Causa T-48/05

Yves Franchet e Daniel Byk

contro

Commissione delle Comunità europee

«Responsabilità extracontrattuale — Funzione pubblica — Indagini dell’OLAF — Caso “Eurostat” — Trasmissione ad autorità giudiziarie nazionali di informazioni relative a fatti penalmente perseguibili — Mancata informazione preventiva dei funzionari interessati e del comitato di vigilanza dell’OLAF — Fuga di notizie nella stampa — Divulgazione da parte dell’OLAF e della Commissione — Violazione del principio della presunzione di innocenza — Danno morale — Nesso di causalità»

Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) 8 luglio 2008   II ‐ 1595

Massime della sentenza

  1. Procedura – Misure di organizzazione del procedimento – Domanda di stralcio dal fascicolo di documenti interni di un’istituzione

    (Regolamento di procedura del Tribunale, art. 64)

  2. Funzionari – Ricorso per risarcimento danni – Oggetto – Domanda di risarcimento dei danni causati da un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)

    (Artt. 235 CE e 236 CE)

  3. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Modalità delle indagini interne adottate dalle istituzioni comunitarie

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, nn. 2 e 3; decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

  4. Responsabilità extracontrattuale – Presupposti – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Violazione dell’obbligo di informare l’interessato nell’ambito di un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Violazione dell’obbligo di informare previamente il comitato di vigilanza

    (Art. 288, secondo comma, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, nn. 2 e 3; decisione della Commissione 1999/396, art. 4; regolamento interno del comitato di vigilanza dell’OLAF, art. 2)

  5. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Trasmissione alle autorità nazionali di informazioni raccolte nel corso di un’indagine

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, artt. 4, n. 5, e 10, nn. 2 e 3)

  6. Funzionari – Ricorso – Ricorso per risarcimento danni – Motivi di ricorso – Ricorso per il risarcimento dei danni causati da un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)

    (Statuto dei funzionari, art. 91; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, n. 2)

  7. Responsabilità extracontrattuale – Presupposti – Illegittimità – Danno – Nesso causale – Onere della prova a carico del ricorrente – Limiti

    (Art. 288, secondo comma, CE)

  8. Responsabilità extracontrattuale – Presupposti – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Comunicato stampa dell’amministrazione idoneo a ingenerare l’impressione che un funzionario sia coinvolto in irregolarità senza che sia provata la sua colpevolezza

    (Art. 288, secondo comma, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 8, n. 2)

  9. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Diritti della difesa – Portata – Diritto di accesso al fascicolo istruttorio – Insussistenza salvo pubblicazione della relazione finale

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999; decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

  10. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Durata del procedimento

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, artt. 6, n. 5, e 11, n. 7)

  11. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Riservatezza delle indagini

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 12)

  12. Funzionari – Regime disciplinare – Procedimento disciplinare – Procedimenti disciplinari e penali promossi contemporaneamente a proposito degli stessi fatti

    (Statuto dei funzionari, art. 88, quinto comma; allegato IX, art. 7, secondo comma)

  1.  Di regola, un’istituzione può legittimamente chiedere il ritiro dal fascicolo sottoposto al giudice comunitario di un documento interno quando esso non sia stato ottenuto con mezzi legittimi da colui che lo fa valere. Infatti, un documento interno ha carattere riservato, salvo che l’istituzione da cui promana abbia accettato di divulgarlo. Tuttavia, in determinate situazioni, non è necessario che il ricorrente dimostri di avere ottenuto legalmente il documento riservato invocato a sostegno della sua tesi ed è necessario valutare, mediante una ponderazione degli interessi da tutelare, se circostanze particolari, quali il carattere decisivo della produzione del documento interno allo scopo di garantire il controllo della regolarità della procedura di adozione dell’atto impugnato o di dimostrare l’esistenza di uno sviamento di potere, giustifichino il fatto di non procedere al ritiro del documento stesso.

    (v. punti 77, 79)

  2.  Le richieste tese al risarcimento del presunto danno materiale e morale subito da un funzionario in conseguenza, da un lato, dello svolgimento e della conclusione, ad opera dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), di un’indagine che lo riguarda personalmente ed eventualmente gli attribuisce pubblicamente la responsabilità di talune irregolarità constatate molto prima dell’adozione di una decisione finale del giudice nazionale competente e, dall’altro, in ragione del modo in cui si è comportata la Commissione nel contesto di tale indagine, non possono essere respinte in quanto premature, in modo da obbligare il funzionario a proporre tale domanda solo dopo l’eventuale decisione definitiva delle autorità giudiziarie nazionali. Infatti, l’eventuale risultato del procedimento giudiziario nazionale non può incidere sul procedimento dinanzi al giudice comunitario in quanto, nell’ambito delle dette richieste risarcitorie, non si tratta di sapere se i fatti contestati al funzionario siano dimostrati o meno, o se egli abbia commesso atti illeciti nell’esercizio della sua attività professionale, ma di esaminare il modo in cui l’OLAF ha condotto la propria indagine nonché il modo in cui si è comportata la Commissione nel contesto della stessa, poiché il danno lamentato dal funzionario è diverso da quello che potrebbe risultare da un verdetto di non colpevolezza emesso dalle autorità giudiziarie nazionali.

    (v. punti 90-91)

  3.  Dalle disposizioni dell’art. 4, primo comma, della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi della Comunità, risulta che il funzionario interessato deve essere prontamente informato della possibilità di un suo coinvolgimento personale, se ciò non rischia di pregiudicare l’indagine, e che, in ogni caso, non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un funzionario della Commissione senza aver dato modo all’interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono. La violazione di tali disposizioni, che fissano le condizioni nelle quali il rispetto dei diritti della difesa del funzionario interessato può essere conciliato con le esigenze di riservatezza proprie di ogni indagine di questa natura, costituisce una violazione di forme sostanziali applicabili alla procedura d’indagine.

    È vero che l’art. 4 della decisione 1999/396 non riguarda esplicitamente la trasmissione delle informazioni che, a norma dell’art. 10, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’OLAF può o deve, rispettivamente nell’ambito delle indagini esterne o interne, inviare alle autorità giudiziarie nazionali, e che quindi la norma suddetta non prevede l’obbligo di informare il funzionario interessato prima di tale trasmissione. Tuttavia, se tali informazioni contengono una «conclusione (…) riguardante personalmente» il funzionario coinvolto, questi dev’essere in linea di principio informato e sentito in ordine ai fatti che lo riguardano.

    Detto articolo prevede tuttavia una deroga laddove ai fini dell’indagine sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere a mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale. In questi casi, l’obbligo di invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il consenso del segretario generale della Commissione. Pertanto, perché si possa differire l’informativa, deve ricorrere la duplice condizione della necessità di mantenimento della massima segretezza ai fini dell’indagine e dell’esigenza di ricorrere a mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale. Si deve inoltre ottenere il previo consenso del segretario generale della Commissione. L’obbligo di chiedere e ottenere il consenso del segretario generale della Commissione non è una semplice formalità, eventualmente esperibile in una fase successiva. Infatti, se così fosse, l’esigenza di ottenere tale consenso perderebbe la sua ragion d’essere, ossia garantire che siano rispettati i diritti della difesa dei funzionari interessati, che l’informazione a loro destinata venga differita solo in casi del tutto eccezionali e che la valutazione di tale carattere eccezionale non venga riservata all’OLAF, ma sia rimessa anche al giudizio del segretario generale della Commissione.

    (v. punti 128-130, 133, 144-146, 151)

  4.  La norma giuridica secondo cui le persone sottoposte ad un’indagine condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) devono essere informate e messe in condizione di esprimersi su tutti i fatti che le riguardano conferisce diritti ai singoli. È certo vero che, ai sensi dell’art. 4 della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità, l’OLAF dispone di un margine discrezionale laddove, ai fini dell’indagine, sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere a mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale, cosicché l’obbligo di invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il consenso del segretario generale della Commissione. Tuttavia, per quanto riguarda le modalità di adozione della decisione di differire l’informativa ai funzionari interessati e la verifica delle condizioni d’applicazione dell’art. 4 della decisione 1999/396, l’OLAF non dispone di alcun margine discrezionale.

    Ne discende che l’OLAF commette una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli qualora, senza aver invocato il ricorso a siffatti mezzi investigativi e senza aver sollecitato il consenso del segretario generale della Commissione in tempo utile per differire l’invito obbligatorio ad esprimersi del funzionario interessato dall’inchiesta, non rispetti né le condizioni né le modalità applicative di tale eccezione.

    Ciò vale altresì per la violazione dell’obbligo imposto all’OLAF dall’art. 11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF, di consultare il suo comitato di vigilanza prima della trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, che rappresenta una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che ha lo scopo di conferire diritti ai singoli interessati. Da un lato, infatti, anche se, a norma dell’art. 11, n. 1, del detto regolamento, il comitato di vigilanza dell’OLAF non interferisce nello svolgimento delle indagini in corso, esso è chiamato a proteggere i diritti delle persone assoggettate ad inchiesta in quanto, conformemente all’art. 2 del suo regolamento interno, tale organo «vigila acciocché le attività dell’OLAF siano espletate nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché in conformità dei trattati e del diritto derivato, in particolare del protocollo sui privilegi e le immunità e dello statuto dei funzionari». Dall’altro lato, l’art. 11, n. 7, del regolamento n. 1073/1999 prevede che l’informazione del comitato di vigilanza costituisce un obbligo incondizionato e non lascia all’OLAF alcun margine di discrezionalità.

    (v. punti 146, 153-156, 164, 167-170)

  5.  L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non è tenuto ad informare l’istituzione interessata da un’indagine interna prima della trasmissione alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato, ai sensi dell’art. 10, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF, delle informazioni raccolte su fatti penalmente perseguibili. Infatti, da un lato, la trasmissione all’istituzione interessata delle informazioni raccolte in occasione di indagini interne è solo facoltativa, a norma dell’art. 10, n. 3, di tale regolamento, e nessuna disposizione di tale articolo prevede che la trasmissione delle informazioni alle autorità giudiziarie nazionali debba essere preceduta o accompagnata dall’informazione dell’istituzione interessata. Dall’altro lato, l’art. 4, n. 5, del medesimo regolamento, secondo cui l’istituzione interessata dev’essere informata, nell’ambito delle indagini interne, qualora dalle indagini emerga la possibilità di un coinvolgimento personale di uno dei suoi membri, dirigenti, funzionari o agenti, non prevede alcun termine per fornire tale informazione e contiene inoltre una deroga secondo cui l’OLAF può differire tale informazione nei casi che richiedano, a sua discrezione, che sia mantenuto il segreto assoluto ai fini dell’indagine.

    Infine, tali disposizioni non contengono norme giuridiche che conferiscano diritti ai singoli di cui il giudice comunitario deve garantire il rispetto.

    (v. punti 158-159, 162)

  6.  Nell’ambito di un ricorso per il risarcimento del presunto danno materiale e morale subito da un funzionario in ragione dello svolgimento e della conclusione di un’indagine ad opera dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), è inoperante un motivo basato sull’influenza esercitata sulle autorità giudiziarie nazionali in occasione della trasmissione alle medesime, ai sensi dell’art. 10, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF, delle informazioni relative all’indagine, e con il quale si affermi che l’OLAF avrebbe orientato dette autorità giudiziarie dando anzitempo qualifiche penali ai fatti comunicati. Infatti, il seguito che le autorità nazionali riservano alle informazioni loro trasmesse dall’OLAF è rimesso esclusivamente ed interamente alla loro responsabilità. Spetta pertanto a tali autorità verificare esse stesse se siffatte informazioni giustifichino o impongano l’avvio di procedimenti penali. Di conseguenza, la tutela giurisdizionale nei confronti di siffatti procedimenti deve essere assicurata a livello nazionale con tutte le garanzie previste dal diritto interno, ivi comprese quelle derivanti dai diritti fondamentali che, facendo parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, devono del pari essere rispettati dagli Stati membri quando danno esecuzione ad una normativa comunitaria.

    (v. punti 171-173)

  7.  Nell’ambito di un ricorso per risarcimento incombe al ricorrente dimostrare che sussistono tutte le condizioni cui è subordinato il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE. Questa regola, tuttavia, subisce un’attenuazione quando l’evento dannoso potrebbe essere stato provocato da cause diverse e l’istituzione comunitaria non abbia prodotto alcun elemento di prova che consenta di stabilire a quale di tali cause sia imputabile l’evento, malgrado che la medesima istituzione si trovasse nella posizione migliore per fornire prove al riguardo, motivo per cui la residua incertezza dev’essere posta a suo carico.

    (v. punti 182-183)

  8.  Il principio della presunzione di innocenza esige che una persona accusata di un illecito sia considerata innocente fino a quando non ne sia stata dimostrata la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio nel corso di un processo. Ciononostante, non si può impedire ad un’istituzione di informare il pubblico sulle indagini in corso avviate dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e relative ad irregolarità commesse in seno all’istituzione stessa. Essa deve tuttavia farlo con tutta la discrezione e la prudenza richieste, rispettando il giusto equilibrio tra gli interessi dei funzionari interessati e quelli dell’istituzione.

    La diffusione, ad opera di un’istituzione, di un comunicato stampa che ingeneri nel pubblico, o quantomeno in una parte di esso, l’impressione che un funzionario sia coinvolto in irregolarità commesse al suo interno, qualora non sia stata ancora dimostrata la colpevolezza di tale funzionario, esula dai limiti di quanto giustificato dall’interesse del servizio e rappresenta una violazione sufficientemente qualificata della presunzione di innocenza, dal momento che l’istituzione non dispone di alcun margine discrezionale quanto all’obbligo di rispettare tale presunzione.

    Del pari, l’OLAF viola il principio della presunzione di innocenza qualora, nel corso di una procedura d’indagine che coinvolge un funzionario, lasci filtrare alla stampa informazioni che generano l’impressione della colpevolezza, sul piano penale, di quest’ultimo e che incitano il pubblico a crederlo colpevole prima che un giudice si sia pronunciato in proposito. Con una tale fuga di notizie, l’OLAF viola altresì l’obbligo di riservatezza delle indagini e, provocando la divulgazione alla stampa di elementi sensibili delle indagini, lede l’interesse a una buona amministrazione nella misura in cui consente al grande pubblico di accedere, a indagini in corso, a informazioni riservate dell’amministrazione. Si tratta in tal caso di violazioni sufficientemente qualificate di tali norme giuridiche, dato che spetta all’OLAF vigilare affinché non si verifichino tali fughe di notizie, che ledono i diritti fondamentali degli interessati, quale la presunzione di innocenza, e l’amministrazione non dispone di alcun margine di discrezionalità nell’adempimento di tale obbligo.

    (v. punti 216-217, 219, 309-311, 314)

  9.  L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non è obbligato ad accordare a un funzionario comunitario che si presume essere coinvolto in un’indagine interna — prima dell’adozione di una decisione finale a lui pregiudizievole da parte dell’autorità investita del potere di nomina da cui dipende — l’accesso ai documenti oggetto di un’indagine siffatta o a quelli redatti dallo stesso OLAF in tale occasione; se così non fosse, si rischierebbe di compromettere l’efficacia e la riservatezza della missione affidata all’OLAF e l’indipendenza di tale organo. In particolare, il semplice fatto che una parte di un fascicolo di indagine riservato possa essere stata illecitamente divulgata alla stampa non giustifica di per sé una deroga, in favore del funzionario che si presume essere interessato, alla riservatezza di tale fascicolo e dell’indagine condotta dall’OLAF. Il rispetto dei diritti di difesa del funzionario in questione è sufficientemente garantito dall’art. 4 della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi della Comunità, il quale non obbliga l’OLAF ad accordare l’accesso a tali documenti.

    Tale approccio non è in contrasto con il rispetto del diritto a una buona amministrazione, previsto dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo cui tale diritto comprende il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale. Pertanto, l’accesso al fascicolo dell’indagine condotta dall’OLAF prima dell’adozione della sua relazione finale può essere negato, in forza del detto principio, quando lo esiga il rispetto della riservatezza.

    L’OLAF non è neppure tenuto a concedere l’accesso alla relazione finale d’indagine. Infatti, da un lato, nessuno degli obblighi sanciti dall’art. 4 della decisione 1999/396 riguarda tale questione e, dall’altro, l’esistenza di una violazione del principio del contraddittorio da parte dell’OLAF può essere dimostrata solo nel caso in cui la relazione finale venga pubblicata o sia seguita dall’adozione di un atto recante pregiudizio. Se tale relazione è stata inviata all’istituzione e alle autorità giudiziarie nazionali interessate, spetta a tale istituzione e a tali autorità, eventualmente, concedere al funzionario interessato l’accesso alla relazione medesima conformemente alle proprie norme di procedura, nella misura in cui esse abbiano intenzione di adottare un atto recante pregiudizio al predetto sulla base della relazione finale.

    (v. punti 255-260)

  10.  Anche se il regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), non prevede alcun termine preciso e tassativo per la conclusione delle indagini, l’obbligo di osservare un termine ragionevole nei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale di diritto comunitario di cui il giudice comunitario assicura il rispetto e che viene peraltro ripreso, in quanto componente del diritto a una buona amministrazione, dall’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, il procedimento dinanzi all’OLAF non può essere prolungato oltre un termine ragionevole, che dev’essere valutato in funzione delle circostanze della fattispecie e del grado di complessità del caso.

    Le carenze dell’organizzazione amministrativa dei servizi della Commissione in sede di creazione dell’OLAF, delle quali i funzionari interessati non devono subire le conseguenze, non possono da sole giustificare tempi lunghi nello svolgimento delle procedure d’indagine, né possono costituire un motivo per escludere la responsabilità della Commissione.

    (v. punti 272-274, 280-281)

  11.  È vero che, ai sensi dell’art. 12, n. 3, terzo comma, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), le istituzioni assicurano il rispetto della riservatezza delle indagini svolte dall’OLAF e dei diritti legittimi delle persone interessate. Tale disposizione non può essere tuttavia interpretata nel senso che essa impone alla Commissione un obbligo generale di garantire che l’OLAF, il quale svolge le proprie indagini in piena autonomia, rispetti la riservatezza. Infatti, detta disposizione va letta insieme al comma precedente, secondo cui il direttore generale dell’OLAF riferisce regolarmente alle istituzioni sui risultati delle indagini nel rispetto dei medesimi principi. Così, risulta dall’art. 12 del regolamento n. 1073/1999 che, qualora il direttore generale dell’OLAF abbia comunicato alle istituzioni, Commissione inclusa, informazioni relative alle indagini, dette istituzioni devono garantire la riservatezza delle informazioni trasmesse e i diritti legittimi degli interessati nel trattamento di tali informazioni.

    (v. punto 299)

  12.  L’art. 88, quinto comma, dello Statuto, che vieta all’autorità investita del potere di nomina di regolare definitivamente, sul piano disciplinare, la posizione del funzionario interessato pronunciandosi su fatti costituenti l’oggetto di un procedimento penale concomitante, fino a che non sia passata in giudicato la decisione emessa dall’organo giurisdizionale penale investito della cognizione di tali fatti, non conferisce alcun potere discrezionale a tale autorità. Tale disposizione sancisce il principio secondo cui «il penale blocca il disciplinare nello stato in cui si trova», il che si giustifica in particolare con il fatto che i giudici penali nazionali dispongono di poteri di indagine più ampi rispetto a quelli dell’autorità investita del potere di nomina. Pertanto, nel caso in cui i medesimi fatti possano configurare un illecito penale e una violazione degli obblighi statutari incombenti al funzionario, l’amministrazione è vincolata dagli accertamenti fattuali compiuti dal giudice penale nell’ambito del relativo procedimento. Una volta che quest’ultimo abbia accertato l’esistenza dei fatti in questione nella fattispecie, l’amministrazione può procedere in seguito alla loro qualificazione giuridica alla luce della nozione di illecito disciplinare, verificando in particolare se essi costituiscano violazioni degli obblighi statutari.

    (v. punti 341-342)