Causa C‑301/04 P

Commissione delle Comunità europee

contro

SGL Carbon AG

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Concorrenza — Intesa — Elettrodi di grafite — Art. 81, n. 1, CE — Ammende — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende — Comunicazione sulla cooperazione — Produzione di documenti nel corso di un’indagine della Commissione»

Massime della sentenza

1.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Richiesta di informazioni — Poteri della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 11)

2.        Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa censurata

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, titolo D, punto 2)

1.        Il regolamento n. 17 non riconosce all’impresa nei cui confronti venga svolta un’indagine ai sensi del regolamento medesimo alcun diritto di sottrarvisi. All’impresa incombe, anzi, un obbligo di attiva collaborazione, per cui deve tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l’oggetto dell’indagine.

Con riguardo alla questione se tale obbligo si applichi anche a richieste di informazioni suscettibili di essere utilizzate per acclarare, nei confronti dell’impresa che le fornisca, l’esistenza di un’infrazione alle norme sulla concorrenza, è pacifico che la Commissione, al fine di preservare l’effetto utile dell’art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17, ha il diritto di obbligare l’impresa a fornire tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, sebbene questi possano servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale.

L’obbligo di cooperazione che incombe sull’impresa non le consente di sottrarsi a richieste di produrre documenti sulla base del rilievo che, dando esito a tali richieste, risulterebbe costretta a testimoniare contro se stessa.

Infine, se è pur vero che deve essere rispettato, evidentemente, il diritto della difesa, l’impresa interessata potrebbe ancora far valere, sia durante il procedimento amministrativo sia nel processo dinanzi ai giudici comunitari, che i documenti possiedono un senso diverso rispetto a quello loro attribuito dalla Commissione.

(v. punti 40‑41, 48‑49)

2.        Una riduzione in base alla comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, prova di un’effettiva cooperazione da parte della stessa.

Non può essere ritenuto indice di un tale spirito di cooperazione il comportamento di un’impresa che, ancorché non fosse tenuta a rispondere a un quesito posto dalla Commissione, lo abbia fatto in modo incompleto e fuorviante.

(v. punti 68‑69)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

29 giugno 2006 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Elettrodi di grafite – Art. 81, n. 1, CE – Ammende – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende – Comunicazione sulla cooperazione – Produzione di documenti nel corso di un’indagine della Commissione»

Nel procedimento C‑301/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 14  luglio 2004,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. W. Mölls e W. Wils nonché dalla sig.ra H. Gading, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

SGL Carbon AG, con sede in Wiesbaden (Germania), rappresentata dall’avv. M. Klusmann, Rechtsanwalt,

ricorrente in primo grado,

Tokai Carbon Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone),

Nippon Carbon Co. Ltd, con sede in Tokyo,

Showa Denko KK, con sede in Tokyo,

GrafTech International Ltd, già UCAR International Inc., con sede in Wilmington (Stati Uniti),

SEC Corp., con sede in Amagasaki (Giappone),

The Carbide/Graphite Group Inc., con sede in Pittsburgh (Stati Uniti),

ricorrenti in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. P. Kūris, G. Arestis e J. Klučka, giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 settembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento del punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 29 aprile 2004 nelle cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon Co. Ltd e a./Commissione (Racc. pag. II‑1181; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella parte in cui ha ridotto a EUR 69 114 000 l’importo dell’ammenda inflitta alla società SGL Carbon AG (in prosieguo: la «SGL Carbon») dalla decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE – Caso COMP/E-1/36.490 – Elettrodi di grafite (GU 2002, L 100, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

 Il regolamento n. 17

2        L’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»), dispone quanto segue:

«1.      Per l’assolvimento dei compiti affidatile dall’articolo [85] e dalle norme emanate in applicazione dell’articolo [83] del Trattato, la Commissione può raccogliere tutte le informazioni necessarie presso i Governi e le autorità competenti degli Stati membri, nonché presso le imprese e associazioni di imprese.

2.      Quando la Commissione rivolge una domanda di informazioni ad un’impresa o ad un’associazione d’imprese, invia contemporaneamente una copia di questa domanda all’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio ha sede l’impresa o l’associazione di imprese.

3.      Nella sua domanda la Commissione indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, nonché le sanzioni previste dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera b), nel caso in cui siano fornite informazioni inesatte.

4.      L’obbligo di fornire le informazioni richieste incombe ai proprietari delle imprese o ai loro rappresentanti e, se si tratta di persone giuridiche, di società o di associazioni sprovviste di personalità giuridica, a coloro che, per legge, o in base allo statuto, ne hanno la rappresentanza.

5.      Se un’impresa o un’associazione di imprese non dà le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione oppure dà informazioni incomplete, la Commissione le richiede mediante decisione. Tale decisione precisa le informazioni richieste, stabilisce un termine adeguato entro il quale esse devono essere fornite ed indica le sanzioni previste dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera b) e dall’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione.

6.      La Commissione invia contemporaneamente copia della decisione all’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio ha sede l’impresa o l’associazione di imprese».

3        L’art. 15 del detto regolamento così recita:

«1.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni d’imprese ammende varianti da cento a cinquemila unità di conto quando, intenzionalmente o per negligenza:

(…)

b)      forniscano informazioni inesatte in risposta a una domanda rivolta a norma dell’articolo 11, paragrafi 3 e 5 (…)

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [82] del Trattato, (…)

(…)

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

(...)»

 Gli orientamenti

4        La comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), enuncia nel suo preambolo:

«I principi indicati negli orientamenti [...] dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

 La comunicazione sulla cooperazione

5        La comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione») definisce le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare.

6        Ai sensi del titolo A, n. 5, della detta comunicazione:

«La cooperazione di un’impresa è soltanto uno dei vari elementi di cui la Commissione tiene conto nel determinare l’ammontare di un’ammenda. (...)»

 Antefatti

7        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha riassunto come segue i fatti relativi alla controversia:

«1.      Con decisione 2002/271/CE (...) la Commissione ha accertato la partecipazione di varie imprese ad una serie di accordi e di pratiche concordate, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo [2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), in prosieguo: l’«accordo SEE»] nel settore degli elettrodi di grafite.

2.      Gli elettrodi di grafite sono utilizzati prevalentemente nella produzione d’acciaio in forni elettrici ad arco. La produzione d’acciaio mediante tali forni è sostanzialmente un processo di riciclaggio, nel quale rottami d’acciaio sono trasformati in acciaio nuovo, contrariamente al procedimento classico di produzione a partire dal minerale di ferro negli altiforni ad ossigeno. Per fondere i rottami d’acciaio si utilizzano nove elettrodi, raggruppati in colonne di tre. Per l’intensità del processo di fusione, si consuma all’incirca un elettrodo ogni otto ore. La produzione di un elettrodo richiede circa due mesi. Non esistono prodotti che possano sostituire gli elettrodi di grafite nell’ambito di questo processo produttivo.

3.      La domanda di elettrodi di grafite è direttamente legata alla produzione d’acciaio nei forni elettrici ad arco; i clienti sono prevalentemente produttori d’acciaio, che rappresentano l’85% della domanda. Nel 1998, la produzione mondiale d’acciaio grezzo è stata pari a 800 milioni di tonnellate, 280 milioni delle quali sono state prodotte in forni elettrici ad arco (...).

(...)

5.      Durante gli anni Ottanta, i progressi tecnologici hanno determinato una sostanziale riduzione del consumo di elettrodi per ogni tonnellata d’acciaio prodotto. Nello stesso periodo, anche l’industria siderurgica ha attraversato una fase di profonda ristrutturazione. La riduzione della domanda di elettrodi ha cagionato un processo di ristrutturazione dell’industria mondiale degli elettrodi. Molte fabbriche sono state chiuse.

6.      Nel 2001, nove produttori occidentali hanno rifornito il mercato europeo di elettrodi di grafite:

(...).

7.      Il 5 giugno 1997, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 (...), taluni funzionari della Commissione hanno condotto, contemporaneamente e senza preavviso, accertamenti presso i locali di [taluni produttori di elettrodi di grafite] (...).

8.      Lo stesso giorno, agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) hanno effettuato negli Stati Uniti perquisizioni presso le sedi di numerosi produttori. A seguito di tali accertamenti è stata avviata un’azione penale nei confronti della SGL (...) per intesa illecita. Tutti gli imputati si sono riconosciuti colpevoli e hanno accettato di pagare le ammende, stabilite in una somma pari a USD 135 milioni per la SGL (...).

(...)

10.      Negli Stati Uniti sono state intentate azioni civili di risarcimento danni (triple damages) nei confronti della SGL (...) per conto di un gruppo di acquirenti.

11.      In Canada (...). [n]el luglio 2000 la SGL ha ammesso la sua colpevolezza e ha accettato di pagare un’ammenda di CAD 12,5 milioni per (...) infrazione [alla legge canadese sulla concorrenza]. Azioni civili sono state intentate nel giugno 1998 in Canada da alcuni produttori d’acciaio nei confronti della SGL (...) per intesa illecita.

12.      Il 24 gennaio 2000 la Commissione ha inviato alle imprese censurate una comunicazione degli addebiti. Il procedimento amministrativo ha portato all’adozione, il 18 luglio 2001, della Decisione [controversa], con la quale si contesta alle imprese ricorrenti (...) di aver fissato i prezzi su scala mondiale e di aver ripartito i mercati nazionali e regionali del prodotto di cui trattasi secondo il principio del “produttore nazionale”: (...) la SGL (...) [era responsabile per talune aree] dell’Europa, (...)

13.      Sempre secondo la Decisione [controversa], i principi direttivi dell’intesa erano i seguenti:

–        i prezzi degli elettrodi di grafite dovevano essere fissati a livello mondiale;

–        le decisioni relative ai prezzi di ciascuna società dovevano essere prese esclusivamente dai presidenti o dai direttori generali;

–        il “produttore nazionale” doveva fissare il prezzo di mercato all’interno del suo “territorio”, e gli altri produttori si sarebbero adeguati;

–        per i mercati “non nazionali”, cioè i mercati sui quali non era presente un produttore “nazionale”, i prezzi sarebbero stati decisi di comune accordo;

–        i produttori “non nazionali” non dovevano farsi una concorrenza aggressiva e si ritiravano dai mercati “nazionali” degli altri;

–        non doveva esserci alcuna espansione della capacità (i produttori giapponesi avrebbero dovuto ridurre la propria);

–        non si doveva procedere a trasferimenti di tecnologia al di fuori della cerchia di produttori partecipanti al cartello.

14.      La Decisione [controversa] prosegue esponendo che tali principi direttivi sono stati applicati mediante riunioni dell’intesa che si svolgevano a vari livelli: riunioni degli “alti dirigenti” e riunioni “di lavoro”, riunioni del gruppo dei produttori europei (senza le imprese giapponesi), riunioni nazionali o regionali dedicate a mercati specifici e a contatti bilaterali tra le imprese.

(...)

16.      In base agli accertamenti fattuali e alle valutazioni giuridiche di cui alla Decisione [controversa], la Commissione ha condannato le imprese censurate al pagamento di ammende il cui importo è stato calcolato in conformità al metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’art. 65, paragrafo 5 del trattato CECA (...), nonché nella comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (...).

17.      L’art. 3 del dispositivo della Decisione infligge le seguenti ammende:

(...)

SGL: EUR 80,2 milioni;

(...)

18.      L’art. 4 del dispositivo ingiunge alle imprese interessate di pagare le ammende entro tre mesi dalla data di notifica della Decisione [controversa], sotto pena di pagamento degli interessi pari all’8,04%».

 Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

8        La SGL e altre imprese destinatarie della decisione contestata hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorso diretto all’annullamento della detta decisione.

9        Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, inter alia, quanto segue:

«(...)

2)      Nella causa T‑ 239/01, SGL Carbon/Commissione:

–        L’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dall’art. 3 della Decisione 2002/271 è stabilito in EUR 69 114 000;

–        Il ricorso è respinto per il resto;

(...)»

10      Con riguardo al calcolo delle ammende inflitte, il Tribunale, ai punti 401‑412 della decisione impugnata, ha dichiarato quanto segue:

«401      Va quindi rilevato che il motivo essenziale per cui la Commissione ha concesso alla SGL una riduzione dell’ammenda pari solamente al 30% è indicato al ‘considerando’ 174 della Decisione [controversa]: secondo la Commissione, un’impresa merita una riduzione dell’ammenda solamente se la sua cooperazione è “volontaria” e prestata al di fuori “dell’esercizio di qualsiasi potere di indagine”; poiché “una parte sostanziale delle informazioni fornite [dalla SGL] nella dichiarazione ufficiale costituisc[e] di fatto la risposta di SGL alla richiesta di informazioni della Commissione [...] [l]a dichiarazione di SGL [è stata] considerata come contributo volontario ai sensi della [comunicazione sulla cooperazione] soltanto se le informazioni fornite erano più ampie di quelle richieste ai sensi dell’articolo 11”. Inoltre, la SGL ha inviato la sua dichiarazione dell’8 giugno 1999 solamente dopo un altro sollecito con cui la Commissione si riservava il diritto di adottare una decisione formale conformemente all’art. 11, n. 5 (‘considerando’ 173 della Decisione [controversa]). Basandosi sulla sentenza della Corte 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione (Racc. pag. 3283, punti 27, 28 e 32-35), la Commissione non ha quindi premiato quelle informazioni che, a suo parere, la SGL era comunque obbligata a fornire in risposta ad una richiesta di informazioni ovvero a una decisione che disponeva, sotto la minaccia di sanzioni, la comunicazione delle informazioni richieste.

402      In tale contesto, va sottolineato che non può essere riconosciuto un diritto al silenzio assoluto, invocato dalla SGL per sostenere di non essere stata tenuta a rispondere ad alcuna richiesta d’informazioni. Il riconoscimento di un tale diritto andrebbe infatti oltre quanto necessario per preservare i diritti della difesa delle imprese e costituirebbe un ostacolo ingiustificato allo svolgimento, da parte della Commissione, del compito di vigilanza sul rispetto delle regole di concorrenza nel mercato comune. Un diritto al silenzio può essere riconosciuto all’impresa interessata soltanto nei limiti in cui essa sarebbe obbligata a fornire risposte attraverso le quali sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione che dev’essere provata dalla Commissione (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2001, causa T‑112/98, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑729, punti 66 e 67).

403 Per preservare l’effetto utile dell’art. 11 del regolamento n. 17, la Commissione può quindi obbligare le imprese a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui queste ultime siano a conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui siano in possesso, anche se essi possono servire ad accertare l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale (v. sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, citata al precedente punto 402, punto 65, e la giurisprudenza ivi citata).

404      Tale potere di richiesta d’informazioni della Commissione, confermato dalle sentenze Orkem/Commissione e Mannesmannröhren-Werke/Commissione, citate rispettivamente ai precedenti punti 401 e 402, non contrasta né con l’art. 6, nn. 1 e 2, della CEDU [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950] (sentenza Mannesmannröhren‑Werke/Commissione, citata, punto 75), né con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

405      Infatti, se è vero che la Corte ha stabilito [sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 274] che, successivamente alla sentenza Orkem/Commissione, citata al precedente punto 401, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, della quale il giudice comunitario deve tener conto, ha conosciuto nuovi sviluppi con la citata sentenza Funke, citata al precedente punto 382, con la sentenza 10 maggio 1994 Saunders/Regno Unito 17 dicembre 1996 (Recueil des arrêts et décisions 1996-VI, pag. 2044, §§ 69, 71 e 76), nonché con la sentenza 3 maggio 2001, J.B./Suisse (Recueil des arrêts et décisions, 2001‑III, §§ 64‑71), essa non ha tuttavia modificato, nella citata sentenza [Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione], la propria giurisprudenza.

406      Comunque, il fatto di essere obbligati a rispondere ai quesiti di mero fatto posti dalla Commissione e di soddisfare le richieste della stessa di produzione di documenti preesistenti non è idoneo a costituire una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa o ad un processo equo, che offrono, nel settore del diritto della concorrenza, una protezione equivalente a quella garantita dall’art. 6 della CEDU. Infatti nulla impedisce al destinatario di una richiesta di informazioni di dimostrare, in un momento successivo nell’ambito del procedimento amministrativo o nel corso di un procedimento dinanzi al giudice comunitario, che i fatti esposti nelle risposte o i documenti comunicati hanno un significato diverso da quello considerato dalla Commissione (sentenza Mannesmannröhren-Werke/Commissione, citata al precedente punto 402, punti 77 e 78).

407      Quanto poi all’accertare in che misura la SGL fosse tenuta, alla luce della giurisprudenza citata, a rispondere alla richiesta di informazioni 31 marzo 1999, si deve rilevare che, al di là delle domande puramente fattuali e delle richieste di documenti preesistenti, la Commissione ha chiesto di descrivere l’oggetto e lo svolgimento di numerose riunioni cui avrebbe partecipato la SGL, nonché i risultati e le conclusioni di tali riunioni, quando risultava chiaro che la Commissione sospettava che l’oggetto di tali riunioni fosse quello di limitare la concorrenza. Ne discende che una tale domanda era tale da costringere la SGL ad ammettere la sua partecipazione ad un’infrazione alle norme comunitarie della concorrenza.

408      Lo stesso vale per le domande intese a ottenere i verbali delle citate riunioni, i documenti di lavoro e i documenti preparatori ad esse relativi, le note manoscritte afferenti, le note e le conclusioni sulle riunioni stesse, i documenti di pianificazione e di discussione, nonché i progetti esecutivi relativi agli aumenti di prezzi effettuati tra il 1992 e il 1998.

409      Poiché la SGL non era tenuta a rispondere a simili domande contenute nella richiesta di informazioni 31 marzo 1999, il fatto che essa abbia comunque fornito informazioni sui punti indicati dev’essere considerato come collaborazione volontaria dell’impresa, atta a giustificare una riduzione dell’ammenda, in applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

410 Tale conclusione non può essere contestata in base all’argomento della Commissione secondo cui le informazioni di cui trattasi non sono state fornite spontaneamente, bensì in risposta ad una richiesta di informazioni. Infatti, il punto D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, lungi dal richiedere un atto spontaneo, assunto per sola iniziativa dell’impresa interessata, si limita a richiedere informazioni che contribuiscano a “confermare” la sussistenza dell’infrazione. Inoltre, lo stesso punto C, relativo ad una riduzione dell’ammenda maggiore rispetto a quella prevista al punto D, consente di ricompensare una cooperazione fornita “dopo che la Commissione abbia proceduto ad accertamenti, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa stessa”. D’altra parte, la circostanza che una richiesta di informazioni sia stata rivolta alla SGL in forza dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 17, non può essere determinante per sminuire la cooperazione fornita da un’impresa, ai sensi del punto D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, tanto più che una tale richiesta è un atto meno vincolante di un accertamento effettuato sulla base di una decisione.

411 Ne discende che la Commissione ha sottovalutato l’importanza della cooperazione fornita in tale contesto dalla SGL.

412      Laddove la Commissione contesta alla SGL di aver fornito una risposta incompleta alla domanda relativa a quali fossero le imprese informate dalla SGL, nel giugno 1997, dell’imminenza delle verifiche della Commissione, è vero che, con lettera 30 luglio 1997, la SGL ha limitato la sua confessione alla VAW e ad un’altra impresa, senza precisare di avere altresì informato la UCAR. Tuttavia, la Commissione ha essa stessa sottolineato che l’avvertimento della SGL aggravava l’infrazione, comportava l’applicazione di un’ammenda il cui effetto dissuasivo era più rilevante rispetto alla normalità dei casi e poteva essere considerato come circostanza aggravante, avendo tale comportamento della SGL posto le condizioni necessarie al mantenimento in attività del cartello e al prolungamento dei suoi effetti nefasti. Risulta quindi che la SGL non era tenuta a comunicare alla Commissione di aver avvertito altre imprese. Infatti, tali informazioni erano idonee ad aggravare la sanzione che la Commissione avrebbe applicato alla SGL. Anche su questo punto, la Commissione ha quindi erroneamente valutato il comportamento della SGL, contestandole di aver fornito una risposta incompleta».

 L’impugnazione

11      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata relativamente al n. 2 del suo dispositivo;

–        condannare la SGL Carbon alle spese.

12      La SGL Carbon chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Commissione alle spese.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale

13      Con lettera pervenuta alla Corte in data 24 febbraio 2006, la SGL Carbon ha chiesto, in forza dell’art. 61 del regolamento di procedura della Corte, la riapertura della fase orale.

14      A sostegno della detta domanda, la SGL Carbon fa valere che le conclusioni dell’avvocato generale nel presente ricorso non riprodurrebbero sempre correttamente l’esposizione dei fatti delle parti nonché i rilievi del Tribunale. Tali conclusioni conterrebbero, del pari, motivi e presunzioni non sollevati sono ad ora dalle parti negli atti di causa e che non costituivano l’oggetto dell’udienza. Tali conclusioni, pertanto, non potrebbero costituire una preparazione sufficiente alla decisione, bensì richiederebbero, eccezionalmente, osservazioni supplementari prima che la Corte decida definitivamente.

15      In proposito, occorre ricordare, anzitutto, che lo Statuto della Corte e il regolamento di procedura della medesima non prevedono, per le parti, la possibilità di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v., in particolare, ordinanza 4 febbraio 2000, causa C17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I‑665, punto 2).

16      Per quanto riguarda il motivo dedotto dalla SGL Carbon, occorre ricordare che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, o anche su domanda delle parti, ordinare la riapertura della fase orale, ai sensi dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, se ritiene che siano necessari ulteriori chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto tra le parti (v., in particolare, sentenze 13 novembre 2003, causa C‑209/01, Schilling e Fleck‑Schilling, Racc. pag. I‑13389, punto 19, nonché 17 giugno 2004, causa C‑30/02, Recheio – Cash & Carry, Racc. pag. I‑6051, punto 12).

17      Nella fattispecie, la Corte ritiene di essere sufficientemente istruita in ordine a tutti gli elementi ad essa necessari ai fini della decisione del presente ricorso.

18      La Corte ritiene pertanto che non occorra ordinare la riapertura della fase orale.

 Sull’impugnazione

19      Secondo la Commissione, i punti 401-412 della sentenza impugnata sono incompatibili con il diritto comunitario, in particolare con l’art. 15 – nel combinato disposto con l’art. 11 – del regolamento n. 17 e con la comunicazione sulla cooperazione. A suo avviso, il Tribunale è incorso in taluni errori di diritto nella valutazione delle risposte della SGL Carbon alle richieste di informazioni della Commissione con riguardo all’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda. Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe inficiata, in tali punti, da errori di motivazione. La Commissione articola il proprio motivo in due capi.

20      La SGL Carbon sostiene che, così come osservato dal Tribunale, la richiesta di informazioni della Commissione del 30 giugno 1997, nonché i quesiti da 1 a 5 e 7, secondo trattino, della richiesta di informazioni del 31 marzo 1999, esulavano dalle competenze della Commissione in materia di indagine. Tali richieste, infatti, si sarebbero poste in contrasto con il diritto di non autoaccusarsi (nemo tenetur se ipsum accusare). Di conseguenza, in base alla comunicazione sulla cooperazione, sarebbe stato necessario ridurre ulteriormente l’ammenda almeno dell’8%. In ogni caso, la sentenza del Tribunale non sarebbe inficiata dal alcun errore di valutazione al riguardo.

 Primo capo: la richiesta di informazioni del 31 marzo 1999

–       Argomenti delle parti

21      Secondo la Commissione, la sentenza impugnata sarebbe inficiata, ai punti 408 e 409, da diversi errori in diritto con riguardo all’interpretazione dell’art. 15 – nel combinato disposto con l’art. 11 – del regolamento n. 17, nonché della comunicazione sulla cooperazione. L’istituzione, infatti, avrebbe il diritto di chiedere in qualunque momento la produzione di documenti e tale richiesta non sarebbe lesiva del diritto alla difesa.

22      La Commissione sottolinea che i punti richiamati nella richiesta di informazioni del 31 marzo 1999 vertevano sulla «produzione» di documenti in possesso della SGL Carbon e che non si trattava di quesiti volti ad ottenere una «risposta» da parte di quest’ultima. Ciò premesso, la conclusione del Tribunale secondo cui alcuni elementi della detta domanda sarebbero stati tali da costringere la SGL ad ammettere la propria partecipazione ad un’infrazione non potrebbe applicarsi alle domande intese a ottenere documenti esistenti.

23      La Commissione sostiene che una richiesta di documenti esistenti è sempre compatibile con il diritto alla difesa, anche se essi possono servire ad accertare l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, come espressamente sottolineato dal Tribunale ai punti 403, 406 e 407 della sentenza impugnata. Il Tribunale, pertanto, avrebbe contraddetto la giurisprudenza della Corte, nonché le proprie conclusioni.

24      Secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe dovuto accertare in qual misura la SGL Carbon, nel produrre i documenti menzionati nella richiesta di informazioni del Tribunale, si fosse effettivamente conformata ai diversi punti specificamente contestati dal Tribunale stesso. Orbene, dalla risposta della detta società, recante la data dell’8 giugno 1999, emergerebbe che ciò non è avvenuto. Al contrario, la SGL Carbon avrebbe risposto di non possedere documenti del tipo di quelli richiesti.

25      La Commissione ne deduce che gli elementi oggetto della richiesta di informazioni del 31 marzo 1999 non sono tali da giustificare una riduzione dell’ammenda maggiore di quella già concessa. Infatti, l’istituzione avrebbe tenuto conto della circostanza che la SGL Carbon, nonostante la mancanza dei documenti in oggetto, aveva tentato di contribuire all’accertamento dei fatti. Gli unici elementi di cui non avrebbe tenuto conto nel fissare la riduzione sarebbero quelli che costituivano la risposta della SGL Carbon alla richiesta formale di informazioni. Per contro, nel ridurre del 30% l’importo dell’ammenda inflitta, avrebbe tenuto conto di informazioni che andavano al di là di quanto richiesto ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17.

26      Orbene, secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe tuttavia erroneamente ritenuto, al punto 409 della sentenza impugnata, che la SGL Carbon si fosse conformata alla richiesta di informazioni relativa ai detti elementi in quanto tali e che la Commissione non avesse tenuto conto di tale apporto.

27      La Commissione aggiunge che la sentenza impugnata è parimenti viziata da un errore di motivazione. Infatti, i punti 408 e 409 della detta sentenza sarebbero manifestamente in contraddizione con i punti 403, 406 e 407 della sentenza medesima, in cui il Tribunale avrebbe ripreso i criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte. Il Tribunale, inoltre, non avrebbe spiegato in qual modo – alla luce, da un canto, del tenore letterale della risposta della SGL Carbon dell’8 giugno 1999 e, dall’altro, della decisione controversa – sia potuto giungere alla conclusione che la detta società avesse apportato all’indagine della Commissione un contributo di cui l’istituzione non aveva tenuto conto.

28      La SGL Carbon sostiene che tutti gli elementi contenuti nel memorandum dell’8 giugno 1999, nonché le sue risposte alla richiesta di informazioni del 30 giugno 1997 andrebbero qualificati come espressione di piena cooperazione, dal momento che non si potrebbe operare alcuna distinzione tra il riconoscimento esplicito di un’infrazione e gli elementi di fatto o la produzione di documenti probatori dell’infrazione stessa.

29      La SGL Carbon fa valere che i quesiti 1‑5 e 7, secondo trattino, della richiesta di informazioni del 31 marzo 1999 non miravano unicamente a costringerla ad ammettere l’infrazione, ma dovevano anche indurla a comunicare elementi che provassero la sua propria infrazione. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte e della Corte europea dei diritti dell’uomo, essa non poteva essere costretta a rispondere a tali quesiti. Ciò premesso, il fatto che avesse spontaneamente comunicato le informazioni e gli elementi richiesti dovrebbe essere considerato quale contributo che giustifichi una riduzione dell’ammenda.

30      In subordine, vale a dire nell’ipotesi in cui la Corte non riconoscesse l’esistenza di un diritto al silenzio assoluto, la SGL Carbon ritiene che la sentenza del Tribunale non sia in contrasto con la giurisprudenza della Corte in materia. Un’impresa, infatti, non può essere costretta a fornire risposte consistenti nel riconoscere l’esistenza di un’infrazione la cui prova deve essere fornita dalla Commissione. Ai sensi di tale giurisprudenza, la sentenza del Tribunale sarebbe corretta, in quanto in essa veniva ritenuto quale elemento giustificativo della riduzione dell’ammenda, in applicazione dell’esame richiesto alla luce delle norme in merito, il fatto che la SGL Carbon avesse risposto alla richiesta di informazioni del 31 marzo 1999 oltre quanto fosse tenuta a fare.

31      La SGL Carbon conclude che, se un’impresa interrogata presenta – senza esservi obbligata – documenti probatori nel settore di cui trattasi, ciò costituisce, ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, un’iniziativa da riconoscere in quanto tale, come avrebbe correttamente ritenuto il Tribunale al punto 409 della sentenza impugnata. In Tribunale, infatti, avrebbe correttamente sottolineato che la valutazione della cooperazione consiste nell’identificare il valore aggiunto sostanziale apportato spontaneamente.

32      La SGL Carbon precisa inoltre che, in tale contesto, poco importa accertare l’esistenza di una precedente richiesta di informazioni. Infatti, ci si dovrebbe chiedere se ed in qual misura l’elemento sostanziale apportato dovesse essere reso noto o meno. Nella seconda ipotesi, anche una risposta ad una richiesta di informazioni potrebbe essere spontanea e, dunque, pertinente dal punto di vista di una cooperazione dell’impresa di cui trattasi.

–       Giudizio della Corte

33      Il primo capo del motivo riguarda, essenzialmente, la questione se la SGL Carbon fosse tenuta a produrre tutti i documenti richiesti dalla Commissione nella domanda di informazioni del 31 marzo 1999 e, di conseguenza, se le valutazioni del Tribunale in ordine a tale questione, contenute ai punti 408 e 409 della sentenza impugnata, siano legittime.

34      Di conseguenza, occorre stabilire se la risposta della SGL Carbon a tale richiesta della Commissione fosse da intendersi quale cooperazione volontaria ovvero quale adempimento di un obbligo.

35      Con riguardo al contenuto della detta richiesta, si deve rilevare che la Commissione aveva sollecitato, inter alia, taluni documenti relativi all’oggetto ed allo svolgimento delle riunioni cui la SGL Carbon aveva partecipato, nonché i documenti relativi ai risultati ovvero alle conclusioni delle riunioni medesime. Tali documenti sono stati descritti dalla Commissione quali copie di convocazioni, ordini del giorno, elenchi dei partecipanti, note manoscritte, documenti di lavoro, documenti preparatori, documenti di pianificazione e progetti esecutivi concernenti gli aumenti di prezzo.

36      Il Tribunale ha affermato, al punto 408 della sentenza impugnata, che, con riguardo al diritto dell’impresa di diniego di produrre documenti tali da comportare il riconoscimento dell’infrazione, «lo stesso vale per le domande intese a ottenere i verbali delle citate riunioni, i documenti di lavoro e i documenti preparatori ad esse relativi, le note manoscritte afferenti, le note e le conclusioni sulle riunioni stesse, i documenti di pianificazione e di discussione, nonché i progetti esecutivi relativi agli aumenti di prezzi effettuati tra il 1992 e il 1998».

37      Il Tribunale, al punto 409 della sentenza impugnata, ha ritenuto a tal riguardo che la SGL Carbon non fosse «tenuta a rispondere a simili domande…». Pertanto, ha ritenuto che, poiché la Commissione non poteva costringerla a fornire i documenti in oggetto, la risposta dell’impresa dovesse essere ritenuta quale «collaborazione volontaria».

38      Tali valutazioni del Tribunale sono viziate da errori in diritto.

39      Si deve ricordare, anzitutto, che, conformemente all’art. 11, n. 1, del regolamento n 17, per l’assolvimento dei compiti affidatile in materia, la Commissione può raccogliere tutte le informazioni necessarie presso i governi e le autorità competenti degli Stati membri, nonché presso le imprese e associazioni di imprese. Ai sensi del n. 4 del medesimo articolo, l’obbligo di fornire le informazioni richieste incombe ai proprietari delle imprese o ai loro rappresentanti e, ove si tratti di persone giuridiche, di società o di associazioni sprovviste di personalità giuridica, a coloro che, per legge, o in base allo statuto, ne hanno la rappresentanza.

40      Quanto si poteri della Commissione ai fini della formulazione di tali domande, si deve ricordare che, al punto 27 della sentenza Orkem/Commisisone, cit., la Corte ha sottolineato che il regolamento n. 17 non riconosce all’impresa nei cui confronti venga svolta un’indagine ai sensi del regolamento medesimo alcun diritto di sottrarvisi e che all’impresa incombe, anzi, un obbligo di attiva collaborazione, per cui deve tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l’oggetto dell’indagine.

41      Con riguardo alla questione se tale obbligo si applichi anche a richieste di informazioni suscettibili di essere utilizzate per acclarare, nei confronti dell’impresa che le fornisca, l’esistenza di un’infrazione alle norme sulla concorrenza, la Corte ha affermato, al punto 34 della detta sentenza, che, al fine di preservare l’effetto utile dell’art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17, la Commissione ha il diritto di obbligare l’impresa a fornire tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, sebbene questi possano servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale.

42      Per contro, del tutto diversa è la situazione in cui la Commissione intenda ottenere da parte di un’impresa assoggettata ad indagine risposte attraverso le quali questa sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza della trasgressione, che deve invece essere provata dalla Commissione (v. sentenza Orkem/Commissione, cit., punto 35).

43      Occorre aggiungere che la Corte, ai punti 274‑276 della sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., ha osservato che, successivamente alla sentenza Orkem/Commissione, cit., la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, della quale il giudice comunitario deve tener conto in sede di intepretazione dei diritti fondamentali, ha conosciuto nuovi sviluppi. A tal riguardo, tuttavia, la Corte ha rilevato che tali sviluppi non erano tali da mettere in discussione le considerazioni di principio svolte nella sentenza Orkem/Commissione, cit.

44      Da tale giurisprudenza non discende che i poteri di indagine della Commissione siano stati limitati con riguardo alla produzione di documenti che si trovino in possesso di un’impresa oggetto di indagine. L’impresa interessata, pertanto, su richiesta della Commissione, deve fornirle i detti documenti attinenti all’oggetto dell’indagine, anche se essi possano essere adoperati dalla Commissione al fine di dimostrare l’esistenza di un’infrazione.

45      Si deve anche ricordare che il Tribunale stesso, al punto 405 della sentenza impugnata, ha espressamente richiamato i principi enunciati nella sentenza Orkem/Commissione, nonché la circostanza che la Corte non abbia operato una modifica della propria giurisprudenza in materia.

46      Il Tribunale ha tuttavia ritenuto, nel prosieguo del proprio ragionamento, che la richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 1999 fosse tale da obbligare la SGL Carbon a riconoscere la propria partecipazione relativa ad infrazioni alle norme comunitarie sulla concorrenza.

47      Orbene, tale valutazione del Tribunale disconosce la portata dell’art. 11 del regolamento n. 17, come interpretato dalla Corte e, pertanto, indebolisce il principio di cooperazione cui sono tenute le imprese assoggettate ad un’indagine della Commissione.

48      Tale obbligo di cooperazione, infatti, non consente all’impresa di sottrarsi a richieste di produrre documenti sulla base del rilievo che, dando esito a tali richieste, risulterebbe costretta a testimoniare contro se stessa.

49      Peraltro, come correttamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle conclusioni, se è pur vero che deve essere rispettato, evidentemente, il diritto della difesa, l’impresa interessata potrebbe ancora far valere, sia durante il procedimento amministrativo sia nel processo dinanzi ai giudici comunitari, che i documenti possiedono un senso diverso rispetto a quello loro attribuito dalla Commissione.

50      In tal modo, il Tribunale, nel ritenere che, in considerazione della comunicazione sulla cooperazione, ricorressero i requisiti per una riduzione dell’ammenda, è incorso in un errore di diritto.

51      Il primo capo del primo motivo, pertanto, è fondato.

 Secondo capo: la richiesta di informazioni del 30 giugno 1997

–       Argomenti delle parti

52      La Commissione deduce che il punto 412 della sentenza impugnata è inficiato da molteplici errori di diritto. Il Tribunale, infatti, avrebbe attribuito alla Commissione un punto di vista da essa non sostenuto e non avrebbe esaminato gli argomenti svolti dalla Commissione nelle proprie osservazioni, il che costituirebbe un difetto di motivazione.

53      La Commissione sottolinea di non aver mai preteso limitare la riduzione concessa alla SGL Carbon a termini della comunicazione sulla cooperazione in base al rilievo che la detta impresa non avrebbe indicato tutte le imprese avvertite dall’istituzione medesima in ordine all’imminenza di un controllo. La Commissione, al contrario, non avrebbe concesso una maggiore riduzione, ritenendo che la risposta effettivamente data dalla SGL Carbon non andasse al di là del suo obbligo di cooperazione, conformemente all’art. 11 del regolamento n. 17.

54      La Commissione sostiene che la questione da essa posta non travalicava i poteri d’indagine di cui essa dispone e che, pertanto, la risposta fornita non andava al di là di quanto richiesto ai sensi dall’art. 11 del regolamento n. 17. Di conseguenza, non vi sarebbe stato motivo di concedere una riduzione dell’ammenda in base alla comunicazione sulla cooperazione. Per di più, il fatto che la risposta della SGL fosse incompleta e fuorviante costituirebbe un ulteriore motivo per non accordare una riduzione ai sensi della detta comunicazione.

55      Secondo la Commissione, il Tribunale non avrebbe risposto neanche all’argomento dedotto in subordine, secondo cui la SGL Carbon avrebbe omesso di richiamare, nella propria risposta alla richiesta di informazioni del 30 giugno 1997, i principali argomenti che hanno portato ad un aumento dell’ammenda a causa dell’esistenza di una circostanza aggravante. Come lo stesso Tribunale avrebbe riconosciuto, solo contributi effettivi all’inchiesta della Commissione potevano dar luogo ad una riduzione dell’ammenda.

56      La Commissione rileva, del pari, che una riduzione per un «mancato contributo scusabile» sarebbe stata in ogni caso compatibile, se il Tribunale l’avesse prevista, con l’art. 15 del regolamento n. 17 e con la comunicazione sulla cooperazione. Infatti, secondo i principi che disciplinano l’applicazione di tali disposizioni, una riduzione si giustifica solo quando il comportamento dell’impresa abbia consentito alla Commissione di rilevare l’esistenza di un’infrazione con difficoltà minori e, eventualmente, di porvi termine.

57      La Commissione sostiene che il Tribunale, se ha ritenuto che la risposta effettivamente data dalla SGL Carbon – vale a dire il fatto di aver avvertito un’altra impresa dell’imminenza delle verifiche – avrebbe dovuto dar luogo ad una riduzione dell’ammenda, ha violato l’art. 15, nel combinato disposto con l’art. 11 del regolamento n. 17, e la comunicazione sulla cooperazione. La Commissione, infatti, non sarebbe tenuta a concedere una riduzione dell’ammenda per il sol fatto che un’impresa si sia conformata ad una richiesta di informazioni se quest’ultima rispetta i limiti posti dalla giurisprudenza della Corte. Orbene, ciò sarebbe quanto si verificherebbe nella specie, poiché la domanda del 30 giugno 1997 sarebbe stata intesa ad ottenere informazioni su fatti e non avrebbe indotto la SGL Carbon a riconoscere l’esistenza dell’infrazione.

58      La Commissione riconosce che il fatto di avvertire un’altra impresa non costituiva una violazione dell’art. 81 CE e sostiene che il Tribunale stesso ha ritenuto che tali avvertimenti non costituissero violazione della detta disposizione. Il Tribunale, tuttavia, avrebbe ritenuto che le informazioni in oggetto potessero aggravare la sanzione che la Commissione si accingeva ad infliggere alla SGL Carbon e ne avrebbe tratto la conclusione, al punto 412 della sentenza impugnata, che la detta impresa non fosse tenuta a comunicare alla Commissione di aver avvertito altre imprese dell’imminenza di una verifica. Orbene, in tal modo, il Tribunale avrebbe disconosciuto il senso della giurisprudenza in materia.

59      Secondo la Commissione, la questione decisiva consiste nel determinare se la risposta richiesta anticipi, di per sé, la conclusione in ordine all’esistenza di un’infrazione, sicché l’impresa si esporrebbe ad una sanzione per il solo fatto di tale risposta. Orbene, il fatto di avvertire un altro operatore economico dell’imminenza di una verifica, di per sé, non esporrebbe l’impresa alla contestazione di un’infrazione ovvero a sanzioni. La circostanza, rilevata dal Tribunale, che la Commissione abbia ritenuto tale avvertimento aggravante sarebbe ininfluente. Infatti, per giungere a tale conclusione, la Commissione avrebbe dovuto anzitutto provare l’infrazione e l’informazione relativa all’avvertimento non sarebbe tale da sostituire la detta prova.

60      La Commissione sostiene, inoltre, che il fatto di aver ritenuto sussistere una circostanza aggravante non ricade nell’accertamento degli elementi di fatto costitutivi dell’infrazione, bensì nell’esercizio del proprio potere discrezionale ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda. Peraltro, la circostanza che l’informazione fornita abbia potuto contribuire, quale elemento di fatto, a fornire la prova dell’infrazione resterebbe irrilevante.

61      La Commissione conclude che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che la risposta della SGL Carbon – secondo la quale essa avrebbe avvertito un’altra impresa dell’imminenza della verifica – dovesse comportare una riduzione dell’ammenda. Tale interpretazione sarebbe in contrasto con l’art. 15, nel combinato disposto con l’art. 11, del regolamento n. 17 e con la comunicazione sulla cooperazione. La sentenza, peraltro, sarebbe contraddittoria su tale punto, così come lo sarebbe con riguardo alla produzione di documenti preesistenti. Infatti, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, il Tribunale avrebbe ricordato i criteri pertinenti ai punti 402‑406 della sentenza impugnata, senza peraltro applicarli.

62      La SGL Carbon ritiene corretta l’affermazione del Tribunale, al punto 412 della sentenza impugnata, secondo cui la richiesta di informazioni della Commissione del 30 giugno 1997 era illegittima. La SGL Carbon, infatti, avrebbe spontaneamente riconosciuto di aver avvertito talune imprese di precedenti verifiche e la Commissione avrebbe dovuto tener conto di tale riconoscimento nel contesto della valutazione della cooperazione.

63      La detta impresa sostiene che l’argomento della Commissione deve essere respinto in quanto irricevibile atteso che né l’istituzione né il Tribunale hanno accertato l’esistenza di un accordo ai fini della distruzione dei documenti. La Commissione non potrebbe far valere, nel contesto di un’impugnazione, nuovi elementi di fatto.

64      La SGL Carbon deduce che la richiesta di informazioni era priva di fondamento normativo, dal momento che gli avvertimenti ad altre imprese non sono ricompresi tra i fatti sanzionati dall’art. 81 CE. I diritti che l’art. 11 del regolamento n. 17 attribuisce alla Commissione, infatti, non abiliterebbero l’istituzione a porre quesiti relativi ad elementi di fatto non contemplati dalla detta disposizione. Tuttavia, anche ammettendo che tali avvertimenti potessero costituire circostanze aggravanti, il fatto di averli riconosciuti dovrebbe essere qualificato come elemento di cooperazione.

65      La SGL Carbon ritiene che, in ogni caso, il Tribunale ha correttamente rilevato che essa non era tenuta a comunicare alla Commissione di aver avvertito altre imprese in ordine all’esistenza di precedenti verifiche.

–       Giudizio della Corte

66      Si deve ricordare, in limine, che, nella sua richiesta di informazioni del 30 giugno 1997, la Commissione aveva chiesto alla SGL Carbon di indicarle, inter alia, i nomi delle imprese dell’industria degli elettrodi di grafite che essa aveva avvertito in ordine alla possibilità di essere assoggettati a provvedimenti di indagine della Commissione.

67      Si deve rilevare che il Tribunale ha osservato, al punto 412 della sentenza impugnata, che tale impresa non era tenuta a comunicare alla Commissione, a seguito della detta richiesta, di aver avvertito altre imprese, e che la Commissione non avrebbe potuto obbligare la SGL Carbon a rispondere. Il Tribunale ha concluso, al medesimo punto della sentenza impugnata, che la Commissione aveva erroneamente valutato il comportamento della SGL Carbon contestandole di aver fornito una risposta incompleta.

68      Al fine di valutare la fondatezza di tale ragionamento del Tribunale, occorre ricordare che dalla recente giurisprudenza della Corte emerge che una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata potessero essere considerati, al riguardo, prova di un’effettiva cooperazione da parte della stessa (v. sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I–5425, punti 388‑403, segnatamente punto 395 ).

69      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 78 delle conclusioni, ancorché la SGL Carbon non fosse tenuta a rispondere alla domanda posta dalla Commissione, lo ha fatto in modo incompleto e fuorviante. Pertanto, tale comportamento non può essere ritenuto indice di uno spirito di cooperazione ai sensi della sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit.

70      Il Tribunale, pertanto, è incorso in un errore di diritto nel ritenere che la SGL Carbon soddisfi, in ragione del suo comportamento, i requisiti per una eventuale riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione. Il punto 412 della sentenza del Tribunale, pertanto, è parimenti inficiato da un errore di diritto. Ne consegue che il secondo capo del motivo è fondato.

 Sulle conseguenze dell’annullamento della sentenza del Tribunale

71      Ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Essa può quindi statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

72      La Corte ritiene che, nel caso in esame, ricorrano i requisiti perché possa statuire definitivamente.

73      Si deve ricordare che il Tribunale ha concesso alla SGL Carbon una riduzione supplementare del 10% ai sensi del primo e secondo trattino del titolo D, n. 2, della comunicazione sulla cooperazione, peraltro successivamente ridotta all’8% a causa del comportamento della detta impresa. Tale riduzione dell’8% era destinata a compensare la SGL Carbon per le risposte alla domanda formulata dalla Commissione, che è stata ritenuta al di là della competenza della Commissione, le quali sono state qualificate dal Tribunale come comportamento ricompreso nella sfera di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

74      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 69 e 82 delle conclusioni, solo un’esigua parte delle domande formulate dalla Commissione, e cioè quelle relative all’oggetto e ai risultati delle riunioni della SGL Carbon con altre imprese, andavano al di là di ciò a cui l’impresa avrebbe potuto essere obbligata a rispondere.

75      La Corte rileva che tale elemento equivale a un quinto delle informazioni richieste dalla Commissione.

76      Ciò premesso, la Corte ritiene giustificata una riduzione supplementare totale del 4% oltre al 30% concesso dalla Commissione.

77      L’ammenda deve pertanto essere fissata in un importo pari a EUR 75,7 milioni.

 Sulle spese

78      Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. A termini dell’art. 69, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, che, ai sensi dell’art. 118 di quest’ultimo, si applica al procedimento di impugnazione, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della SGL Carbon e quest’ultima è rimasta sostanzialmente soccombente rispetto ai propri motivi nell’ambito dell’impugnazione, occorre condannarla alle spese del presente giudizio.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il primo trattino del punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 29 aprile 2004 nelle cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, è annullato.

2)      L’importo dell’ammenda inflitta alla società SGL Carbon AG dall’art. 3 della decisione della Commissione 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE – Caso COMP/E‑1/36.490 – Elettrodi di grafite, è fissato in EUR 75,7 milioni.

3)      La SGL Carbon AG è condannata alle spese del presente giudizio.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco