Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nel procedimento C‑344/05 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una decisione del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 21 settembre 2005,

Commissione delle Comunità europee , rappresentata dalla sig.ra L. Lozano Palacios e dal sig. H. Kraemer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Joël De Bry, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Woluwe‑St‑Lambert (Belgio), rappresentato dal sig. S. Orlandi, avvocato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen e J. Klučka, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. L. Bay Larsen (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 luglio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 luglio 2005, causa T‑157/04, De Bry/Commissione (non pubblicata in Raccolta; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione della Commissione 26 maggio 2003 (in prosieguo: la «decisione controversa») che rende definitivo il rapporto sull’evoluzione di carriera (in prosieguo: il «REC») del sig. De Bry, dipendente, relativo al periodo compreso tra il 1° luglio 2001 e il 31 dicembre 2002.

Contesto normativo

2. L’art. 26, commi primo e secondo, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») dispone quanto segue:

«Il fascicolo personale del funzionario deve contenere:

a) tutti i documenti relativi alla sua posizione amministrativa e tutti i rapporti concernenti la sua competenza, il suo rendimento e il suo comportamento;

b) le osservazioni formulate dal dipendente in merito ai predetti documenti.

Ogni documento deve essere registrato, numerato e classificato senza discontinuità; l’istituzione non può opporre a un funzionario, né produrre contro di lui documenti di cui alla lettera a) che non gli siano stati comunicati prima dell’inserimento nel fascicolo personale».

3. L’art. 43 dello Statuto enuncia:

«La competenza, il rendimento e il comportamento in servizio di ciascun funzionario, eccettuati quelli di grado A1 e A2, sono oggetto di un rapporto informativo periodico compilato almeno ogni due anni, alle condizioni stabilite da ciascuna istituzione, in conformità delle disposizioni dell’articolo 110.

Tale rapporto viene comunicato al funzionario. Questi ha facoltà di aggiungervi tutte le osservazioni che ritenga utili».

4. L’art. 110, commi primo e secondo, dello Statuto prevede che le disposizioni generali di esecuzione di quest’ultimo sono adottate da ciascuna istituzione, previa consultazione del comitato del personale e previo parere del comitato dello Statuto, e in seguito portate a conoscenza del personale.

5. Il 26 aprile 2002 la Commissione ha adottato una decisione relativa alle disposizioni generali di esecuzione dell’art. 43 dello Statuto (in prosieguo: la «decisione DGE 43»), con la quale ha introdotto un nuovo sistema di valutazione.

6. L’art. 1 della decisione DGE 43 prevede la redazione, ogni anno, di un REC.

7. Gli artt. 7 e 8 disciplinano il procedimento di valutazione. A seguito di un’autovalutazione, effettuata dal dipendente oggetto del rapporto informativo, e di un colloquio tra quest’ultimo e il compilatore, il suo capo unità, il REC è redatto dal compilatore e dall’organo di convalida, superiore gerarchico del primo, i quali lo trasmettono all’interessato. Il dipendente oggetto del rapporto informativo ha quindi il diritto di chiedere un colloquio con l’organo di convalida, il quale ha la facoltà di modificare o confermare il REC. Quest’ultimo viene trasmesso di nuovo all’interessato. Il dipendente oggetto del rapporto informativo può in seguito chiedere all’organo di convalida di adire il comitato paritetico di valutazione (in prosieguo: il «CPV»). Il CPV si accerta che il REC sia stato redatto in maniera corretta, obiettiva e conforme alle consuete norme di valutazione. Esso verifica altresì il corretto svolgimento del procedimento, con particolare riferimento ai colloqui e ai termini, ed emette un parere motivato. Tale parere, notificato al dipendente oggetto del rapporto informativo, al compilatore e all’organo di convalida, è trasmesso al compilatore d’appello, superiore gerarchicamente all’organo di convalida, che conferma o modifica il REC prima di trasmetterlo all’interessato. Qualora il compilatore d’appello si discosti dalle raccomandazioni figuranti nel parere del CPV, è tenuto a motivare la sua decisione.

8. Nel corso del luglio 2002, la Commissione ha pubblicato un documento intitolato «Sistema di valutazione del personale incentrato sull’evoluzione di carriera – Guida» (in prosieguo: la «guida della valutazione»). Secondo tale guida il REC riguarda la competenza, il rendimento e il comportamento in servizio di ciascun dipendente. Le tre rubriche di valutazione in tal modo stabilite sono dotate di griglie distinte cui è rispettivamente assegnato un massimo di sei, dieci e quattro punti.

Fatti all’origine della controversia

9. Il sig. De Bry, dipendente di grado A 5 in servizio presso il Segretariato generale della Commissione, è stato oggetto di un REC datato 18 febbraio 2003, per il periodo compreso tra il 1° luglio 2001 e il 31 dicembre 2002.

10. In applicazione della decisione DGE 43, egli ha chiesto la revisione della sua valutazione. Il 19 marzo 2003 l’organo di convalida ha apportato alcune modifiche ai commenti descrittivi, ma i giudizi attribuiti sono rimasti inalterati.

11. Sotto la rubrica «Comportamento in servizio», è stato aggiunto il seguente commento:

«Il sig. De Bry è sempre disponibile a portare a termine il lavoro facendo ricorso ad ore straordinarie durante la settimana e addirittura nel fine settimana. Tuttavia, tale disponibilità a lavorare oltre il normale orario di servizio si accompagna spesso all’inosservanza dell’orario normale».

12. Il 26 marzo 2003 il sig. De Bry ha chiesto che fosse adito il CPV. Il suo ricorso è stato respinto dalla decisione controversa, adottata dal compilatore d’appello.

13. Il 26 agosto 2003 il sig. De Bry ha presentato un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, che il 6 gennaio 2004 è stato respinto dall’Autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»).

Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

14. Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 22 aprile 2004 il sig. De Bry ha proposto un ricorso volto ad ottenere l’annullamento della decisione controversa.

15. Esso si è basato in sostanza su quattro motivi, relativi rispettivamente a:

– una violazione dell’art. 14 dello Statuto, ai sensi del quale il funzionario che nell’esercizio delle sue funzioni debba esprimere un parere su un affare alla cui trattazione o soluzione abbia un interesse personale tale da compromettere la sua indipendenza è tenuto ad informarne l’APN;

– una violazione dell’obbligo di motivazione;

– un’incoerenza tra alcuni commenti descrittivi e il corrispondente giudizio numerico;

– una violazione dei diritti della difesa.

16. Nell’ambito del quarto motivo egli ha rilevato che la censura relativa all’inosservanza dell’orario di lavoro avrebbe potuto essere riportata nel REC soltanto se il dipendente avesse avuto modo di formulare previamente le proprie osservazioni in merito, il che non si sarebbe verificato nel caso di specie. La pretesa mancanza di puntualità avrebbe dovuto, nel momento in cui si era verificata, formare oggetto di richiami che gli avrebbero consentito di far valere il suo punto di vista.

17. Il Tribunale ha invitato la Commissione a pronunciarsi sull’eventuale rilevanza, per il procedimento di valutazione controverso, dell’art. 26 dello Statuto e della giurisprudenza secondo la quale lo scopo di tale disposizione è quello di assicurare il rispetto dei diritti della difesa del dipendente.

18. La Commissione ha risposto che l’art. 26 dello Statuto presuppone l’esistenza di «documenti» e non impone di crearne, in particolare in forma di avvertimenti scritti diretti al dipendente.

19. Al punto 94 della sentenza impugnata il Tribunale ha accolto il quarto motivo, dichiarando, riguardo alla censura relativa all’orario di lavoro, che la Commissione aveva violato i diritti della difesa garantiti dall’art. 26 dello Statuto.

20. Di conseguenza, ai punti 95 e 96 della stessa sentenza esso ha accolto il terzo motivo in quanto, essendo giudicata illegittima la constatazione di una mancanza di puntualità, la corrispondente censura doveva essere considerata espunta dal REC, di modo che la coerenza tra il giudizio «sufficiente» e i commenti figuranti nella rubrica «Condotta nel servizio» si trovava compromessa in modo non trascurabile.

21. Il Tribunale ha respinto, per il resto, il motivi sollevati dal ricorrente.

22. Infine esso ha annullato la decisione controversa e condannato la Commissione alle spese.

23. Al punto 83 della sentenza impugnata esso ha dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa del dipendente oggetto del rapporto informativo richiede che elementi di fatto quali quelli del caso di specie, per poter essergli opponibili, siano stati registrati in «documenti», ai sensi dell’art. 26, commi primo e secondo, dello Statuto, precedentemente inseriti nel suo fascicolo personale o, quanto meno, precedentemente portati a sua conoscenza.

24. Al punto 86 della stessa sentenza il Tribunale ha considerato che il dipendente, a meno di non veder violati i diritti della difesa ad esso garantiti dall’art. 26 dello Statuto, avrebbe dovuto, mediante un avvertimento scritto, essere messo di fronte alla constatazione della sua mancanza di puntualità, e ciò in tempo utile, vale a dire entro un termine ragionevole a partire dal fatto censurato, per consentirgli di difendere utilmente i propri interessi, contestando tale censura o tenendone conto per migliorare il proprio comportamento in servizio, anche solo al fine di ottenere un buon giudizio.

25. Il Tribunale ha peraltro considerato, al punto 91 della sentenza impugnata, che il punto 3.1 della guida della valutazione che la Commissione si sarebbe essa stessa imposta quale regola di condotta, invita i compilatori a raccogliere, per l’intero periodo di valutazione, esempi di lavori e a conservarne copia o a redigere note. Allo stesso punto della sentenza impugnata esso ha rilevato che, ai sensi del punto 3.2 della guida della valutazione, il riscontro deve riferirsi ad elementi precisi del comportamento e intervenire il più rapidamente possibile dopo un lavoro.

Le conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

26. La Commissione chiede che la Corte voglia:

– annullare la sentenza impugnata;

– decidere essa stessa la controversia, accogliere le conclusioni presentate dalla stessa in primo grado e, pertanto, respingere il ricorso;

– in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

– condannare il sig. De Bry alle spese, comprese le proprie spese nel procedimento dinanzi al Tribunale.

27. Il sig. De Bry chiede che la Corte voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la Commissione alle spese.

Sul ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado

28. La ricorrente solleva un unico motivo di annullamento, suddiviso in due parti, relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’applicare, da un lato, il principio del rispetto dei diritti della difesa e, dall’altro, l’art. 26, secondo comma, dello Statuto.

Argomenti delle parti

29. Nell’ambito della prima parte del suo motivo la Commissione sostiene che il Tribunale ha travisato la portata del principio generale del rispetto dei diritti della difesa.

30. Tali diritti si eserciterebbero unicamente nell’ambito dello stesso procedimento che può sfociare nell’adozione di un atto pregiudizievole.

31. Essi non implicherebbero un obbligo, a carico dell’autore di un atto pregiudizievole, di rivolgere alla persona considerata un avvertimento precedente l’avvio di un procedimento.

32. Nell’ambito della seconda parte del suo motivo, la Commissione afferma che dall’art. 26, secondo comma, dello Statuto, non consegue l’obbligo, sancito dal Tribunale, di comunicare per iscritto un elemento di fatto che può essere addebitato al dipendente.

33. Quest’ultima disposizione presupporrebbe l’esistenza di «documenti», ai sensi del primo comma, lett. a), di questo stesso articolo. Essa non imporrebbe l’obbligo di creare siffatti documenti.

34. Il sig. De Bry rileva che l’art. 26 dello Statuto è volto a garantire il rispetto dei diritti della difesa del dipendente. Tale articolo avrebbe lo scopo di evitare che decisioni dell’APN che incidono sulla situazione amministrativa e sulla carriera del dipendente oggetto del rapporto informativo siano fondate su elementi di fatto concernenti il suo comportamento che non sarebbero stati inseriti nel suo fascicolo personale né comunicati all’interessato.

35. Il Tribunale avrebbe dunque giustamente, in conformità a una giurisprudenza costante, annullato la decisione controversa.

36. Il sig. De Bry aggiunge che il Tribunale doveva effettivamente verificare se la Commissione avesse applicato, nel redigere il REC, le nuove direttive interne risultanti in particolare dal punto 3.1 della guida della valutazione, al cui rispetto essa sarebbe stata tenuta.

Giudizio della Corte

37. Secondo una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento a carico di una persona e che possa concludersi con un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale di diritto comunitario e dev’essere garantito anche se non vi è una normativa specifica riguardante il procedimento di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27, e 5 ottobre 2000, causa C‑288/96, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 99).

38. Tale principio esige che la persona interessata sia stata posta in grado di manifestare efficacemente il proprio punto di vista riguardo agli elementi che potrebbero esserle addebitati nell’atto che interverrà (v., in tal senso, sentenze Belgio/Commissione, cit., punto 27 alla fine, e 3 ottobre 2000, causa C‑458/98 P, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, Racc. pag. I‑8147, punto 99).

39. Tuttavia, quale garanzia procedurale, il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa non può essere interpretato, nell’ambito della valutazione del personale delle Comunità europee, nel senso che esso impone, anteriormente al procedimento volto a siffatta valutazione, un obbligo di previo avvertimento.

40. Su tale constatazione non incide l’art. 26, commi primo e secondo, dello Statuto, per il fatto che esso subordina l’opponibilità al dipendente dei rapporti riguardanti la sua competenza, il suo rendimento o il suo comportamento alla loro comunicazione all’interessato prima dell’inserimento nel suo fascicolo personale.

41. Infatti le disposizioni corrispondenti, il cui scopo è quello di garantire il diritto della difesa del dipendente (v., in particolare, sentenze 28 giugno 1972, causa 88/71, Brasseur/Parlamento, Racc. pag. 499, punto 11, e 12 febbraio 1987, causa 233/85, Bonino/Commissione, Racc. pag. 739, punto 11), riguardano i documenti già esistenti. Esse ostano a che, nel corso del procedimento di valutazione, siffatti documenti vengano prodotti contro il dipendente oggetto del rapporto informativo senza essergli stati comunicati prima dell’inserimento nel suo fascicolo personale. Esse non impongono la stesura preventiva di documenti che formalizzino ogni allegazione di fatti addebitati all’interessato.

42. Non più del principio fondamentale stesso, l’art. 26 dello Statuto non impone quindi un obbligo di avvertimento preventivo.

43. Il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa deve consentire all’interessato, nel corso del procedimento di valutazione, di difendersi dall’allegazione di fatti che possono essere posti a suo carico. Tale obiettivo viene realizzato, in particolare, dall’art. 26, commi primo e secondo, dello Statuto, nonché dalla decisione DGE 43, le cui disposizioni assicurano il rispetto del contraddittorio nel corso di tutto il detto procedimento, come risulta dal punto 7 della presente sentenza.

44. Il ruolo del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa non è quello di consentire, altresì, al dipendente di modificare in futuro il suo comportamento per evitare che fatti accertati gli vengano effettivamente addebitati. Come l’avvocato generale ha sottolineato nei paragrafi 53 e 54 delle sue conclusioni, il miglioramento del comportamento in servizio costituisce un obiettivo che travalica l’ambito di applicazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, poiché un siffatto obiettivo in realtà si persegue con lo stesso rapporto informativo.

45. Pertanto, assumendo, ai punti 83 e 86 della sentenza impugnata, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa garantiti dall’art. 26 dello Statuto dovuta alla mancanza di un previo avvertimento scritto, il Tribunale ha travisato sia il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, sia il detto art. 26 dello Statuto.

46. Tale conclusione non è compromessa dalla motivazione contenuta al punto 91 della sentenza impugnata, relativa alla guida della valutazione, che la Commissione si sarebbe imposta, secondo il Tribunale, come regola di condotta.

47. Infatti, anche se il capitolo 3 della guida della valutazione insiste su «riscontri costruttivi (…) forniti regolarmente e nei tempi opportuni», con riferimento «ad elementi precisi del comportamento», «il più rapidamente possibile dopo un lavoro», e invita i compilatori «a raccogliere esempi di lavori (…), a conservarne copia o a redigere note», esso enuncia altresì che i riscontri sono assicurati «mediante, ad esempio, valutazioni formali o informali e un dialogo individuale». Esso non impone affatto, pertanto, la redazione sistematica di un avvertimento scritto per ogni fatto che può essere oggetto di censura.

48. Si deve infine constatare che, a causa degli errori di diritto commessi nell’interpretazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa e dell’art. 26 dello Statuto, il Tribunale, ai punti 95 e 96 della sentenza impugnata, ha in seguito indebitamente dedotto l’esistenza di un’incoerenza del contenuto del REC, quindi accolto il terzo motivo sollevato dinanzi ad esso (v. punto 20 della presente sentenza).

49. Risulta da quanto precede che la sentenza impugnata dev’essere annullata nella parte in cui essa ha annullato la decisione controversa per violazione dei diritti della difesa garantiti dall’art. 26 dello Statuto e, di conseguenza, per incoerenza tra alcuni commenti descrittivi e il giudizio numerico corrispondente, con riferimento alla censura dell’inosservanza dell’orario di lavoro.

Sulle conseguenze dell’annullamento della sentenza impugnata

50. Ai sensi dell’art. 61, primo comma, dello statuto della Corte di giustizia, quando la Corte annulla la decisione del Tribunale, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

51. Tale disposizione dev’essere applicata nel caso di specie in quanto la controversia può essere effettivamente decisa.

Sul motivo relativo ad una violazione dei diritti della difesa

52. Per i motivi esposti ai punti 37‑44 della presente sentenza, né il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, né l’art. 26, commi primo e secondo, dello Statuto subordinano la possibilità di allegare un fatto a carico nel REC di un dipendente alla stesura, prima del procedimento che conduce all’adozione di tale rapporto, di un avvertimento scritto nonché alla comunicazione di quest’ultimo all’interessato.

53. Il ricorrente non può pertanto accusare la Commissione di aver inserito nel REC controverso la censura dell’inosservanza dell’orario di lavoro senza avergli inviato richiami precedentemente al procedimento di valutazione.

54. Il motivo relativo ad una violazione dei diritti della difesa dev’essere conseguentemente respinto.

Sul motivo relativo ad un’incoerenza tra alcuni commenti descrittivi e la valutazione numerica corrispondente, riguardo alla censura dell’inosservanza dell’orario di lavoro

55. Poiché la constatazione di una mancanza di puntualità non è stata dichiarata illegittima, la censura basata su tale constatazione dev’essere considerata legittimamente inserita nel testo del REC.

56. Pertanto la coerenza tra il giudizio «sufficiente» e i commenti figuranti nella rubrica «Comportamento in servizio» non è compromessa.

57. Pertanto il motivo relativo ad un’incoerenza tra alcuni commenti descrittivi e il giudizio numerico corrispondente dev’essere altresì respinto con riferimento alla censura dell’inosservanza dell’orario di lavoro.

58. Da quanto precede risulta che il ricorso dev’essere respinto.

Sulle spese

59. L’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura stabilisce che quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai termini dell’art. 69, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, applicabile altresì al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 70 del regolamento di procedura, altresì applicabile ai sensi dell’art. 122, secondo comma, di tale regolamento alle impugnazioni proposte dalle istituzioni nelle cause fra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico.

60. Nel caso di specie il sig. De Bry è rimasto soccombente e la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese. In applicazione delle predette disposizioni del regolamento di procedura si deve decidere che ciascuna parte sopporterà le proprie spese relative al presente procedimento e quelle che ha sostenuto nell’ambito del procedimento di primo grado.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 luglio 2005, causa T‑157/04, De Bry/Commissione, è annullata nella parte in cui essa ha annullato la decisione della Commissione del 26 maggio 2003 che rende definitivo il rapporto sull’evoluzione di carriera del sig. De Bry relativo al periodo compreso tra il 1° luglio 2001 e il 31 dicembre 2002, per violazione dei diritti della difesa garantiti dall’art. 26 dello Statuto del personale delle Comunità europee e, di conseguenza, per incoerenza tra alcuni commenti descrittivi e il giudizio numerico corrispondente, con riferimento alla censura dell’inosservanza dell’orario di lavoro.

2) Il ricorso è respinto.

3) Ciascuna parte sopporta le proprie spese relative al presente procedimento e quelle che ha sostenuto nell’ambito del procedimento di primo grado.