CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

SHARPSTON

presentate il 13 luglio 2006 1(1)

Causa C-333/05

Ilona Németh

contro

Vám- és Pénzügyőrség Dél-Alföldi Regionális Parancsnoksága






1.     Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, il Bács-Kiskun Megyei Bíróság (Tribunale provinciale di Bács-Kiskun) ungherese chiede se una tassa nazionale sull’immatricolazione degli autoveicoli sia incompatibile con a) gli artt. 23 CE e 25 CE, che vietano i dazi doganali all’importazione e le tasse di effetto equivalente tra gli Stati membri; b) l’art. 90 CE, che vieta le imposizioni interne discriminatorie sui prodotti provenienti da altri Stati membri; o c) l’art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA (2), ai sensi del quale gli Stati membri possono mantenere o introdurre qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, semprechè tuttavia esse non diano luogo a formalità connesse con il passaggio delle frontiere intracomunitarie. La tassa in questione viene applicata a ogni veicolo immesso in circolazione per la prima volta nello Stato membro e il suo importo viene determinato sulla base delle caratteristiche tecniche del veicolo e di una classificazione in funzione di considerazioni di tutela ambientale, indipendentemente dal valore.

2.     Questioni relative alla medesima tassa d’immatricolazione sono state sottoposte alla Corte nella causa C-290/05, Nádasdi, in cui presento le mie conclusioni in data odierna. Tuttavia, le questioni sollevate in quella causa sono specificamente limitate agli effetti della tassa sui veicoli usati e alla compatibilità con l’art. 90 CE.

 Ambito normativo comunitario

 Disposizioni del Trattato e legislazione

3.     L’art. 23 CE (3) dispone:

«1.   La Comunità è fondata sopra un’unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente (…)

2.     Le disposizioni dell’articolo 25 (…) si applicano ai prodotti originari degli Stati membri e ai prodotti provenienti da paesi terzi che si trovano in libera pratica negli Stati membri».

4.     L’art. 25 CE così recita:

«I dazi doganali all’importazione o all’esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale».

5.     L’art. 90 CE prevede quanto segue:

«Nessuno Stato membro applica, direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari.

Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni».

6.     L’art. 33, n. 1, della sesta direttiva così recita:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, in particolare quelle previste dalle vigenti disposizioni comunitarie relative al regime generale per la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accise, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e, più in generale, qualsiasi imposta, diritto e tassa che non abbia il carattere di imposta sulla cifra d’affari, semprechè tuttavia tale imposta, diritto e tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 Giurisprudenza

7.     Le menzionate disposizioni sono state esaminate dalla Corte in varie occasioni, con specifico riferimento ad imposte nazionali applicate agli autoveicoli importati da altri Stati membri.

8.     Innanzitutto, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, le disposizioni dell’art. 25 CE, relative alle tasse di effetto equivalente, e quelle dell’art. 90 CE, concernenti imposizioni interne discriminatorie, non sono applicabili cumulativamente, di modo che una stessa imposizione non può ricadere contemporaneamente in queste due categorie (4).

9.     A tale proposito, una tassa sull’immatricolazione degli autoveicoli, riscossa non a causa dell’attraversamento della frontiera dello Stato membro, bensì in occasione della prima immatricolazione del veicolo nel territorio di tale Stato, dev’essere considerata rientrante in un regime generale di tributi interni sulle merci e va quindi esaminata alla luce dell’art. 90 CE. (5)

10.   Per quanto riguarda la tassazione dei veicoli d’occasione alla luce dell’art. 90 CE, ho riassunto le decisioni più pertinenti della Corte (6) ai paragrafi 4-22 delle mie conclusioni nella causa Nádasdi, cui faccio rinvio.

11.   Da tale giurisprudenza si può desumere che, per risultare compatibile con l’art. 90 CE, primo comma, una tassa nazionale riscossa una tantum su ogni veicolo, all’atto della sua prima immatricolazione in uno Stato membro, dev’essere calcolata, nella misura in cui gravi sui veicoli usati, in modo da evitare ogni discriminazione contro tali veicoli provenienti da altri Stati membri. La tassa in questione, pertanto, non deve imporre sui veicoli usati importati un onere superiore a quello dell’imposta residuale incorporata nel prezzo di un veicolo equivalente immatricolato per la prima volta nello stesso Stato membro in una fase precedente del suo ciclo di vita.

12.   In tali sentenze, la Corte ha inoltre precisato che, per poter valutare la compatibilità con l’art. 90 CE, occorre prendere in considerazione anche le modalità di riscossione della tassa; che il perseguimento di un obiettivo di tutela dell’ambiente non esonera uno Stato membro dall’obbligo di evitare le discriminazioni; che il deprezzamento non dev’essere valutato necessariamente caso per caso ma può basarsi su tariffe o tabelle che utilizzino criteri pertinenti tali da riflettere con buona approssimazione il valore deprezzato e che un proprietario deve potersi opporre all’applicazione di tali tariffe o tabelle qualora non tengano conto delle caratteristiche reali di un determinato veicolo.

13.   Il regime di tassazione dei veicoli nuovi rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 90, primo comma, CE soltanto ove si tratti di produzione nazionale. Ove tale regime fiscale non determini una discriminazione palese contro i veicoli importati da altri Stati membri, che sarebbe chiaramente contraria alla suddetta disposizione, potrebbe tuttavia porsi la questione se tale regime fiscale sia strutturato in modo da avere un effetto indirettamente discriminatorio o protezionistico. A tale proposito, la Corte ha dichiarato che un sistema di tassazione non può essere considerato discriminatorio per il solo motivo che la categoria tassata in misura maggiore è esclusivamente composta da prodotti importati, in particolare da altri Stati membri, a condizione che la differenza di aliquota non abbia l’effetto di favorire la vendita di autoveicoli di fabbricazione nazionale a scapito di quelli importati da altri Stati membri (7).

14.   L’art. 90, secondo comma, CE vieta le imposizioni interne tali da determinare un «protezionismo fiscale indiretto nel caso di prodotti che, senza essere similari, ai sensi del primo comma, a prodotti nazionali, nondimeno si trovino con taluni di essi in un rapporto di concorrenza anche parziale, indiretta o potenziale» (8). Non sembrano esservi casi in cui sia stato dichiarato, o sostenuto, che la tassazione degli autoveicoli importati determini una protezione indiretta di prodotti diversi dagli autoveicoli.

15.   Infine, conformemente a una giurisprudenza consolidata della Corte, la qualificazione di un tributo quale imposta sulla cifra d’affari ai sensi dell’art. 33, n. 1, della sesta direttiva IVA dipende dalla questione se esso presenti le caratteristiche essenziali di un’imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva stessa. Fra tali caratteristiche essenziali rientrano quelle seguenti: l’IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo d’imposta quale contropartita dei beni e servizi forniti; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto; e a prescindere dal numero di operazioni effettuate precedentemente; si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l’imposta dovuta in occasione di un’operazione viene calcolata previa detrazione di quella che è stata versata all’atto della precedente operazione, sicché, in definitiva, la tassa va a carico del consumatore finale (9).

16.   Nella sentenza Tulliasiamies (10), la Corte ha dichiarato che «un’imposta finlandese sul valore aggiunto basata sull’imposta sui veicoli a motore» – il cui importo dovuto corrispondeva a una percentuale della medesima «imposta sui veicoli a motore», calcolata a sua volta sulla base del valore imponibile del veicolo – non presentava le caratteristiche tipiche dell’IVA. In primo luogo, essa non era un’imposta generale, dato che non colpiva tutte le operazioni economiche effettuate nello Stato membro ma riguardava solo una categoria limitata di prodotti, cioè determinati veicoli. In secondo luogo, l’ammontare dell’imposta non era proporzionale al prezzo dei prodotti ma dipendeva solo indirettamente dal prezzo dei veicoli. In terzo luogo, essa non era dovuta in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione, ma unicamente al momento della riscossione dell’imposta sui veicoli a motore, e non aveva l’effetto di colpire il valore aggiunto ad uno stadio determinato del processo di produzione e di distribuzione, ma il valore totale.

 Disposizioni nazionali pertinenti

17.   Una condizione preliminare per l’immatricolazione delle vetture destinate al trasporto passeggeri e dei caravan (11) ai fini dell’immissione in circolazione in Ungheria consiste nel pagamento della tassa d’immatricolazione (regisztrációs adó).

18.   Anteriormente al 1° febbraio 2004, su tali veicoli veniva riscossa l’imposta di consumo (fogyasztási adó). Si trattava di un’imposta che veniva applicata una tantum, calcolata in percentuale sul valore dichiarato, e tale percentuale veniva stabilita in funzione di determinate caratteristiche relative ai consumi del veicolo.

19.   A decorrere dalla suddetta data, l’imposta di consumo è stata sostituita dalla tassa d’immatricolazione mediante legge n. CX del 2003 (legge sulla tassa d’immatricolazione). La tassa d’immatricolazione viene riscossa mediante prelievo di un importo fisso per ciascuna categoria di veicolo. I veicoli vengono classificati sostanzialmente in base al tipo di motore (12) e alla cilindrata, nonché in funzione di considerazioni di tutela ambientale (13). Esistono inoltre categorie comprendenti i veicoli «da museo» e «altri» veicoli. L’importo della tassa non è correlato al valore del veicolo. Essa si applica indistintamente ai veicoli importati (nuovi o usati) e ai veicoli prodotti in Ungheria.

20.   Sugli autoveicoli vengono riscossi anche altri tributi (compresa un’imposta annuale), che tuttavia non sono in discussione nel caso di specie. Diversamente da alcuni di essi, tuttavia, la tassa d’immatricolazione, di regola, non viene rimborsata se il veicolo viene nuovamente ritirato dalla circolazione.

 Procedimento principale e ordinanza di rinvio

21.   Il 28 dicembre 2004, la sig.ra Németh, ricorrente nel procedimento principale, iniziava il procedimento per la liquidazione della tassa d’immatricolazione di un’autovettura di marca Ford Mondeo, acquistata in Germania, (14) di 1998 cm3 di cilindrata e a trazione diesel, ricompresa nella categoria eco-ambientale n. 7. In considerazione di tali coratteristiche, l’Amministrazione finanziaria fissava la tassa d’immatricolazione in HUF 390 000 (circa EUR 1 550).

22.   La sig.ra Németh ricorreva avverso tale decisione, ritenendo che la riscossione dell’imposta fosse in contrasto con il diritto comunitario. La ricorrente sosteneva che la tassa di registrazione fosse sostanzialmente un diritto doganale all’importazione e, in quanto tale, vietata nell’ambito della Comunità ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE. In subordine, essa sosteneva che la tassa in questione potesse essere considerata quale tributo interno vietato dall’art. 90 CE, o quale imposta sulla cifra d’affari vietata dall’art. 33 della sesta direttiva IVA.

23.   L’Amministrazione finanziaria confermava la propria decisione, facendo valere che essa era tenuta ad applicare le disposizioni di legge nazionali e non a stabilire se la legge nazionale violasse il diritto comunitario.

24.   La sig.ra Németh chiede ora la verifica giurisdizionale di tale decisione. Essa insiste sulla propria tesi secondo cui le disposizioni della legge sulla tassa d’immatricolazione sono in contrasto con il diritto comunitario, che l’Amministrazione è tenuta ad applicare. Quest’ultima afferma che le disposizioni legislative sono cogenti e non lasciano margini di discrezionalità.

25.   Alla luce di tali argomenti, il giudice nazionale, che spiega di agire in qualità di giudice di prima e ultima istanza in tal genere di procedimenti di sua competenza, ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulle seguenti questioni:

1)      Se un tributo di uno Stato membro, quale la tassa ungherese di immatricolazione, possa considerarsi quale dazio doganale o misura di effetto equivalente a un dazio doganale.

2)      In caso di soluzione negativa della questione sub 1), se un tributo di uno Stato membro, quale la tassa ungherese di immatricolazione – che impone il pagamento di una tassa come condizione preliminare per l’immatricolazione e la messa in circolazione di un’autovettura – possa considerarsi quale tassa di importazione di qualsivoglia genere.

3)      In caso di soluzione negativa della questione sub 2), se un tributo di uno Stato membro, quale la tassa ungherese di immatricolazione, sia compatibile con quanto prescritto nell’art. 90 del Trattato di Roma, con il testo dell’art. 33 della direttiva 77/388/CEE, ovvero, ancora, se la tassa ungherese di immatricolazione violi il sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

4)      Se, nell’attuale fase del diritto comunitario, un tributo di uno Stato membro, quale la tassa ungherese di immatricolazione, sia compatibile con le norme di diritto comunitario, qualora l’importo della tassa di immatricolazione sulle autovetture nuove o di seconda mano – a prescindere dalla classificazione delle autovetture in funzione di considerazioni di carattere eco-ambientali –, non rispecchi, nel suo insieme, in alcun modo il deprezzamento insito nel valore degli autoveicoli di seconda mano e prescinda del tutto dalla data alla quale l’autovettura sia stata messa in circolazione e dal periodo durante il quale essa abbia (legalmente) circolato».

26.   Non è pervenuta alcuna domanda in cui una delle parti indicasse i motivi per i quali intendesse presentare osservazioni orali. Conformemente all’art. 44 bis del regolamento di procedura della Corte, si è soprasseduto alla trattazione orale.

 Analisi

 Sulle questioni pregiudiziali

27.   Il governo ungherese esprime alcuni dubbi sulla ricevibilità delle questioni sollevate. A suo avviso, il giudice del rinvio non avrebbe esposto in misura sufficiente i motivi per cui ha deciso di effettuare un rinvio pregiudiziale, in particolare per quanto riguarda le questioni sub 3), (compatibilità con l’art. 90 CE e l’art. 33 della sesta direttiva IVA) e sub 4) (compatibilità col diritto comunitario in generale di una tassa che non tiene conto del deprezzamento).

28.   Il governo ungherese si richiama alla giurisprudenza a sostegno della tesi secondo cui un giudice nazionale deve fornire almeno un minimo di spiegazioni in ordine alla individuazione delle disposizioni di cui chiede l’interpretazione e sul nesso tra le disposizioni medesime e la normativa nazionale applicabile alla controversia sottopostagli. In mancanza di tali informazioni, la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile delle questioni. Le informazioni fornite devono anche dare ai governi degli Stati membri e agli altri interessati la possibilità di presentare osservazioni (15).

29.   Pur comprendendo le perplessità del governo ungherese, non ritengo che esse siano sufficienti a giustificare l’irricevibilità delle questioni sollevate. Non solo lo stesso governo ungherese, ma anche il governo polacco e la Commissione hanno ritenuto possibile sottoporre osservazioni in merito a tutte e quattro le questioni, anche se, in una certa misura, le hanno interpretate e riformulate. Ritengo che la Corte possa seguire un’impostazione analoga.

30.   La prima e la seconda questione riguardano la compatibilità con gli artt. 23 CE e 25 CE e l’imponibilità delle importazioni. Propongo di esaminarle congiuntamente.

31.   La terza questione riguarda la compatibilità, da un lato, con l’art. 90 CE e, dall’altro, con l’art. 33 della sesta direttiva IVA. Propongo di esaminare questi due aspetti separatamente.

32.   Infine, la quarta questione riguarda la compatibilità col diritto comunitario «nell’attuale fase». Essa non precisa alcun aspetto del diritto comunitario rispetto al quale occorra analizzare la compatibilità e pertanto, a mio parere, va limitata alle disposizioni menzionate nell’ordinanza di rinvio, vale a dire quelle che costituiscono il fondamento delle prime tre questioni. Tuttavia, tale questione solleva specificamente il problema del mancato riferimento al deprezzamento dei veicoli usati. Tale problema, di fatto, è pertinente solo rispetto alla questione dell’imposizione interna discriminatoria e quindi alla compatibilità con l’art. 90 CE, ed è pertanto ricompreso nella prima parte della terza questione.

 Imponibilità delle importazioni (prima e seconda questione)

33.   Nelle sue osservazioni, la sig.ra Németh afferma, in particolare (16), che la tassa d’immatricolazione costituisce, di fatto, un’imposizione fiscale di effetto equivalente a un dazio doganale. I suoi argomenti essenziali a tale riguardo possono riassumersi come segue.

34.   La tassa d’immatricolazione non rappresenta un’imposta sull’uso di un veicolo. Assolve tale funzione un tributo diverso (17) che, costituendo un’imposta sull’uso, viene rimborsato allorché il veicolo viene ritirato dalla circolazione, anche temporaneamente. D’altro canto, la tassa d’immatricolazione viene rimborsata – al pari dei dazi doganali, ai quali è quindi equiparabile – se il veicolo viene riesportato. Inoltre è artificioso sostenere che il fatto generatore della tassa d’immatricolazione consista nell’immissione in circolazione di un veicolo e non nella sua importazione, dal momento che, salvo pochissime eccezioni di importanza marginale, il solo scopo dell’importazione di un veicolo è quello di utilizzarlo su strada. In termini di continuità delle entrate statali, è stata prima introdotta l’imposta di consumo per compensare la perdita dei dazi doganali (18) e, successivamente, tale imposta è stata sostituita con la tassa d’immatricolazione. L’immatricolazione di un veicolo in Ungheria comporta procedure e oneri diversi, per cui la tassa d’immatricolazione, di fatto, non è correlata ai requisiti per l’immatricolazione. L’importo riscosso presenta solo un nesso approssimativo e indiretto con l’effettivo livello di danno ambientale causato da un veicolo: tale importo è tanto strettamente connesso, attraverso la cilindrata, al valore, e può quindi essere considerato un dazio ad valorem, quanto un dazio doganale. Secondo i dati forniti dalla sig.ra Németh, a decorrere dall’introduzione della tassa d’immatricolazione, le importazioni in Ungheria di veicoli d’occasione sono diminuite del 74,3%, il che dimostrerebbe che l’imposta determina una restrizione agli scambi e ha lo stesso effetto di un dazio doganale.

35.   I governi ungherese e polacco e la Commissione sostengono, invece, che la tassa d’immatricolazione ungherese non costituisce un dazio doganale all’importazione né una tassa di effetto equivalente, vietati dagli artt. 23 CE e 25 CE, né una forma di imposta sulle importazioni in quanto tali. Condivido la loro tesi e non rilevo negli argomenti della sig.ra Németh alcun elemento che possa inficiare tale conclusione.

36.   Anzitutto, dalle sentenze De Danske Bilimportører e Weigel (19) discende che un’imposta sull’immatricolazione degli autoveicoli viene riscossa, in linea di principio, non a motivo dell’attraversamento della frontiera dello Stato membro che la applica, bensì in occasione dell’immatricolazione del veicolo nel territorio di tale Stato. Siffatta imposta dev’essere considerata parte di un regime generale di tributi interni sulle merci e va quindi esaminata alla luce dell’art. 90 CE.

37.   Risulta inoltre che la tassa d’immatricolazione viene applicata non solo ai veicoli importati in Ungheria, ma anche, alle medesime aliquote e sulla base degli stessi criteri, a quelli prodotti in detto Stato (20). Da tale circostanza emerge che il fatto generatore è assolutamente diverso dall’importazione o dall’attraversamento di una frontiera.

38.   La signora Németh ha indubbiamente ragione laddove afferma che la tassa d’immatricolazione, di fatto, viene riscossa praticamente su tutti i veicoli importati appena a seguito della loro importazione. Nondimeno, rimane il fatto che, come ammette la stessa sig.ra Németh, taluni veicoli sfuggono all’imposta. Alcuni di essi sono destinati esclusivamente all’uso al di fuori delle strade pubbliche, altri vengono esposti in musei o collezioni private, altri ancora vengono magari utilizzati esclusivamente come fonte di parti di ricambio. Nessuna di tali categorie dev’essere immatricolata per l’uso su strada e, pertanto, nessuna di esse è soggetta alla tassa d’immatricolazione dopo l’importazione.

39.   Le altre caratteristiche della tassa d’immatricolazione sottolineate dalla sig.ra Németh, che a suo parere ne dimostrerebbero l’affinità con i dazi doganali, non inficiano la mia conclusione.

40.   In primo luogo, il fatto che la tassa d’immatricolazione possa essere rimborsata in circostanze equiparabili a quelle in cui possono esserlo anche i dazi doganali (21) non comporta assolutamente che i due tributi siano riscossi per lo stesso fatto generatore. In ogni caso, la sig.ra Németh riconosce che la tassa d’immatricolazione può essere rimborsata anche in caso di furto o di distruzione del veicolo – circostanze che difficilmente danno luogo al rimborso di dazi doganali in qualsiasi sistema.

41.   In secondo luogo, il fatto che la tassa d’immatricolazione possa essere stata introdotta, quanto meno in parte, per compensare una diminuzione delle entrate derivanti dai dazi doganali, aboliti negli scambi con gli Stati membri della Comunità, è irrilevante. Lo scopo principale di qualsiasi imposizione consiste nell’assicurare un gettito fiscale. La natura di un tributo non determina la natura di un altro tributo introdotto per sostituirlo a tale scopo.

42.   In terzo luogo, quand’anche l’importo della tassa d’immatricolazione fosse correlato in una certa misura al valore del veicolo, e se anche ciò ne facesse un dazio ad valorem analogo a un dazio doganale, resta il fatto che anche altri tributi – accise e IVA ad esempio – sono imposte ad valorem o hanno una forte componente ad valorem, e rientrano tuttavia in un sistema di imposizione meramente interno.

43.   Infine, quand’anche l’introduzione della tassa d’immatricolazione avesse determinato una riduzione delle importazioni di veicoli d’occasione in Ungheria e avesse quindi prodotto un effetto restrittivo sugli scambi, tale circostanza, di per sé, non è pertinente all’analisi sotto il profilo degli artt. 23 CE e 25 CE. Tali disposizioni vietano non qualsiasi misura che determini una restrizione degli scambi, bensì «qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisce le merci per il fatto che esse attraversano una frontiera» (22). È l’art. 28 CE che vieta le «restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente». Tuttavia, a prescindere dal fatto che alla Corte non si è chiesto di valutare la tassa d’immatricolazione ungherese alla luce dell’art. 28 CE, è giurisprudenza consolidata che la sfera di applicazione di tale articolo «non comprende gli ostacoli al commercio considerati da altre disposizioni specifiche e che gli ostacoli di natura fiscale o di effetto equivalente a dazi doganali considerati dagli artt. 23 CE, 25 CE e 90 CE non rientrano nel divieto di cui all’art. 28 CE» (23).

44.   Di conseguenza, dato che la tassa d’immatricolazione ungherese costituisce chiaramente un onere fiscale e non viene imposta in ragione del fatto che i veicoli cui è applicabile attraversano una frontiera, essa va esaminata alla luce dell’art. 90 CE.

 Imposizione interna discriminatoria (terza questione, prima parte, e quarta questione)

45.   Nelle mie conclusioni nella causa Nádasdi, ho analizzato le caratteristiche di un tributo quale la tassa d’immatricolazione ungherese, nella misura in cui essa colpisce i veicoli di seconda mano, alla luce del dell’art. 90, primo comma, CE. Sono giunto alle seguenti conclusioni:

«1)      Per stabilire se un’imposta riscossa sugli autoveicoli all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro sia compatibile con l’art. 90, primo comma, CE nella parte in cui essa si applica ai veicoli usati, occorre confrontare l’effetto di tale imposta sul prezzo dei veicoli appena importati da un altro Stato membro con l’effetto dell’importo residuale dell’imposta sui veicoli usati equivalenti già immessi in circolazione nel primo Stato membro e precedentemente già assoggettati alla medesima imposta. È irrilevante il confronto con i veicoli usati già immessi in circolazione nello Stato membro prima dell’introduzione dell’imposta.

2)      Un’imposta riscossa sugli autoveicoli usati all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro, il cui importo venga calcolato senza tenere conto del reale deprezzamento del veicolo, di modo che, quando viene applicata a veicoli del genere importati da altri Stati membri, essa eccede l’importo dell’imposta residuale incorporato nel valore di veicoli usati equivalenti già immatricolati nel territorio nazionale, è incompatibile con l’art. 90, primo comma, CE, nella parte in cui eccede il suddetto importo.

3)      Tale incompatibilità non viene meno per il fatto che l’imposta di cui trattasi persegue obiettivi inerenti alla tutela dell’ambiente o viene riscossa esclusivamente in base a criteri obiettivi afferenti alla suddetta tutela».

46.   Per il ragionamento con cui sono pervenuto a tali conclusioni, rinvio alle mie conclusioni in detta causa. Nelle osservazioni presentate alla Corte nella presente causa non ho rilevato alcun elemento atto ad incidere sulle conclusioni che ho raggiunto in quella sede.

47.   Tuttavia, dato che il giudice del rinvio, con la terza questione, chiede chiarimenti in merito, complessivamente, alla compatibilità con l’art. 90 CE e che soltanto la quarta questione fa espressamente riferimento alle autovetture di seconda mano, occorre completare l’analisi che precede con un breve esame della situazione con riguardo all’applicazione della tassa ai veicoli nuovi e con riguardo all’art. 90 CE.

48.   Per quanto attiene ai veicoli nuovi, risulta dagli atti che la tassa d’immatricolazione viene applicata senza distinzioni di alcun tipo ai veicoli prodotti in Ungheria e a quelli prodotti altrove. Non si è nemmeno affermato che essa abbia l’effetto di favorire la vendita di veicoli di produzione nazionale rispetto a quella di veicoli importati da altri Stati membri (24). Di conseguenza, non esiste un’imposizione interna su questi ultimi superiore a quella gravante sui prodotti nazionali equivalenti, e l’imposta, nella misura in cui viene applicata ai veicoli nuovi, risulta compatibile con l’art. 90, primo comma, CE.

49.   L’art. 90, secondo comma, CE vieta le imposizioni interne tali da proteggere indirettamente prodotti nazionali che, sebbene non siano simili a prodotti importati ai sensi del primo comma, si trovino tuttavia in un rapporto di concorrenza con essi.

50.   Nella specie, i prodotti importati in discussione sono autovetture e caravan, sia nuovi che di seconda mano, e in Ungheria esistono prodotti nazionali similari. Non è stato affermato che esistono altri prodotti nazionali non simili ma che «nondimeno si trov[a]no con taluni [prodotti importati] in un rapporto di concorrenza anche parziale, indiretta o potenziale» (25). In realtà, è difficile immaginare quali potrebbero essere tali prodotti. Di conseguenza, a mio parere, non occorre procedere a un’analisi alla luce dell’art. 90, secondo comma, CE.

 L’art. 33 della sesta direttiva (terza questione, seconda parte)

51.   Risulta dall’ordinanza di rinvio, e dal breve richiamo a tale disposizione contenuto nelle osservazioni della sig.ra Németh, che quest’ultima sostiene che la tassa d’immatricolazione ungherese potrebbe essere in contrasto con l’art. 33, n. 1, della sesta direttiva potendo essere qualificata come imposta sulla cifra d’affari.

52.   Tuttavia, il tenore letterale dell’art. 33 non può essere direttamente inteso nel senso di un chiaro divieto di imposte di tal genere. La disposizione de qua consente agli Stati membri di mantenere o introdurre imposte «che non abbia[no] il carattere di imposta sulla cifra d’affari», sempreché esse «non dia[no] luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera». Con la terza questione, il giudice nazionale chiede semplicemente se un’imposta come quella controversa sia compatibile con tale disposizione. Esaminerò quindi entrambi questi aspetti, anche se non è necessario procedere ad un esame approfondito.

53.   In primo luogo, è del tutto evidente che la tassa d’immatricolazione ungherese non possiede le quattro caratteristiche essenziali dell’IVA, che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, devono sussistere congiuntamente affinché un’imposta possa essere considerata quale imposta sulla cifra d’affari vietata dalla sesta direttiva. Tali caratteristiche dell’IVA sono le seguenti:

–       essa si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi;

–       è proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo d’imposta quale contropartita dei beni e servizi forniti;

–       viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e di distribuzione, compresa quella della vendita al minuto, a prescindere dal numero di operazioni effettuate precedentemente; e

–       si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l’imposta dovuta in occasione di un’operazione viene calcolata previa detrazione di quella che è stata versata all’atto della precedente operazione, sicché, in definitiva, la tassa va a carico del consumatore finale.

54.   La tassa d’immatricolazione, quale è stata descritta, non possiede nessuna di tali caratteristiche. Essa si applica soltanto a una categoria limitata di prodotti, vale a dire le autovetture e i caravan. Non è proporzionale al prezzo di tali prodotti ma viene riscossa ad aliquote fissate in funzione delle loro caratteristiche tecniche, che possono essere comuni a veicoli nuovi di prezzo elevato e a veicoli d’occasione notevolmente deprezzati. Essa si applica in un’unica fase del ciclo di vita del veicolo, quello della sua prima messa in circolazione in Ungheria. Infine, non è prevista la detrazione di un’imposta equivalente pagata in una fase anteriore.

55.   In secondo luogo, come ho chiarito in precedenza, la riscossione della tassa d’immatricolazione non dà luogo a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. Il fatto generatore consiste nella prima immissione in circolazione in Ungheria. Si possono importare veicoli per scopi diversi dall’uso sulle strade pubbliche senza che i veicoli vengano assoggettati all’imposta. Inoltre, quest’ultima si applica anche ai veicoli prodotti in Ungheria e che non attraversano alcuna frontiera.

 Conclusione

56.   Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba risolvere come segue le questioni pregiudiziali sottopostele dal Bács-Kiskun Megyei Bíróság:

Questioni pregiudiziali nn. 1 e 2

–      Una tassa applicata agli autoveicoli all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro, a prescindere dal luogo in cui siano prodotti e ad esclusione dei veicoli d’importazione non destinati all’uso su strada, non costituisce un dazio doganale all’importazione né una tassa di effetto equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE, né dà luogo a formalità connesse con il passaggio di una frontiera ai sensi dell’art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE.

Questione pregiudiziale n. 3 (prima parte) e questione n. 4

–      Qualora una tassa siffatta venga riscossa indistintamente sui veicoli nuovi prodotti nello Stato membro che la applichi e sui veicoli nuovi prodotti in altri Stati membri, e sempreché non abbia l’effetto di favorire la vendita dei primi a scapito dei secondi, essa è compatibile, entro tali limiti, con l’art. 90, primo comma, CE.

–      Una tassa riscossa sugli autoveicoli usati all’atto della loro prima messa in circolazione in uno Stato membro, il cui importo venga calcolato senza tenere conto del reale deprezzamento del veicolo, di modo che, quando viene applicata ai veicoli importati da altri Stati membri, essa eccede l’importo dell’imposta residuale incorporato nel valore di veicoli usati equivalenti già immatricolati nel territorio nazionale, è incompatibile con l’art. 90, primo comma, CE, nella parte in cui eccede il suddetto importo.

–      In mancanza di altri prodotti nazionali che non siano simili ad autoveicoli nuovi o d’occasione e si trovino tuttavia in un rapporto di concorrenza con essi, anche se solo parzialmente, indirettamente o potenzialmente, non occorre procedere a un’analisi di siffatta imposta alla luce dell’art. 90, secondo comma, CE.

Questione pregiudiziale n. 3 (seconda parte)

–      Una tassa applicata soltanto alle autovetture e ai caravan, riscossa ad aliquote fissate in funzione delle loro caratteristiche tecniche, prelevata unicamente all’atto della prima messa in circolazione di un veicolo in uno Stato membro e che non prevede alcuna detrazione di un’imposta equivalente pagata in una fase precedente, non può essere qualificata come imposta sulla cifra d’affari ai sensi dell’art. 33, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, modificata a più riprese; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – I divieti attualmente contenuti negli artt. 23, 25 e 90 CE erano precedentemente previsti dagli artt. 9, 12 e 95 del Trattato CE, cui fa riferimento la giurisprudenza meno recente. Per motivi di coerenza, tuttavia, in prosieguo utilizzerò la numerazione attuale.


4 – V., ad es., sentenza 29 aprile 2004, causa C-387/01, Weigel (Racc. pag. I-4981, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).


5 – V. sentenze 17 giugno 2003, causa C-383/01, De Danske Bilimportører (Racc. pag. I-6065, punto 34), e Weigel, citata alla nota 4, punto 65.


6 – Sentenze 11 dicembre 1990, causa C-47/88, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I-4509), 9 marzo 1995, causa C-345/93, Nunes Tadeu (Racc. pag. I‑479), 23 ottobre 1997, causa C‑375/95, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑5981) 22 febbraio 2001, causa C-393/98, Gomes Valente (Racc. pag. I‑1327), 19 settembre 2002, causa C-101/00, Tulliasiamies e Siilin (Racc. pag. I‑7487), e Weigel, citata alla nota 4.


7 – V., ad esempio, sentenza 30 novembre 1995, causa C-113/94, Casarin (Racc. pag. I-4203, punti 17 e segg. e giurisprudenza ivi citata).


8 – Sentenza 11 agosto 1995, cause riunite da C-367/93 a C-377/93, Roders (Racc. pag. I-2229, punto 38).


9 – V. sentenza Tulliasiamies, citata alla nota 6, punti 98 e 99.


10 – Citata alla nota 6, punti 101 e segg.


11 – Per altri tipi di veicoli sono applicabili disposizioni diverse, che non sono in discussione nel caso di specie. In prosieguo, tuttavia, utilizzerò il termine «veicolo» per indicare soltanto le «vetture destinate al trasporto di passeggeri o i caravan», cui si applica la tassa d’immatricolazione.


12 – Cioè a benzina o diesel.


13 – Quest’ultimo criterio comporta una classificazione in una scala da 1 a 10, apparentemente basata soprattutto sull’emissione di gas di scarico e rumori. A una migliore compatibilità ambientale corrisponde un numero più elevato della scala. La tassa d’immatricolazione tiene conto solo della circostanza se il valore sia inferiore a 5 (il che comporta l’applicazione di un’aliquota più elevata) oppure pari o superiore a 5 (il che determina l’applicazione di un’aliquota inferiore).


14 – Secondo il governo ungherese, la vettura era stata acquistata di seconda mano, ma tale circostanza non viene menzionata né nell’ordinanza di rinvio né nelle osservazioni della sig.ra Németh.


15 – Sentenza 25 febbraio 2003, causa C-445/01, Simoncello e Boerio (Racc. pag. I‑1807, punti 22 e 23); ordinanze 7 aprile 1995, causa C-167/94, Grau Gomis (Racc. pag. I‑1023, punto 9), e 11 febbraio 2004, cause riunite C-438/03, C‑439/03, C-509/03 e C-2/04, Cannito e a. (Racc. pag. I-1605, punto 8).


16 – La sig.ra Németh contesta molti aspetti della tassa d’immatricolazione. Alcuni di tali aspetti riguardano la giustificazione generale della riscossione di una tassa di immatricolazione separata e del relativo metodo di calcolo. Riassumo gli argomenti della ricorrente solo nella misura in cui si riferiscono alla compatibilità della tassa con le disposizioni del diritto comunitario rispetto alle quali il giudice nazionale chiede chiarimenti.


17 – Gépjárműadó, introdotto dalla legge LXXXII del 1991.


18 – Osservo, tuttavia, che l’imposta di consumo è stata introdotta in Ungheria nel 1991, mentre i dazi doganali sulle importazioni dagli Stati membri della Comunità europea sono stati progressivamente aboliti tra il 1994 e il 2001.


19 – Citata alla nota 5; v. precedente paragrafo 9.


20 – Tale circostanza non viene menzionata nei documenti attinenti alla presente causa, ma l’ordinanza di rinvio nella causa Nádasdi precisa che vengono prodotte autovetture in Ungheria dalla Magyar Suzuki Rt.


21 – O circostanze nelle quali potevano essere rimborsati in precedenza i dazi doganali ungheresi, dato che, presumibilmente, gli argomenti della sig.ra Németh si riferiscono ad essi, piuttosto che ai dazi doganali comunitari attualmente applicati dall’Ungheria in quanto Stato membro della Comunità.


22 – V., ad es., sentenza 23 aprile 2002, causa C-234/99, Nygård (Racc. pag. I-3657, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).


23 – V. sentenza De Danske Bilimportører, cit. supra, nota 5, spunto 32 e giurisprudenza ivi citata.


24 – V. precedente paragrafo 13.


25 – V. precedente paragrafo 14.