CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 29 marzo 2007 1(1)

Causa C‑287/05

D.P.W. Hendrix

contro

Raad van Bestuur van het Uitvoeringsinstituut Werknemersverzekeringen

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep)

«Previdenza sociale – Prestazioni speciali a carattere non contributivo – Libera circolazione dei lavoratori – Cittadinanza dell’Unione europea»





I –    Introduzione

1.     I giovani disabili residenti nei Paesi Bassi, totalmente o parzialmente inabili al lavoro, ricevono un’indennità ai sensi della Wet arbeidsongeschiktheidsvoorziening jonggehandicapten (legge in materia di prestazioni di assistenza ai giovani disabili colpiti da incapacità lavorativa – in prosieguo: la legge «Wajong»). La prestazione sostituisce il contratto di lavoro o lo integra fino al raggiungimento della retribuzione minima.

2.     Nella sentenza Kersbergen-Lap e Dams-Schipper (2), pronunciata successivamente all’ordinanza inerente alla presente domanda pregiudiziale, la Corte ha già dichiarato che l’indennità prevista dalla Wajong costituisce una prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71 (3), che a norma dell’art. 10 bis del medesimo regolamento non va versata ai non residenti. Tuttavia, nel menzionato procedimento le ricorrenti non svolgevano attività lavorativa, per cui nel loro caso la prestazione sostituiva in toto il contratto.

3.     Contrariamente a tale fattispecie, il sig. Hendrix, appellante nella causa principale, è un lavoratore dipendente. Poiché percepiva una somma inferiore alla retribuzione minima di legge, finché viveva nei Paesi Bassi egli riceveva, a integrazione della sua retribuzione, la prestazione prevista dalla Wajong. Dopo il suo trasferimento in Belgio il versamento della prestazione veniva sospeso.

4.     Pertanto, oltre ad un inquadramento della prestazione alla luce del regolamento n. 1408/71, il Centrale Raad van Beroep solleva la questione se un lavoratore possa far valere la libera circolazione dei lavoratori nei confronti dello Stato membro di cui sia cittadino, quando egli sia occupato nello Stato membro medesimo, pur risiedendo nel territorio di un altro Stato membro. Qualora nel caso di specie dovesse trovare applicazione la libera circolazione dei lavoratori, occorrerà stabilire in quale misura la disciplina del regolamento n. 1408/71 sulle prestazioni speciali a carattere non contributivo sia conforme a tale principio. Il giudice chiede inoltre alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità delle corrispondenti normative con la libera circolazione dei cittadini dell’Unione sancita dall’art. 18 CE.

II – Contesto normativo

A –    Disposizioni comunitarie

5.     L’art. 7, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1612/68 (4) così recita:

«1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

6.     L’art. 42, n. 2, del regolamento n. 1612/68 dispone quanto segue:

«Il presente regolamento non infirma le disposizioni adottate conformemente all’articolo 51 del trattato».

7.     L’art. 4 del regolamento n. 1408/71 dispone quanto segue:

«1.      Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

a)      le prestazioni di malattia e di maternità;

b)      le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno;

(…).

2.      Il presente regolamento si applica ai regimi di sicurezza sociale generali e speciali, contributivi e non contributivi, nonché ai regimi relativi agli obblighi del datore di lavoro o dell’armatore concernenti le prestazioni di cui al paragrafo 1.

2 bis. Il presente regolamento si applica alle prestazioni speciali a carattere non contributivo previste da una legislazione o da un regime diversi da quelli contemplati al paragrafo 1 o esclusi ai sensi del paragrafo 4, qualora dette prestazioni siano destinate:

a)      in via suppletiva, complementare o accessoria gli eventi corrispondenti ai settori di cui alle lettere da a) ad h) del paragrafo 1, oppure

b)      unicamente a garantire la tutela specifica dei minorati.

2 ter. Il presente regolamento non è applicabile alle disposizioni della legislazione di uno Stato membro relative alle prestazioni speciali a carattere non contributivo, menzionate nell’allegato II, sezione III, la cui applicazione è limitata ad una parte del suo territorio.

(…).

4.      Il presente regolamento non si applica (…) all’assistenza sociale e medica».

8.     Per quanto attiene alle prestazioni speciali a carattere non contributivo di cui all’art. 4, n. 2 bis, l’art. 10 bis, n. 1, del regolamento n. 1408/71 dispone quanto segue:

«Nonostante le disposizioni dell’articolo 10 e il titolo III, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile, beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’articolo 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate dall’istituzione del luogo di residenza ed a suo carico».

9.     Nell’allegato II bis, punto Q, del regolamento n. 1408/71 figura la legge olandese in materia di prestazioni di assistenza ai giovani disabili colpiti da incapacità lavorativa.

10.   L’art. 95 ter, n. 8, del regolamento n. 1408/71 così recita:

«L’applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 1247/92 non può avere per effetto la soppressione di prestazioni erogate anteriormente al 1° giugno 1992 da parte delle istituzioni competenti degli Stati membri a norma del titolo terzo del regolamento (CEE) n. 1408/71, e alle quali si applica l’articolo 10 di quest’ultimo regolamento».

B –    Disposizioni nazionali

11.   Coloro che svolgono un’attività di lavoro dipendente nei Paesi Bassi beneficiano, fin dal primo giorno di lavoro, di un’assicurazione contro l’inabilità al lavoro a titolo della Wet op de arbeidsongeschiktheidsverzekering (legge in materia di assicurazione per incapacità lavorativa - WAO). Le persone che a causa di una disabilità non sono affatto in grado di lavorare o presentano da sempre una limitata capacità lavorativa non percepiscono alcuna prestazione a norma della WAO.

12.   Fino all’inizio del 1998 nei Paesi Bassi vigeva l’Algeme Arbeidsongeschiktheidswet (legge generale sull’incapacità lavorativa) (AAW), che prevedeva un’assicurazione per inabilità al lavoro per tutti gli abitanti dei Paesi Bassi non assicurati a titolo della WAO. In base a tale legge, inter alia, coloro che erano inabili al lavoro alla data del 17° compleanno potevano chiedere, a decorrere dal compimento del diciottesimo anno, la corresponsione di un’indennità minima per giovani disabili. Le prestazioni di cui alla AAW venivano finanziate con i premi pagati dagli assicurati, il cui importo era in funzione del rispettivo reddito imponibile.

13.   A decorrere dal 1° gennaio 1998 la AAW, per quanto rileva nella specie, è stata sostituita dalla Wet arbeidsongeschiktheidsvoorziening jonggehandicapten (legge in materia di prestazioni di assistenza ai giovani disabili colpiti da incapacità lavorativa) del 24 aprile 1997 (Wajong). La Wajong prevede per la categoria speciale dei giovani disabili una prestazione corrispondente al minimo di sussistenza riconosciuto nei Paesi Bassi.

14.   Il diritto alle prestazioni a titolo della Wajong, quasi interamente finanziate da risorse statali, non dipende dallo stato di bisogno personale. Le prestazioni vengono tuttavia ridotte se il destinatario beneficia di redditi da lavoro.

15.   Contrariamente alla precedente AAW, le prestazioni di cui alla Wajong sono concesse solo a disabili residenti nei Paesi Bassi. Dal 1° settembre 2002 è stata introdotta nella Wajong una clausola contro i casi di disagio sociale, secondo cui è possibile derogare al requisito della residenza laddove l’estinzione del diritto alla prestazione provochi una situazione disagiata iniqua, riconosciuta, ad esempio, nel caso in cui il giovane disabile debba essere sottoposto a trattamento medico all’estero, qualora egli possa ottenere un posto di lavoro all’estero con una certa prospettiva di reintegrazione ovvero qualora la persona dalla cui assistenza dipenda sia costretta a risiedere al di fuori dei Paesi Bassi.

16.   In base alla Wet op de (re)integratie arbeidsgehandicapten [legge sulla (re)integrazione dei lavoratori disabili – Wet REA), i datori di lavoro possono essere esonerati dall’obbligo di versare la retribuzione minima legale a lavoratori disabili che effettuino prestazioni lavorative manifestamente inferiori a quelle normali.

III – Fatti e procedimento

17.   Il sig. D.P.W. Hendrix, cittadino dei Paesi Bassi, è nato il 26 settembre 1975. Egli è portatore di un handicap psichico da cui deriva un’incapacità lavorativa in misura dell’80‑100%. Il 26 settembre 1993 gli veniva concessa un’indennità a titolo della AAW.

18.   Dal 1° febbraio 1994 il sig. Hendrix lavorava presso un centro di bricolage dei Paesi Bassi. In base alla Wet REA, il suo datore di lavoro era esonerato dall’obbligo di versargli la retribuzione minima prevista per legge. Il sig. Hendrix percepiva pertanto solo il 70% della retribuzione minima legale e, per tale motivo, gli veniva corrisposta un’indennità Wajong, come se la sua incapacità lavorativa fosse del 25‑35%.

19.   Il 1° giugno 1999 il sig. Hendrix si trasferiva in Belgio, mantenendo tuttavia il suo posto di lavoro nei Paesi Bassi. Con decisione 28 giugno 1999 il Raad van Bestuur van het Uitvoeringsinstituut Werknemersverzekeringen (in prosieguo: il «convenuto») revocava l’indennità Wajong a decorrere dal 1° luglio 1999. Poiché l’esenzione riguardo al minimo retributivo concessa al datore di lavoro rimaneva in vigore e questi respingeva la richiesta di aumento della retribuzione, il contratto di lavoro veniva risolto. Dal 5 luglio 1999 il sig. Hendrix è occupato presso un altro centro bricolage presso il quale percepisce la retribuzione minima legale (5). Nel 2001 il sig. Hendrix faceva ritorno nei Paesi Bassi.

20.   Rimasto senza esito il procedimento amministrativo, il sig. Hendrix proponeva ricorso avverso la sospensione dell’indennità Wajong dinanzi al Rechtbank Amsterdam, che respingeva la domanda con sentenza 16 marzo 2001. Con ordinanza 5 luglio 2005, il giudice adito in appello, il Centrale Raad van Beroep, sottoponeva alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 234 CE:

1.      Se un’indennità versata sulla base della Wajong, menzionata nell’allegato II bis del regolamento n. 1408/71, debba essere considerata quale prestazione speciale, a carattere non contributivo, ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, di modo che ad un soggetto quale l’appellante nella causa principale debba essere applicata esclusivamente la norma di coordinamento contenuta nell’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71. Se, ai fini della soluzione di tale questione, rilevi il fatto che l’interessato abbia ricevuto originariamente un’indennità [in base all’]AAW (di natura contributiva) per giovani disabili, la quale, a decorrere dal 1° gennaio 1998, è stata trasformata di pieno diritto in un’indennità a titolo della Wajong.

2.      Se, in caso di soluzione affermativa della prima questione, un lavoratore possa far valere l’art. 39 CE, così come attuato dall’art. 7 del regolamento n. 1612/68, nei confronti di uno Stato membro di cui sia cittadino, qualora abbia lavorato esclusivamente in questo stesso Stato membro, pur risiedendo nel territorio di un altro Stato membro.

3.      Se, in caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione, l’art. 39 CE, così come attuato dall’art. 7, n. 2 del regolamento n. 1612/68, debba essere inteso nel senso che con esso sia sempre compatibile una disposizione legislativa che subordini la concessione o il mantenimento di una prestazione alla residenza dell’interessato nel territorio dello Stato membro la cui normativa si applichi, qualora il detto regime preveda una prestazione speciale, a carattere non contributivo, ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71 e sia menzionato nell’allegato II bis del regolamento medesimo.

4.      Se, in caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione e in caso di soluzione negativa della terza questione, il diritto comunitario debba essere interpretato (v., in particolare, gli artt. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 e 39 CE, nonché gli artt. 12 CE e 18 CE) nel senso che la natura della Wajong rappresenti una giustificazione sufficiente per opporre il requisito della residenza ad un cittadino dell’Unione che svolga un’attività lavorativa a tempo pieno nei Paesi Bassi e relativamente ad essa sia assoggettato esclusivamente alla legge dei Paesi Bassi.

IV – Analisi giuridica

A –    Sulla prima questione pregiudiziale – Inquadramento della prestazione quale prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi del regolamento n. 1408/71

21.   La prima questione sottoposta dal Raad van Beroep è volta a stabilire se un’indennità versata sulla base della Wajong debba essere considerata quale prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, cui debba essere applicata la norma di coordinamento contenuta nell’art. 10 bis del medesimo regolamento.

22.   La Corte ha già risolto affermativamente tale questione nella sentenza Kersbergen, in quanto l’indennità controversa figura nell’allegato II bis del regolamento n. 1408/71 ed è a carattere non contributivo nonché a carattere speciale (6). Essa costituisce una prestazione speciale giacché possiede le caratteristiche, da un lato, di una prestazione previdenziale d’invalidità a norma dell’art. 4, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1408/71 e, dall’altro, di un aiuto sociale. L’indennità è infatti intesa a garantire un reddito minimo a una categoria socialmente debole (i giovani disabili) (7).

23.   Il fatto che la concessione dell’indennità Wajong non sia subordinata all’esame della situazione di bisogno finanziario individuale (8) non è in contrasto, secondo la Corte, con la sua assimilazione agli aiuti sociali. È sufficiente invece, a tal fine, che la categoria beneficiaria dei giovani disabili non disponga, in linea generale, di mezzi di sussistenza sufficienti (9).

24.   Con la prima questione pregiudiziale il Centrale Raad van Beroep chiede, inoltre, se possa rilevare il fatto che l’interessato abbia ricevuto originariamente un’indennità AAW di natura contributiva destinata a giovani disabili, per la quale non era previsto alcun requisito di residenza, ma che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, è stata trasformata in un’indennità a titolo della Wajong.

25.   A tal riguardo, sempre nella sentenza Kersbergen, la Corte ha già dichiarato che è escluso che possa esser fatto valere il principio della conservazione dei diritti acquisiti quando il beneficiario trasferisca la propria residenza all’estero, dopo che l’indennità AAW sia stata sostituita dall’indennità Wajong (10). Il sig. Hendrix, essendosi trasferito in Belgio il 1° giugno 1999, non può pertanto invocare tale principio giuridico. Ne consegue che, in mancanza di un regime transitorio di diversa formulazione, gli effetti giuridici del trasferimento della residenza devono essere valutati alla luce del contesto normativo vigente a tale data.

26.   Nel caso di specie, l’art. 95 bis, n. 8, del regolamento n. 1408/71 non risulta utile già per il fatto che, anteriormente al 1° giugno 1992, il sig. Hendrix non percepiva ancora le prestazioni di cui si chiede la prosecuzione ai sensi di tale disposizione.

27.   Occorre pertanto tener fermo, a titolo provvisorio, che un’indennità versata sulla base della Wajong dev’essere considerata quale prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, cui va applicata la norma di coordinamento contenuta nell’art. 10 bis del medesimo regolamento. Lo stesso ragionamento vale anche nel caso in cui l’interessato percepisse in origine un’indennità di natura contributiva trasformata, a decorrere dal 1° gennaio 1998, in un’indennità a titolo della Wajong.

28.   Occorre peraltro accertare in prosieguo se il requisito della residenza contenuto nell’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71, nelle condizioni del caso di specie, sia conciliabile con le disposizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale – Invocazione della libera circolazione dei lavoratori nei confronti di uno Stato membro di cui il lavoratore è cittadino

29.   Con la seconda questione il Centrale Raad van Beroep chiede se un lavoratore possa far valere l’art. 39 CE, così come attuato dall’art. 7 del regolamento n. 1612/68, nei confronti di uno Stato membro di cui è cittadino, qualora lavori e continui a lavorare esclusivamente in questo stesso Stato membro, ma risieda nel territorio di un altro Stato membro.

30.   L’indennità Wajong rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto viene generalmente concessa ai lavoratori nazionali in relazione alla loro qualifica oggettiva di lavoratori o al semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale (11).

31.   L’art. 7 del regolamento n. 1612/68 costituisce espressione particolare del divieto di discriminazione, già sancito all’art. 39 CE, inerente all’attribuzione di vantaggi sociali (12). A termini dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, lo Stato membro ospitante non può riservare ai lavoratori di altri Stati membri, a motivo della loro cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali. In tal modo, la disposizione sembra porsi a un livello inferiore rispetto alla garanzia di cui all’art. 39 CE, di cui si possono valere tutti i cittadini comunitari che abbiano usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori, indipendentemente dal loro luogo di residenza e dalla loro cittadinanza (13). Nondimeno, la Corte applica le due disposizioni in modo parallelo e dà all’art. 7 del regolamento n. 1612/68 la stessa interpretazione dell’art. 39 CE (14). Conseguentemente, anche nella presente causa queste disposizioni possono essere richiamate congiuntamente.

32.   Le norme del Trattato in materia di libera circolazione e gli atti emanati in esecuzione delle dette norme non possono essere applicati a fattispecie i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro (15). Pertanto, in mancanza di una disparità di trattamento riconducibile direttamente a motivi di cittadinanza e laddove un lavoratore invochi la libera circolazione dei lavoratori nei confronti del proprio Stato membro, occorre un ulteriore elemento transfrontaliero affinché la fattispecie possa ricadere nella sfera di applicazione della libera circolazione dei lavoratori.

33.   Nel caso di specie l’elemento transfrontaliero è ravvisabile nel fatto che il sig. Hendrix risiede in Belgio e svolge un lavoro dipendente nei Paesi Bassi, per cui si reca quotidianamente, quale lavoratore frontaliero (16), da uno Stato membro ad un altro per ivi esercitare la propria attività professionale.

34.   Il convenuto e i governi olandese e britannico eccepiscono che un lavoratore potrebbe far valere l’art. 39 CE nei confronti di uno Stato membro di cui sia cittadino soltanto ove si sia avvalso del diritto alla libera circolazione dei lavoratori (17). Conformemente alla sentenza Werner (18), ciò non si verificherebbe qualora l’interessato abbia trasferito in un altro Stato membro solo la residenza, continuando a lavorare nel proprio Stato d’origine.

35.   Tuttavia, nella successiva sentenza Van Pommeren-Bourgondiën (19), in una analoga fattispecie, la Corte si è pronunciata in senso affermativo sulla possibilità di invocare la libera circolazione dei lavoratori. La ricorrente in tale procedimento era cittadina olandese, risiedeva in Belgio, ma aveva lavorato nei Paesi Bassi durante tutta la sua vita professionale. A motivo della residenza, nei Paesi Bassi è stata considerata, ai fini previdenziali, come assicurata a titolo volontario e non a titolo obbligatorio e ha dovuto versare contributi superiori a quelli pagati dai residenti, prassi ritenuta non incompatibile con il regolamento n. 1408/71.

36.   La Corte ha invece affermato che l’art. 39 CE risulta violato qualora le condizioni di assicurazione dei non residenti siano più sfavorevoli, per gli stessi rami previdenziali, di quelle a titolo obbligatorio di cui beneficino i residenti (20). Il fatto che la sig.ra Van Pommeren-Bourgondiën abbia sempre lavorato nei Paesi Bassi, trasferendosi in Belgio solo ai fini della residenza, non escludeva, evidentemente, l’applicazione della libera circolazione dei lavoratori.

37.   Nella sentenza Ritter-Coulais (21) la Corte ha confermato in termini estremamente chiari tale orientamento dichiarando

«(…) che ogni cittadino comunitario che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e abbia esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza, indipendentemente dal suo luogo di residenza e dalla sua cittadinanza, rientra nella sfera di applicazione dell’art. 48 del Trattato (…).

Ne deriva che la situazione dei coniugi Ritter-Coulais, che lavoravano in uno Stato membro diverso rispetto a quello in cui si trovava la loro effettiva residenza, rientra nel campo di applicazione dell’art. 48 del Trattato [divenuto, a seguito di modifica, art. 39 CE]».

38.   Si aggiunga che entrambi i coniugi Ritter-Coulais possedevano (in ogni caso anche) (22) la cittadinanza tedesca, per cui erano cittadini dello Stato in cui lavoravano e nei confronti del quale facevano valere la libera circolazione dei lavoratori. L’elemento di collegamento transfrontaliero era costituito unicamente dalla residenza in un altro Stato membro (23).

39.   Nella sentenza N. la Corte ha frattanto applicato tale principio per analogia alla libertà di stabilimento. Anche in questo caso il ricorrente aveva trasferito la propria residenza dallo Stato di cui era cittadino e nel quale esercitava la propria attività economica a un altro Stato membro senza ivi avviare un’attività economica. La Corte ha ritenuto che tale situazione rientrasse nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento (24).

40.   Non convince l’obiezione secondo cui quanto dichiarato nella sentenza Ritter-Coulais dovrebbe essere interpretato alla luce della circostanza che la libera circolazione generale dei cittadini dell’Unione e la libera circolazione dei capitali, invocate dai ricorrenti, non erano ancora applicabili ratione temporis, ai fatti di specie (25). Da un lato, la sentenza Van Pommeren-Bourgondiën evidenzia che la relativa interpretazione della libera circolazione dei lavoratori prevale, completamente svincolata dalla particolare fattispecie della causa Ritter-Coulais. Dall’altro lato, non sarebbe sostenibile, da un punto di vista giuridico, interpretare in senso più ampio o ristretto la libera circolazione dei lavoratori a seconda che dai fatti emerga o meno anche un’altra libertà fondamentale.

41.   La menzionata giurisprudenza si basa sulla nozione di mercato unico inteso quale spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, come descritto all’art. 14, n. 2, CE. L’art. 39 CE attua un principio fondamentale sancito dall’art. 3, lett. c), CE, a tenore del quale, ai fini enunciati dall’art. 2 CE, l’azione della Comunità implica l’eliminazione, tra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle persone (26). È irrilevante, al riguardo, che tali ostacoli provengano dallo Stato d’origine o da quello ospitante (27).

42.   L’interpretazione in senso restrittivo della libera circolazione dei lavoratori sostenuta dal convenuto e dai governi intervenienti contrasta con la logica alla base del mercato unico. In uno spazio senza frontiere interne, colui che lasci il proprio Stato di residenza per andare a lavorare nello Stato di cui sia cittadino, dev’essere ostacolato ancor meno di chi, per lavoro, faccia il pendolare tra lo Stato di cui sia cittadino e un altro Stato membro.

43.   La definizione in senso restrittivo della sfera di applicazione della libera circolazione dei lavoratori appare eccessivamente fondata sulla cittadinanza dell’interessato piuttosto che sul carattere transfrontaliero dei fatti, determinando infatti, una differenziazione a seconda che ad attraversare la frontiera per lavorare sia un cittadino dello Stato in questione o un cittadino straniero. Se, a seguito del trasferimento in Belgio, il sig. Hendrix avesse ottenuto un posto di lavoro in Germania recandovisi quotidianamente per lavorare, avrebbe potuto senza dubbio far valere la libera circolazione dei lavoratori. Non si vede il motivo per il quale egli, come pendolare nel proprio Stato d’origine, vale a dire i Paesi Bassi, debba essere assoggettato a diverso trattamento.

44.   Nelle conclusioni presentate nella causa Hartmann l’avvocato generale Geelhoed si è espresso a favore dell’interpretazione in senso restrittivo dell’art. 39 CE, sostenuta anche dal convenuto e dai governi intervenienti nel presente procedimento. A motivazione della propria tesi egli ha osservato che tale disposizione mira esclusivamente a garantire uno spostamento del fattore lavoro, che non si verifica affatto con il semplice trasferimento della residenza (28).

45.   Qualora una norma nazionale si ricolleghi direttamente allo spostamento della residenza privata, nel caso in cui, ad esempio, ponga taluni ostacoli fiscali o amministrativi al trasferimento, occorre chiedersi, in realtà, se in siffatte misure non debba essere innanzitutto ravvisata un’ingerenza nella libera circolazione dei cittadini dell’Unione sancita dall’art. 18 CE. Se tuttavia, una volta avvenuto lo spostamento della residenza, il pregiudizio deriva dal fatto che il luogo di residenza e il luogo di lavoro non coincidono più, prevale l’applicazione della libera circolazione dei lavoratori. A partire da questo momento, infatti, viene ostacolato lo spostamento del fattore lavoro dal (nuovo) Stato di residenza nello Stato in cui il lavoratore è occupato.

46.   Ai fini dell’applicazione dell’art. 39 CE non può costituire elemento decisivo il fatto che se la situazione transfrontaliera derivi dallo spostamento del luogo di residenza o del luogo di lavoro. In caso contrario vi sarebbe il rischio di risultati del tutto casuali. In tal senso, il sig. Hendrix, che ha lavorato ininterrottamente nei Paesi Bassi e ha trasferito la sua residenza in un altro Stato, non potrebbe, in un primo momento, far valere la libera circolazione dei lavoratori. Tuttavia, qualora, dopo lo spostamento della residenza, perdesse il posto di lavoro ottenendone, dopo tale interruzione, un altro nei Paesi Bassi, troverebbe applicazione la libera circolazione dei lavoratori in quanto, a quel punto, lo spostamento dal Belgio ai Paesi Bassi avverrebbe per ivi svolgere una nuova attività di lavoro dipendente.

47.   Vero è che in molti casi la Corte ha affermato che un lavoratore può far valere l’art. 39 CE nei confronti di uno Stato membro di cui sia cittadino soltanto dopo aver usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori (29). La Corte ha equiparato tale circostanza al conseguimento da parte dell’interessato di un diploma o di una qualifica professionale all’estero (30).

48.   Tuttavia, in questi casi gli interessati tornavano perlopiù a stabilire la propria residenza nello Stato d’origine, facendo valere nei confronti di quest’ultimo la libera circolazione dei lavoratori. Di conseguenza, poiché, contrariamente al caso del sig. Hendrix, il luogo di lavoro e quello di residenza non erano più distinti, occorreva che fosse avvenuto anteriormente un movimento transfrontaliero da cui scaturisse lo status di lavoratore migrante. Da tali sentenze non si può tuttavia trarre la conclusione che lo status di lavoratore migrante non sia acquisibile con il trasferimento della residenza.

49.   La seconda questione pregiudiziale dev’essere pertanto risolta nel senso che un lavoratore può far valere l’art. 39 CE e l’art. 7 del regolamento n. 1612/68 nei confronti di uno Stato membro di cui sia cittadino, qualora abbia lavorato e continui a lavorare esclusivamente in questo stesso Stato membro, ma risieda nel territorio di un altro Stato membro.

C –    Sulla terza questione pregiudiziale – Nesso intercorrente tra il regolamento n. 1408/71 da un lato e il regolamento n. 1612/68 e l’art. 39 CE, dall’altro

50.   Con la terza questione il Centrale Raad van Beroep chiede se una disposizione di uno Stato membro che subordini la concessione o il mantenimento di una prestazione previdenziale alla residenza dell’interessato nel proprio territorio sia sempre compatibile con l’art. 39 CE e con l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 per il fatto che la prestazione costituisca una prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, concessa, a norma dell’art. 10 bis del medesimo regolamento, solo ai residenti.

51.   A tale proposito il convenuto e i governi olandese e britannico sostengono che il regolamento n. 1408/71 sia più specifico del regolamento n. 1612/68, per cui sarebbe applicabile esclusivamente nel proprio ambito di applicazione (31). Il regolamento n. 1612/68 non consentirebbe di invocare l’esportazione di prestazioni, esclusa ai sensi dell’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71.

52.   La Corte ha tuttavia dichiarato che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 può applicarsi a vantaggi sociali che sono, nello stesso tempo, soggetti alla disciplina specifica del regolamento n. 1408/71 (32). Le due disposizioni sono applicabili al contempo, in quanto non hanno la stessa sfera di applicazione ratione personae (33), in quanto il concetto di vantaggio sociale di cui all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 è, inoltre, più ampio di quello di prestazione previdenziale ai sensi del regolamento n. 1408/71 (34), e, infine, in quanto il regolamento n. 1612/68, inerente alla libera circolazione dei lavoratori (35), ha portata generale. Pertanto, la circostanza che una prestazione non ricada, o non ricada incondizionatamente, nella sfera di applicazione del regolamento n. 1408/71 e che, pertanto, tale regolamento non ne disponga l’esportazione, nulla dice sugli effetti prodotti dal regolamento n. 1612/68 sulla concessione di tale prestazione (36).

53.   Dalle sentenze Commissione/Francia (37) e Scrivner (38), richiamate dal convenuto ovvero dal governo olandese, non emerge nulla di diverso. In questi casi, infatti, non si discuteva dell’eventuale preminenza del regolamento n. 1408/71 già per il fatto che la fattispecie non rientrava nell’ambito di applicazione di tale regolamento (39).

54.   Parimenti, laddove dall’art. 42, n. 2, del regolamento n. 1612/68 [«Il presente regolamento non infirma le disposizioni adottate conformemente all’articolo 51 del trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 42 CE).»] si deduce che il regolamento n. 1408/71 prevarrebbe sul regolamento n. 1612/68, il ragionamento non appare convincente (40). L’art. 42, n. 2, del regolamento n. 1612/68 non parla di una preminenza delle disposizioni adottate in base all’art. 51 del Trattato, bensì si limita ad affermare che il regolamento «non infirma» tali disposizioni. Dalla lettera della disposizione in questione non emerge affatto che il regolamento n. 1612/68 debba assumere un ruolo subordinato; se ne deduce piuttosto una validità reciprocamente autonoma, ossia parallela (41).

55.   Neppure la formulazione dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 quale clausola generale – laddove il regolamento n. 1408/71 contiene una disciplina concreta nel settore previdenza sociale – legittima la conclusione che il regolamento n. 1408/71 prevalga, rispetto al regolamento n. 1612/68, in quanto lex specialis. Infatti, la tecnica normativa utilizzata nei due atti non contiene, di per sé, elementi utili ad affermare un ordine di priorità tra i due regolamenti.

56.   In senso contrario ad una preminenza generale del regolamento n. 1408/71 rispetto all’art. 7 del regolamento n. 1612/68 depone soprattutto il rilievo che l’art. 7 del regolamento n. 1612/68 costituisce, in definitiva, soltanto un’espressione particolare della garanzia dettata dall’art. 39 CE e va interpretato allo stesso modo di tale disposizione (42). Tuttavia, la norma del Trattato quale fonte di diritto di rango superiore deve essere osservata in ogni caso nell’interpretazione e nell’applicazione del regolamento n. 1408/71. Infatti, la circostanza che un provvedimento nazionale sia conforme a una disposizione di diritto derivato, nel caso di specie l’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71, non produce l’effetto di sottrarre tale provvedimento alla verifica di conformità con le disposizioni del Trattato (43).

57.   Una compressione delle libertà fondamentali esige dunque una giustificazione per motivi imperativi di interesse generale anche quando dipenda da un regolamento comunitario o da una disposizione di diritto nazionale conforme al diritto derivato. È pur vero che il legislatore comunitario e il legislatore nazionale dispongono di un margine discrezionale nell’emanazione di normative nell’interesse della collettività che incidono sulle libertà fondamentali. Tuttavia, spetta alla Corte esaminare se i legislatori abbiano travalicato i limiti di tale discrezionalità con conseguente violazione delle libertà fondamentali.

58.   La terza questione pregiudiziale dev’essere pertanto risolta nel senso che una disposizione di uno Stato membro che subordini la concessione o il mantenimento di una prestazione previdenziale alla residenza dell’interessato nel proprio territorio non è sempre compatibile con l’art. 39 CE e con l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 per il solo fatto che la prestazione costituisca una prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, concessa, a norma dell’art. 10 bis del medesimo regolamento, unicamente ai residenti.

D –    Sulla quarta questione pregiudiziale – Compatibilità del requisito della residenza con l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 e con l’art. 39 CE,nonché con gli artt. 12 e 18 CE

59.   Con la quarta questione il Centrale Raad van Beroep chiede, nel merito, se l’art. 39 CE e l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 nonché gli artt. 12 e 18 CE ostino a una normativa nazionale quale la Wajong, per effetto della quale un cittadino dell’Unione, che svolga un’attività lavorativa a tempo pieno nei Paesi Bassi ove il relativo rapporto di lavoro sia disciplinato esclusivamente alla normativa olandese, possa beneficiare di una determinata prestazione previdenziale solo a condizione di risiedere nello Stato membro medesimo.

1.      Compatibilità con l’art. 39 CE e l’art. 7 del regolamento n. 1612/68

60.   Secondo una giurisprudenza costante, il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare ai cittadini comunitari l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (44).

61.   Conformemente all’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71, l’indennità Wajong è concessa solo alle persone residenti nei Paesi Bassi. Ciò pregiudica quei lavoratori che svolgono attività lavorativa nei Paesi Bassi, senza peraltro risiedervi. Tuttavia, il pregiudizio derivante dal requisito della residenza potrebbe risultare giustificato se basato su considerazioni oggettive di interesse generale, indipendenti dalla cittadinanza (45).

62.   Il requisito della residenza di cui all’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71 serve a delimitare le competenze degli Stati membri per l’erogazione di prestazioni speciali a carattere non contributivo che presentino, oltre a caratteristiche di prestazioni previdenziali, anche elementi di assistenza sociale. La Corte ha già riconosciuto che la residenza costituisca un criterio idoneo a tale scopo.

63.   Da un lato, nella sentenza Snares la Corte ha dichiarato che l’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71 è compatibile con le disposizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori in quanto le prestazioni speciali sono strettamente connesse con l’ambiente sociale (46). Poiché il fulcro dell’esistenza di una persona è situato, di norma, nel luogo di residenza, lo Stato di residenza è innanzi tutto chiamato a definire, tenuto conto dell’ambiente sociale locale (per esempio l’entità del costo della vita), se e in quale misura debba essere concessa una prestazione speciale per assicurare il minimo di sussistenza.

64.   Dall’altro lato, la limitazione dell’esportabilità delle prestazioni speciali a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71 si fonda sulla considerazione che tali prestazioni costituiscono espressione della solidarietà all’interno di uno Stato membro, come osserva giustamente la Commissione. Lo Stato, al cui sistema sociale si appartiene, deve farsi carico anche di garantire il un minimo di sussistenza. Nella sentenza Tas-Hagen e Tas la Corte ha recentemente ribadito che il diritto a una prestazione speciale può essere subordinato, in linea di principio, al collegamento con la società di uno Stato membro che si manifesta attraverso la residenza nello Stato medesimo (47).

65.   Per quanto riguarda l’ammissibilità del criterio di residenza, gli artt. 10 e 10 bis del regolamento n. 1408/71 distinguono giustamente tra prestazioni previdenziali e prestazioni speciali a carattere non contributivo. Per le prestazioni previdenziali classiche è competente, di norma, lo Stato in cui il lavoratore è occupato, al cui regime previdenziale è affiliato e versa i contributi. Quanto alle prestazioni speciali a carattere non contributivo, manca una corrispondente appartenenza a una categoria sociale specifica di assicurati. Subentra al suo posto l’integrazione nel sistema sociale di tutti i residenti nel territorio dello Stato. La concessione delle prestazioni speciali può essere limitata solo ad essi, mentre le prestazioni previdenziali possono essere richieste indipendentemente dal luogo di residenza.

66.   Vincolando la concessione di prestazioni speciali al luogo di residenza, tra il diritto alle prestazioni e la responsabilità del relativo finanziamento si crea un nesso analogo a quello del versamento dei contributi previdenziali. Infatti, le prestazioni speciali vengono finanziate mediante le imposte. I residenti sono illimitatamente soggetti all’imposta sui redditi nel loro Stato di residenza. Essi contribuiscono altresì in modo determinante a generare il gettito fiscale attraverso i consumi privati.

67.   L’importanza del criterio di residenza si relativizza tuttavia per i lavoratori frontalieri che, nella maggior parte dei casi, possiedono anche stretti legami con l’ambiente economico e sociale del luogo di lavoro. A tal proposito la Commissione sottolinea che il sig. Hendrix si è trasferito in una località belga nell’immediata vicinanza della frontiera con i Paesi Bassi ed è pertanto (48) assoggettato, conformemente alla convenzione belga-olandese contro le doppie imposizioni, per quanto attiene al reddito percepito nei Paesi Bassi, all’imposta sul reddito olandese.

68.   Nel caso dei lavoratori frontalieri occorre dunque stabilire se la sola residenza costituisca un criterio idoneo per determinare l’appartenenza ad una comunità sociale. Si potrebbe piuttosto esaminare l’opportunità, in casi di tal genere, di ricorrere ad altri criteri integrativi, che costituiscano espressione del grado di integrazione in un ambiente economico e sociale, quali, ad esempio, il luogo di lavoro, la distanza tra luogo di lavoro e frontiera, il luogo delle spese di consumo o il fulcro delle relazioni sociali.

69.   In fattispecie come quella in esame è tuttavia escluso un nesso con la sede di lavoro. Infatti, l’indennità Wajong funge da sovvenzione del posto di lavoro e rappresenta praticamente l’unica possibilità di assunzione di un lavoratore disabile. Se il datore di lavoro assume un disabile, viene esonerato dal pagamento della retribuzione minima di legge; con l’indennità Wajong il disabile percepisce la differenza tra retribuzione effettiva e retribuzione minima. In assenza di tale prestazione statale, per i disabili parzialmente inabili al lavoro sarebbe quasi impossibile entrare sul mercato del lavoro con la retribuzione minima di legge. L’assunzione di un beneficiario di un’indennità Wajong costituisce, pertanto, una conseguenza della prestazione speciale erogata dallo Stato. Sarebbe un circolo vizioso se l’occupazione nel territorio nazionale costituisse, al contempo, l’elemento di collegamento per il diritto a tale prestazione di solidarietà.

70.   A differenza della residenza, gli altri criteri sono caratterizzati dal fatto che non consentano di ricondurre nettamente l’interessato ad un determinato ambiente economico e sociale, costituendo invece soltanto aspetti più o meno concreti che possono condurre all’individuazione del pertinente ambiente economico e sociale solamente nell’ambito di una valutazione complessiva.

71.   Tuttavia, il coordinamento della responsabilità degli Stati membri nella concessione delle prestazioni di solidarietà sociale deve rispondere a criteri chiari che, in una gestione di massa, permettano un esame rapido e risultati sufficientemente precisi. Pertanto, l’inquadramento nei sistemi sociali degli Stati membri può avvenire secondo criteri astratti che, se è pur vero che non tengono conto di tutte le circostanze del caso specifico, evidenziano peraltro, nell’ambito di un esame tipizzante, un’affinità prevalente con un determinato Stato membro. L’esame dettagliato di tutti i fattori che connotano il singolo caso non costituisce uno strumento atto a consentire una ripartizione delle competenze pratica e ragionevole.

72.   Occorre inoltre osservare che, in assenza di armonizzazione in materia di previdenza sociale, gli Stati membri conservano la competenza per definire i requisiti per la concessione delle prestazioni di previdenza sociale (49), per cui spetta loro un ampio potere discrezionale quanto alla determinazione dei criteri per valutare il legame con la società di uno Stato (50). Il legislatore comunitario non ha volutamente limitato questo margine discrezionale, in particolare con riguardo alle clausole di residenza per le prestazioni speciali a carattere non contributivo. Piuttosto, ha espressamente dichiarato ammissibili le clausole di residenza all’art. 10 bis del regolamento n. 1408/71.

73.   Alla luce di questa libertà degli Stati membri di fondarsi, nell’ambito della ripartizione della competenza per la concessione di prestazioni speciali, su considerazioni tipizzanti, il collegamento al solo criterio della residenza appare legittimo, sebbene in casi specifici, ad esempio nel caso dei lavoratori frontalieri, potrebbero risultare determinanti anche altri fattori.

74.   Questa conclusione sembra contrastare prima facie con quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza Meeusen (51), secondo cui anche i lavoratori frontalieri (52), ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, hanno diritto a vantaggi sociali nello Stato in cui svolgono un’attività lavorativa indipendentemente dal luogo di residenza (53).

75.   Gli Stati membri avevano obiettato che la disposizione de qua non conferirebbe ai lavoratori frontalieri il diritto di esportare le prestazioni previdenziali dallo Stato di occupazione allo Stato di residenza (54). Il regolamento mirerebbe, infatti, a promuovere l’integrazione sociale dei lavoratori migranti nello Stato ospitante. Tuttavia, i lavoratori frontalieri non sarebbero socialmente integrati in questo Stato, bensì nel rispettivo luogo di residenza.

76.   La Corte ha respinto questo argomento in base al rilievo che la sfera di applicazione del regolamento n. 1612/68 include anche i lavoratori frontalieri (55). Inoltre, ha dichiarato che il principio della parità di trattamento di cui all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 vieta allo Stato ospitante di discriminare i lavoratori migranti rispetto ai lavoratori nazionali subordinando la concessione di prestazioni al requisito della residenza nel territorio nazionale.

77.   Le affermazioni contenute nella sentenza Meeusen si riferivano tuttavia al sussidio per gli studi a favore dei figli di un lavoratore migrante e non possono trovare applicazione analogica nel caso di specie. Contrariamente alla situazione connessa con il sussidio per gli studi, non è possibile equiparare sic et simpliciter la posizione delle persone residenti nel territorio dello Stato e all’estero che necessitino di prestazioni dirette a garantire il minimo di sussistenza. Infatti, tali prestazioni presentano un nesso decisamente più stretto con l’ambiente sociale del beneficiario.

78.   Inoltre, l’indennità Wajong, come già osservato, crea praticamente le condizioni per rendere possibile l’assunzione di lavoratori disabili, cosicché un’occupazione sul territorio nazionale non può costituire, al contempo, un fattore di legittimazione al beneficio della prestazione. Per contro, il sussidio per gli studi costituisce piuttosto un’agevolazione accessoria con riguardo alla quale l’occupazione e la conseguente imposizione fiscale possono invece rappresentare l’elemento di collegamento per poter godere della prestazione.

79.   La limitazione della concessione di prestazioni del genere di quelle previste dalla Wajong a persone residenti nei Paesi Bassi risulta pertanto compatibile con l’art. 39 CE e l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.

2.      Compatibilità con gli artt. 12 e 18 CE

80.   Poiché il diritto generale alla libera circolazione ai sensi dell’art. 18 CE riveste carattere sussidiario rispetto alla libera circolazione dei lavoratori di cui all’art. 39 CE (56), appare superfluo esaminare la compatibilità del requisito della residenza con gli artt. 12 e 18 CE.

V –    Conclusione

81.   In conclusione, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Centrale Raad von Beroep nei termini seguenti:

1.      L’indennità versata in base della legge olandese 24 aprile 1997 in materia di prestazioni di assistenza ai giovani disabili affetti da incapacità lavorativa (Wet arbeidsongeschiktheidsvoorziening jonggehandicapten) dev’essere considerata quale prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella versione del regolamento (CE) del Consiglio 8 febbraio 1999, n. 307, alla quale si applica la norma di coordinamento contenuta nell’art. 10 bis del medesimo regolamento. Lo stesso ragionamento vale anche nel caso in cui l’interessato percepisse in origine un’indennità di natura contributiva, trasformata, a decorrere dal 1° gennaio 1998, in un’indennità a titolo della Wajong.

2.      Un lavoratore può far valere l’art. 39 CE e l’art. 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, nella versione del regolamento (CEE) del Consiglio 27 luglio 1992, n. 2434, nei confronti di uno Stato membro di cui sia cittadino, qualora abbia lavorato e continui a lavorare esclusivamente in questo stesso Stato membro, ma risiedendo tuttavia nel territorio di un altro Stato membro.

3.      Una disposizione di uno Stato membro che subordini la concessione o il mantenimento di una prestazione previdenziale alla residenza dell’interessato nel proprio territorio non è sempre compatibile con l’art. 39 CE e con l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 per il solo fatto che la prestazione costituisca una prestazione speciale a carattere non contributivo ai sensi dell’art. 4, n. 2 bis, del regolamento n. 1408/71, concessa, a norma dell’art. 10 bis del medesimo regolamento, unicamente ai residenti.

4.      L’art. 39 CE e l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 non ostano a una normativa nazionale quale la Wajong, per effetto della quale un cittadino dell’Unione che svolga un’attività lavorativa a tempo pieno nei Paesi Bassi ed il cui rapporto di lavoro sia assoggettato esclusivamente alla legge dei Paesi Bassi può beneficiare di una determinata prestazione sociale solo a condizione di risiedere nello Stato membro di cui trattasi.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Sentenza 6 luglio 2006, causa C‑154/05, Kersbergen-Lap e Dams-Schipper (Racc. pag. I‑6249; in prosieguo: la «sentenza Kersbergen»).


3 – Regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), nella versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1), a sua volta modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 8 febbraio 1999, n. 307 (GU L 38, pag. 1).


4 – Regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), nella versione del regolamento (CEE) del Consiglio 27 luglio 1992, n. 2434 (GU L 245, pag. 1).


5 – L’intera controversia verte quindi soltanto sul diritto all’indennità Wajong nei quattro giorni intercorsi tra il 1° e il 4 luglio 1999, come sottolinea giustamente il governo olandese.


6 – V., sul requisito della presenza contemporanea di tali requisiti, sentenze 8 marzo 2001, causa C‑215/99, Jauch (Racc. pag. I‑1901, punto 21), e Kersbergen (cit. alla nota 2, punto 25).


7 – Sentenza Kersbergen (cit. alla nota 2, punti 30 e 31). V. anche, in generale, per quanto attiene ai presupposti ai fini della classificazione quale prestazione speciale, sentenze 4 novembre 1997, causa C‑20/96, Snares (Racc. pag. I‑6057, punto 33), e 29 aprile 2004, C‑160/02, Skalka (Racc. pag. I‑5613, punto 25).


8 – V., su questo requisito in particolare, le mie conclusioni presentate il 20 ottobre 2005 nella causa C‑286/03, Hosse (Racc. pag. I‑1771, paragrafi 66-69).


9 – Si tratta di un’argomentazione che può apparire prima facie sorprendente. Infatti, affinché la domanda di un aiuto sociale tradizionale venga accolta, non dovrebbe affatto essere sufficiente dimostrare all’ente di previdenza la sola appartenenza a una categoria socialmente debole senza dimostrare, in concreto, la propria situazione finanziaria. La dichiarazione della Corte sarebbe semmai giustificabile per il fatto che l’inquadramento di una prestazione quale prestazione speciale dev’essere subordinata unicamente a una certa affinità con l’aiuto sociale, che basta a fondarne il carattere misto, senza che debba coincidere pienamente con un aiuto sociale.


10 – Sentenza Kersbergen (cit. alla nota 2, punti 41 e segg.).


11 – V. sentenze 30 settembre 1975, causa 32/75, Cristini (Racc. pag. 1085, punti 10‑13); 8 giugno 1999, causa C‑337/97, Meeusen (Racc. pag. I‑3289, punto 22), e 15 settembre 2005, causa C‑258/04, Ioannidis (Racc. pag. I‑8275, punto 35).


12 – Sentenza 23 febbraio 2006, causa C‑205/04 Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑31, punto 15).


13 – Sentenze 12 dicembre 2002, causa C‑385/00, de Groot (Racc. pag. I‑11819, punto 76); 13 novembre 2003, causa C‑209/01, Schilling e Fleck-Schilling (Racc. pag. I‑13389, punto 23), e 21 febbraio 2006, causa C‑152/03, Ritter-Coulais (Racc. pag. I‑1711, punto 31).


14 – V. per esempio sentenze 23 maggio 1996, causa C‑237/94, O’Flynn (Racc. pag. I‑2617, punto 19); 26 gennaio 1999, causa C‑18/95, Terhoeve (Racc. pag. I‑345, punto 29); 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler (Racc. pag. I‑10239, punti 77 e 88), e Commissione/Spagna (cit. alla nota 12, punto 15). Di opinione divergente sono l’avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni presentate il 2 febbraio 2006, causa C‑406/04, De Cuyper (Racc. pag. I‑6947, paragrafi 34‑37), e l’avvocato generale Jacobs nelle conclusioni presentate il 2 maggio 1996, cause riunite C‑245/94 e C‑312/94, Hoever e Zachow (Racc. pag. I‑4895, paragrafi 93‑100).


15 – V. sentenze 5 giugno 1997, cause riunite C‑64/96 e C‑65/96, Uecker e Jacquet (Racc. pag. I‑3171, punto 16); Terhoeve (cit. alla nota 14, punto 26); 11 ottobre 2001, cause riunite da C‑95/99 a C‑98/99 e C‑180/99, Khalil e a. (Racc. pag. I‑7413, punto 69), e 11 gennaio 2007, causa C‑208/05, ITC (Racc. pag. I‑181, punto 29).


16 – Nozione definita all’art. 1, lett. b), del regolamento n. 1408/71.


17 – V. al riguardo sentenze 7 febbraio 1979, causa 115/78, Knoors (Racc. pag. 399, punto 24); 7 luglio 1992, causa C‑370/90, Singh (Racc. pag. I‑4265, punto 23); 23 febbraio 1994, causa C‑419/92, Scholz (Racc. pag. I‑505, punto 9); Terhoeve (cit. alla nota 14, punto 27), e de Groot (cit. alla nota 13, punto 76).


18 – Sentenza 26 gennaio 1993, causa C‑112/91, Werner (Racc. pag. I‑429, punti 16 e 17), vertente sulla libertà di stabilimento. A favore dell’impostazione restrittiva adottata nella sentenza si è espresso di recente anche l’avvocato generale Geelhoed [conclusioni presentate all’udienza del 28 settembre 2006, causa C‑212/05, Hartmann (Racc. pag. I‑6303, paragrafi 32‑42)].


19 – Sentenza 7 luglio 2005, causa C‑227/03 (Racc. pag. I‑6101).


20 – Ibidem, punto 40.


21 – Cit. alla nota 13, punti 31 e 32.


22 – La sig.ra Ritter-Coulais era inoltre cittadina francese. Tuttavia, come correttamente sottolineato dall’avvocato generale Léger, i coniugi venivano tassati congiuntamente in Germania di modo che il fatto di considerare separatamente la cittadinanza francese della moglie sarebbe stato artificioso [v. conclusioni presentate il 1° marzo 2005, causa C‑152/03, Ritter-Coulais (Racc. pag. I‑1711, paragrafo 36)].


23 – Sarebbe comunque stato auspicabile che nella sentenza Ritter-Coulais la Corte avesse dichiarato espressamente l’abbandono della giurisprudenza Werner sulla quale l’avvocato generale Léger si era ancora basato in maniera determinante (conclusioni Ritter-Coulais, citate alla nota 22, paragrafi 5 e segg.). Invece, la Corte non fa neppure cenno alla sentenza Werner.


24 – Sentenza 7 settembre 2006, causa C‑470/04, N. (Racc. pag. I‑7409, punto 28).


25 – Ciò è quanto precisa l’avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni presentate nella causa Hartmann (citate alla nota 18, paragrafo 37).


26 – Sentenze Terhoeve (cit. alla nota 14, punto 36); Singh (cit. alla nota 17, punto 15), nonché 15 giugno 2000, causa C‑302/98, Sehrer (Racc. pag. I‑4585, punto 31).


27 – V. sentenze Terhoeve (cit. alla nota 14, punti 37 e 39); Sehrer (cit. alla nota 26, punti 32 e 33), nonché 9 novembre 2006, causa C‑520/04, Turpeinen (Racc. pag. I‑10685, punti 14 e 15).


28 – Conclusioni Hartmann (citate alla nota 18, paragrafo 41). V. anche l’avvocato generale Darmon nelle conclusioni presentate il 6 ottobre 1992 nella causa C‑112/91, Werner (Racc. pag. I‑429, paragrafo 30).


29 – V. ad esempio le sentenze citate alla nota 17.


30 – Sentenze Knoors (cit. alla nota 17, punto 24), e 31 marzo 1993, causa C‑19/92, Kraus (Racc. pag. I‑1663, punti 15 e 16).


31 – V. anche l’avvocato generale Geelhoed nelle conclusioni Hartmann (citate alla nota 18, paragrafo 50).


32 – Sentenze 10 marzo 1993, causa C‑111/91, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑817, punto 21), e 12 maggio 1998, causa C‑85/96, Martínez Sala (Racc. pag. I‑2691, punto 27).


33 – V. sentenza Commissione/Lussemburgo (cit. alla nota 32, punto 20).


34 – V. conclusioni Hosse (citate alla nota 8, paragrafo 104).


35 – V. sentenza Commissione/Lussemburgo (cit. alla nota 32, punto 21).


36 – V. conclusioni Hosse (citate alla nota 8, paragrafo 104).


37 – Sentenza 24 settembre 1998, causa C‑35/97, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑5325, punto 47).


38 – Sentenza 27 marzo 1985, causa 122/84, Scrivner e Cole (Racc. pag. 1027).


39 – Sentenze Commissione/Francia (cit. alla nota 37, punto 35), e Scrivner (cit. alla nota 38, punto 21). Sbaglia perciò anche la sentenza della Corte dell’EFTA 3 maggio 2006, caso E-3/05, Autorità di vigilanza dell’EFTA/Norvegia (EFTA Court Report, pag. 102, punto 63), in cui la sentenza Scrivner viene citata quale presunta prova della preminenza del regolamento n. 1408/71 rispetto al regolamento n. 1612/68.


40 – V. tuttavia le conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Hartmann (citate alla nota 18, paragrafo 50) e la sentenza della Corte dell’EFTA Autorità di vigilanza dell’EFTA/Norvegia (cit. alla nota 39, punto 63).


41 – In tal senso, anche la versione francese dell’art. 42, n. 2, del regolamento n. 1612/68 adotta la formulazione «Le présent règlement ne porte pas atteinte aux dispositions prises conformément à l'article 51 du traité». Neppure la versione inglese lascia intendere la preminenza del regolamento n. 1408/71: «This Regulation shall not affect measures taken in accordance with Artiche 51 of the Treaty».


42 – V. supra, paragrafo 30 delle presenti conclusioni, ivi inclusi i rinvii indicati alla nota 14.


43 – Sentenze 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll (Racc. pag. I‑1931, punto 25), e 16 maggio 2006, causa C‑372/04, Watts (Racc. pag. I‑4325, punto 47).


44 – Sentenze Singh (cit. alla nota 17, punto 16); Terhoeve (cit. alla nota 14, punto 37); Sehrer (cit. alla nota 26, punto 32), e Ritter-Coulais (cit. alla nota 13, punto 33).


45 – V. sentenza 9 novembre 2006, causa C‑346/05, Chateignier (Racc. pag. I‑10951, punto 32), con rinvii alle sentenze O’Flynn (cit. alla nota 14, punto 19), e 23 marzo 2004, causa C‑138/02, Collins (Racc. pag. I‑2703, punto 66). In relazione al nesso tra l’art. 18 CE e il regolamento n. 1408/71, v. sentenza 18 luglio 2006, causa C‑406/04, De Cuyper (Racc. pag. I‑6947, punto 40).


46 – Sentenza Snares (cit. alla nota 7, punto 42). V. al riguardo anche sentenze 27 settembre 1988, causa 313/86, Lenoir (Racc. pag. 5391, punto 16); 31 maggio 2001, causa C‑43/99, Leclere e Deaconescu (Racc. pag. I‑4265, punto 32), e Kersbergen (cit. alla nota 2, punto 33).


47 – Sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑192/05 (Racc. pag. I‑10451, punti 34 e 35). In tal senso v. già precedenti sentenze 11 luglio 2002, causa C‑224/98, D’Hoop (Racc. pag. I‑6191, punto 38); Collins (cit. alla nota 45, punto 67); 15 marzo 2005, causa C‑209/03, Bidar (Racc. pag. I‑2119, punto 57), e Ioannidis (cit. alla nota 11, punto 30).


48 – Di fatto, comunque, quantomeno fino a concorrenza della retribuzione minima legale, il sig. Hendrix non avrà praticamente versato alcuna imposta sul reddito.


49 – Sentenza Snares (cit. alla nota 7, punto 45).


50 – Conclusioni Tas-Hagen (citate alla nota 47, paragrafo 61).


51 – Cit. alla nota 11.


52 – Nei ‘considerando’ del regolamento n. 1612/68, viene utilizzata in tedesco, a differenza del regolamento n. 1408/71, la nozione di «Grenzarbeitnehmer» (lavoratore frontaliero). In italiano e in altre versioni linguistiche si trova lo stesso termine in entrambi i regolamenti (ad esempio «travailleur frontalier»).


53 – In tal senso anche sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 37, punto 40).


54 – Sentenza Meeusen (cit. alla nota 11, punto 20). V. anche sentenza 27 novembre 1997, causa C‑57/96, Meints (Racc. pag. I‑6689, punto 49).


55 – Sentenze Meeusen (cit. alla nota 11, punti 21 e 22), e Meints (cit. alla nota 54, punto 50).


56 – Sentenze 29 febbraio 1996, causa C‑193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos (Racc. pag. I‑929, punto 22); 26 novembre 2002, causa C‑100/01, Oteiza Olazabal (Racc. pag. I‑10981, punto 26); 6 febbraio 2003, causa C‑92/01, Stylianakis (Racc. pag. I‑1291, punto 18); 16 dicembre 2004, causa C‑293/03, My (Racc. pag. I‑12013, punto 33), e Ioannidis (cit. alla nota 11, punto 37).