CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JÁN MAZÁK

presentate il 10 luglio 2007 ( 1 )

Causa C-337/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica italiana

«Inadempimento di uno Stato — Appalti pubblici di forniture — Direttive 77/62/CEE e 93/36/CEE — Attribuzione di un appalto pubblico non preceduta dalla pubblicazione di un bando — Assenza di gara — Elicotteri Agusta e Agusta Bell»

1. 

Con il presente ricorso, proposto a norma dell’art. 226 CE, la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto alla ditta «Agusta» degli appalti per l’acquisto di elicotteri destinati a sopperire alle necessità di vari corpi militari e civili, al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza delle direttive che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti, e precisamente, della direttiva del Consiglio 93/36/CEE ( 2 ) e, prima di essa, delle direttive del Consiglio 77/62/CEE ( 3 ), 80/767/CEE ( 4 ) e 88/295/CEE ( 5 ).

2. 

L’Italia contesta l’inadempimento addebitatole e fonda la sua difesa, inter alia, sull’art. 296, n. 1, lett. b), CE.

I — Contesto normativo

A — Il diritto comunitario

3.

La direttiva 93/36 (in prosieguo: la «direttiva 93/36» o la «direttiva») coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di pubbliche forniture e stabilisce le relative condizioni di aggiudicazione.

4.

A termini dell’art. 1 della direttiva 93/36, s’intendono per:

«a)

“appalti pubblici di forniture”, i contratti a titolo oneroso, aventi per oggetto l’acquisto, il leasing, la locazione, l’acquisto a riscatto con o senza opzione per l’acquisto di prodotti, conclusi per iscritto fra un fornitore (persona fisica o giuridica) e una delle amministrazioni aggiudicatrici definite alla lettera b). La fornitura di tali prodotti può comportare, a titolo accessorio, lavori di posa e installazione; (…) d) “procedure aperte”, le procedure nazionali nell’ambito delle quali tutti i fornitori interessati possono presentare offerte; e) “procedure ristrette”, le procedure nazionali nell’ambito delle quali possono presentare offerte soltanto i fornitori invitati dall’amministrazione; f) “procedure negoziate”, le procedure nazionali nell’ambito delle quali le amministrazioni consultano i fornitori di loro scelta e negoziano i termini del contratto con uno o più di essi».

5.

Ai sensi del suo art. 2, n. 1, lett. b), tale direttiva non si applica: «agli appalti di forniture che sono dichiarati segreti o la cui esecuzione debba essere accompagnata da misure speciali di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari od amministrative vigenti nello Stato membro di cui trattasi né quando lo esiga la tutela d’essenziali interessi di sicurezza di tale Stato».

6.

L’art. 3 della direttiva dispone che: «[f]atti salvi gli articoli 2 e 4 e l’articolo 5, paragrafo 1, la presente direttiva si applica a tutti i prodotti ai sensi dell’articolo 1, lettera a), compresi i prodotti oggetto di appalti assegnati da amministrazioni aggiudicatrici nel settore della difesa, fatta eccezione per i prodotti cui si applica l’articolo [296, n. 1, lett. b) CE]».

7.

A termini dell’art. 6 della direttiva:

«1.   Nell’aggiudicare gli appalti pubblici di forniture, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure di cui all’articolo 1, lettere d), e) ed f) nei casi esposti in appresso.

(…)

3.   Le amministrazioni possono aggiudicare appalti di forniture mediante procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara nei casi seguenti:

(…)

c)

qualora, a causa di motivi di natura tecnica o artistica ovvero per ragioni attinenti alla tutela di diritti esclusivi, la fabbricazione o consegna dei prodotti possa essere affidata unicamente ad un particolare fornitore;

(…)

e)

per consegne complementari effettuate dal fornitore originario e destinate al rinnovo parziale di forniture o di impianti di uso corrente, o all’ampliamento di forniture o impianti esistenti, qualora il cambiamento di fornitore obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad acquistare materiale di tecnica differente, l’impiego o la manutenzione del quale comporterebbe incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate. La durata di tali contratti e dei contratti rinnovabili non può, come norma generale, superare i tre anni.

4.   In tutti gli altri casi le amministrazioni aggiudicano gli appalti pubblici di forniture con procedura aperta ovvero con procedura ristretta».

8.

Altre disposizioni specifiche verranno richiamate nel corso dell’analisi dei motivi dedotti a sostegno dell’inadempimento contestato.

II — Fatti, procedimento precontenzioso e conclusioni delle parti

A — Fatti

9.

In seguito alla ricezione di una denuncia, la Commissione avviava una procedura d’infrazione (n. 2002/4194) avente ad oggetto l’ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana 24 luglio 2002, n. 3231, recante misure per la lotta aerea agli incendi boschivi, che autorizzava il ricorso a procedure negoziate in deroga alle direttive sugli appalti di forniture e servizi. Sulla base di tale ordinanza, il Corpo Forestale dello Stato procedeva all’acquisto, in data 28 ottobre 2002, di due elicotteri Agusta Bell AB 412 EP per un importo di circa EUR 18 milioni, mediante «trattativa privata, in deroga alla normativa indicata al successivo art. 4 [della stessa ordinanza]», cioè alla normativa nazionale di recepimento delle direttive in materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. La Commissione presentava un ricorso a norma dell’art. 226 CE dinanzi alla Corte di giudizia, che si è concluso con la pronuncia della sentenza 27 ottobre 2005, nella causa C-525/03 ( 6 )..

10.

Sulla base delle informazioni reperite nell’ambito del suddetto procedimento, la Commissione ha potuto verificare che l’infrazione specifica che ne aveva formato l’oggetto non costituiva un precedente isolato ma era invece sintomatica di una prassi generale di affidamento diretto degli appalti per l’acquisto di elicotteri di fabbricazione «Agusta» e «Agusta Bell», al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza, per sopperire alle necessità dei vari corpi dello Stato. La Commissione decideva perciò di avviare un’ulteriore procedura d’infrazione (n. 2003/2158).

11.

Con riguardo, in particolare, al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco (Ministero dell’Interno), alla Commissione risultava che esso aveva concluso direttamente con la società «Agusta», senza alcuna procedura di messa in concorrenza, i seguenti contratti: i) in data 10 giugno 2002, un contratto per l’acquisto di quattro elicotteri Agusta Bell AB 412, per un importo di circa EUR 30,5 milioni; ii) il 23 dicembre 2002, un contratto per l’acquisto di quattro elicotteri Agusta A 109 Power per un importo di circa EUR 33,6 milioni, e iii) il 19 marzo 2003, un contratto di leasing di quattro elicotteri A 109 Power per un importo di circa EUR 12,8 milioni. La Commissione rilevava che la flotta elicotteristica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco era composta prevalentemente da elicotteri di fabbricazione «Agusta» o «Agusta Bell».

12.

Con riguardo al Corpo dei Carabinieri (Ministero della Difesa), le informazioni pervenute alla Commissione indicavano che anche questo aveva concluso, negli anni 2000-2002, due contratti con la società Agusta per l’acquisto di quattro elicotteri, senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza. La Commissione rilevava che anche la flotta elicotteristica del Corpo dei Carabinieri era composta in prevalenza da elicotteri di fabbricazione «Agusta» o «Agusta Bell».

13.

Quanto al Corpo Forestale dello Stato (Ministero delle politiche agricole e forestali), oltre agli acquisti che hanno formato oggetto della causa C-525/03, tale Corpo avrebbe acquistato un altro elicottero Agusta. Come nei precedenti casi, la Commissione rilevava che anche la flotta elicotteristica del Corpo Forestale era composta fondamentalmente da elicotteri «Agusta» o «Agusta Bell».

14.

Con riguardo al Dipartimento della Protezione civile, la Commissione veniva informata che tale Dipartimento aveva concluso un contratto di leasing per l’acquisto di elicotteri «Agusta».

15.

Quanto agli altri corpi, la Commissione constatava — pur non disponendo di informazioni circa i contratti specifici — che le flotte aeree della Guardia Costiera, che costituisce un’articolazione delle Capitanerie di Porto (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), della Guardia di Finanza (Ministero dell’economia e delle Finanze) e della Polizia di Stato (Ministero degli Interni) erano altresì composte esclusivamente o in massima parte da elicotteri di fabbricazione «Agusta» o «Agusta Bell».

B — Procedimento precontenzioso

16.

La Commissione, non avendo reperito informazioni circa l’avvenuto espletamento di gare a livello comunitario per l’acquisto di elicotteri per sopperire alle necessità dei suddetti dipartimenti e ministeri italiani, considerava che tali elicotteri, di fabbricazione «Agusta», fossero stati acquistati direttamente, senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza a livello comunitario, in violazione delle direttive 93/36, 77/62, 80/767 e 88/295. In data 17 ottobre 2003, la Commissione inviava al governo italiano una lettera di diffida, con la quale lo invitava a presentare le proprie osservazioni.

17.

Le autorità italiane rispondevano alla suddetta lettera mediante comunicazione fax della Rappresentanza permanente presso l’Unione europea in data 9 dicembre 2003. Non considerando sufficiente la risposta fornita dalle autorità italiane, la Commissione inviava alla Repubblica italiana, in data 5 febbraio 2004, un parere motivato, invitandola a conformarsi allo stesso entro un termine di due mesi decorrenti dalla sua notifica.

18.

Le autorità italiane rispondevano al parere motivato mediante tre lettere della Rappresentanza permanente presso l’Unione europea ( 7 ).

19.

La Commissione, non considerando le argomentazioni svolte dalla Repubblica italiana sufficienti a far cadere i rilievi formulati nel parere motivato, ed avendo constatato che nessuna misura era stata adottata al fine di porre termine alla prassi contestata, il 15 settembre 2005 ha proposto il presente ricorso dinanzi alla Corte ( 8 ).

20.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

«1.

dichiarare che, avendo il governo italiano, e in particolare i Ministeri dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle Finanze, delle Politiche agricole e forestali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, e il dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appalti per l’acquisto di elicotteri di fabbricazione “Agusta” e “Agusta Bell”, per soddisfare le necessità dei corpi dei Vigili del Fuoco, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, nonché del dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza, e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva 93/36/CEE e, prima ancora, dalle direttive 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE, la Repubblica italiana ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza delle suddette direttive;

2.

condannare la Repubblica italiana alle spese».

21.

La Repubblica italiana chiede che il ricorso venga respinto in quanto irricevibile o, in ogni caso, infondato.

22.

Entrambe le parti hanno svolto osservazioni orali all’udienza, che si è tenuta il 17 aprile 2007.

III — Valutazione

A — Osservazioni preliminari

23.

È importante rilevare che il governo italiano non contesta il fatto di aver utilizzato la procedura negoziata per l’acquisto di elicotteri destinati a corpi dello Stato, né di avere direttamente affidato i contratti alla società Agusta senza la previa pubblicazione di un bando di gara a livello comunitario. Pertanto, nella presente causa, la questione da discutere è se l’Italia potesse legittimamente derogare alla normativa comunitaria sugli appalti pubblici di forniture ( 9 ). Nelle conclusioni, la Commissione si riferisce non soltanto alla direttiva 93/36, ma anche alle direttive precedenti, e segnatamente alle direttive 77/62, 80/767 e 88/295. Ciononostante, in considerazione della somiglianza tra le disposizioni rilevanti di tali direttive, come suggerisce la stessa Commissione, ritengo sufficiente, per esigenze di chiarezza e di semplicità, riferirmi, nel corso della mia analisi, unicamente alla direttiva 93/36.

B — Sulla ricevibilità

24.

Nel controricorso, il governo italiano eccepisce l’irricevibilità del presente ricorso.

1. Principali argomenti delle parti

25.

L’Italia sostiene che, durante il procedimento precontenzioso, la Commissione non ha contestato le forniture militari, riferendosi unicamente a quelle civili. Inoltre, nella fase precontenziosa la Commissione si sarebbe limitata a menzionare una serie di contratti conclusi recentemente, vale a dire, nel 2002 e nel 2003, con l’impresa Agusta, dal Corpo dei Vigili del Fuoco, dal Corpo Forestale e dai Carabinieri. Pertanto, non vi sarebbe corrispondenza tra le contestazioni svolte in sede di procedimento precontenzioso e le conclusioni del presente ricorso. Inoltre, nella controreplica, tale Stato membro sostiene che, tenuto conto della natura generica e imprecisa dei fatti allegati dalla Commissione, il ricorso non risulta conforme ai criteri fissati dalla giurisprudenza. La Repubblica italiana deduce che tale imprecisione ha leso gravemente i suoi diritti di difesa.

26.

Infine, il governo italiano considera irricevibile la parte del ricorso che si riferisce agli appalti di forniture conclusi per le esigenze del Corpo Forestale dello Stato, in quanto tali forniture erano basate sull’ordinanza n. 3231. Il principio del ne bis in idem sarebbe quindi disatteso, in quanto tale ordinanza sarebbe già stata esaminata dalla Corte nell’ambito della causa C-525/03 ( 10 ).

27.

La Commissione confuta gli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana. Essa obietta che il procedimento precontenzioso non si è mai riferito a forniture militari, bensì a forniture civili destinate, in particolare, alle esigenze di taluni corpi militari dello Stato. Per quanto riguarda l’asserita imprecisione dei fatti allegati dalla Commissione, essa replica che è risultato sempre chiaro fin dalla lettera di diffida che oggetto del procedimento era la prassi, protrattasi per lungo tempo e ininterrotta, dell’affidamento diretto di appalti alla società Agusta. L’oggetto del procedimento era chiaro all’Italia, che quindi era in grado di difendersi e lo ha fatto, anche producendo una serie di documenti in allegato. La Commissione sottolinea altresì che la procedura all’origine della causa C-525/03 aveva un oggetto diverso da quello del presente ricorso.

2. Valutazione

28.

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la Commissione è tenuta ad indicare, in ogni ricorso proposto ai sensi dell’art. 226 CE, i motivi esatti sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali detti motivi si fondano ( 11 ).

29.

Al riguardo, anche se l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’art. 226 CE è definito dal procedimento precontenzioso previsto in tale disposizione e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure, ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, ove l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto. La Commissione, quindi, può precisare i suoi addebiti iniziali nel ricorso, a condizione, tuttavia, che non modifichi l’oggetto della controversia ( 12 ).

30.

Anzitutto, trovo convincente l’argomentazione della Commissione secondo cui l’aggettivo «militari» si riferisce chiaramente ad alcuni «corpi» dello Stato, e non alle «forniture», come sostiene il governo italiano ( 13 ). Dal fascicolo di cui dispone la Corte, emerge chiaramente che il ricorso della Commissione riguarda solo le forniture a scopi civili per soddisfare le necessità di determinati corpi dello Stato italiani, alcuni dei quali sono militari ed altri, civili. Infatti, da un confronto fra il parere motivato ed il ricorso, che sono strutturati in termini quasi identici, risulta che entrambi si fondano sui medesimi rilievi. Di conseguenza, l’argomento del governo italiano secondo cui la censura formulata durante il procedimento precontenzioso non corrisponderebbe alle conclusioni del presente ricorso non puè essere accolto.

31.

In secondo luogo, con riguardo al rilievo del governo italiano secondo cui i fatti allegati dalla Commissione sarebbero vaghi ed imprecisi, ritengo che nella fase precontenziosa di questo procedimento sia stato chiaramante illustrato per quali ragioni la Commissione sostiene che la Repubblica italiana non si è conformata alla direttiva sulle pubbliche forniture. Invero, al punto 14 del parere motivato e al punto 25 della lettera di diffida, la Commissione ha detto in termini inequivocabili di non essere stata in grado di ottenere alcuna informazione in base alla quale avrebbe potuto confermare che il governo italiano aveva seguito le procedure sugli appalti pubblici stabilite a livello comunitario per l’acquisto di elicotteri, conformemente alla direttiva 93/93, e, ancor prima di essa, alle direttive 77/62, 80/767 e 88/295. Le allegazioni erano perciò sufficientemente chiare per consentire al governo italiano di difendersi.

32.

Infine, ritengo che il principio del ne bis in idem non sia stato violato nel presente procedimento. A mio parere, l’oggetto della causa C-525/03 riguardava un’ordinanza nazionale specifica (segnatamente, l’ordinanza n. 3231) che autorizzava il ricorso alla procedura negoziata in deroga alle direttive sugli appalti pubblici di forniture e di servizi. Invero, tale ricorso è stato giudicato irricevibile a causa della validità temporanea dell’ordinanza. Nel presente procedimento non è stato chiesto un riesame della legittimità dell’ordinanza n. 3231. Il presente ricorso ha piuttosto ad oggetto l’asserita prassi di affidamento diretto di appalti per l’acquisto di elicotteri Agusta al di fuori di ogni procedura di messa in concorrenza a livello comunitario.

33.

Da quanto suesposto, discende che l’eccezione di irricevibilità sollevata dal governo italiano dev’essere respinta.

C — Nel merito

1. I rapporti «in-house» con l’Agusta

34.

Al fine di stabilire se l’Italia abbia realmente agito in contrasto con le direttive sugli appalti di pubbliche forniture, devo esaminare anzitutto l’argomento del governo italiano secondo cui fino alla fine degli anni novanta i suoi rapporti con la ditta Agusta si qualificavano come rapporti «in-house».

a) Principali argomenti delle parti

35.

L’Italia sostiene che nel caso della società Agusta si trattava di rapporti «in-house» e, nel controricorso, ricostruisce la vicenda della partecipazione pubblica in tale società. Sebbene l’Italia riconosca che gli affidamenti diretti di appalti da parte dello Stato ad imprese all’epoca appartenenti al sistema delle partecipazioni statali difficilmente si potrebbero conciliare con la giurisprudenza sugli appalti «in-house», nondimeno tale Stato membro rileva che, nel caso dei rapporti tra la società Agusta e lo Stato italiano, ci si trovava piuttosto in presenza di forme che esso definisce di «autoproduzione di beni e servizi» — che venivano utilizzate dallo Stato e che costituivano parte fondamentale del portafoglio produttivo delle società a partecipazione statale.

36.

La Commissione sostiene che le autorità italiane non hanno dimostrato che, nella presente fattispecie, siano soddisfatte le condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Teckal ( 14 ), essendosi limitate a fornire informazioni vaghe e imprecise.

b) Valutazione

37.

Come rileva giustamente la Commissione, è importante ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il ricorso alla gara d’appalto, conformemente alle direttive relative all’aggiudicazione degli appalti pubblici, non è obbligatorio, anche quando il contraente è un ente giuridicamente distinto dall’amministrazione aggiudicatrice, qualora due condizioni cumulative siano soddisfatte. Da un lato, l’amministrazione pubblica, che è un’amministrazione aggiudicatrice, deve esercitare sull’ente distinto in questione un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e, dall’altro, l’ente di cui trattasi deve svolgere la parte più importante della sua attività con l’ente o gli enti pubblici che lo detengono ( 15 ).

38.

L’Italia era tenuta non soltanto a invocare l’esistenza di tale rapporto tra l’amministrazione aggiudicatrice e la società Agusta, ma anche a fornire le prove pertinenti al riguardo, che avrebbero consentito alla Corte di concludere inequivocabilmente per la sussistenza delle suddette due condizioni. Tuttavia, da un esame del fascicolo di causa presentato alla Corte emerge che gli argomenti addotti dall’Italia al riguardo sono piuttosto inconcludenti e non vengono supportati da alcun documento rilevante. Pertanto, nella presente fattispecie, il governo italiano non ha dimostrato che le due summenzionate condizioni fossero soddisfatte.

39.

Inoltre, la Corte ha di recente chiarito che la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi l’amministrazione aggiudicatrice esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi ( 16 ).

40.

Di conseguenza, alla luce della circostanza messa in rilievo dalla Commissione, che nel ventennio tra gli anni settanta e novanta la società Agusta non è mai stata detenuta integralmente dallo Stato italiano, basta tale dato, da solo, ad escludere l’esistenza di un rapporto in-house con la medesima società ( 17 ). Inoltre, anche per quanto riguarda il periodo successivo al 2000, quando è stata creata l’impresa comune «Agusta Westland» con la società britannica Westland, il rapporto «in-house» con lo Stato italiano dev’essere escluso.

41.

Pertanto, devo adesso esaminare se le direttive sugli appalti di pubbliche forniture siano state violate.

2. Sull’esistenza della prassi

a) Principali argomenti delle parti

42.

Dato che le pubbliche forniture in oggetto rientrano tra le ipotesi contemplate dalla direttiva 93/36, in quanto, a causa del prezzo elevato degli elicotteri, i relativi appalti hanno sempre ampiamente superato la soglia di 130000 diritti speciali di prelievo (DSP) ( 18 ), la Commissione sostiene che l’affidamento di tali appalti avrebbe dovuto comportare il ricorso ad una procedura aperta o ristretta, conformemente all’art. 6 della direttiva, ma non poteva avvenire attraverso una procedura negoziata. Pertanto, la Commissione ritiene che sia dimostrata una violazione del diritto comunitario. Poiché le autorità italiane hanno esplicitamente ammesso di aver acquistato gli elicotteri Agusta senza far ricorso ad alcuna messa in concorrenza a livello comunitario prima del 2000, la Commissione sostiene che la prassi dell’affidamento diretto di contratti alla società Agusta è continuata anche dopo il 2000, ciò che sarebbe confermato dai contratti allegati al ricorso.

43.

In sostanza, per quanto concerne gli acquisti effettuati anteriormente al 2000, l’Italia sostiene che si trattava di appalti «in-house», mentre, con riguardo agli acquisti recenti, essa fa valere che l’affidamento diretto degli appalti è una conseguenza del clima creatosi nell’ambito della sicurezza internazionale in seguito all’11 settembre 2001. Pertanto, gli elicotteri civili devono essere assimilati agli elicotteri militari. Gli acquisti controversi erano perciò esclusi dall’applicazione del diritto comunitario in forza dell’art. 296 CE.

b) Valutazione

44.

La Commissione sostiene che la prassi contestata era «generale» e «sistematica», e fa valere una violazione delle direttive 93/36 e 77/62, nonché delle altre direttive applicabili nel frattempo. Ne deriva che la prassi dell’affidamento sistematico diretto alla società Agusta degli appalti per l’acquisto di elicotteri può essersi protratta verosimilmente per una trentina d’anni.

45.

Il governo italiano non nega l’esistenza della prassi sopraccitata. Per giunta, negli allegati al controricorso, l’Italia conferma effettivamente il rilievo della Commissione al riguardo. Ne deriva che l’Italia ha, infatti, fatto ricorso alla procedura negoziata senza alcuna messa in concorrenza a livello comunitario. È pertanto necessario verificare se lo Stato membro convenuto potesse legittimamente derogare a tale direttiva.

46.

Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 93/36 indica chiaramente che la procedura negoziata dev’essere ritenuta eccezionale e che dev’essere applicata soltanto in casi limitati. A tal fine, l’art. 6, nn. 2 e 3, della direttiva, elenca in maniera precisa ed esauriente i casi in cui è ammesso il ricorso alla procedura negoziata senza la previa pubblicazione di un bando di gara ( 19 ).

47.

Si deve inoltre tenere presente che le disposizioni che autorizzano deroghe alle norme miranti a garantire l’efficacia dei diritti conferiti dal Trattato nel settore degli appalti pubblici di forniture devono essere interpretate restrittivamente ( 20 ). Per evitare che la direttiva 93/36 venga privata di effetto utile, gli Stati membri non possono quindi introdurre ipotesi di ricorso alla procedura negoziata non previste dalla direttiva medesima o aggiungere alle ipotesi ivi espressamente previste nuove condizioni aventi l’effetto di rendere più agevole il ricorso alla detta procedura ( 21 ). Inoltre, l’onere di dimostrare che sussistono effettivamente circostanze eccezionali che giustificano una deroga grava su colui che intenda avvalersene ( 22 ).

48.

Nei successivi paragrafi è pertanto necessario esaminare se l’Italia soddisfi o meno le condizioni che rientrano nei casi di deroga espressamente previsti dal Trattato e/o dalla direttiva, sulle quali tale Stato membro fonda la sua difesa.

3. Le legittime esigenze d’interesse nazionale

a) Principali argomenti delle parti

49.

L’Italia sostiene che l’acquisto degli elicotteri in oggetto risponde alle esigenze legittime d’interesse nazionale, previste dagli artt. 296 CE e 2, n. 1, lett. b), della direttiva. Secondo l’Italia, tali disposizioni sarebbero applicabili alla fattispecie in quanto, nel caso degli elicotteri controversi, si tratterebbe di merci a «duplice uso» («dual-use goods»), ossia, atti ad essere utilizzati per scopi sia civili che militari.

50.

Anzitutto, il governo italiano afferma che l’art. 296 CE contempla tutte le forniture per i corpi militari dello Stato italiano. Per quanto riguarda gli altri corpi, tale governo rileva che, a partire dal 2001, esse sono state progressivamente attratte in un’area specifica afferente alla sicurezza dello Stato (o «sicurezza interna») e assoggettate ad un particolare regime che tende ad assimilarle a quelle militari ( 23 ). L’Italia rileva che nella causa Leifer ( 24 ), che riguardava una deroga all’art. 28 CE in relazione a determinate merci a duplice uso, la Corte ha riconosciuto espressamente che gli Stati membri dispongono di un certo potere discrezionale quando adottano misure che ritengono necessarie per garantire la pubblica sicurezza, sia interna che esterna.

51.

Al riguardo, l’Italia si riferisce alla sentenza del Tribunale di primo grado nella causa Fiocchi Munizioni ( 25 ), in cui il giudice comunitario ha dichiarato che il regime istituito dall’art. 296, n. 1, lett. b), CE intende preservare la libertà di azione degli Stati membri in talune materie concernenti la difesa e la sicurezza nazionali. Tale disposizione conferisce agli Stati membri un potere discrezionale particolarmente ampio nel determinare le esigenze che meritano siffatta protezione.

52.

In secondo luogo, l’Italia asserisce che il potenziale utilizzo degli elicotteri in parola nella lotta contro il terrorismo o nell’ambito di missioni per la salvaguardia dell’ordine pubblico renderebbe applicabile la deroga ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva. Lo Stato membro convenuto invoca altresì le esigenze di riservatezza legate all’acquisto dei detti elicotteri.

53.

La Commissione sostiene che l’Italia non ha dimostrato la sussistenza, nella fattispecie, dei presupposti che giustificavano l’applicazione dell’art. 30 CE e della tesi sui «beni dal doppio uso». Inoltre, con riguardo all’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva, e all’argomento secondo cui la divulgazione di alcune informazioni riguardanti gli acquisti controversi sarebbe stata contraria agli interessi essenziali dell’Italia, la Commissione replica che tale Stato membro non ha specificato a quali «informazioni» si riferisca. Per quanto concerne l’art. 296 CE, ciò di cui si discute nel presente ricorso non riguarda misure che si riferiscano al «commercio d’armi, munizioni e materiale bellico», ma piuttosto l’acquisto di elicotteri adibiti principalmente ad usi civili. L’Italia non ha dimostrato che, nella fattispecie, si trattasse di una misura necessaria alla tutela dei suoi interessi essenziali, come la sicurezza, ciò che è una condizione indispensabile ai fini dell’applicazione dell’art. 296 CE. La Commissione sostiene che l’unico utilizzo certo degli elicotteri risultava essere per scopi civili, mentre l’uso militare rimaneva solo eventuale e incerto. Pertanto, secondo la ricorrente, l’art. 296 CE non è applicabile alla fattispecie. Anche nell’ipotesi in cui le forniture controverse fossero di carattere militare, l’art. 296 CE non autorizzerebbe comunque una deroga automatica come quella applicata dall’Italia nel presente caso. Una misura che sottragga un intero settore industriale alle procedure in materia di concorrenza con il fine di tutelare la sicurezza nazionale non appare né proporzionata né necessaria.

b) Valutazione

54.

Come la Corte ha già affermato, il Trattato prevede deroghe da applicare in situazioni che possono compromettere la pubblica sicurezza soltanto negli artt. 30 CE, 39 CE, 46 CE, 58 CE, 64 CE, 296 CE e 297 CE, che riguardano ipotesi eccezionali chiaramente delimitate. Non è lecito dedurne una riserva generale, inerente al Trattato, che escluda dall’ambito d’applicazione del diritto comunitario qualsiasi provvedimento adottato per motivi di pubblica sicurezza. Ammettere l’esistenza di una riserva del genere, prescindendo dai presupposti specifici stabiliti dal Trattato, rischierebbe di compromettere la forza cogente e l’applicazione uniforme del diritto comunitario ( 26 ). La pubblica sicurezza può essere quindi invocata solamente in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. Inoltre, tali deroghe non possono essere distolte dalla loro sua funzione per essere utilizzate, in realtà, a fini puramente economici ( 27 ).

55.

La Corte ha altresì affermato che spetta allo Stato membro che intende avvalersi di tali eccezioni fornire la prova che le esenzioni in questione non superano i limiti delle ipotesi suddette e che sono necessarie alla tutela degli interessi essenziali della sua sicurezza ( 28 ).

56.

Nel controricorso, l’Italia fonda la sua difesa, in particolare, sull’art. 296 CE. Tale disposizione ha lo scopo di coordinare nonché di equilibrare i rapporti e le tensioni tra la tutela della concorrenza nel mercato comune, da un lato, e la tutela degli interessi essenziali di sicurezza degli Stati membri che si collegano alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico degli Stati medesimi, dall’altro, sicché a questi ultimi è consentito derogare al diritto comunitario, ma solo nel rispetto delle rigide condizioni all’uopo prescritte.

57.

In quanto costituisce una deroga, la detta disposizione deve essere interpretata restrittivamente.

58.

Ne deriva che tale deroga, come avviene per quella contenuta nell’art. 30 CE, non può essere considerata un’esenzione applicabile in forma automatica e/o generale, di cui uno Stato membro possa avvalersi indipendentemente dalle circostanze particolari di una data situazione. L’art. 296 CE dovrebbe essere applicato dagli Stati membri caso per caso e, in una situazione come quella che ci occupa, ogni singolo appalto deve essere esaminato. Ai sensi dell’art. 296 CE, le misure che vengono applicate da uno Stato membro e che si riferiscono alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico devono risultare necessarie alla tutela degli interessi essenziali della sua sicurezza. Inoltre, l’art. 296 CE pone la condizione che «tali misure non devono alterare le condizioni di concorrenza nel mercato comune per quanto riguarda i prodotti che sono destinati a fini specificamente militari» (il corsivo è mio). Per di più, l’art. 296 CE si applica solo ai prodotti che figurano in un elenco allegato a una decisione del Consiglio del 15 aprile 1958 ( 29 ).

59.

A mio parere, ove l’applicazione dell’art. 296 CE da parte di uno Stato membro alteri le condizioni di concorrenza nel mercato comune, lo Stato membro interessato deve dimostrare che i prodotti di cui trattasi sono destinati a fini specificamente militari ( 30 ). Secondo me, tale clausola già di per sé esclude le merci a duplice uso. ( 31 )

60.

La natura dei prodotti figuranti nell’elenco del 1958 e il riferimento esplicito dell’art. 296 CE ai «fini specificamente militari» confermano che solo il commercio in attrezzature che sono progettate, elaborate e fabbricate a fini specificamente militari può essere esentato dall’applicazione delle regole comunitarie in materia di concorrenza sulla base dell’art. 296, n. 1, lett. b), CE ( 32 ). La condizione che le merci siano destinate a fini specificamente militari significa, per esempio, che la fornitura di un elicottero a corpi militari dello Stato, ma adibito ad usi civili, deve conformarsi alle norme in materia di appalti pubblici. A fortiori, le forniture di elicotteri destinati a dipartimenti civili di uno Stato membro che solo ipoteticamente possono essere usati, come fa valere l’Italia, anche a fini militari devono necessariamente rispettare tali regole.

61.

Nel caso che ci occupa, l’Italia non ha mai sostenuto che tutti gli elicotteri in oggetto erano stati acquistati a fini specificamente militari. Piuttosto, il governo italiano asserisce, in sostanza, che i detti elicotteri possono anche, ipoteticamente, essere impiegati a fini militari ma che, al contempo, vengono utilizzati a fini civili. Dal fascicolo presentato dinanzi alla Corte emerge quindi chiaramente che gli elicotteri di cui trattasi non erano adibiti ad usi specificamente militari. Di conseguenza, l’Italia non può fondare la sua difesa sull’art. 296, n. 1, lett. b), CE.

62.

L’Italia non ha cercato di dimostrare che le sue preoccupazioni in merito alla riservatezza non potevano trovare un’adeguata soluzione conformemente alle procedure stabilite nella direttiva, in particolare, con il ricorso alla procedura ristretta, di cui all’art. 1, lett. e), della stessa. Invece, l’Italia ha sottratto una parte importante delle forniture di elicotteri per l’amministrazione centrale dello Stato italiano al campo di applicazione delle norme sugli appalti pubblici, affidando i contratti direttamente e sistematicamente all’Agusta. Tale prassi risulta chiaramente sproporzionata rispetto alla dichiarata esigenza di tutela della riservatezza ( 33 ).

63.

Inoltre, per quanto concerne l’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva, il fatto che gli elicotteri in parola siano adibiti esclusivamente o principalmente ad usi civili invalida l’argomento dell’Italia relativo all’esigenza di garantire la riservatezza degli acquisti di elicotteri nel presente caso e, di conseguenza, una deroga ai sensi di tale disposizione non è applicabile agli elicotteri che formano oggetto del presente procedimento.

4. Sull’omogeneità/interoperabilità della flotta elicotteristica

a) Principali argomenti delle parti

64.

L’Italia sostiene che, a causa delle caratteristiche tecniche specifiche degli elicotteri e del fatto che le forniture di cui trattasi costituivano consegne complementari, il governo era autorizzato ad affidare gli appalti tramite procedura negoziata, in applicazione dell’art. 6, n. 3, lett. c) ed e), della direttiva 93/36.

65.

La Commissione asserisce che le due eccezioni poc’anzi menzionate non sono pertinenti nel caso in esame. Con riguardo alle consegne complementari, tale istituzione sostiene che, per di più, la fattispecie era soggetta all’applicazione della regola dei tre anni di cui all’art. 6, n. 3, lett. e), e che, in ogni caso, poiché le consegne precedenti erano illegali, anche quelle complementari erano, per definizione, illegali.

b) Valutazione

66.

Basti constatare che l’Italia non è riuscita a spiegare né a dimostrare a sufficienza quali elementi l’hanno portata a ritenere che solo gli elicotteri di fabbricazione Agusta avessero le caratteristiche necessarie per giustificare il loro acquisto ai sensi dell’art. 6, n. 3, lett. c) ed e), della direttiva. Inoltre, concordo con la Commissione nel considerare non pertinente ai fini del presente procedimento il fatto, allegato dall’Italia, secondo cui altri Stati membri produttori di elicotteri seguirebbero la medesima procedura.

67.

Di conseguenza, sulla base delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che la Repubbloca italiana è venuta meno ai propri obblighi in forza della direttiva 93/36 e, prima di essa, delle direttive 77/62, 80/767 e 88/295.

IV — Sulle spese

68.

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, il governo italiano, in quanto parte soccombente, dev’essere condannato alle spese.

V — Conclusione

69.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di:

1)

dichiarare che, avendo il governo italiano, e in particolare i Ministeri dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle Finanze, delle Politiche agricole e forestali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, e il dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, posto in essere una prassi, esistente da lungo tempo e tuttora seguita, di affidamento diretto degli appalti per l’acquisto di elicotteri di fabbricazione «Agusta» e «Agusta Bell», per sopperire alle necessità dei Corpi dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia costiera, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, nonché del dipartimento della Protezione civile, al di fuori di qualsiasi procedura di messa in concorrenza, e, segnatamente, senza rispettare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e, prima ancora, dalle direttive del Consiglio 77/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE, la Repubblica italiana ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza delle suddette direttive;

2)

condannare la Repubblica italiana alle spese.


( 1 ) Lingua originale: l'inglese.

( 2 ) Direttiva 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1).

( 3 ) Direttiva 21 dicembre 1976, 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU 1977, L 13, pag. 1).

( 4 ) Direttiva 22 luglio 1980, 80/767/CEE, che adatta e completa, per quanto riguarda alcune amministrazioni aggiudicatrici, la direttiva 77/62/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 215, pag. 1).

( 5 ) Direttiva 22 marzo 1988, 88/295/CEE, che modifica la direttiva 77/62/CEE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e che abroga talune disposizioni della direttiva 80/767/CEE (GU L 127, pag. 1).

( 6 ) Commissione/Italia (Racc. pag. I-9405)

( 7 ) i) La prima lettera, del 5 aprile 2004, contenente una nota del capo dell’ufficio legislativo del Ministero delle Politiche comunitarie del 2 aprile 2004; ii) la seconda, del 13 maggio 2004, contenente una nota del presidente del Consiglio dei Ministri (dipartimento delle Politiche comunitarie) dell’11 maggio 2004, iii) e la terza, in data 27 maggio 2004, contenente una nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri (dipartimento della Protezione civile) del 12 maggio 2004.

( 8 ) La Commissione segnala inoltre che, secondo le informazioni di cui dispone, nel dicembre 2003 il governo italiano ha acquistato direttamente, mediante procedura negoziata, ulteriori elicotteri di fabbricazione Agusta per soddisfare le necessità della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato, dei Carabinieri e del Corpo Forestale; come risulta dalla data di registrazione dei relativi contratti presso la Corte dei Conti italiana, l’Italia non ha annullato tali contratti dopo aver ricevuto il parere motivato.

( 9 ) Precisamente, alla direttiva 93/36 e, prima ancora di essa, alle direttive 77/62, 80/767 e 88/295.

( 10 ) Cit. alla nota 6

( 11 ) V., in particolare, sentenza 23 ottobre 1997, causa C-375/95, Commissione/Grecia, (Racc. pag. I-5981, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., più recentemente, sentenza 26 aprile 2007, causa C-195/04, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I-3351, punto 18 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria (Racc. pag. I-9705, punti 25-27 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) Come giustamente rileva la Commissione nella replica, l’Italia stessa dichiara, nel controricorso, che i Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera sono corpi di Stato a carattere militare. Gli altri organismi sono invece civili.

( 14 ) V. sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98 (Racc. pag. I-8121).

( 15 ) V. sentenza Teckal, cit. supra, alla nota 14 (punto 50), e, più recentemente, sentenza 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asociación Nacional de Empresas Forestales (Asemfo)/Transformación Agraria SA (Tragsa) e Administración del Estado (Racc. pag. 2999, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) V. sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle (Racc. pag. I-1, punti 49 e 50).

( 17 ) L’argomento dell’Italia secondo cui la giurisprudenza Stadt Halle non sarebbe applicabile in quanto è posteriore ai fatti di cui alla presente causa non è pertinente, a mio parere, poiché tale sentenza si è limitata ad interpretare il diritto come avrebbe dovuto essere interpretato ab initio.

( 18 ) Come indica l’art. 5, n. 1, lett. a), secondo trattino, della direttiva 93/36. Tale importo di DSP equivale approssimativamente alla somma di EUR 162000 per il 2002 ed il 2003.

( 19 ) V. sentenza Teckal, cit. supra, alla nota 14 (punto 43), a tenore della quale: «si deve ricordare che le uniche deroghe consentite all'applicazione della direttiva 93/36 sono quelle in essa tassativamente ed espressamente menzionate (v., con riferimento alla direttiva 77/62, sentenza 17 novembre 1993, causa C-71/92, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5923, punto 10)». Con riferimento, in particolare, alla direttiva 93/37/CEE, v. sentenza 17 settembre 1998, causa C-323/96, Commissione/Belgio (Racc. pag. I-5063, punto 34).

( 20 ) V. sentenza 10 marzo 1987, causa 199/85, Commissione/Italia (Racc. pag. 1039, punto 14).

( 21 ) V. sentenza 13 gennaio 2005, causa C-84/03, Commissione/Spagna (Racc. pag.   I-139, punti 48, 58 e dispositivo; v., inoltre, giurisprudenza ivi citata).

( 22 ) V. sentenza Commissione/Italia, cit. supra, alla nota 20 (punto 14). Più recentemente, con riferimento alla direttiva 93/38/CEE, v. sentenza 2 giugno 2005, causa C-394/02, Commissione/Grecia (Racc. pag.  I-4713, punto 33).

( 23 ) A parere dell’Italia, il fatto che gli elicotteri vengano adibiti solo eventualmente ad usi militari o paramilitari non mette in discussione il loro carattere di mezzi «non civili», in quanto la necessità di garantire che gli elicotteri siano idonei a realizzare scopi militari impone l’osservanza di taluni requisiti, fin dalle fasi dell’ordine e dell’appalto, specialmente per quanto riguarda i principi legati alla segretezza.

( 24 ) Sentenza 17 ottobre 1995, causa C-83/94 (Racc. pag. I-3231, punto 35).

( 25 ) Sentenza 30 settembre 2003, causa T-26/01, Fiocchi munizioni/Commissione (Racc. pag. II-3951, punto 58).

( 26 ) Sentenze 11 marzo 2003, causa C-186/01, Dory/Bundesrepublik Deutschland (Racc. pag. I-2479, punto 31); 11 gennaio 2000, causa C-285/98, Kreil (Racc. pag. I-69, punto 16); 26 ottobre 1999, causa C-273/97, Sirdar (Racc. pag. I-7403, punto 16), e 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punto 26).

( 27 ) Sentenza 14 marzo 2000, causa C-54/99, Association Eglise de scientologie de Paris e Scientology International Reserves Trust/Premier Ministre (Racc. pag. I-1335, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) Sentenza 16 settembre 1999, causa C-414/97, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5585, punto 22). V., inoltre, sentenza 4 ottobre 1991, causa C-367/89, Richardt e «Les Accessoires Scientifiques» (Racc. pag. I-4621, punti 20 e 21 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) Il 15 aprile 1958 il Consiglio ha approvato un elenco di prodotti cui si applica l’art. 296 CE. Tale elenco non è stato mai ufficialmente pubblicato o modificato, ma è accessibile al pubblico. V. interrogazione scritta E-1324/01 di Bart Staes (Verts/ALE) al Consiglio: Art. 296, n. 1, lett. b), del Trattato CE (GU C 364 E, del 20.12.2001, pag. 85).

( 30 ) Nella sentenza che ha definito la causa C-414/97, Commissione/Spagna (cit. supra alla nota 28, punto 22), la Corte ha dichiarato che «spetta allo Stato membro che intende avvalersi di tali eccezioni [vale a dire, degli artt. 30 CE e 296 CE] fornire la prova che le esenzioni non superano i limiti delle ipotesi suddette».

( 31 ) A contrario sensu, tuttavia, si dovrebbe osservare che i prodotti figuranti nell’elenco non destinati a fini specificamente militari rientrano nel campo d’applicazione delle norme in materia di appalti.

( 32 ) V. sentenza Fiocchi Munizioni, cit. alla nota 25 (punti 59 e 61).

( 33 ) Concordo con la Commissione nel ritenere utile richiamare, in proposito, le conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa C-349/97, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-3851, paragrafi 249-257), in cui afferma che le esigenze di riservatezza non possono essere invocate allo scopo di esentare un appalto pubblico dalla messa in concorrenza. In tale causa, la normativa applicabile era la direttiva 77/62, che è stata abrogata dalla direttiva 93/36.