Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nel procedimento C‑517/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Paesi Bassi), con ordinanza 15 dicembre 2004, pervenuta in cancelleria il 20 dicembre 2004, nella causa

Visserijbedrijf D.J. Koornstra & Zn. vof

contro

Productschap Vis,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. J. Makarczyk, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. P. Kūris e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 gennaio 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Visserijbedrijf D.J. Koornstra & Zn. vof, dall’avv. E.J. Rotshuizen, advocaat;

– per il Productschap Vis, dall’avv. P.C.H. van Schooten, advocaat;

– per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re H.G. Sevenster, C.A.H.M. ten Dam e C.M. Wissels, in qualità di agenti;

– per il governo ellenico, dal sig. G. Kanellopoulos e dalla sig.ra M. Tassopoulou, in qualità di agenti;

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. M. van Beek e dalla sig.ra F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 marzo 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 25 CE e 90 CE.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la società Visserijbedrijf D.J. Koornstra & Zn. vof (in prosieguo: la «Koornstra») al Productschap Vis relativamente al tributo a cui quest’ultimo ha assoggettato la Koornstra per il trasporto di gamberetti in Danimarca nell’anno 2000.

Contesto normativo

3. Il Productschap Vis è un’organizzazione di categoria olandese di diritto pubblico istituita per le imprese che esercitano la pesca, lavorano il pesce al fine di ottenerne, eventualmente dopo ulteriore trasformazione, prodotti che possano essere utilizzati per l’alimentazione umana o animale, ed esercitano il commercio del pesce o dei prodotti da esso derivati che, eventualmente dopo ulteriore trasformazione, possono essere utilizzati per l’alimentazione umana.

4. L’art. 2, n. 1, del regolamento del 2000 sul finanziamento dei setacci per gamberetti e delle attrezzature per la sgusciatura dei gamberetti nelle aste ittiche (Verordening financiering garnalenzeven en garnalenkrakers visafslagen 2000; in prosieguo: il «regolamento») dispone quanto segue:

«Un imprenditore che fornisce gamberetti a mezzo di un peschereccio olandese è assoggettato, a partire dal primo lunedì successivo al giorno di entrata in vigore del presente regolamento, ad un tributo di fiorini olandesi (NLG) 0,01 per chilo a favore del Produchtschap sui gamberetti da esso trasportati e venduti per il consumo umano».

5. L’art. 3, n. 1, del medesimo regolamento prevede che il gettito del tributo è destinato a finanziare l’acquisto, da parte del Productschap Vis, di setacci per gamberetti e di attrezzature per la sgusciatura dei gamberetti, nonché l’installazione e la manutenzione di tali impianti.

Controversia principale e questioni pregiudiziali

6. La Koornstra è un’impresa che trasporta gamberetti con il peschereccio olandese Elizabeth. Secondo la propria dichiarazione del 1° agosto 2002, la Koornstra ha trasportato nell’anno 2000 52 984 kg di gamberetti, dei quali 28 774 kg sono stati venduti in aste ittiche nei Paesi Bassi, mentre 24 210 kg sono stati forniti direttamente alla Danimarca al fine di esservi immessi in commercio.

7. Con decisione 19 settembre 2002, il Productschap Vis ha imposto alla Koornstra, ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento, un tributo di EUR 109,86 per tali 24 210 kg di gamberetti.

8. Contro tale decisione la Koornstra ha proposto reclamo con atto in data 25 ottobre 2002.

9. Il Productschap Vis ha respinto il reclamo della Koornstra con decisione 19 marzo 2003 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

10. Con ricorso datato 25 aprile 2003, la Koornstra ha impugnato la decisione controversa dinanzi al College van Beroep voor het bedrijfsleven [Tribunale commerciale belga]. Quest’ultimo, nutrendo dubbi circa la compatibilità del tributo previsto dall’art. 2, n. 1, del regolamento (in prosieguo: il «tributo controverso») con il diritto comunitario, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se un tributo come quello controverso, che un’impresa di uno Stato membro è tenuta a versare per il trasporto di gamberetti a mezzo di un peschereccio registrato in tale Stato membro e che mira a finanziare i setacci per gamberetti e le attrezzature per la sgusciatura dei gamberetti in tale Stato membro, sia compatibile con il diritto comunitario, e in particolare con gli artt. 25 CE e 90 CE, laddove esso sia dovuto anche per i gamberetti che tale impresa trasporta in un altro luogo all’interno della Comunità.

2) Se, ai fini della soluzione della questione precedente, siano rilevanti:

a) il luogo in cui sono stati catturati i gamberetti;

b) la circostanza che i gamberetti, dopo essere trasportati in un altro luogo all’interno della Comunità, siano portati nello Stato membro in cui è registrato il peschereccio;

c) la circostanza che, in caso di trasporto in un altro luogo all’interno della Comunità, anche ivi la cernita e la sgusciatura dei gamberetti siano soggette ad un pagamento».

Sulle questioni pregiudiziali

11. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un tributo quale quello in questione nella causa principale possa rappresentare una tassa di effetto equivalente ai dazi doganali ai sensi dell’art. 25 CE o un’imposizione interna discriminatoria vietata dall’art. 90 CE.

12. In via preliminare, si deve ricordare che le disposizioni relative alle tasse di effetto equivalente e quelle concernenti le imposizioni discriminatorie non sono applicabili cumulativamente, di modo che, nel sistema del Trattato, una stessa imposizione non può appartenere contemporaneamente a queste due categorie (sentenze 17 settembre 1997, causa C‑347/95, UCAL, Racc. pag. I‑4911, punto 17; 22 maggio 2003, causa C‑355/00, Freskot, Racc. pag. I-5263, punto 39, e 27 novembre 2003, causa riunite da C‑34/01 a C‑38/01, Enirisorse, Racc. pag. I‑14243, punto 59).

13. Occorre quindi esaminare, innanzi tutto, se il tributo controverso sia qualificabile come una tassa di effetto equivalente a dazi doganali all’esportazione ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE. Qualora ciò non fosse possibile, si dovrà verificare, in secondo luogo, se detto tributo costituisca un’imposizione interna discriminatoria vietata dall’art. 90 CE.

14. Nella causa principale, è pacifico che il tributo controverso non è riscosso per il fatto che le merci attraversano la frontiera dello Stato membro interessato, ma che esso colpisce in maniera sistematica ed uniforme i gamberetti trasportati a mezzo di un peschereccio olandese, indipendentemente dal fatto che questi siano destinati al mercato nazionale o all’esportazione, e che il gettito di tale tributo serve a finanziare l’acquisto, l’installazione e la manutenzione, da parte del Productschap Vis, di attrezzature per la cernita e la sgusciatura dei gamberetti.

15. Secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi onere pecuniario, ancorché minimo, imposto unilateralmente, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisce le merci per il fatto che esse attraversano una frontiera, quando non si tratti di un dazio doganale in senso proprio, costituisce una tassa d’effetto equivalente ai sensi degli artt. 23 CE e 25 CE, anche se detto onere pecuniario non è riscosso a vantaggio dello Stato (sentenze UCAL, cit., punto 18; 9 settembre 2004, causa C‑72/03, Carbonati Apuani, Racc. pag. I‑8027, punto 20, e 8 novembre 2005, causa C‑293/02, Jersey Produce Marketing Organisation, Racc. pag. I‑9543, punto 55).

16. Tuttavia, un siffatto onere costituisce non tanto una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, ma un’imposizione interna, ai sensi dell’art. 90 CE, se rientra in un regime generale di tributi interni che gravano sistematicamente su categorie di prodotti secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall’origine o dalla destinazione del prodotto (sentenze 23 aprile 2002, causa C‑234/99, Nygård, Racc. pag. I‑3657, punto 19, e Carbonati Apuani, cit., punto 17).

17. In tale contesto, dalla giurisprudenza della Corte emerge anche che, ai fini della qualificazione giuridica di un tributo che grava sui prodotti nazionali lavorati o commercializzati sul mercato nazionale e sui prodotti nazionali esportati come tali sulla base di criteri identici, può risultare necessario tener conto della destinazione del gettito dell’imposizione (sentenza Nygård, cit., punto 21).

18. Così, quando il gettito di un’imposizione del genere è diretto a finanziare attività che giovino in modo specifico, tra i prodotti nazionali, a quelli lavorati o commercializzati sul mercato nazionale, può derivarne che il tributo riscosso secondo gli stessi criteri costituisca nondimeno una tassazione discriminatoria, nella misura in cui l’onere fiscale gravante sui prodotti lavorati o commercializzati sul mercato nazionale sia neutralizzato da vantaggi finanziati per mezzo di esso, mentre quello gravante sui prodotti esportati come tali rappresenta un onere netto (sentenza Nygård, cit., punto 22).

19. In proposito, se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di una tassa, facente parte di un regime generale di imposizioni interne gravanti sistematicamente sui prodotti nazionali lavorati o commercializzati sul mercato nazionale e su quelli esportati come tali, compensano integralmente l’onere sopportato dal prodotto nazionale lavorato o commercializzato sul mercato nazionale all’atto della sua immissione in commercio, tale imposizione costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, incompatibile con gli artt. 23 CE e 25 CE. Per contro, una tassa del genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 90 CE se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito dell’imposizione per i prodotti nazionali che vengono lavorati o commercializzati sul mercato nazionale compensassero solo parzialmente l’onere da questi sopportato (sentenza Nygård, cit., punto 23).

20. Nell’ipotesi in cui tali benefici per la produzione nazionale oggetto di lavorazione o commercio sul mercato nazionale compensino totalmente gli oneri su questa gravanti, la tassa riscossa sul prodotto dovrà essere considerata illegittima in toto, in quanto tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale. Nell’ipotesi in cui, al contrario, i benefici compensino parzialmente gli oneri gravanti sui prodotti nazionali lavorati o commercializzati sul mercato nazionale, la tassa riscossa sui prodotti nazionali esportati, legittima in linea di principio, dovrà essere vietata nella misura in cui essa va parzialmente a compensare detto onere ed essere oggetto di una riduzione proporzionale (v., in tal senso, citate sentenze UCAL, punto 23, e Nygård, punto 42).

21. Il criterio della compensazione, per poter essere utilmente e correttamente applicato, richiede che, nel corso di un periodo di riferimento, si accerti l’equivalenza pecuniaria fra l’ammontare totale del tributo riscosso sui prodotti nazionali lavorati o commercializzati sul mercato nazionale per effetto della tassa in questione e i benefici di cui tali prodotti fruiscono in via esclusiva (sentenze 17 settembre 1997, causa C‑28/96, Fricarnes, Racc. pag. I‑4939, punto 27, e Nygård, cit., punto 43).

22. Alla luce dei principi appena ricordati, spetterà quindi al giudice del rinvio verificare che i prodotti nazionali lavorati o commercializzati sul mercato nazionale non traggano, de facto, dalle prestazioni dell’ente destinatario del tributo controverso un beneficio esclusivo o proporzionalmente più rilevante rispetto ai prodotti nazionali esportati, in modo da compensare totalmente o parzialmente l’onere rappresentato da detto tributo (v., in tal senso, citate sentenze UCAL, punto 26, e Fricarnes, punto 29).

23. Dall’ordinanza di rinvio emerge che i solo beneficiari delle attrezzature per la cernita e la sgusciatura finanziate con il tributo controverso sono le imprese che forniscono gamberetti ai Paesi Bassi.

24. Peraltro, il giudice del rinvio ritiene parimenti pacifico che, benché assoggettate al tributo controverso, le imprese che trasportano gamberetti verso altri Stati membri a mezzo di pescherecci olandesi non beneficiano di dette attrezzature.

25. Ne deriva che il tributo controverso grava i prodotti destinati all’esportazione di un onere maggiore di quello sopportato dai prodotti destinati al mercato olandese.

26. Pertanto, se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito del tributo controverso compensassero integralmente l’onere sopportato dalle imprese che trasportano, a mezzo di pescherecci olandesi, gamberetti destinati alla lavorazione o alla commercializzazione sul mercato nazionale, l’applicazione di detto tributo ai prodotti destinati all’esportazione costituirebbe una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, incompatibile con gli artt. 23 CE e 25 CE, che andrebbe considerata illegittima nella sua totalità. Per contro, un tributo del genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 90 CE se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di tale tributo per i prodotti nazionali che vengono lavorati o commercializzati sul mercato nazionale compensassero solo parzialmente l’onere da questi sopportato.

27. Il luogo in cui sono stati catturati i gamberetti, la circostanza che, dopo essere stati trasportati in un altro Stato membro, essi siano infine portati nello Stato membro in cui è registrato il peschereccio e la circostanza che, in caso di trasporto in un altro Stato membro, la cernita e la sgusciatura dei gamberetti siano soggette ad un pagamento anche in quest’ultimo Stato non hanno alcuna incidenza su tale valutazione.

28. Alla luce delle suddette considerazioni, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che un tributo riscosso da un ente di diritto pubblico di uno Stato membro, in base a criteri identici, sui prodotti nazionali destinati o al mercato nazionale o all’esportazione verso altri Stati membri rappresenta una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale all’esportazione, vietata dagli artt. 23 CE e 25 CE, se il gettito di tale tributo serve a finanziare attività di cui beneficiano solo i prodotti nazionali destinati al mercato nazionale e se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di detto tributo compensano integralmente l’onere sopportato da detti prodotti. Per contro, un tributo di tal genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 90 CE se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di tale tributo per i prodotti nazionali che vengono lavorati o commercializzati sul mercato nazionale compensassero solo parzialmente l’onere da questi sopportato.

Sulle spese

29. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento cost ituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Un tributo riscosso da un ente di diritto pubblico di uno Stato membro, in base a criteri identici, sui prodotti nazionali destinati o al mercato nazionale o all’esportazione verso altri Stati membri rappresenta una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale all'esportazione, vietata dagli artt. 23 CE e 25 CE, se il gettito di tale tributo serve a finanziare attività di cui beneficiano solo i prodotti nazionali destinati al mercato nazionale e se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di detto tributo compensano integralmente l’onere sopportato da detti prodotti. Per contro, un tributo di tal genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’art. 90 CE se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di tale tributo per i prodotti nazionali che vengono lavorati o commercializzati sul mercato nazionale compensassero solo parzialmente l’onere da questi sopportato.