Causa T-151/05
Nederlandse Vakbond Varkenshouders (NVV) e altri
contro
Commissione delle Comunità europee
«Concorrenza — Concentrazioni — Mercati dell’acquisto di suini e di scrofe vivi destinati alla macellazione — Decisione che dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune — Definizione del mercato geografico rilevante — Obbligo di diligenza — Obbligo di motivazione»
Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) 7 maggio 2009 II ‐ 1227
Massime della sentenza
Concorrenza – Concentrazioni – Valutazione della compatibilità con il mercato comune – Mercato rilevante – Delimitazione geografica
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004, art. 9, n. 7; comunicazione della Commissione 97/C 372/03, punto 8)
Concorrenza – Concentrazioni – Esame da parte della Commissione – Definizione dei mercati di riferimento – Potere di valutazione discrezionale
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004; comunicazione della Commissione 97/C 372/03)
Procedura – Atto introduttivo del ricorso – Replica – Requisiti di forma – Individuazione dell’oggetto della controversia
[Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]
Concorrenza – Concentrazioni – Esame da parte della Commissione – Adozione di una decisione che dichiara la compatibilità di un’operazione di concentrazione con il mercato comune senza avvio della fase II
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004, artt. 2, 6 e 8)
Concorrenza – Concentrazioni – Esame da parte della Commissione – Definizione del mercato rilevante – Decisione che si discosta notevolmente dalla prassi decisionale anteriore – Motivazione esplicita
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004; comunicazione della Commissione 97/C 372/03)
Concorrenza – Concentrazioni – Esame da parte della Commissione – Obbligo di tener conto delle decisioni delle autorità nazionali – Insussistenza
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004)
Concorrenza – Concentrazioni – Valutazione della compatibilità con il mercato comune – Criteri in materia di prova
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004, 32o considerando)
Concorrenza – Concentrazioni – Procedimento amministrativo – Obbligo di diligenza – Portata – Limiti
[Regolamento del Consiglio n. 139/2004, artt. 6, n. 3, lett. a), e 8, n. 6, lett. a); regolamento della Commissione n. 802/2004, quinto considerando, artt. 4, n. 1, e 6, n. 2]
Atti delle istituzioni – Motivazione – Obbligo – Portata – Decisione di applicazione delle norme in materia di concentrazioni tra imprese
[Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 139/2004, art. 6, n. 1, lett. b)]
Concorrenza – Concentrazioni – Esame da parte della Commissione – Obblighi della Commissione nei confronti dei terzi qualificati – Diritto al contraddittorio
(Regolamento del Consiglio n. 139/2004, art. 18, n. 4; regolamento della Commissione n. 802/2004, art. 16, n. 1)
Procedura – Misure di organizzazione del procedimento – Domanda di produzione di documenti – Obblighi del richiedente
(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 64)
L’adeguata definizione del mercato rilevante è una condizione necessaria e previa alla valutazione degli effetti sulla concorrenza di un’operazione di concentrazione.
Dall’art. 9, n. 7, del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, e dal punto 8 della Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza risulta che il mercato geografico rilevante comprende l’area nella quale le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue, segnatamente in quanto le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse da quelle prevalenti in dette zone. Nell’ambito della definizione del mercato geografico va tenuto conto di una pluralità di elementi, quali la natura e le caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, l’esistenza di ostacoli all’entrata, le preferenze dei consumatori, nonché l’esistenza, tra il territorio in esame e quelli vicini, di differenze notevoli nelle quote di mercato delle imprese o di sostanziali differenze di prezzi.
Nel caso di un’operazione di concentrazione nel settore dell’acquisto di suini, la Commissione può stabilire che la dimensione geografica dei mercati di prodotti rilevanti, ossia i mercati dell’acquisto di suini e di scrofe destinati alla macellazione, corrisponda ai territori posti nel raggio di 150 km attorno alle principali zone di allevamento di uno Stato membro. A tale proposito, la questione fondamentale per la definizione del mercato geografico è sapere se, in caso di diminuzione leggera ma costante dei prezzi d’acquisto sui territori interessati, i clienti delle partecipanti alla concentrazione, segnatamente gli allevatori di suini destinati alla macellazione, si rivolgerebbero a macelli stabiliti altrove e sarebbero disposti a trasportare i loro animali su una distanza di 150 km verso macelli concorrenti, cosicché una siffatta riduzione dei prezzi non sarebbe redditizia per l’entità nata dalla concentrazione. La circostanza che la maggioranza dei suini destinati alla macellazione sia di solito trasportata su distanze inferiori a 150 km non costituisce quindi, di per sé, un elemento decisivo per definire il mercato rilevante. Peraltro, la Commissione può considerare che la sospensione o la limitazione provvisoria delle esportazioni risultante da epizoozie non comporti una nazionalizzazione o una regionalizzazione del mercato rilevante e non costituisca quindi una circostanza determinante per la definizione del mercato geografico.
(v. punti 50-52, 112, 122, 130-131)
In materia di concentrazioni tra imprese, il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni della Commissione relative alla definizione dei mercati di riferimento ha ad oggetto l’errore manifesto. Infatti, la definizione del mercato rilevante, implicando valutazioni economiche complesse da parte della Commissione, può essere soggetta solo ad un controllo limitato da parte del giudice comunitario.
(v. punti 53, 80)
Se è vero che la legittimità di una decisione della Commissione dev’essere valutata in funzione degli elementi di cui essa poteva disporre al momento dell’adozione della medesima e che un ricorrente non può avvalersi dinanzi al giudice comunitario di elementi di fatto che non siano stati portati a conoscenza della Commissione nel corso del procedimento amministrativo, una simile giurisprudenza non può essere invocata in modo generale nei confronti di allegati prodotti per la prima volta dinanzi al giudice comunitario. Infatti, nella misura in cui la produzione di un allegato dinanzi al giudice comunitario non costituisce un tentativo di modificare il contesto di diritto e di fatto precedentemente sottoposto alla Commissione ai fini dell’emanazione di una decisione, ma appartiene all’attività di sviluppo di una serie di argomenti nel semplice esercizio del diritto di difesa, tale allegato è da considerarsi ricevibile.
(v. punti 58, 63)
Nel sistema del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, l’art. 6 di tale regolamento rappresenta il fondamento giuridico delle decisioni adottate dalla Commissione nell’ambito della prima fase del procedimento, mentre l’art. 8 costituisce il fondamento giuridico delle decisioni adottate nell’ambito della seconda fase del procedimento, tenendo presente che le due disposizioni citate sono da interpretare alla luce dei criteri menzionati all’art. 2 del regolamento in parola.
Pertanto, quando la Commissione ritiene, al termine della prima fase, che una concentrazione non susciti seri dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune, essa basa correttamente la sua decisione di autorizzazione sull’art. 6, n. 1, lett. b), del regolamento n. 139/2004. Qualora essa giunga alla conclusione opposta e decida di avviare la seconda fase del procedimento, essa adotta comunque una decisione basata sull’art. 6 di detto regolamento, in particolare sul suo art. 6, n. 1, lett. c), e non sull’art. 8 del medesimo regolamento. La Commissione non può quindi adottare in nessun caso, al termine della prima fase del procedimento, una decisione basata sull’art. 8 del regolamento n. 139/2004.
(v. punti 67-68)
Sebbene la Commissione sia tenuta a motivare esplicitamente una decisione nell’ipotesi in cui essa vada notevolmente al di là della sua prassi decisionale anteriore, gli operatori economici non possono legittimamente confidare nel mantenimento di una prassi decisionale anteriore che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie. In particolare, nel settore del controllo delle concentrazioni, essi non possono invocare un legittimo affidamento derivante dal fatto che in una precedente decisione la Commissione ha definito alcuni mercati in una particolare maniera, in quanto la Commissione e, a fortiori, il Tribunale non sono vincolati dalle osservazioni svolte in una siffatta decisione.
(v. punto 136)
Tenuto conto della precisa ripartizione delle competenze su cui si basa il regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, le decisioni delle autorità nazionali non possono vincolare la Commissione nell’ambito dei procedimenti di controllo delle concentrazioni. La Commissione e le autorità nazionali della concorrenza si pronunciano, nei rispettivi settori di competenza, alla luce di criteri diversi.
(v. punto 139)
Se è vero che l’esistenza di una posizione dominante deve essere stabilita individualmente, caso per caso, in funzione delle circostanze specifiche, secondo il trentaduesimo ‘considerando’ del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, le concentrazioni che, data la modesta quota di mercato delle imprese interessate, non siano tali da ostacolare la concorrenza effettiva, possono essere presunte compatibili con il mercato comune. Un’indicazione in tal senso sussiste in particolare qualora le quote di mercato delle imprese interessate non siano superiori al 25% né nel mercato comune né in una sua parte sostanziale.
La Commissione può quindi legittimamente decidere di non sviluppare la propria analisi della concorrenza per taluni mercati oggetto di un’operazione di concentrazione, dopo aver rilevato che, in seguito all’operazione, i partecipanti deterrebbero su tali mercati quote inferiori al 20%.
(v. punti 149, 151)
Nell’ambito del controllo delle concentrazioni, la Commissione dispone di un margine di valutazione, segnatamente riguardo a valutazioni di ordine economico. Il rispetto delle garanzie previste dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi, fra cui l’obbligo di diligenza, ha quindi, in tale ambito, un’importanza ancora maggiore.
Nel suddetto ambito, il rispetto dell’obbligo di diligenza impone alla Commissione di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi rilevanti del caso di specie. La Commissione deve pertanto constatare, con la cura necessaria, gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende l’esercizio del suo potere discrezionale, raccogliendo gli elementi fattuali indispensabili all’esercizio di detto potere e tali da incidere significativamente sull’esito del processo decisionale. L’obbligo in parola comporta, in primis, che la Commissione è tenuta a prendere in considerazione sia gli elementi fattuali e le informazioni ad essa sottoposte dalle parti notificanti, sia quelli presentati da qualunque altro terzo che partecipi attivamente al procedimento e, in secundis, che detta istituzione è tenuta, eventualmente, a cercare tali elementi fattuali tramite indagini di mercato o richieste di informazioni rivolte agli operatori del mercato.
Tuttavia, nell’ambito del controllo delle concentrazioni, il requisito del rispetto da parte della Commissione delle garanzie previste dall’ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi, e quindi parimenti quello del rispetto dell’obbligo di diligenza, sono da interpretare in modo compatibile con l’esigenza di celerità che caratterizza l’economia generale del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, e che impone alla Commissione di rispettare termini rigorosi quando esercita il suo potere discrezionale. Tenuto conto di tale esigenza e di detti termini, la Commissione, in mancanza di indizi nel senso dell’inesattezza delle informazioni fornite, non può essere tenuta ad effettuare verifiche riguardo a tutte le informazioni che riceve. Infatti, sebbene l’obbligo di esame diligente ed imparziale non le consenta di basarsi su elementi o informazioni che non possono essere considerati veritieri, la menzionata esigenza di celerità presuppone, ciò nondimeno, che la Commissione non possa verificare essa stessa, nei minimi dettagli, l’autenticità e l’affidabilità di tutte le comunicazioni che le pervengono, in quanto il procedimento di controllo delle concentrazioni si basa necessariamente e in certa misura sulla fiducia. Del resto, la normativa in materia di controllo delle concentrazioni prevede varie misure dirette a scoraggiare e a punire la trasmissione d’informazioni inesatte o mendaci. Difatti, le parti notificanti sono soggette all’obbligo espresso di fornire alla Commissione in modo completo e veritiero i fatti e le circostanze rilevanti per la decisione, essendo detto obbligo sanzionato all’art. 14 del regolamento n. 139/2004, e la Commissione può anche revocare la decisione di compatibilità quando questa sia fondata su indicazioni inesatte di cui sia responsabile una delle imprese interessate, o quando sia stata ottenuta con frode.
(v. punti 164-166, 184-185)
La Commissione non viola l’obbligo di motivazione ad essa incombente se, quando esercita il suo potere di controllo delle operazioni di concentrazione, non include nella sua decisione motivazioni precise in merito alla valutazione di un certo numero di aspetti della concentrazione che appaiano ad essa manifestamente fuori luogo, privi di significato o chiaramente secondari ai fini della valutazione di quest’ultima. Un obbligo del genere sarebbe infatti difficilmente compatibile con il dovere imperativo di celerità e con i termini di procedura ristretti imposti alla Commissione nell’esercizio del suo potere di controllo delle operazioni di concentrazione e che rientrano fra gli aspetti specifici di una procedura di controllo di tali operazioni.
Ne deriva che, quando la Commissione dichiara un’operazione di concentrazione compatibile con il mercato comune sulla base dell’art. 6, n. 1, lett. b), del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, l’obbligo di motivazione è soddisfatto se questa decisione espone con chiarezza le ragioni per le quali la Commissione ritiene che la concentrazione di cui trattasi, eventualmente in seguito a modifiche apportate dalle imprese interessate, non suscita seri dubbi per quanto riguarda la sua compatibilità con il mercato comune.
A tale riguardo, sebbene la Commissione non sia obbligata, nella motivazione delle decisioni adottate in applicazione del regolamento n. 139/2004, a prendere posizione su tutti gli elementi ed argomenti presentati dinanzi ad essa, ivi compresi quelli chiaramente secondari per la valutazione da effettuare, ciò nondimeno essa deve esporre i fatti e le riflessioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’economia della decisione.
(v. punti 192-194)
Nell’ambito del procedimento di controllo comunitario delle concentrazioni, il diritto di essere sentiti è esplicitamente attribuito ai terzi che dimostrino di avervi interesse dall’art. 18, n. 4, del regolamento n. 139/2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, e dall’art. 16, n. 1, del regolamento n. 802/2004, di esecuzione del regolamento n. 139/2004. I terzi in parola dispongono del diritto di essere sentiti dalla Commissione, a loro domanda, onde presentare il loro punto di vista sugli effetti nocivi del progetto di concentrazione notificato per quel che li riguarda; detto diritto deve però essere conciliato, da una parte, con il rispetto dei diritti della difesa delle partecipanti alla concentrazione e, dall’altra, con lo scopo principale del regolamento, che è quello di garantire l’efficacia del controllo e la certezza del diritto delle imprese soggette alla sua applicazione.
La circostanza che un terzo non possa esprimersi nella propria lingua nel corso di una riunione con la Commissione può viziare il procedimento amministrativo solo se si dimostra che ciò ha determinato conseguenze dannose, quali l’impossibilità per il terzo di presentare determinati elementi o argomenti, in tal modo impedendo che questi possano essere presi in considerazione nell’analisi della Commissione.
(v. punti 201-202, 211)
Per consentire al Tribunale di valutare se sia utile ai fini del corretto svolgimento del procedimento disporre la produzione di determinati documenti, la parte che ne fa domanda deve identificare i documenti sollecitati e fornire al Tribunale un minimo di elementi idonei ad accreditare la rilevanza di tali documenti ai fini del procedimento.
Se è vero che la Commissione non può fondarsi su documenti ai quali né il Tribunale né il ricorrente hanno avuto accesso, questa sola circostanza, di per sé, non giustifica che il Tribunale ordini la produzione di documenti in base dell’art. 64 del regolamento di procedura. Una siffatta misura di organizzazione del procedimento può infatti essere ordinata dal Tribunale solo se il ricorrente argomenta in maniera plausibile che tali documenti sono necessari e pertinenti ai fini del giudizio.
(v. punto 218)