Causa C-389/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica francese

«Inadempimento di uno Stato — Artt. 43 CE e 49 CE — Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi — Polizia sanitaria — Centro di inseminazione artificiale dei bovini — Normativa nazionale che attribuisce a centri riconosciuti il diritto esclusivo di fornire il servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un determinato territorio e che subordina il rilascio delle licenze di inseminatore alla stipula di una convenzione con uno di questi centri»

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 3 aprile 2008   I - 5401

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) 17 luglio 2008   I - 5425

Massime della sentenza

  1. Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Restrizioni

    (Art. 43 CE)

  2. Libera prestazione dei servizi – Restrizioni

    (Art. 49 CE)

  3. Agricoltura – Armonizzazione delle legislazioni – Scambi intracomunitari di seme bovino di razza pura

    (Artt. 43 CE e 49 CE; direttive del Consiglio 77/504, 87/328 e 91/174)

  4. Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Libera prestazione dei servizi – Restrizioni

    (Artt. 43 CE e 49 CE)

  1.  L’esclusiva geografica conferita da uno Stato membro a taluni centri di inseminazione riconosciuti per fornire il servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un determinato territorio che limita il numero complessivo di operatori cui è consentito di aprire e gestire centri siffatti sul territorio di tale Stato, nonché la durata indeterminata di tale esclusiva, rappresentano un ostacolo all’accesso di altri operatori, ivi compresi quelli provenienti da altri Stati membri, al mercato delle inseminazioni. La circostanza che le zone geografiche interessate da tale esclusiva possano essere sottoposte ad adeguamento o suddivisione non vale a modificare tale apprezzamento.

    Non potendo conseguire diritti su una data zona geografica, un operatore che progetti di esercitare attività nel settore dell’inseminazione artificiale ha l’obbligo di stipulare una convenzione con il centro di inseminazione territorialmente competente, al fine di ottenere una licenza di inseminatore. Orbene, posto che la conclusione di una convenzione siffatta è rimessa alla volontà dei presidenti dei centri riconosciuti, un obbligo del genere è idoneo ad ostacolare la realizzazione del detto progetto di attività.

    Siffatte misure rendono difficile o addirittura impossibile, o comunque meno allettante, l’esercizio della libertà di stabilimento allo scopo di svolgere, nel territorio dello Stato interessato, attività di distribuzione e di inseminazione artificiale con seme bovino. La circostanza che tali misure siano indistintamente applicabili agli operatori nazionali ed a quelli di altri Stati membri non pone ostacolo a tale constatazione, atteso che misure nazionali del genere, seppur applicabili senza discriminazioni attinenti alla nazionalità, sono idonee a perturbare o a rendere meno allettante l’esercizio, da parte dei cittadini comunitari, ivi compresi quelli appartenenti allo Stato membro autore della misura, di una libertà fondamentale garantita dal Trattato come la libertà di stabilimento.

    (v. punti 50, 53-56)

  2.  Il fatto che uno Stato membro esiga che i prestatori transfrontalieri intenzionati a praticare l’inseminazione artificiale dei bovini nel suo territorio ottengano una licenza di inseminatore ed il fatto d’imporre, dopo l’ottenimento della licenza summenzionata, che gli operatori possano effettuare l’inseminazione artificiale con seme bovino soltanto sotto l’autorità di un centro di inseminazione territorialmente competente costituiscono, indipendentemente dalle condizioni fissate per il rilascio della suddetta licenza, una restrizione alla libera prestazione dei servizi, in quanto tali requisiti sono idonei ad ostacolare o a rendere meno allettante la prestazione del servizio di inseminazione da parte di operatori stabiliti e già legittimamente operanti in altri Stati membri.

    Lo stesso dicasi per quanto riguarda l’obbligo di magazzinaggio del seme nei centri di inseminazione artificiale riconosciuti, unici autorizzati a garantirne la distribuzione agli allevatori. Infatti, se anche gli allevatori dispongono della facoltà di ordinare tramite il centro da cui dipendono uno specifico seme di loro scelta proveniente da un produttore stabilito in un altro Stato membro, l’obbligo di magazzinaggio di tale seme nel centro suddetto, dopo la sua spedizione, è idoneo a ostacolare o a rendere meno allettante la prestazione del servizio di distribuzione da parte di tale produttore.

    (v. punti 61, 64-65)

  3.  Le direttive 77/504, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di razza pura, 87/328, relativa all’ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura, e 91/174, relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che disciplinano la commercializzazione degli animali di razza e che modifica le direttive 77/504 e 90/425, hanno operato un’armonizzazione completa a livello comunitario delle esigenze genealogiche relativamente agli scambi intracomunitari di seme bovino di razza pura.

    Ora, una ragione imperativa di interesse generale non può essere invocata qualora esista un atto comunitario di armonizzazione recante misure necessarie a garantire la protezione del medesimo interesse. Pertanto, l’obiettivo di tutela del patrimonio genetico dei bovini di razza pura mediante prescrizioni genealogiche nazionali non può giustificare ostacoli agli scambi intracomunitari di seme di tali bovini non previsti dalla normativa comunitaria che ha armonizzato il settore in questione.

    (v. punti 73-75)

  4.  Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 43 CE e 49 CE lo Stato membro che riservi il diritto di fornire il servizio di inseminazione artificiale dei bovini a centri di inseminazione artificiale riconosciuti, beneficiari di un’esclusiva geografica, nonché ai titolari di una licenza di inseminatore il cui rilascio è subordinato alla stipula di una convenzione con uno di tali centri.

    È certo legittimo che, al fine di accertarsi dell’idoneità del candidato alle funzioni di inseminatore, uno Stato membro subordini l’esercizio dell’attività di inseminazione al possesso di una licenza. Orbene, trattandosi di una procedura di autorizzazione per l’esercizio di un’attività, lo Stato membro di cui trattasi, nell’applicare le proprie norme nazionali, deve tener conto delle conoscenze e delle qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro Stato membro. Inoltre, un regime di previa autorizzazione amministrativa deve essere fondato, in particolare, su criteri oggettivi, non discriminatori e predeterminati, in modo da fissare dei limiti all’esercizio del potere discrezionale delle autorità idonei a scongiurare un uso arbitrario di quest’ultimo.

    La normativa che subordini il rilascio di una licenza d’inseminatore alla conclusione di una convenzione con un centro di inseminazione artificiale, il quale si trova, sul mercato delle inseminazioni, in potenziale concorrenza con quello stesso operatore di cui è chiamato a verificare le competenze di inseminatore e che, inoltre, rimetta la conclusione di tale convenzione alla discrezionalità dei presidenti di tali centri, i quali non sono obbligati a firmarla neppure se il candidato soddisfa i requisiti di idoneità oggettivi, non discriminatori e predeterminati, anche supponendo la sua idoneità a garantire la realizzazione della tutela della salute degli animali e di quella dell’operatore che procede all’atto di inseminazione, va oltre quanto è necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito.

    (v. punti 91-95, 97, 108 e dispositivo)