Causa C-184/05

Twoh International BV

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Sesta direttiva IVA — Art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma — Cessioni intracomunitarie — Esenzione — Assenza di obbligo per l’amministrazione tributaria di raccogliere prove — Direttiva 77/799/CEE — Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette — Regolamento (CEE) n. 218/92 — Cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate l’11 gennaio 2007 

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 27 settembre 2007 

Massime della sentenza

Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 95/7, letto in combinato disposto con la direttiva 77/799, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, come modificata dalla direttiva 92/12, e con il regolamento n. 218/92, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette, dev’essere interpretato nel senso che le autorità tributarie dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto di beni nell’ambito di una cessione intracomunitaria non sono tenute a chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro di destinazione indicato dal fornitore.

In primo luogo, dal primo e dal secondo ‘considerando’ della direttiva sulla reciproca assistenza nonché dal terzo ‘considerando’ del regolamento sulla cooperazione amministrativa emerge che tali disposizioni miravano a combattere la frode e l’evasione fiscale ed a consentire agli Stati membri il corretto accertamento dell’importo dell’imposta da prelevare. In secondo luogo, dal titolo della direttiva sulla reciproca assistenza e del regolamento sulla cooperazione amministrativa risulta che essi sono stati adottati allo scopo di disciplinare la collaborazione tra le autorità tributarie degli Stati membri. Quindi, tali atti non conferiscono alcun diritto ai singoli, salvo quello di ottenere conferma della validità del «numero di identificazione IVA di una determinata persona», conformemente all’art. 6, n. 4, del regolamento sulla cooperazione amministrativa. Inoltre i suddetti atti comunitari prevedono anche limiti alla collaborazione tra gli Stati membri, poiché le autorità dello Stato richiesto non sono tenute a fornire le informazioni richieste in qualsiasi circostanza. Ne consegue che la direttiva sulla reciproca assistenza e il regolamento sulla cooperazione amministrativa non sono stati adottati al fine di istituire un sistema di scambi di informazioni tra le amministrazioni tributarie degli Stati membri che permetta a questi ultimi di provare il carattere intracomunitario delle cessioni effettuate da un soggetto passivo il quale non sia in grado di fornire esso stesso le prove necessarie a tal fine.

(v. punti 30-31, 33-34, 38 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 settembre 2007 (*)

«Sesta direttiva IVA – Art. 28 quater, parte A, lett. a),primo comma – Cessione intracomunitaria di beni – Esenzione – Assenza di un obbligo di raccogliere prove a carico dell’amministrazione finanziaria – Direttiva 77/799/CEE – Reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette – Regolamento (CEE) n. 218/92 – Cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette»

Nel procedimento C-184/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) con ordinanza 22 aprile 2005, pervenuta in cancelleria il 25 aprile 2005, nella causa tra

Twoh International BV

e

Staatssecretaris van Financiën,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, J. Malenovský, U. Lõhmus (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 giugno 2006,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Twoh International BV, dall’avv. J.H. Sassen, advocaat;

–       per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re H.G. Sevenster e M. de Mol nonché dal sig. P. van Ginneken, in qualità di agenti;

–       per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra C. Jurgensen-Mercier, in qualità di agenti;

–       per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dai sigg. E. Fitzsimons, SC, e B. Conway, BL;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato;

–       per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

–       per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra C. Lança, in qualità di agenti;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. R. Lyal e A. Weimar, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto, base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE (GU L 102, pag. 18; in prosieguo: la «sesta direttiva»), letto in combinato disposto con la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette (GU L 336, pag. 15), come modificata dalla direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE (GU L 76, pag. 1, in prosieguo: la «direttiva sulla reciproca assistenza»), e col regolamento (CEE) del Consiglio 27 gennaio 1992, n. 218, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA) (GU L 24, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento sulla cooperazione amministrativa»).

2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Twoh International BV (in prosieguo: la «Twoh») e lo Staatssecretaris van Financiën (segretario di Stato alle Finanze) a proposito di un accertamento di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») cui tale società è stata assoggettata per il 1996 in seguito a cessioni intracomunitarie di beni.

 Contesto normativo

 Normativa comunitaria

 La sesta direttiva

3       Conformemente all’art. 2 della sesta direttiva, sono soggette all’IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, nonché le importazioni di beni.

4       Ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:

a)      le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5 (…), spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni».

 La direttiva sulla reciproca assistenza

5       L’art. 1, n. 1, della direttiva sulla reciproca assistenza dispone:

«Le competenti autorità degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio nonché ogni informazione relativa alla determinazione delle seguenti imposte indirette:

–       imposte sul valore aggiunto;

(...)».

6       L’art. 2, n. 1, della direttiva sulla reciproca assistenza prevede:

«L’autorità competente di uno Stato membro può chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicargli le informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per quanto concerne un caso specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta.

 Il regolamento sulla cooperazione amministrativa

7       A norma dell’art. 4, n. 3, del regolamento sulla cooperazione amministrativa:

«In base alle informazioni ottenute conformemente al paragrafo 1 e ogniqualvolta lo ritenga necessario per controllare acquisizioni intracomunitarie di beni, ma unicamente per combattere la frode fiscale, l’autorità competente di uno Stato membro ottiene automaticamente e senza indugio le informazioni seguenti alle quali essa può anche accedere direttamente:

–       i numeri di identificazione IVA delle persone che hanno effettuato le forniture di cui al paragrafo 2, secondo trattino, nonché

–       il valore totale delle suddette forniture fatte da ciascuna persona a ciascuna persona interessata titolare di un numero di identificazione IVA di cui al paragrafo 2, primo trattino; i valori sono espressi nella moneta dello Stato membro che dà l’informazione e si riferiscono a trimestri dell’anno civile».

8       L’art 5 del regolamento sulla cooperazione amministrativa recita come segue:

«1.      Qualora le informazioni fornite a norma dell’articolo 4 siano insufficienti, l’autorità competente di uno Stato membro può, in qualsiasi momento e per casi specifici, richiedere ulteriori informazioni. L’autorità interpellata fornisce le informazioni il più presto possibile e comunque entro un termine che non superi tre mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta.

2.      Nel caso di cui al paragrafo 1 l’autorità interpellata comunica all’autorità richiedente almeno i numeri, le date e gli importi delle fatture relative a determinate transazioni effettuate tra persone negli Stati membri interessati».

9       L’art 6, n. 4, del regolamento sulla cooperazione amministrativa dispone:

«L’autorità competente di ciascuno Stato membro ha cura che le persone interessate a forniture intracomunitarie di beni o a prestazioni intracomunitarie di servizi possano ottenere conferma della validità di un numero di identificazione IVA di una determinata persona».

10     Gli scambi di informazioni sono disciplinati al titolo III del regolamento sulla cooperazione amministrativa, il cui art. 7, n. 1, primo comma, recita come segue:

«1.      L’autorità interpellata di uno Stato membro fornisce all’autorità richiedente di un altro Stato membro le informazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 2 alle seguenti condizioni:

–       il numero e il tipo di richieste di informazione presentate in un determinato periodo di tempo da detta autorità richiedente non devono imporre a detta autorità interpellata un onere amministrativo eccessivo;

–       detta autorità richiedente deve aver esaurito le fonti di informazione consuete, che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere l’informazione richiesta senza correre il rischio di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo voluto;

–       detta autorità richiedente deve chiedere assistenza soltanto se è in grado di fornire un’assistenza analoga all’autorità richiedente di un altro Stato membro».

 Normativa nazionale

11     Ai sensi dell’art. 9, n. 2, lett. b, della legge 28 giugno 1968 relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Wet op de omzetbelasting 1968) (Staatsblad 1968, n. 329), nella versione applicabile alla causa principale (in prosieguo: la «legge del 1968»), l’imposta relativa alle cessioni di beni e servizi, di cui alla tabella II allegata a tale stessa legge, è pari a zero qualora siano osservate le condizioni stabilite con un provvedimento amministrativo di carattere generale.

12     La rubrica 6, lett. a), della suddetta tabella II prevede che sono tassati con l’aliquota zero «i beni trasportati verso un altro Stato membro quando tali beni sono ivi sottoposti alla riscossione di un’imposta sull’acquisto intracomunitario dei medesimi».

13     L’art. 12, n. 1, del decreto di attuazione della legge del 1968 (Uitvoeringsbesluit omzetbelasting 1968) dispone:

«Il diritto all’applicazione dell’aliquota zero alle cessioni di cui alla tabella II allegata alla legge [del 1968] sorge solo qualora consti dai documenti giustificativi che tale aliquota è idonea ad essere applicata».

14     L’art 4, n. 3, del decreto del segretario di Stato alle Finanze relativo alla tassazione delle cessioni intracomunitarie (Besluit van de Staatssecretaris van Financiën), del 20 giugno 1995, prevede:

«Laddove le merci siano fornite ad un acquirente straniero “franco fabbrica”o “franco magazzino” (operazioni con ritiro della merce), il carattere intracomunitario della cessione non potrà risultare da una lettera di vettura o dalla propria documentazione di trasporto del fornitore stesso.

Nondimeno sono ipotizzabili circostanze in cui il fornitore, anche in tale situazione, possa essere convinto del fatto che il cliente straniero trasporterà le merci verso un altro Stato membro. Oltre ai documenti redatti e ai dati presentati a fini amministrativi, deve parimenti trattarsi, in tal caso, di un cliente regolare, a meno che il fornitore non sia a conoscenza del fatto che le cessioni intracomunitarie da esso effettuate a tale cliente hanno comportato problemi, cliente che ha del resto rilasciato la dichiarazione menzionata in prosieguo.

Tale dichiarazione scritta, che dev’essere sottoscritta da colui che riceve in consegna le merci, dovrà indicare almeno il nome del cliente e, qualora il cliente non prenda personalmente in consegna le merci, il nome della persona che si incarica di prenderle in consegna a nome del cliente, il numero di immatricolazione del veicolo con cui le merci saranno trasportate, il numero della fattura in cui sono specificate le merci cedute, il luogo in cui le merci saranno trasportate, nonché l’impegno del cliente a fornire qualsivoglia ulteriore informazione sulla destinazione delle merci su domanda delle autorità tributarie. In allegato è contenuto un facsimile di dichiarazione.

Nel caso di transazioni con ritiro delle merci non riguardanti un cliente regolare e pagate in contanti, laddove il fornitore non disponga di alcun documento corroborante il carattere intracomunitario della cessione, vale a dire quando da nessun altro documento, a parte la fattura rilasciata a nome del cliente straniero (recante il numero di identificazione IVA del cliente), emerga il carattere intracomunitario della cessione, il fornitore non potrà senz’altro giustificare il diritto all’applicazione dell’aliquota zero. In tali circostanze il fornitore potrà evitare il rischio di un accertamento di imposta addebitando all’acquirente l’IVA olandese. L’acquirente, quando trasporta le merci in un altro Stato membro, dovrà farne dichiarazione all’amministrazione finanziaria olandese. In tale dichiarazione egli potrà detrarre l’IVA olandese fatturata».

 Fatti della causa principale e questione pregiudiziale

15     Nel corso del 1996 la Twoh, società stabilita nei Paesi Bassi, forniva parti di computer a imprese aventi sede in Italia. Nei contratti di vendita le parti avevano convenuto di ricorrere al modo di cessione secondo la clausola commerciale «franco fabbrica» («ex-works» o EXW) rientrante nelle clausole del commercio internazionale (clausole cosiddette «Incoterms 2000») redatte dalla Camera di commercio internazionale. L’impiego di tale clausola significava che la Twoh era tenuta unicamente a mettere i beni a disposizione degli acquirenti in un deposito situato nei Paesi Bassi, incombendo agli acquirenti stessi la responsabilità del trasporto verso l’Italia.

16     Alla Twoh non veniva indirizzata da parte dei suoi clienti italiani alcuna dichiarazione relativa a tali cessioni, come quella richiesta dalla legislazione tributaria olandese e destinata a provare il carattere intracomunitario delle cessioni di beni al fine di esentarli dall’IVA nei Paesi Bassi. La Twoh continuava tuttavia a ritenere che le cessioni da essa effettuate costituissero cessioni intracomunitarie cui fosse applicabile l’aliquota zero dell’IVA. Conseguentemente essa emetteva fatture non includenti l’importo dell’IVA e pertanto non assolveva quest’ultima su tali cessioni.

17     In seguito ad un’inchiesta contabile, l’amministrazione finanziaria olandese riteneva non dimostrato che le merci fossero state trasportate o spedite verso un altro Stato membro e, quindi, illegittimo il mancato versamento dell’IVA. Di conseguenza, essa notificava alla Twoh un accertamento IVA, per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 1996, di un importo di NLG 1 466 629 per la sola imposta dovuta, con una maggiorazione pari al 100% di tale importo.

18     La Twoh proponeva un reclamo contro tale accertamento IVA. Nell’ambito di tale procedimento essa richiedeva espressamente all’amministrazione finanziaria olandese di raccogliere informazioni idonee a provare il carattere intracomunitario delle suddette cessioni presso la competente autorità italiana a norma della direttiva sulla reciproca assistenza e del regolamento sulla cooperazione amministrativa. La suddetta amministrazione decideva di non dar seguito a tale domanda e di mantenere l’accertamento IVA.

19     La Twoh proponeva un ricorso avverso tale decisione dinanzi al Gerechtshof te Arnhem, il quale, in seguito alla produzione da parte della ricorrente di talune prove concernenti le cessioni in parola, l’annullava per quanto riguarda tre cessioni e riduceva l’importo dell’imposta accertata. Il suddetto giudice considerava tuttavia che l’amministrazione finanziaria olandese non fosse tenuta a chiedere alla competente autorità italiana di effettuare un’inchiesta nello Stato membro di destinazione al fine di verificare se le merci in questione fossero state effettivamente trasportate in quest’ultimo. Avverso la sentenza del Gerechtshof te Arnhem la Twoh ha interposto ricorso in cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden.

20     Lo Hoge Raad der Nederlanden, ritenendo che la controversia sottopostagli sollevi una questione di interpretazione del diritto comunitario concernente la prova della spedizione o del trasporto dei beni, ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 28 quater, parte A, initio e lett. a), della sesta direttiva, letto in combinato disposto con la direttiva [77/799] e col regolamento [n. 218/92], debba essere interpretato nel senso che, qualora non siano spontaneamente fornite dallo Stato membro di arrivo informazioni da considerare rilevanti, lo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto delle merci deve richiedere informazioni al presunto Stato membro di arrivo delle merci e deve utilizzare i risultati ottenuti nell’esame delle prove della spedizione o del trasporto delle merci».

 Sulla questione pregiudiziale

21     Con la questione pregiudiziale il giudice nazionale chiede, in sostanza, se l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, letto in combinato disposto con la direttiva sulla reciproca assistenza e il regolamento sulla cooperazione amministrativa, vada interpretato nel senso che le autorità tributarie dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto di beni nell’ambito intracomunitario sono tenute a chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro di destinazione invocato dal fornitore e ad utilizzarle per determinare se i beni siano stati effettivamente oggetto di una cessione intracomunitaria.

22     Va preliminarmente ricordato che, nell’ambito del regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario istituito dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1), la tassazione degli scambi fra Stati membri si basa sul principio dell’attribuzione del gettito fiscale allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale. Ogni acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto intracomunitario di beni ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), primo comma, della sesta direttiva comporta come corollario una cessione esente da IVA nello Stato membro di partenza di tale spedizione o trasporto, ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della medesima direttiva (v. sentenza 6 aprile 2006, causa C‑245/04, EMAG Handel Eder, Racc. pag. I‑3227, punto 29, e sentenza 27 settembre 2007, causa C‑409/04, Teleos e a., Racc., pag. I-7797, punti 22 e 24).

23     Quanto ai requisiti in presenza dei quali si applica l’esenzione della cessione intracomunitaria di un bene ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, occorre rilevare che, al punto 42 della citata sentenza Teleos e a., la Corte ha già avuto modo di dichiarare che è necessario a tal fine che il diritto di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente e che il fornitore abbia provato che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.

24     La Corte ha dichiarato anche, al punto 44 della citata sentenza Teleos e a., che, successivamente all’abolizione del controllo alle frontiere fra gli Stati membri, le autorità tributarie verificano se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione, principalmente in base alle prove fornite dai soggetti passivi ed alle dichiarazioni di questi ultimi.

25     Per quanto concerne le prove che i soggetti sono tenuti a fornire, occorre constatare che nessuna disposizione della sesta direttiva verte direttamente sulla questione. Tale direttiva si limita a disporre all’art. 28 quater, parte A, prima parte del periodo, che spetta agli Stati membri fissare le condizioni per esentare le cessioni intracomunitarie di beni. Tuttavia va ricordato che, nell’esercizio dei poteri che le direttive comunitarie conferiscono agli Stati membri, questi devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico comunitario, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 1997, cause riunite C‑286/94, C‑340/95, C‑401/95 e C‑47/96, Molenheide e a., Racc. pag. I‑7281, punto 48, e sentenza 11 maggio 2006, causa C‑384/04, Federation of Technological Industries e a., Racc. pag. I‑4191, punti 29 e 30).

26     Occorre considerare al riguardo che, come fondatamente ha fatto valere la Commissione delle Comunità europee, il principio secondo cui l’onere della prova del diritto di fruire di una deroga o di un’esenzione fiscale spetta a colui che chiede di fruire di un diritto siffatto si colloca nei limiti imposti dal diritto comunitario. Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, spetta al fornitore di beni produrre la prova che siano soddisfatte le condizioni per l’esenzione richiamate al punto 23 della presente sentenza.

27     Va rilevato in tale contesto che, al punto 50 della citata sentenza Teleos e a., la Corte ha dichiarato che sarebbe contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale abbia stabilito i requisiti ai fini dell’esenzione di una cessione intracomunitaria, fissando in particolare un elenco di documenti da presentare alle autorità competenti, ed abbia accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore quali prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare tale fornitore ad assolvere l’IVA relativa a tale cessione qualora consti che, in ragione di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non aveva e non poteva aver conoscenza, i beni in questione non hanno in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione.

28     È certamente vero che, diversamente dalla causa all’origine della citata sentenza Teleos e a., l’ordinanza di rinvio non fornisce alcuna precisazione in ordine alla buona fede della Twoh e non permette di sapere se il cliente di quest’ultima abbia commesso una frode. Ciò che rileva nel caso di specie è il fatto che la Twoh, non essendo in grado di fornire le prove necessarie ad accertare che i beni sono stati effettivamente trasportati nello Stato membro di destinazione, ha chiesto all’amministrazione finanziaria olandese di raccogliere informazioni idonee a dimostrare il carattere intracomunitario delle sue cessioni presso l’autorità competente di quest’ultimo Stato membro in forza della direttiva sulla reciproca assistenza e del regolamento sulla cooperazione amministrativa. La questione che sorge è, quindi, se tale amministrazione fosse tenuta ad accogliere una richiesta siffatta.

29     La risposta a tale questione può essere dedotta dalla finalità e dal contenuto della direttiva sulla reciproca assistenza nonché dal regolamento sulla cooperazione amministrativa.

30     In primo luogo, per quanto attiene alla finalità di tali due atti comunitari, occorre constatare che dal primo e dal secondo ‘considerando’ della direttiva sulla reciproca assistenza nonché dal terzo ‘considerando’ del regolamento sulla cooperazione amministrativa emerge che tali disposizioni miravano a combattere la frode e l’evasione fiscale ed a consentire agli Stati membri il corretto accertamento dell’importo dell’imposta da prelevare [v., per analogia, sentenza 13 aprile 2000, causa C‑420/98, W. N., Racc. pag. I‑2847, punti 15 e 22, nonché, quanto al regolamento (CE) del Consiglio 7 ottobre 2003, n. 1798, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento n. 218/92 (GU L 264, pag. 1), sentenza 26 gennaio 2006, C‑533/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑1025, punti 49 e 52].

31     In secondo luogo, per quanto riguarda il contenuto dei suddetti atti comunitari, dal titolo della direttiva sulla reciproca assistenza e del regolamento sulla cooperazione amministrativa risulta che essi sono stati adottati allo scopo di disciplinare la collaborazione tra le autorità tributarie degli Stati membri. Come fondatamente rilevano sia la Commissione sia l’avvocato generale al paragrafo 23 delle sue conclusioni, tali atti normativi non conferiscono alcun diritto ai singoli, salvo quello di ottenere conferma della validità del «numero di identificazione IVA di una determinata persona», conformemente all’art. 6, n. 4, del regolamento sulla cooperazione amministrativa.

32     Infatti la direttiva sulla reciproca assistenza prevede, al fine di prevenire la frode fiscale, la facoltà per le amministrazioni finanziarie nazionali di chiedere informazioni che esse stesse non possono ottenere. Così il fatto che, sia all’art. 2, n. 1, di questa stessa direttiva sia all’art. 5, n. 1, del regolamento sulla cooperazione amministrativa, il legislatore comunitario abbia impiegato il termine «può» evidenzia che, se le suddette amministrazioni hanno certo la possibilità di chiedere informazioni alla competente autorità di un altro Stato membro, una domanda siffatta non costituisce affatto un obbligo. Spetta a ciascuno Stato membro valutare i casi specifici in cui fanno difetto le informazioni concernenti le transazioni effettuate dai soggetti passivi stabiliti sul suo territorio o decidere se tali casi giustifichino la presentazione di una richiesta di informazioni ad un altro Stato membro.

33     Inoltre i suddetti atti comunitari prevedono anche limiti alla collaborazione tra gli Stati membri, poiché le autorità dello Stato richiesto non sono tenute a fornire le informazioni richieste in qualsiasi circostanza. Infatti l’art. 7, n. 1, primo comma, primo trattino, del regolamento sulla cooperazione amministrativa prevede che il numero e il tipo di richieste di informazione presentate in un determinato periodo di tempo non devono imporre alle suddette autorità un onere amministrativo eccessivo. Inoltre il secondo trattino della stessa disposizione nonché l’art. 2, n. 1 della direttiva sulla reciproca assistenza dispongono che queste ultime non sono tenute a fornire informazioni se risulta che la competente autorità dello Stato richiedente non ha esaurito le proprie abituali fonti di informazione.

34     Ne consegue che la direttiva sulla reciproca assistenza ed il regolamento sulla cooperazione amministrativa non sono stati adottati al fine di istituire un sistema di scambi di informazioni tra le amministrazioni tributarie degli Stati membri che permetta a questi ultimi di provare il carattere intracomunitario delle cessioni effettuate da un soggetto passivo il quale non sia in grado di fornire esso stesso le prove necessarie a tal fine.

35     Tale constatazione è avvalorata anche dalla giurisprudenza della Corte concernente la reciproca assistenza delle autorità competenti nel settore delle imposte dirette, trasponibile in via analogica ad una fattispecie come quella della causa principale. Secondo tale giurisprudenza, la direttiva sulla reciproca assistenza può essere invocata da uno Stato membro per ottenere, da parte delle competenti autorità di un altro Stato membro, tutte le informazioni idonee a consentirgli di determinare correttamente l’ammontare delle imposte. Tuttavia, nulla impedisce alle autorità tributarie interessate di esigere dal contribuente stesso le prove che esse ritengano necessarie per valutare se debba concedersi o meno la detrazione richiesta (v., in tal senso, sentenze 28 ottobre 1999, causa C‑55/98, Vestergaard, Racc. pag. I‑7641, punto 26, nonché 3 ottobre 2002, causa C‑136/00, Danner, Racc. pag. I‑8147, punti 49 e 50).

36     Inoltre le informazioni di cui la direttiva sulla reciproca assistenza consente alle competenti autorità di uno Stato membro di chiedere la comunicazione sono per l’appunto tutte quelle che sembrano loro necessarie al fine di determinare correttamente l’ammontare dell’imposta di un contribuente alla luce della normativa che esse stesse devono applicare. Tale direttiva non pregiudica affatto la competenza delle suddette autorità per valutare, in particolare, se ricorrano le condizioni cui tale normativa subordina l’esenzione di un’operazione (v., per analogia, la citata sentenza Vestergaard, punto 28).

37     Infine va aggiunto che, anche nell’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria dello Stato membro di cessione abbia ottenuto l’informazione dallo Stato membro di destinazione secondo cui l’acquirente ha presentato alle autorità tributarie di quest’ultimo Stato una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario, una dichiarazione siffatta non costituisce una prova determinante tale da provare che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione (v. citata sentenza Teleos e a., punti 71 e 72).

38     Alla luce delle considerazioni precedenti, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, letto in combinato disposto con la direttiva sulla reciproca assistenza e regolamento sulla cooperazione amministrativa, dev’essere interpretato nel senso che le autorità tributarie dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto di beni nell’ambito di una cessione intracomunitaria non sono tenute a chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro di destinazione indicato dal fornitore.

 Sulle spese

39     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 10 aprile 1995, 95/7/CE, letto in combinato disposto con la direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette, come modificata dalla direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, e con il regolamento (CEE) del Consiglio 27 gennaio 1992, n. 218, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette, dev’essere interpretato nel senso che le autorità tributarie dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto di beni nell’ambito di una cessione intracomunitaria non sono tenute a chiedere informazioni alle autorità dello Stato membro di destinazione indicato dal fornitore.

Firme


* Lingua processuale: l'olandese.