1. Questioni pregiudiziali — Sindacato di validità — Questione vertente sulla validità di una decisione non impugnata ex art. 230 CE
(Artt. 230 CE e 234 CE)
2. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Limiti — Questione manifestamente irrilevante
(Art. 234 CE)
3. Concorrenza — Norme comunitarie — Destinatari — Imprese — Nozione
(Art. 87, n. 1, CE)
4. Concorrenza — Norme comunitarie — Destinatari — Imprese — Nozione
(Art. 87, n. 1, CE)
5. Aiuti concessi dagli Stati — Nozione
(Art. 87, n. 1, CE)
6. Aiuti concessi dagli Stati — Nozione — Carattere selettivo della misura
(Art. 87, n. 1, CE)
7. Aiuti concessi dagli Stati — Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione
(Art. 87, n. 1, CE)
8. Aiuti concessi dagli Stati — Nozione
(Art. 87, n. 1, CE)
1. Una volta che una questione pregiudiziale, avente ad oggetto la validità di una decisione della Commissione, è stata posta d’ufficio dal giudice del rinvio e non su richiesta di un soggetto che, pur potendo proporre un ricorso di annullamento avverso la medesima, non lo abbia fatto nei termini previsti dall’art. 230 CE, la detta questione pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile a causa di quest’ultima circostanza.
(v. punti 72-74)
2. La Corte può decidere di non pronunciarsi su una questione pregiudiziale relativa alla validità di un atto comunitario quando appare manifestamente evidente che tale valutazione, chiesta dal giudice nazionale, non ha alcuna relazione con le circostanze concrete o con l’oggetto della causa principale.
(v. punto 75)
3. Nell’ambito del diritto della concorrenza il concetto di «impresa» comprende qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento.
Costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato. Benché, nella maggior parte dei casi, l’attività economica sia svolta direttamente sul mercato, non è tuttavia escluso che essa sia il prodotto nel contempo di un operatore in contatto diretto con il mercato e, indirettamente, di un altro soggetto controllante tale operatore nell’ambito di un’unità economica che essi formano insieme.
A tale proposito, il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o di socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene. Viceversa, un soggetto che, titolare di partecipazioni di controllo in una società, eserciti effettivamente tale controllo partecipando direttamente o indirettamente alla gestione di essa, dev’essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata e, dunque, anche questo soggetto dev’essere considerato, a tale titolo, un impresa ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
Diversamente, la semplice suddivisione di un’impresa in due enti distinti, uno con il compito di svolgere direttamente l’attività economica precedente e il secondo con quello di controllare il primo, intervenendo nella sua gestione, sarebbe sufficiente a privare della loro efficacia pratica le norme comunitarie relative agli aiuti di Stato. Ciò consentirebbe al secondo ente di beneficiare di sovvenzioni o di altri vantaggi concessi dallo Stato o grazie a risorse statali e di utilizzarle in tutto o in parte a beneficio del primo, sempre nell’interesse dell’unità economica costituita dai due enti.
Di conseguenza, può essere qualificata come «impresa» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e, pertanto, essere sottoposta alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato una persona giuridica configurata come una fondazione bancaria che controlla il capitale di una società bancaria, il cui regime contiene norme le quali configurano un ruolo che va al di là della semplice collocazione di capitali da parte di un investitore, rendono possibile lo svolgimento di funzioni di controllo, ma anche di impulso e di sostegno finanziario, e dimostrano pertanto l’esistenza di legami organici e funzionali tra le fondazioni bancarie e le società bancarie.
(v. punti 107-118, 125, dispositivo 1)
4. Una persona giuridica configurata come una fondazione bancaria, la cui attività si limita al versamento di contributi ad enti senza scopo di lucro, non può essere qualificata come «impresa» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, una tale attività ha natura esclusivamente sociale, e non è svolta su un mercato in concorrenza con altri operatori. Nello svolgere tale attività una fondazione bancaria agisce come un ente di beneficenza o un’organizzazione caritativa, e non come un’impresa.
Viceversa, quando una fondazione bancaria, agendo direttamente negli ambiti di interesse pubblico e utilità sociale, fa uso dell’autorizzazione conferitale dal legislatore nazionale ad effettuare operazioni finanziarie, commerciali, immobiliari e mobiliari necessarie e opportune per realizzare gli scopi che le sono prefissi, essa può offrire beni o servizi sul mercato in concorrenza con altri operatori, ad esempio in settori come la ricerca scientifica, l’educazione, l’arte o la sanità.
In tale ipotesi, una siffatta fondazione bancaria dev’essere considerata come un’impresa, in quanto svolge un’attività economica, nonostante il fatto che l’offerta di beni o servizi sia fatta senza scopo di lucro, poiché tale offerta si pone in concorrenza con quella di operatori che invece tale scopo perseguono, e devono pertanto applicarsi ad essa le norme comunitarie sugli aiuti di Stato.
(v. punti 119-125, dispositivo 1)
5. Il concetto di aiuto è più ampio di quello di sovvenzione, poiché esso vale a designare non soltanto prestazioni positive, come le sovvenzioni stesse, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti.
Ne deriva che una misura con la quale le autorità pubbliche accordano a talune imprese un’esenzione fiscale che, pur non comportando un trasferimento di risorse statali, pone i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole rispetto agli altri contribuenti costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Allo stesso modo, può costituire un aiuto di Stato una misura che conceda a talune imprese una riduzione di imposta o un rinvio del pagamento del tributo normalmente dovuto.
(v. punti 131, 132)
6. Un’agevolazione fiscale concessa a determinate imprese in considerazione della loro natura giuridica, persona giuridica di diritto pubblico o fondazione, e dei settori in cui esse svolgono la propria attività, non si applica a tutti gli operatori economici e non può quindi essere considerata una misura generale di politica fiscale o economica, per cui essa è selettiva.
(v. punti 135, 136, 138)
7. L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che incidono sugli scambi tra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza. Per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato vietato non è necessario dimostrare un’incidenza effettiva di tale aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza. In particolare, quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi intracomunitari, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto. A tale proposito, il fatto che un settore economico sia stato oggetto di liberalizzazione a livello comunitario evidenzia un’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi tra Stati membri.
Non è peraltro necessario che l’impresa beneficiaria partecipi essa stessa agli scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può essere mantenuta o incrementata, con la conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro. Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che fino a quel momento non partecipava a scambi intracomunitari può metterla nella condizione di penetrare nel mercato di un altro Stato membro.
(v. punti 139-143)
8. Un’esenzione dalla ritenuta sui dividendi spettanti a fondazioni bancarie, titolari di partecipazioni in società bancarie, le quali perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica, può essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, una siffatta misura nazionale comporta un finanziamento statale. Per di più, essa è selettiva. Infine, una siffatta agevolazione si applica nel settore dei servizi finanziari che è stato oggetto di un rilevante processo di liberalizzazione a livello comunitario, che ha accentuato la concorrenza che già poteva derivare dalla libera circolazione dei capitali prevista dal Trattato, e può rafforzare, da un lato, in termini di finanziamento e/o di liquidità, la posizione dell’unità economica, attiva nel settore bancario, costituita dalla fondazione bancaria e dalla società bancaria, e, dall’altro, la posizione della fondazione bancaria in un’attività svolta, in particolare, in un settore sociale, scientifico o culturale.
(v. punti 133, 138, 145, 146, dispositivo 2)