CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 7 settembre 20061(1)
Causa C-176/05
KVZ retec GmbH
contro
Repubblica d’Austria
(Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien)
«Rifiuti – Spedizione – Regolamento (CEE) n. 259/93 – Farina animale – Deroga applicabile alle carogne di animali – Regolamento (CE) n. 1774/2002 – Lista verde»
I – Considerazioni introduttive
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte a stabilire fino a che punto la farina animale soggiaccia all’obbligo di notifica ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 1° febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (2) (in prosieguo: il «regolamento n. 259/93»).
2. Il procedimento principale ha per oggetto una richiesta di risarcimento del danno pari a circa EUR 300 000, che trova il suo fondamento nel fatto che le autorità austriache, tra il 6 giugno 2003 e il 19 settembre 2003, hanno impedito ad una nave carica di farina animale di lasciare il porto di Vienna/Hainburg in direzione della Germania. L’autorizzazione al proseguimento del viaggio veniva fatta dipendere da una dichiarazione volta a classificare la farina animale come rifiuto e dalla notifica della spedizione conformemente a quanto previsto dal regolamento n. 259/93. Il giudice del rinvio ritiene che l’esito del ricorso dipenda da come sia considerata la farina animale, ossia come rifiuto ovvero come sostanza che esula dal campo di applicazione della nozione di rifiuto.
II – Contesto normativo
A – Legislazione sui rifiuti
3. Il contesto normativo è dato, innanzi tutto, dall’interazione tra il regolamento n. 259/93 e la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (3) (in prosieguo, la «direttiva 75/442»).
4. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 259/93, tale regolamento è applicabile ai rifiuti. Al fine di dare una definizione di questi ultimi, l’art. 2, lett. a), del regolamento rimanda all’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, che così recita:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi».
5. L’allegato I della direttiva 75/442 comprende, inter alia, la categoria Q16, cui appartiene qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientra nelle altre categorie.
6. L’art. 1, n. 2, lett. b), del regolamento n. 259/93 esclude determinati rifiuti dal campo di applicazione del regolamento, ossia i rifiuti che l’art. 2, n. 1, lett. d), della direttiva 75/442 esclude dal campo di applicazione della medesima, purché già disciplinati da un’«altra normativa». Ai sensi del punto iii), tra essi figurano:
«le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell’attività agricola».
7. Inoltre, i requisiti di cui al regolamento n. 259/93 non sono per lo più applicabili laddove i rifiuti rientrino nell’allegato II del regolamento, la cosiddetta «lista verde». Esistono anche una lista ambra (allegato III) e una lista rossa (allegato IV), che sottostanno a requisiti più stringenti. L’art. 10 del regolamento n. 259/93 dispone che i rifiuti non attribuibili ad alcuna delle predette liste sono soggetti all’obbligo di notifica:
«Le spedizioni di rifiuti per il ricupero di cui all’allegato IV, nonché di rifiuti per il ricupero non ancora attribuiti ad uno degli allegati II, III o IV, sono soggette alle stesse procedure previste dagli articoli 6, 7 e 8 salvo consenso delle autorità competenti interessate formulato per iscritto prima dell’inizio della spedizione».
8. L’art. 1, n. 3, lett. a), dispone fino a che punto il regolamento n. 259/93 possa essere applicato per la spedizione dei rifiuti appartenenti alla lista verde:
«Le spedizioni di rifiuti destinati unicamente al ricupero e riportati nell’allegato II sono parimenti escluse dal disposto del presente regolamento, fatto salvo quanto previsto dalle lettere b), c), d) ed e) in appresso, dall’articolo 11 nonché dall’articolo 17, paragrafi 1, 2 e 3».
9. Le lett. c) e d) contemplano controderoghe non pertinenti in questo contesto. Ai sensi della lett. b), tali rifiuti possono essere spediti solamente agli stabilimenti approvati conformemente alla direttiva 75/442. Ad essi si applicano peraltro gli artt. 8, 12, 13 e 14 della predetta direttiva, che pongono in essere particolari obblighi per gli operatori di siffatti stabilimenti e per le imprese che si occupano della raccolta o del trasporto dei rifiuti, ovvero che organizzano la raccolta e il trasporto in qualità di intermediario o operatore. La lettera e) prevede che, laddove la spedizione dei predetti rifiuti dovesse contravvenire alle disposizioni vigenti, trovano applicazione gli artt. 25 e 26 del regolamento n. 259/93 sulla reintroduzione dei rifiuti.
10. L’art. 11 del regolamento n. 259/93 prevede che per poter essere trasportati, i rifiuti specificati nella lista verde devono essere accompagnati da determinate indicazioni.
11. L’art. 17, nn. 1, 2 e 3, del regolamento n. 259/93 delinea particolari regimi per la spedizione dei rifiuti della lista verde in paesi cui non si applica la decisione del Consiglio dell’OCSE 30 marzo 1992 sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti destinati ad operazioni di ricupero. Inispecie, il n. 2 esplicita che l’impianto del paese importatore deve godere di un’autorizzazione conformemente alla legislazione nazionale applicabile.
12. Il prologo alla lista verde così recita:
«Indipendentemente dal fatto che figurino o meno in questa lista, i rifiuti non possono essere spediti come rifiuti della lista verde se risultano contaminati da altri materiali in modo tale che a) i rischi associati ai rifiuti aumentino tanto da giustificarne l’inserimento nella lista ambra o rossa, o che b) non sia possibile ricuperare i rifiuti in modo sicuro per l’ambiente».
13. Essa include la seguente voce:
«GM 130 Rifiuti dell’industria agroalimentare esclusi i sottoprodotti conformi ai requisiti e alle norme nazionali e internazionali e destinati al consumo umano e animale».
14. L’art. 25 del regolamento n. 259/93 comprende le norme a disciplina della reintroduzione dei rifiuti laddove il trasporto non possa svolgersi come previsto:
«(1) Quando una spedizione di rifiuti, autorizzata dalle autorità competenti interessate, non può svolgersi conformemente alle clausole del documento di accompagnamento o del contratto di cui agli articoli 3 e 6, l’autorità competente di spedizione, entro il termine di 90 giorni a decorrere dal momento in cui ne è informata, vigila a che il notificatore reintroduca i rifiuti nella zona di sua giurisdizione o altrove all’interno dello Stato di spedizione, a meno che consideri soddisfacente che possano essere smaltiti o ricuperati secondo metodi alternativi ecologicamente corretti.
(2) Nei casi previsti al paragrafo 1, si deve effettuare una nuova notifica (…)».
B – Disciplina concernente i rifiuti e i sottoprodotti di origine animale
15. Fino al 1° maggio 2003 era applicabile la direttiva del Consiglio 27 novembre 1990, 90/667/CEE, che stabilisce le norme sanitarie per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE (4).
16. Con decorrenza dal 1° maggio 2003, la direttiva 90/667 è stata sostituita dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, 3 ottobre 2002, n. 1774, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano (5), successivamente modificato dal regolamento (CE) della Commissione 12 maggio 2003, n. 808 (6), con decorrenza dal 1° maggio 2003. In prosieguo si fa pertanto riferimento alla versione così modificata.
17. Il quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1774/2002 include indicazioni sul rapporto tra il regolamento e la normativa in materia ambientale:
«Alla luce dell’esperienza acquisita negli ultimi anni, è opportuno chiarire il rapporto tra la direttiva 90/667/CEE e la normativa comunitaria in materia ambientale. Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione della normativa esistente in materia ambientale né ostacola l’elaborazione di ulteriori norme sulla protezione dell’ambiente, segnatamente per quanto concerne i rifiuti biodegradabili. [A tal riguardo, la Commissione si è impegnata a preparare per la fine del 2004 una direttiva sui rifiuti biologici, in particolare i rifiuti da cucina e da tavola, per stabilire regole relative all’utilizzazione, alla valorizzazione, al riciclaggio ed all’eliminazione di tali rifiuti in totale sicurezza e limitare la contaminazione potenziale]».
18. In merito al campo di applicazione del regolamento, l’art. 1, n. 1, contiene, in particolare, le seguenti disposizioni:
«Il presente regolamento stabilisce le norme sanitarie e di polizia sanitaria per:
a) la raccolta, il trasporto, il magazzinaggio, la manipolazione, la trasformazione e l’uso o l’eliminazione dei sottoprodotti di origine animale al fine di evitare i rischi che tali prodotti potrebbero comportare per la salute pubblica o degli animali;
b) l’immissione sul mercato e, in taluni casi specifici, l’esportazione e il transito dei sottoprodotti di origine animale e dei prodotti da essi derivati di cui agli allegati VII e VIII».
19. Il regolamento n. 1774/2002 stabilisce tre categorie di sottoprodotti di origine animale e le assoggetta a disposizioni diverse circa la loro trasformazione e il loro utilizzo.
20. Ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. b), punto i), i materiali di categoria 1 comprendono, tra gli altri, i materiali specifici a rischio e qualsiasi materiale contenente tale sottoprodotto:
«(1) I materiali di categoria 1 comprendono i sottoprodotti di origine animale corrispondenti alle seguenti descrizioni, o qualsiasi materiale contenente tali sottoprodotti:
a) (…)
b) i) i materiali specifici a rischio (…)».
21. I materiali di categoria 2 comprendono, ex art. 5, n. 1, lett. g), tra gli altri, la voce residuale «i sottoprodotti di origine animale che non sono materiali di categoria 1 o 3». Nella categoria 3 rientrano i materiali con minore potenziale di rischio.
22. Come disposto all’art. 4, n. 2, in linea di principio i materiali appartenenti alla categoria 1 devono essere eliminati come rifiuti, direttamente o in seguito a trattamento mediante incenerimento o sotterramento in una discarica:
«(2) Dopo essere stati raccolti, trasportati e identificati senza indebito ritardo conformemente all’articolo 7 e ove gli articoli 23 e 24 non dispongano diversamente, i materiali di categoria 1
a) sono eliminati direttamente come rifiuti mediante incenerimento in un impianto di incenerimento riconosciuto a norma dell’articolo 12;
b) sono trasformati in un impianto di trasformazione riconosciuto a norma dell’articolo 13 utilizzando uno dei metodi di trasformazione da 1 a 5 ovvero, su richiesta dell’autorità competente, il metodo di trasformazione 1; in questo caso, i materiali risultanti sono contrassegnati in modo permanente, ove tecnicamente possibile con una sostanza odorante, conformemente all’allegato VI, capitolo I, per poi passare all’eliminazione finale come rifiuti mediante incenerimento o coincenerimento in un impianto di incenerimento o coincenerimento riconosciuto a norma dell’articolo 12;
c) ad esclusione dei materiali di cui al paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), sono trasformati in un impianto di trasformazione riconosciuto a norma dell’articolo 13 utilizzando il metodo di trasformazione 1; in questo caso, i materiali risultanti sono contrassegnati in modo permanente, ove tecnicamente possibile con una sostanza odorante, conformemente all’allegato VI, capitolo I, per poi passare all’eliminazione finale come rifiuti mediante sotterramento in una discarica riconosciuta a norma della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti;
d) – e) …».
23. Le altre due categorie di materiali possono, per contro, essere destinate anche a determinati altri utilizzi.
24. L’allegato VII, al capitolo II, n. 1, del regolamento n. 1774/2002, così come modificato dal regolamento n. 808/2003, così recita:
«(1) Le proteine animali trasformate derivanti da mammiferi devono essere state sottoposte al metodo di trasformazione 1.
Tuttavia, finché rimane in vigore il divieto riguardante l’alimentazione degli animali previsto dalla decisione del Consiglio 2000/766/CE, le proteine animali trasformate derivanti da mammiferi possono essere state sottoposte ad uno dei metodi di trasformazione da 1 a 5 o al metodo 7 e devono essere contrassegnate in modo permanente con un colore o con altro mezzo immediatamente dopo la trasformazione e prima di essere smaltite come rifiuti in conformità della normativa comunitaria applicabile.
Inoltre, mentre il divieto di alimentazione previsto dalla decisione del Consiglio 2000/766/CE rimane in vigore, proteine animali trasformate provenienti da mammiferi esclusivamente destinate ad alimenti per animali di compagnia, trasportate in appositi contenitori non destinati al trasporto di sottoprodotti di origine animale o di mangimi per animali d’allevamento, e consegnate direttamente dagli impianti di trasformazione di categoria 3 agli impianti di produzione di alimenti per animali di compagnia, possono essere state sottoposte a qualsivoglia metodo di trasformazione da 1 a 5 o 7».
25. Le predette disposizioni sono spiegate dal sesto considerando del regolamento n. 808/2003:
«(6) Finché rimane in vigore il divieto riguardante l’alimentazione degli animali previsto dalla decisione del Consiglio 2000/766/CE(2), alle proteine animali trasformate provenienti da mammiferi vanno applicate norme di trasformazione meno rigorose, dato che in seguito al divieto tali materiali sono destinati esclusivamente ad essere trattati come rifiuti».
26. Il divieto riguardante l’alimentazione degli animali era stato inizialmente disposto dall’art. 2 della decisione del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell’alimentazione degli animali (7). Tale disposizione proibiva la somministrazione di proteine animali trasformate ad animali d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti .
27. A decorrere dal 1° settembre 2003, la predetta norma è stata sostituita dall’art. 7, n. 2, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, n. 999, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (8) (9), che in combinato disposto con l’allegato IV, n. 1, così come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 10 luglio 2003, n. 1234 (10) proibisce la somministrazione di proteine derivate da mammiferi agli animali d’allevamento.
C – Normativa concernente materiali specifici a rischio
28. Il materiale specifico a rischio, limitatamente a quanto rileva nella causa di specie, è stato innanzi tutto definito all’art. 2, n. 7, della decisione della Commissione 29 giugno 2000, 2000/418/CE, che disciplina l’impiego di materiale a rischio per quanto concerne le encefalopatie spongiformi trasmissibili e modifica la decisione 94/474/CE (11) nel seguente modo:
«i tessuti di cui all’allegato; salvo indicazione contraria, tale materiale non include i prodotti contenenti detti tessuti o da essi derivati».
29. L’allegato I menzionava diversi tessuti. La decisione della Commissione 27 dicembre 2000, 2001/2/CE, recante modifica della decisione 2000/418/CE, che disciplina l’impiego di materiale a rischio per quanto concerne le encefalopatie spongiformi trasmissibili (12), ha incluso nella predetta lista gli intestini dal duodeno al retto dei bovini di qualsiasi età.
30. L’art. 3, n. 1, della decisione 2000/418 richiede che il materiale specifico a rischio sia distrutto e rimosso in maniera tale da non essere nocivo.
31. Il regolamento n. 999/2001 ha poi disciplinato le modalità di gestione del materiale specifico a rischio. All’epoca della spedizione, è da applicarsi la versione del regolamento della Commissione 12 febbraio 2003, n. 260 (13).
32. All’art. 3, n. 1, lett. g), e nell’allegato XI, lettera A, n. 1, lett. a), punto i), applicabile finora come misura transitoria conformemente all’art. 22, il regolamento n. 999/2001 ha ripreso la definizione contenuta nella decisione 2001/418. Anche il detto regolamento prescrive che il materiale specifico a rischio venga rimosso e distrutto.
III – Fatti
A – Informazioni fornite dal giudice del rinvio
33. Il procedimento concerne un trasporto di circa 1 111 tonnellate di farina animale, di proprietà di Rainer Krenski, geologo, titolare della «PGI Umwelttechnik». L’ordine di spedizione è stato impartito dalla KVZ.
34. La farina animale veniva caricata il 24 aprile 2003 in Straubing (Germania) e imbarcata sul Danubio con destinazione la Bulgaria. Era destinata al ricupero termico (incenerimento) in una centrale termoelettrica appositamente adattata in Bulgaria. La farina animale ha un valore energetico nettamente più elevato rispetto alla lignite presente in Bulgaria. La farina animale è un combustibile certificato nella Repubblica di Bulgaria per il ricupero energetico in centrali appositamente autorizzate.
35. Il 28 aprile 2003 le autorità serbe dell’ufficio doganale di Bezdan impedivano il proseguimento del trasporto in Serbia. Ai sensi del diritto serbo, la farina animale trasportata costituiva un rifiuto. Una volontaria classificazione del carico come «rifiuto» veniva respinta da parte del detentore, poiché in tal caso l’importazione in Bulgaria sarebbe stata negata. Per chiarire la questione se la farina animale trasportata costituisse o meno un rifiuto, il carico veniva rispedito in direzione Straubing.
36. Il 1° giugno 2003, durante il viaggio di ritorno, la dogana impediva all’imbarcazione di lasciare in un primo momento il porto di Vienna/Hainburg per proseguire il tragitto verso Straubing, trattenendola. Sebbene i provvedimenti adottati dalle autorità doganali venissero a cessare il 17 giugno 2003, già il 6 giugno 2003 le autorità preposte all’ambiente avevano emesso una decisione che subordinava il proseguimento del trasporto al deposito di una garanzia di EUR 250 000, nonché alla notifica del trasporto ai sensi del regolamento n. 259/93. Tale decisione si basava sull’assunto che la farina animale fosse un rifiuto, classificabile sotto il codice 020202 (scarti animali) del catalogo europeo dei rifiuti (in prosieguo: il «CER»). Secondo le autorità austriache, l’obbligo di notifica ai sensi del regolamento n. 259/93, oltre a sussistere per la reintroduzione della predetta farina animale, sussisteva già per il trasporto in direzione della Bulgaria.
37. L’imbarcazione lasciava il porto di Vienna/Hainburg solo il 19 settembre 2003 in direzione della Germania, dopo che le autorità austriache rinunciavano all’adempimento delle condizioni.
38. Di seguito, il tribunale amministrativo austriaco stabiliva che, essendo diretta ad un destinatario indeterminato, la decisione era priva di effetto legale. A questo punto, la KVZ, in forza dei diritti ceduti, chiedeva un risarcimento per il danno di controstallia.
B – Informazioni aggiuntive tratte dal fascicolo di causa
39. Secondo i documenti del procedimento, inviati dal giudice del rinvio alla Corte ai sensi dell’art. 23 dello statuto, nel corso del procedimento nazionale la KVZ ha riferito che la farina animale sarebbe stata prodotta in Germania da impianti per la distruzione delle carogne animali e da stabilimenti adibiti alla produzione di farina di carne e acquistata poi dalla PGI-Umwelttechnik tra la fine del 2000 e il maggio 2001 (14). Quest’ultima avrebbe poi stoccato la farina animale fino all’imbarco, avvenuto nell’aprile del 2003 (15).
40. Le affermazioni relative alla questione se la farina animale fosse da classificare come materiale specifico a rischio sono contraddittorie (16). Il sig. Krenski, il detentore della farina animale durante il trasporto, afferma che la farina animale sarebbe stata certificata come materiale a basso rischio ai sensi della direttiva 90/667. Le relative certificazioni, risalenti al 2002, sono inserite nel fascicolo di causa.
41. Secondo la dichiarazione di un testimone dell’autorità amministrativa bavarese, gli intestini dei bovini sono stati dichiarati materiale specifico a rischio solamente a decorrere dal 1° gennaio 2001 (17). Si può quindi supporre che la farina animale prodotta prima di questa data – e pertanto anche la farina animale del caso – contenga anche intestini di bovini, e non sia pertanto priva del materiale specifico a rischio (18).
42. Le parti sembrano concordare sul fatto che sia ora impossibile accertare con esami di laboratorio se la farina animale contenga il materiale specifico a rischio.
43. Il fascicolo di causa include anche un decreto del tribunale amministrativo di Ratisbona del 22 agosto 2003 (19), che constata una sosta dell’imbarcazione di circa cinque settimane, ovvero fino alla fine del maggio 2003, in Serbia, prima di intraprendere il viaggio di ritorno.
IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale
44. Il giudice del rinvio presuppone la legittimità del comportamento delle autorità ambientali austriache – qualora rivolto al giusto destinatario – escludendo pertanto una qualsivoglia responsabilità, laddove il trasporto soggiacesse all’obbligo di notifica ai sensi del regolamento n. 259/93. Alla luce delle predette considerazioni, egli sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se le spedizioni (transito ovvero rispedizione) di farina animale, contenente o meno materiali particolarmente a rischio, siano soggette, in quanto trattasi di rifiuto, all’obbligo di notifica ai sensi del regolamento n. 259/93;
in eventu:
2) se le spedizioni di farina animale, contenente o meno materiali particolarmente a rischio, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 259/93, siano escluse dall’ambito di applicazione di tale regolamento.
In caso di risposta negativa alla questione sub 2):
3) se le spedizioni (transito ovvero rispedizione) di
a) farina animale priva di materiali particolarmente a rischio o di
b) farina animale contenente materiali particolarmente a rischio (classificati come materiali di «categoria 1» ai sensi del regolamento n. 1774/2002)
trattandosi di rifiuto ai sensi del regolamento (CEE) n. 259/93, in mancanza di notifica e di consenso delle autorità competenti, costituiscano traffico illecito ai sensi dell’art. 26, n. 1, lett. a) e b), dello stesso regolamento.
45. Hanno presentato istanze di intervento al procedimento dinanzi alla Corte di giustizia la KVZ, la Finanzprokuratur, i governi austriaco, francese e del Regno Unito, nonché la Commissione.
V – Presa di posizione
46. Le questioni sollevate dal Landesgericht für Zivilrechtssachen di Vienna vertono a stabilire se la spedizione della farina animale dalla Serbia all’Austria e dall’Austria alla Germania fosse da notificare ai sensi del regolamento n. 259/93.
47. La valutazione della predetta questione deve tener conto, da un lato, della legislazione sui rifiuti e, dall’altro, delle normative che disciplinano la gestione dei sottoprodotti di origine animale, tra le quali, segnatamente, le normative concernenti il cosiddetto materiale specifico a rischio. Per materiale specifico a rischio, trattasi delle parti degli animali nelle quali possono annidarsi con elevata probabilità i presunti agenti patogeni delle encefalopatie spongiformi trasmissibili, ritenuti responsabili della cosiddetta nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob.
48. Atteso che durante il procedimento oggetto della controversia la precedente normativa a disciplina del contatto con i sottoprodotti di origine animale, ossia la direttiva 90/667, è stata sostituita dal regolamento n. 1774/2002 e che la normativa a disciplina del trattamento del materiale specifico a rischio, il regolamento n. 999/2001, ha subito diverse modifiche, per dare una valutazione giuridica occorre anzitutto stabilire quale sia il momento determinante (v. al punto A, di seguito).
49. Occorre altresì verificare se sia applicabile il regolamento n. 259/93. Quest’ultimo è applicabile solo se la farina animale viene considerata un rifiuto (v. al punto B, di seguito). La natura di rifiuto della farina animale può essere desunta dall’esistenza di un obbligo di disfarsene ovvero di una volontà di disfarsene in capo al detentore. La legislazione sui rifiuti, oltre a non disporre alcun obbligo di disfarsi della farina animale, non precisa neppure quando si possa presupporre la volontà di disfarsene. Tali obblighi sono tuttavia disciplinati dalle norme che regolano il trattamento dei sottoprodotti di origine animale e il materiale specifico a rischio. Si tratta inoltre di norme che incidono anche sulla valutazione se sia d’uopo postulare una volontà di disfarsene.
50. Anche qualora la suddetta valutazione fosse tale da giustificare una classificazione della farina animale come rifiuto, da ciò non discende necessariamente un obbligo di notifica. La legislazione sui rifiuti delinea piuttosto la possibilità di applicare alle carogne un regime speciale, escludendole dal campo di applicazione della legislazione sui rifiuti, qualora «altre norme» siano tali da garantire almeno il livello di protezione previsto dalla legislazione generale sui rifiuti (in merito, si veda il punto C di seguito). Il regolamento n. 1774/2002 potrebbe configurarsi quale siffatto regime speciale, valido anche per la farina animale. Alla luce di ciò, occorre, da un lato, verificare se il campo d’applicazione di siffatto particolare regime possa estendersi anche alla farina animale, dall’altro, se il livello di protezione previsto dal regolamento n. 1774/2002 sia tale da raggiungere almeno il livello di protezione garantito dal regolamento n. n. 259/93. Al fine della valutazione del rispettivo livello di protezione rileva, in particolare, la questione atta a stabilire il regime da applicare alla farina animale in assenza delle speciali disposizioni di cui al regolamento n. 1774/2002: il regime generale del regolamento n. 259/93, o il regime meno rigoroso applicabile ai rifiuti inclusi nella cosiddetta lista verde.
A – Sul momento determinante al fine di stabilire la legislazione applicabile
51. Al fine di determinare la legislazione sulla base della quale valutare l’eventuale obbligo di notifica, occorre innanzi tutto individuare il momento determinante.
52. La legittimità delle decisioni deve essere sostanzialmente valutata sulla base delle disposizioni vigenti alla data d’adozione delle medesime, nella fattispecie il 6 giugno 2003. La decisione delle autorità austriache oggetto di controversia concerne tuttavia un’operazione di spedizione che, nel caso di un obbligo di notifica ai sensi dell’art. 5, n. 1, o, rispettivamente, dell’art. 8, n. 1 del regolamento n. 259/93, avrebbe dovuto essere notificata prima dell’inizio di tale spedizione, ossia prima del 24 aprile 2003 e, conformemente all’art. 25, n. 2, primo comma, nuovamente prima dell’inizio della reintroduzione (20). Il requisito di una notifica preliminare non permette tuttavia di stabilire in modo conclusivo il momento determinante per definire il diritto applicabile all’epoca dei fatti. La notifica preliminare è finalizzata piuttosto a consentire alle autorità notificate un controllo preliminare della spedizione dei rifiuti, nonché, in forza dell’approvazione, a conferire al responsabile della spedizione un minimo di certezza del diritto, evitando così oneri inutili per il medesimo.
53. Per contro, la notifica preliminare non incide affatto sul principio atto a stabilire quale fosse il regime giuridico rilevante al momento dell’adozione dell’ordinanza. Dall’art. 7, n. 5, secondo comma, si evince, piuttosto, che la certezza del diritto ottenuta in forza della notifica è limitata. Secondo il predetto articolo, infatti, laddove risultino modifiche sostanziali delle modalità di spedizione è necessario procedere ad una nuova notifica. La norma fa espresso riferimento innanzitutto a modifiche concrete; tuttavia, anche eventuali modifiche del regime giuridico possono variare in modo sostanziale le modalità di spedizione, ad es. qualora introducano un obbligo a disfarsi di una sostanza, in forza del quale detta sostanza viene considerata rifiuto per la prima volta. Conseguentemente, per valutare quale sia la situazione normativa concreta risulta determinante il diritto vigente alla data dell’ordinanza.
54. Nella fattispecie, ciò significa che la legittimità dell’ordinanza emessa il 6 giugno 2003 dalle autorità austriache preposte alla tutela dell’ambiente deve essere valutata sulla base delle disposizioni vigenti in tale data.
B – Sulla nozione di rifiuto
55. Affinché possa sussistere un obbligo di notifica per il trasporto della farina animale, quest’ultima deve rientrare nella nozione di rifiuto. Per una definizione della nozione di rifiuto, l’art. 2, lett. a), del regolamento n. 259/93 rimanda alla definizione datane all’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442. Ai sensi di tale articolo, la nozione di rifiuto comprende qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I di tale direttiva e di cui il detentore si disfi, o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi.
56. L’allegato sopra menzionato ed il CER specificano ed illustrano tale definizione, proponendo elenchi di sostanze ed oggetti che possono essere qualificati come rifiuti. Tuttavia, proprio il fatto che l’allegato contenga anche la categoria Q16, rilevante nel caso di specie, che include «qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientra nelle altre categorie», è indice del carattere meramente indicativo dell’allegato e dell’elenco (21).
57. Risulta pertanto decisivo il comportamento del detentore, a seconda che egli si disfi, voglia disfarsi o debba disfarsi delle sostanze in oggetto. Nella fattispecie, non è possibile sostenere che il detentore se ne sia disfatto, essendo la farina animale ancora in viaggio per essere successivamente destinata all’incenerimento. Tuttavia, è possibile postulare un obbligo a disfarsene, oppure una volontà di disfarsene.
1. Sull’obbligo di disfarsi di una sostanza o di un materiale
58. L’obbligo di disfarsi di una sostanza o materiale può essere desunto da una serie di normative. Il governo austriaco e quello del Regno Unito affermano che l’obbligo di disfarsi della farina animale discenderebbe dall’allegato VII, capitolo II, n. 1, del regolamento n. 1774/2002. La Commissione ritiene che l’obbligo di disfarsi sussista almeno nella misura in cui la farina animale sia stata prodotta anche con materiale specifico a rischio. I regolamenti da considerare in tal senso sarebbero quelli concernenti le sostanze specifiche a rischio e l’art. 4, n. 2 del regolamento n. 1774/2002, che disciplina la gestione dei cosiddetti «materiali di categoria I».
a) Sull’allegato VII, capitolo II, n. 1 del regolamento n. 1774/2002
59. Il secondo comma dell’allegato VII, capitolo II, n. 1, del regolamento n. 1774/2002 prevede che finché rimane in vigore il divieto riguardante l’alimentazione degli animali, le proteine animali trasformate derivanti da mammiferi utilizzati per la produzione della farina animale devono essere state sottoposte ad uno dei diversi metodi di trasformazione al fine potersi qualificare come rifiuto e dover essere smaltite come tale. Da ciò il governo austriaco ed il governo del Regno Unito fanno discendere un obbligo di disfarsi della farina animale.
60. Si richiamano anche al sesto ‘considerando’ del regolamento n. 808/2003, secondo il quale, in seguito al divieto riguardante l’alimentazione degli animali, le proteine animali trasformate sono destinate esclusivamente ad essere trattate come rifiuti. Tale regolamento ha introdotto il secondo comma dell’allegato VII, capitolo II, n. 1, nel regolamento n. 1774/2002.
61. L’allegato VII, capitolo II, n. 1, del regolamento n. 1774/2002 prevede tuttavia al primo e al terzo comma anche altri regimi. Ai sensi del primo comma, le proteine animali trasformate derivanti da mammiferi, sottoposte ad un preciso metodo di trasformazione, non devono essere smaltite come rifiuto. Il terzo comma permette addirittura di sottoporre tali proteine anche agli altri metodi di trasformazione, laddove esse siano destinate a mangimi per animali da compagnia, esclusi dalla catena alimentare. Nessuno dei due regimi pone in essere un obbligo di disfarsene. Lo smaltimento in quanto rifiuto si impone pertanto solamente in riferimento al secondo comma, ma non quando si considerano gli altri due commi.
62. Neppure il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 808/2003 impone, ad un esame più circostanziato, un’interpretazione diversa. L’asserzione in ordine all’eliminazione della farina animale in quanto trattata come rifiuto non connota, invero, le finalità del regime, ma rappresenta solo una valutazione della possibile destinazione a uno scopo della farina animale finché rimane in vigore il divieto riguardante l’alimentazione degli animali. Detta asserzione costituisce altresì il fondamento per ammettere metodi di trasformazione che riducono eventuali rischi d’infezione in modo meno efficace, in quanto tali rischi sono minori laddove la sostanza sia eliminata come rifiuto.
63. L’allegato VII, capitolo II, n. 1, del regolamento n. 1174/2002 deve pertanto essere inteso nel senso che le proteine animali derivanti dai mammiferi possono essere sottoposte ad un trattamento conforme ad uno dei metodi specificati, nel qual caso il prodotto così ottenuto potrà essere destinato ad un qualsivoglia uso autorizzato; oppure le predette proteine possono essere sottoposte ad un trattamento conforme ad uno degli altri metodi per essere smaltite o destinate alla produzione di mangimi per animali da compagnia. Dalle predette considerazioni non è possibile far discendere un obbligo di disfarsi della farina animale in tutte le circostanze.
b) Sull’obbligo di disfarsi di un materiale specifico a rischio
64. L’obbligo di disfarsi di una sostanza potrebbe tuttavia sussistere laddove la farina animale possa essere intesa quale materiale specifico a rischio qualora sia stata prodotta utilizzando materiali specifici a rischio. Sebbene non sembri possibile stabilire quanto sopra con un esame di laboratorio della farina animale (22), non è tuttavia da escludere che il giudice nazionale possa giungere ad una conclusione basandosi su altre prove o sulle regole sull’onere della prova.
65. Il materiale specifico a rischio deve essere rimosso dall’animale macellato o morto ed eliminato in maniera non nociva. Ciò consegue dal combinato disposto dell’allegato XI e dell’art. 22 del regolamento n. 999/2001. In relazione al materiale specifico a rischio sussiste pertanto un obbligo di disfarsene, in forza del quale tale materiale è da considerare come rifiuto.
66. Il materiale specifico a rischio, una volta trasformato in farina animale, non è tuttavia più da considerarsi tale. La definizione di materiale specifico a rischio ai sensi del regolamento n. 999/2001 è data dall’art. 3, n. 1, lett. g, in combinato disposto con l’allegato XI del predetto regolamento (23). Secondo tale definizione, i tessuti di cui all’allegato XI sono da considerarsi un materiale specifico a rischio, mentre, salvo altrimenti disposto, non lo sono i prodotti che contengono siffatti tessuti, o sono da essi derivati (24). La farina animale è un prodotto. L’obbligo di eliminare un materiale specifico a rischio non conduce pertanto immediatamente ad un obbligo di disfarsi della farina animale contaminata.
c) L’obbligo di disfarsi dei prodotti ottenuti da materiali specifici a rischio
67. L’obbligo di disfarsi dei prodotti ottenuti da materiali specifici a rischio discende tuttavia dal regime previsto all’art. 4 del regolamento n. 1774/2002 a disciplina della gestione di materiali di categoria 1.
68. Il regolamento n. 1774/2002 disciplina, in generale, la gestione di sottoprodotti di origine animale e pertanto anche la gestione della farina animale. Prevede una suddivisione in tre categorie dei sottoprodotti di origine animale, secondo i rischi ad essi connessi. A ciascuna categoria si applicano disposizioni diverse a disciplina dell’ulteriore trattamento.
69. I materiali di categoria 1 rappresentano la categoria a maggior rischio e includono, in virtù della definizione datane all’art. 4, n. 1, lett. b), punto i), inter alia, i materiali specifici a rischio e un qualsivoglia materiale che li contenga. Pertanto, qualora la farina animale sia stata prodotta anche con materiali specifici a rischio, essa contiene tali materiali e si qualifica come materiale di categoria 1.
70. L’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1774/2002 esige che il materiale di categoria 1 sia eliminato come rifiuto tramite incenerimento o tramite sotterramento in una discarica. Impone, in tal senso, un obbligo di disfarsi del detto materiale.
71. L’eccezione sollevata dalla KVZ nel corso della fase orale, secondo cui il detto obbligo non sarebbe applicabile ad un detentore privato della farina animale, non essendo questi designato a destinatario, non convince. Pur rilevando che l’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1774/2002 non designa alcun destinatario dell’obbligo di eliminazione, da ciò non è possibile desumere una qualsivoglia limitazione della cerchia dei destinatari. Del resto, ai sensi dell’art. 249, n. 2, CE, tutti i regimi posti in essere da un regolamento sono essenzialmente atti a produrre effetti legali nei confronti di tutti i soggetti.
72. Conseguentemente, in virtù dell’obbligo di disfarsi del materiale, la farina animale deve essere ritenuta un rifiuto qualora prodotta anche con materiali specifici a rischio, fatto che spetta al giudice nazionale stabilire.
2. Sulla volontà di disfarsi del materiale
73. Laddove invece non sia possibile appurare che la farina animale è stata prodotta anche con materiale specifico a rischio, tale farina potrà qualificarsi come rifiuto solamente se il detentore aveva intenzione di disfarsene. Sebbene la volontà del detentore sia essenzialmente di natura soggettiva, per evitare abusi non è lecito rifarsi alle affermazioni da questo rilasciate circa le sue eventuali intenzioni, ma devono essere considerati solamente i fatti oggettivi che consentono di trarre conclusioni in merito alla volontà oggettiva.
74. Sul punto occorre in primo luogo osservare che l’incenerimento previsto per la farina animale non rappresenta necessariamente un’operazione volta a disfarsene, che lasci presupporre una volontà di disfarsene. L’incenerimento delle sostanze può essere difatti inteso sia come operazione di eliminazione che come operazione di ricupero ai sensi dell’Allegato II della direttiva 75/442, ma solo laddove tali sostanze siano dei rifiuti. In contrasto con quanto dedotto dalla Finanzprokuratur, non è possibile qualificare tutto quello che è destinato all’incenerimento come rifiuto. Infatti, come combustibile (voce R1 dell’allegato II B) vengono utilizzati soprattutto il carbone, il petrolio e il gas metano, senza che tali materie prime vengano perciò considerate come rifiuto (25).
75. Del resto, la direttiva 75/442 non suggerisce alcun criterio determinante per individuare la volontà del detentore di disfarsi di una determinata sostanza o di un determinato materiale (26). Nella fattispecie non sono ravvisabili neppure delle disposizioni di diritto interno atte ad esplicitare, in forma ammissibile, il predetto concetto (27).
76. Secondo quanto stabilito dalla sentenza ARCO, è pertanto necessario accertare, alla luce del complesso di circostanze, se il detentore della farina animale avesse la volontà di disfarsi della stessa, tenendo conto della finalità della direttiva ed in modo da non pregiudicarne l’efficacia (28). La direttiva 75/442, come risulta dal terzo ‘considerando’, mira alla protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti. Ai sensi dell’art. 174, n. 2 CE, la politica comunitaria in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela e si fonda, in special modo, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Da ciò la Corte ha arguito che la nozione di rifiuto non debba essere interpretata restrittivamente (29).
77. La Corte si è occupata a più riprese dei residui di produzione, considerando soprattutto il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza senza operazioni di trasformazione preliminare, come criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore ne trae un vantaggio economico, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto (30).
78. Questa giurisprudenza si presta in larga misura ad essere applicata al caso di specie, essendo la materia utilizzata per la produzione della farina animale impiegata almeno in parte per la produzione di carni destinate al consumo umano. Trattasi pertanto di sottoprodotti (31) o residui di produzione.
79. Come dedotto in particolare dal governo del Regno Unito, a decorrere dal 1° gennaio 2001 è stato proibito l’utilizzo della farina animale come mangime per la produzione di carne (32). Con ciò viene meno la principale opportunità di riutilizzare la farina animale in maniera tale da ottenerne un vantaggio economico. Qualora a decorrere dal predetto termine, la farina animale avesse perso una qualsiasi utilità economica, come risulta peraltro anche dal sesto ‘considerando’ del regolamento n. 808/2003, essa rappresenterebbe invero un ingombro, fatto che permetterebbe di supporre un’intenzione di disfarsene.
80. La KVZ eccepisce tuttavia che la farina animale continua a poter essere utilizzata come combustibile, mangime per gli animali da compagnia o concime. La Finanzprokuratur, intervenuta come rappresentante legale della convenuta, sottolinea, per contro, che una sostanza possa essere un rifiuto quand’anche la medesima sia suscettibile di riutilizzazione economica. Da questa affermazione, pur sicuramente fondata (33), non consegue però necessariamente la qualità di rifiuto.
81. Determinante è piuttosto valutare se l’utilizzo tuttora autorizzato del prodotto «farina animale» sia, nel caso concreto, probabile o improbabile. In tal senso è cruciale stabilire se l’utilizzo abbia un ritorno economico, ovvero se la farina animale costituisca, ciononostante, un ingombro (34).
82. Spetta al giudice del rinvio stabilire quanto sopra. Sarebbe da accertare se l’utilizzo previsto possa generare delle perdite. Al fine di valutarne la redditività, il giudice, oltre che basarsi sul mercato interno, in cui l’incenerimento della farina animale – soprattutto a fronte delle affermazioni del governo austriaco – sembra essere ammesso solo dietro pagamento (35), deve tenere conto anche dei possibili utilizzi legittimi all’estero.
83. Nel caso della farina animale qui controversa si dovrebbe tuttavia tener conto di alcune particolari circostanze, che risultano dal fascicolo della causa principale. A quanto pare, la farina animale, dopo essere stata acquistata ad un prezzo non precisato, è stata stoccata per due anni; di seguito avrebbe dovuta essere trasportata per circa EUR 20 000 in Bulgaria, dove avrebbe dovuto essere venduta per circa cinque euro a tonnellata, ossia EUR 5 500. Anche nell’ipotesi in cui gli acquirenti si fossero fatti carico delle spese di trasporto è opinabile che tale prezzo sia sufficiente a coprire i costi di stoccaggio e dell’acquisto iniziale. Atteso il lungo periodo di stoccaggio, è peraltro incerto se sarebbe stato possibile utilizzare con profitto la farina animale come combustibile al momento determinante. Piuttosto non è da escludere che la farina animale rappresentasse per il detentore un ingombro, di cui il medesimo avrebbe voluto disfarsi con una vendita in perdita in Bulgaria.
84. Ciò detto, non è d’altro canto possibile escludere che il giudice del rinvio possa, nel corso degli accertamenti che gli competono, stabilire che detto affare non fosse altro che parte di un investimento iniziale, volto ad instaurare un rapporto d’affari redditizio nel lungo termine.
85. Ne consegue che la farina animale deve essere considerata un rifiuto, indipendentemente da una contaminazione con materiali specifici a rischio, qualora il giudice del rinvio, in considerazione dell’ampio complesso di circostanze del caso, ritenga che la farina rappresenti un ingombro per il detentore, di cui il medesimo aveva intenzione di disfarsi.
C – Sul regime particolare applicabile alle carogne
86. Anche se il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che la farina animale oggetto di controversia è da qualificare come rifiuto, il trasporto non soggiace all’obbligo di notifica previsto dal regolamento n. 259/93, qualora subentri un regime particolare a disciplina delle carogne, punto sollevato dal giudice del rinvio nella seconda questione pregiudiziale.
87. Ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), punto iii), della direttiva 75/442, le carogne sono escluse dal campo d’applicazione della direttiva, qualora già contemplate da altra normativa. L’art. 1, n. 2, lett. d) del regolamento n. 259/93 estende le predette deroghe settoriali alla spedizione dei rifiuti. Il regolamento n. 1774/2002 potrebbe configurarsi come regime particolare a disciplina delle carogne.
88. A titolo d’indizio potrebbe valere la valutazione data dal legislatore in occasione della modifica del regolamento n. 259/93 (36). All’undicesimo ‘considerando’, questi sottolinea la necessità di evitare ridondanze con il regolamento n. 1774/2002, contenendo quest’ultimo già disposizioni a disciplina dell’intera spedizione, canalizzazione e trasporto. Il nuovo testo del regolamento n. 259/93 esclude espressamente dal proprio campo d’applicazione, all’art. 1, n. 3, lett. d), la spedizione di rifiuti che rientrano nei requisiti di riconoscimento fissati dal regolamento n. 1774/2002. Gli effetti di questa decisione del legislatore valgono tuttavia solo per le questioni a venire, e non sono determinanti al fine dell’interpretazione delle disposizioni da applicare alla causa di specie.
89. È pertanto da accertare se il regolamento n. 1774/2002 possa configurarsi in un regime particolare a disciplina delle carogne ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 259/93, nel combinato disposto dell’art. 2, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva 75/442, che comprende anche la farina animale.
1. Sull’applicabilità dell’eccezione prevista per le carogne alla farina animale
90. La Commissione si rifiuta di applicare l’eccezione prevista per le carogne alla farina animale. Tale eccezione riguarderebbe solamente carogne intere, appartenenti perlopiù ad animali morti e non comprenderebbe le altre sostanze riconducibili all’eliminazione delle carogne, risultate, ad esempio, dalla macellazione. Sul punto, la Commissione fa notare l’uso generico fatto del termine «carogna»: qualora dovesse trovare applicazione anche alle parti di una carogna, le designerebbe espressamente.
91. Come addotto anche dai governi di Austria, Francia e Regno Unito, il parere della Commissione non convince. Per quanto concerne le parti di animali, il governo del Regno Unito fa notare in modo persuasivo, che le carogne, al fine di essere trattate – e presumibilmente anche trasportate – sono spesso tagliate a pezzi, fatto che renderebbe assai arbitraria l’applicazione della normativa sui rifiuti.
92. La farina animale è, per contro, di natura qualitativamente diversa rispetto alle carogne o alle parti di carogne. Non è parte della materia di base da sottoporre a trattamento, ma è un suo derivato. Da siffatte considerazioni i suddetti governi – d’accordo, sul punto, con la Commissione – deducono che la nozione di carogna non sia più tale da includere la farina animale.
93. L’esempio addotto dal Regno Unito dimostra tuttavia come non sia logico limitare l’eccezione alla materia di base, sia essa la carogna o una parte della stessa. Allo stesso modo in cui non è logico riapplicare la normativa sui rifiuti dopo una fase iniziale del trattamento, ossia la suddivisione delle carogne al fine di migliorarne l’impiego, è invece logico applicarlo ad una fase successiva di trattamento. Come dedotto dalla KVZ, l’eccezione dovrebbe essere piuttosto allargata ai derivati delle operazioni di trasformazione, contemplati da «altra normativa» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b, della direttiva 75/442. Sarebbe, invero, incoerente, escludere prima dal campo d’applicazione della legislazione sui rifiuti i materiali di base, caratterizzati da un rischio maggiore, per poi includere nel suo campo d’applicazione i prodotti derivati ottenuti conformemente ai metodi di trasformazione ed utilizzati ai sensi del regime speciale.
94. La direttiva 90/667 vigente in precedenza disciplinava la gestione dei sottoprodotti o gli scarti di origine animale solo fino al momento della produzione della farina animale. In seguito alla produzione, non sarebbe stato quindi possibile escludere l’applicazione della legislazione sui rifiuti.
95. Il regolamento n. 1774/2002, invece, oltre a disciplinare la produzione della farina animale, dispone anche come essa debba essere ulteriormente trattata. La farina animale risulta dall’applicazione di uno dei metodi di trasformazione di cui all’allegato V e deve essere destinata ad usi particolari, elencati in conclusione. I possibili utilizzi dipendono dalla categoria di materiale cui viene attribuita la farina animale. Pertanto, l’applicazione della normativa sui rifiuti resta esclusa sino a compimento di siffatto utilizzo.
96. Il governo austriaco afferma tuttavia che l’eliminazione quale rifiuto nelle varie modalità previste dal regolamento n. 1774/2002 confermerebbe il fatto che l’eccezione prevista per le carogne non include la farina animale. Tale riferimento alla normativa sui rifiuti viene tuttavia limitato all’operazione di eliminazione. La normativa sui rifiuti troverebbe applicazione qualora la farina animale fosse eliminata, essendo questo espressamente previsto dal regolamento n. 1774/2002. Tuttavia, se la farina animale viene destinata ad un altro utilizzo consentito, il regolamento n. 1774/2002 non prevede l’applicazione della normativa sui rifiuti.
97. Pertanto l’eccezione prevista per le carogne, in combinato disposto con il regolamento n. 1774/2002, è applicabile anche alla farina animale.
2. Sul regolamento n. 1774/2002 come «altra normativa» ai sensi dell’eccezione per le carogne
98. Occorre inoltre verificare se il regolamento n. 1774/2002 soddisfi i presupposti richiesti per qualificarsi come «altra normativa» ai sensi dell’eccezione prevista per le carogne. Per quanto concerne il campo d’applicazione dell’art. 2, n. 1, lett. b), della direttiva 75/442, affinché l’eccezione possa trovare applicazione, non basta che una legislazione tratti semplicemente delle sostanze o degli oggetti in questione, ad es., da un punto di vista industriale; essa deve altresì contenere disposizioni precise che organizzino la loro gestione come rifiuti, ai sensi dell’art. 1, lett. d), della detta direttiva (37). Deve inoltre permettere di raggiungere un livello di tutela dell’ambiente almeno equivalente a quello che risulta dai provvedimenti di applicazione della direttiva 75/442 (38). Se così non fosse, potrebbero restarne compromessi gli obiettivi perseguiti dalla politica delle Comunità in materia ambientale, come precisati all’art. 174 CE, e segnatamente gli scopi della stessa direttiva 75/442. Tali requisiti devono valere anche nel caso in cui la deroga settoriale sia estesa alla spedizione dei rifiuti in forza dell’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 259/93.
99. Che il regolamento n. 1774/2002 sia stato concepito quale «altra normativa» nel predetto senso può essere forse messo in dubbio da quanto enunciato al quarto ‘considerando’. Tale ‘considerando’ sottolinea la necessità di chiarire il rapporto tra il regolamento e la normativa ambientale. Il regolamento non pregiudica l’applicazione della normativa esistente in materia ambientale e la Commissione viene invitata a presentare nuove proposte, segnatamente per quanto concerne i rifiuti biodegradabili. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, il regolamento non stabilisce peraltro norme a disciplina dei rifiuti, bensì norme sanitarie e di polizia sanitaria.
100. Il fatto di classificare il regolamento n. 1774/2002 come «altra normativa» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva 75/442 non risulterebbe tuttavia in una contiguità con la normativa sui rifiuti, ipotesi peraltro esclusa dal quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1774/2002. Farebbe piuttosto leva su di una deroga ivi espressamente prevista, contribuendo a dare a tale deroga un’efficacia di fatto.
101. Nulla osterebbe all’adozione di legislazioni ancor più rigide sui rifiuti biologici. Tuttavia, qualora tali legislazioni non disciplinassero già espressamente il rapporto con il regolamento n. 1774/2002, detto regolamento non potrebbe fungere da «altra normativa» d’appoggio, in quanto non raggiunge il necessario livello di protezione.
102. Inoltre, per quanto concerne la gestione stessa delle carogne e, in particolare, la loro eliminazione definitiva, la Corte ha già riconosciuto come «altra normativa» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b, della direttiva 75/442, il regime previsto dalla direttiva 90/667, poi sostituito dal regolamento n. 1774/2002. Con un obiter dictum la Corte ha esteso tale classificazione al regolamento n. 1774/2002, in quanto sostituitosi alla prima, ribadendo che tale regolamento stabilisce prescrizioni ancora più precise (39). Tale affermazione non può essere messa in dubbio soprattutto per quanto riguarda le forme di eliminazione ivi previste, esigendo il regolamento n. 1774/2002, in questo senso, un’eliminazione come rifiuto, vale a dire in osservanza del livello di tutela previsto dalla legislazione sui rifiuti. Anche in ordine al ricupero non emergono disposizioni in materia di rifiuti che prevedano espressamente un livello di protezione maggiore per le carogne.
103. L’equivalenza esistente tra i regimi di eliminazione e ricupero delle carogne e la legislazione sui rifiuti non permette tuttavia di esprimersi sulla questione se sia raggiunto un sufficiente livello di protezione anche per la spedizione del materiale. Pertanto, il livello di protezione del regolamento n. 1774/2002 deve essere messo a confronto con il livello che verrebbe raggiunto applicando il regolamento n. 259/93 alla spedizione della farina animale.
a) Sul livello di protezione del regolamento n. 1774/2002 in ordine alla spedizione della farina animale
104. Il regolamento n. 1774/2002 contiene disposizioni a disciplina della spedizione della farina animale. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, lett. a), si applica al trasporto dei sottoprodotti di origine animale, al fine di evitare i rischi che tali prodotti potrebbero comportare per la salute pubblica o degli animali, nonché, ex lett. b), in taluni casi specifici per l’esportazione dei sottoprodotti di origine animale e dei prodotti da essi derivati di cui agli allegati VII e VIII. L’allegato VII, capitolo II, del regolamento n. 1774/2002 riguarda le proteine animali trasformate, e pertanto anche la farina animale.
105. La disciplina dettagliata applicabile al trasporto si trova soprattutto agli artt. 7, 9 e nell’allegato II del regolamento n. 1774/2002. In particolare, i vettori devono avere con sé i documenti di trasporto e sussiste l’obbligo di documentare tutti i trasporti. Prevede al contempo un certo numero di disposizioni tecniche.
106. In merito all’invio da uno Stato membro all’altro, l’art. 8 del regolamento n. 1774/2002 pone in capo allo Stato membro di origine l’obbligo di informare lo Stato membro di destinazione ogniqualvolta siano inviati materiali di categoria 1 e 2, ovvero prodotti trasformati derivati da materiali di categoria 1 o 2, nonché tutte le volte che vengono spedite proteine animali trasformate. Lo Stato membro di destinazione è tenuto ad autorizzare la spedizione. Non emergono normative che, in siffatte circostanze, disciplinino il transito sul territorio di altri Stati membri. La nozione di transito, così come usata nel regolamento n. 1774/2002 include, ai sensi della definizione datane all’art. 1, n. 1, lett. l), il transito di un trasporto tra Stati terzi attraverso il territorio della Comunità.
107. L’esportazione in Stati terzi è regolata solamente in ordine a particolari prodotti. L’art. 19 del regolamento 1774/2002 tratta dell’esportazione di proteine animali trasformate e altri prodotti trasformati, che potrebbero essere utilizzati come materie prime per mangimi. Non precisa tuttavia alcun particolare regime in ordine alla spedizione, ma solamente i requisiti imposti al fine della trasformazione del materiale da esportare. Ne consegue che le disposizioni da applicare alle spedizioni volte all’esportazione sono essenzialmente quelle che valgono per il trasporto del materiale.
108. L’allegato VII, capitolo II, lettera C, del regolamento n. 1774/2002 disiplina, inter alia, l’importazione di proteine animali trasformate, ossia anche la farina animale, da paesi terzi. Tale importazione deve essere autorizzata qualora siano stati soddisfatti gli specifici presupposti.
b) Sul livello di protezione del regolamento n. 259/93 in merito alla spedizione della farina animale
109. Il livello di protezione previsto dal regolamento n. 259/93 in merito alla spedizione della farina animale varia a seconda che trovino applicazione le regole generali, ovvero quelle del regime di protezione meno severo, previsto per i rifiuti della lista verde.
110. Ai sensi dell’art. 1, n. 3, lett. a), del regolamento n. 259/93, sono infatti poche le disposizioni del regolamento applicabili alla spedizione dei rifiuti riportati nell’allegato II, ossia nella lista verde, laddove essi siano destinati unicamente al ricupero (40). In sostanza, il trasporto deve essere accompagnato da un documento recante determinate informazioni di fondo, l’impianto di ricupero nel luogo di destinazione deve essere stato approvato e l’impresa di trasporto necessita di un’autorizzazione qualora trasporti i rifiuti a titolo professionale.
111. Alla luce delle indicazioni sinora emerse, l’incenerimento cui era stata destinata la farina animale è da classificarsi come ricupero, avendo come obiettivo quello di generare energia, sostituendosi, in ciò, ad un altro combustibile (41).
112. Occorre pertanto verificare se sia possibile attribuire la farina animale alla lista verde. Il governo francese ritiene che si tratti di rifiuti dell’industria agroalimentare, in forza della voce GM 130. Per contro, le autorità austriache considerano la farina animale come un rifiuto che, come tale, non figura né all’allegato II, né all’allegato III e neppure all’allegato IV, cioè né nella lista verde, né nella lista ambra e neppure nella lista rossa. Tali rifiuti possono essere spediti solamente a seguito di una notifica e del consenso espresso formulato per iscritto dell’autorità preposta.
113. Il parere delle autorità austriache non convince, in quanto dalla genesi della voce GM 130 risulta che, pur essendo formulata in maniera assai generica, essa include in ogni caso la farina animale.
114. La descrizione «rifiuti dell’industria agroalimentare» è sufficientemente ampia per includere anche la farina animale. L’eccezione prevista per i «sottoprodotti conformi ai requisiti e alle norme nazionali e internazionali e destinati al consumo umano e animale» potrebbero, in linea di principio, includere la farina animale, escludendola di conseguenza dalla lista verde, ma solamente nel caso in cui questa sia da considerare come sottoprodotto e pertanto non come rifiuto.
115. Per meglio spiegare l’inclusione della farina animale, è opportuno considerare la genesi della voce GM 130. Essa è stata inserita in forza della decisione della Commissione 94/721 (42) e sostituisce, tra l’altro, la voce originale (GM 010), che includeva espressamente la farina animale che, pur non essendo commestibile, poteva essere utilizzata per l’alimentazione animale o destinata ad altri scopi (43).
116. La decisione 94/721 ha recepito le modifiche apportate alla lista verde, ambra e rossa dal Consiglio dell’OCSE. Il Consiglio dell’OCSE ha adottato la voce GM 130 in maniera da sostituire a sei voci singole una voce unica e generale, che valesse per tutti i rifiuti dell’industria agroalimentare (44).
117. Di conseguenza, più che come limitazione delle voci prima vigenti, la voce GM 130 deve essere intesa come clausola di portata generale, che include le voci precedenti e che forse addirittura le trascende. Ciò premesso, la farina animale è a tutti gli effetti da attribuire alla lista verde, in quanto rifiuto dell’industria agroalimentare.
118. Neppure la circostanza che la farina animale non possa più essere utilizzata per alimentare gli animali d’allevamento nella Comunità è tale da inficiare la predetta conclusione. Sebbene l’alimentazione animale fosse nominata espressamente come scopo della precedente categoria GM 010, con ciò non si precludevano altre finalità d’utilizzo. Nel caso di specie, rileva, in particolar modo, la produzione di energia.
119. Secondo il prologo della lista verde, i rifiuti devono essere sottoposti ai criteri più rigidi della lista ambra o rossa, laddove risultino contaminati da altri materiali in modo tale che a) i rischi associati ai rifiuti aumentino tanto da giustificarne l’inserimento nella lista ambra o rossa, o che b) non sia possibile ricuperare i rifiuti in modo sicuro per l’ambiente. Dalle predette considerazioni il governo austriaco deduce che la contaminazione con un materiale specifico a rischio impedirebbe di attribuire la farina animale alla lista verde.
120. Un ricupero ecocompatibile – tramite incenerimento in un’apposita centrale – sarebbe tuttavia ancora possibile. L’alternativa di cui al punto b) manca quindi di rilievo.
121. Un’eventuale contaminazione con il materiale specifico a rischio potrebbe aumentare il rischio connesso alla farina animale – ai sensi dell’alternativa a) – tanto da esigerne l’inclusione nella lista ambra o rossa.
122. Il quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 259/93 fornisce un’indicazione in merito al tipo d’aumento del rischio richiesto. L’attribuzione dei rifiuti alla lista verde si basa sulla considerazione che un adeguato ricupero nel paese di destinazione non dovrebbe, generalmente, presentare rischi per l’ambiente.
123. Nel caso di specie, una contaminazione della farina animale con materiale a rischio non comporta un percettibile aumento del rischio ambientale, rispetto ad una farina non contaminata, purché l’utilizzo che se ne fa sia conforme allo scopo, ossia l’incenerimento. Solamente un uso non conforme allo scopo, quale può essere la somministrazione ad animali d’allevamento, potrebbe comportare dei rischi per la salute dell’uomo. Tuttavia, secondo il quattordicesimo ‘considerando’, un siffatto utilizzo indebito non è affatto determinante ai fini dell’attribuzione alle liste. Pertanto, una contaminazione della farina animale con il materiale specifico a rischio non esclude la farina animale dalla lista verde.
124. Qualora la spedizione della farina animale fosse assoggettata al regolamento n. 259/93 troverebbero applicazione, indipendentemente dal fatto che la stessa fosse o non contaminata con il materiale specifico a rischio, le norme a disciplina dei rifiuti della lista verde. La spedizione non sarebbe pertanto sottoposta all’obbligo di notifica.
c) Confronto tra i due regimi di protezione
125. Se si mettono a confronto i due regimi di protezione, il livello di tutela ambientale previsto dal regolamento n. 1774/2002 non è inferiore rispetto al livello previsto dal regime che disciplina i rifiuti della lista verde, anzi, in certi punti è addirittura più rigoroso, come nel caso della spedizione tra Stati membri che presuppone un’autorizzazione da parte dello Stato membro di destinazione.
126. Pertanto, il regolamento n. 1774/2002 deve essere riconosciuto come «altra normativa» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva 75/442 e dell’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 259/93 anche in ordine alla spedizione della farina animale a scopo di ricupero.
D – Conclusione
127. Il 6 giugno 2003 il regolamento n. 259/93, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. d) del medesimo, in combinato disposto con l’art. 2, n. 1, lett. b), sub iii) della direttiva 75/442, non era applicabile alla spedizione della farina animale destinata al ricupero, rientrando tale operazione nel campo d’applicazione del regolamento n. 1774/2002.
VI – Conclusione
128. Ritengo pertanto che la Corte debba risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che:
In data 6 giugno 2003, il regolamento (CEE) del Consiglio 1° febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni dei rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. d), del medesimo, in combinato disposto con l’art. 2, n. 1, lett. b), sub iii), della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, non era da applicare alla spedizione della farina animale destinata al ricupero, essendo la detta operazione regolata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 3 ottobre 2002, n. 1774, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – GU L 30, pag. 1, così come modificata dal regolamento (CE) della Commissione 28 dicembre 2001, n. 2557, che modifica l'allegato V del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (GU L 349, pag. 1).
3 – GU L 194, pag. 39; la versione presa a riferimento è stata modificata da ultimo dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32), ed ora consolidata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9).
4 – GU L 363, pag. 51.
5 – GU L 273, pag. 1.
6 – GU L 117, pag. 1.
7 – GU L 306, pag. 32.
8 – GU L 147, pag. 1.
9 – L'applicazione dell'art. 7, nn. 2-4, è stata sospesa innanzi tutto dall'art. 1, punto 2 del regolamento (CE) della Commissione 29 giugno 2001, n. 1326, che introduce misure transitorie per consentire il passaggio al regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili e ne modifica gli allegati VII e XI (GU L 177, pag. 60). L'art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 10 luglio 2003, n. 1234, che modifica gli allegati I, IV e XI del regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio e regolamento (CE) n. 1326/2001 relativo alle encefalopatie spongiformi trasmissibili e all'alimentazione degli animali (GU L 173, pag. 6) ha successivamente revocato la sospensione e la decisione 2000/766.
10 – Cit. alla nota 9.
11 – GU L 158, pag. 76.
12 – GU L 1, pag. 21.
13 – GU L 37, pag. 7.
14 – Verbale della testimonianza del sig. Krenski del 18 gennaio 2005, pag. 8.
15 – Verbale della testimonianza del sig. Krenski del 18 gennaio 2005, pag. 8 e seg.
16 – Contraria la memoria scritta della KVZ del 17 agosto 2004, pag. 5.
17 – V. supra, paragrafo 29.
18 – Verbale del sig. Krenski del 15 marzo 2005, in particolare la pag. 4.
19 – Sigla del fascicolo RN 7 S 03.1284, allegato T alla domanda del ricorso principale.
20 – Secondo il decreto giudiziario di cui al paragrafo 43, il viaggio di ritorno è iniziato alla fine del maggio 2003.
21 – V. in riferimento al predetto, sentenza 18 aprile 2002, causa C–9/00, Palin Granit e Vehmassalon Kansanterveystyön Kuntayhtymän hallitus (Racc. pag. I-3533, punto 22).
22 – V. supra, paragrafo 19.
23 – L'allegato V cui viene fatto riferimento all'art. 3, n. 1, lett. g, del regolamento n. 999/2001 per la definizione del materiale specifico a rischio non è ancora applicabile, essendo la classificazione ivi prevista degli Stati membri in categorie di stato non ancora attuata. Pertanto, ai sensi dell'art. 22, n. 1, vale transitoriamente l'allegato XI.
24 – Per contro, la decisione della Commissione 30 luglio 1997, 97/534/CE, sul divieto di utilizzare materiale a rischio per quanto concerne le encefalopatie spongiformi trasmissibili (GU L 216, pag. 95) non sottoponeva i prodotti ancora ad alcuna limitazione. La decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/474/CE, che stabilisce misure di protezione contro l'encefalopatia spongiforme bovina ed abroga le decisioni 89/469/CEE e 90/200/CEE (GU L 194, pag. 96) ha esteso il divieto di invio di determinati materiali dal Regno Unito addirittura espressamente ai prodotti che li contenevano.
25 – Sentenze 15 giugno 2000, cause C-418/97 e C-419/97, ARCO Chemie Nederland e a. (Racc. pag. I-4475, punti 44 e segg.; v. tuttavia per contrasto il punto 85), Palin Granit (cit. alla nota 21, punto 27), e 11 novembre 2004, causa C‑457/02, Niselli (Racc. pag. I‑10853, punto 37).
26 – Sentenza Niselli (cit. alla nota 25, punto 34).
27 – V. sul punto anche le sentenze Niselli (cit. alla nota 25, punto 34) e ARCO (cit. alla nota 25, punti 41 e seg. ).
28 – Sentenza ARCO (cit. alla nota 25, punto 73).
29 – Sentenze ARCO (cit. alla nota 25, punto 38 e segg. ) e Palin Granit (cit. alla nota 21, punto 23).
30 – Sentenza Niselli (cit. alla nota 25, punto 46) e Palin Granit (cit. alla nota 21, punto 37).
31 – V. l'intestazione del regolamento n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.
32 – V. le disposizioni sopracitate ai par. 26 e segg. Viene correntemente dibattuta la possibilità di allentare il divieto di alimentazione animale, v. in merito la comunicazione della Commissione del 15 luglio 2005, «Un piano per le TSE» COM(2005) 322 definitivo, pag. 7 e la sintesi dei lavori nel documento del Consiglio 15537/05 ADD 1 del 9 dicembre 2005, pag. 4.
33 – Sentenze 28 marzo 1990, cause C-206/88 e C-207/88, Vessoso e Zanetti (Racc. pag. I–1461, punto 8); 25 giugno 1997, cause riunite C‑304/94, C‑330/94, C‑342/94 e C‑224/95, Tombesi e a. (Racc. pag. I‑3561, punto 47), e 18 dicembre 1997, causa C–129/96, Inter-Environnement Wallonie (Racc. pag. I–7411, punto 31).
34 – Sentenza Palin Granit (cit. alla nota 21, punto 37).
35 – Cfr. la stima provvisoria dei costi fatta dalla Commissione nella sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, COM(2000) 574 definitivo, pag. 18 e segg. , poi concretizzata nel regolamento n. 1774/2002 e gli Orientamenti comunitari per gli aiuti di stato per i test TSE, i capi morti e i rifiuti dei macelli (GU 2002 C 324, pag. 2). Quanto alla Germania, v. Adolf Nottrodt e a. “Technische Anforderungen und allgemeine Empfehlungen für die Entsorgung von Tiermehl und Tierfett in Verbrennungsanlagen”, 2001, pag. 30, 37, 41 e 43 (http://www.bmu.de/files/bilder/allgemein/application/pdf/leitf.pdf, per la versione inglese, http://www.bmu.de/files/pdfs/allgemein/application/pdf/tiermehl.pdf), che ipotizza un prezzo minimo per l'incenerimento della farina animale di circa 50 Euro a tonnellata. Dalla predetta indagine risulta che il trattamento della farina animale esige misure di sicurezza impegnative.
36 – V. la bozza del regolamento n. 259/93, nella versione presentata in seconda lettura al Parlamento, reperibile nel registro pubblico dei documenti del Consiglio (documento PE-CONS 3662/4/05 REV 4 [de]), adottata dal Consiglio ai sensi della comunicazione stampa 9334/06 (Stampa 136), pag. 20 e segg., in occasione della 2731° seduta del 29 e 30 maggio 2006.
37 – Sentenza 11 settembre 2003, causa C‑114/01, AvestaPolarit Chrome (Racc. pag. I‑8725, punto 52).
38 – Sentenza AvestaPolarit Chrome (cit. alla nota 37, punto 59). V. anche sentenze 8 settembre 2005, causa C-416/02, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑7487, punto 102), e causa C-121/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑7569, punto 72).
39 – Sentenze Commissione/Regno di Spagna (citate alla nota 38, causa C-416/02, punto 101, e causa C-121/03, punto 71).
40 – In merito alla Bulgaria, inoltre, l'art. 1, n. 4, in combinato disposto con l'allegato D del regolamento (CE) della Commissione 12 luglio 1999, n. 1547, che stabilisce la procedura di controllo prevista dal regolamento (CEE) n. n. 259/93 del Consiglio in relazione alle spedizioni di determinati tipi di rifiuti verso taluni paesi ai quali non si applica la decisione dell'OCSE n. C(92) 39/def., così come modificata dal regolamento (CE) della Commissione 16 novembre 2001, n. 2243, che modifica il regolamento (CE) n. 1420/1999 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1547/1999 della Commissione per quanto riguarda le spedizioni di determinati tipi di rifiuti verso Camerun, Paraguay e Singapore (GU L 303, pag. 11) dispone che la spedizione dei rifiuti della lista verde non è soggetta ad una procedura di controllo.
41 – V. le sentenze 27 febbraio 2002, causa C-6/00, ASA (Racc. pag. I-1961, punto 69), e 13 febbraio 2003, causa C-228/00, Commissione/Germania (Racc. pag. I-1439, punto 41 e segg.), nonché causa C-458/00, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-1553, punto 32 e segg.).
Qualora la farina animale fosse stata invece trasportata allo scopo d'eliminarla, avrebbero trovato applicazione le disposizioni generali. In tale circostanza, la spedizione originale avrebbe dovuto essere notificata ai sensi degli artt. 3 e segg. del regolamento n. 259/93 e la reintroduzione eseguita ai sensi dell'art. 25.
42 – Decisione della Commissione 21 ottobre 1994, 94/721/CE che adegua, conformemente all'articolo 42, paragrafo 3, gli allegati II, III e IV del regolamento (CEE) n. n. 259/93 del Consiglio relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (GU L 288, pag. 36).
43 – «Farine, carni e pellets, disidratate e sterilizzate, di carne o scarti di carne, di pesce o di crostacei, molluschi o altri invertebrati acquatici non adatti al consumo umano ma adatti al consumo animale o altri fini; ciccioli».
44 – Décision du Conseil C(94)153/FINAL portant amendement à la Décision sur le contrôle des mouvements transfrontières de déchets destinés à des opérations de valorisation [C(92)39/FINAL] en ce qui concerne la liste verte de déchets (adoptée par le Conseil lors de sa 834ème session, les 28 et 29 juillet 1994), http://www.olis.oecd.org/olis/1994doc.nsf/linkto/c(94)153-final, terzo ‘considerando’: «remplacer les rubriques GM 010 à GM 060 de la liste verte par une rubrique générale concernant les déchets de l’industrie agro-alimentaire» (GM 010 includeva la farina animale).