CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 7 giugno 2007 (1)

Causa C‑379/05

Amurta S.G.P.S.

contro

Inspecteur van de Belastingdienst

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof te Amsterdam (Paesi Bassi)]

«Libera circolazione dei capitali – Imposta sulle società – Distribuzione di dividendi – Esenzione dei dividendi versati a società residenti – Ritenuta alla fonte effettuata su dividendi versati a società non residenti – Convenzione fiscale diretta a evitare la doppia imposizione – Possibilità di imputare l'importo trattenuto all'imposta da versare in un altro Stato membro»





1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d'appello di Amsterdam, Paesi Bassi) chiede in sostanza alla Corte di precisare se una legislazione nazionale come quella olandese, che esenta dalla ritenuta alla fonte i dividendi versati da società stabilite nei Paesi Bassi a società che ivi sono stabilite o dispongono di una stabile organizzazione, mentre applica tale tipo di ritenuta ai dividendi distribuiti a società non residenti, sia in contrasto con gli artt. 56 CE e 58 CE.

I –    Quadro giuridico

A –    Il diritto comunitario rilevante

2.        L'art. 56 CE stabilisce quanto segue:

«1.   Nell'ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. (…)».

3.        Tuttavia, l'art. 58 CE, per quanto qui rileva, dispone che:

«1.   Le disposizioni dell'articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a)     di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

(…)

3.     Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all'articolo 56».

4.        La direttiva 90/435 esonera dalla ritenuta alla fonte i dividendi versati da una società figlia alla propria società madre stabilita in un altro Stato membro, qualora quest'ultima detenga una partecipazione minima del 25 % al capitale della propria affiliata (2).

B –    Il diritto nazionale

5.        L'art. 1, n. 1, della Wet op de dividendbelasting 1965 (legge sull'imposta sui dividendi del 1965, in prosieguo: la «Wet DB») prevede, in generale, una ritenuta del 25 % sui dividendi distribuiti da società stabilite nei Paesi Bassi il cui capitale è integralmente o parzialmente suddiviso in azioni.

6.        Tuttavia l'art. 4 della Wet DB, per la parte qui pertinente, dispone che:

«L'imposta non può essere prelevata sui redditi da partecipazioni azionarie (…) qualora sia applicabile l'esenzione di partecipazioni di cui all'art. 13 della Wet op de vennootschapsbelasting 1969 [legge sull'imposta sulle società del 1969] agli utili che l'avente diritto trae da azioni, certificati di godimento o prestiti e la partecipazione rientri nel patrimonio della sua impresa gestita nei Paesi Bassi. La prima frase non trova applicazione nei confronti dei redditi con riferimento ai quali l'avente diritto non è l'avente diritto finale» (3).

7.        Inoltre, l'art. 4a della Wet DB, introdotto a seguito dell'adozione della direttiva 90/435, prevede un'esenzione dall'imposta sui dividendi qualora questi siano distribuiti ad azionisti stabiliti nell'Unione europea che detengono un pacchetto azionario pari almeno al 25 % del capitale di una società olandese.

8.        Tale esenzione viene estesa ad azionisti stabiliti nell'UE che detengono un pacchetto azionario pari almeno al 10 % se anche lo Stato membro in cui è stabilito l'azionista applica detta esenzione in presenza della medesima percentuale di partecipazione azionaria (4).

9.        Il succitato art. 13 della Wet op de vennootschapsbelasting 1969 (in prosieguo: la «Wet Vpb») stabilisce che, in generale, si ha partecipazione quando il soggetto passivo detiene almeno il 5 % del capitale nominale, interamente o parzialmente suddiviso in azioni, di una società (5).

C –    La convenzione fiscale tra i Paesi Bassi e il Portogallo

10.      L'art. 10 della convenzione del 20 settembre 1999 conclusa a Porto tra il Portogallo e i Paesi Bassi, volta ad evitare la doppia imposizione e a prevenire l'evasione fiscale in materia d'imposta sul reddito e sul patrimonio (in prosieguo: la «CDI»), stabilisce che i dividendi versati da una società che ha sede in uno degli Stati contraenti a un azionista residente nell'altro Stato sono, in linea di principio, imponibili in quest'ultimo.

11.      Tali dividendi possono, comunque, essere tassati nello Stato ove ha sede la società distributrice, nel qual caso, tuttavia, l'imposta prelevata non potrà eccedere il 10 % dell'ammontare lordo dei dividendi.

12.      L'art. 24 della CDI prevede che, per evitare la doppia imposizione, il Portogallo concede una deduzione dell'imposta riscossa nei Paesi Bassi sui dividendi di fonte olandese distribuiti ai propri residenti, nei limiti dell'importo dell'imposta portoghese altrimenti dovuta su tali dividendi.

II – Fatti, domanda pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

13.      All'epoca dei fatti Amurta S.G.P.S., società con sede in Portogallo (in prosieguo: «Amurta»), deteneva il 14 % del capitale di Retailbox BV (in prosieguo: «Retailbox»), società olandese i cui azionisti erano, inoltre, Sonaetelecom BV, anch'essa olandese, per il 66 %, Tafin S.G.P.S e Persin S.G.P.S., entrambe con sede in Portogallo, rispettivamente per il 14 e il 6 %.

14.      Il 31 dicembre 2002 Retailbox versava ai propri azionisti dei dividendi su cui effettuava una ritenuta d'imposta pari al 25 %, ad eccezione del dividendo versato a Sonaetelecom BV, su cui non veniva attuata alcuna ritenuta alla fonte in applicazione dell'esenzione di cui all'art. 4 della Wet DB.

15.      Il 30 gennaio 2003 Retailbox, per conto di Amurta, presentava reclamo dinanzi all'Inspecteur van de Belastingdienst Amsterdam (in prosieguo: l'«Inspecteur») contro la trattenuta d'imposta dovuta sul dividendo versato a quest'ultima. Detto reclamo veniva respinto con decisione dell'Inspecteur.

16.      Amurta interponeva appello dinanzi al Gereschtshof te Amsterdam diretto a far annullare detta decisione e a ottenere il rimborso dell'imposta trattenuta sui dividendi.

17.      Il giudice di rinvio, nutrendo dubbi sulla compatibilità della legislazione olandese in materia con gli artt. 56 CE e 58 CE, decideva di sospendere il giudizio dinanzi a esso pendente e di sottoporre alla Corte i seguenti quesiti pregiudiziali:

«1)   Se l'esenzione di cui all'art. 4 della Wet op de dividendbelasting (…), quale descritta nei paragrafi (…) della presente ordinanza, in combinato disposto con l'esenzione di cui all'art. 4a della stessa legge, sia contraria alle disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali (artt. 56 CE‑58 CE, già artt. 73 B‑73 D) del Trattato CE, considerato che tale esenzione si applica unicamente a versamenti di dividendi effettuati nei confronti di azionisti soggetti all'imposta sulle società nei Paesi Bassi o ad azionisti stranieri che dispongono di una stabile organizzazione nei Paesi Bassi e le cui azioni appartengono al patrimonio di tale stabile organizzazione, nei confronti dei quali si applica l'esenzione di partecipazioni di cui all'art. 13 della Wet op de vennootschapbelasting 1969 (…).

2)     Se per la soluzione della questione posta al punto (precedente) abbia rilevanza che lo Stato di residenza dell'azionista/società stranieri, cui non è applicabile l'esenzione di cui all'art. 4 della legge 1965, riconosca a tale azionista/società un credito d'imposta (full credit) per l'imposta sui dividendi versata nei Paesi Bassi».

18.      In forza dell'art. 23 dello Statuto della Corte hanno presentato osservazioni scritte Amurta, la Commissione, l'Autorità di vigilanza AELS, i governi olandese, britannico e italiano. All'udienza erano rappresentati Amurta, la Commissione, l'Autorità di vigilanza AELS nonché i governi olandese, tedesco e britannico.

III – Analisi giuridica

19.      In via preliminare occorre osservare che la normativa in esame riguarda le imposte dirette. A tale proposito va ricordato che, per giurisprudenza costante, anche se la fiscalità diretta rientra nella competenza degli Stati membri, il suo esercizio è nondimeno limitato dal rispetto dei principi comunitari, tra cui le libertà fondamentali sulle quali si basano l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno  (6).

20.      Nel caso di specie è alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali che va esaminata la normativa nazionale in oggetto, in quanto trattasi di disposizioni concernenti la tassazione di dividendi distribuiti a società stabilite in uno Stato membro diverso rispetto a quello in cui ha sede la società distributrice, ossia, come affermato dalla Corte, operazioni indissolubilmente legate a movimenti di capitali (7).

A –    Sul primo quesito

21.      Con il primo quesito il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se la normativa in esame, che assoggetta a ritenuta alla fonte i dividendi distribuiti da una società olandese a società che non hanno sede o una stabile organizzazione nei Paesi Bassi, ma non quelli versati a società ivi stabilite, sia in contrasto con la libera circolazione dei capitali (8).

22.      Prima di passare al merito della questione da risolvere, è opportuno effettuare alcune considerazioni di carattere generale sulle modalità di tassazione degli utili distribuiti dalle società (9).

23.      Gli utili societari distribuiti sotto forma di dividendi sono, in generale, tassati su due livelli. Dapprima in quanto utili della società distributrice nell'ambito dell'imposta sulle società e successivamente a livello dell'azionista. Il secondo livello di tassazione può assumere due forme, quella dell'imposta sul reddito dell'azionista che percepisce i dividendi e/o quello della ritenuta alla fonte prelevata dalla società distributrice per conto dell'azionista al momento della distribuzione dei dividendi.

24.      L'esistenza di due potenziali livelli di tassazione può dar luogo, da un lato, a una doppia imposizione economica (duplice tassazione dello stesso reddito a carico di due contribuenti diversi), dall'altro, a una doppia imposizione giuridica (duplice tassazione del medesimo reddito in capo allo stesso contribuente in due Stati diversi). Si ha, ad esempio, una doppia imposizione economica quando gli utili della società distributrice sono tassati nell'ambito dell'imposta sulle società e, successivamente, in capo all'azionista assoggettato all'imposta sul reddito per gli utili distribuiti sotto forma di dividendi. La doppia imposizione giuridica si verifica, invece, quando l'azionista è assoggettato dapprima a ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti e in seguito all'imposta sui redditi riscossa in un altro Stato.

25.      Con riferimento al caso di specie, va rilevato che la normativa olandese in esame tende a eliminare la doppia imposizione degli utili societari distribuiti sotto forma di dividendi. In effetti, il combinato disposto degli artt. 4 della Wet DB e 13 della Wet Vpb prevede l'esenzione dalla ritenuta alla fonte del 25 % per i dividendi versati da società olandesi ad azionisti‑società aventi una partecipazione pari almeno al 5 % e la sede, o una stabile organizzazione, nei Paesi Bassi. Per le società non stabilite nei Paesi Bassi l'esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti da società olandesi è previsto esclusivamente in caso di partecipazione al capitale di queste ultime pari, almeno, al 25 % (art. 4a della Wet DB).

26.      Ne consegue che siffatta normativa comporta, nell'ambito della tassazione dei dividendi, un trattamento svantaggioso per le società non stabilite nei Paesi Bassi che abbiano una partecipazione tra il 5 e il 25 % in una società olandese, rispetto a quello riservato a società olandesi che abbiano lo stesso tipo di partecipazione e che, al contrario delle società non stabilite nei Paesi Bassi, godono di un'esenzione totale dalla ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti.

27.      Occorre, quindi, verificare se tale disparità di trattamento sia contraria ai principi sulla libera circolazione dei capitali (10).

28.      A tale riguardo, va ricordato che l'art. 56, n. 1, CE sancisce il divieto di tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri – dovendosi intendere per restrizione ogni provvedimento che rende più oneroso o meno attraente il trasferimento transfrontaliero di capitali e sia pertanto tale da dissuadere l'investitore – salvo ricorra uno dei motivi di giustificazione di cui all'art. 58 CE (11).

29.      In particolare, l'art. 58, n. 1, lett. a), CE consente agli Stati membri « di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o del luogo di collocamento del loro capitale».

30.      La deroga all'applicazione dell'art. 56, n. 1, così concretata dall'art. 58, n. 1, lett. a), è però limitata dal n. 3 di questa seconda disposizione, a norma del quale le misure e le disposizioni di cui al n. 1 non possono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata della libera circolazione dei capitali.

31.      Inoltre, affermando che le eccezioni alla libera circolazione dei capitali previste dall'art. 73 D, n. 3, CE (attuale art. 58, n. 1, CE) erano già state ammesse nelle proprie pronunce sin da prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, la Corte ha ammesso che questa costituisce la codificazione sul piano normativo di un principio fondamentale espresso, ancor prima della sua introduzione, dalla giurisprudenza, anche con riferimento ad altre libertà fondamentali. Tale norma deve, pertanto, essere interpretata anche alla luce di tale giurisprudenza (12).

32.      Ne consegue che le restrizioni alla libera circolazione dei capitali di cui all'art. 58, n. 1, lett. a), oltre ad essere limitate dai principi codificati al n. 3 di detta disposizione, sono soggette ai limiti elaborati dalla giurisprudenza della Corte.

33.      Ora, con riferimento a normative fiscali nazionali come quella in esame, la quale opera una distinzione nella tassazione dei dividendi in base alla sede dell'azionista che li percepisce, la Corte ha affermato che perché tali regimi fiscali possano considerarsi compatibili con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non siano obiettivamente paragonabili, o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che non ecceda quanto necessario per conseguire lo scopo perseguito (13).

1.      Sulla comparabilità di situazione

34.      Come osservato supra, le disposizioni nazionali in esame trattano in maniera differenziata i dividendi distribuiti da società olandesi a seconda che vengano versati a società residenti o a società non residenti nei Paesi Bassi (14).

35.      In materia di imposte dirette la Corte ha affermato che una disparità di trattamento in base alla residenza non è di per sé discriminatoria, poiché in via di principio tale criterio è indicativo di un collegamento del contribuente con il paese di origine e potrebbe, pertanto, giustificare un trattamento fiscale differenziato (15).

36.      La Corte ha peraltro precisato che, in presenza di un vantaggio fiscale il cui godimento viene rifiutato ai non residenti, una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti può essere qualificata come una discriminazione ai sensi del Trattato quando non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su detto punto tra le due categorie di contribuenti (16).

37.      Secondo il ragionamento della Corte, potrebbe sussistere una discriminazione tra residenti e non residenti se, nonostante la loro residenza in Stati membri differenti, fosse accertato che rispetto al contenuto e all’oggetto delle pertinenti disposizioni nazionali le due categorie di contribuenti versano in una situazione analoga (17).

38.      Occorre, quindi, accertare se, rispetto alla funzione della normativa controversa, sussiste un'oggettiva disparità di situazione tra azionisti‑società residenti e non residenti nei Paesi Bassi che ivi percepiscono dividendi distribuiti da una loro partecipata olandese.

39.      Va rilevato che le disposizioni normative in causa hanno quale scopo l'eliminazione della doppia imposizione economica con riferimento a utili distribuiti da società olandesi.

40.      A tale riguardo, la Corte ha affermato che, rispetto ai provvedimenti adottati da uno Stato al fine di prevenire o attenuare l'imposizione a catena, ovvero la doppia imposizione di utili distribuiti da una società residente, gli azionisti beneficiari residenti non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella di azionisti beneficiari che risiedono in un altro Stato membro (18).

41.      Difatti, come rileva la Corte, lo Stato di residenza di una società distributrice agisce, generalmente, nei confronti dell'azionista non residente, in qualità di «Stato fonte», esercitando un potere impositivo limitato ai soli redditi del non residente realizzati nel proprio territorio. Richiedere a tale Stato di provvedere all'eliminazione della doppia imposizione economica, o a catena, che colpisce gli utili distribuiti ad un azionista non residente equivarrebbe a far rinunciare detto Stato al proprio diritto di tassare redditi generati da attività economiche esercitate nel suo territorio (19). È, invece, lo Stato di residenza dell'azionista ad essere, di regola, nella miglior posizione per concedere a quest'ultimo un beneficio fiscale tale da attenuare o prevenire la doppia imposizione economica, o a catena. Difatti, nel caso di un azionista persona fisica, è lo Stato di residenza ad essere in grado di valutare al meglio la capacità contributiva di detto azionista (20). Con riferimento a dividendi percepiti da una società, va menzionata la direttiva 90/435, il cui art. 4, n. 1, impone allo Stato membro della società madre che percepisce utili distribuiti da una controllata stabilita in un altro Stato membro, e non a quest'ultimo, di evitare la doppia imposizione, e lo fa consentendo allo Stato della società madre la scelta tra astenersi dall'assoggettare ad imposta tali utili, oppure assoggettarli concedendo, tuttavia, alla società madre di dedurre dalla propria imposta la frazione dell’imposta della controllata relativa a tali utili e, se del caso, l'importo della ritenuta alla fonte prelevata nello Stato membro ove risiede la controllata (21).

42.      Tuttavia, la Corte ha precisato che, «a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via convenzionale, assoggetti all'imposta sul reddito non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione di tali azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti» (22).

43.      In tale ipotesi, infatti, sebbene nell'ambito della propria competenza di «Stato fonte», lo Stato in cui ha sede la società distributrice esercita un potere impositivo nei confronti degli azionisti non residenti di tipo non diverso da quello esercitato nei confronti dei residenti, determinando nell'esercizio esclusivo della propria competenza tributaria una doppia imposizione con riferimento ad entrambe le categorie di contribuenti.

44.      A fronte di situazioni analoghe tra azionisti residenti e non residenti, lo «Stato fonte» sarà tenuto a estendere ai non residenti benefici fiscali equivalenti a quelli concessi ai residenti se i primi sono colpiti da una doppia imposizione, derivante dall'esercizio della sua competenza fiscale, analoga a quella che colpisce i secondi.

45.      Pertanto, qualora come nel caso di specie, lo «Stato fonte» decida di esentare i propri residenti dalla doppia imposizione interna, esonerandoli dalla ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti da una società olandese, detto Stato dovrà estendere tale esenzione ai non residenti in quanto anch'essi colpiti dalla medesima doppia imposizione interna derivante dall'esercizio della sua competenza tributaria su di essi.

46.      Dall'analisi sin qui fatta consegue che le disposizioni normative in causa, poiché negano l'esenzione dalla ritenuta alla fonte per i dividendi versati ad azionisti non residenti nei Paesi Bassi, mentre prevedono tale esenzione per i dividendi percepiti da azionisti residenti, costituiscono una discriminazione arbitraria contraria agli artt. 56 CE e 58 CE (23).

47.      Tuttavia, i governi italiano e britannico ritengono che la disparità di trattamento operata dalla normativa controversa a svantaggio dei non residenti sia una mera conseguenza della ripartizione del potere impositivo tra i Paesi Bassi e il Portogallo.

48.      Occorre, a tale riguardo, fare alcune precisazioni.

49.      Ai sensi dell’art. 220, secondo trattino, del Trattato CE (divenuto art. 293, secondo trattino, CE), «gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini, l’eliminazione della doppia imposizione fiscale all’interno della Comunità».

50.      Tale disposizione di carattere programmatico non è stata finora attuata. Allo stato attuale il diritto comunitario non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra Stati membri con riferimento all'eliminazione della doppia imposizione all'interno della Comunità. Difatti, ad eccezione della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (24), della convenzione 23 luglio 1990, 90/436/CEE, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (25), e della direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (26), nessuna delle quali è applicabile al caso di specie, in ambito comunitario non è stata adottata alcuna misura di unificazione o di armonizzazione diretta a eliminare le doppie imposizioni, né gli Stati membri hanno concluso a tale scopo alcuna convenzione multilaterale ai sensi dell’art. 220, secondo trattino, del Trattato CE (27).

51.      Ne consegue che, in mancanza di misure di unificazione o di armonizzazione comunitarie, gli Stati membri restano competenti a determinare i criteri di tassazione dei redditi al fine di eliminare, se del caso mediante convenzioni, le doppie imposizioni (28). In tale ambito, la Corte ha precisato, in un primo tempo, che gli Stati membri erano liberi, nel quadro delle convenzioni bilaterali, di stabilire i fattori di collegamento al fine di ripartirsi la competenza tributaria (29). In successive pronunce, essa ha aggiunto che tale libertà riconosciuta agli Stati membri si estendeva alle misure adottate unilateralmente (30).

52.      Tuttavia, per quanto riguarda l’esercizio del potere impositivo, gli Stati membri sono comunque tenuti al rispetto delle norme comunitarie (31).

53.      Secondo la giurisprudenza della Corte gli Stati membri sono quindi liberi di decidere se e in quale misura, in maniera unilaterale o tramite accordi internazionali, eliminare o prevenire la doppia imposizione, restando nondimeno tenuti al rispetto dei principi comunitari nell'esercizio del proprio potere impositivo, anche quando quest'ultimo risulti da una previa ripartizione bilaterale o multilaterale della competenza tributaria tra gli Stati membri (32).

54.      Con riferimento alla fattispecie in esame, è evidente che la discriminazione operata dalla normativa olandese sulla tassazione dei dividendi nei confronti delle società non residenti non è frutto delle divergenze esistenti tra i sistemi fiscali nazionali rilevanti nel caso di specie, né tantomeno effetto della ripartizione della competenza tributaria tra Paesi Bassi e Portogallo. Trattasi, invece, come supra evidenziato, di un trattamento discriminatorio riconducibile unicamente alla normativa olandese in parola, che nega agli azionisti non residenti un vantaggio fiscale di cui godono invece i residenti, senza che tale disparità di trattamento sia giustificata da elementi oggettivi pertinenti, stante l'accertata analoga situazione in cui versano le due categorie di contribuenti rispetto all'oggetto e alla funzione delle disposizioni in causa.

55.      Vedremo, tuttavia, nell'esame del secondo quesito quale impatto possa avere un'adeguata ripartizione della competenza tributaria, attraverso una convenzione sulla doppia imposizione, sulla neutralizzazione degli effetti discriminatori di una normativa nazionale quale quella olandese in oggetto.

56.      In via subordinata i governi olandese e italiano sostengono che la normativa in esame si giustifica in base alla necessità di preservare la coerenza del regime fiscale olandese. L'esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi nazionali distribuiti da società olandesi a società residenti nei Paesi Bassi costituirebbe, infatti, un complemento fondamentale dell'esenzione di partecipazioni dall'imposta sulle società («participation exemption», art. 13 della Wet Vpb) di cui godono le società olandesi illimitatamente soggette ad imposizione nei Paesi Bassi che non sono tassate, nell'ambito di tale imposta, sugli utili derivanti da azioni. In particolare, tale esenzione rappresenterebbe il complemento necessario dell'esclusione degli utili distribuiti dalla base imponibile nell'imposta olandese sulle società e attuerebbe una mera semplificazione amministrativa, in quanto eviterebbe che l'importo trattenuto alla fonte in sede di imposta sui dividendi debba successivamente essere restituito in sede di imposta sulle società ai percettori dei dividendi che godono della c.d. «participation exemption» nei Paesi Bassi. Siffatta semplificazione amministrativa non potrebbe, pertanto, estendersi anche agli azionisti non residenti nei Paesi Bassi che ivi non sono assoggettati all'imposta olandese sulle società.

57.      Tale argomento non può essere accolto.

58.      Con riferimento alla salvaguardia della coerenza del regime fiscale nazionale va, anzitutto, ricordato che trattasi di una nozione consolidatasi in giurisprudenza a partire dalle sentenze Bachmann e Commissione/Belgio, in cui la Corte ha riconosciuto in via di principio che detta esigenza costituisce una ragione imperativa di interesse pubblico idonea a giustificare una restrizione ai principi fondamentali in materia di libertà di circolazione (33).

59.      Nei predetti casi la Corte ha giustificato sulla base della coerenza del regime fiscale una normativa nazionale che subordinava la deducibilità di contributi per l’assicurazione contro la vecchiaia e la morte alla condizione che fossero versati nello Stato che consentiva tale deduzione. Tale limitazione si giustificava in virtù dell’esigenza di compensare la perdita di gettito fiscale dovuta alla deduzione dei contributi versati in sede di contratti di assicurazione con l’imposizione delle somme percepite in esecuzione di detti contratti, le quali , però, non si sarebbero potute tassare in caso di imprese assicuratrici stabilite all’estero.

60.      A partire da tali pronunce la salvaguardia della coerenza del regime fiscale è la causa di giustificazione più invocata in materia di imposte dirette dagli Stati membri. La Corte ha tuttavia fortemente ristretto la nozione di coerenza fiscale e in una giurisprudenza costante ha ammesso che tale esigenza giustifica una misura restrittiva delle libertà fondamentali qualora sussistano tre distinte condizioni: a) l’esistenza di un nesso diretto tra la concessione di un’agevolazione fiscale e la relativa compensazione tramite prelievo fiscale, b) l’effettuazione della detrazione e del prelievo nell’ambito della stessa imposizione e c) la loro applicazione nei confronti del medesimo contribuente.

61.      Un'applicazione rigorosa di questa giurisprudenza porterebbe a negare prima facie, nel caso in esame, il beneficio della giustificazione relativa alla coerenza del regime fiscale, in quanto l'esenzione dall'imposta sui dividendi e l'esenzione di partecipazioni dall'imposta sulle società, ritenute dai governi olandese e italiano come complementari e, quindi, di necessaria applicazione congiunta al fine di garantire la coerenza del regime olandese, concernono due distinte imposte e non si riferiscono formalmente al medesimo contribuente.

62.      Tuttavia, nella sentenza Manninen, la Corte sembra avere attenuato la rigidità dell’interpretazione della nozione di coerenza del regime fiscale fondata sui criteri dell’identità dell’imposizione e dell'identità del contribuente, ammettendo, in linea con quanto proposto dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni in tale causa, che uno Stato membro possa invocare l’esigenza di salvaguardare la coerenza del proprio regime fiscale, sebbene nella fattispecie non potessero trovare applicazione i due summenzionati criteri (34).

63.      Riferendosi alla summenzionata giurisprudenza della Corte, il governo olandese ritiene che nel caso di specie si sia in presenza di due esenzioni correlate, di cui una costituisce lo sviluppo dell'altra, e che, sebbene formalmente riferentisi a due imposte distinte (imposta sui dividendi e imposta sulle società), dal punto di vista sostanziale concernerebbero un unico prelievo fiscale, in quanto la trattenuta alla fonte sui dividendi versati costituirebbe un mero acconto di imposta da compensarsi integralmente con l'imposta sulle società, e graverebbero di fatto sullo stesso contribuente (l'azionista percettore dei dividendi).

64.      Anche ammettendo che le due esenzioni di cui trattasi concernano in sostanza il medesimo contribuente e il medesimo prelievo fiscale, occorre poi accertare la sussistenza di un'effettiva necessità di preservare la coerenza del regime fiscale olandese alla luce delle finalità della normativa controversa.

65.      Ora, come sostenuto dai governi olandese e italiano, l'esenzione dalla trattenuta alla fonte per i c.d. dividendi nazionali sembrerebbe necessaria per preservare la coerenza del regime fiscale olandese poiché, senza di essa, la correlata esenzione di partecipazioni dall'imposta sulle società sarebbe minata ‑ seppur temporaneamente ‑ fino al momento della compensazione dell'imposta sui dividendi con l'imposta sulle società. Appare evidente che il sistema olandese, illustrato in questi termini, ha quale scopo la realizzazione di una «mera semplificazione amministrativa», che di per sé non potrebbe in alcun caso giustificare un trattamento discriminatorio contrario alle libertà fondamentali.

66.      Il governo olandese non dimostra, però, in che modo la coerenza del proprio regime fiscale verrebbe compromessa se l'esenzione dall'imposta sui dividendi fosse riconosciuta anche agli azionisti non residenti che, benché non assoggettati all'imposta sulle società nei Paesi Bassi, sono, come visto in precedenza, in una situazione analoga ai residenti per quanto concerne la tassazione dei dividendi e gli eventuali vantaggi fiscali connessi all'eliminazione della doppia imposizione. È, invece, chiaro che lo scopo della normativa controversa, ossia evitare la doppia imposizione degli utili distribuiti sotto forma di dividendi, può ugualmente essere realizzato senza che sia necessario operare una discriminazione nei confronti degli azionisti non residenti, riconoscendo loro l'esenzione dalla trattenuta alla fonte al pari di quanto avviene per gli azionisti residenti, senza che venga in alcun modo compromessa la coerenza del sistema fiscale olandese.

67.      Da quanto precede risulta che gli argomenti invocati dai governi intervenuti non possono giustificare una restrizione ai movimenti di capitali derivante dalla disciplina fiscale in esame.

68.      Deve, pertanto, rispondersi al primo quesito nel senso che le disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali ostano a una normativa nazionale – presa in considerazione senza tener conto degli effetti di eventuali convenzioni sulla doppia imposizione applicabili – che esonera dalla ritenuta alla fonte i dividendi versati da una società olandese a società stabilite nei Paesi Bassi, mentre assoggetta a tale ritenuta i dividendi versati a società che ivi non hanno né la sede, né una stabile organizzazione.

B –    Sul secondo quesito

69.      Con il secondo quesito il giudice di rinvio chiede in sostanza se, nel valutare la compatibilità della legislazione olandese in esame con i principi comunitari in materia di libera circolazione dei capitali, abbia rilievo la circostanza che una società non stabilita nei Paesi Bassi, o che ivi non disponga di una stabile organizzazione, possa dedurre integralmente nel proprio paese di residenza la ritenuta alla fonte applicata nei Paesi Bassi sui dividendi distribuiti da una società olandese.

70.      Va, in limine, osservato che il giudice a quo non specifica in base a quali disposizioni una società come Amurta potrebbe godere nel proprio paese di residenza (Portogallo) di un «full credit» (o credito d'imposta totale) a compensazione della ritenuta alla fonte applicata nei Paesi Bassi.

71.      Procederò, quindi, dapprima ad analizzare quale rilievo possa avere nel valutare la normativa olandese controversa la circostanza che un «full credit» sia concesso ad un azionista non residente in base alla legislazione nazionale del suo paese di residenza e, successivamente, prenderò in considerazione l'ipotesi che un simile credito d'imposta sia, invece, riconosciuto in base alla CDI stipulata tra Paesi Bassi e Portogallo.

1.      Rilievo di un «full credit» (credito d'imposta totale) previsto dalla legislazione nazionale dello Stato di residenza del contribuente interessato.

72.      A mio avviso, nel menzionare l'esistenza di un eventuale «full credit» a compensazione della ritenuta alla fonte olandese sui dividendi percepiti da Amurta, il giudice a quo si è genericamente riferito alla possibilità di cui quest'ultima potrebbe presumibilmente beneficiare in base alla legislazione portoghese. In effetti, nel pertinente passaggio dell'ordinanza di rinvio il giudice nazionale rileva che, in base a quanto dichiarato da Amurta nelle sue osservazioni, in Portogallo esisterebbe una disposizione analoga a quella olandese che prevede il rimborso della trattenuta sui dividendi quando su tali redditi non sia dovuta l'imposta sulle società (sistema di «full credit»). Detto giudice, deduce da tale circostanza che, nel caso di specie, la ritenuta alla fonte olandese sarebbe probabilmente compensata in Portogallo in base al summenzionato meccanismo di «full credit».

73.      Nel presente giudizio Amurta ha, invece, negato l'esistenza di un potenziale «full credit», quale quello descritto dal giudice di rinvio nell'ordinanza, del quale la stessa potrebbe avvalersi in Portogallo a compensazione della trattenuta d'imposta applicatale nei Paesi Bassi sui dividendi ivi ricevuti. Secondo Amurta, anche in Portogallo esiste un sistema di «participation exemption» analogo a quello olandese, in base al quale sono esentati dall'imposta sulle società i proventi da partecipazioni. Di conseguenza, non potrebbe essere effettuata alcuna compensazione della trattenuta d'imposta operata sui dividendi nei Paesi Bassi con l'imposta sulle società in Portogallo, in quanto ivi non è dovuto alcun importo a tale titolo.

74.      Considerando corretta la ricostruzione fatta da Amurta, a fronte, peraltro, del carattere lacunoso dell'ordinanza di rinvio da cui non possono dedursi ulteriori elementi utili su tale punto, il secondo quesito sottoposto alla Corte avrebbe carattere puramente ipotetico.

75.      In tal caso la Corte non sarebbe competente a rispondere a detto quesito, in quanto secondo una giurisprudenza ben nota «la ratio del rinvio pregiudiziale, e quindi della competenza della Corte, non consiste nell'esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (…), bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia» (35).

76.      Ad ogni modo, per l'ipotesi in cui la Corte ritenesse comunque opportuno pronunciarsi sul secondo quesito sottopostole dal giudice di rinvio, ritengo che dovrebbe rispondersi nei seguenti termini.

77.      Non mi sembra che possa attribuirsi alcun rilievo ad un vantaggio fiscale, indipendentemente dall'entità ed effettività dello stesso, che si fondi sulla legislazione nazionale di uno Stato membro, ai fini della valutazione della compatibilità della legislazione di un altro Stato membro rispetto ai principi comunitari.

78.      A mio avviso, non è infatti possibile ritenere che, in un caso come quello in esame, gli effetti discriminatori determinati da una legislazione nazionale nei confronti di un contribuente possano essere neutralizzati dai vantaggi riconosciutigli in base alla legislazione di un altro Stato membro. Ammettere il contrario equivarrebbe, in sostanza, a consentire ad uno Stato membro di prescindere dagli obblighi cui è tenuto in base al diritto comunitario, facendone dipendere il rispetto dagli eventuali effetti di un'altra legislazione nazionale, modificabile in ogni momento e unilateralmente dallo Stato cui detta legislazione è riconducibile. In una simile ipotesi non vi sarebbe alcuna certezza giuridica sul rispetto da parte di uno Stato membro  del divieto di discriminazione arbitraria di cui agli artt. 56 CE e 58 CE (36).

79.      Da quanto sin qui osservato, consegue che ai fini della valutazione della compatibilità della normativa olandese in materia di tassazione dei dividendi non può avere alcun rilievo la circostanza che una società come Amurta disponga di un «full credit» nel proprio paese di residenza, in base alla legislazione ivi vigente, eventualmente idoneo a compensare la trattenuta d'imposta olandese operata sui dividendi percepiti da detta società nei Paesi Bassi.

2.      Rilievo delle convenzioni sulla doppia imposizione e reali effetti della CDI pertinente

80.      A una soluzione diversa rispetto a quella di cui al punto precedente si giunge, invece, a mio avviso, nel caso in cui la neutralizzazione degli effetti discriminatori di una legislazione nazionale sia assicurata con un'adeguata ripartizione del potere impositivo tra Stati membri ad opera di una convenzione internazionale contro la doppia imposizione Ciò discende dal fatto che la presa in considerazione degli effetti concreti di una CDI sulla situazione di un contribuente per accertare se in un caso specifico sussista una restrizione alle libertà di circolazione garantite dal Trattato non porta a giustificare lo svantaggio discriminatorio che il contribuente interessato subisce dall'applicazione di una legislazione nazionale, e dalla susseguente compensazione di tale svantaggio con un vantaggio aleatorio che nulla ha a che vedere con il primo e che si basa sulla legislazione di un altro Stato membro modificabile in ogni momento da quest'ultimo. Al contrario, dare rilievo agli effetti concreti di una CDI sulla situazione di un contribuente permette anzitutto di prendere in considerazione «la realtà economica dell’attività del soggetto passivo e degli eventuali incentivi connessi al contesto transfrontaliero» in cui opera (37), ma anche, e soprattutto, di tener conto di come gli Stati membri hanno assicurato il rispetto delle libertà fondamentali attraverso un'adeguata ripartizione del loro potere impositivo, assumendo impegni reciproci fondati su un atto per loro vincolante. In tal modo, pur dando rilievo alla facoltà degli Stati membri di stabilire liberamente, in assenza di armonizzazione comunitaria, i criteri di ripartizione delle loro competenze tributarie al fine di eliminare le doppie imposizioni, non si determina una situazione di incertezza giuridica circa il rispetto degli obblighi comunitari cui gli stessi sono tenuti.

81.      Ciò è possibile nel rispetto di due condizioni fondamentali. In primo luogo, va verificato che nel caso di specie il trattamento complessivo cui è sottoposto un contribuente in base alle pertinenti disposizioni di una CDI sia in concreto conforme ai principi comunitari in materia di libera circolazione. In una situazione quale quella in esame, ad esempio, lo «Stato fonte» potrebbe assicurare attraverso una CDI che i contribuenti residenti e non residenti che si trovano in una situazione analoga fruiscano degli stessi vantaggi concernenti l'eliminazione della doppia imposizione. In secondo luogo, deve continuare a incombere allo Stato la cui legislazione risulta di per sé contraria ai principi comunitari l'obbligo di assicurare la neutralizzazione di tali effetti distorsivi della propria normativa, senza che detto Stato possa invocare il mancato ottemperamento dell'altra parte contraente a quanto previsto dalla CDI per sfuggire agli obblighi che ad esso incombono in forza del Trattato (38).

82.      A una analoga soluzione, circa il rilievo da attribuire alle CDI è giunta anche la Corte, secondo la quale, al fine di fornire un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale, è necessario prendere in considerazione le disposizioni di una CDI, quando detto giudice la presenti come facente parte dell’ambito normativo applicabile alla causa principale (39).

83.      Con riferimento al caso di specie, come visto in precedenza, il giudice a quo chiede alla Corte di pronunciarsi sul rilievo di un «full credit» di cui Amurta beneficerebbe presumibilmente in Portogallo, senza, tuttavia, chiarire se detta possibilità discende dall'applicazione della pertinente CDI stipulata tra Portogallo e Paesi Bassi.

84.      I governi olandese, italiano e britannico ritengono che la Corte debba prendere in considerazione tale CDI nella propria valutazione della compatibilità della legislazione olandese controversa con i principi sulla libera circolazione dei capitali.

85.      Per parte mia, come ho già chiarito, non è tuttavia ravvisabile alcun elemento nell'ordinanza di rinvio da cui evincere che il giudice a quo abbia inteso riferirsi alle disposizioni pertinenti della CDI stipulata tra Portogallo e Paesi Bassi, mentre sembra che lo stesso si sia unicamente riferito, in maniera generica, alla sola legislazione nazionale portoghese nell'indicare l'esistenza di un possibile «full credit» (40).

86.      Esaminerò, quindi, solo a titolo subordinato gli effetti concreti della CDI pertinente ai fini della valutazione della compatibilità della normativa olandese in oggetto, per l'ipotesi in cui la Corte ritenga che il giudice nazionale si sia riferito a detta CDI nel richiamo fatto all'esistenza di un «full credit» e che quest'ultima, quindi, faccia parte del quadro normativo su cui la Corte è chiamata a pronunciarsi.

87.      Orbene, per neutralizzare concretamente gli effetti della normativa olandese in parola, che, come accertato supra, attua una discriminazione a svantaggio dei non residenti, la CDI pertinente dovrebbe prevedere una ripartizione del potere impositivo tra le parti contraenti tale da annullare in concreto lo svantaggio che subiscono i non residenti in forza della ritenuta alla fonte loro applicata nei Paesi Bassi. Ciò sarebbe possibile unicamente attraverso l'eliminazione totale in Portogallo degli effetti di tale ritenuta, ossia attraverso l'imputazione integrale della trattenuta alla fonte sui dividendi, operata nei Paesi Bassi, sull'imposta delle società altrimenti dovuta in Portogallo su detti dividendi. Tecnicamente si tratterebbe di un c.d. «full credit», o credito d'imposta totale, che il paese di residenza del contribuente interessato (Portogallo) concederebbe a compensazione della ritenuta d'imposta sui dividendi attuata dallo «Stato fonte» (Paesi Bassi) (41).

88.      L'art. 24 della CDI in oggetto prevede, invece, un sistema di credito ordinario, o parziale, ossia consente al contribuente di dedurre la trattenuta sui dividendi applicatagli nei Paesi Bassi nei limiti dell'importo che sarebbe altrimenti dovuto in Portogallo, a titolo di imposta sulle società, sugli utili percepiti in forma di dividendi esteri (42). In tal caso, una società portoghese come Amurta continuerebbe a sopportare parzialmente gli effetti della trattenuta d'imposta olandese, contrariamente a quanto previsto, in forza della legislazione olandese, per una società ivi residente che è totalmente esentata dalla doppia imposizione dei dividendi percepiti nei Paesi Bassi. Pertanto, i benefici concessi alle società non aventi sede nei Paesi Bassi non sarebbero equivalenti a quelli riconosciuti alle società ivi residenti che si trovano in una situazione analoga rispetto agli effetti della doppia imposizione dei proventi da partecipazione in società olandesi, con la conseguenza che la normativa olandese in oggetto continuerebbe a concretizzare una discriminazione arbitraria vietata dagli artt. 56 CE e 58 CE.

89.      Se infine si dovesse accertare che in Portogallo vige un sistema di «participation exemption», in base al quale sono esentati dall’imposta sulle società i proventi da partecipazioni, pur ammettendo che la pertinente CDI prevede un credito d’imposta totale, Amurta non potrebbe in concreto beneficiarne in quanto, come già osservato, non sarebbe dovuta alcuna imposta in Portogallo sui proventi da partecipazioni con cui poter compensare la ritenuta olandese sui dividendi versati.

90.      Tuttavia, così come affermato dalla Corte, spetta al giudice nazionale interpretare il diritto nazionale pertinente e, quindi, verificare se, nel caso di specie, il trattamento complessivo cui è soggetta una società non residente in base all'esercizio congiunto del potere impositivo, così come ripartito convenzionalmente tra lo «Stato fonte» e lo Stato di residenza, non sia meno favorevole di quello garantito alle società residenti (43).

IV – Conclusioni

91.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere ai quesiti pregiudiziali formulati dal Gerechtshof te Amsterdam nei seguenti termini:

«1)   Gli artt. 56 CE e 58 CE ostano a una normativa nazionale quale quella in oggetto nella causa principale – presa in considerazione senza tener conto degli effetti di eventuali convenzioni sulla doppia imposizione applicabili –, che esonera dalla ritenuta alla fonte i dividendi versati da società aventi sede nei Paesi Bassi a società che hanno sede in tale Stato, mentre assoggetta a tale ritenuta i dividendi versati a società che ivi non abbiano né la sede, né una stabile organizzazione.

2)     Ai fini della risposta al primo quesito, non ha alcun rilievo che una società non avente sede, o una stabile organizzazione nei Paesi Bassi, possa avvalersi nel proprio paese di residenza, in base alla legislazione di quest'ultimo, di un credito d'imposta totale («full credit») a compensazione della ritenuta d'imposta olandese sui dividendi, anche se detta possibilità sussista».


1 – Lingua originale: l'italiano.


2 – Art. 5, n. 1, della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, nella versione in vigore all’epoca in cui si sono svolti i fatti oggetto della causa principale (GU L 225, pag. 6). Tale disposizione è stata successivamente modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 2003, 2003/123/CE, che modifica la direttiva 90/435/CEE (GU L 7, pag. 41).


3 – Traduzione non ufficiale.


4 – Emerge dall'ordinanza di rinvio che tale riduzione non si applica agli azionisti che risiedono in Portogallo.


5 – La partecipazione è ridotta a meno del 5 % nel caso in cui la detenzione dei titoli sia in linea con il normale esercizio dell'impresa gestita dal soggetto passivo, ovvero il loro acquisto sia servito a un interesse generale.


6 – V., ex multis, sentenze 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen (Racc. pag. I‑4071, punto 32); 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, punto 19), e 23 febbraio 2006, causa C‑471/04, Keller Holding (Racc. pag. I‑2107, punto 28).


7 – V., in tal senso, sentenza Verkooijen, cit., punti 29 e 30.


8 – Come giustamente rilevato dal giudice nazionale, a fronte dell'esigua partecipazione (14 %) e in mancanza di altri elementi da cui si possa evincere che Amurta abbia potere decisionale sulle attività di Retailbox, non può ritenersi che attraverso detta partecipazione venga esercitata la libertà di stabilimento.


9 – Sui livelli di tassazione dei dividendi nel mercato interno v., in particolare, le conclusioni dell'avv. generale Geelhoed, del 23 febbraio 2006, presentate nella causa Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, definita con sentenza 12 dicembre 2006, causa C‑374/04 (non ancora pubblicata in Raccolta), del 6 aprile 2006, presentate nella causa Kerckhaert e Morres, definita con sentenza 14 novembre 2006, causa C‑513/04 (non ancora pubblicata in Raccolta), e del 27 aprile 2006, presentate nella causa Denkavit Internationaal e Denkavit France, definita con sentenza 14 dicembre 2006, causa C‑170/05 (non ancora pubblicata in Raccolta).


10 – Come vedremo più approfonditamente nel prosieguo dell'analisi, se è vero che la direttiva 90/435 (c.d. direttiva madre-figlia), nella versione che quivi rileva, vieta il prelievo di una ritenuta alla fonte sui dividendi versati da un'affiliata alla propria società madre stabilita in un altro Stato membro solo in presenza di una partecipazione qualificata (pari almeno al 25 % del capitale dell'affiliata), ciononostante non può da tale circostanza dedursi a contrario, così come suggerito dal giudice di rinvio e sostenuto dal governo olandese, che un prelievo è consentito in tutti gli altri casi, con la conseguenza che un'eventuale disparità di trattamento nelle relazioni tra società madri-figlie stabilite in Stati membri diversi dovrebbe ascriversi unicamente alla coesistenza di regimi fiscali differenti. Se è vero che spetta agli Stati membri determinare se e in quale misura, in caso di partecipazioni non rientranti nell'ambito della succitata direttiva, eliminare le doppie imposizioni, nell'esercizio di tale competenza questi ultimi sono, nondimeno, tenuti al rispetto dei principi comunitari, tra cui vanno annoverate le libertà fondamentali.


11 – Sentenza 16 marzo 1999, causa C‑222/97, Trummer e Mayer (Racc. pag. I‑1661, punto 26).


12 – V. sentenza Verkooijen, cit., punto 43.


13 – V. sentenza 15 luglio 2004, causa C‑315/02, Lenz (Racc. pag. I‑7063, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


14  – In base alla normativa olandese in oggetto, difatti, le società non aventi sede nei Paesi Bassi possono beneficiare dei vantaggi concernenti la tassazione dei dividendi di cui godono le società che vi hanno sede, solo qualora dispongano di una stabile organizzazione nei Paesi Bassi cui appartengono le azioni di società olandesi.


15 – V. sentenze 14 febbraio 1995, causa C‑279/93, Schumacker (Racc. pag. I‑225, punti 31-34); 11 agosto 1995, causa C-80/94, Wielockx (Racc. pag. I‑2493, punto 18); 27 giugno 1996, causa C‑107/94, Asscher (Racc. pag. I‑3089, punto 41), e 29 aprile 1999, causa C-311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I-2651, punto 27).


16 – V. sentenze citate Schumacker, punti 36-38; Asscher, punto 42, e Royal Bank of Scotland, punti 27 e ss.


17 – Sentenza 14 settembre 1999, causa C‑391/97, Frans Gschwind (Racc. pag. I‑5451, punto 26).


18 – V. sentenze Denkavit Internationaal e Denkavit France, cit., punto 34, e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punti 57‑65.


19 – Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 59.


20 – Principio quest'ultimo affermato nella sentenza Schumacker, cit.


21 – Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 60.


22 – Ibidem, punti 68‑70.


23 – A una soluzione analoga è giunta la Corte AELS nella sentenza 23 novembre 2004, Fokus Bank (causa E‑1/04, disponibile sul sito www.eftacourt.lu), nella quale ha ritenuto contraria all'art. 40 dell'Accordo SEE, equivalente all'art. 56 CE (Accordo sullo Spazio economico europeo; GU 1994 L 1, pag. 3‑36), una normativa norvegese che riconosceva ai soli azionisti stabiliti in Norvegia un credito d'imposta per i dividendi ivi percepiti.


24 – Cit. alla nota 2.


25 – GU L 225, pag. 10.


26 – GU L 157, pag. 38.


27 – V., segnatamente, per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali, sentenza Kerckhaert e Morres, cit., punto 22 e, per quanto riguarda l’art. 52 del Trattato CE, sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., punto 51.


28 – Sentenze 12 maggio 1998, causa C‑336/96, Gilly (Racc. pag. I‑2793, punti 24 e 30), nonché 12 dicembre 2002, causa C‑385/00, de Groot (Racc. pag. I‑11819, punto 93), per quanto riguarda l’art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE). Sentenze 21 settembre 1999, causa C‑307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I-6161, punto 57), per quanto riguarda gli artt. 52 e 58 del Trattato CE, e 23 febbraio 2006, causa C‑513/03, Van Hilten-van der Heijden (Racc. pag. I-1957, punto 47), per quanto concerne la libera circolazione dei capitali.


29 – Sentenze Gilly, cit. (punti 24-30); Saint-Gobain ZN, cit. (punto 57); de Groot, cit. (punto 93); 30 ottobre 2006, causa C-290/04, FKP Scorpio Konzertproduktionen (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 54); Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 52).


30 – Per quanto riguarda la libera circolazione dei capitali, sentenze citate Van Hilten-van der Heijden (punto 47) e, in relazione alla libertà di stabilimento, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (punto 52).


31 – Sentenze citate de Groot (punto 94) e FKP Scorpio Konzertproduktionen (punto 55).


32 – Sentenza de Groot, cit. (punti 93-94).


33 – Sentenze 28 gennaio 1992, causa C‑204/90, Bachmann (Racc. pag. I‑249, punti 21‑28), e causa C‑300/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑305, punti 14‑21).


34 – Punti 45 e 46 della sentenza, nonché, in particolare, paragrafi 54-57 delle conclusioni.


35 – V. sentenza Lenz, cit., punto 52 e giurisprudenza ivi citata.


36 – La Corte ha, peraltro, sistematicamente rifiutato l'argomento secondo cui un trattamento fiscale sfavorevole contrario a una libertà fondamentale potrebbe giustificarsi con l'esistenza di altri vantaggi fiscali, sempreché tali vantaggi esistano. V., per quanto riguarda trattamenti fiscali nazionali esaminati con riferimento: a) alla libera circolazione dei lavoratori, sentenza de Groot, cit., punto 97; b) alla libertà di stabilimento, sentenze citate 28 gennaio 1986, Causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 21), Asscher, punto 53, e Saint Gobain ZN, punto 54; c) alla libera circolazione dei capitali, sentenza Verkooijen, punto 61.


37 – V. paragrafi 33‑38 delle conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed presentate il 27 aprile 2006 nella causa decisa con la citata sentenza Denkavit Internationaal e Denkavit France e le mie conclusioni presentate il 29 marzo 2007 nella causa Columbus, causa C‑298/05 (non ancora pubblicate in Raccolta, paragrafo 47).


38 – In tal senso, v. paragrafi 39-43 delle conclusioni presentate nel caso Denkavit Internationaal e Denkavit France.


39 – V. citate sentenze Manninen, punto 21; Causa C-265/04, Bouanich (Racc. pag. I-923, punto 51); Test Claimants in Class IV of the Act group litigation, punto 71, e Denkavit Internationaal e Denkavit France, punto 45.


40 – Posizione sostenuta, peraltro, dall'Autorità AELS.


41 – Soluzione analoga nel caso Denkavit Internationaal e Denkavit France, punti 54-56.


42 – Attraverso il meccanismo del credito d'imposta parziale, una neutralizzazione degli effetti della ritenuta alla fonte olandese sarebbe ipotizzabile esclusivamente in caso di applicazione della medesima aliquota d'imposta tanto nei Paesi Bassi quanto in Portogallo, con la conseguenza che la ritenuta d'imposta olandese sarebbe d'importo identico all'imposta sulle società portoghese applicabile ai dividendi olandesi e, quindi, interamente compensabile con quest'ultima.


43 – In tal senso, sentenza Bouanich, punto 51.