Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nel procedimento C‑417/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 24 settembre 2004,

Regione Siciliana, rappresentata dai sigg. A. Cingolo e G. Aiello, avvocati dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. de March e L. Flynn, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e J. Malenovský, presidenti di sezione, dai sigg. J.‑P. Puissochet, R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič (relatore), J. Klučka e U. Lõhmus, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 novembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con la sua impugnazione, la Regione Siciliana chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 8 luglio 2004, causa T‑341/02, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. II‑2877; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con cui quest’ultimo ha dichiarato irricevibile il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 5 settembre 2002, D (2002) 810439, che chiude l’intervento finanziario del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) relativo al grande progetto «Autostrada Messina-Palermo» (FESR n. 93.05.03.001) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

2. Al fine di rafforzare la coesione economica e sociale, ai sensi dell’art. 158 CE, sono stati adottati il regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento n. 2052/88»), nonché il regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20; in prosieguo: il «regolamento n. 4253/88»).

3. L’art. 4, n. 1, primo comma, del regolamento n. 2052/88 così recita:

«L’azione comunitaria è complementare alle azioni nazionali corrispondenti o vi contribuisce. Ciò è il risultato della stretta concertazione tra la Commissione, lo Stato membro interessato, le autorità e gli organismi competenti (...) designati dallo Stato membro a livello nazionale, regionale, locale o altro, i quali agiscono in qualità di partner che perseguono un obiettivo comune. Tale concertazione sarà in appresso denominata “partnership”. La partnership è operante in fatto di preparazione e finanziamento, nonché di valutazione ex ante, sorveglianza e valutazione ex post delle azioni».

4. Con il titolo «Addizionalità», l’art. 9, n. 1, del regolamento n. 4253/88 dispone che, «[a]llo scopo di garantire un impatto economico effettivo, le risorse dei Fondi strutturali (…) non possono sostituire le spese pubbliche o assimilabili, a finalità strutturale, che devono essere realizzate dallo Stato membro nell’insieme dei territori interessati da un obiettivo».

5. Ai termini dell’art. 24 del medesimo regolamento:

«1. Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni entro una scadenza determinata.

2. In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.

3. Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione (...)».

Antefatti della controversia

6. Con decisione 22 dicembre 1993 indirizzata alla Repubblica italiana (in prosieguo: la «decisione di concessione»), la Commissione delle Comunità europee ha concesso un contributo finanziario del FESR per la costruzione di un’autostrada tra Palermo e Messina, in Sicilia (in prosieguo: il «progetto FESR»). I lavori necessari alla realizzazione di tale progetto sono stati ripartiti in dieci lotti.

7. Conformemente all’art. 4, n. 1, del regolamento n. 2052/88, l’azione comunitaria è il risultato della stretta concertazione tra la Commissione, lo Stato membro interessato e le competenti autorità designate da quest’ultimo a livello nazionale, regionale, locale o altro. A tal proposito, risulta dall’allegato della decisione di concessione che la ricorrente è stata designata quale autorità responsabile della realizzazione del progetto.

8. Con lettera 26 settembre 1997, la ricorrente ha chiesto alla Commissione una proroga dei termini di pagamento con riguardo a vari lotti.

9. Nella sua lettera di risposta del 30 ottobre 1997, la Commissione, dopo aver ricordato che una proroga era stata già concessa fino al 31 dicembre 1997, ha osservato che tutte le misure necessarie dovevano essere adottate con urgenza al fine di consentire l’ultimazione dei lavori non oltre tale data.

10. Con lettera 17 giugno 1998, la ricorrente ha presentato al Ministero italiano del Tesoro nonché alla Commissione la certificazione finale delle spese sostenute sino al 31 dicembre 1997, la domanda di pagamento per il FESR ed il rapporto di esecuzione finale.

11. Il 23 luglio 1998, la Commissione ha rinviato il detto rapporto al Ministero del Tesoro sulla base del rilievo che esso non conteneva tutte le informazioni necessarie per poter procedere alla chiusura del progetto FESR e ha chiesto alle autorità italiane di inviare un nuovo rapporto finale che contenesse, segnatamente, per ciascun lotto, una relazione sullo stato di avanzamento tecnico e finanziario alla data del 31 dicembre 1997 nonché una giustificazione adeguata dei motivi del ritardo constatato nell’esecuzione dei lavori.

12. Dopo aver esaminato il nuovo rapporto finale, la Commissione, con lettera 10 febbraio 1999, ha informato il Ministero del Tesoro che da tale rapporto risulta che l’impegno della ricorrente di finanziare il completamento dei lavori del progetto entro e non oltre il 31 dicembre 1997 apparentemente non era stato rispettato, in quanto solamente due lotti dei dieci previsti erano stati ultimati in tale data, peraltro con un ritardo di due anni. Ciò premesso, la Commissione ha dichiarato che l’eventuale liquidazione del saldo del contributo si sarebbe dovuta basare sulle spese effettivamente sostenute per i due lotti terminati, sempreché i lavori realizzati fossero conformi al progetto iniziale.

13. Il 21 dicembre 2001, la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana una proposta di chiusura del progetto FESR in considerazione dei ritardi rilevati nell’esecuzione dei lavori. Tale proposta di chiusura era stata elaborata sulla base delle spese sostenute alla data del 31 dicembre 1997, relative ai lavori completati alla data del 31 dicembre 1999.

14. Con lettera 14 febbraio 2002, la ricorrente ha presentato osservazioni scritte in merito alla detta proposta.

15. Il 5 settembre 2002, la Commissione ha inviato alla Repubblica italiana la decisione controversa che prendeva in considerazione le spese sostenute alla data del 31 dicembre 1997 in relazione ai lavori completati alla data del 5 settembre 2002. Ai termini di tale decisione, di cui una copia è stata inviata alla ricorrente, l’importo del saldo non versato da disimpegnare è di EUR 26 378 246 e l’importo del saldo da recuperare ammonta a EUR 58 036 177.

Ordinanza impugnata

16. Il 14 novembre 2002, la ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento contro la decisione controversa. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato irricevibile tale ricorso. La parte essenziale della motivazione è la seguente:

«55 [La decisione controversa ha] prodotto l’effetto, da un lato, di disimpegnare il FESR a concorrenza dell’importo del contributo non ancora concesso relativo alle spese divenute inammissibili e, dall’altro, di consentire alla Commissione di procedere al recupero degli importi già versati al FESR riguardanti le spese medesime. La decisione [controversa] ha prodotto quindi l’effetto di un’“amputazione” del contributo finanziario del FESR (ordinanza del Tribunale 6 giugno 2002, causa T‑105/01, SLIM Sicilia/Commissione, Racc. pag. II‑2697, punto 47).

56 Per quanto attiene all’individuazione degli effetti derivanti da tale decisione per la ricorrente, si deve rilevare che, a termini della decisione iniziale di concessione del contributo controverso, datata 22 dicembre 1993, la ricorrente costituiva l’autorità responsabile per la realizzazione del progetto. (…)

57 Ciò premesso, la decisione [controversa] potrebbe essere considerata direttamente produttiva di effetti sulla situazione giuridica della ricorrente solamente se, per effetto della decisione medesima e senza che la Repubblica italiana disponesse di potere discrezionale a tal riguardo, la ricorrente stessa fosse stata, da un lato, privata del versamento degli importi disimpegnati corrispondenti alle somme non ancora percepite dal FESR a titolo del contributo controverso e relative alle spese divenute inammissibili e, dall’altro, fosse stata tenuta alla restituzione dell’indebito corrispondente alle somme già ricevute a titolo del contributo medesimo e destinate a sostenere spese divenute inammissibili.

58 Orbene, il Tribunale ha già avuto modo di affermare che conseguenze di tal genere non derivano né da una decisione della Commissione che ponga termine ad un contributo finanziario del FESR né da una qualsiasi altra disposizione di diritto comunitario che sia diretta a determinare l’effetto di tale decisione (ordinanza [del Tribunale] SLIM Sicilia/Commissione, [citata,] punto 51).

59 A tale riguardo, si deve rammentare, in limine, che, secondo il sistema istituzionale della Comunità ed i principi che disciplinano i rapporti tra la Comunità e gli Stati membri, spetta a questi ultimi, in mancanza di una contraria disposizione di diritto comunitario, garantire sul loro territorio l’attuazione della normativa comunitaria (sentenze della Corte 21 settembre 1983, cause riunite 205/82‑215/82, Deutsche Milchkontor e a., Racc. pag. 2633, e 7 luglio 1987, cause riunite 89/86 e 91/86, Étoile commerciale e CNTA/Commissione, Racc. pag. 3005, punto 11; […] ). Per ciò che più particolarmente riguarda le attività di finanziamento intraprese nell’ambito del FESR, spetta agli Stati membri (…) adottare le misure necessarie onde recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenza.

(…)

61 Secondo la giurisprudenza della Corte, in tale sistema spetta quindi agli Stati membri dare attuazione alla normativa comunitaria e adottare, riguardo agli operatori economici interessati, le decisioni individuali necessarie. (…)

(…)

65 Si deve necessariamente rilevare che nulla osta nella specie a che la Repubblica italiana, al fine di finanziare il completamento dei lavori relativi al progetto di cui trattasi, decida di stanziare fondi propri a copertura della parte del finanziamento comunitario disimpegnata. A tale riguardo si deve rilevare, in particolare, che, a termini dell’art. 4, n. 1, del regolamento n. 2052/88, il contributo del FESR viene concepito quale intervento complementare o contributo a corrispondenti azioni nazionali, ove l’art. 9 del regolamento n. 4253/88 precisa inoltre che, conformemente al principio di addizionalità, i contributi comunitari non possono sostituirsi alle spese pubbliche dello Stato membro.

66 Per quanto attiene (…) alla restituzione dell’indebito, si deve rilevare che, nella decisione [controversa], la Commissione si è limitata a dichiarare alla Repubblica italiana che le somme versate a titolo di contributo comunitario e corrispondenti a spese divenute inammissibili dovevano essere recuperate dal FESR. A differenza della prassi generalmente seguita dalla Commissione in materia di aiuti illegittimi dichiarati incompatibili con il mercato comune, la decisione [controversa] non contiene alcuna disposizione che ingiunga alla Repubblica italiana di procedere alla ripetizione dell’indebito presso i rispettivi beneficiari (…).

(…)

68 La corretta esecuzione della decisione [controversa] implica pertanto unicamente – come giustamente sostenuto dalla Commissione nelle proprie memorie – che la Repubblica italiana restituisca al FESR l’indebito ivi indicato (…).

(…)

71 Orbene, per quanto attiene ai contributi finanziari del FESR, il Tribunale ha già avuto modo di affermare che nessun elemento consente di ritenere che lo Stato membro non disponga di alcuna discrezionalità o addirittura di alcun potere decisionale per quanto riguarda un simile rimborso (ordinanza [del Tribunale] SLIM Sicilia/Commissione, [citata,] punto 52).

(…)

73 Non può (…) escludersi che circostanze particolari possano indurre la Repubblica italiana a rinunciare alla ripetizione del contributo controverso e a sopportare essa stessa l’onere del rimborso al FESR degli importi di cui essa ha erroneamente autorizzato il pagamento (…).

(…)

80 Ne consegue che la decisione impugnata non ha prodotto effetti diretti sulla situazione giuridica della ricorrente».

Conclusioni delle parti

17. La ricorrente chiede che la Corte voglia annullare l’ordinanza impugnata e adottare qualsiasi decisione consequenziale in ordine al prosieguo del procedimento e alle spese.

18. La Commissione chiede che la Corte voglia respingere il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado e condannare la ricorrente alle spese.

Sulla domanda di annullamento dell’ordinanza impugnata

19. A sostegno del suo ricorso, la ricorrente fa valere quattro motivi:

– violazione degli artt. 113 e 114 del regolamento di procedura del Tribunale;

– violazione dell’art. 230 CE;

– violazione dell’art. 4, n. 1, primo comma, del regolamento n. 2052/88 e dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 4253/88, e

– vizi di motivazione.

20. Con il suo secondo e terzo motivo, che occorre esaminare per primi e congiuntamente, la ricorrente sostiene, anzitutto, che l’ordinanza impugnata è basata su una premessa erronea, vale a dire che la Regione Siciliana è una persona distinta dalla Repubblica italiana, Stato membro destinatario del contributo finanziario, laddove essa, costituendo una componente territoriale della detta Repubblica, avrebbe il diritto, allo stesso titolo di quest’ultima, di presentare un ricorso di annullamento avverso la decisione controversa.

21. Al riguardo, basta rilevare che la Corte ha già affermato che il ricorso di un ente regionale o locale non può essere assimilato al ricorso di uno Stato membro poiché la nozione di Stato membro, ai sensi dell’art. 230, secondo comma, CE, comprende le sole autorità di governo degli Stati membri. Tale nozione non può estendersi agli esecutivi di regioni o di altri enti infrastatali, senza pregiudicare l’equilibrio istituzionale previsto dal Trattato (v. ordinanza 1º ottobre 1997, causa C‑180/97, Regione Toscana/Commissione, Racc. pag. I‑5245, punti 6 e 8, nonché sentenza 22 novembre 2001, causa C‑452/98, Nederlandse Antillen/Consiglio, Racc. pag. I‑8973, punto 50).

22. Ne consegue che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto trattando la Regione Siciliana come una persona distinta dalla Repubblica italiana.

23. La ricorrente sostiene, poi, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando che essa non si può basare sull’art. 230, quarto comma, CE per proporre un ricorso avverso la decisione controversa.

24. In base a tale disposizione, un ente regionale o locale può, qualora goda, come la Regione Siciliana, della personalità giuridica ai sensi del diritto nazionale, proporre un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, lo riguardano direttamente e individualmente (v. sentenze Nederlandse Antillen/Consiglio, cit., punto 51, e 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 59).

25. Nella fattispecie, il Tribunale ha limitato il suo esame alla questione se la ricorrente fosse direttamente interessata dalla decisione controversa, in quanto la Commissione non ha contestato che tale decisione riguardasse individualmente la detta ricorrente.

26. Dai punti 65 e 73 dell’ordinanza impugnata emerge che il Tribunale ha dedotto la carenza di incidenza diretta nei confronti della ricorrente principalmente dalla considerazione che la Repubblica italiana poteva decidere di sopportare essa stessa l’onere del rimborso da effettuare a favore del FESR e di stanziare fondi propri a copertura della parte del finanziamento comunitario disimpegnata al fine di finanziare il completamento dei lavori.

27. La ricorrente sostiene che tale tesi, lungi dal suffragare la carenza di incidenza diretta, è incompatibile con i principi di complementarietà e di addizionalità dei Fondi strutturali enunciati rispettivamente agli artt. 4, n. 1, primo comma, del regolamento n. 2052/88 e 9, n. 1, del regolamento n. 4253/88, secondo cui gli interventi comunitari accompagnano gli interventi nazionali e non vi si sostituiscono.

28. Per rispondere a tale argomento, occorre anzitutto ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la condizione di cui all’art. 230, quarto comma, CE, secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione che costituisce oggetto del ricorso, richiede che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento stesso incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie (v., in particolare, sentenze 5 maggio 1998, causa C‑404/96 P, Glencore Grain/Commissione, Racc. pag. I‑2435, punto 41, e 29 giugno 2004, causa C‑486/01 P, Front National/Parlamento, Racc. pag. I‑6289, punto 34).

29. Nella fattispecie, come è stato esposto al punto 7 della presente sentenza, dall’allegato della decisione di concessione risulta la designazione della ricorrente come autorità responsabile della realizzazione del progetto FESR.

30. Tuttavia dagli atti non emerge alcun elemento che consenta di concludere che la ricorrente è stata direttamente interessata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, in questa qualità. A tale riguardo, va rilevato che la funzione di autorità responsabile della realizzazione del progetto, menzionata nell’allegato della decisione di concessione, non implicava che la ricorrente fosse essa medesima titolare del diritto al contributo.

31. Tale analisi non è inficiata dagli artt. 4, n. 1, primo comma, del regolamento n. 2052/88 e 9, n. 1, del regolamento n. 4253/88, invocati dalla ricorrente. Infatti, tali articoli, che enunciano il principio di complementarietà dei contributi finanziari comunitari rispetto ai finanziamenti nazionali, non sono pertinenti nel caso in cui la Commissione abbia chiuso un intervento finanziario.

32. Da quanto precede risulta che la ricorrente non era direttamente interessata dalla decisione controversa e che il suo ricorso dinanzi al Tribunale era quindi irricevibile.

33. Occorre, dunque, respingere il secondo ed il terzo motivo.

34. Il primo e il quarto motivo fatti valere dalla ricorrente, con cui essa contesta all’ordinanza impugnata, da una parte, di violare gli artt. 113 e 114 del regolamento di procedura del Tribunale e, dall’altra, di contenere vizi di motivazione, nemmeno possono comportare l’annullamento di questa ordinanza.

35. Nel suo primo motivo, la ricorrente formula tre censure: in primo luogo, il Tribunale avrebbe applicato erroneamente l’art. 113 del suo regolamento di procedura in quanto non sussisteva, nella fattispecie, alcuna irricevibilità per motivi di ordine pubblico ai sensi di questo articolo; in secondo luogo, dato che il Tribunale ha statuito in assenza della fase orale del procedimento, la ricorrente non avrebbe potuto difendersi; in terzo luogo, la Commissione avrebbe dovuto presentare un’eccezione di irricevibilità con atto separato, conformemente all’art. 114 del medesimo regolamento di procedura.

36. A tal riguardo, va rilevato, da una parte, che l’irricevibilità dedotta dal criterio fissato all’art. 230, quarto comma, CE, che subordina la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro una decisione di cui essa non è destinataria alla condizione che sia direttamente e individualmente interessata da tale decisione, è di ordine pubblico, per cui il giudice comunitario può sollevare la detta irricevibilità in qualsiasi momento, anche d’ufficio (v., in tal senso, ordinanza 5 luglio 2001, causa C‑341/00 P, Conseil national des professions de l’automobile e a./Commissione, Racc. pag. I‑5263, punto 32). Di conseguenza, in base all’art. 113 del suo regolamento di procedura, il Tribunale può dichiarare un ricorso irricevibile per tale motivo anche in assenza di un’eccezione di irricevibilità sollevata con atto separato da una delle parti in causa.

37. Va ricordato, d’altra parte, che l’applicazione dell’art. 113 del regolamento di procedura del Tribunale non garantisce lo svolgimento di una fase orale, dato che il Tribunale, in applicazione dell’art. 114, n. 3, del suo regolamento di procedura, al quale rinvia l’art. 113 dello stesso regolamento, può statuire al termine di un procedimento esclusivamente scritto (sentenza 19 gennaio 2006, causa C‑547/03 P, AIT/Commissione, Racc. pag. I‑845, punto 35). Emerge peraltro dall’ordinanza impugnata che il Tribunale ha potuto basare la sua decisione su informazioni sufficienti senza sentire le difese orali delle parti. Risulta, infine, che la ricorrente ha presentato osservazioni sulla ricevibilità del suo ricorso dinanzi al Tribunale nella sua memoria di replica.

38. Quanto al quarto motivo, con cui la ricorrente fa valere che le affermazioni del Tribunale sono incoerenti, arbitrarie e immotivate in quanto sono fondate su un’istruttoria insufficiente e su presunzioni non dimostrate, basta rinviare alla motivazione dell’ordinanza impugnata riprodotta al punto 16 della presente sentenza, da cui emerge che il Tribunale ha esaminato in modo dettagliato e coerente la questione della legittimazione ad agire della ricorrente.

39. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado dev’essere respinto.

Sulle spese

40. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile ai procedimenti d"impugnazione in virtù dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado è respinto.

2) La Regione Siciliana è condannata alle spese.