Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑273/04,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 28 giugno 2004,

Repubblica di Polonia, rappresentata, inizialmente, dal sig. T. Nowakowski e dalla sig.ra E. Ośniecka‑Tamecka e, successivamente, dal sig. T. Nowakowski, dall’avv. M. Szpunar, dal sig. B. Majczyna, dalla sig.ra K. Rokicka e dal sig. I. Niemirka, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica di Lettonia, rappresentata dalle sig.re A. Zikmane e E. Balode‑Buraka, in qualità di agenti,

Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriaučiūnas, in qualità di agente, con domicilio eletto in Bruxelles,

Repubblica di Ungheria, rappresentata dal sig. P. Gottfried e dalla sig.ra R. Somssich, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato, inizialmente, dal sig. F. Ruggeri Laderchi e dalla sig.ra K. Zieleśkiewicz e, successivamente, dal sig. F. Florindo Gijón e dalla sig.ra K. Zieleśkiewicz, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. T. van Rijn, dalla sig.ra A. Stobiecka‑Kuik e dal sig. L. Visaggio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Lenaerts, L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. J.‑C. Bonichot, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. M.‑A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 23 gennaio 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 giugno 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il suo ricorso la Repubblica di Polonia chiede alla Corte l’annullamento dell’art. 1, punto 5, della decisione del Consiglio 22 marzo 2004, 2004/281/CE, recante adattamento dell’atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, a seguito della riforma della politica agricola comune (GU L 93, pag. 1; in prosieguo: la «decisione contestata»).

2. Con ordinanza del presidente della Corte 15 marzo 2005, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria e la Commissione delle Comunità europee sono state ammesse ad intervenire nel presente procedimento a sostegno, per quanto riguarda i suddetti tre Stati membri, della Repubblica di Polonia e, per quanto riguarda la Commissione, del Consiglio.

Contesto normativo

Il regolamento (CE) n. 1259/1999

3. Ai sensi dell’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1259, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune (GU L 160, pag. 113), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 19 giugno 2001, n. 1244 (GU L 173, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1259/1999»):

«Il presente regolamento si applica ai pagamenti corrisposti direttamente agli agricoltori nell’ambito di regimi di sostegno della politica agricola comune finanziati in tutto o in parte dalla sezione garanzia del [Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG)], eccetto quelli previsti dal regolamento (CE) [del Consiglio 17 maggio 1999] n. 1257/1999, [sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160, pag. 80)].

Tali regimi di sostegno sono elencati nell’allegato».

4. L’art. 11, n. 4, secondo trattino, del regolamento n. 1259/1999 prevede che la Commissione adotta le modifiche dell’allegato che si rivelino necessarie tenendo conto dei criteri indicati all’art. 1 di quest’ultimo.

5. Il suddetto allegato è intitolato «Elenco dei regimi di sostegno che soddisfano i criteri di cui all’articolo 1». Tale elenco è stato ampliato dal regolamento (CE) della Commissione 9 gennaio 2004, n. 41 (GU L 6, pag. 19).

Il Trattato e l’Atto di adesione

6. Ai sensi dell’art. 2, n. 3, del Trattato tra il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell’unione europea) e la Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca relativo all’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca all’Unione europea, firmato ad Atene il 16 aprile 2003 (GU L 236, pag. 17; in prosieguo: il «Trattato di adesione»):

«In deroga al paragrafo 2, le istituzioni dell’Unione possono adottare prima dell’adesione le misure di cui (…) agli articoli 21 [e] 23 (…) [dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU L 236, pag. 33; in prosieguo: l’«Atto di adesione»)] (…). Queste misure prendono effetto con riserva dell’entrata in vigore del presente trattato e alla data di quest’ultima».

7. L’art. 23 dell’Atto di adesione prevede:

«Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può effettuare gli adattamenti delle disposizioni del presente atto, relative alla PAC, che possono risultare necessari in quanto derivanti da una modifica nelle regole comunitarie. Tali adattamenti possono essere effettuati prima della data dell’adesione».

8. Del pari l’art. 20 dell’Atto di adesione prevede che gli atti elencati nel suo allegato II formano oggetto degli adattamenti specificati in tale allegato.

9. Il suddetto allegato contiene un capitolo 6, parte A, intitolato «Normativa agricola», il cui punto 27, lett. b), prevede l’inserimento nel regolamento n. 1259/1999 di un art. 1 bis, redatto nei termini seguenti:

«Introduzione di regimi di sostegno nei nuovi Stati membri

Nella Repubblica ceca, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, in Lituania, in Ungheria, a Malta, in Polonia, in Slovenia e in Slovacchia (in appresso denominati “i nuovi Stati membri”) i pagamenti diretti concessi in virtù dei regimi di sostegno di cui all’articolo 1 sono introdotti conformemente al seguente schema di incrementi espressi in percentuale del livello applicabile, raggiunto il 30 aprile 2004, di tali pagamenti nella Comunità:

25% nel 2004

30% nel 2005

35% nel 2006

40% nel 2007

50% nel 2008

60% nel 2009

70% nel 2010

80% nel 2011

90% nel 2012

100% dal 2013».

Il regolamento (CE) n. 1782/2003

10. Il regolamento (CE) del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1782, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001 (GU L 270, pag. 1, e, rettifica, GU 2004, L 94, pag. 70), ha abrogato il regolamento n. 1259/1999 dal 1º maggio 2004.

11. Ai sensi dell’art. 1:

«Il presente regolamento istituisce:

– norme comuni concernenti i pagamenti diretti nell’ambito dei regimi di sostegno del reddito della politica agricola comune finanziati dalla sezione Garanzia (…) del (FEAOG) di cui all’allegato I, eccetto quelli previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999,

– un regime di sostegno al reddito degli agricoltori (in seguito denominato “regime unico di pagamento”),

– regimi di sostegno a favore degli agricoltori che producono (…) frutta a guscio, colture energetiche, (…) latte (…)».

12. Questi ultimi regimi di sostegno, in quanto consistono in pagamenti diretti ai sensi dell’art. 2 del medesimo regolamento, vengono finanziati dal FEAOG, sezione Garanzia.

13. L’allegato I del regolamento n. 1782/2003 è intitolato «Elenco dei regimi di sostegno che soddisfano i criteri di cui all’articolo 1» dello stesso regolamento. Tale elenco include, in particolare, l’aiuto per la frutta a guscio, l’aiuto per le colture energetiche, nonché i premi e i pagamenti supplementari per i prodotti lattiero‑caseari, previsti, rispettivamente, ai capi 4 (artt. 83‑87), 5 (artt. 88‑92) e 7 (artt. 95‑97) del suddetto regolamento.

La decisione contestata

14. La decisione contestata è stata adottata ai sensi degli artt. 2, n. 3, del Trattato di adesione e dell’art. 23 dell’Atto di adesione. Essa prevede, in particolare, all’art. 1, punto 5, la sostituzione del punto 27 del capitolo 6, parte A, dell’allegato II dell’Atto di adesione, le cui disposizioni modificavano il regolamento n. 1259/1999, con disposizioni che modificano il regolamento n. 1782/2003, al fine di tener conto della risistemazione della normativa relativa alla politica agricola comune (PAC) introdotta, mediante l’adozione di tale ultimo regolamento, in seguito alla firma degli strumenti di adesione.

15. La suddetta decisione prevede, in particolare all’art. 1, punto 5, lett. c), l’inserimento, nel regolamento n. 1782/2003, di un art. 143 bis, formulato nel modo seguente:

«Introduzione dei regimi di sostegno

I pagamenti diretti sono introdotti nei nuovi Stati membri conformemente al seguente schema di incrementi, espressi in percentuale del livello applicabile, raggiunto il 30 aprile 2004, di tali pagamenti nella Comunità:

– 25% nel 2004,

– 30% nel 2005,

– 35% nel 2006,

– 40% nel 2007,

– 50% nel 2008,

– 60% nel 2009,

– 70% nel 2010,

– 80% nel 2011,

– 90% nel 2012,

– 100% dal 2013».

16. Ai sensi dell’art. 8 della decisione contestata:

«La presente decisione è redatta nelle lingue ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, lettone, lituana, maltese, olandese, polacca, portoghese, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese, ciascuno dei ventuno testi facente ugualmente fede».

Fatti

17. I fatti alla base del presente ricorso di annullamento trovano il loro punto di partenza nei negoziati di adesione della Repubblica di Polonia all’Unione europea.

18. Come risulta da un documento sulla posizione della Repubblica di Polonia ai fini dei negoziati nel settore dell’agricoltura, adottato dal Consiglio dei ministri il 9 dicembre 1999, nonché dalla risposta della Repubblica di Polonia alla posizione comune dell’Unione europea del 20 giugno 2002 relativa al settore dell’agricoltura, adottata dal Consiglio dei ministri l’8 ottobre 2002, la Repubblica di Polonia, nel corso di tali negoziati, ha manifestato più volte la sua intenzione di «adottare, a partire dal giorno dell’adesione, tutto il complesso normativo relativo all’organizzazione comune dei mercati agricoli, a condizione che venga garantito all’agricoltura polacca l’accesso a tutto il sistema della [PAC], ivi incluso [quello] dei pagamenti diretti».

19. La posizione dell’Unione europea è stata allora definita sulla base di un documento di riflessione adottato dalla Commissione il 30 gennaio 2002, che era essenzialmente fondato sulla necessità di proseguire la ristrutturazione in corso nel settore agricolo dei nuovi Stati membri, sulla situazione del reddito degli agricoltori di tali Stati membri, nonché sull’esigenza di evitare di crearvi squilibri rispetto ad altri settori economici, oppure situazioni di rendita speculativa. Alla luce di tali considerazioni il suddetto documento concludeva che non si sarebbero dovute accogliere le domande con cui i nuovi Stati membri chiedevano di beneficiare, a partire dall’adesione, di pagamenti diretti dello stesso livello applicabile agli allora quindici Stati membri dell’Unione (in prosieguo: gli «Stati membri originari»), in modo tale che si raccomandava l’«introduzione progressiva durante un periodo transitorio dei pagamenti diretti nei nuovi Stati membri».

20. Inoltre la posizione assunta nei negoziati dagli Stati membri originari nei confronti della Repubblica di Polonia è stata fissata nella posizione comune dell’Unione europea in data 31 ottobre 2002, nella quale si dichiarava che quest’ultima «prende atto della domanda della Polonia diretta a far sì che i pagamenti diretti vengano concessi ai suoi agricoltori dopo l’adesione nella stessa misura in cui sono concessi agli agricoltori dell’Unione (…). Essa considera che tale domanda non debba essere accolta, ma che i pagamenti diretti debbano essere introdotti progressivamente in Polonia durante un periodo transitorio».

21. In mancanza di un accordo tra le parti, i negoziati in merito sono proseguiti fino al Consiglio europeo di Copenhagen del 12 e 13 dicembre 2002, e alla conferenza di adesione che ha avuto luogo a margine di esso, le cui conclusioni evidenziano che la questione dell’introduzione progressiva dei pagamenti diretti nei nuovi Stati membri è stata risolta secondo i termini della posizione comune dell’Unione europea del 31 ottobre 2002.

22. Il 16 aprile 2003, al vertice del Consiglio europeo di Atene, la Repubblica di Polonia ha firmato il Trattato di adesione.

23. Peraltro, il 29 settembre 2003, è stato adottato il regolamento n. 1782/2003.

24. Considerata la necessità di adeguare l’Atto di adesione alla riforma della PAC operata soprattutto da tale regolamento, la Commissione ha presentato, il 27 ottobre 2003, una proposta di decisione che prevedeva l’applicazione del meccanismo di introduzione graduale a tutti i pagamenti diretti. A partire dal momento in cui ha avuto conoscenza di tale progetto, il governo polacco si è opposto, in tutte le fasi del processo legislativo e attraverso numerose comunicazioni scritte, a quanto esso qualificava come estensione del sistema di introduzione graduale dei pagamenti diretti, facendo valere in particolare che l’adozione delle misure progettate avrebbe comportato una modifica delle condizioni di adesione e non sarebbe stato conforme all’art. 23 dell’Atto di adesione.

25. La decisione contestata è stata adottata il 22 marzo 2004.

26. La Repubblica di Polonia, considerando che tale decisione non costituisce un adattamento dell’Atto di adesione, ma una modifica sostanziale delle condizioni di adesione in esso fissate, ha proposto il presente ricorso di annullamento.

Sulla ricevibilità del ricorso

Posizione delle parti

27. Nel corso della fase scritta, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità fondata sulla proposizione tardiva del ricorso.

28. Secondo il Consiglio, la decisione sarebbe stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 marzo 2004 (GU L 93). Poiché l’atto introduttivo è stato depositato nella cancelleria della Corte il 28 giugno 2004, il ricorso sarebbe stato proposto dopo la scadenza dei termini ai sensi delle disposizioni dell’art. 230, quinto comma, CE e dell’art. 81 del regolamento di procedura della Corte.

29. La Repubblica di Polonia contesta la fondatezza di tale eccezione di irricevibilità.

30. La Repubblica di Polonia, sostenuta dagli Stati membri intervenienti, ritiene, in primo luogo, che il termine a disposizione di un nuovo Stato membro per proporre il ricorso di annullamento di un atto emanato in forza dell’art. 23 dell’Atto di adesione comincia a decorrere soltanto a partire dalla data dell’adesione di tale Stato membro per evitare, da un lato, che il suddetto Stato membro si possa avvalere soltanto di un termine di ricorso incompleto e, dall’altro, che l’istituzione comunitaria dalla quale tale atto promana possa sottrarsi al controllo giurisdizionale della Corte promosso dagli Stati aderenti, adottando e facendo pubblicare tale atto almeno due mesi prima che tali Stati ottengano la qualità di Stato membro.

31. In secondo luogo, tali Stati membri sostengono che, al 30 marzo 2004, la pubblicazione della decisione contestata non era stata attuata in tutte le lingue ufficiali dei nuovi Stati membri, come tuttavia previsto dall’art. 8 di tale decisione. Nell’ambito del suo controricorso la Repubblica di Polonia suggerisce inoltre che la Gazzetta ufficiale che pubblica tale decisione in lingua polacca potrebbe essere stata retrodatata in violazione del principio della certezza del diritto. Al riguardo, la Corte, con ordinanza 15 novembre 2006, ha disposto una misura di istruzione con la quale ha chiesto al direttore generale dell’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee di rispondere per iscritto al quesito relativo a quale fosse la data reale di pubblicazione della decisione contestata, cioè la data alla quale tale decisione era disponibile al pubblico.

32. In terzo luogo, la Repubblica di Polonia e gli Stati membri intervenienti fanno valere il principio della tutela giurisdizionale effettiva, considerando che le istituzioni comunitarie non possono privare i nuovi Stati membri, unicamente tramite la scelta della data di pubblicazione della misura adottata, della possibilità di proporre un ricorso giurisdizionale contro tale misura.

Giudizio della Corte

33. Nella presente controversia la Corte considera necessario pronunciarsi anzitutto nel merito.

Nel merito

34. La Repubblica di Polonia solleva tre censure contro la decisione contestata, vertenti, rispettivamente, sull’incompetenza del Consiglio, in quanto esso avrebbe ecceduto i poteri attribuitigli dall’art. 23 dell’Atto di adesione, costituente il fondamento di tale decisione, sulla violazione del principio di uguaglianza, per effetto dell’introduzione di una discriminazione non prevista da tale Atto, nonché sulla violazione del principio di buona fede, in quanto il compromesso scaturito dai negoziati di adesione sarebbe stato rimesso in discussione unilateralmente.

Sulla prima censura, vertente sull’incompetenza del Consiglio per violazione dell’art. 23 dell’Atto di adesione

Posizione delle parti

35. Con la prima censura, la Repubblica di Polonia, sostenuta dagli Stati membri intervenienti, considera che l’art. 23 dell’Atto di adesione non può servire come base legale per l’adozione delle misure previste all’art. 1, punto 5, della decisione contestata, che consistono nell’estendere ai nuovi pagamenti diretti il sistema dell’introduzione progressiva. Infatti tali misure non costituirebbero un «adattamento necessario» dell’Atto di adesione alla riforma della PAC, ai sensi del suddetto art. 23, in quanto, da un lato, esse introdurrebbero una modifica sostanziale delle condizioni di adesione fissate in tale Atto e, dall’altro, il presupposto dell’indispensabilità di una modifica delle disposizioni comunitarie non sarebbe stato dimostrato né giustificato nel preambolo della decisione.

36. Pertanto l’art. 143 bis del regolamento n. 1782/2003, introdotto dall’art. 1, punto 5, della decisione contestata, costituirebbe una vera modifica dell’Atto di adesione, nei limiti in cui esso fissa talune percentuali e un calendario applicabili in via generale a tutti i pagamenti diretti da erogare nei nuovi Stati membri, mentre, in precedenza, gli artt. 1 e 1 bis del regolamento n. 1259/1999 avrebbero limitato tale meccanismo di introduzione graduale esclusivamente ai pagamenti diretti concessi a norma dei regimi di sostegno enumerati tassativamente nell’allegato di tale ultimo regolamento.

37. Secondo la Repubblica di Polonia, tale ampliamento del numero degli aiuti soggetti a tale meccanismo di introduzione graduale eccede la nozione di «adattamenti necessari», ai sensi dell’art. 23 dell’Atto di adesione, che ha carattere esclusivamente tecnico e non può condurre a una modifica dei risultati dei negoziati di adesione. Orbene, una modifica dell’elenco dei pagamenti soggetti a tale meccanismo, come operata dalla decisione contestata, avrebbe potuto essere effettuata soltanto a partire dalla data di adesione, sulla base dell’art. 9 dell’Atto di adesione.

38. Infine, nella sua replica, la Repubblica di Polonia contesta la tesi del Consiglio secondo cui l’allegato del regolamento n. 1259/1999 avrebbe carattere esclusivamente dichiarativo. Al riguardo emergerebbe sia da un’interpretazione letterale sia da un’interpretazione teleologica dell’art. 1 di tale regolamento che il meccanismo di introduzione graduale si applica esclusivamente ai pagamenti diretti, concessi a norma dei regimi di sostegno, tassativamente elencati all’allegato del detto regolamento, di modo che il campo di applicazione di tale meccanismo non potrebbe essere più ampio del campo di applicazione dello stesso regolamento n. 1259/1999. La ricorrente invoca anche l’esistenza del procedimento di modifica di tale allegato previsto all’art. 11 del suddetto regolamento, che militerebbe a favore della natura costitutiva e non dichiarativa dell’allegato di cui trattasi.

39. Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la premessa su cui si basa tutta l’argomentazione della Repubblica di Polonia, secondo cui il meccanismo di introduzione graduale dei pagamenti diretti, detto anche meccanismo di «phasing-in», si applicherebbe soltanto ai pagamenti diretti elencati esaustivamente all’allegato del regolamento n. 1259/1999.

40. Infatti, in conformità alla sua stessa lettera, l’art. 1 bis di tale regolamento si applicherebbe in generale ai «pagamenti diretti concessi in virtù dei regimi di sostegno di cui all’articolo 1» del suddetto regolamento. Orbene, tale art. 1 fornirebbe una definizione generale della nozione di aiuti diretti che riguarderebbe tutte le forme di aiuti, esistenti o futuri, corrisposti direttamente agli agricoltori nell’ambito di regimi di sostegno della [PAC] e finanziati in tutto o in parte dalla sezione garanzia del FEAOG. Questa definizione generale della nozione di pagamenti diretti attesterebbe che il regolamento n. 1259/1999 è destinato ad essere applicato a tutti i pagamenti diretti istituiti nell’ambito della PAC. In tale prospettiva l’allegato del suddetto regolamento avrebbe soltanto natura dichiarativa, come confermato dal potere di modifica di tale allegato conferito alla Commissione dall’art. 11, n. 4, secondo trattino, dello stesso regolamento.

41. Poiché la premessa sulla quale si basa la tesi della Repubblica di Polonia si rivela erronea, la prima censura sarebbe priva di fondamento. Il Consiglio non avrebbe quindi ecceduto i limiti della competenza ad esso attribuita dall’art. 23 dell’Atto di adesione adottando la decisione contestata, in quanto essa corrisponde perfettamente alla nozione di semplice «adattamento», ai sensi di tale articolo. Secondo il Consiglio il principio dell’applicazione del meccanismo detto di «phasing-in» a tutti gli aiuti diretti era peraltro stato stabilito nel corso dei negoziati di adesione ed è previsto espressamente dall’Atto di adesione, che ha introdotto l’art. 1 bis nel regolamento n. 1259/1999. L’aver previsto l’applicazione di tale meccanismo per tutti gli aiuti diretti nel regolamento n. 1782/2003 non rappresenterebbe pertanto una novità o una modifica sostanziale rispetto all’orientamento adottato nel corso di tali negoziati.

Giudizio della Corte

42. La prima censura riguarda, sostanzialmente, l’ampiezza dei poteri conferiti al Consiglio dall’art. 23 dell’Atto di adesione.

43. Allo scopo di determinare la fondatezza di tale censura, occorre, in primo luogo, analizzare la nozione di «adattamenti necessari» ai sensi di tale articolo e, poi, determinare quale fosse la portata del meccanismo di introduzione graduale dei pagamenti diretti inizialmente instaurato dall’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione, allo scopo di verificare inoltre se, adottando la decisione contestata, il Consiglio abbia ecceduto i suddetti poteri.

– Sulla nozione di «adattamenti necessari» ai sensi dell’art. 23 dell’Atto di adesione

44. Occorre osservare, anzitutto, che la finalità dell’art. 23 dell’Atto di adesione era quella di permettere al Consiglio di adottare le disposizioni necessarie per assicurare la coerenza di tale Atto con i cambiamenti normativi derivanti dall’attività legislativa delle istituzioni nell’ambito della PAC nel periodo tra la firma di tale Atto e l’adesione effettiva dei nuovi Stati membri.

45. Tuttavia, tale attribuzione di potere non può essere interpretata estensivamente, salvo travisare i risultati dei negoziati delle condizioni di adesione dei suddetti Stati.

46. Occorre sottolineare che al riguardo la Corte si è già pronunciata sulla nozione di «adattamenti necessari» nel contesto di atti di adesione, indicando che i provvedimenti di adattamento previsti da tali atti autorizzano in linea di principio soltanto gli adattamenti destinati a rendere gli atti comunitari anteriori applicabili nei nuovi Stati membri, escludendo qualsiasi altra modifica [v., in tal senso, con riferimento all’art. 169 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21), sentenza 2 ottobre 1997, causa C‑259/95, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑5303, punti 14 e 19; per quanto riguarda l’art. 57 dell’Atto di adesione, sentenze 28 novembre 2006, causa C‑413/04, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑11221, punti 31‑38, nonché 28 novembre 2006, causa C‑414/04, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑11279, punti 29‑36)].

47. Sebbene tali sentenze riguardassero disposizioni che prevedevano un adattamento degli atti delle istituzioni che non era stato previsto dall’Atto di adesione stesso, è pur vero che, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, l’accezione assai restrittiva della nozione di «adattamento» derivante dalle suddette sentenze è enunciata in via generale qualunque sia la disposizione dell’atto di adesione di cui trattasi, che costituisce la base del provvedimento adottato, e deve, pertanto, a maggior ragione essere accolta, qualora, come nella fattispecie, si tratti di adattare disposizioni dello stesso Atto di adesione per tener conto di una modifica delle norme comunitarie alle quali tali disposizioni facevano riferimento.

48. In tale prospettiva la nozione di adattamento deve essere circoscritta ai provvedimenti che non possono comunque influire sull’ambito di applicazione di una delle disposizioni dell’Atto di adesione relative alla PAC, né modificarne sostanzialmente il contenuto, ma che costituiscono esclusivamente aggiustamenti intesi a garantire la coerenza di tale Atto e delle nuove disposizioni adottate dalle istituzioni comunitarie nel periodo compreso tra la firma dell’Atto di adesione e l’adesione stessa.

49. Quanto al requisito della necessità indispensabile per l’adozione di tale provvedimento di adattamento, è sufficiente indicare che simile requisito deriverebbe direttamente da qualsiasi modifica delle disposizioni comunitarie operata a seguito di un’innovazione normativa da parte delle istituzioni comunitarie che riguardi la PAC e che provochi una discordanza tra le disposizioni dell’Atto di adesione e il nuovo regime derivante da tale modifica.

50. Sulla base di tali considerazioni, occorre verificare se la decisione contestata possa essere qualificata come «adattamento necessario».

51. Al riguardo risulta necessario esaminare previamente il contenuto e la portata delle modifiche dell’Atto di adesione risultanti dall’art. 1, punto 5, della suddetta decisione e ricollocare tale misura nel contesto generale della PAC in cui si inscrive.

– Sulla portata del meccanismo di introduzione graduale dei pagamenti diretti

52. La tesi della Repubblica di Polonia secondo cui il sistema di introduzione graduale dei pagamenti diretti instaurato dall’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione, è applicabile soltanto ad un numero limitato di aiuti diretti elencati all’allegato di tale regolamento, e non a tutti i pagamenti diretti, è incompatibile sia con l’interpretazione letterale sia con l’interpretazione sistematica o teleologica delle disposizioni di cui trattasi.

53. Occorre anzitutto osservare che tale art. 1 bis disponeva che, nei nuovi Stati membri, «i pagamenti diretti concessi in virtù dei regimi di sostegno di cui all’articolo 1 sono introdotti conformemente al[lo] (…) schema di incrementi», previsto dal calendario riportato allo stesso articolo. Ne deriva pertanto espressamente che il sistema di introduzione graduale avrebbe dovuto applicarsi a tutti i pagamenti diretti concessi ai sensi dei regimi di sostegno di cui all’art. 1 del regolamento n. 1259/1999.

54. Tale art. 1 conteneva, al primo comma, una definizione generale della nozione di pagamenti diretti ai fini dell’applicazione del suddetto regolamento, che faceva riferimento ai «pagamenti corrisposti direttamente agli agricoltori nell’ambito di regimi di sostegno della [PAC] finanziati in tutto o in parte dalla sezione garanzia del FEAOG, eccetto quelli previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999».

55. Questa formulazione evidenzia che, con la sola eccezione espressamente prevista dei regimi di aiuto istituiti dal regolamento n. 1257/1999, il regolamento n. 1259/1999 era destinato ad applicarsi a tutti gli aiuti rispondenti alla definizione in parola, cioè concessi direttamente agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno della PAC finanziati in tutto o in parte dal FEAOG, sezione Garanzia.

56. Questa tendenza del regolamento n. 1259/1999 ad applicarsi a tutti i regimi, esistenti o futuri, che prevedono pagamenti diretti, come risultante dall’interpretazione letterale delle disposizioni di cui trattasi, è rafforzata dal primo ‘considerando’ di tale regolamento, ai sensi del quale uno degli obiettivi del detto regolamento consiste nello «stabilire alcune condizioni comuni applicabili ai pagamenti diretti nell’ambito dei diversi regimi di sostegno al reddito della [PAC]».

57. Per di più, tale interpretazione letterale è confermata dall’intenzione degli autori del testo dell’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione. Risulta infatti dai lavori preparatori alla conferenza di adesione che l’intento delle istituzioni e dei vecchi Stati membri era di imporre il meccanismo di «phasing in» nei nuovi Stati membri per tutti i pagamenti diretti.

58. Così, nel suo documento di riflessione del 30 gennaio 2002, la Commissione ha annunciato l’introduzione progressiva dei pagamenti diretti, senza sottoporla a condizioni tali da limitarne la portata. Tale orientamento è stato adottato nella posizione comune dell’Unione europea del 31 ottobre 2002, nella quale gli Stati membri originari avevano espresso la volontà di introdurre progressivamente i pagamenti diretti nel corso di un periodo transitorio, senza che tale formulazione generica fosse corredata di precisazioni tali da ridurne la portata. Infine, dalle conclusioni del Consiglio europeo di Copenhagen del 12 e 13 dicembre 2002, relative ai risultati dei negoziati di adesione, emerge che il problema dell’introduzione progressiva dei pagamenti diretti nei nuovi Stati membri era stato risolto conformemente a quanto espresso nella posizione comune del 31 ottobre 2002, in modo che tale problema non ha dato luogo ad un compromesso consistente nel limitare la portata del meccanismo di «phasing in».

59. Peraltro tale interpretazione letterale non è affatto rimessa in discussione dal dettato dell’art. 1, secondo comma, del regolamento n. 1259/1999.

60. Facendo riferimento ai pagamenti diretti, il suddetto secondo comma dell’art. 1 enuncia che «tali regimi di sostegno sono elencati nell’allegato».

61. In contrasto con quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che l’art. 1 concerne soltanto i regimi di sostegno tassativamente elencati nell’allegato del regolamento n. 1259/1999.

62. Tale tesi è inconciliabile con l’interpretazione sistematica dell’art. 1, secondo comma, del suddetto regolamento, che riguarda l’allegato di quest’ultimo.

63. Infatti, dal combinato disposto dell’art. 1, secondo comma, e dell’art. 11, n. 4, secondo trattino, del regolamento n. 1259/1999 emerge che il campo di applicazione di tale regolamento deriva dalla definizione generale che figura al suo art. 1, primo comma, e non dall’elenco contenuto nell’allegato del regolamento.

64. L’art. 11, n. 4, secondo trattino, di tale regolamento autorizza la Commissione ad emanare, nel rispetto della procedura detta «del comitato di gestione», «le modifiche dell’allegato che si rivelino necessarie tenendo conto dei criteri indicati all’articolo 1».

65. Risulta chiaramente dalla lettura di tale disposizione che il legislatore comunitario intendeva semplicemente conferire alla Commissione una competenza esecutiva allo scopo di garantire l’aggiornamento costante dell’allegato del regolamento n. 1259/1999 in caso di istituzione di nuovi aiuti che rispondessero ai criteri definiti all’art. 1, primo comma, del medesimo. Pertanto la Commissione è autorizzata esclusivamente a modificare tale allegato per farvi comparire i pagamenti diretti istituiti o modificati dal legislatore comunitario che corrispondono a tali criteri.

66. È anche innegabile che l’inclusione di un regime di aiuti in tale allegato può intervenire soltanto qualora tale regime soddisfi le condizioni definite dall’art. 1, primo comma, del regolamento n. 1259/1999, in quanto tale allegato è soltanto un concretamento di tale disposizione.

67. Ne consegue che il criterio essenziale che definisce il campo di applicazione del regolamento n. 1259/1999 risiede nelle condizioni enunciate all’art. 1, primo comma, di tale regolamento, e non nell’inclusione di un determinato aiuto nell’allegato del regolamento.

68. Infine, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, un’interpretazione teleologica degli artt. 1 e 1 bis del regolamento n. 1259/1999 conduce ad identica conclusione, in quanto lo scopo che giustificava l’attuazione del sistema di introduzione graduale dei pagamenti diretti nei nuovi Stati membri induce a ritenere che quest’ultimo abbia portata generale.

69. Infatti, la preoccupazione di non rallentare la necessaria ristrutturazione del settore agricolo di tali Stati membri e quella di non creare disparità di reddito considerevoli e distorsioni sociali, concedendo aiuti sproporzionati rispetto al livello dei redditi degli agricoltori e della popolazione in generale, valevano per l’intero settore agricolo e quindi per tutti gli aiuti diretti esistenti o futuri. Inoltre, se il meccanismo di introduzione graduale dei pagamenti diretti si applicasse solo a talune colture, cioè quelle per le quali erano già stati istituiti pagamenti diretti prima dell’adozione dell’Atto di adesione, vi sarebbe il rischio che gli agricoltori dei suddetti Stati membri siano disincentivati da tali coltivazioni e si dedichino esclusivamente a coltivazioni per le quali possano ottenere subito pagamenti diretti integrali.

70. Da quanto precede risulta che l’interpretazione auspicata dalla ricorrente dell’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione, secondo cui il sistema di introduzione graduale dei pagamenti diretti previsto da tale disposizione sarebbe applicabile soltanto a un numero limitato di aiuti diretti elencati nell’allegato di tale regolamento, e non a tutti i pagamenti diretti che rispondono ai criteri definiti dall’art. 1, primo comma, del medesimo, non è conciliabile né con il dettato né con lo spirito del regolamento stesso.

71. Tenuto conto di tale conclusione e alla luce della nozione di «adattamenti necessari», ai sensi dell’art. 23 dell’Atto di adesione, come precisata ai punti 44‑48 della presente sentenza, occorre verificare se, con l’adozione della decisione contestata, il Consiglio abbia ecceduto le competenze ad esso conferite dall’art. 23 dell’Atto di adesione.

– Sulla conformità della decisione contestata alla nozione di «adattamenti necessari» ai sensi dell’art. 23 dell’Atto di adesione

72. Come si è esposto ai punti 53‑70 della presente sentenza, l’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione, in combinato disposto con l’art. 1 di tale regolamento, ha stabilito un sistema generale di introduzione graduale dei pagamenti per quanto riguarda tutti gli aiuti diretti che rispondono ai criteri definiti al primo comma del suddetto art. 1 concessi ai nuovi Stati membri.

73. Tale art. 1 bis è stato introdotto nel regolamento n. 1259/1999 dal capitolo 6, parte A, punto 27, dell’allegato II dell’Atto di adesione, che, così, si allinea al meccanismo di introduzione graduale degli aiuti diretti istituito dal suddetto regolamento.

74. Il regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione, è stato poi abrogato dal regolamento n. 1782/2003 a partire dal 1º maggio 2004. Dall’art. 1 e dall’allegato I di quest’ultimo regolamento risulta che esso aggiunge taluni regimi di sostegno diretto agli agricoltori che producono frutta a guscio e colture energetiche a quelli già esistenti, e prevede pagamenti supplementari nell’ambito del regime di sostegno diretto al settore del latte.

75. Infine, con la decisione contestata, il Consiglio ha sostituito le disposizioni del punto 27, capo 6, parte A, dell’allegato II dell’Atto di adesione, che modificavano il regolamento n. 1259/1999, con disposizioni che modificano il regolamento n. 1782/2003, allo scopo di tenere conto delle sistemazioni introdotte nella PAC con l’adozione di quest’ultimo. Pertanto la decisione contestata inserisce un art. 143 bis nel regolamento n. 1782/2003, che riprende, per i pagamenti diretti nei nuovi Stati membri, il calendario e le percentuali precedentemente fissate all’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999, come modificato dall’Atto di adesione.

76. Come si è esposto ai punti 57 e 58 della presente sentenza, il principio dell’applicazione generale del meccanismo detto di «phasing‑in» a tutti gli aiuti diretti è stato fissato di comune accordo nel corso dei negoziati di adesione ed è stato previsto espressamente dall’Atto di adesione che ha introdotto l’art. 1 bis nel regolamento n. 1259/1999.

77. Tale articolo ha fissato, per ogni anno rilevante, un calendario che indicava una percentuale per l’introduzione nei nuovi Stati membri degli aiuti diretti di cui all’art. 1 del suddetto regolamento.

78. Orbene, è pacifico che l’art. 1, punto 5, della decisione contestata si limita a prevedere l’introduzione graduale dei pagamenti diretti nei nuovi Stati membri secondo lo stesso calendario e le stesse percentuali precedentemente fissate all’art. 1 bis del regolamento n. 1259/1999 come modificato dall’Atto di adesione.

79. Pertanto non si può ritenere che la decisione contestata abbia apportato una modifica sostanziale al campo di applicazione del meccanismo detto di «phasing-in», oppure al contenuto essenziale degli obblighi e dei diritti che ne derivano, in quanto essa non ha influito né sul calendario, né sulle percentuali, né sugli aiuti di cui trattasi. In tali circostanze si deve considerare che la decisione contestata costituisce un adattamento necessario dell’Atto di adesione che fa seguito alla riforma della PAC.

80. Ne consegue che, con l’adozione di tale decisione, il Consiglio non ha ecceduto le competenze ad esso attribuite dall’art. 23 dell’Atto di adesione, nell’intento di procedere agli adattamenti delle disposizioni di tale Atto relative alla PAC che potevano risultare necessari a causa di una modifica delle norme comunitarie.

81. Da quanto precede risulta che la prima censura sollevata dalla Repubblica di Polonia, secondo cui il Consiglio, con l’adozione della decisione contestata, avrebbe ecceduto le competenze ad esso attribuite dall’art. 23 dell’Atto di adesione, deve essere respinta in quanto infondata.

Sulla seconda censura, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione

Posizione delle parti

82. La Repubblica di Polonia, sostenuta dagli Stati membri intervenienti, considera che l’estensione del meccanismo di introduzione graduale a tutti i pagamenti diretti comporta una discriminazione tra i produttori agricoli degli Stati membri originari e quelli dei nuovi Stati membri, mentre tutti gli agricoltori avrebbero dovuto essere trattati su una base di principi identici fin dall’adesione dei nuovi Stati membri.

83. La posizione adottata al riguardo dal Consiglio e dalla Commissione è basata sulla constatazione svolta nel contesto dell’esame della prima censura, secondo cui l’art. 1 del regolamento n. 1259/1999 conteneva una definizione generale riguardante qualsiasi pagamento diretto concesso nell’ambito della PAC che fosse tale da soddisfare le condizioni ivi elencate.

84. In tale prospettiva, la decisione contestata non conferirebbe al meccanismo detto di «phasing-in» una portata più ampia di quella prevista dall’Atto di adesione nella sua versione iniziale, in modo che l’asserita discriminazione sarebbe stata introdotta dal diritto primario e non da tale decisione. Peraltro il Consiglio osserva che la situazione dell’agricoltura nei nuovi Stati membri è radicalmente diversa da quella che prevale negli Stati membri originari, e che essa richiede un adattamento progressivo alle norme comunitarie.

Giudizio della Corte

85. Nell’ambito della seconda censura, la ricorrente afferma essenzialmente che, a causa dell’adozione della decisione contestata, la deroga al principio della parità di trattamento, che l’applicazione del meccanismo detto di «phasing-in» comporta, sarebbe stata estesa oltre i limiti tracciati dall’Atto di adesione e che pertanto tale decisione implica un’estensione arbitraria di un meccanismo discriminatorio che accentuerebbe la disparità di trattamento tra gli Stati membri originari e i nuovi Stati membri.

86. Al riguardo è sufficiente ricordare che il principio di non discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza 30 marzo 2006, cause riunite C‑87/03 e C‑100/03, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑2915, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

87. Orbene, senza che sia necessario esaminare l’argomento del Consiglio secondo cui la decisione contestata non può essere discriminatoria in quanto essa deriva direttamente dall’Atto di adesione, è pacifico, nella fattispecie, che la situazione dell’agricoltura nei nuovi Stati membri era radicalmente diversa da quella esistente negli Stati membri originari, il che ha giustificato un’applicazione progressiva degli aiuti comunitari, e in particolare di quelli relativi ai regimi di sostegno diretto, al fine di non provocare turbative nella necessaria ristrutturazione in corso nel settore agricolo di tali nuovi Stati membri.

88. Da tali considerazioni risulta che la ricorrente si trova in una situazione che non è paragonabile a quella degli Stati membri originari, i quali beneficiano senza limitazioni dei regimi di sostegno diretto, il che impedisce di istituire una valida comparazione (v., analogamente, sentenza 13 ottobre 1992, causa C‑73/90, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑5191, punto 34).

89. La seconda censura deve pertanto essere respinta come infondata.

Sulla terza censura, vertente sulla violazione del principio di buona fede

Posizione delle parti

90. La terza censura fatta valere dalla Repubblica di Polonia concerne l’asserita violazione del principio di buona fede che governa il diritto dei Trattati. Secondo tale Stato membro, il Trattato di adesione, di cui l’Atto di adesione fa parte, è stato negoziato, firmato e ratificato in buona fede da tutte le parti contraenti, e la Comunità non avrebbe pertanto dovuto violare gli obiettivi di quest’ultimo o disattendere le legittime aspettative di tali parti e delle persone che agiscono sul loro territorio con atti adottati dopo la sua firma.

91. Nell’ambito di tale censura, il Consiglio, pur dichiarandosi concorde al principio secondo cui la buona fede ha presieduto ai negoziati di adesione, sottolinea che tutte le parti del Trattato di adesione, tra cui la ricorrente, hanno liberamente accettato le disposizioni che conferiscono al Consiglio il potere di adattare le disposizioni dell’allegato dell’Atto di adesione relative alla PAC anche prima dell’adesione. Non si può, quindi, in nessun caso, considerare che l’esercizio di tale facoltà mediante l’adozione della decisione contestata costituisca una violazione del principio di buona fede.

Giudizio della Corte

92. Per quanto riguarda la terza censura, come si è constatato al punto 79 della presente sentenza, risulta che la decisione contestata si richiama al principio e alle modalità di applicazione del meccanismo detto di «phasing-in», per quanto riguarda i pagamenti diretti nei nuovi Stati membri, come erano stati inseriti nell’Atto di adesione, senza estenderne la portata, in modo tale che, in contrasto con quanto asserito dalla ricorrente, non si può ritenere che tale decisione ponga nuovamente in discussione il compromesso derivante dai negoziati di adesione.

93. Considerato che nemmeno il terzo motivo può trovare accoglimento, il ricorso dev’essere respinto integralmente.

Sulle spese

94. A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, va condannata alle spese. In conformità all’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, occorre che le parti intervenienti sostengano le proprie spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Repubblica di Polonia è condannata alle spese.

3) La Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania e la Repubblica di Ungheria nonché la Commissione delle Comunità europee sopportano le proprie spese.