Parole chiave
Massima

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Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Detrazione dell’imposta pagata a monte

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 13, parte A, n. 1, lett.  e), e 17, n. 3, lett.  b))

Massima

Operazioni quali la fabbricazione e la riparazione di protesi dentarie, esenti dall’imposta sul valore aggiunto all’interno di uno Stato membro per effetto dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. e), della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, nel testo risultante dalle direttive 91/680 e 92/111, non consentono il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto versata a monte ai sensi dell’art. 17, n. 3, lett. b), della direttiva medesima, ancorché costituiscano operazioni intracomunitarie, a prescindere dal regime di imposta sul valore aggiunto applicabile nello Stato membro di destinazione.

Tale interpretazione, dedotta dal tenore letterale stesso della sesta direttiva, trova conferma sia negli obiettivi da questa perseguiti sia nella sua ratio e nel principio di neutralità fiscale.

Infatti, in primo luogo, dalla finalità del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto e del regime transitorio istituito dalla direttiva 91/680 ai fini della tassazione degli scambi tra gli Stati membri emerge che un soggetto passivo, che benefici di un’esenzione e che, conseguentemente, non abbia diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte all’interno di uno Stato membro, non può nemmeno godere di tale diritto quando l’operazione interessata rivesta carattere intracomunitario.

In secondo luogo, le esenzioni previste dall’art. 13, parte A, della sesta direttiva, essendo disposte unicamente a favore di talune attività di interesse generale elencate e descritte dettagliatamente nella disposizione medesima, rivestono natura specifica, mentre l’esenzione a favore delle operazioni di natura intracomunitaria riveste natura generale, riguardando in modo indeterminato le operazioni economiche fra gli Stati membri. Ciò premesso, risponde alla ratio della sesta direttiva il fatto che il regime applicabile alle esenzioni specifiche previste dall’art. 13, parte A, di tale direttiva prevalga su quello applicabile alle esenzioni generali previste dalla direttiva stessa riguardo alle operazioni di natura intracomunitaria.

In terzo luogo, il principio di neutralità fiscale osta, in particolare, a che prestazioni analoghe, che si trovino quindi in concorrenza tra di loro, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’imposta sul valore aggiunto. Orbene, se le operazioni esenti in forza dell’art. 13, parte A, lett. e), della sesta direttiva consentissero il diritto alla detrazione dell’imposta quando rivestano carattere intracomunitario, il detto principio non risulterebbe rispettato, in quanto le stesse operazioni, qualora siano compiute all’interno di uno Stato membro, non danno luogo, di per se stesse, a detrazione.

A tale riguardo è irrilevante il fatto che lo Stato membro di destinazione applichi il regime transitorio previsto dall’art. 28, n. 3, lett. a), della sesta direttiva, in combinato disposto con il punto 2 dell’allegato E della direttiva medesima, regime che consente a tale Stato di continuare a tassare le operazioni di cui trattasi. Infatti, la tassazione consentita da tale disposizione non costituisce una tassazione armonizzata, che faccia parte integrante del regime dell’imposta sul valore aggiunto quale istituito dalla sesta direttiva per talune attività di interesse generale, bensì una tassazione autorizzata unicamente per un periodo transitorio. Tale regime eccezionale deve costituire oggetto di interpretazione restrittiva e non può essere esteso pertanto agli Stati membri che si siano informati al principio accolto dalla sesta direttiva, esentando talune attività di interesse generale elencate dall’art. 13 della direttiva medesima.

(v. punti 38, 41, 43-44, 46-48, 52, 54, 58 e dispositivo)