Causa T-387/04

EnBW Energie Baden-Württemberg AG

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso di annullamento — Direttiva 2003/87/CE — Sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione della Germania — Aiuti di Stato — Interesse ad agire — Irricevibilità»

Ordinanza del Tribunale (Terza Sezione) 30 aprile 2007 

Massime dell’ordinanza

1.     Ricorso di annullamento — Interesse ad agire

(Art. 230, quarto comma, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

2.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

3.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

4.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra (PNA)

(Art. 226 CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

5.     Ricorso di annullamento — Atti impugnabili — Nozione — Atti idonei a modificare una determinata situazione giuridica

(Art. 230 CE)

6.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra

(Art. 88, n. 3, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

7.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra

(Art. 88, n. 3, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 9, n. 3)

8.     Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra (PNA)

(Artt. 87 CE e 88 CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87)

1.     Un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto in questione. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto controverso possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto.

Riguardo ad una decisione della Commissione relativa ad un piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra (PNA) che ha respinto il detto PNA solo nella parte in cui prevedeva alcune misure di adeguamento ex post dell’assegnazione di quote di emissione, dichiarando tali misure incompatibili con i criteri nn. 5 e 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, l’esistenza di un interesse ad agire dipende dalla natura giuridica della procedura d’esame e dal potere decisionale della Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 e, in particolare, dalla questione se la decisione di cui trattasi comporti l’autorizzazione del PNA nella sua totalità.

(v. punti 96, 98)

2.     Il controllo preventivo, ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, effettuato dalla Commissione a seguito di una notifica da parte di uno Stato membro di un piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra (PNA) non porta necessariamente a una decisione di autorizzazione, dato che la Commissione deve intervenire solo qualora ritenga necessario sollevare obiezioni nei confronti di alcune parti del PNA notificato e prendere, in caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il proprio PNA, una decisione di rigetto. Inoltre, tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono intervenire entro tre mesi dalla notifica del PNA. In mancanza, infatti, il PNA notificato acquista carattere definitivo e beneficia di una presunzione di legittimità che consente allo Stato membro di attuarlo nel periodo di assegnazione pertinente. Pertanto, tale controllo particolare si fonda su una presunzione di legittimità della misura statale che è soggetta solo a un divieto temporaneo di attuazione. Ne consegue che nessuna decisione della Commissione che comporti il rigetto di un PNA o di talune sue parti – neanche qualora implichi un’accettazione esplicita da parte della Commissione di altre parti del PNA o considerazioni in cui quest’ultima esponga i motivi per cui non intende sollevare obiezioni nei loro confronti, e neanche qualora tale decisione sia seguita dall’accettazione delle modifiche apportate al PNA – può essere considerata un’autorizzazione, in quanto atto costitutivo di diritti, dato che, per loro natura, le misure notificate in tale contesto non necessitano di siffatta autorizzazione.

(v. punto 115)

3.     La procedura d’esame avviata ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, mira, fatta salva la possibilità di controllo preventivo da parte della Commissione, a garantire agli Stati membri la certezza del diritto e a consentire loro di essere rapidamente informati sulle modalità con cui possono assegnare le quote di emissione e gestire il sistema di scambio di quote in base al loro piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra (PNA) nel periodo di assegnazione considerato. Infatti, data la brevità di tale periodo, sia la Commissione sia gli Stati membri hanno un legittimo interesse a che qualsiasi controversia relativa al contenuto del PNA sia risolta rapidamente e a che tale PNA non sia esposto, per l’intero suo periodo di validità, al rischio di contestazioni da parte della Commissione. Inoltre, l’attuazione degli obiettivi della direttiva 2003/87, secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica, verrebbe ostacolata dal divieto di dare attuazione ai PNA fintantoché la Commissione non abbia adottato una decisione di autorizzazione.

(v. punti 117-118)

4.     In mancanza di un potere generale di autorizzazione stricto sensu della Commissione nei confronti del piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra (PNA) notificato da uno Stato membro, la mancanza di obiezioni da parte della stessa Commissione alla scadenza del termine di tre mesi di cui all’art. 9, n. 3, prima frase, della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, non comporta alcuna presunzione o finzione giuridica di autorizzazione del PNA. A tale proposito, la Commissione dispone soltanto di un potere di controllo e di rigetto limitato, circoscritto ai soli criteri elencati nell’allegato III e nelle disposizioni dell’art. 10 della menzionata direttiva. Pertanto, alla scadenza del detto termine ne consegue solo che il PNA – che beneficia di una presunzione di legittimità, salvo obiezioni della Commissione – acquista carattere definitivo e può essere messo in atto dallo Stato membro senza bisogno di alcuna autorizzazione generale da parte della Commissione. Tale valutazione è corroborata dal fatto che l’art. 9, n. 3, della direttiva di cui trattasi non prevede espressamente alcuna disposizione che introduca una presunzione o una finzione giuridica, il che peraltro potrebbe compromettere il potere di controllo conferito alla Commissione dall’art. 226 CE e che quest’ultima deve poter esercitare.

(v. punti 120-122)

5.     Solo il dispositivo di una decisione è idoneo a produrre effetti giuridici e, conseguentemente, ad arrecare un pregiudizio. Per contro, gli apprezzamenti espressi nella motivazione di una decisione non sono idonei, di per sé, a formare oggetto di un ricorso di annullamento e possono essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice comunitario solo qualora, in quanto motivazione di un atto arrecante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto, o se, quanto meno, tale motivazione sia idonea a modificare il merito di quanto è stato deciso nel dispositivo dell’atto in questione. Poiché, in linea di principio, il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione, esso va interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione.

Di conseguenza, in mancanza di una presa di posizione giuridicamente vincolante su una regola nel dispositivo di una decisione della Commissione relativa ad un piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra, ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, la motivazione di tale decisione, nella parte concernente la suddetta regola e la sua eventuale compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato, è sottratta al controllo del giudice comunitario nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto contro questa stessa decisione ai sensi dell’art. 230 CE e non può costituire il fondamento di un qualsivoglia interesse ad agire di un operarore economico.

(v. punti 127, 130)

6.     L’obbligo per uno Stato membro di notificare alla Commissione, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, qualsiasi progetto diretto a istituire un aiuto di Stato è giuridicamente distinto e, in linea di principio, indipendente da quello relativo alla notifica di un piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra (PNA) ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità. Una decisione basata unicamente sull’art. 9, n. 3, di tale direttiva e non sugli artt. 87 CE e 88 CE, di per sé, consente alla Commissione di effettuare, sugli aspetti di aiuto di Stato del PNA di cui trattasi, solo una valutazione sommaria alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato, il che non osta all’eventuale successiva adozione di una decisione formale ai sensi dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE.

(v. punto 133)

7.     Né la direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, adottata sul solo fondamento dell’art. 175 CE e non su quello dell’art. 89 CE, né misure giuridicamente non vincolanti adottate in tale contesto possono validamente limitare la portata e l’effetto utile delle regole relative al controllo degli aiuti di Stato. Infatti, fatto salvo l’obbligo che la Commissione ha di tener conto della possibilità di conflitti tra le disposizioni di un piano nazionale per l’assegnazione delle dette quote (PNA) e la normativa in materia di aiuti di Stato, nell’ambito di una procedura di esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, e dell’eventualità che la notifica di un PNA possa anche costituire una notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, in mancanza di un fondamento normativo pertinente la direttiva 2003/87 non può costituire una lex specialis che consenta il controllo degli aiuti di Stato nell’ambito della procedura d’esame di cui al detto art. 9, n. 3.

(v. punti 132, 134)

8.     Il criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, il quale prevede che occorra rispettare gli artt. 87 CE e 88 CE anche nel contesto dell’attuazione dei piani nazionali di assegnazione di quote di emissione dei gas a effetto serra, è solo l’espressione di un principio consolidato di diritto comunitario, secondo cui ogni atto di diritto derivato dev’essere attuato in modo tale da non violare le norme del Trattato né alcun’altra norma di diritto primario, quali i principi generali del diritto o i diritti fondamentali. Tuttavia, siffatto obbligo generale di rispettare il diritto comunitario non può comportare l’obbligo di svolgere una procedura amministrativa conformemente a tutte le disposizioni procedurali e sostanziali pertinenti, come quelle del regolamento n. 659/1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE, bensì impone alla Commissione unicamente di effettuare una valutazione sommaria ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/87. Infine, la procedura di esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, di tale direttiva non consente in alcun caso alla Commissione di autorizzare gli Stati membri a derogare a disposizioni di diritto comunitario che non sono contenute nella direttiva stessa.

(v. punto 135)







ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

30 aprile 2007 (*)

«Ricorso di annullamento – Direttiva 2003/87/CE – Sistema di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra – Piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissione della Germania – Aiuti di Stato – Interesse ad agire – Irricevibilità»

Nella causa T‑387/04,

EnBW Energie Baden-Württemberg AG, con sede in Karlsruhe (Germania), rappresentata dagli avv.ti C.-D. Ehlermann, M. Seyfarth, A. Gutermuth e M. Wissmann,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. U. Wölker, M. Niejahr e T. Scharf, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. W.-D. Plessing e U. Forsthoff, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti D. Sellner e U. Karpenstein,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 7 luglio 2004, C(2004) 2515/2 def., relativa al piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica federale di Germania ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dal sig. J. Azizi e dalla sig.ra E. Cremona, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

 Ambito normativo

1       La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), istituisce, con effetto dal 1° gennaio 2005, un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (in prosieguo: il «sistema per lo scambio di quote») al fine di promuovere la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, in particolare del biossido di carbonio (in prosieguo: il «CO2»), secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 della direttiva 2003/87). Tale direttiva si fonda sugli obblighi incombenti alla Comunità in forza della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del protocollo di Kyoto. Quest’ultimo è stato approvato con decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/358/CE, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1), ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.

2       La Comunità e i suoi Stati membri si sono impegnati a ridurre, nel periodo 2008‑2012, le emissioni antropiche aggregate dei gas a effetto serra elencate nell’allegato A del protocollo di Kyoto nella misura dell’8% rispetto al livello del 1990 [punto (4) della direttiva 2003/87].

3       A tal fine, la direttiva 2003/87 prevede in sostanza che le emissioni dei gas a effetto serra degli impianti elencati nell’allegato I devono essere previamente autorizzate ed essere oggetto di un’assegnazione di quote conformemente ai piani nazionali per l’assegnazione (in prosieguo: i «PNA»). Se un gestore riesce a ridurre le sue emissioni, le quote eccedentarie possono essere vendute ad altri gestori. Viceversa, il gestore di un impianto le cui emissioni siano eccessive può acquistare le quote necessarie presso un gestore che disponga di eccedenze.

4       Ai sensi dell’allegato I della direttiva 2003/87, rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, tra l’altro, alcuni impianti attivi nel settore dell’energia, ossia gli impianti di combustione di potenza calorifica superiore a 20 megawatt (MW), le raffinerie di petrolio e le cokerie.

5       La direttiva 2003/87 prevede una prima fase compresa tra il 2005 e il 2007 (in prosieguo: il «primo periodo per l’assegnazione»), che precede il primo periodo di impegni previsto dal protocollo di Kyoto, e una seconda fase compresa tra il 2008 e il 2012 (in prosieguo: il «secondo periodo per l’assegnazione»), corrispondente al suddetto primo periodo di impegni (art. 11 della direttiva 2003/87).

6       Più concretamente, il sistema di scambio delle quote si fonda, da un lato, sull’obbligo di autorizzazione preventiva ad emettere gas a effetto serra (artt. 4-8 della direttiva 2003/87) e, dall’altro, su quote che autorizzano il gestore titolare ad emettere una certa quantità di gas a effetto serra (art. 12, n. 3, della direttiva 2003/87).

7       Le condizioni e le procedure in base alle quali le autorità nazionali competenti assegnano le quote, in base a un PNA, ai gestori degli impianti sono previste agli artt. 9-11 della direttiva 2003/87.

8       L’art. 9, n. 1, primo comma, della direttiva 2003/87 precisa:

«Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro elabora un [PNA] che determina le quote totali di emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione. Il piano si fonda su criteri obiettivi e trasparenti, compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il trattato, la Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III».

9       La Commissione ha elaborato i suddetti orientamenti nella comunicazione 7 gennaio 2004, COM(2003) 830 def., sugli orientamenti destinati ad assistere gli Stati membri nell’applicazione dei criteri elencati all’allegato III della direttiva 2003/87, e sulle circostanze in cui è dimostrata la forza maggiore (in prosieguo: gli «orientamenti della Commissione»).

10     L’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 2003/87 stabilisce inoltre quanto segue:

«Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il [PNA] è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il [PNA] è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto mesi prima dell’inizio del periodo in questione».

11     L’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 dispone:

«Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro di un [PNA] di cui al paragrafo 1, la Commissione può respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di rigetto».

12     Ai sensi dell’art. 10 della direttiva 2003/87, gli Stati membri devono assegnare per il primo periodo almeno il 95% delle quote a titolo gratuito.

13     L’art. 11 della direttiva 2003/87, relativo all’assegnazione e al rilascio di quote, così recita:

«1.      Per il triennio che ha inizio il 1° gennaio 2005 ciascuno Stato membro decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in tale periodo nonché in merito all’assegnazione di aliquote al gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno tre mesi prima dell’inizio del suddetto triennio, sulla base del [PNA] di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico.

2.      Per il quinquennio che ha inizio il 1° gennaio 2008 e per ciascun periodo successivo di cinque anni, ciascuno Stato membro decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in tale periodo, nonché inizia il processo per l’assegnazione di tali quote al gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi prima dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del [PNA] di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico.

3.      Le decisioni adottate a norma dei paragrafi 1 e 2 sono conformi alle disposizioni del trattato, in particolare agli articoli 87 e 88. Nel decidere in merito all’assegnazione delle quote di emissioni, gli Stati membri tengono conto della necessità di permettere ai nuovi entranti di accedere a tali quote.

(…)».

14     L’allegato III della direttiva 2003/87 elenca undici criteri applicabili ai PNA.

15     Il criterio n. 1 dell’allegato III è del seguente tenore:

«La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le proprie emissioni ai sensi della decisione 2002/358(…) e del Protocollo di Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali, e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358(…) e dal protocollo di Kyoto».

16     Il criterio n. 5 dell’allegato III è così formulato:

«Il [PNA] non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni del trattato, in particolare agli articoli 87 e 88».

17     Sulla base del criterio n. 5, il punto 47 degli orientamenti della Commissione precisa che «[si] applicano le norme sugli aiuti di Stato contenute nel Trattato».

18     Il criterio n. 10 dell’allegato III enuncia che «[i]l [PNA] include un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno».

19     L’art. 12, n. 1, della direttiva 2003/87 prevede che le quote di emissione possono essere trasferite tra persone fisiche o giuridiche all’interno della Comunità o a persone nei paesi terzi. Ai sensi dell’art. 12, n. 3, anteriormente al 1° maggio di ogni anno, il gestore di ciascun impianto deve restituire all’autorità competente un numero di quote di emissioni pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso dell’anno civile precedente, affinché tali quote vengano successivamente cancellate.

20     Secondo l’art. 13, n. 1, della direttiva 2003/87, le quote sono valide soltanto per le emissioni prodotte nel periodo per il quale sono rilasciate.

 Fatti all’origine della controversia

I –  Lettera della Commissione del 17 marzo 2004

21     Con lettera comune dei direttori generali della direzione generale (DG) «Ambiente» e della DG «Concorrenza» del 17 marzo 2004, indirizzata agli Stati membri e che menzionava come oggetto «Aiuti di Stato e [PNA]», la Commissione precisava le procedure da seguire e i criteri di cui intendeva tenere conto ai fini della valutazione di eventuali aiuti di Stato concessi nel contesto dell’attuazione dei PNA conformemente ai criteri stabiliti nell’allegato III della direttiva 2003/87.

22     In tale lettera, la Commissione esponeva le modalità con cui intendeva interpretare il criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87 ai fini della valutazione dei PNA. A tale proposito, la Commissione ricordava anzitutto che, in relazione ai quattro criteri previsti dall’art. 87, n. 1, CE, essa aveva ritenuto, nelle decisioni 29 marzo 2000, 28 novembre 2001 e 24 giugno 2003, relative, rispettivamente, ai casi N 653/99 (Danimarca, quote di CO2) (GU 2000, C 322, pag. 9), N 416/01 (Regno Unito, regime di agevolazioni per il commercio dei diritti di emissione) (GU 2002, C 88, pag. 16) e N 35/03 [Paesi Bassi, sistema di scambio di diritti di emissione di NOx (ossidi di azoto)] (GU 2003, C 227, pag. 8), che i suddetti criteri fossero soddisfatti. Nelle menzionate decisioni, infatti, la Commissione aveva considerato che una quota di emissione fosse equivalente a un bene immateriale (intangible asset), il cui valore era determinato dal mercato; che, pertanto, il fatto che lo Stato lo assegnasse gratuitamente alle imprese costituiva un vantaggio a loro favore; che, rinunciando alla vendita di tale quota, ad esempio mediante aggiudicazione, lo Stato si privava di una risorsa, per cui la concessione del suddetto vantaggio comportava un trasferimento di risorse statali, e che, infine, il vantaggio in questione era selettivo, influiva sugli scambi tra Stati membri e falsava o minacciava di falsare la concorrenza.

23     La Commissione affermava inoltre, nella suddetta lettera, che, anche se il sistema comunitario di scambio era distinto dai sistemi nazionali oggetto delle decisioni citate, essa riteneva che i PNA potessero contenere elementi atti a falsare la concorrenza e a costituire un aiuto di Stato. La Commissione sosteneva che ciò si sarebbero verificato, ad esempio, qualora uno Stato membro avesse assegnato a talune imprese un numero di quote superiore a quello necessario per coprire le emissioni previste per il periodo per l’assegnazione, e tali imprese avessero avuto la possibilità di vendere le quote eccedentarie e di conservare il beneficio della vendita. La Commissione sottolineava che questo vantaggio era tale da falsare gravemente la concorrenza e, poiché non era giustificato da alcun beneficio in termini ecologici, esso, in linea di principio, doveva essere considerato un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Pertanto, la Commissione rilevava che, qualora avesse riscontrato che un PNA favoriva in tal modo determinate imprese, avrebbe avviato d’ufficio una procedura in materia di aiuti di Stato. Nel caso in cui il PNA non avesse previsto alcuna «sovrassegnazione» in tal senso, esso avrebbe nondimeno comportato un elemento di aiuto di Stato ai sensi dell’art. 10 della direttiva 2003/87 qualora uno Stato membro avesse deciso di assegnare gratuitamente oltre il 95% delle quote per il primo periodo per l’assegnazione, rinunciando di conseguenza ad entrate erariali.

24     La Commissione faceva infine sapere, nella detta lettera, che, con riferimento al primo periodo per l’assegnazione, essa non avrebbe preteso la notifica formale dei PNA ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, ma avrebbe esaminato attentamente i PNA notificati conformemente alla direttiva 2003/87 e segnatamente, in ciascun caso, la questione se essi potessero causare gravi distorsioni della concorrenza incompatibili con il Trattato. Essa affermava che, in tal caso, non avrebbe esitato a utilizzare tutti i mezzi offertile dalle disposizioni in materia di aiuti di Stato.

II –  PNA tedesco

25     Il 31 marzo 2004, la Repubblica federale di Germania notificava alla Commissione il PNA tedesco per il primo periodo per l’assegnazione ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2003/87.

26     Il PNA tedesco è costituito da un «piano macro» e da un «piano micro». Il piano macro contiene la ripartizione delle quote nazionali di emissioni e fissa il numero totale di quote da assegnare conformemente agli impegni di riduzione delle emissioni che incombono alla Germania. Il piano micro disciplina l’assegnazione di quote ai gestori dei diversi impianti e prevede la costituzione di una riserva di quote destinate ai nuovi entranti.

27     Conformemente alla regola della limitazione del numero di quote, risultante dal criterio n. 1 dell’allegato III della direttiva 2003/87, il PNA tedesco, in linea di principio, assegna le quote di emissioni ai gestori nella misura strettamente necessaria per coprire le emissioni precedenti (impianti esistenti) o previste (nuovi impianti). Tuttavia, tale principio è soggetto all’applicazione delle norme particolari di seguito esposte.

28     Per quanto riguarda i vecchi impianti, vale a dire quelli la cui gestione si sia iniziata prima del 31 dicembre 2002, il numero di quote da assegnare gratuitamente viene calcolato in base alla media annua delle rispettive emissioni di CO2 in passato, secondo il metodo di calcolo detto «grandfathering». Il numero di quote da assegnare viene stabilito moltiplicando i dati di emissione storici per un «fattore di esecuzione» (Erfüllungsfaktor) determinato in funzione dell’obiettivo da raggiungere in termini di riduzione delle emissioni. Tale fattore di esecuzione, di regola, viene quindi fissato a un valore inferiore a 1, onde consentire una riduzione rispetto al livello di emissione precedente, e, in definitiva, limitare il numero totale di quote da assegnare.

29     Secondo la regola detta del «malus», viene ridotto di 0,15 il fattore di esecuzione applicabile nel secondo periodo per l’assegnazione alle vecchie centrali di combustione che operano in modo particolarmente inefficiente, ossia le centrali di combustione di lignite e le centrali di combustione di carbon fossile il cui grado di efficienza energetica netta – corrispondente alla quota di energia contenuta nel combustibile che viene trasformata in energia elettrica – sia inferiore rispettivamente al 31% e al 36%. Per quanto riguarda le centrali di combustione di lignite, tuttavia, la riduzione non si applica se i gestori di tali impianti li sostituiscono con altre centrali conformemente alla «regola del trasferimento» (v. infra, punto 31). Si ritiene che la regola del malus costituisca un incentivo a sostituire rapidamente gli impianti vetusti e inefficienti.

30     Per quanto riguarda i nuovi impianti, vale a dire quelli la cui gestione è iniziata dopo il 1° gennaio 2005 o che hanno aumentato, dopo tale data, la loro capacità produttiva, nei quattordici primi anni di gestione viene loro assegnato, secondo la regola detta del «nuovo entrante», un numero di quote corrispondente alle previsioni di emissione, che vengono valutate in base al criterio (benchmark) dello stato della «migliore tecnica disponibile». Nel suddetto periodo, il fattore di esecuzione rimane invariabilmente fisso a 1. Per quanto riguarda gli impianti che producono energia elettrica, il numero massimo di quote da assegnare è pari a 750 g CO2/kWh. Tuttavia, in caso di emissioni inferiori, le quote da assegnare non devono eccedere il fabbisogno reale dell’impianto, pur tenendo conto di un tasso minimo di 365 g CO2/kWh.

31     Secondo la regola detta del «trasferimento», in caso di chiusura di un impianto situato in Germania e su richiesta, le quote assegnate a quest’ultimo non vengono ritirate se il gestore apre un nuovo impianto, sul territorio tedesco, entro tre mesi dalla chiusura del vecchio impianto. In tal caso, l’assegnazione viene effettuata per quattro anni in base alle emissioni storiche dell’impianto chiuso ed è calcolata, per un periodo di quattordici anni, in base a un fattore di esecuzione pari a 1. Pertanto, il gestore di un impianto di produzione di energia elettrica sfugge all’applicazione dei criteri dello stato della «migliore tecnica disponibile» e del massimale di emissione di 750 g CO2/kWh cui, in linea di principio, sono soggetti i nuovi impianti (v. supra, punto 30). Si ritiene che tale regola costituisca un incentivo a sostituire anticipatamente gli impianti vecchi e inefficienti con impianti a emissioni ridotte.

32     Per quanto riguarda le centrali nucleari, la regola cosiddetta dell’«attribuzione speciale» (Sonderzuteilung) prevede l’attribuzione transitoria e compensativa di quote in ragione dell’obbligo, incombente ai gestori, di chiudere, nel quadriennio 2003-2007, alcune centrali nucleari ai sensi del Gesetz zur geordneten Beendigung der Kernenergienutzung zur gewerblichen Erzeugung von Elektrizität (legge tedesca sulla cessazione progressiva dell’impiego di energia nucleare ai fini della produzione commerciale di energia elettrica, BGBl. 2002 I, pag. 1351). Tale attribuzione speciale riguarda solo le centrali di Stade (chiusa nel 2003 e il cui gestore è la società E.ON AG) e di Obrigheim (chiusa nel 2005 e il cui gestore è la ricorrente), mentre la chiusura delle altre centrali nucleari è prevista solo dopo il 2007. L’attribuzione speciale è limitata a 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno nel corso del primo periodo per l’assegnazione ed è destinata a coprire le emissioni in eccesso dovute all’impiego più intensivo delle centrali convenzionali da parte dei gestori interessati, resosi necessario per compensare la perdita di produzione di energia elettrica delle centrali nucleari chiuse e sostituite.

33     Il PNA tedesco costituisce il fondamento del Zuteilungsgesetz 2007 (legge tedesca 26 agosto 2004 sull’assegnazione delle quote di emissione nel primo periodo per l’assegnazione, BGBl. 2004 I, pag. 2211; in prosieguo: la «legge sull’assegnazione»). Per quanto riguarda gli aspetti pertinenti ai fini della controversia in esame, sostanzialmente le disposizioni della legge sull’assegnazione non si differenziano da quelle del PNA tedesco. Inoltre, la Repubblica federale di Germania ha adottato, in data 8 luglio 2004, il Gesetz zur Umsetzung der Richtlinie 2003/87/EG über ein System für den Handel mit Treibhausgasemissionszertifikaten in der Gemeinschaft (legge di attuazione della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema di scambio di quote; BGBl. 2004 I, pag. 1578).

III –  Mercato tedesco dell’energia elettrica

34     In Germania, quattro imprese energetiche producono e forniscono circa l’88% della capacità di produzione tedesca di elettricità, ossia le società RWE AG, E.ON AG, Vattenfall Europe AG e la ricorrente. Il restante 12% del mercato in questione è ripartito tra varie piccole e medie imprese energetiche, tra cui in particolare le centrali municipalizzate (Stadtwerke).

35     La ricorrente è la terza maggiore impresa energetica tedesca e il 37% della sua produzione, per una capacità totale di 14 gigawatts (GW), è garantito dalle centrali nucleari e il 29% dalle centrali di combustione di lignite o di carbon fossile. Per quanto riguarda le altre grandi imprese energetiche tedesche, le quote di produzione garantite rispettivamente, da un lato, dalle centrali nucleari e, dall’altro, dalle centrali di combustione di lignite e di carbon fossile rispetto alla capacità di produzione totale sono le seguenti:

–       RWE (capacità totale di produzione di 34 GW): 16% di produzione di energia nucleare e 58% di produzione di energia mediante combustione di lignite o di carbon fossile;

–       E.ON (capacità totale di produzione di 25 GW): 34% di produzione di energia nucleare e 35% di produzione di energia mediante combustione di lignite o di carbon fossile;

–       Vattenfall Europe (capacità totale di produzione di 15 GW): 9% di produzione di energia nucleare e 61% di produzione di energia mediante combustione di lignite o di carbon fossile.

IV –  Fase amministrativa

A –  Denuncia della ricorrente

36     Con lettera 17 giugno 2004, la ricorrente ha presentato una denuncia alla DG «Ambiente» e alla DG «Concorrenza» della Commissione per il fatto che la regola del trasferimento, quale prevista nel PNA tedesco e all’art. 10 della legge sull’assegnazione, favoriva indebitamente, tra l’altro, la RWE, sua principale concorrente. Nella denuncia, la ricorrente esponeva che la RWE, a seguito della sostituzione dei suoi vecchi impianti convenzionali di combustione con nuovi impianti, avrebbe ottenuto gratuitamente un’eccessiva quantità di quote di emissione, segnatamente rispetto alla quantità di quote che avrebbe potuto rivendicare, in forza della regola di attribuzione speciale e dell’art. 15 della legge sull’assegnazione, in caso di chiusura e di sostituzione delle sue centrali nucleari. Considerata tale distorsione della concorrenza, la ricorrente chiedeva alla Commissione, tra l’altro, di respingere il PNA tedesco, sul fondamento dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, e di avviare un procedimento formale d’indagine nei confronti della Repubblica federale di Germania ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE.

37     Con lettera 22 giugno 2004, la ricorrente ha ribadito le sue richieste e ha precisato i motivi della sua denuncia. Essa spiegava che il PNA tedesco, e in particolare la regola del trasferimento, violava il criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87, l’art. 87 CE e la libertà di stabilimento. A sostegno della sua denuncia, la ricorrente ha fatto valere, in sostanza, che l’applicazione della regola del trasferimento, di cui si sarebbero avvalsi i suoi principali concorrenti, e in particolare la RWE, avrebbe determinato una «sovrassegnazione» notevole di quote ai nuovi impianti che andavano a sostituire i vecchi impianti di combustione, in conseguenza del rilascio ai gestori interessati, per un quadriennio, di una quantità di quote di emissione calcolata in base al fabbisogno dei loro vecchi impianti sostituiti. Il gestore interessato potrebbe quindi vendere sul mercato le quote in eccesso – non necessarie per coprire il tasso di emissione nettamente inferiore del nuovo impianto più efficiente – e trarne un vantaggio concorrenziale ingiustificato. Per contro, in caso di sostituzione di una centrale nucleare – unica opzione che si offrirebbe alla ricorrente, data la sua situazione economica –, l’applicazione della regola di attribuzione speciale non comporterebbe la concessione di un vantaggio equivalente e non basterebbe neanche a compensare la perdita della capacità di produzione derivante dall’abbandono delle centrali nucleari. Infatti, per compensare la capacità di produzione perduta, essa sarebbe obbligata a produrre più energia elettrica provocando, quindi, più emissioni con impianti convenzionali, e sarebbe obbligata a soddisfare il suo fabbisogno supplementare di quote di emissioni mediante l’acquisto delle stesse. La ricorrente ha inoltre sostenuto che tale trattamento preferenziale, in particolare della RWE, a suo svantaggio non era giustificato né dalla direttiva 2003/87 né dall’art. 87 CE.

B –  Decisione impugnata e comunicazione della Commissione 7 luglio 2004

38     Con decisione 7 luglio 2004, C(2004) 2515/2 def., relativa al piano nazionale per l’assegnazione di quote di emissioni dei gas a effetto serra notificato dalla Repubblica federale di Germania ai sensi della direttiva 2003/87 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto il PNA tedesco solo nella parte in cui prevedeva alcune misure di adeguamento ex post dell’assegnazione di quote di emissione, dichiarando tali misure incompatibili con i criteri nn. 5 e 10 dell’allegato III della direttiva 2003/87. La dichiarazione di incompatibilità non riguarda tuttavia le parti del PNA tedesco che formano oggetto della denuncia della ricorrente.

39     Per quanto riguarda l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato e la regola del trasferimento, la decisione impugnata, al nono e al decimo ‘considerando’, spiega quanto segue:

«In base alle informazioni fornite dallo Stato membro, la Commissione ritiene che eventuali aiuti saranno probabilmente considerati compatibili con il mercato comune in sede di valutazione ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE.

Secondo la Commissione, le informazioni dello Stato membro interessato relative ai trasferimenti di quote dimostrano che, nel periodo [per l’assegnazione] oggetto del presente [PNA], nessun vantaggio derivante da tali trasferimenti a favore di altri impianti rispetto ad investimenti analoghi di nuovi entranti sarà superiore a quanto giustifichino i benefici in termini ecologici apportati dalla misura in questione. Nel periodo [per l’assegnazione] successivo, non vi sono più differenze tra, da un lato, gli impianti che possono essere oggetto di trasferimento e, dall’altro, quelli aventi accesso alla riserva destinata ai nuovi entranti».

40     Nella comunicazione COM(2004) 500 def. al Consiglio e al Parlamento europeo sulle decisioni della Commissione del 7 luglio 2004 relative ai piani nazionali per l’assegnazione delle quote di emissione di gas ad effetto serra notificati da Austria, Danimarca, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia, Svezia e Regno Unito a norma della direttiva 2003/87/CE, la Commissione, al punto 3.3, a proposito delle regole sul trasferimento, ha rilevato quanto segue:

«(…) un potere discrezionale degli Stati membri esiste anche in relazione al trattamento da riservare agli impianti chiusi.

Se uno Stato membro non sospende il rilascio delle quote a un impianto chiuso per la parte rimanente di un periodo di [assegnazione], vige la possibilità di trasferire le quote da un impianto chiuso a un nuovo impianto posto sotto il controllo dello stesso gestore.

Ove uno Stato membro abbia deciso di sospendere il rilascio di ulteriori quote a un impianto chiuso per la parte rimanente di un periodo di [assegnazione] e abbia istituito una riserva per i nuovi entranti, occorre esaminare le condizioni di funzionamento di questa parte del sistema per evitare che gli impianti che usufruiscono della possibilità di trasferimento siano favoriti indebitamente rispetto a quelli che non hanno questa possibilità. L’applicazione di una regola di trasferimento può essere limitata circoscrivendo, per un gestore, la possibilità di beneficiarne soltanto al caso in cui l’impianto chiuso e il nuovo impianto si trovino entrambi sul territorio dello Stato membro in questione.

La Commissione osserva inoltre che il fatto di trattenere le quote successivamente alla chiusura degli impianti dovrebbe incentivare gli investimenti in impianti puliti ed efficienti. L’impatto ambientale di una regola di trasferimento è tuttavia neutro, a meno che uno Stato membro cancelli le quote non rilasciate in seguito alla chiusura degli impianti: tutte le quote in eccesso saranno probabilmente restituite da un altro impianto, nello stesso Stato membro o altrove, per poter effettuare emissioni».

C –  Lettera della Commissione 29 luglio 2004

41     Con lettera della DG «Concorrenza» 29 luglio 2004 (in prosieguo: la «lettera della DG “Concorrenza” 29 luglio 2004»), la Commissione esponeva, richiamandosi in particolare alla decisione impugnata, la valutazione operata da tale DG sugli aspetti sollevati dalla denuncia della ricorrente. Al riguardo essa ricordava che, nell’ambito della decisione impugnata, la Commissione aveva «anche analizzato la compatibilità del [PNA tedesco] con il criterio [n.] 5 dell’allegato III della [direttiva 2003/87], esaminando la questione se il [suddetto PNA] comportasse discriminazioni tra imprese o tra settori favorendo indebitamente talune imprese o taluni settori di attività, in violazione delle norme in materia di aiuti di Stato», e che tale analisi aveva avuto come oggetto anche l’applicazione della regola del trasferimento. Essa spiegava di avere ritenuto che, nel primo periodo per l’assegnazione, né il PNA tedesco né l’applicazione della regola del trasferimento comportassero tale discriminazione, dato che la regola del trasferimento sembrava garantire che nessun vantaggio conferito agli impianti di sostituzione rispetto ad investimenti analoghi effettuati da altri nuovi entranti superasse il limite di quanto era giustificato dai benefici ecologici apportati dalla misura controversa. Essa aveva ritenuto, in particolare, che la regola del trasferimento fosse concepita come un incentivo alla modernizzazione accessibile a tutti i partecipanti al sistema di scambio di quote, e non limitato a taluni settori o a talune imprese.

42     Per quanto riguarda gli effetti della regola del trasferimento, segnatamente nel settore energetico, la Commissione spiegava, nella lettera della DG «Concorrenza», di avere rilevato, tra l’altro, che, secondo le autorità tedesche, un gruppo di centrali di produzione di energia elettrica era gestito in modo molto redditizio. Di conseguenza, essa aveva ritenuto che solo l’incentivo finanziario offerto dalla regola del trasferimento potesse determinare una sostituzione rapida con tecnologie più ecologiche e meno produttrici di emissioni di CO2 e che tale effetto d’incentivazione andasse valutato anche alla luce della regola del malus, secondo cui gli impianti meno efficienti possono essere penalizzati in caso di rinvio dei lavori di modernizzazione. Pertanto, essa aveva concluso che ci si poteva effettivamente attendere che la regola del trasferimento spingesse gli operatori interessati a modernizzare i loro impianti più rapidamente di quanto non avrebbero fatto in mancanza della stessa.

43     Per quanto riguarda la questione se il beneficio derivante dalla regola del trasferimento conceda un vantaggio eccessivo a talune imprese, la Commissione affermava di avere fatto riferimento alle spiegazioni fornite dalle autorità tedesche, secondo cui il ricorso alla suddetta regola nel settore energetico comportava, nella maggior parte dei casi, la sostituzione di impianti di combustione di lignite vecchi e inefficienti con impianti moderni e più efficienti dello stesso tipo nel corso del primo periodo per l’assegnazione. Essa aveva spiegato che, nel caso specifico, il beneficio calcolato dalle autorità tedesche ammontava solo a una quota molto ridotta dei costi di investimento. Tenuto conto del positivo impatto della regola del trasferimento in vista del conseguimento degli obiettivi ecologici della direttiva 2003/87 nei quattro primi anni, la Commissione aveva ritenuto che un vantaggio così limitato fosse proporzionato e quindi compatibile con le regole in materia di aiuti di Stato e che, al termine del quadriennio, un impianto di sostituzione avrebbe ricevuto quote in funzione della «migliore tecnica disponibile» al pari di qualsiasi altro nuovo impianto, il che avrebbe consentito di evitare qualsiasi discriminazione tra investimenti nella sostituzione e nuovi impianti.

44     Per quanto riguarda lo svantaggio relativo per le centrali nucleari che devono essere sostituite con impianti convenzionali che producono emissioni di CO2, la Commissione spiegava di avere considerato che tale effetto sembrava essere il risultato della decisione della Repubblica federale di Germania di abbandonare, a medio termine, la produzione di energia nucleare e non poteva essere imputato all’attuazione del sistema di scambio di quote istituito dalla direttiva 2003/87. La Commissione aveva rilevato che tale direttiva riguardava l’assegnazione di quote di emissione e non era quindi attinente alle centrali nucleari che non emettevano CO2, ma la medesima direttiva 2003/87 consentiva agli Stati membri di attenuare gli effetti derivanti da scelte politiche nazionali quale la decisione della Repubblica federale di Germania di abbandonare l’energia nucleare. La Commissione aveva osservato che, secondo quanto dichiarato dalla Repubblica federale di Germania, tale situazione particolare era stata presa sufficientemente in considerazione nel PNA tedesco, in primo luogo, prevedendo il rilascio diretto di quote di compensazione e, in secondo luogo, lasciando agli impianti interessati la possibilità di scegliere il metodo di attribuzione delle suddette quote e che, inoltre, la Repubblica federale di Germania aveva deciso di costituire una riserva destinata ai nuovi entranti. Pertanto ai nuovi impianti, compresi quelli che avrebbero sostituito gli impianti nucleari, sarebbe stata distribuita gratuitamente una quantità di quote destinata a soddisfare il fabbisogno previsto.

45     Per quanto riguarda la compatibilità della regola del trasferimento con la libertà di stabilimento, la Commissione ha spiegato di avere rilevato che, secondo le spiegazioni fornite dalla Repubblica federale di Germania, la suddetta regola non comportava alcuna discriminazione tra imprese tedesche e imprese straniere.

46     La Commissione ha spiegato, in conclusione, di avere ritenuto nella decisione impugnata che, riguardo al primo periodo per l’assegnazione, «un eventuale aiuto [sarebbe stato] probabilmente considerato compatibile con il mercato comune in sede di valutazione ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE». Infine, tenendo conto del contenuto delle regole applicabili agli aiuti di Stato ai fini dell’esame dei PNA, la Commissione si era assicurata che l’attuazione della direttiva 2003/87 fosse compatibile con altre disposizioni del Trattato ai sensi del criterio n. 5.

D –  Lettere della Commissione del 3 e 27 agosto 2004

47     Con lettera della DG «Ambiente» del 3 agosto 2004, la Commissione ha informato la ricorrente che la regola del trasferimento non violava l’art. 11 della direttiva 2003/87 e ha spiegato che, in relazione alle altre censure, la ricorrente avrebbe ricevuto nei giorni successivi una comunicazione separata della DG «Concorrenza».

48     Con lettera della DG «Ambiente» del 27 agosto 2004, la Commissione si è richiamata alla propria lettera del 3 agosto 2004 e ha spiegato che avrebbe chiuso la procedura in una delle sue successive riunioni.

 Procedimento e conclusioni delle parti

49     Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale in data 27 settembre 2004, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

50     Nel ricorso, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata;

–       condannare la convenuta alle spese.

51     Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 gennaio 2005, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. La ricorrente ha presentato osservazioni su tale eccezione in data 14 marzo 2005.

52     Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 17 febbraio 2005, la Repubblica federale di Germania ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della convenuta.

53     Con ordinanza 4 aprile 2005, il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha autorizzato tale intervento. L’interveniente ha depositato la propria memoria d’intervento limitatamente alla questione di ricevibilità in data 17 maggio 2005. Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2005, la ricorrente ha presentato osservazioni sulla memoria di intervento.

54     La convenuta e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–       dichiarare irricevibile il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

55     Nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       respingere l’eccezione di irricevibilità;

–       in subordine, riunire al merito l’eccezione di irricevibilità.

 In diritto

56     Ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. Ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, il procedimento prosegue oralmente, salvo decisione contraria del Tribunale. Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e che non vi sia bisogno di aprire la fase orale.

I –  Argomenti delle parti

A –  Argomenti della convenuta e dell’interveniente

57     La convenuta, sostenuta dall’interveniente, sostiene che il ricorso di annullamento è irricevibile.

58     In primo luogo, la decisione impugnata non rientrerebbe nell’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di aiuti di Stato degli artt. 87 CE e 88 CE, per cui la ricorrente non potrebbe invocare la giurisprudenza concernente la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti contro decisioni adottate in tale materia. In secondo luogo, anche supponendo che ciò fosse possibile, non sussisterebbero le condizioni di cui all’art. 230, quarto comma, CE, stabilite dalla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato. Infatti, la ricorrente non sarebbe interessata né direttamente né individualmente, ai sensi della citata disposizione, dalla decisione impugnata in relazione alla direttiva 2003/87. Infine, la ricorrente non avrebbe alcun interesse legittimo a chiedere l’annullamento della decisione impugnata.

B –  Argomenti della ricorrente

1.     Osservazioni preliminari

59     La ricorrente ritiene che il ricorso sia ricevibile e che l’eccezione di irricevibilità vada quindi respinta. La decisione impugnata avrebbe una duplice natura giuridica e la riguarderebbe direttamente e individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Tenuto conto del legame particolarmente stretto tra le questioni relative alla ricevibilità e quelle di diritto sostanziale concernenti la fondatezza del presente ricorso, la ricorrente chiede inoltre, in subordine, di riunire l’eccezione di irricevibilità al merito (sentenza della Corte 20 marzo 1997, causa C‑57/95, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑1627, punti 6 e segg.).

60     Per quanto attiene alla duplice natura della decisione impugnata, da un lato, la ricorrente sottolinea che essa costituisce un atto di approvazione della Commissione adottato conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87. D’altro lato, si tratterebbe di una decisione della Commissione ai sensi dell’art. 88, n. 3, seconda frase, CE, che autorizza in via definitiva, quanto meno implicitamente, il regime di aiuti costituito dalla regola del trasferimento, ivi compresa la «sovrassegnazione» di quote di emissione a taluni concorrenti della ricorrente che deriverebbe dalla sua applicazione, senza che occorra avviare la procedura formale di cui all’art. 88, n. 2, CE.

61     La ricorrente ritiene di essere legittimata ad agire per due motivi.

2.     Sulla legittimazione ad agire della ricorrente in base alla legislazione in materia di aiuti

a)     Sulla qualifica della decisione impugnata come decisione adottata in materia di aiuti di Stato

62     La ricorrente sostiene in sostanza che, contrariamente a quanto affermano la convenuta e l’interveniente, la Commissione ha effettivamente esaminato la regola del trasferimento alla luce della legislazione in materia di aiuti di Stato e ha preso definitivamente posizione su questo punto nella decisione impugnata.

63     Infatti, da un lato, emergerebbe dal nono e dal decimo ‘considerando’ della decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto che gli eventuali elementi di aiuto contenuti nel PNA fossero probabilmente compatibili con il mercato comune. Dall’altro, ne discenderebbe che la Commissione ha esaminato in particolare la questione se la regola del trasferimento favorisse talune imprese rispetto ad alcuni loro concorrenti che avessero costruito nuovi impianti senza beneficiare della suddetta regola. La Commissione avrebbe infine concluso che tale vantaggio non superava, in ogni caso, quanto risultava giustificato dall’utilità ecologica della regola controversa.

64     Secondo la ricorrente, la lettera della DG «Concorrenza» del 29 luglio 2004 conferma che, prima dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione ha effettuato un esame approfondito della regola del trasferimento sotto il profilo della normativa in materia di aiuti di Stato e ha tenuto conto, in tale contesto, delle informazioni contenute nella denuncia della ricorrente. Nella suddetta lettera, infatti, la Commissione avrebbe esposto dettagliatamente i motivi che l’avevano indotta a ritenere che l’aiuto a favore di talune imprese del settore energetico tedesco, contenuto nella regola del trasferimento, fosse compatibile con il mercato comune.

65     La ricorrente osserva inoltre che la presa in considerazione, da parte della Commissione, degli elementi di aiuto di Stato, nell’ambito della procedura di cui all’art. 9 della direttiva 2003/87, è conforme non solo alle sue dichiarazioni all’attenzione degli Stati membri contenute nella lettera 17 marzo 2004, secondo cui essa intendeva applicare la normativa in materia di aiuti ai fini dell’esame dei PNA, ma anche agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 9, n. 3, in combinato disposto con il criterio n. 5 dell’allegato III della suddetta direttiva e secondo l’interpretazione data dalla stessa Commissione al punto 2.1.5 dei suoi orientamenti. Secondo tale criterio, infatti, un PNA non può essere contrario alle «prescrizioni del Trattato, in particolare agli articoli 87 e 88».

66     La ricorrente ricorda peraltro che la Commissione, nella lettera 17 marzo 2004, aveva rinunciato a una «notifica formale dei PNA ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE per il [primo] periodo [per l’assegnazione]» e aveva annunciato che, qualora talune disposizioni dei PNA fossero state atte a favorire talune imprese, essa avrebbe avviato d’ufficio un’indagine «completa», la cui apertura avrebbe dovuto comportare il rigetto di tale parte del PNA, tenuto conto del tempo occorrente per svolgere l’indagine. La ricorrente conclude che la Commissione ha quindi manifestato l’intenzione di respingere, nel contesto di una decisione adottata ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, le disposizioni del PNA che richiedano un esame più approfondito ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE. Se ne dovrebbe dedurre, a contrario, che siffatta decisione, laddove non sollevi alcuna obiezione nei confronti di un PNA, implica che la Commissione rinuncia ad avviare la procedura d’indagine ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE.

67     Da tutto quanto precede discenderebbe che, in primo luogo, la Commissione ritiene che le regole di un PNA che determinano una «sovrassegnazione» di quote siano incompatibili, in linea di principio, con le regole in materia di aiuti di Stato; che, in secondo luogo, secondo le sue stesse dichiarazioni, la Commissione è tenuta ad esaminare i PNA alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato nel contesto della procedura di cui all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 e, se del caso, respingerli, qualora richiedano un esame approfondito ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, e che, in terzo luogo, nel caso di specie la Commissione ha effettuato tale esame del PNA tedesco ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 senza tuttavia respingere, nella decisione impugnata, la regola del trasferimento.

68     Secondo la ricorrente, pertanto, sarebbero irrilevanti le affermazioni della convenuta secondo cui, da un lato, la decisione impugnata non si fonda sull’art. 88 CE e, dall’altro, il dispositivo della suddetta decisione non risolve le questioni relative agli aiuti di Stato, per cui la decisione impugnata non si pronuncia, in modo esplicito e definitivo, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, sugli elementi costitutivi di un aiuto di Stato che la regola del trasferimento del PNA tedesco potrebbe comportare. A tale proposito, la ricorrente ricorda la giurisprudenza costante secondo cui la qualificazione giuridica di un atto comunitario non dipende né della sua definizione né dalla sua forma, ma unicamente dalla sua natura, quale risulta da una valutazione basata su criteri oggettivi (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9, e sentenza del Tribunale 24 marzo 1994, causa T‑3/93, Air France/Commissione,Racc. pag. II‑121, punti 43 e 51)

69     Occorrerebbe quindi verificare, per stabilire la natura della decisione impugnata, se quest’ultima produca effetti giuridici vincolanti per quanto riguarda gli elementi di aiuto del PNA tedesco, compresa la regola del trasferimento. Orbene, alla luce delle norme superiori di diritto comunitario (sentenza della Corte 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione, Racc. pag. 3283, punto 28), la decisione impugnata dev’essere interpretata come una decisione in materia di aiuti di Stato, nel senso che essa ha autorizzato la regola del trasferimento senza comportare un procedimento formale ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE (sentenza della Corte 10 luglio 1990, causa C‑259/87, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑2845, punto 1 del sommario in fine). Infatti, tenuto conto degli elementi descritti al punto 66 supra e nonostante la formulazione del nono ‘considerando’ della decisione impugnata, una valutazione oggettiva indurrebbe a concludere che tale decisione ha stabilito, in modo giuridicamente vincolante e definitivo, la compatibilità della regola del trasferimento con il criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87 e, pertanto, con l’art. 87 CE. Tale soluzione sarebbe inoltre conforme al senso e allo scopo della procedura d’esame di cui all’art. 9 della direttiva 2003/87, procedura che sarebbe destinata a garantire la compatibilità delle regole nazionali per l’assegnazione con il diritto comunitario. Orbene, tale obiettivo sarebbe gravemente compromesso qualora la Commissione potesse limitarsi, nell’ambito della suddetta procedura di esame, ad effettuare un controllo sommario e provvisorio alla luce della normativa in materia di aiuti per astenersi, in ultimo, dall’adottare una decisione vincolante al riguardo.

70     La ricorrente sostiene che l’effetto giuridico vincolante, sotto il profilo della normativa in materia di aiuti, della decisione impugnata deriva anche dal fatto che la Repubblica federale di Germania, nel frattempo, ha dato attuazione alla regola del trasferimento prevista nel PNA tedesco adottando l’art. 10 della legge sull’assegnazione. Infatti, se la decisione impugnata non avesse rimosso il divieto di esecuzione sancito dall’art. 88, n. 3, terzo periodo, CE (sentenza Air France/Commissione, citata al punto 68 supra, punto 47), sia l’attuazione che il regime di aiuti così istituito sarebbero stati incompatibili con tale disposizione (sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e a.,Racc. pag. I‑5505, punto 12). La convenuta e la Repubblica federale di Germania avrebbero quindi chiaramente ritenuto che tale divieto di attuazione non dovesse applicarsi al regime di aiuti istituito dalla regola del trasferimento e dall’art. 10 della legge sull’assegnazione. Ciò confermerebbe, a contrario, che la decisione impugnata produce necessariamente effetti giuridici vincolanti per quanto riguarda gli elementi di aiuto di Stato in questione.

71     Pertanto non si potrebbero accogliere gli argomenti della convenuta relativi alla mancata notifica formale della regola del trasferimento, ai sensi della normativa in materia di aiuti. Da un lato, tale argomento sarebbe contraddittorio, per quanto riguarda la rinuncia, da parte della Commissione, nella lettera 17 marzo 2004, a tale notifica formale e alla dichiarazione della sua volontà di esaminare i PNA alla luce della normativa in materia di aiuti. Dall’altro, se la tesi dedotta dalla convenuta, secondo cui non occorreva che la Commissione si pronunciasse in via definitiva sui PNA sotto il profilo della normativa in materia di aiuti di Stato, fosse invece pertinente, la rinuncia alla notifica ai sensi della suddetta normativa sarebbe palesemente illegittima. Infatti, la Commissione non potrebbe derogare alla regola che impone la notifica, sancita dall’art. 88, n. 3, CE, che ha lo scopo di garantirle la possibilità di esercitare, tempestivamente e nell’interesse della Comunità, il suo controllo su ogni nuovo progetto di aiuto (sentenza della Corte 9 ottobre 1984, cause riunite 91/83 e 127/83, Heineken Brouwerijen, Racc. pag. 3435, punto 14). Nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania avrebbe adempiuto l’obbligo risultante da tale disposizione facendo precedere il PNA tedesco da una valutazione delle prescrizioni comunitarie che teneva conto di tutti i criteri dell’allegato III della direttiva 2003/87, compreso il riferimento agli artt. 87 CE e 88 CE. Di conseguenza, considerata in particolare la lettera della Commissione 17 marzo 2004, sarebbe evidente che la Repubblica federale di Germania, sottoponendo il PNA alla Commissione, non intendeva ottenere solo una mera valutazione provvisoria, bensì una certezza in ordine alla valutazione del PNA tedesco alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato. Ciò avrebbe trovato conferma nelle dichiarazioni rese pubblicamente dal Ministro federale dell’Ambiente dopo l’adozione della decisione impugnata.

72     Per quanto riguarda la lettera della DG «Concorrenza» 29 luglio 2004, la ricorrente ritiene che la convenuta faccia valere giustamente che non si tratta di una decisione adottata ai sensi della normativa in materia di aiuti suscettibile di impugnazione da parte del destinatario della lettera, ai sensi dell’art. 230 CE (sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France,Racc. pag. I‑1719, punto 45). Inoltre, emergerebbe chiaramente dal testo della suddetta lettera, che fa riferimento alla decisione impugnata, che essa non era ritenuta idonea a produrre effetti giuridici vincolanti autonomi, ma era intesa unicamente ad esprimere le valutazioni su cui si fondava la decisione impugnata. La ricorrente contesta peraltro l’argomento dell’interveniente secondo cui la ricorrente avrebbe potuto esperire un ricorso per carenza nei confronti della convenuta al fine di ottenere una decisione ai sensi dell’art. 88 CE. Secondo la ricorrente, nella fattispecie, tenuto conto dell’esistenza di una decisione adottata ai sensi della normativa in materia di aiuti, il ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE costituisce il mezzo di ricorso appropriato.

73     La ricorrente afferma inoltre, in sostanza, che la Commissione era tenuta ad avviare un procedimento formale d’indagine ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, dato che la regola del trasferimento presenta le caratteristiche di un aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, il rilascio di quote di emissioni ai sensi della suddetta regola rappresenterebbe un vantaggio conferito mediante risorse statali a talune imprese o a taluni rami di attività in condizioni non corrispondenti alle normali condizioni di mercato (sentenze della Corte 11 luglio 1996, causa C‑39/94, SFEI e a.,Racc. pag. I‑3547, punto 60, e 29 aprile 1999, causa C‑342/96, Spagna/Commissione,Racc. pag. I‑2459, punto 41). A tale proposito, le affermazioni di segno contrario dell’interveniente sarebbero errate e oltretutto incompatibili con la posizione di principio della convenuta secondo cui le regole per l’assegnazione possono costituire misure di aiuto.

b)     Sull’interesse diretto della ricorrente

74     Per quanto riguarda la questione dell’interesse diretto della ricorrente, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, in relazione alla normativa in materia di aiuti, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata innesca un automatismo per il rilascio delle quote di emissioni ad imprese soggette al sistema dello scambio di quote (sentenza della Corte 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punto 9; ordinanza del Tribunale 10 settembre 2002, causa T‑223/01, Japan Tobacco e JT International/Parlamento e Consiglio,Racc. pag. II‑3259, punto 46). Conformemente alle pertinenti disposizioni della direttiva 2003/87, a seguito dell’approvazione del PNA tedesco con la decisione impugnata, la Repubblica federale di Germania sarebbe tenuta a procedere all’assegnazione delle quote in base al medesimo PNA. Qualsiasi variazione rispetto al PNA richiederebbe una modifica di quest’ultimo e, di conseguenza, un nuovo esame della Commissione. Inoltre, il PNA e la legge sull’assegnazione non conferirebbero alle autorità tedesche alcun potere di valutazione al momento dell’assegnazione delle quote di emissioni, ma prevedrebbero che tali quote debbano essere assegnate ai gestori di impianti in quantità ben precise.

75     La ricorrente contesta l’argomento dell’interveniente secondo cui l’attuazione della regola del trasferimento dipenderebbe da numerose previe decisioni discrezionali e da un ambiente generale non ancora prevedibile. Questa tesi sarebbe erronea in quanto riguarderebbe chiaramente il processo decisionale delle imprese potenzialmente interessate dalla regola del trasferimento. Se fosse accolta, non sarebbe praticamente mai possibile proporre ricorso contro un regime di aiuti, contrariamente a quanto emerge dalla giurisprudenza (sentenza del Tribunale 5 dicembre 2002, causa T‑114/00, Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum/Commissione,Racc. pag. II‑5121, punti 72-74; conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa C‑78/03 P, Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum,decisa con sentenza della Corte 13 dicembre 2005, Racc. pag. I‑10737, in particolare pag. I‑10741, punto 62), dato che, al momento dell’adozione del regime, non si potrebbero escludere decisioni tardive da parte delle imprese potenzialmente beneficiarie. A tale proposito, la ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, il criterio dell’interesse diretto è soddisfatto quando la volontà del destinatario dell’atto impugnato di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo sia fuori dubbio (sentenza del Tribunale 22 novembre 2001, causa T‑9/98, Mitteldeutsche Erdöl-Raffinerie/Commissione,Racc. pag. II‑3367, punto 48). Orbene, la volontà della Repubblica federale di Germania di dare attuazione al sistema di scambio di quote conformemente alle disposizioni del PNA tedesco e alla legge sull’assegnazione sarebbe indubbia. Inoltre, la Repubblica federale di Germania ammetterebbe che la regola del trasferimento nel primo periodo per l’assegnazione può essere attuata senza margini di discrezionalità al momento del rilascio delle quote di emissioni ai sensi della legge sull’assegnazione. Pertanto, il processo decisionale delle imprese beneficiarie non sarebbe decisivo e la ricorrente sarebbe direttamente interessata dalla decisione impugnata.

c)     Sull’interesse individuale della ricorrente

76     La ricorrente sostiene inoltre di essere individualmente interessata dalla decisione impugnata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, in relazione alla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato. Secondo tale giurisprudenza, la suddetta condizione sussisterebbe quando, da un lato, come nel caso di specie, la decisione impugnata dichiari gli aiuti compatibili con il mercato comune senza aprire il procedimento formale d’indagine e, dall’altro, la ricorrente debba essere ritenuta interessata ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE (sentenze della Corte 19 maggio 1993, causa C‑198/91, Cook/Commissione,Racc. pag. I‑2487, punto 37, e 15 giugno 1993, causa C‑225/91, Matra/Commissione,Racc. pag. I‑3203, punto 18). Tali principi si applicherebbero in particolare alle imprese concorrenti la cui posizione concorrenziale sia pregiudicata dall’aiuto in questione, anche in caso di autorizzazione di un regime di aiuti, come quello costituito dalla regola del trasferimento (sentenze del Tribunale 16 settembre 1998, causa T‑188/95, Waterleiding Maatschappij/Commissione, Racc. pag. II‑3713, punti 60 e 62; 27 settembre 2000, causa T‑184/97, BP Chemicals/Commissione,Racc. pag. II‑3145, punti 29 e 40; 21 marzo 2001, causa T‑69/96, Hamburger Hafen- und Lagerhaus e a./Commissione,Racc. pag. II‑1037, punto 41, e Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum/Commissione, citata al punto 75 supra, punto 71). La ricorrente afferma inoltre che lo scopo fondamentale perseguito dalle citate sentenze Cook/Commissione e Matra/Commissione, ossia la salvaguardia dell’effetto utile delle garanzie procedurali conferite agli interessati dall’art. 88, n. 2, CE, sussiste sia nel caso di un regime di aiuti che in quello di un aiuto individuale. Una volta autorizzato un regime di aiuti, in linea di principio non esisterebbero dinanzi alla Commissione altre procedure nel cui ambito si possano salvaguardare le suddette garanzie procedurali. Di conseguenza, i principi sanciti dalla giurisprudenza citata sarebbero applicabili al caso di specie.

77     Secondo la ricorrente, la regola del trasferimento, benché teoricamente applicabile anche alle cokerie, alle cartiere e ai gestori di altri tipi di impianti, è stata introdotta in vista di un’applicazione ben specifica al settore della produzione di energia elettrica, ossia la sostituzione più rapida possibile, in particolare da parte della RWE, delle centrali di combustione di lignite inefficienti e fortemente inquinanti con nuove centrali più ecologiche. La Commissione avrebbe infatti riconosciuto l’importanza della regola del trasferimento proprio su questo punto nella lettera della DG «Concorrenza» del 29 luglio 2004. In tale contesto, la ricorrente si oppone all’argomento secondo cui non sarebbe certo che i suoi tre principali concorrenti si avvalgano della regola del trasferimento, data la concreta possibilità che ciò avvenga già nel corso del primo periodo per l’assegnazione.

78     La ricorrente sostiene che la decisione impugnata compromette anche la sua posizione concorrenziale rispetto ai beneficiari della regola del trasferimento, e in particolare rispetto alla RWE, giacché determina una «sovrassegnazione» notevole di quote a vantaggio di tali imprese, mentre, a causa della diversa composizione del suo parco di centrali, la ricorrente otterrebbe un’assegnazione inferiore. Di conseguenza, la RWE, per esempio, potrebbe vendere le sue quote eccedentarie sul mercato, riducendo così i suoi costi di produzione e incrementando la sua quota di mercato a svantaggio della ricorrente. Tale effetto sulla posizione concorrenziale della ricorrente sarebbe sufficiente per concludere che quest’ultima è legittimata ad agire in relazione alla qualifica della regola del trasferimento come regime di aiuti (sentenza Waterleiding Maatschappij/Commissione, citata al punto 76 supra, punto 62). Infatti sarebbe estremamente improbabile che la regola del trasferimento comportasse analoghe restrizioni al di fuori del settore dell’energia elettrica. Nel caso di specie, inoltre, fin dall’autorizzazione del regime di aiuti, sarebbe stato possibile conoscere con sufficiente certezza le ripercussioni del suddetto regime sui rapporti concorrenziali tra la ricorrente e i beneficiari del regime in questione. Contrariamente a quanto sostiene l’interveniente, tale approccio non condurrebbe ad ammettere un’actio popularis, data l’esigenza di un rapporto concorrenziale tra i ricorrenti e il beneficiario dell’aiuto sul mercato rilevante (sentenze Waterleiding Maatschappij/Commissione, citata al punto 73 supra, punti 62 e 80-81, e Hamburger Hafen- und Lagerhaus e a./Commissione, citata al punto 76 supra, punti 41 e 42). Orbene, nel caso di specie esisterebbe un rapporto fortemente concorrenziale tra, da una parte, la ricorrente e, dall’altra, la RWE e le altre due imprese di energia elettrica interessate (sentenza della Corte 28 gennaio 1986, causa 169/84, Cofaz e a./Commissione, Racc. pag. 391, punto 25).

79     La ricorrente sostiene inoltre di distinguersi, in ogni caso, dalle altre imprese che partecipano al sistema di scambio di quote e rientrano nel campo di applicazione della regola del trasferimento. Ciò sarebbe dovuto in particolare agli effetti concreti, a livello pratico e già durante il primo periodo per l’, dell’applicazione della suddetta regola alla situazione concorrenziale della RWE. Infatti, dalla relazione della Repubblica federale di Germania sull’assegnazione delle quote nel suddetto periodo emergerebbe non solo che il 79% delle quote è stato assegnato a impianti di produzione di energia, ma altresì che la beneficiaria della quota singola più rilevante è stata una centrale di combustione di lignite della regione Renania settentrionale-Vestfalia, che la ricorrente presume essere quella della RWE a Niederaußem. La ricorrente afferma inoltre che nessun’altra impresa sarebbe danneggiata dalla regola del trasferimento in maniera comparabile.

80     La ricorrente ricorda infine che la Commissione avrebbe dovuto avviare il procedimento formale d’indagine di cui all’art. 88, n. 2, CE, dato che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, sussistevano seri dubbi sulla compatibilità della regola del trasferimento con il mercato comune. Nell’ambito di tale procedimento, la ricorrente sarebbe stata sentita in qualità di interessata ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE (sentenze della Corte 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punto 16; Cook/Commissione, citata al punto 76 supra, punto 29, e Commissione/Sytraval e Brink’s France, citata al punto 72 supra, punto 41).

3.     Sulla legittimazione ad agire della ricorrente in base alla direttiva 2003/87

a)     Osservazione preliminare

81     La ricorrente sostiene di essere legittimata ad agire, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, anche in virtù delle pertinenti disposizioni della direttiva 2003/87, e in particolare dell’art. 9, n. 3, in combinato disposto con il criterio n. 5 dell’allegato III della citata direttiva.

b)     Sull’interesse diretto della ricorrente

82     Per quanto riguarda la questione dell’interesse diretto della ricorrente, quest’ultima si oppone, anzitutto, all’argomento della convenuta secondo cui la Commissione, adottando la decisione impugnata, non avrebbe autorizzato il PNA tedesco, compresa la regola del trasferimento. Infatti, nelle sue stesse comunicazioni, la Commissione affermerebbe di avere approvato in tutto o in parte alcuni PNA e le decisioni prese al riguardo sarebbero state intese allo stesso modo a livello nazionale. Tale interpretazione sarebbe corroborata dal testo dell’art. 3, n. 3, della decisione impugnata, secondo cui «tutte le modifiche dei [PNA] (…) sono subordinate all’autorizzazione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87».

83     La ricorrente contesta peraltro la rilevanza del confronto effettuato dalla convenuta e dall’interveniente con il procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE. Da un lato, a differenza di quest’ultimo, la procedura di notifica e di indagine prevista dall’art. 9 della direttiva 2003/87 avrebbe una finalità propria, che consisterebbe nell’individuare preventivamente eventuali violazioni del diritto comunitario da parte dei PNA. Ciò non si verificherebbe nel caso del procedimento avviato contro misure nazionali già esistenti e non previamente notificate alla Commissione. Dall’altro lato, la decisione di non avviare la procedura per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE non impedirebbe allo Stato membro di abrogare o modificare la misura in questione. Nel caso di specie, per contro, gli Stati membri sarebbero tenuti, in forza degli artt. 9 e 11, nn. 1 e 4, della direttiva 2003/87, a rilasciare quote di emissione conformemente alle regole (non contestate dalla Commissione) del PNA. Il fatto che uno Stato membro, qualora intenda discostarsi dalle regole del PNA, debba, in linea di principio, sottoporre nuovamente il PNA alla Commissione dimostrerebbe che il suddetto Stato membro è vincolato dalle parti non contestate del PNA. Di conseguenza, la decisione di non sollevare obiezioni ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2003/87 dovrebbe essere necessariamente considerata un’autorizzazione del PNA notificato, a maggior ragione quando, come nel nono e nel decimo ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione esamini espressamente una parte del PNA che essa non contesta. Infine, l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 avrebbe un campo di applicazione molto più limitato rispetto a quello dell’art. 226 CE, in quanto mirerebbe unicamente a garantire la conformità al diritto comunitario dei sistemi di scambio di quote. Al contempo, l’art. 9, n. 3, in combinato disposto con i criteri definiti nell’allegato III della menzionata direttiva, sarebbe destinato a garantire la parità di trattamento dei partecipanti al sistema di scambio di quote e ad evitare distorsioni della concorrenza. Pertanto, tale disposizione non riguarderebbe esclusivamente i rapporti tra la Commissione e lo Stato membro, ma anche la tutela dei singoli.

84     L’eventuale potere discrezionale conferito alla Commissione dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non sarebbe tale da rimettere in discussione il fatto che la decisione presa ai sensi di tale disposizione costituisce un’autorizzazione. Nel contesto del controllo degli aiuti di Stato, la Commissione disporrebbe anche di un potere discrezionale e il fatto che una decisione positiva della Commissione costituisca un’autorizzazione delle misure statali non sarebbe mai stato in dubbio (conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nella causa C‑107/95 P, Bundesverband der Bilanzbuchhalter/Commissione, decisa con sentenza della Corte 20 febbraio 1997, Racc. pag. I‑947, in particolare pag. I‑949, punto 10).

85     La ricorrente contesta inoltre l’argomento secondo cui, alla scadenza del termine di tre mesi previsto dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, il PNA, in mancanza di obiezioni, sarebbe ritenuto non autorizzato e quindi vietato. Al contrario, al pari della regola stabilita, ad esempio, dall’art. 4, n. 6, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), e dall’art. 10, n. 6, del regolamento (CE) del Consiglio 20 gennaio 2004, n. 139, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1), il decorso del suddetto termine farebbe sì che il PNA debba essere considerato autorizzato.

86     Secondo la ricorrente, le pertinenti disposizioni della direttiva 2003/87 comportano l’applicazione automatica delle norme del PNA tedesco sulle quali la decisione impugnata non ha sollevato obiezioni. Infatti, l’autorizzazione del PNA tedesco implicherebbe de facto che la regola del trasferimento e la regola di attribuzione speciale per la chiusura delle centrali nucleari vengano riprodotte tali e quali nella legge sull’assegnazione, senza che le autorità competenti dispongano di alcun potere discrezionale ai fini dell’assegnazione individuale delle quote di emissione. Pertanto, sussisterebbero le condizioni dell’interesse diretto della ricorrente stabilite dalla giurisprudenza (sentenza Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum/Commissione, citata al punto 75 supra, punto 73). Tale conclusione non potrebbe essere inficiata né dalla possibilità di un adeguamento a posteriori del numero di quote da assegnare a seguito del miglioramento dei dati né dall’obbligo di tenere in debita considerazione, dopo l’adozione della decisione presa in forza dell’art. 9 della direttiva 2003/87, le «osservazioni del pubblico» conformemente all’art. 11, n. 1, della medesima direttiva. Infatti, le pertinenti regole del PNA tedesco sarebbero formulate in modo talmente preciso che le eventuali divergenze in fase di applicazione dovrebbero formare oggetto di una nuova notifica alla Commissione, se del caso dopo avere preso in considerazione le osservazioni del pubblico.

c)     Sull’interesse individuale della ricorrente

87     La ricorrente sostiene di essere individualmente interessata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, anche per il fatto che la decisione impugnata la riguarda in ragione di alcune sue qualità peculiari e a causa di una situazione di fatto che la distingue rispetto a qualsiasi altro operatore interessato dal PNA, per cui essa sarebbe interessata in maniera analoga a un destinatario. Dichiarando il PNA tedesco compatibile con i criteri dell’allegato III della direttiva 2003/87, la Commissione avrebbe reso possibile l’adozione della legge sull’assegnazione da parte del legislatore tedesco. Orbene, tale legge porterebbe a favorire in misura considerevole le imprese energetiche, e in particolare la RWE, che producono energia elettrica principalmente con centrali convenzionali, a svantaggio di altre imprese energetiche, quale la ricorrente, che hanno un parco di centrali nucleari rilevante. Da un lato, queste ultime non potrebbero valersi dell’applicazione della regola del trasferimento per la sostituzione delle loro centrali nucleari prescritta dal Gesetz zur geordneten Beendigung der Kernenergienutzung zur gewerblichen Erzeugung von Elektrizität e, dall’altro, la legge sull’assegnazione non offrirebbe loro una compensazione sufficiente e comparabile per tale sostituzione.

88     A questo proposito, la ricorrente ricorda la giurisprudenza secondo cui un atto di portata generale può riguardare individualmente le imprese quando queste ultime costituiscono un gruppo ristretto sufficientemente individuato rispetto al gruppo di imprese astrattamente designate dall’atto in questione e il loro numero non può essere ampliato dopo l’entrata in vigore del provvedimento (sentenze della Corte 26 giugno 1990, causa C‑152/88, Sofrimport/Commissione,Racc. pag. I‑2477, punto 11, e 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorníu/Consiglio,Racc. pag. I‑1853, punti 18 e 21). Contrariamente a quanto sostiene la convenuta, tale giurisprudenza sarebbe applicabile al caso in esame. Infatti, le disposizioni del sistema di scambio di quote inciderebbero su situazioni giuridiche concrete, dato che modificano profondamente il contenuto e i limiti del diritto di proprietà dei gestori degli impianti che emettono gas a effetto serra e questi ultimi si vedono così privati di un diritto positivo che consentiva loro di emettere CO2.

89     La ricorrente precisa che, contrariamente a quanto sostiene la convenuta, gli effetti negativi e discriminanti che derivano dall’applicazione della regola del trasferimento si producono solo all’interno di un gruppo ristretto di imprese attive nel settore della produzione di energia elettrica e la riguardano direttamente, dato che essa è uno dei due gestori di centrali nucleari la cui produzione verrà interrotta nel primo periodo per l’assegnazione. La ricorrente rileva infatti che, tra le quattro grandi imprese tedesche di energia elettrica, la RWE e la Vattenfall producono circa il 60% della loro elettricità in centrali di combustione di carbon fossile e, rispettivamente, solo circa il 16% (RWE) e il 9% (Vattenfall) in centrali nucleari. Per contro, nel caso della E.ON e della ricorrente, l’energia nucleare rappresenterebbe attualmente, rispettivamente, circa il 34% e il 37% della loro capacità. Mentre la Vattenfall possiede un parco di centrali relativamente moderne, la RWE disporrebbe di una capacità lorda totale di circa 7 100 MW, che, secondo le informazioni della ricorrente, dovrebbe essere sostituita, almeno in parte e prima del 2007, con nuovi impianti che possono beneficiare della regola del trasferimento. Per contro, la E.ON e la ricorrente sarebbero le uniche imprese obbligate, dopo la chiusura delle centrali nucleari di Obrigheim (della ricorrente) e di Stade (della E.ON), a seguito dell’abbandono dell’energia nucleare in Germania, a compensare la loro capacità nucleare con una produzione di energia elettrica convenzionale, ma senza potersi valere della regola del trasferimento. Il vantaggio che ne deriverebbe, nel primo periodo per l’assegnazione, per i gestori di centrali convenzionali, e in particolare per la RWE, inciderebbe sulla situazione economica della ricorrente in modo particolarmente significativo (ordinanza della Corte 25 aprile 2002, causa C‑96/01 P, Galileo e Galileo International/Consiglio,Racc. pag. I‑4025, punto 53). Inoltre, il suo interesse individuale sarebbe anche la conseguenza di una serie di circostanze concrete che la distinguono rispetto a qualsiasi altro operatore, ossia, tra l’altro, la quota rilevante rappresentata dall’energia nucleare nella sua capacità di produzione di energia elettrica, la composizione unica del suo parco di centrali rispetto a quella dei parchi dei suoi concorrenti nonché il fatto che nei ‘considerando’ del progetto di legge sull’assegnazione, che fanno riferimento alla regola di attribuzione speciale, sia espressamente menzionata la chiusura delle centrali nucleari di Stade e di Obrigheim. La ricorrente afferma inoltre che tale interesse individuale alla regola del trasferimento persisterà anche dopo il primo periodo per l’assegnazione, dato che, da un lato, a partire dal 2008, essa non potrà più valersi dell’attribuzione speciale per le centrali nucleari e che, dall’altro, essa non avrà bisogno, in linea di principio, di sostituire le proprie centrali convenzionali che avrebbero potuto beneficiare dell’applicazione della regola del trasferimento (sentenza della Corte 16 maggio 1991, causa C‑358/89, Extramet Industrie/Consiglio,Racc. pag. I‑2501, punto 17, e sentenza Air France/Commissione, citata al punto 68 supra, punto 82).

90     La ricorrente afferma che la regola dell’attribuzione speciale non è tale da compensare il vantaggio conferito ai gestori di centrali convenzionali. Da un lato, tale disposizione farebbe parte di un gruppo di disposizioni che falsano la concorrenza a detrimento della ricorrente e, dall’altro, la dotazione in termini di quote risultante al momento della chiusura delle centrali nucleari sarebbe insufficiente e costituirebbe di per sé una distorsione della concorrenza.

91     Alla luce delle considerazioni che precedono, la ricorrente conclude di essere direttamente e individualmente interessata dalla decisione impugnata anche alla luce della direttiva 2003/87.

4.     Sull’interesse ad agire della ricorrente

92     La ricorrente si oppone all’argomento della convenuta secondo cui essa non avrebbe interesse ad agire. In particolare, la ricorrente contesta la tesi secondo cui, a seguito dell’annullamento della decisione impugnata, il PNA tedesco sarebbe integralmente applicabile per decorso del termine di tre mesi di cui all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87. La ricorrente ritiene invece che, in tale ipotesi, le parti si troverebbero nella stessa situazione in cui si trovavano prima dell’adozione della decisione impugnata (sentenza della Corte 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 263, punti 59 e 60). Anche in materia di aiuti, in caso di annullamento di una decisione di autorizzazione, secondo la giurisprudenza e la prassi decisionale della Commissione, occorrerebbe riavviare il procedimento (sentenza della Corte 12 novembre 1998, causa C‑415/96, Spagna/Commissione,Racc. pag. I‑6993, punto 31), nonostante la scadenza del termine di due mesi per procedere all’indagine preliminare fissato dall’art. 88, n. 3, CE. Secondo la ricorrente, nel caso di specie occorrerebbe applicare gli stessi principi e pertanto la Commissione, in caso di annullamento della decisione impugnata, sarebbe tenuta ad avviare una nuova procedura d’esame ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2003/87.

II –  Giudizio del Tribunale

93     Il Tribunale ricorda, in via preliminare, che la convenuta e l’interveniente contestano la ricevibilità del presente ricorso per il fatto che, tra l’altro, la ricorrente non sarebbe direttamente interessata dalla decisione impugnata ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE e, in ogni caso, non avrebbe interesse ad agire contro la suddetta decisione.

94     Occorre anzitutto esaminare la questione se la ricorrente abbia interesse ad agire contro la decisione impugnata.

A –  Sui presupposti dell’interesse ad agire

95     Secondo la convenuta, la ricorrente non ha interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata in quanto l’eventuale annullamento comporterebbe unicamente l’annullamento del rigetto, da parte della Commissione, delle tre parti del PNA tedesco menzionate all’art. 1 della suddetta decisione. Pertanto, essendo scaduto il termine di tre mesi previsto dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, tale annullamento non sarebbe idoneo a impedire l’attuazione integrale del menzionato PNA, ivi compresa la controversa regola del trasferimento, e di conseguenza non potrebbe conferire alcun vantaggio alla ricorrente. La ricorrente obietta, in sostanza, che l’annullamento della decisione impugnata, al pari di quello di una decisione di autorizzazione adottata in materia di aiuti di Stato, comporterebbe l’annullamento dell’autorizzazione concessa dalla Commissione per quanto riguarda la regola del trasferimento e indurrebbe la stessa Commissione a riaprire la procedura d’esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, collocando le parti nella situazione in cui si trovavano prima dell’adozione della decisione impugnata, nonostante la scadenza del termine di tre mesi, e ad adottare una nuova decisione.

96     Per quanto riguarda l’interesse ad agire, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto in questione (v. sentenza del Tribunale 28 settembre 2004, causa T‑310/00, MCI/Commissione,Racc. pag. II‑3253, punto 44 e giurisprudenza ivi citata). Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto controverso possa produrre di per sé conseguenze giuridiche (v. sentenza del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T‑480/93 e T‑483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione,Racc. pag. II‑2305, punti 59 e 60 e giurisprudenza ivi citata) e che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio,Racc. pag. I‑6677, punto 21).

97     Pertanto, occorre verificare se, nella fattispecie, l’eventuale annullamento della decisione impugnata possa procurare un beneficio alla ricorrente. Ciò si verificherebbe in particolare se tale annullamento facesse sì, da un lato, che le regole del PNA tedesco, compresa la regola del trasferimento, non beneficiassero più dell’autorizzazione eventualmente concessa, quanto meno implicitamente, con la decisione impugnata ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 e, dall’altro, che la Commissione fosse tenuta a statuire ex novo, sul fondamento di tale disposizione, in merito alla compatibilità del detto PNA con le pertinenti disposizioni di diritto comunitario.

98     Pertanto, la soluzione della questione dell’esistenza di un interesse ad agire dipende dalla natura giuridica della procedura d’esame e dal potere decisionale della Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 e, in particolare, dalla questione se la decisione impugnata comporti l’autorizzazione del PNA tedesco nella sua totalità, compresa la regola del trasferimento.

99     Occorre quindi valutare la natura giuridica di tale procedura e di tale potere decisionale della Commissione.

B –  Sulla natura giuridica della procedura di esame e del potere decisionale della Commissione ai sensi dell’art. 9 della direttiva 2003/87

1.     Osservazioni preliminari

100   È pacifico che, dal punto di vista puramente formale e a prescindere dalla sua vera portata materiale, la decisione impugnata si fonda esclusivamente sull’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, e non sulle disposizioni pertinenti in materia di aiuti di Stato, ossia gli artt. 87 CE e 88 CE e il regolamento n. 659/1999.

101   Per quanto riguarda la natura giuridica della procedura d’esame prevista dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, la convenuta, sostenuta dall’interveniente, fa valere in sostanza che tale disposizione non conferisce alla Commissione il potere di autorizzare il PNA notificato, ma unicamente il potere di respingere il medesimo PNA o alcune sue parti sulla base dei criteri elencati nell’allegato III della citata direttiva. La ricorrente obietta essenzialmente che, da un lato, in caso di annullamento della decisione impugnata, occorrerebbe riaprire la procedura d’esame e, dall’altro, che la scadenza del termine di tre mesi costituirebbe in ogni caso una finzione giuridica consistente nel ritenere autorizzato il PNA in questione.

102   Per esaminare la fondatezza degli argomenti dedotti dalle parti a tale riguardo, il Tribunale ritiene che occorra procedere a un’interpretazione letterale, contestuale e teleologica dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 (v., per quanto riguarda la metodologia, sentenze del Tribunale 20 novembre 2002, causa T‑251/00, Lagardère e Canal+/Commissione,Racc. pag. II‑4825, punti 72 e segg., e 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione,Racc. pag. II‑4065, punti 41 e segg.).

2.     Sull’eventuale autorizzazione contenuta nella decisione impugnata

a)     Sull’interpretazione testuale dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87

103   Anzitutto, per quanto riguarda la questione se la decisione impugnata comporti un’autorizzazione del PNA tedesco, occorre esaminare il testo dell’art. 9 n. 3, della direttiva 2003/87, che costituisce, come convengono le parti, la base giuridica formale della decisione impugnata.

104   A tale proposito, il Tribunale rileva che dal testo dell’art. 9, n. 3, prima frase, secondo cui la Commissione «può [respingere il PNA], in tutto o in parte», emerge che la Commissione non dispone di un potere di autorizzazione pieno, come afferma la ricorrente. Se è vero che tale disposizione consente alla Commissione di svolgere un controllo a priori del PNA notificato dallo Stato membro, ciò non toglie che il potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione sia fortemente circoscritto, dato che è soggetto a limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato, è limitato all’esame da parte della Commissione sulla compatibilità del PNA con i criteri dell’allegato III e le disposizioni dell’art. 10 della direttiva 2003/87 e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla notifica del PNA da parte dello Stato membro.

105   Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che l’art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva 2003/87 menzioni le «modifiche che [lo Stato membro] propone», le quali sono soggette a «previa accettazione da parte della Commissione», non è atto a rimettere in causa tale valutazione. Infatti, le suddette modifiche intervengono in una fase successiva della procedura d’esame, ossia dopo che la Commissione abbia sollevato obiezioni nei confronti del PNA notificato o di alcune sue parti, e sono intese appunto a tener conto delle obiezioni inizialmente sollevate dalla Commissione in merito alla compatibilità con i criteri enunciati nell’allegato III e con le disposizioni dell’art. 10 della direttiva 2003/87. Pertanto, l’accettazione delle suddette modifiche da parte della Commissione rappresenta solo il corollario delle obiezioni da essa inizialmente formulate nell’esercizio del limitato potere di controllo e di rigetto conferitole dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, e non l’espressione di un potere generale di autorizzazione. Il fatto che tale disposizione preveda solo la possibilità di accettare le proposte di modifica del PNA indica semmai che la Commissione non dispone affatto di tale potere generale di autorizzazione.

106   Peraltro, il potere di respingere il PNA notificato o alcune sue parti non corrisponde a un obbligo assoluto di agire della Commissione. È vero che quest’ultima è tenuta, a seguito della notifica di un PNA, a verificare, scrupolosamente e con imparzialità, la compatibilità del PNA con i criteri dell’allegato III e con le disposizioni dell’art. 10 della direttiva 2003/87 (v., per analogia, sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München,Racc. pag. I‑5469, punto 14; sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio,Racc. pag. II‑3305, punto 171, e causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio,Racc. pag. II‑3495, punto 182). Tuttavia, i termini «può respingerlo» implicano un certo potere discrezionale della Commissione, equiparabile al potere discrezionale di cui essa dispone nell’ambito dell’applicazione dell’art. 226 CE, che essa non è tenuta ad esercitare in ogni circostanza (v. ordinanza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑202/02, Makedoniko Metro e Michaniki/Commissione,Racc. pag. II‑181, punti 43 e 46 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, se la Commissione rinuncia, in seguito alla notifica del PNA da parte dello Stato membro, ad esercitare tale potere entro tre mesi dalla notifica, lo Stato membro, in linea di principio, può dare attuazione al PNA alle condizioni previste dagli artt. 11 e segg. della direttiva 2003/87, senza che occorra l’approvazione della Commissione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 23 novembre 2005, causa T‑178/05, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. II‑4807, punto 55). Va inoltre rilevato che tale circostanza non incide minimamente sul potere generale di controllo della Commissione ai sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, che, di per sé, non è soggetto ad alcun termine perentorio.

107   Del pari, dal testo dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 emerge che la procedura d’esame del PNA non deve necessariamente concludersi con una decisione formale, in particolare quando lo Stato membro adotti, nel corso della medesima procedura, tutte le modifiche richieste dalla Commissione. Inoltre, l’art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva 2003/87 menziona solo una decisione negativa di rigetto, e non una decisione di autorizzazione o una decisione di non sollevare obiezioni. Ne consegue che la Commissione dispone di un certo potere discrezionale ai fini di tale decisione, che eserciterà in particolare quando lo Stato membro si astenga dal o si rifiuti di modificare il PNA, entro un termine di tre mesi, nonostante le obiezioni sollevate dalla Commissione.

108   Pertanto, la tesi della ricorrente è incompatibile con la lettera dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87.

b)     Sull’interpretazione contestuale dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87

109   Sotto il profilo contestuale, il Tribunale constata l’assenza, nella direttiva 2003/87, di elementi rilevanti che consentano di stabilire meglio la natura giuridica della procedura di esame e del potere decisionale esercitato dalla Commissione in forza dell’art. 9, n. 3, della citata direttiva. Tuttavia, occorre confrontare tale procedura e tale potere con altri regimi amministrativi di controllo che comportino a loro volta un potere decisionale della Commissione, tra cui quelli menzionati dalle parti, per definire il fondamento normativo e lo scopo del regime in questione.

110   A tale proposito, le parti hanno fatto riferimento tra l’altro alla procedura di controllo degli aiuti di Stato prevista dall’art. 88 CE e esplicitata dal regolamento n. 659/1999, nonché alla procedura di infrazione ex art. 226 CE.

111   A tal fine occorre precisare che sia la procedura in materia di aiuti di Stato – nella parte relativa alle misure previamente notificate ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE – che la procedura d’esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 costituiscono, a differenza della procedura d’infrazione di cui all’art. 226 CE, esempi di controllo a priori della compatibilità di misure nazionali con talune disposizioni del diritto comunitario. Allo stesso modo in cui gli è fatto divieto, ai sensi dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE, di dare attuazione a una misura di aiuto notificata prima della scadenza di un certo termine, lo Stato membro, in linea di principio, non può dare attuazione al proprio PNA prima della scadenza del termine di tre mesi fissato per tale controllo preventivo dall’art. 9, n. 3, prima frase, della direttiva 2003/87, a meno che la Commissione non comunichi allo Stato membro, prima della scadenza di tale termine, che non intende sollevare obiezioni. Infatti, da un lato, tale divieto temporaneo di dare esecuzione al PNA si ricollega al potere della Commissione di respingere, prima della scadenza del suddetto termine, il PNA in questione, in tutto o in parte, in ragione della sua eventuale incompatibilità con, tra l’altro, i criteri dell’allegato III. D’altro canto, il menzionato divieto deriva dal fatto che, in forza della seconda frase della medesima disposizione, qualora la Commissione sollevi obiezioni nei confronti del PNA o di alcune sue parti, lo Stato membro può adottare la decisione per l’assegnazione ai sensi dell’art. 11, n. 1 – secondo cui il PNA dev’essere quello «di cui all’art. 9» –, solo se le modifiche da esso proposte per tenere conto di tali obiezioni sono state accettate dalla Commissione. Per contro, a differenza dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE, l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non subordina la rimozione di tale divieto a dare attuazione al PNA all’adozione di una decisione formale da parte della Commissione. Ne consegue che, in linea di principio, qualora la Commissione non sollevi esplicitamente alcuna obiezione entro il termine previsto, il decorso del termine di tre mesi consente allo Stato membro di dare attuazione al PNA notificato (sentenza Regno Unito/Commissione, citata al punto 106 supra, punto 55).

112   Il Tribunale ritiene inoltre che il semplice fatto che la procedura d’esame dei PNA abbia natura di controllo preventivo non implica che tale procedura debba sfociare in una decisione costitutiva di diritti per quanto riguarda la legittimità e la possibilità di dare attuazione alle misure notificate. Infatti, mentre le norme in materia di aiuti si basano su un principio di divieto generale – connesso a una presunzione di illegittimità –, secondo cui le misure di aiuto ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE di regola sono incompatibili con il mercato comune, l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non si fonda su un principio di tale natura e non è destinato a derogare ad alcun divieto generale. La menzionata disposizione mira invece a garantire il buon funzionamento del sistema di scambio di quote mediante l’assegnazione di quote di emissioni da parte degli Stati membri sul fondamento dei rispettivi PNA, le cui regole per l’assegnazione sono soggette a controllo solo limitatamente al rispetto da parte dello Stato membro, in particolare, dei criteri elencati nell’allegato III della citata direttiva. Del pari, nel diritto comunitario dell’ambiente non esistono disposizioni di diritto primario o derivato che vietino a uno Stato membro, se non altro in via cautelativa, analogamente al divieto generale di cui all’art. 87 CE, di adottare talune misure ai fini dell’attuazione della direttiva 2003/87 e del sistema di scambio di quote. Anzi, ai sensi dell’art. 176 CE, uno Stato membro ha facoltà di mantenere o di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore rispetto a quella prevista dalla legislazione comunitaria, purché tali provvedimenti siano compatibili con il Trattato in generale (v., per analogia, sentenza della Corte 14 aprile 2005, causa C‑6/03, Deponiezweckverband Eiterköpfe,Racc. pag. I‑2753, punti 27-32).

113   Il Tribunale ritiene che dalle differenze rilevate al punto 112 supra tra la procedura di esame degli aiuti di Stato e quella relativa all’esame dei PNA emerga una distinzione fondamentale tra questi due regimi di controllo preventivo. Ne discende che occorre mantenere chiaramente distinti anche gli effetti giuridici delle misure adottate dalla Commissione nel contesto dei rispettivi regimi, sia nei confronti degli Stati membri che nei confronti delle imprese interessate.

114   Infatti, una decisione formale di compatibilità, ai sensi dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE, adottata dalla Commissione nell’ambito della procedura di esame degli aiuti di Stato costituisce una decisione di autorizzazione che riconosce esplicitamente la legittimità dell’aiuto notificato, in mancanza della quale, in linea di principio, tale aiuto è illegittimo e non può essere concesso (v. artt. 4, nn. 2 e 3, e 7, nn. 2 e 3, del regolamento n. 659/1999). Per contro, una decisione di incompatibilità in tal senso si limita a confermare, in modo giuridicamente vincolante, il divieto generale sancito dall’art. 87 CE e il divieto di attuazione dell’aiuto (v. art. 7, n. 5, del regolamento n. 659/1999). La necessità di tale autorizzazione, che deroga al principio generale del divieto di aiuti di Stato stabilito all’art. 87, n. 1, CE, è infine confermata dalla finzione giuridica risultante dall’art. 4, n. 6, prima frase, del regolamento n. 659/1999, secondo cui l’aiuto in questione «si ritiene (…) autorizzato» quando la Commissione non abbia adottato una decisione entro i termini (v. anche sentenza della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz, Racc. pag. 1471, punto 5).

115   Per contro, il controllo preventivo effettuato ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non porta necessariamente a una decisione di autorizzazione, dato che la Commissione deve intervenire solo qualora ritenga necessario sollevare obiezioni nei confronti di alcune parti del PNA notificato e prendere, in caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il proprio PNA, una decisione di rigetto (v. punto 106 supra). Inoltre, tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono intervenire entro tre mesi dalla notifica del PNA. In mancanza, infatti, il PNA notificato acquista carattere definitivo e beneficia di una presunzione di legittimità che consente allo Stato membro di attuarlo nel periodo per l’assegnazione pertinente. Pertanto, tale controllo particolare si fonda su una presunzione di legittimità della misura statale che è soggetta solo a un divieto temporaneo di attuazione. Ne consegue che nessuna decisione della Commissione che comporti il rigetto di un PNA o di talune sue parti – neanche qualora implichi un’accettazione esplicita da parte della Commissione di altre parti del PNA o considerazioni in cui quest’ultima esponga i motivi per cui non intende sollevare obiezioni nei loro confronti, e neanche qualora tale decisione sia seguita dall’accettazione delle modifiche apportate al PNA – può essere considerata un’autorizzazione, in quanto atto costitutivo di diritti, dato che, per loro natura, le misure notificate in tale contesto non necessitano di siffatta autorizzazione.

c)     Sull’interpretazione teleologica dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87

116   Le considerazioni enunciate ai punti 103-115 supra sono confermate dall’interpretazione teleologica dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87.

117   Sotto il profilo teleologico, la procedura ai sensi della suddetta disposizione mira, fatta salva la possibilità di controllo preventivo da parte della Commissione, a garantire agli Stati membri la certezza del diritto e, in particolare, a consentire loro di essere rapidamente informati, entro termini molto brevi, sulle modalità con cui possono assegnare le quote di emissione e gestire il sistema di scambio di quote in base al loro PNA nel periodo per l’assegnazione considerato. Infatti, data la brevità di tale periodo, che è pari a tre o cinque anni (art. 11 della direttiva 2003/87), sia la Commissione che gli Stati membri hanno un legittimo interesse a che qualsiasi controversia relativa al contenuto del PNA sia risolta rapidamente e a che tale PNA non sia esposto, per l’intero suo periodo di validità, al rischio di contestazioni da parte della Commissione.

118   Inoltre, a differenza dell’applicazione delle regole relative agli aiuti di Stato, che mirano anzitutto ad evitare che venga a crearsi una situazione incompatibile con le disposizioni del Trattato e con gli obiettivi del mercato interno, l’attuazione degli obiettivi della direttiva 2003/87, e in particolare la creazione di un sistema di scambio di quote destinato a favorire la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 della detta direttiva), verrebbe ostacolata dal divieto di dare attuazione ai PNA fintantoché la Commissione non abbia adottato una decisione di autorizzazione.

119   Da quanto precede discende che non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui la decisione impugnata comporta un’autorizzazione implicita del PNA tedesco, ivi compresa la contestata regola del trasferimento.

3.     Sugli effetti della scadenza del termine di tre mesi di cui all’art. 9, n. 3, prima frase, della direttiva 2003/87

120   Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il PNA notificato sarebbe ritenuto autorizzato alla scadenza del termine di tre mesi di cui all’art. 9, n. 3, prima frase, della direttiva 2003/87, risulta dalle considerazioni enunciate ai punti 103-119 supra che, in mancanza di un potere generale di autorizzazione stricto sensu della Commissione nei confronti del PNA notificato, la mancanza di obiezioni da parte della stessa Commissione alla scadenza del suddetto termine non comporta, a maggior ragione, alcuna presunzione o finzione giuridica di autorizzazione del PNA. A tale proposito, il Tribunale ricorda che la Commissione dispone soltanto di un potere di controllo e di rigetto limitato, circoscritto ai soli criteri elencati nell’allegato III e nelle disposizioni dell’art. 10 della menzionata direttiva. Pertanto, alla scadenza del termine ne consegue solo che il PNA – che beneficia di una presunzione di legittimità, salvo obiezioni della Commissione – acquista carattere definitivo e può essere messo in atto dallo Stato membro senza bisogno di alcuna autorizzazione generale da parte della Commissione.

121   Tale valutazione è corroborata dal fatto che l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non prevede espressamente alcuna disposizione che introduca una presunzione o una finzione giuridica quale quella invocata dalla ricorrente. È vero che il legislatore comunitario può stabilire regole di questo tipo qualora lo ritenga indispensabile nell’interesse della certezza del diritto per le parti del procedimento. Infatti, come fa valere la ricorrente, il legislatore comunitario si è avvalso di tale potere all’art. 4, n. 6, del regolamento n. 659/1999, nell’interesse dello Stato membro, affinché quest’ultimo possa dare esecuzione a una misura di aiuto dopo la scadenza del termine di due mesi decorrente dalla notifica dell’aiuto, senza correre il rischio di un eventuale intervento successivo della Commissione. Del pari, l’art. 10, n. 6, del regolamento n. 139/2004 prevede, nell’interesse delle imprese che notificano un progetto di concentrazione, che, qualora la Commissione non si sia pronunciata entro i termini previsti dal menzionato regolamento, si presume che la concentrazione sia stata dichiarata compatibile con il mercato comune. Orbene, è giocoforza constatare che la giustificazione di tali regole risiede proprio nel fatto che i regimi di controllo in questione, a differenza di quello previsto dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, richiedono un’autorizzazione esplicita e costitutiva di diritti da parte dell’amministrazione affinché possa attuarsi il progetto di misure notificato. Peraltro tali regole costituiscono eccezioni e devono quindi essere espressamente contemplate dalla normativa di cui trattasi, dato che determinano una modifica dell’ordinamento giuridico attraverso il rilascio di un’autorizzazione a prescindere da qualsiasi intervento della Commissione.

122   Pertanto, il fatto che la Commissione non sollevi obiezioni prima della scadenza del termine di tre mesi previsto dall’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non comporta, per effetto di una finzione giuridica, l’autorizzazione del PNA notificato. Va inoltre rilevato che la tesi della ricorrente potrebbe compromettere il potere di controllo conferito alla Commissione dall’art. 226 CE, che quest’ultima deve poter esercitare, ai fini del controllo limitato di cui all’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, in caso di eventuali violazioni del diritto comunitario diverse da quelle dei criteri dell’allegato III o delle disposizioni dell’art. 10 della medesima direttiva.

4.     Sugli effetti giuridici dell’eventuale annullamento della decisione impugnata

123   Il Tribunale osserva che, alla luce delle considerazioni che precedono, l’eventuale annullamento della decisione impugnata non attribuirebbe alla ricorrente alcun vantaggio tale da conferirle un interesse ad agire ai sensi della giurisprudenza citata al punto 96 supra.

124   In primo luogo, a prescindere dalla questione se tale annullamento debba indurre la Commissione a pronunciarsi ex novo sul PNA tedesco ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87, l’annullamento non può fondarsi su un aspetto estraneo all’oggetto e alla portata giuridica della decisione impugnata quali definiti, in particolare, dal dispositivo della medesima decisione. Orbene, da un lato, la decisione impugnata ha respinto, all’art. 1, solo alcuni adeguamenti ex post del PNA tedesco, e non la regola del trasferimento contestata in via principale dalla ricorrente. Dall’altro, risulta dalle considerazioni enunciate ai punti 103‑119 supra che la decisione impugnata non comporta neanche un’autorizzazione – né espressa né implicita – del PNA tedesco nel suo complesso, ivi compresa la contestata regola del trasferimento. Pertanto, contrariamente all’annullamento di una decisione di compatibilità adottata in materia di aiuti di Stato e allo scopo perseguito dalla ricorrente, l’eventuale annullamento della decisione impugnata non potrebbe comportare l’annullamento della suddetta autorizzazione.

125   Di conseguenza, come fa valere la convenuta, l’annullamento del dispositivo della decisione impugnata non può corrispondere allo scopo principale del ricorso della ricorrente. Ne consegue altresì che il dispositivo della decisione impugnata, di per sé, non arreca pregiudizio alla ricorrente e pertanto il suo annullamento non può procurarle alcun vantaggio. Pertanto, sotto questo profilo, la ricorrente non ha interesse ad agire e il ricorso va quindi dichiarato irricevibile.

126   In secondo luogo, poiché la domanda di annullamento della ricorrente riguarda il nono e il decimo ‘considerando’ della decisione impugnata, anche tale domanda è irricevibile. È vero che i menzionati ‘considerando’ si riferiscono, in sostanza, a una valutazione della Commissione basata sull’art. 88, n. 3, CE e alla regola del trasferimento, alla quale, secondo la stessa Commissione, non si può muovere alcuna obiezione. Inoltre, per quanto riguarda la legittimità della regola del trasferimento, la comunicazione COM(2004) 500 def., citata, riprende e completa i ‘considerando’ della decisione impugnata, adottata lo stesso giorno, e costituisce al riguardo una motivazione complementare che il giudice comunitario, in linea di principio, è tenuto a prendere in considerazione ai fini del suo sindacato di legittimità (v., per analogia, sentenza del Tribunale 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione,Racc. pag. II‑2275, punti 122-124).

127   Tuttavia, come risulta da una costante giurisprudenza, prescindendo dalla motivazione sulla quale si fondi una decisione, solo il dispositivo di questa è idoneo a produrre effetti giuridici e, conseguentemente, ad arrecare un pregiudizio. Per contro, gli apprezzamenti espressi nella motivazione di una decisione non sono idonei, di per sé, a formare oggetto di un ricorso di annullamento e possono essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice comunitario solo qualora, in quanto motivazione di un atto recante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto (v., in tal senso, ordinanza della Corte 28 gennaio 2004, causa C‑164/02, Paesi Bassi/Commissione,Racc. pag. I‑1177, punto 21; sentenza del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione,Racc. pag. II‑913, punto 186), o se, quanto meno, tale motivazione sia idonea a modificare il merito di quanto è stato deciso nel dispositivo dell’atto in questione (v., in tal senso, sentenza Lagardère e Canal+/Commissione, citata al punto 102 supra, punti 67 e 68). In tale contesto, si deve peraltro ricordare che, in linea di principio, il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (v. sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑346/02 e T‑347/02, Cableuropa e a./Commissione, Racc. pag. II‑4251, punto 211 e giurisprudenza ivi citata).

128   Alla luce di tale giurisprudenza, è confermata la conclusione secondo cui, da un lato, la decisione impugnata non arreca pregiudizio alla ricorrente e, dall’altro, il suo annullamento non le procurerebbe alcun vantaggio, dato il reale oggetto del suo ricorso, ossia una domanda di annullamento di una presunta autorizzazione della regola del trasferimento concessa dalla decisione impugnata. Infatti, la motivazione controversa, in particolare nella parte relativa al trasferimento figurante nel decimo ‘considerando’ della decisione impugnata, non ha alcun legame né alcun riflesso nel dispositivo della medesima decisione e inoltre non è idonea – per le ragioni esposte ai punti 103-122 supra – a modificare la sostanza del suddetto dispositivo. Infatti è giuridicamente impossibile creare tale legame, dato che si tratta di una decisione di rigetto adottata ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 che, per sua natura, può menzionare nel dispositivo solo le parti del PNA che la Commissione contesta e respinge, e non quelle su cui non intende sollevare obiezioni.

129   Benché la Commissione si pronunci nondimeno, nella motivazione della decisione impugnata, con un obiter dictum, su parti del PNA rispetto alle quali essa non solleva obiezioni, tale motivazione non può avere effetti giuridici obbligatori né costituire il necessario fondamento del dispositivo della decisione, dato che l’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non conferisce alla Commissione il potere di dichiarare legittima, in modo giuridicamente vincolante, una regola contenuta in un PNA. D’altro canto, in tali circostanze, la suddetta motivazione non è idonea a fornire elementi utili ai fini dell’interpretazione del dispositivo della decisione impugnata conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 127 supra.

130   Di conseguenza, in mancanza di una presa di posizione giuridicamente vincolante sulla regola del trasferimento nel dispositivo della decisione impugnata, la motivazione di quest’ultima, nella parte concernente la suddetta regola e la sua eventuale compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato, è sottratta al controllo del giudice comunitario nell’ambito della presente controversia e non può costituire il fondamento di un qualsivoglia interesse ad agire della ricorrente.

5.     Sulla mancanza di decisione in materia di aiuti sotto il profilo sostanziale

131   Va infine respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la decisione impugnata andrebbe qualificata in funzione della sua vera natura, quale risulta da una valutazione effettuata in base a criteri oggettivi e a prescindere dalla sua definizione o dalla sua forma (sentenze IBM/Commissione, citata al punto 68 supra, punto 9, e Air France/Commissione, citata al punto 68 supra, punti 43 e 51).

132   In primo luogo, è senz’altro vero che la stessa direttiva 2003/87, in particolare il criterio n. 5 dell’allegato III, prevede che le disposizioni di un PNA potrebbero entrare in conflitto con la normativa in materia di aiuti di Stato e impone quindi alla Commissione di tenerne conto nell’ambito della procedura di esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva stessa. Inoltre non è escluso che, a certe condizioni, la notifica di un PNA ai sensi dell’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 2003/87, possa anche costituire una notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, o addirittura che debba essere considerata tale.

133   Ne consegue che le parti di un PNA notificato atte a costituire un’infrazione dell’art. 87 CE devono essere sottoposte al previo esame della Commissione e possono eventualmente dare luogo all’avvio di un procedimento parallelo ai sensi del regolamento n. 659/1999. Infatti, qualora ritenga, in seguito a tale esame preliminare, che occorra avviare tale procedura e che il contenuto della notifica non sia sufficientemente completo per essere considerato una notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, la Commissione può, se del caso, ai sensi del regolamento n. 659/1999, chiedere allo Stato membro le informazioni necessarie per effettuare un esame più approfondito delle parti del PNA alla luce dell’art. 87 CE. A tale proposito, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, lo Stato membro è tenuto, in linea di principio – fatte salve alcune eccezioni previste dal regolamento (CE) del Consiglio 7 maggio 1998, n. 994, sull’applicazione degli articoli [87] e [88] del Trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 142, pag. 1) –, a notificare alla Commissione qualsiasi progetto diretto a istituire un aiuto. Tale obbligo è giuridicamente distinto e, in linea di principio, indipendente da quello relativo alla notifica di un PNA ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87. Una decisione basata unicamente sull’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 e non sugli artt. 87 CE e 88 CE, di per sé, consente alla Commissione di effettuare, sugli aspetti di aiuto di Stato del PNA, solo una valutazione sommaria alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato, il che non osta all’eventuale successiva adozione di una decisione formale ai sensi dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE.

134   In secondo luogo, né la direttiva 2003/87, adottata sul solo fondamento dell’art. 175 CE e non su quello dell’art. 89 CE, né misure giuridicamente non vincolanti adottate in tale contesto, quale la lettera della Commissione 17 marzo 2004 (v. punti 21-24 supra), possono validamente limitare la portata e l’effetto utile delle regole relative al controllo degli aiuti di Stato (v., per analogia, sentenza della Corte 12 novembre 1992, cause riunite C‑134/91 e C‑135/91, Kerafina e Vioktimatiki, Racc. pag. I‑5699, punto 20, e sentenza BP Chemicals/Commissione, citata al punto 76 supra, punto 55). Infatti, in mancanza di un fondamento normativo pertinente, la direttiva 2003/87 non può costituire, fatte salve le considerazioni enunciate al punto 132 supra, una lex specialis che consenta il controllo degli aiuti di Stato nell’ambito della procedura d’esame di cui all’art. 9, n. 3, della citata direttiva. Del pari, nel caso in cui alcune regole del PNA debbano formare oggetto di una notifica completa ai sensi della normativa in materia di aiuti, la direttiva 2003/87 non può consentire deroghe al divieto di esecuzione sancito dall’art. 88, n. 3, terza frase, CE. Ne consegue che, in caso di mancato rispetto, da parte dello Stato membro, di tale divieto di esecuzione, un singolo può far valere l’effetto diretto dell’art. 88, n. 3, terza frase, CE dinanzi ai giudici nazionali (sentenze della Corte Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires e a., citata al punto 70 supra, punto 12, e 27 ottobre 2005, cause riunite da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, Casino France e a., Racc. pag. I‑9481, punto 30). Ne discende infine che una decisione di rigetto adottata unicamente in forza dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non può comportare tutte le conseguenze giuridiche di una decisione adottata ai sensi dell’art. 88 CE, in combinato disposto con l’art. 4 o con l’art. 7 del regolamento n. 659/1999. Tale constatazione nulla toglie al fatto che, qualora la notifica di un PNA ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2003/87 risponda anche alle condizioni stabilite per una notifica ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE (v. punto 132 supra), la mancanza di esame preliminare e di una presa di posizione da parte della Commissione sotto il profilo della normativa in materia di aiuti di Stato entro i termini previsti dall’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999 si traduce in una decisione implicita di autorizzazione delle misure di aiuto notificate conformemente all’art. 4, n. 6, del menzionato regolamento, decisione che è tuttavia giuridicamente distinta rispetto a quella adottata ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87.

135   In terzo luogo, tale valutazione non è inficiata dal fatto che, conformemente al criterio n. 5 dell’allegato III della direttiva 2003/87, occorre rispettare gli artt. 87 CE e 88 CE anche nel contesto dell’attuazione dei PNA. Infatti, tale criterio è solo l’espressione di un principio consolidato di diritto comunitario, secondo cui ogni atto di diritto derivato dev’essere attuato in modo tale da non violare le norme del Trattato né alcun’altra norma di diritto primario, quali i principi generali del diritto o i diritti fondamentali. Tuttavia, siffatto obbligo generale di rispettare il diritto comunitario non può comportare l’obbligo di svolgere una procedura amministrativa conformemente a tutte le disposizioni procedurali e sostanziali pertinenti, come quelle del regolamento n. 659/1999, bensì impone alla Commissione unicamente di effettuare una valutazione sommaria ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/87 (v. punto 134 supra). Infine, la procedura di esame ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva 2003/87 non consente in alcun caso alla Commissione di autorizzare gli Stati membri a derogare a disposizioni di diritto comunitario che non sono contenute nella direttiva stessa (v., per analogia, sentenze Kerafina e Vioktimatiki, citata al punto 134 supra, punto 20, e BP Chemicals/Commissione, citata al punto 76 supra, punto 55).

136   In quarto luogo, il Tribunale rileva che emerge dalla lettera 29 luglio 2004 della Commissione (v. punti 41-46 supra) che quest’ultima si è limitata a spiegare i motivi per cui essa si è astenuta, nella decisione impugnata, dal prendere definitivamente posizione in merito alla compatibilità del PNA tedesco e della regola del trasferimento con il mercato comune ai sensi dell’art. 87 CE. Nella suddetta lettera la Commissione ha spiegato tra l’altro che «un eventuale aiuto [sarebbe stato] probabilmente considerato compatibile con il mercato comune in sede di valutazione ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE». Ne consegue che, secondo le sue stesse dichiarazioni, la Commissione ha effettuato solo un esame provvisorio della regola del trasferimento alla luce della normativa in materia di aiuti di Stato. Orbene, tenuto conto delle considerazioni enunciate ai punti 103-122 supra, tale valutazione provvisoria non può essere interpretata come una presa di posizione definitiva su questo punto.

137   Ne consegue che il ricorso della ricorrente dev’essere dichiarato irricevibile per mancanza di interesse ad agire. Pertanto, non occorre verificare se la ricorrente sia direttamente e individualmente interessata dalla decisione impugnata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

138   Alla luce di tutto quanto precede, occorre dichiarare irricevibile il presente ricorso.

 Sulle spese

139   Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la convenuta ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

140   Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, la Repubblica federale di Germania, parte interveniente, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      La ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle della convenuta.

3)      L’interveniente sopporterà le proprie spese.

Lussemburgo, 30 aprile 2007

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: il tedesco.