Causa C‑361/04 P

Claude Ruiz-Picasso e altri

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Marchio comunitario — Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 — Rischio di confusione — Marchio denominativo PICARO — Opposizione del titolare del marchio denominativo comunitario PICASSO»

Conclusioni dell’avvocato generale D. Ruiz‑Jarabo Colomer, presentate l’8 settembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 12 gennaio 2006 

Massime della sentenza

Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore registrato per prodotti o servizi identici o simili

[Regolamento(CE) del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1, lett. b)]

Una volta stabilito, sotto il profilo in fatto, che le caratteristiche obiettive di un dato prodotto implicano che il consumatore medio lo acquisti solo al termine di un esame particolarmente attento, occorre, in punto di diritto, considerare che una circostanza del genere può essere tale da ridurre il rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra i marchi relativi a tali prodotti nel momento cruciale in cui si effettua la scelta tra tali prodotti e tali marchi.

Il fatto che il pubblico di riferimento possa percepire tali prodotti e relativi marchi anche in circostanze estranee a qualsiasi atto di acquisto e manifestare eventualmente, in tali circostanze, un grado di attenzione inferiore non impedisce che si tenga conto del livello particolarmente elevato di attenzione dispiegato dal consumatore medio allorché si accinge a compiere, e compie, la sua scelta tra i diversi prodotti della categoria di cui trattasi.

Da un lato, è evidente che, quali che siano i prodotti e i marchi in discussione, si verificheranno sempre situazioni in cui il pubblico, trovandovisi confrontato, accorderà loro soltanto un tenue grado di attenzione. Orbene, esigere che si tenga conto del grado di attenzione minimo che il pubblico può esercitare in presenza di un prodotto e di un marchio equivarrebbe a privare di qualunque rilevanza, ai fini della valutazione del rischio di confusione, il criterio consistente nel grado di attenzione variabile a seconda della categoria del prodotto.

D’altro lato, non si può ragionevolmente pretendere dall’autorità chiamata a valutare l’esistenza di un rischio di confusione che essa determini, per ciascuna categoria di prodotti, un valore medio di attenzione del consumatore a partire dal grado di attenzione di cui quest’ultimo può dar prova nelle diverse situazioni.

(v. punti 40-43)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

12 gennaio 2006 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Marchio comunitario – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Rischio di confusione – Marchio denominativo PICARO – Opposizione del titolare del marchio denominativo comunitario PICASSO»

Nel procedimento C‑361/04 P,

avente ad oggetto un ricorso ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 18 agosto 2004,

Claude Ruiz-Picasso, residente a Parigi (Francia),

Paloma Ruiz-Picasso, residente a Londra (Regno Unito),

Maya Widmaier-Picasso, residente a Parigi,

Marina Ruiz-Picasso, residente a Ginevra (Svizzera),

Bernard Ruiz-Picasso, residente a Parigi,

rappresentati dal sig. C. Gielen, advocaat,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. G. Schneider e A. von Mühlendahl, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

DaimlerChrysler AG, rappresentata dal sig. S. Völker, Rechtsanwalt,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dai sigg. P. Jann, presidente di sezione, K. Schiemann (relatore), dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. K. Lenaerts ed E. Juhász, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 luglio 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il presente ricorso, il sig. Claude Ruiz-Picasso, le sig.re Paloma Ruiz‑Picasso, Maya Widmaier-Picasso e Marina Ruiz-Picasso, nonché il sig. Bernard Ruiz-Picasso domandano alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 22 giugno 2004, causa T‑185/02, Ruiz-Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO) (Racc. pag. II‑1739; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso che essi hanno proposto avverso la decisione della terza commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) («UAMI») 18 marzo 2002 (procedimento R 247/2001‑3), che aveva respinto l’opposizione proposta dagli «eredi Picasso» contro la domanda di registrazione del marchio denominativo PICARO (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2       L’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), così dispone:

«In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione:

(…)

b)      se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

3       Ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. b), del detto regolamento:

«Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare in commercio:

(…)

b)      un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio comunitario e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra il segno e il marchio».

4       Gli artt. 8, n. 1, lett. b), e 9, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sono redatti in termini sostanzialmente identici a quelli, rispettivamente, degli artt. 4, n. 1, lett. b), e 5, n. 1, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

 Fatti

5       L’11 settembre 1998 la DaimlerChrysler AG (in prosieguo: la «DaimlerChrysler») ha presentato all’UAMI una domanda di registrazione, come marchio comunitario, del segno denominativo PICARO per prodotti e servizi rientranti nella classe 12 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondenti alla descrizione seguente: «Autoveicoli e loro parti, omnibus».

6       Il 19 agosto 1999 gli eredi Picasso, che costituiscono una comunione ereditaria indivisa ai sensi degli artt. 815 e segg. del codice civile francese, in cui i coeredi sono ricorrenti nel presente procedimento, ha proposto opposizione contro tale domanda di registrazione, deducendo l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. I coeredi si fondavano, a tal proposito, sul marchio denominativo comunitario anteriore PICASSO, registrato per prodotti rientranti nella detta classe 12 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestre, aerei o nautici, autovetture, autobus, camion, furgoni, caravan, rimorchi» (in prosieguo: il «marchio anteriore»).

7       L’opposizione è stata respinta da parte della divisione di opposizione dell’UAMI con decisione 11 gennaio 2001, avverso la quale gli eredi Picasso hanno proposto ricorso.

8       Con la decisione controversa, la terza commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il detto ricorso affermando in sostanza che, tenuto conto dell’elevato grado di attenzione del pubblico pertinente, i marchi di cui trattasi non erano simili né sul piano fonetico né sul piano visivo, e che l’impatto concettuale del marchio anteriore era inoltre tale da neutralizzare qualunque eventuale somiglianza fonetica e/o visiva tra i detti marchi.

 Il procedimento dinanzi al Tribunale la sentenza impugnata

9       Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 giugno 2002, i ricorrenti hanno proposto, identificandosi collettivamente come «eredi Picasso», un ricorso diretto a ottenere l’annullamento della decisione controversa.

10     Il Tribunale ha dichiarato che, nonostante l’uso di tale designazione collettiva, il ricorso avrebbe dovuto considerarsi proposto dai cinque coeredi nella loro qualità di persone fisiche e che, a tale titolo, era ricevibile. Tuttavia, ritenendo che i motivi dedotti dai ricorrenti fossero infondati, ha respinto il ricorso.

11     Per quanto riguarda, in particolare, il motivo vertente su una violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, il Tribunale, dopo aver constatato che i prodotti oggetto della domanda di registrazione di marchio e quelli protetti dal marchio anteriore erano in parte identici e in parte simili, ai punti 54-62 della sentenza impugnata si è pronunciato nei seguenti termini:

«54      Per quanto riguarda la somiglianza visiva e fonetica, i ricorrenti hanno opportunamente rilevato che ciascuno dei segni in questione è composto da tre sillabe, che essi contengono le stesse vocali situate in posizioni analoghe e nello stesso ordine e che, ad eccezione, rispettivamente, delle lettere «ss» e «r», essi contengono anche le stesse consonanti che, inoltre, si trovano in posizioni analoghe. Infine, il fatto che le due prime sillabe nonché l’ultima lettera siano identiche riveste una particolare importanza. Invece, la pronuncia della doppia consonante «ss» si distingue molto nettamente da quella della consonante «r». Ne consegue che i due segni sono simili sul piano visivo e fonetico, ma che il grado di somiglianza su quest’ultimo piano è debole.

55      Sul piano mentale, il segno denominativo PICASSO è particolarmente ben conosciuto, dal pubblico di riferimento, come il nome del famoso pittore Pablo Picasso. Il segno denominativo PICARO può essere inteso, da persone di lingua spagnola, quale designazione, in particolare, di un personaggio della letteratura spagnola, mentre esso è privo di contenuto semantico per la frazione (maggioritaria) non di lingua spagnola del pubblico di riferimento. I segni non sono quindi simili sul piano concettuale.

56      Simili differenze concettuali possono neutralizzare, in talune circostanze, le somiglianze visive e fonetiche tra i segni considerati. Una siffatta neutralizzazione richiede che almeno uno dei segni di cui trattasi abbia, nella prospettiva del pubblico di riferimento, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico possa immediatamente comprenderlo [sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Texilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 54].

57      Il segno denominativo PICASSO è dotato, per il pubblico di riferimento, di un contenuto semantico chiaro e determinato. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la rilevanza del significato del segno ai fini della valutazione del rischio di confusione non è messa in dubbio, nella fattispecie, dal fatto che tale significato non abbia alcun nesso con i prodotti considerati. Infatti, la notorietà del pittore Pablo Picasso è tale che non è plausibile ritenere, in assenza di indizi concreti in senso contrario, che il segno PICASSO, quale marchio per veicoli, possa sovrapporsi, nella percezione del consumatore medio, al nome del pittore di modo che tale consumatore, di fronte al segno PICASSO nel contesto dei prodotti di cui trattasi, astragga d’ora in avanti dal significato del segno relativo al nome del pittore e lo percepisca principalmente come un marchio, tra gli altri, di veicoli.

58      Ne consegue che le differenze concettuali che separano i segni di cui trattasi sono tali, nella fattispecie, da neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche rilevate al precedente punto 54.

59      Nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre tenere conto, inoltre, del fatto che, vista la natura dei prodotti considerati e, in particolare, il loro prezzo ed il loro accentuato carattere tecnologico, il grado di attenzione del pubblico di riferimento, al momento dell’acquisto, è particolarmente elevato. La possibilità, invocata dai ricorrenti, che persone rientranti nel pubblico di riferimento possano percepire i prodotti considerati anche in situazioni in cui esse non vi prestano una siffatta attenzione non osta a che si tenga conto di tale grado di attenzione. Infatti, il rifiuto di registrazione di un marchio a causa di un rischio di confusione con un marchio anteriore è giustificato dal motivo che una tale confusione può influenzare indebitamente i consumatori interessati allorquando essi compiono una scelta rispetto ai prodotti o ai servizi di cui trattasi. Ne consegue, ai fini della valutazione del rischio di confusione, che occorre tenere conto del livello di attenzione del consumatore medio nel momento in cui egli si accinge a compiere e compie la sua scelta tra diversi prodotti o servizi rientranti nella categoria per la quale il marchio è stato registrato.

60      Occorre aggiungere che la questione del grado di attenzione del pubblico di riferimento, da prendere in considerazione per valutare il rischio di confusione, è diversa da quella diretta a sapere se circostanze posteriori alla situazione di acquisto possano rilevare al fine di valutare se c’è violazione di un diritto di marchio, come è stato riconosciuto nella citata sentenza [12 novembre 2002,] Arsenal Football Club, [Racc. pag. I‑10273], invocata dai ricorrenti, relativamente all’uso di un segno identico al marchio.

61      Inoltre, è a torto che i ricorrenti richiamano, nella fattispecie, la giurisprudenza secondo la quale i marchi dotati di un elevato carattere distintivo, sia intrinsecamente, sia a causa della notorietà di questi sul mercato, godono di una tutela più estesa rispetto a quelli il cui carattere distintivo è minore (sentenza [11 novembre 1997,] SABEL, [Racc. pag. I‑6191], punto 24, e sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 18). Infatti, la notorietà del segno denominativo PICASSO, in quanto corrispondente al nome del famoso pittore Pablo Picasso, non è tale da rafforzare il rischio di confusione tra i due marchi per i prodotti considerati.

62      Alla luce di tutti questi elementi, il grado di somiglianza tra i marchi in questione non è sufficientemente elevato per potere ritenere che il pubblico di riferimento possa credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente legate tra loro. Pertanto, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che non esistesse alcun rischio di confusione tra di essi».

 Il ricorso contro la sentenza del Tribunale

12     Nel loro ricorso, a sostegno del quale deducono un motivo d’impugnazione unico articolato in quattro parti, vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, i ricorrenti domandano alla Corte di annullare la sentenza impugnata nonché la decisione controversa e di condannare l’UAMI alle spese.

13     L’UAMI e la DaimlerChrysler chiedono il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alle spese.

 Sulla prima parte del motivo d’impugnazione

 Argomento dei ricorrenti

14     I ricorrenti sostengono che, ai punti 56-58 della sentenza impugnata, il Tribunale ha applicato erroneamente l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in particolare per quanto riguarda il criterio della «somiglianza col marchio anteriore» cui tale norma si riferisce.

15     A loro parere, erroneamente il Tribunale ha ritenuto che il significato che si annette a un nome celebre come PICASSO, essendo chiaro e determinato e, pertanto, direttamente comprensibile da parte del pubblico di riferimento, possa dar luogo ad una differenza di ordine concettuale tra i due segni tale da neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche peraltro esistenti tra tali segni.

16     Essi affermano, da un lato, che la differenza concettuale esistente tra due segni non può risultare accresciuta per il fatto che il significato di uno di loro è chiaro e determinato, cosicché può essere compreso immediatamente dal pubblico di riferimento. Questa circostanza sarebbe dunque priva di pertinenza quando si tratti di valutare se la detta differenza concettuale possa avere l’effetto di neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche tra i segni di cui trattasi.

17     D’altra parte, la valutazione della rilevanza da attribuire ad eventuali somiglianze visive, fonetiche o concettuali tra un marchio e un altro dovrebbe, come risulterebbe dal punto 27 della sentenza 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer (Racc. pag. I‑3819), avvenire alla luce della categoria di prodotti contrassegnati dal marchio nonché nelle condizioni in cui essi sono commercializzati. Ne risulterebbe che il significato che il nome di un personaggio celebre può rivestire al di fuori del settore di tali prodotti sarebbe privo di pertinenza ai fini di una tale valutazione. A torto, pertanto, il Tribunale si sarebbe fondato su tale significato per concludere, senza prendere in considerazione la detta categoria di prodotti né la situazione di mercato, nel senso di una neutralizzazione delle somiglianze visive e fonetiche constatate tra i segni in conflitto.

 Giudizio della Corte

18     Come risulta tanto dal decimo ‘considerando’ della direttiva 89/104 quanto dal settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, la valutazione del rischio di confusione dipende da numerosi fattori e, segnatamente, dalla notorietà del marchio sul mercato, dall’associazione che può essere fatta con il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti o servizi designati. Il rischio di confusione dev’essere quindi oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v., in tal senso, a proposito della direttiva 89/104, sentenza SABEL, citata, punto 22).

19     Inoltre, tale valutazione globale deve, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, fondarsi sull’impressione complessiva prodotta da tali marchi, tenendo conto, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (v., in particolare, sentenza SABEL, citata, punto 23).

20     Affermando, al punto 56 della sentenza impugnata, che, qualora il significato di almeno uno dei due segni considerati sia chiaro e determinato, di modo che il pubblico di riferimento possa immediatamente comprenderlo, le differenze concettuali constatate tra tali segni possono neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche esistenti tra loro, e dichiarando poi che il caso di specie rientrava in tale ipotesi, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto.

21     Come giustamente sostiene l’UAMI, nella fattispecie una valutazione del genere si inscrive pienamente nel processo destinato ad accertare l’impressione d’insieme prodotta da tali segni e ad effettuare una valutazione globale in merito al rischio di confusione tra di essi.

22     Occorre infatti ricordare che, al punto 54 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che i due segni in questione sono simili sul piano visivo e fonetico, ma che il grado di somiglianza su quest’ultimo piano è debole. Ha peraltro dichiarato, al punto 55 della citata sentenza, che tali segni non sono simili sul piano concettuale.

23     Successivamente il Tribunale, ai punti 56 e seguenti della sentenza impugnata, si è pronunciato sull’impressione d’insieme suscitata da tali segni e ha concluso, in esito ad una valutazione di fatto che la Corte non è competente a sindacare in sede di impugnazione, in assenza di qualunque allegazione relativa ad uno snaturamento dei fatti, nel senso della sussistenza di un effetto di neutralizzazione delle somiglianze visive e fonetiche in ragione della differenza concettuale, particolarmente marcata ed evidente, constatata nella specie. Ciò facendo, il Tribunale ha tenuto conto in particolare, nell’ambito della sua valutazione globale del rischio di confusione e come risulta dal punto 59 della detta sentenza, del fatto che il grado di attenzione del pubblico di riferimento è, nel caso di prodotti quali le automobili, particolarmente elevato.

24     Al punto 61 della stessa sentenza, il Tribunale si è altresì pronunciato sulla questione del carattere distintivo del marchio PICASSO, eventualmente tanto elevato da rafforzare il rischio di confusione tra i due marchi per i prodotti di cui trattasi.

25     Pertanto, soltanto in esito all’esame di diversi fattori atti a consentirgli di procedere ad una valutazione globale del rischio di confusione, al punto 62 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso dichiarando che il grado di somiglianza tra i marchi in questione non è sufficientemente elevato da far supporre che il pubblico di riferimento possa credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente legate tra loro, cosicché non esiste rischio di confusione tra tali marchi.

26     Per il resto, è sufficiente rilevare che solo fondandosi su una lettura erronea della sentenza impugnata i ricorrenti possono sostenere che il Tribunale, allorché ha valutato la somiglianza tra i segni in conflitto, avrebbe omesso di prendere in considerazione la categoria dei prodotti di cui trattasi.

27     Risulta infatti dai punti 55 e 57 della detta sentenza che il Tribunale ha dichiarato in particolare – ancora una volta in esito ad una serie di valutazioni di fatto che non spetta alla Corte verificare in sede di impugnazione – che, di fronte al segno denominativo PICASSO, il pubblico pertinente vi ravvisa immancabilmente un riferimento al pittore e che, tenuto conto della celebrità di quest’ultimo presso il detto pubblico, tale riferimento concettuale particolarmente denso è idoneo ad attenuare in larga misura la pregnanza di cui nella fattispecie il segno è dotato in quanto marchio, tra gli altri, di autoveicoli.

28     Risulta da quanto precede cha la prima parte del motivo non è fondata.

 Sulla seconda parte del motivo d’impugnazione

29     Con la seconda parte del motivo d’impugnazione dedotto, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 applicando in maniera erronea la regola secondo cui la tutela di cui il marchio fruisce dev’essere tanto più estesa quanto più elevato è il suo carattere distintivo, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga intrinsecamente o in ragione della notorietà dello stesso sul mercato (citate sentenze SABEL, punto 24, Canon, punto 18, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 20).

30     Essi rammentano a tal proposito che, per determinare il carattere distintivo di un marchio e dunque valutare se esso abbia un carattere distintivo elevato, occorre valutare globalmente l’idoneità più o meno elevata del marchio ad identificare i prodotti o servizi per i quali è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e quindi a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese (v., in particolare, sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 22).

31     A loro parere, il segno PICASSO, che non contiene alcun elemento descrittivo di automobili, possiede un carattere distintivo intrinsecamente elevato. Limitandosi ad esaminare, al punto 61 della sentenza impugnata, il segno PICASSO senza ricollegarlo ai prodotti di cui trattasi, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare le qualità distintive intrinseche di tale marchio, vale a dire la maggiore o minore sua idoneità ad identificare tali prodotti come provenienti da un’impresa determinata.

32     A questo proposito è sufficiente rilevare che, come l’avvocato generale osserva giustamente al paragrafo 47 delle sue conclusioni, dal combinato disposto dei punti 57 e 61 della sentenza impugnata risulta, implicitamente ma con certezza, che il Tribunale ha appunto ritenuto, a seguito di una valutazione di fatto il cui sindacato esula dalla competenza della Corte in sede di impugnazione, che il segno PICASSO sia privo di qualunque carattere distintivo intrinseco elevato per quanto riguarda le automobili.

33     Ne consegue che la seconda parte del motivo dev’essere respinta.

 Sulla terza e sulla quarta parte del motivo d’impugnazione

 Argomenti dei ricorrenti

34     Con la terza e la quarta parte del motivo d’impugnazione dedotto, che è opportuno esaminare congiuntamente, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha applicato erroneamente l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 allorché ha dichiarato, ai punti 59 e 60 della sentenza impugnata, che, ai fini della valutazione del rischio di confusione nell’ambito di un procedimento di opposizione a una domanda di registrazione, occorre tenere conto del livello di attenzione esercitato dal consumatore medio nel momento in cui si accinge a compiere, e compie, la sua scelta tra diversi prodotti o servizi.

35     Secondo i ricorrenti, una simile interpretazione è troppo restrittiva in quanto contravviene alla regola, enunciata dalla Corte al punto 57 della citata sentenza Arsenal Football Club, secondo la quale il marchio dev’essere tutelato contro eventuali confusioni non soltanto al momento dell’acquisto del prodotto di cui trattasi, bensì anche prima o dopo tale acquisto. Inoltre, contrariamente a quanto il Tribunale avrebbe ancora dichiarato, una tale regola dovrebbe applicarsi allo stesso modo, sia che la valutazione del rischio di confusione avvenga ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 – come nella fattispecie – sia che avvenga ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento, vale a dire al fine di accertare un’eventuale violazione del diritto di marchio a causa dell’uso di un segno.

 Giudizio della Corte

36     Ai sensi di una costante giurisprudenza, la percezione dei marchi da parte del consumatore medio del tipo di prodotto o servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione (v., in particolare, sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 25).

37     Pertanto, al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi di cui trattasi, occorre determinarne il grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale ed, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 27).

38     A tal proposito, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che, ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, occorre segnatamente tenere conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 26).

39     Pertanto, correttamente il Tribunale ha dichiarato, al punto 59 della sentenza impugnata, che, al fine di valutare, come prevede l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, l’esistenza di un eventuale rischio di confusione tra i marchi relativi ad autoveicoli, occorre tener conto del fatto che, vista la natura dei prodotti considerati e, in particolare, il loro prezzo ed il loro accentuato carattere tecnologico, il consumatore medio presta un grado di attenzione particolarmente elevato al momento dell’acquisto di tali prodotti.

40     Infatti, una volta stabilito, sotto il profilo in fatto, che le caratteristiche obiettive di un dato prodotto implicano che il consumatore medio lo acquisti solo al termine di un esame particolarmente attento, occorre, in punto di diritto, considerare che una circostanza del genere può essere tale da ridurre il rischio di confusione tra i marchi relativi a tali prodotti nel momento cruciale in cui si effettua la scelta tra tali prodotti e tali marchi.

41     Quanto al fatto che il pubblico di riferimento può percepire tali prodotti e i relativi marchi anche in circostanze estranee a qualsiasi atto di acquisto e manifestare eventualmente, in tali circostanze, un grado di attenzione inferiore, ancora una volta correttamente il Tribunale ha rilevato, allo stesso punto 59 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una simile possibilità non impedisce che si tenga conto del livello particolarmente elevato di attenzione dispiegato dal consumatore medio allorché si accinge a compiere, e compie, la sua scelta tra diversi prodotti della categoria di cui trattasi.

42     Da un lato, è evidente che, quali che siano i prodotti e i marchi in discussione, si verificheranno sempre situazioni in cui il pubblico, trovandovisi confrontato, accorderà loro soltanto un tenue grado di attenzione. Orbene, esigere che si tenga conto del grado di attenzione minimo che il pubblico può esercitare in presenza di un prodotto e di un marchio equivarrebbe a privare di qualunque rilevanza, ai fini della valutazione del rischio di confusione, il criterio consistente nel grado di attenzione variabile a seconda della categoria del prodotto, quale rammentato al punto 38 della presente sentenza.

43     D’altro lato, come rileva l’UAMI, non potrebbe ragionevolmente pretendersi dall’autorità chiamata a valutare l’esistenza di un rischio di confusione che essa determini, per ciascuna categoria di prodotti, un valore medio di attenzione del consumatore a partire dal grado di attenzione di cui quest’ultimo può dar prova nelle diverse situazioni.

44     Nemmeno la citata sentenza Arsenal Football Club osta all’analisi che precede.

45     Occorre infatti sottolineare che, nella detta sentenza, la Corte doveva accertare se l’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 dovesse interpretarsi nel senso che ostava alla vendita e all’offerta di prodotti che recassero un segno identico al marchio registrato da un terzo per tali prodotti.

46     La Corte, dopo aver concluso per l’affermativa, ha precisato che il fatto che un’avvertenza collocata nel luogo di vendita dei prodotti attirasse l’attenzione dei consumatori sulla circostanza che tali prodotti non provenivano dal titolare del marchio non incideva su tale conclusione. È dunque in questo specifico contesto che la Corte, al punto 57 della citata sentenza Arsenal Football Club, ha affermato che, anche supponendo che una siffatta avvertenza possa essere fatta valere dall’interessato a sua difesa, non poteva escludersi, nella fattispecie di cui alla causa principale, che taluni consumatori – in particolare se i prodotti erano presentati loro dopo essere stati venduti e asportati dal luogo di vendita – interpretassero il segno apposto su tali prodotti come indicante il marchio in oggetto quale impresa di provenienza dei prodotti stessi.

47     Con tale dichiarazione, la Corte non ha affatto formulato una regola generale da cui possa inferirsi che, ai fini della valutazione del rischio di confusione ai sensi degli artt. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104 o 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, non si debba far riferimento, in via privilegiata, al grado di attenzione particolarmente elevato che i consumatori manifestano al momento di acquistare una certa categoria di prodotti.

48     Occorre infine rilevare che, allorché il Tribunale, al punto 60 della sentenza impugnata, ha affermato che la questione del grado di attenzione del pubblico di riferimento da prendere in considerazione per valutare il rischio di confusione è diversa da quella diretta a sapere se circostanze posteriori alla situazione di acquisto possano rilevare al fine di valutare se vi sia violazione di un diritto di marchio, come è stato riconosciuto, relativamente all’uso di un segno identico al marchio, nella citata sentenza Arsenal Football Club, esso non ha affatto dichiarato, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che la nozione di rischio di confusione accolta dagli artt. 8, n. 1, lett. b), e 9, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 deve ricevere un’interpretazione diversa.

49     Risulta da quanto precede che la terza e la quarta parte del motivo devono essere disattese.

50     Poiché nessuna delle parti dell’unico motivo d’impugnazione dedotto dalle ricorrenti a sostegno del loro ricorso è fondata, quest’ultimo dev’essere respinto.

 Sulle spese

51     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e la DaimlerChrysler hanno concluso chiedendo la condanna dei ricorrenti, questi ultimi, rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Claude Ruiz-Picasso, le sig.re Paloma Ruiz-Picasso, Maya Widmaier-Picasso e Marina Ruiz-Picasso, nonché il sig. Bernard Ruiz-Picasso sono condannati alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.