dei fatti nella risposta alla stessa. Siffatta riduzione è, a loro avviso, insufficiente, dal momento che la loro cooperazione intervenuta dopo la comunicazione degli addebiti sarebbe andata oltre la semplice mancata contestazione dei fatti.

204    In primo luogo, le ricorrenti avrebbero trasmesso informazioni che hanno consentito alla Commissione di avere un quadro di insieme dello svolgimento, del contenuto e del contesto delle riunioni e dei contatti bilaterali.

205    Per quanto attiene, in primo luogo, allo svolgimento delle riunioni, esse sottolineano innanzitutto di aver corretto le dichiarazioni della Coats, la quale, a torto, avrebbe affermato che la riunione del 19 settembre 2000 è stata la sola nel corso della quale sarebbero stati discussi e decisi gli aumenti dei prezzi presenti sui listini. Infatti, le discussioni relative ai prezzi presenti sui listini e al loro aumento si sarebbero svolte durante tutte le riunioni. Le ricorrenti fanno valere in seguito che i chiarimenti che la Coats dichiara di aver fornito nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti vertevano soltanto sui prezzi speciali e non potrebbero quindi mettere in discussione l’utilità delle loro rettifiche. Esse ritengono infine che tali rettifiche, da un lato, e i chiarimenti della Coats, dall’altro, siano intervenuti in una fase del procedimento amministrativo sostanzialmente identica, malgrado il fatto che i secondi siano pervenuti alla Commissione con qualche giorno di anticipo rispetto alle prime e che, pertanto, l’ordine cronologico non può essere rilevante ai fini della valutazione della cooperazione.

206    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono di essere le state le uniche ad aver spiegato in maniera chiara che lo scopo delle riunioni era quello di ridurre la differenza tra i prezzi netti e quelli da catalogo, come confermato dal punto 167 della decisione impugnata. A tal riguardo, la Commissione si richiamerebbe, erroneamente, al punto 141 della comunicazione degli addebiti per sostenere che essa aveva già accertato tale scopo e gli effetti degli accordi sui prezzi presenti sui listini. Infatti, da tale punto emergerebbe soltanto che la Commissione era in grado di provare che le partecipanti alle riunioni avevano, in un caso, tentato di realizzare l’aumento indiretto dei prezzi netti programmati, senza peraltro che essa disponesse di indicazioni sul contesto generale delle discussioni sui prezzi figuranti sui listini.

207    Inoltre, le ricorrenti fanno valere che la loro cooperazione è stata erroneamente qualificata meno utile rispetto a quella della BST, cui la Commissione ha concesso una riduzione dell’ammenda del 20%, e adducono, a tal riguardo, una violazione del principio della parità di trattamento.

208    In terzo luogo, le ricorrenti ritengono insufficiente la riduzione del 15% dell’ammenda, concessa loro dalla Commissione, in ragione del fatto che risulta dalla prassi decisionale precedente di quest’ultima e dalla giurisprudenza che la mancata contestazione dei fatti materiali comporta una riduzione dell’ammenda pari almeno al 10%, e persino al 20% in alcuni casi. Ne deriva, a loro giudizio, che una cooperazione successiva alla comunicazione degli addebiti, che va oltre una semplice mancata contestazione dei fatti, avrebbe dovuto indurre la Commissione a concedere una riduzione molto più significativa.

209    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono di aver collaborato con la Commissione ai sensi dei due trattini del punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione e che, per tale ragione, ognuna di loro avrebbe dovuto beneficiare di una riduzione dell’ammenda pari ad almeno due volte il 10%.

210    A tal riguardo, non risulterebbe nella decisione impugnata che la Commissione abbia effettivamente valutato la loro cooperazione una volta ricevuta la comunicazione degli addebiti. Inoltre, anche a voler supporre che la loro cooperazione in seguito alla ricezione della comunicazione degli addebiti sia stata effettivamente limitata alla mancata contestazione dei fatti, si sarebbe dovuto concedere loro una riduzione di almeno il 20%, e ciò anche se la loro cooperazione fosse stata utile soltanto a confermare le prove della Commissione in seguito alla mancata contestazione già citata. Le ricorrenti rilevano, al riguardo, che, a differenza della comunicazione applicabile nel caso di specie, la comunicazione della Commissione 19 febbraio 2002 relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU C 45, pag. 3) prevede la condizione che le prove apportino un valore aggiunto significativo rispetto a quelle già possedute dalla Commissione.

211    In quinto luogo, non sarebbe stata affatto presa in considerazione la prassi decisionale precedente della Commissione. Infatti, le ricorrenti sostengono che la loro cooperazione è analoga a quella dell’impresa KME nel procedimento «Tubi industriali», per la quale quest’ultima ha usufruito di una riduzione dell’ammenda pari al 30% [decisione della Commissione 16 dicembre 2003 relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/38.240 – Tubi industriali, punto 423)]. L’unica differenza consisterebbe nel fatto che le ricorrenti avrebbero apportato le correzioni alle dichiarazioni rese dalle altre partecipanti nella risposta alla comunicazione degli addebiti e non precedentemente ad essa. Ebbene, a loro giudizio, il punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione non induce a valutare in maniera diversa i contributi delle imprese volti a chiarire le circostanze di fatto a seconda che essi precedano o seguano la comunicazione degli addebiti, cosicché la Commissione avrebbe dovuto parimenti accordare una riduzione totale della loro ammenda pari ad almeno il 30%.

212    La Commissione contesta tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

213    Nella comunicazione sulla cooperazione la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende ovvero beneficiare di una riduzione delle ammende, che altrimenti sarebbero loro inflitte (punto A, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione).

214    Ai sensi del punto D 1 della comunicazione sulla cooperazione, «un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai [punti] B o C beneficia di una riduzione dal 10 al 50% dell’importo dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione».

215    Il punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione precisa quanto segue:

«Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

216    Nella specie, si ricava dalla decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto di poter accordare alla Gütermann e alla Zwicky il beneficio di una riduzione del 15% dell’importo dell’ammenda, in applicazione del punto D 2, primo e secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione (decisione impugnata, punto 397).

217    Per giustificare la sua valutazione, la Commissione ha sottolineato innanzitutto che le informazioni, i documenti e le altre prove fornite dalla Gütermann e dalla Zwicky prima della comunicazione degli addebiti avevano contribuito effettivamente a provare l’esistenza dell’infrazione (decisione impugnata, punto 395). Essa ha rilevato, inoltre, che le ricorrenti avevano ammesso, nella loro prima risposta alla richiesta di informazioni, che i listini dei prezzi erano stati scambiati e discussi durante le riunioni. Infine, la Commissione ha sottolineato che esse non avevano contestato in modo sostanziale i fatti sui quali aveva basato le proprie osservazioni (decisione impugnata, punto 396).

–       Quanto all’utilità della cooperazione

218    Innanzitutto, va rilevato che le ricorrenti non contestano che, conformemente a quanto constatato al punto 385 della decisione impugnata, esse non soddisfacevano le condizioni di applicazione dei punti B e C della comunicazione sulla cooperazione, di modo che il loro comportamento doveva essere valutato con riferimento al punto D della detta comunicazione intitolata «Significativa riduzione dell’importo dell’ammenda».

219    Inoltre, occorre ricordare che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai propri servizi. In tale contesto, la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette (sentenza della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 81).

220    La Commissione dispone, a tal riguardo, di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese (sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. supra al punto 219, punto 88).

221    Infine, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, la riduzione delle ammende, nel caso della cooperazione di imprese che partecipino ad infrazioni al diritto comunitario della concorrenza, trova il suo fondamento nella considerazione secondo cui tale cooperazione facilita il compito della Commissione mirante a dichiarare l’esistenza di un’infrazione e, se del caso, a porvi fine (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 399; sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑338/94, Finnboard/Commissione, Racc. pag. II‑1617, punto 363). Tenuto conto della ragion d’essere della riduzione, la Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso.

222    In tal senso, risulta dalla giurisprudenza che, quando un’impresa, nell’ambito della cooperazione, si limita a confermare in maniera meno circostanziata ed esplicita informazioni già fornite da un’altra impresa nell’ambito della cooperazione, il grado della cooperazione fornita da tale impresa, quand’anche possa presentare una certa utilità per la Commissione, non può essere considerato equiparabile a quello della prima impresa che ha trasmesso le dette informazioni. Infatti, una dichiarazione che si limiti a corroborare, in una certa misura, una dichiarazione di cui la Commissione disponeva già non agevola in misura significativa l’assolvimento dei compiti di quest’ultima e quindi non è sufficiente a giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione della cooperazione (v., in tal senso, sentenza Groupe Danone/Commissione, cit. supra al punto 137, punto 455).

223    Nella specie, occorre precisare innanzitutto che il fatto che il punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione non indichi l’ipotesi di una trasmissione di informazioni e di elementi probatori nuovi successiva alla comunicazione degli addebiti non esclude affatto che una siffatta circostanza possa dar luogo a una riduzione dell’ammenda sul fondamento della stessa disposizione. Infatti, l’elenco delle circostanze contemplate dal punto D 2 è soltanto indicativo, come confermato dall’uso dell’avverbio «in particolare» (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 274).

224    Tale analisi è confermata dalla sentenza della Corte 14 luglio 2005, cause riunite C‑65/02 P e C‑73/02 P, ThyssenKrupp/Commissione (Racc. pag. I‑6773, punto 59), in quanto la Corte ha ivi ammesso che la Commissione possa prendere in considerazione il riconoscimento, da parte delle imprese, della qualificazione giuridica dei fatti contestati intervenuta in una fase avanzata del procedimento, dal momento che ciò equivarrebbe in fin dei conti a riconoscere l’infrazione. Ebbene, tale ipotesi è evocata ai punti B e C della comunicazione sulla cooperazione, ma non è esplicitamente indicata al punto D. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che non esisterebbe alcuna obiezione a che un’impresa sia ricompensata per un siffatto riconoscimento, anche qualora questa sia intervenuta in una fase del procedimento più avanzata rispetto a quella indicata dai punti B e C della comunicazione sulla cooperazione. Optando per una soluzione del genere, la Corte conferma il principio più generale secondo cui il trattamento favorevole è una ricompensa accordata dalla Commissione per aver reso più semplice l’accertamento dell’infrazione, e ciò indipendentemente dalla fase nella quale sia intervenuto l’aiuto fornito dall’impresa, dal fatto che tale aiuto sia consistito nella trasmissione di informazioni nuove e di elementi probatori nuovi, ovvero nel riconoscimento di elementi di fatto o della qualificazione giuridica degli stessi.

225    Ne deriva che, nel caso di specie, la questione se le informazioni nuove e gli elementi probatori nuovi prodotti dalla Gütermann e dalla Zwicky dopo la comunicazione degli addebiti debbano essere presi in considerazione e, pertanto, se ciò debba dare luogo a un’eventuale riduzione dell’ammenda a titolo di cooperazione dipende principalmente dalla qualità o dall’utilità della cooperazione fornita che la Commissione valuta nell’ambito del suo ampio potere discrezionale, come ricordato supra ai punti 219 e 220.

226    Pertanto, la detta questione non può trovare una risposta adeguata nella semplice constatazione che le informazioni e gli elementi probatori sono stati trasmessi successivamente alla comunicazione degli addebiti, ma implica, per contro, che occorre determinare concretamente, con riferimento tanto alla qualità e all’utilità di tali informazioni ed elementi probatori quanto al momento in cui gli stessi sono stati trasmessi, se la Commissione sia incorsa in un errore manifesto nella sua valutazione del livello di cooperazione prestata dalla Gütermann e dalla Zwicky.

227    Si deve notare innanzitutto che le ricorrenti non mettono in discussione la constatazione che le informazioni della Coats siano state determinanti per accertare l’esistenza dell’intesa sul mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici. Il punto 387 della decisione impugnata elenca a tale titolo le prove, fornite dalla Coats, utilizzate a sostegno di numerosi punti della comunicazione degli addebiti.

228    Tuttavia, in primo luogo, le ricorrenti adducono di avere rettificato le dichiarazioni della Coats relative alla frequenza delle riunioni sui listini dei prezzi e sull’aumento degli stessi, nonché quella delle riunioni sui prezzi speciali.

229    Per quanto attiene, in primo luogo, alla frequenza delle riunioni sui listini e sull’aumento di quest’ultimi, le ricorrenti traggono erroneamente argomento da una dichiarazione del rappresentante della Coats contenuta nell’istanza intesa ad ottenere l’applicazione della comunicazione sulla cooperazione, secondo cui la riunione del 19 settembre 2000 sarebbe la sola nel corso della quale sarebbero stati discussi e concordati aumenti dei prezzi reali («actual prices»).

230    Infatti, la Commissione ha constatato, al punto 100 della comunicazione degli addebiti, che i fornitori, tra cui la Coats, la BST, la Gütermann e la Zwicky, avevano ammesso che nel corso delle riunioni erano stati discussi e scambiati listini dei prezzi. Inoltre, si evince dalle osservazioni formulate al punto 102 della comunicazione degli addebiti che, contrariamente alla Gütermann e alla Zwicky, la Coats aveva ammesso che le imprese avevano concordato, durante tali riunioni, listini dei prezzi futuri nonché date in cui applicare gli aumenti. Le informazioni della Gütermann e della Zwicky relative ai prezzi reali, dunque, non sono nemmeno servite a chiarire ulteriormente alla Commissione i dati di cui era già a conoscenza. L’argomento delle ricorrenti, pertanto, non è pertinente.

231    In secondo luogo, per quanto riguarda la frequenza delle discussioni sui prezzi speciali, si deve rilevare che, al punto 107 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha sottolineato che i fornitori, compresa la Coats, avevano negato ovvero omesso di indicare di aver scambiato informazioni e di aver concluso accordi relativi ai prezzi speciali e ai prezzi netti. Inoltre, per quanto attiene allo scambio di informazioni sulle riduzioni e sugli sconti, la Commissione ha affermato, al punto 105 della comunicazione degli addebiti, che i fornitori, eccezion fatta per la Coats per il periodo precedente alla metà degli anni ’90, avevano negato ovvero omesso di indicare la loro esistenza. Si deve parimenti constatare che è soltanto successivamente alla comunicazione degli addebiti che le imprese interessate quali la Coats, la Zwicky, la Gütermann e la BST hanno fatto notare che prezzi speciali erano stati oggetto di discussioni e di accordi in occasione delle riunioni.

232    Tuttavia, la Commissione sostiene, a giusto titolo, che essa era in grado di dimostrare tali elementi dell’infrazione grazie ai documenti che la Coats aveva allegato alla propria risposta alla richiesta di informazioni. Si tratta, innanzitutto, del verbale della riunione dell’8 settembre 1998, redatto da un rappresentante della Barbour Threads, che accennava all’esistenza di accordi che prevedevano riduzioni e diminuzioni degli sconti nonché a quella di accordi sugli aumenti dei prezzi speciali. La Commissione vi si riferisce a più riprese nella comunicazione degli addebiti (punti 106, 108 e 121). Si tratta, inoltre, di un messaggio di posta elettronica del 10 ottobre 2000, allegato alle dichiarazioni del rappresentante della Coats, F. S., le quali confermano che diminuzioni di riduzioni e aumenti dei prezzi speciali sarebbero stati concordati in occasione della riunione del 19 settembre 2000. La Commissione ne fa menzione al punto 126 della comunicazione degli addebiti. Infine, si tratta di messaggi di posta elettronica prodotti dalla Coats in allegato alla sua istanza di trattamento favorevole, tra cui quello datato ottobre 2000 indicante lo scambio di informazioni con l’Amann e la Gütermann a proposito dei prezzi speciali. Tale documento è citato al punto 133 della comunicazione degli addebiti, alla nota n. 268.

233    Parimenti a giusto titolo la Commissione ha sottolineato che le informazioni fornite dalla BST l’avevano altresì aiutata ad accertare discussioni e accordi su prezzi speciali. Infatti, tale constatazione risulta, segnatamente, dai punti 104 e 106 nonché dalle note 173, 174 e 176 della comunicazione degli addebiti.

234    Ne deriva che le asserite rettifiche apportate dalle ricorrenti alla comunicazione degli addebiti altro non erano che conferme di quanto la Commissione già conosceva grazie alle suddette informazioni fornite precedentemente alla detta comunicazione.

235    Pertanto, il fatto che le osservazioni della Coats relative ai prezzi speciali, successive alla detta comunicazione, siano pervenute alla Commissione prima di quelle fornite dalle ricorrenti è irrilevante ai fini della valutazione della cooperazione apportata da queste ultime.

236    In secondo luogo, quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui esse sarebbero state le uniche imprese ad aver spiegato, nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, che lo scopo delle riunioni era quello di ridurre la differenza tra i prezzi da catalogo e i prezzi netti reali e di aumentare indirettamente i prezzi netti per diversi prodotti, esso deve essere respinto.

237    Infatti, se è vero che, al punto 167 della decisione impugnata, la Commissione si è avvalsa di una citazione della Gütermann formulata nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti al fine di spiegare l’obiettivo delle riunioni, ciò non toglie che essa aveva già constatato tale obiettivo nonché gli effetti degli accordi, come si ricava dai punti 141 e 142 della comunicazione degli addebiti. Le informazioni ivi menzionate sono state trasmesse dalla Coats nell’ambito della sua istanza di trattamento favorevole e hanno permesso alla Commissione di dare, mediante l’esempio concreto dell’aumento dei prezzi da catalogo che esse contengono, indicazioni sul contesto generale delle discussioni sui prezzi figuranti sui listini.

–       Quanto alla valutazione asseritamente erronea della cooperazione rispetto a quella della BST

238    Per quanto riguarda la domanda delle ricorrenti di beneficiare di una riduzione almeno pari a quella della BST, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese interessate, la Commissione non può disconoscere il principio della parità di trattamento, che risulta essere violato allorquando situazioni analoghe sono trattate in maniera differente ovvero situazioni diverse in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza Tokai I, cit. supra al punto 185, punto 394 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, va riconosciuto alla Commissione un ampio margine discrezionale nell’esaminare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita dai diversi membri di un’intesa, essendo unicamente ammessa la censura di un manifesto superamento di tale margine discrezionale.

239    Ebbene, risulta dal confronto delle cooperazioni apportate da tali imprese che la Commissione non ha commesso alcuna violazione del principio della parità di trattamento.

240    Infatti, per quanto attiene, in primo luogo, alla cooperazione apportata precedentemente alla comunicazione degli addebiti del 15 marzo 2004, la Commissione ha ritenuto che la BST l’avesse considerevolmente aiutata nel dimostrare il contenuto di numerosi accordi [tra cui la maggior parte del contenuto degli accordi conclusi agli inizi degli anni ’90, il contenuto dell’accordo concluso a Vienna (Austria) l’8 ottobre 1996 e di quello concluso a Zurigo (Svizzera) il 9 settembre 1997], che essa sarebbe stata l’unica impresa a fornirle i listini dei prezzi ricevuti dalle proprie concorrenti durante le riunioni e che essa avrebbe fornito informazioni che andavano oltre quelle che la richiesta di informazioni chiedeva di produrre. A tal proposito, la Commissione fa riferimento alle numerose note della comunicazione degli addebiti a sostegno delle proprie constatazioni, dirette a dimostrare che la BST ha fornito un cospicuo numero di prove (tra cui l’allegato 14 della risposta della BST alla richiesta di informazioni, contenente i listini dei prezzi scambiati durante le riunioni) e che, pertanto, essa sarebbe stata una fonte importante di informazioni ai fini delle risultanze provvisorie.

241    Quanto alla cooperazione delle ricorrenti antecedente alla comunicazione degli addebiti, va sottolineato che certamente la Commissione riconosce che le stesse hanno anche messo a disposizione documenti che fornivano un quadro delle riunioni agli inizi degli anni ’90. Ciò non toglie che la Commissione ha considerato che tali informazioni siano risultate meno utili rispetto a quelle trasmesse dalla BST. Le ricorrenti non hanno messo in discussione tali valutazioni, ma si sarebbero limitate a sostenere che le informazioni in loro possesso non consentivano loro di sapere se la BST avesse fornito maggiori informazioni ed elementi probatori rispetto ad esse. Ebbene, come si è già rilevato, emerge chiaramente dai punti 391-397 della decisione impugnata, nonché da numerosi riferimenti ai documenti forniti dalla BST contenuti nelle note a sostegno delle constatazioni della Commissione nella comunicazione degli addebiti, che la cooperazione della BST è stata più importante.

242    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la cooperazione successiva alla comunicazione degli addebiti, emerge dalla decisione impugnata che tanto la BST quanto le ricorrenti non hanno contestato i fatti materiali addebitati e che tali tre imprese hanno cooperato allo stesso modo in questa fase del procedimento amministrativo. Infatti, alla luce delle considerazioni esposte supra ai punti 228‑237, erroneamente le ricorrenti affermano di aver fornito, successivamente alla comunicazione degli addebiti, informazioni sconosciute alla Commissione. Pertanto, esse non possono sostenere di aver comunicato informazioni la cui utilità era tale da giustificare la concessione di una riduzione almeno identica a quella concessa alla BST.

243    Anche a voler supporre che si debba ammettere che le ricorrenti abbiano fornito precisazioni utili al pari di quelle della BST su alcuni punti della comunicazione degli addebiti, la Commissione non ha commesso alcun errore manifesto di valutazione nel privilegiare il fatto che le informazioni e gli elementi probatori forniti dalla BST lo siano stati prima della detta comunicazione.

–       Quanto all’applicazione asseritamente erronea della comunicazione sulla cooperazione e all’asserita mancata considerazione della giurisprudenza del Tribunale

244    Le ricorrenti sostengono, erroneamente, che, avendo ammesso che la loro cooperazione soddisfaceva le condizioni delle due categorie di comportamento indicate al punto D della comunicazione sulla cooperazione, la Commissione avrebbe dovuto concedere a ciascuna di loro una riduzione dell’ammenda pari ad almeno due volte il 10%, vale a dire un minimo del 20%.

245    Infatti, si deve constatare che la forbice prevista dal punto D della comunicazione sulla cooperazione varia dal 10% al 50% senza fissare criteri particolari per la modulazione della riduzione all’interno di tale forbice. La comunicazione sulla cooperazione non crea dunque un’aspettativa legittima di beneficiare di una percentuale particolare di riduzione. Inoltre, contrariamente a ciò che sostengono, in sostanza, le ricorrenti, il punto D della comunicazione sulla cooperazione non deve essere affatto interpretato nel senso che esso obbligherebbe la Commissione a concedere una riduzione specifica minima del 10% per ogni ipotesi di cooperazione accertata rientrante in tale titolo, ma al contrario deve essere inteso nel senso che esso prevede soltanto una riduzione pari ad almeno il 10%.

246    Quindi, fintantoché la Commissione non esuli, in modo manifesto, dall’ampio potere discrezionale di cui dispone allorquando essa procede alla valutazione di quanto il suo lavoro sia stato agevolato dalla cooperazione dell’impresa, essa è perfettamente libera di menzionare, nella sua decisione, le percentuali specifiche che essa ha deciso per ogni singolo caso di cooperazione accertato rientrante nel punto D della comunicazione sulla cooperazione e di sommarli successivamente, così come è libera di menzionare soltanto un valore percentuale complessivo che essa ritiene di poter accordare per le stesse ipotesi. Infatti, come giustamente sottolineato dalla Commissione, la valutazione dell’utilità della cooperazione non è affatto basata su una formula aritmetica che implichi d’ufficio una riduzione di almeno il 20% se trovano applicazione i due trattini del punto D della comunicazione sulla cooperazione.

247    A tal proposito, la sentenza Tokai I, citata supra al punto 185, richiamata dalle ricorrenti, non può mettere in discussione tale valutazione. Infatti, emerge chiaramente dalla decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/36.490 – Elettrodi di grafite) (GU 2002, L 100, pag. 1), di cui trattasi in tale sentenza, che la Commissione si era riferita solo ed espressamente al primo trattino del punto D 2 della comunicazione sulla cooperazione per quanto riguarda l’impresa in questione. Ebbene, il Tribunale ha constatato che l’impresa in questione aveva cooperato anche a titolo del secondo trattino. La Commissione si è sforzata di spiegare che essa aveva proceduto soltanto a una riduzione, raggruppante i due tipi di cooperazione. Tuttavia, diversamente dal caso presente, la valutazione della mancata contestazione dei fatti da parte della società interessata non figurerebbe in nessuno dei punti relativi alla cooperazione di tale impresa. Il Tribunale ha pertanto ritenuto di poter solo prendere atto del fatto che Commissione non aveva consentito all’impresa interessata di beneficiare della disposizione del punto D 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione.

–       Quanto all’asserita mancata considerazione della prassi decisionale precedente

248    L’argomento relativo all’asserita prassi precedente della Commissione, dedotto dalle ricorrenti, deve essere respinto. Infatti, il solo fatto che la Commissione abbia concesso, nell’ambito della sua precedente prassi decisionale, un certo tasso di riduzione per un determinato comportamento non implica che essa sia tenuta a concedere la medesima riduzione proporzionale in occasione della valutazione di un comportamento analogo nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo (sentenza Brugg Rohrsysteme/Commissione, cit. supra al punto 50, punto 193).

249    In ogni caso, la cooperazione delle ricorrenti non è affatto equiparabile a quella dell’impresa KME, constatata nella decisione della Commissione 16 dicembre 2003 relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/38.240 – Tubi industriali), che esse fanno valere. Da tale decisione emerge un’importante cooperazione della KME precedente alla ricezione della comunicazione degli addebiti, che ha contribuito a provare materialmente l’esistenza dell’intesa per tutta la sua durata. La KME ha infatti prodotto documenti relativi all’infrazione e una descrizione dettagliata del sistema di funzionamento dell’intesa spiegando dettagliatamente il contesto nel quale si inserivano i diversi documenti scoperti dalla Commissione durante le sue ispezioni. La cooperazione delle ricorrenti non ha rivestito una siffatta importanza prima della comunicazione degli addebiti.

250    Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo relativo ad un’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione deve essere respinto.

 Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda

 Argomenti delle parti

251    Le ricorrenti deducono diverse censure a sostegno del loro motivo relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda.

252    In primo luogo, esse fanno valere che la Commissione non ha tenuto conto delle considerevoli difficoltà economiche che esse affrontano da anni in seguito alle modifiche strutturali subite dall’industria del filo. La crisi del settore avrebbe comportato, infatti, un crollo dei loro profitti e avrebbe indotto la Zwicky a cessare le sue attività sul mercato nel novembre 2000. La Commissione avrebbe anche ignorato i problemi bancari della Gütermann e l’ulteriore onere a titolo di interessi derivatone.

253    In secondo luogo, le ammende inflitte alla Gütermann (EUR 4,021 milioni) e alla Zwicky (EUR 0,174 milioni) sarebbero sproporzionate rispetto ai loro fatturati realizzati sul mercato interessato dall’infrazione. In tal senso, esse fanno valere che, nel corso degli undici anni e mezzo di infrazione, il risultato di esercizio della Gütermann al netto d’imposta sarebbe stato pari a EUR 318 000 e il fatturato realizzato nel 2000 dalla Zwicky di soli EUR 200 000.

254    Del pari, la Gütermann, seguita in tal senso dalla Zwicky nella sua replica, sostiene che gli importi di base considerati per il calcolo delle ammende (EUR 2,2 milioni per la Gütermann e EUR 100 000 per la Zwicky), da un lato, sarebbero sproporzionati rispetto ai fatturati complessivi di tutte le imprese realizzati con i prodotti interessati dall’infrazione (EUR 50 milioni) e, dall’altro, sembrerebbero esagerati quando si procede al confronto tra quest’ultimo fatturato, che riflette le dimensioni del mercato dei prodotti interessati dall’infrazione, e le dimensioni del mercato mondiale del filo industriale (EUR 4-5 miliardi).

255    Secondo le ricorrenti, conformemente alla giurisprudenza, la Commissione era obbligata a tener conto delle dimensioni del mercato interessato in occasione dell’esame della gravità dell’infrazione e del carattere proporzionato dell’ammenda. La Commissione farebbe quindi valere erroneamente che tale criterio costituirebbe soltanto un elemento, tra gli altri, cosicché essa sarebbe sollevata dall’obbligo di prenderlo in considerazione.

256    In terzo luogo, la Gütermann sostiene che il metodo utilizzato per giungere all’importo dell’ammenda inflittale pregiudichi apertamente le piccole e medie imprese. Infatti, le dimensioni di queste ultime non sarebbero prese in considerazione e le ammende ottenute attraverso tale metodo di calcolo risulterebbero quindi sproporzionate. Di conseguenza, nel caso di specie, l’ammenda che le è stata inflitta sarebbe sproporzionata rispetto a quelle inflitte alle altre imprese come la BST o la Coats.

257    In quarto luogo, nel presente procedimento, l’applicazione degli orientamenti non sarebbe appropriata, in particolare, dal punto di vista della parità di trattamento, in relazione ai procedimenti futuri relativi alle piccole e medie imprese per le quali gli orientamenti prevedrebbero un trattamento più equo ai fini del calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2).

258    La Commissione contesta tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

259    In primo luogo, le ricorrenti sostengono erroneamente che l’ammenda loro inflitta sarebbe sproporzionata, stante la loro situazione finanziaria e il rischio che l’ammenda comporti la loro scomparsa.

260    Infatti, come risulta da una giurisprudenza consolidata e come è stato ricordato al punto 404 della decisione impugnata, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria deficitaria di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un obbligo del genere si risolverebbe nel procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adattate alle condizioni del mercato (sentenze della Corte 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 54 e 55; Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. supra al punto 221, punto 327, nonché 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 105).

261    Peraltro, supponendo che un provvedimento assunto da un’autorità comunitaria cagioni la liquidazione di un’impresa, una siffatta liquidazione dell’impresa nella sua forma giuridica attuale, pur potendo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, non significa tuttavia che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perderebbero anch’essi il loro valore (sentenza Tokai I, cit. supra al punto 185, punto 372).

262    Alla luce di tale giurisprudenza, occorre ritenere che la Commissione non era obbligata a tenere conto della situazione economica della Gütermann nella decisione impugnata né tanto meno a menzionare le spiegazioni fornite dalla stessa impresa relativamente a tale situazione. Il fatto che la Commissione abbia ritenuto opportuno evocare la situazione finanziaria della Zwicky, e non quella della Gütermann, è perfettamente comprensibile se si considera la situazione economica particolarmente difficile della Zwicky, che ha portato quest’ultima a rivendere le sue attività concernenti il filo industriale alla Gütermann. 

263    In secondo luogo, le ricorrenti contestano, in sostanza, alla Commissione di non aver tenuto conto delle dimensioni del mercato interessato e di avere quindi fissato un’ammenda sproporzionata rispetto alle dette dimensioni. Esse adducono parimenti il carattere sproporzionato dell’ammenda rispetto al fatturato realizzato da ognuna di esse sul mercato interessato dall’infrazione nonché il carattere sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda rispetto ai loro rispettivi fatturati.

264    Va rilevato, innanzitutto, che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Nel contesto del calcolo delle ammende, la gravità delle infrazioni deve essere determinata in funzione di numerosi fattori ed è necessario non attribuire ad alcuno di tali elementi un’importanza sproporzionata rispetto agli altri elementi di valutazione. Il principio di proporzionalità implica in tale contesto che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata (sentenza Jungbunzlauer/Commissione, cit. supra al punto 194, punti 226-228).

265    Per quanto attiene alla censura formulata alla Commissione di non avere tenuto conto delle dimensioni del mercato interessato, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può infliggere alle imprese ammende il cui importo non superi il 10% del fatturato realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente per ciascuna impresa che abbia partecipato all’infrazione. Per determinare l’importo dell’ammenda entro tale limite, tali disposizioni prescrivono che si tenga conto della gravità e della durata dell’infrazione. Inoltre, conformemente agli orientamenti, la Commissione fissa l’importo di partenza in funzione della gravità dell’infrazione tenendo conto della natura stessa dell’infrazione, del suo impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e dell’estensione del mercato geografico.

266    Quindi, né il regolamento n. 17, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti prevedono che l’importo delle ammende debba essere stabilito direttamente in relazione alle dimensioni del mercato rilevante, essendo tale fattore soltanto uno dei diversi elementi da considerare. Tale contesto normativo, di per sé, non impone quindi alla Commissione di tener conto delle dimensioni limitate del mercato dei prodotti (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punto 148).

267    Tuttavia, secondo la giurisprudenza, nel valutare la gravità di un’infrazione la Commissione deve tener conto di un gran numero di fattori il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa (sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, cit. supra al punto 78, punto 120). Fra tali elementi che testimoniano la gravità di un’infrazione non si può escludere che possano figurare, a seconda dei casi, la dimensione del mercato del prodotto interessato.

268    Di conseguenza, se la dimensione del mercato può costituire un elemento da prendere in considerazione per accertare la gravità dell’infrazione, la sua importanza varia in funzione del tipo di infrazione e delle circostanze particolari dell’infrazione interessata.

269    Nel caso di specie, l’infrazione si è esplicata essenzialmente nello scambio di informazioni sensibili sui listini dei prezzi e/o sui prezzi imposti a singoli clienti, nell’intesa sugli aumenti dei prezzi e/o obiettivi di prezzo, nell’evitare di farsi concorrenza sul prezzo a vantaggio del fornitore abituale e nello spartirsi i clienti (decisione impugnata, punti 99-125 e 345). Siffatte pratiche costituiscono una restrizione orizzontale del tipo «cartello di prezzi» ai sensi degli orientamenti e sono quindi «molto gravi» per natura. In tale contesto, la modesta dimensione del mercato in questione, ammesso che risulti accertata, è solo di importanza minore rispetto all’insieme degli altri elementi che attestano la gravità dell’infrazione.

270    In ogni caso, si deve tener conto che la Commissione ha ritenuto che l’infrazione dovesse essere considerata molto grave ai sensi degli orientamenti, secondo i quali, per siffatti casi, essa può «prevedere» un importo di partenza che supera EUR 20 milioni. Nel caso di specie, nella decisione impugnata, la Commissione ha suddiviso le imprese interessate in diverse categorie in base alla loro importanza relativa sul mercato interessato. Emerge dal punto 358 della decisione impugnata che la Commissione ha adottato soltanto un importo di partenza di EUR 14 milioni per le imprese appartenenti alla prima categoria, di EUR 5,2 milioni per quella rientrante nella seconda categoria, di EUR 2,2 milioni per quelle comprese nella terza categoria (tra cui la Gütermann) e di EUR 0,1 milioni per quella compresa nella quarta categoria (nel caso di specie, la Zwicky). Ne deriva che gli importi di base, utilizzati come punto di partenza per il calcolo delle ammende inflitte alla Gütermann e alla Zwicky, corrispondevano a un importo nettamente inferiore rispetto a quello che, sulla base degli orientamenti, la Commissione avrebbe potuto «prevedere» per infrazioni molto gravi. Tale determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda tende a confermare che si è effettivamente tenuto conto delle dimensioni del mercato di prodotti in questione.

271    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che le ammende inflitte alla Gütermann e alla Zwicky non sono affatto sproporzionate tenuto conto delle dimensioni del mercato del filo industriale nel Benelux e nei paesi nordici.

272    Inoltre, l’argomento relativo al carattere sproporzionato dell’importo di partenza delle ammende tenuto conto del fatturato della Gütermann e di quello della Zwicky nel mercato di cui trattasi deve essere parimenti respinto.

273     Infatti, si deve osservare che, per la determinazione dell’importo di partenza delle ammende, fissato in funzione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha reputato necessario procedere ad un trattamento differenziato delle imprese coinvolte nei cartelli al fine di tener conto dell’effettiva capacità economica dei colpevoli di pregiudicare sensibilmente la concorrenza e al fine di fissare l’ammenda ad un livello che ne garantisca una sufficiente efficacia deterrente. La Commissione ha aggiunto che era necessario tener conto del peso specifico delle singole società e quindi dell’effettivo impatto sulla concorrenza del loro comportamento illecito. Ai fini della valutazione di tali elementi, la Commissione ha scelto di basarsi sul fatturato realizzato da ogni impresa sul mercato interessato e per il prodotto interessato dall’intesa.

274    Di conseguenza, e come osservato supra al punto 270, la Commissione ha suddiviso le imprese interessate in quattro categorie. La Gütermann, tenuto conto del suo fatturato di EUR 2,36 milioni, è stata inserita nella terza categoria e la Zwicky, tenuto conto del suo fatturato di EUR 0,2 milioni, è stata inserita nella quarta categoria. La Commissione ha considerato un importo di partenza, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di EUR 2,2 milioni per la Gütermann e di EUR 0,1 milioni per la Zwicky (decisione impugnata, punti 356-358).

275    Secondo una costante giurisprudenza, la parte del fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell’infrazione può fornire una corretta indicazione dell’entità di un’infrazione sul mercato interessato (sentenze Cheil Jedang/Commissione, cit. supra al punto 184, punto 91, e Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. supra al punto 79, punto 196). Infatti, tale fatturato è tale da fornire una corretta indicazione della responsabilità di ciascun membro sui detti mercati, dal momento che esso costituisce un elemento oggettivo che fornisce una corretta misura della nocività di tale pratica per il gioco normale della concorrenza e rappresenta, dunque, un buon indicatore della capacità di ogni impresa interessata ad arrecare un danno.

276    Alla luce di quanto sopra considerato, si deve concludere che gli importi di base considerati in occasione del calcolo delle ammende inflitte alla Gütermann e alla Zwicky non risultano affatto sproporzionati rispetto ai fatturati di tali imprese sul mercato interessato.

277    Ne deriva che deve essere parimenti respinto l’argomento relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda rispetto ai rispettivi fatturati delle ricorrenti, realizzati sul mercato interessato dall’infrazione. Queste ultime, infatti, non possono validamente concludere che sussista una sproporzione nell’importo finale dell’ammenda inflitta, dal momento che l’importo di partenza delle loro ammende è giustificato alla luce dei criteri adottati dalla Commissione per la valutazione dell’importanza di ciascuna delle imprese sul mercato rilevante (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punto 304, e 5 dicembre 2006, causa T‑303/02, Westfalen Gassen Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑4567, punto 185). In ogni caso, va sottolineato che il diritto comunitario non contiene un principio di applicazione generale secondo cui la sanzione dev’essere proporzionata al fatturato realizzato dall’impresa attraverso la vendita del prodotto oggetto dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 339).

278    In terzo luogo, deve parimenti essere respinto l’argomento della Gütermann secondo cui il metodo di calcolo sfavorirebbe le piccole e medie imprese e avrebbe portato, nel caso di specie, all’applicazione nei suoi confronti di un’ammenda sproporzionata rispetto a quelle inflitte alle altre imprese.

279    La Commissione, non essendo tenuta ad effettuare il calcolo dell’ammenda a partire da importi basati sul fatturato delle imprese interessate, non è nemmeno tenuta ad assicurare, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende a cui è giunto il suo calcolo per le imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra le stesse imprese in ordine al loro fatturato complessivo o al loro fatturato realizzato sul mercato del prodotto rilevante (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑21/99, Dansk Rørindustri/Commissione, Racc. pag. II‑1681, punto 202).

280    A tal riguardo occorre precisare che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e l’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003 non impongono neppure che, qualora ammende vengano inflitte a più imprese implicate in una medesima infrazione, l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa di dimensioni piccole o medie non sia superiore, in termini di percentuale del fatturato, a quello delle ammende inflitte alle imprese più grandi. Infatti, risulta dalle dette disposizioni che, tanto per le imprese di dimensioni piccole o medie quanto per le imprese di dimensioni superiori, occorre prendere in considerazione, per determinare l’importo dell’ammenda, la gravità e la durata dell’infrazione. Qualora la Commissione infligga alle imprese implicate in una medesima infrazione ammende giustificate, per ciascuna di esse, in rapporto alla gravità e alla durata dell’infrazione, non può addebitarsi alla detta istituzione il fatto che, per talune di queste imprese, l’importo dell’ammenda sia superiore, in proporzione al fatturato, a quello di altre imprese (sentenze 20 marzo 2002, Dansk Rørindustri/Commissione, cit. supra al punto 279, punto 203, e Westfalen Gassen Nederland/Commissione, cit. supra al punto 277, punto 174).

281    Così, la Commissione non è tenuta a ridurre le ammende qualora le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese. La dimensione dell’impresa, infatti, viene presa in considerazione già dal tetto massimo fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, dall’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dalle disposizioni degli orientamenti (sentenza Westfalen Gassen Nederland/Commissione, cit. supra al punto 277, punto 174). A parte tali considerazioni relative alle dimensioni, non vi è alcuna ragione di trattare le piccole e medie imprese diversamente dalle altre imprese. Il fatto che le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese non le esonera dal loro dovere di rispettare le regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 29 novembre 2005, causa T‑52/02, SNCZ/Commissione, Racc. pag. II‑5005, punto 84).

282    Quanto alla censura rivolta alla Commissione di non avere preso in considerazione il fatturato complessivo delle diverse imprese al momento della fissazione dell’importo dell’ammenda, essa è irrilevante. Infatti, si deve ricordare che gli orientamenti prevedono la necessità di prendere in considerazione la capacità economica effettiva degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e di fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantire un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto comma). Gli stessi orientamenti aggiungono che, nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, può essere opportuno ponderare l’importo di partenza generale in modo da tener conto del peso specifico e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazioni, e in modo da adattare conseguentemente tale importo secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (punto 1 A, sesto comma) (sentenza Cheil Jedang/Commissione, cit. supra al punto 184, punto 81).

283    Gli orientamenti non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo richiedano. Il fatturato può essere quindi preso in considerazione al momento della valutazione dei diversi elementi elencati supra al punto 274 (v., in tal senso, sentenze Cheil Jedang/Commissione, cit. supra al punto 184, punto 82, e Tokai I, cit. supra al punto 185, punto 195).

284    Tuttavia, nel caso di specie, come osservato supra al punto 275, la scelta della Commissione di fare riferimento al fatturato sul mercato interessato, per stabilire la capacità di ciascuna impresa di arrecare un danno, era coerente e obiettivamente giustificata. In tal modo la Commissione perseguiva parimenti uno scopo di dissuasione in quanto poneva in risalto il fatto che avrebbe penalizzato maggiormente le imprese che avevano partecipato ad un cartello su un mercato su cui esse avevano un peso rilevante.

285    In quarto luogo, la Gütermann invoca, a torto, gli orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003 a sostegno del suo motivo relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda. Infatti, va rilevato che la mera circostanza che l’applicazione del nuovo metodo di calcolo delle ammende previste nei detti orientamenti, che non sono applicabili ai fatti di cui al caso di specie, sarebbe tale da pervenire ad un’ammenda di importo inferiore a quello inflitto dalla decisione impugnata non può dimostrare il carattere sproporzionato della detta ammenda.

286    Infatti, tale constatazione costituisce soltanto l’espressione del margine di valutazione discrezionale di cui la Commissione dispone al fine di stabilire, nel rispetto dei requisiti posti dal regolamento n. 17 e dal regolamento n. 1/2003, il metodo che intende applicare al fine di fissare l’importo delle ammende e quindi di condurre la politica della concorrenza di cui è incaricata. Tra gli elementi di valutazione che il Tribunale deve prendere in considerazione per valutare il carattere sproporzionato dell’importo delle ammende inflitte in una determinata epoca possono pertanto figurare, in particolare, le circostanze di fatto e di diritto nonché gli obiettivi di concorrenza definiti dalla Commissione, conformemente alle condizioni poste dal Trattato CE, prevalenti all’epoca del comportamento illecito.

287    Ne consegue che il motivo relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda deve essere respinto in toto.

288    Dalle considerazioni che precedono risulta che i ricorsi proposti nelle cause T‑456/05 e T‑457/05 devono essere respinti.

 Sulle spese

289    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Gütermann AG e la Zwicky & Co. AG sono condannate alle spese.

Vilaras

Prek

Ciucǎ

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 aprile 2010.

Firme

Indice


Fatti

1.  Oggetto della controversia

2.  Procedimento amministrativo

3.  Decisione impugnata

Definizione dei mercati interessati

Mercato di prodotti

Mercati geografici

Dimensioni e struttura dei mercati in questione

Descrizione delle infrazioni

Dispositivo della decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sui motivi diretti a contestare l’accertamento dell’esistenza di un comportamento configurante infrazione e le ingiunzioni di porvi fine e di non reiterarlo

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo, dedotto dalla Zwicky, relativo al carattere ingiustificato delle ingiunzioni di porre fine all’infrazione e di non reiterare la stessa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sui motivi diretti a contestare l’ammenda e il suo importo

Sul motivo, dedotto dalla Zwicky, relativo al superamento della soglia del 10% del fatturato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, attinente a un’erronea valutazione della gravità dell’infrazione con riferimento ai suoi effetti

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo all’erronea valutazione della durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo alla mancata considerazione di alcune circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo a un’erronea applicazione della comunicazione sulla cooperazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Quanto all’utilità della cooperazione

–  Quanto alla valutazione asseritamente erronea della cooperazione rispetto a quella della BST

–  Quanto all’applicazione asseritamente erronea della comunicazione sulla cooperazione e all’asserita mancata considerazione della giurisprudenza del Tribunale

–  Quanto all’asserita mancata considerazione della prassi decisionale precedente

Sul motivo, dedotto dalla Gütermann e dalla Zwicky, relativo al carattere sproporzionato dell’ammenda

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il tedesco.