Cause riunite da C‑23/04 a C‑25/04

Sfakianakis AEVE

contro

Elliniko Dimosio

(domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Dioikitiko Protodikeio Athinon)

«Accordo di associazione CEE‑Ungheria — Obbligo di reciproca assistenza delle autorità doganali — Riscossione a posteriori dei dazi all’importazione a seguito della revoca, nello Stato d’esportazione, dei certificati di circolazione dei prodotti importati»

Conclusioni dell’avvocato generale P. Léger, presentate il 20 ottobre 2005 

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 9 febbraio 2006 

Massime della sentenza

1.     Accordi internazionali — Accordi della Comunità — Accordo di associazione CE‑Ungheria

(Accordo di associazione CE‑Ungheria, protocollo n. 4, artt. 31, n. 2, 32 e 33)

2.     Accordi internazionali — Accordi della Comunità — Accordo di associazione CE‑Ungheria

(Accordo di associazione CE‑Ungheria, protocollo n. 4, art. 33)

1.     Gli artt. 31, n. 2, e 32 del protocollo n. 4 dell’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, come modificato dalla decisione n. 3/96 del Consiglio di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dall’altra, vanno interpretati nel senso che le autorità doganali dello Stato di importazione sono tenute a prendere in considerazione le decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato di esportazione sui ricorsi proposti avverso i risultati del controllo di validità dei certificati di circolazione delle merci effettuato dalle autorità doganali dello Stato di esportazione, allorché esse vengono informate della pendenza di tali ricorsi e del contenuto di tali decisioni, e ciò indipendentemente dal fatto che il controllo di validità dei certificati di circolazione sia stato effettuato o meno su richiesta delle autorità doganali dello Stato di importazione.

Il fatto che non sia stato adito il comitato di associazione, conformemente all’art. 33 del protocollo n. 4, non può valere come giustificazione per una deroga al sistema di cooperazione e al rispetto delle competenze attribuite dall’accordo di associazione.

(v. punti 32, 52, 54, dispositivo 1, 3)

2.     L’effetto utile della soppressione dei dazi doganali sancita dall’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, come modificato dalla decisione n. 3/96 del consiglio di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dall’altra, si oppone alle decisioni amministrative di applicazione di dazi doganali, maggiorati di imposte e ammende, assunte dalle autorità doganali dello Stato di importazione prima che sia loro comunicato l’esito definitivo dei ricorsi proposti avverso i risultati del controllo a posteriori e quando le decisioni delle autorità dello Stato di esportazione che ha inizialmente rilasciato i certificati di circolazione delle merci EUR.1 non sono state revocate o annullate.

Il fatto che non sia stato adito il comitato di associazione, conformemente all’art. 33 del protocollo n. 4 di tale accordo, non è tale da inficiare questa interpretazione.

(v. punti 43, 52, 54, dispositivo 2‑3)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

9 febbraio 2006 (*)

«Accordo di associazione CEE-Ungheria – Obbligo di reciproca assistenza delle autorità doganali – Riscossione a posteriori dei dazi all’importazione a seguito della revoca, nello Stato d’esportazione, dei certificati di circolazione dei prodotti importati»

Nei procedimenti riuniti da C-23/04 a C-25/04,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Dioikitiko Protodikeio Athinon (Grecia), con decisioni 30 settembre 2003, pervenute in cancelleria il 26 gennaio 2004, nelle cause tra

Sfakianakis AEVE

e

Elliniko Dimosio,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. J. Makarczyk, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. P. Kūris e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’8 settembre 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Sfakianakis AEVE, dagli avv.ti S. Maratos e G. Katrinakis, entrambi dikigoros;

–       per il governo ellenico, dai sigg. M. Apessos e I. Bakopoulos, nonché dalla sig.ra M. Tassopoulou, successivamente da questi due ultimi e dal sig. S. Spyropoulos, in qualità di agenti;

–       per il governo ungherese, dalla sig.ra A. Müller e dal sig. T. Számadó, in qualità di agenti;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. X. Lewis e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 ottobre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Le domande di pronuncia pregiudiziale hanno ad oggetto l’interpretazione dell’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, concluso ed approvato con decisione del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993, 93/742/Euratom, CECA, CE (GU L 347, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo di associazione»), e più in particolare degli artt. 31, n. 2, e 32 del protocollo n. 4 di tale accordo, come modificato dalla decisione n. 3/96 del Consiglio di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dall’altra, del 28 dicembre 1996 (GU 1997, L 92, pag. 1, in prosieguo: il «protocollo»), nonché dall’art. 220, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale comunitario»).

2       Tali domande sono state formulate nell’ambito di una controversia tra la Sfakianakis AEVE (in prosieguo: la «Sfakianakis») e l’Elliniko Dimosio (Stato ellenico), in merito ad imposte supplementari decise a seguito di un controllo a posteriori dell’origine dei veicoli importati in Grecia da detta società.

 Ambito normativo comunitario

3       L’art. 16, n. 1, del protocollo così dispone:

«1.      I prodotti originari della Comunità importati in Ungheria e i prodotti originari dell’Ungheria importati nella Comunità beneficiano delle disposizioni dell’Accordo su presentazione:

a)      di un certificato di circolazione EUR.1, […];

(…)».

4       Ai sensi dell’art. 17 del citato protocollo:

«1.      Il certificato di circolazione EUR.1 viene rilasciato dalle autorità doganali del paese esportatore su richiesta scritta compilata dall’esportatore o, sotto la responsabilità di quest’ultimo, dal suo rappresentante autorizzato.

(…)

5.      Le autorità doganali che rilasciano il certificato prendono tutte le misure necessarie per verificare il carattere originario dei prodotti e l’osservanza degli altri requisiti di cui al presente protocollo. A tale scopo esse hanno facoltà di richiedere qualsiasi documento giustificativo e di procedere a qualsiasi verifica dei conti dell’esportatore o ad ogni altro controllo che ritengano utile.

(…)».

5       L’art. 31, n. 2, dello stesso protocollo prevede:

«Al fine di garantire la corretta applicazione del presente protocollo, la Comunità e l’Ungheria si prestano reciproca assistenza, mediante le amministrazioni doganali competenti, nel controllo dell’autenticità dei certificati di circolazione EUR.1 o delle dichiarazioni su fattura e della correttezza delle informazioni riportate in tali documenti».

6       Peraltro, l’art. 32 del protocollo dispone:

«1.      Il controllo a posteriori delle prove dell’origine è effettuato per sondaggio o ogniqualvolta le autorità doganali dello Stato di importazione abbiano ragionevole motivo di dubitare dell’autenticità dei documenti, del carattere originario dei prodotti in questione o dell’osservanza degli altri requisiti del presente protocollo.

(…)

3.      Il controllo viene effettuato dalle autorità doganali del paese di esportazione. A tal fine, esse hanno la facoltà di richiedere qualsiasi prova e di procedere a qualsiasi controllo dei conti dell’esportatore nonché a tutte le altre verifiche che ritengano opportune.

4.      Qualora le autorità doganali del paese d’importazione decidano di sospendere la concessione del trattamento preferenziale ai prodotti in questione in attesa dei risultati del controllo, esse offrono all’importatore la possibilità di ritirare i prodotti, riservandosi di applicare le misure cautelari ritenute necessarie.

5.      I risultati del controllo devono essere comunicati al più presto alle autorità doganali che lo hanno richiesto, indicando chiaramente se i documenti sono autentici, se i prodotti in questione possono essere considerati originari della Comunità, dell’Ungheria o di uno degli altri paesi di cui all’articolo 4, e se soddisfano gli altri requisiti del presente protocollo.

6.      Qualora, in caso di ragionevole dubbio, non sia pervenuta alcuna risposta entro dieci mesi dalla data della richiesta di controllo o qualora la risposta non contenga informazioni sufficienti per determinare l’autenticità del documento in questione o l’effettiva origine dei prodotti, le autorità doganali che hanno richiesto il controllo li escludono dal trattamento preferenziale, salvo circostanze eccezionali».

7       Ai sensi dell’art. 33 del citato protocollo:

«Le controversie riguardanti le procedure di controllo di cui all’articolo 32 che non sia possibile dirimere tra le autorità doganali che richiedono il controllo e le autorità doganali incaricate di effettuarlo e i problemi di interpretazione del presente protocollo vengono sottoposti al Comitato di associazione.

(…)».

8       L’art. 220, n. 2, del codice doganale comunitario è così formulato:

«Eccetto i casi di cui all’articolo 217, paragrafo 1, secondo e terzo comma, non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando:

(…)

b)      l’importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell’autorità doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana;

(…)».

 Cause principali e questioni pregiudiziali

9       Nel 1995, la Sfakianakis, rappresentante esclusiva per la Grecia del produttore giapponese di automobili Suzuki Motor Corporation, ha importato dall’Ungheria un certo numero di veicoli recanti il marchio Suzuki. Tali importazioni sono state effettuate nell’ambito del trattamento doganale preferenziale istituito dall’accordo di associazione (in prosieguo: il «trattamento preferenziale»), su presentazione di certificati di circolazione EUR.1 attestanti l’origine ungherese del prodotto. In tale contesto, la ricorrente nelle cause principali ha beneficiato delle disposizioni relative al trattamento citato.

10     Negli anni dal 1996 al 1998, su richiesta dell’unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF) della Commissione delle Comunità europee, le autorità ungheresi competenti hanno svolto un controllo a posteriori presso l’impresa ungherese di produzione Magyar Suzuki Corporation, per verificare l’origine ed il valore dei veicoli di tale società che erano stati importati nella Comunità dal 31 dicembre 1994 al 31 dicembre 1997, in esenzione dai dazi doganali e con la copertura di certificati di circolazione EUR.1 ungheresi. Nell’ambito di tale verifica, l’UCLAF ha chiesto alle competenti autorità greche di fornirle tutti i certificati d’origine, nonché le corrispondenti fatture di importazione, relativi alle importazioni di automobili di marca Suzuki effettuate dall’Ungheria nel corso degli anni in questione.

11     A seguito di tale controllo, svolto in cooperazione con una delegazione comunitaria, le competenti autorità ungheresi hanno comunicato i risultati del medesimo alle autorità doganali greche con lettera 3 novembre 1998. A tale lettera era allegato un elenco di tutti i documenti che queste ultime autorità avevano fornito ai fini del controllo a posteriori. Tale elenco era suddiviso in tre parti. La prima parte conteneva gli elementi identificativi di tutti i veicoli ai quali era stata attribuita l’origine ungherese, sia dal produttore sia dalle autorità ungheresi di controllo; la seconda elencava i veicoli ai quali le citate autorità avevano attribuito un’origine straniera, formalmente riconosciuta dal produttore; la terza enumerava i veicoli il cui regime era stato oggetto di una procedura giurisdizionale. Quanto a questa terza parte, nel cui ambito rientrano i veicoli la cui tassazione supplementare è in questione dinanzi al giudice del rinvio, le autorità ungheresi di controllo hanno dichiarato di non poter fornire informazioni relative ai risultati delle procedure giurisdizionali intraprese fino alla conclusione delle stesse; queste stesse autorità hanno chiesto alle competenti autorità greche di pazientare prima di procedere al recupero dei dazi doganali in questione nelle cause principali. Infine, esse hanno informato le autorità greche del fatto che i certificati di circolazione EUR.1 riguardanti esclusivamente veicoli di origine non nazionale erano già stati revocati.

12     Inoltre, le autorità greche hanno ricevuto dall’UCLAF taluni elenchi in cui venivano riepilogate tutte le importazioni di automobili effettuate in Grecia a partire dall’Ungheria, e nei quali erano segnalate le importazioni che avevano illegittimamente beneficiato del trattamento preferenziale.

13     Poiché, secondo gli elenchi forniti dall’UCLAF, i veicoli in questione nelle cause principali non rispondevano ai requisiti necessari per poter beneficiare del trattamento preferenziale, le autorità greche, con l’atto per cui è causa dinanzi al giudice del rinvio, hanno proceduto all’imposizione supplementare di dazi doganali all’importazione, all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto corrispondente a tali dazi doganali, nonché all’applicazione della maggiorazione prevista dall’art. 33 del codice doganale greco.

14     Tuttavia, su ricorso del produttore dei veicoli in oggetto, i giudici ungheresi hanno definitivamente annullato le decisioni assunte dalle autorità doganali ungheresi in occasione della verifica a posteriori dell’origine dei veicoli esportati, e hanno ingiunto a queste stesse autorità di riaprire la procedura di verifica dei certificati EUR.1, in conformità alla citate pronunce giurisdizionali.

15     Con lettera 26 luglio 1999 le competenti autorità ungheresi hanno informato la direzione generale delle dogane greche di tali sviluppi, e le hanno trasmesso un allegato in cui venivano indicati i veicoli per i quali il rilascio dei certificati di circolazione EUR.1 era stato infine giudicato illegittimo, nonché un secondo allegato in cui venivano elencati i veicoli per i quali i certificati in questione erano stati rilasciati legittimamente, tra cui erano annoverati anche i veicoli della ricorrente nelle cause principali. Dopo aver ricevuto tale informazione, il convenuto nella causa principale non ha tuttavia assunto alcuna ulteriore decisione.

16     La Sfakianakis ha presentato tre ricorsi dinanzi al giudice del rinvio, chiedendo l’annullamento della decisione di imposizione supplementare assunta dalle autorità greche. È nell’ambito di tali ricorsi che il Dioikitiko Protodikeio Athinon (tribunale amministrativo di primo grado di Atene) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’obbligo di assistenza reciproca sancito dall’art. 31, n. 2, del protocollo […] imponga alle autorità doganali dello Stato membro di importazione di prendere in considerazione le sentenze dei giudici ungheresi relative alla validità dei controlli effettuati dalle autorità dello Stato di esportazione sull’esattezza dei certificati di esportazione EUR.1, nel caso in cui:

–       le autorità doganali ungheresi abbiano informato, per competenza, le autorità doganali dello Stato di importazione dei risultati del controllo svolto inizialmente, dal quale era emersa l’inesattezza di determinati certificati d’esportazione, sottolineando tuttavia che la validità del controllo era oggetto di controversie pendenti dinanzi ai giudici ungheresi;

–       le autorità ungheresi abbiano comunicato ufficialmente alle autorità doganali dello Stato di importazione l’esito di tali procedimenti, vale a dire le sentenze dei citati giudici, che hanno infine confermato l’esattezza di una serie di certificati EUR 1.

2)      Se l’art. 32 del citato protocollo […] debba essere interpretato nel senso che le autorità doganali dello Stato membro di importazione sono tenute a prendere in considerazione le sentenze dei giudici dello Stato di esportazione che abbiano sovvertito i risultati dei controlli disposti ed effettuati dalle autorità ungheresi successivamente all’esportazione, nel caso in cui

–       le autorità dello Stato di importazione siano state informate, per competenza, tanto della litispendenza dinanzi ai giudici ungheresi quanto dell’esito dei relativi procedimenti, e

–       le stesse autorità non abbiano mai chiesto, da parte loro, lo svolgimento del controllo.

3)      In caso di risposta affermativa a una delle suesposte questioni, se le citate disposizioni di diritto comunitario debbano essere interpretate nel senso che non consentono alle autorità nazionali dello Stato di importazione l’adozione di provvedimenti amministrativi di imposizione di dazi aggiuntivi, imposte e ammende, dopo la comunicazione da parte delle autorità ungheresi dei risultati del controllo da esse svolto, ma prima della notifica del contenuto delle sentenze con le quali tali risultati sono stati sovvertiti, in modo che sia salvaguardato l’effetto utile del divieto di imposizione di dazi sancito dall’accordo […] di associazione […], considerato il fatto che, in conclusione, i certificati EUR.1 rilasciati si sono rivelati esatti.

4)      Se incida sulla soluzione delle suesposte questioni il fatto che né le autorità doganali elleniche né quelle ungheresi abbiano chiesto la convocazione del Comitato di associazione di cui all’art. 33 del citato protocollo […] affinché decidesse in merito, situazione questa che indica come nessuna delle due autorità ritenesse che la pronuncia delle sentenze dei giudici ungheresi costituisse tra di loro materia controversa, da sottoporre al giudizio del detto Comitato.

5)      In subordine, in caso di risposta negativa alle suesposte questioni, qualora cioè le autorità doganali elleniche non abbiano violato le citate disposizioni di diritto comunitario, allorché hanno applicato un dazio aggiuntivo, l’IVA e un’ammenda, se si possa ritenere che una contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali a carico dell’importatore sia inammissibile ai sensi dell’art. 220, n. 2, del codice doganale comunitario, essendosi trattato di un errore da parte delle autorità doganali stesse, dello Stato di importazione o di esportazione, ove si prenda in considerazione in particolare il fatto che le autorità doganali dello Stato di esportazione disponevano di tutti i dati di fatto relativi all’origine dei veicoli da esportare, sulla base dei quali non avrebbero dovuto emettere il certificato EUR.1, cosicché le autorità dello Stato di importazione sarebbero state fin dall’inizio in grado di contabilizzare il dazio legalmente dovuto».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle due prime questioni

17     Con le sue due prime questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’accordo d’associazione e gli artt. 31, n. 2, e 32 del protocollo debbano essere interpretati nel senso che le autorità doganali dello Stato di importazione sono obbligate a tener conto delle decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato d’esportazione sui ricorsi presentati avverso i risultati del controllo di validità dei certificati di circolazione delle merci svolto dalle autorità doganali dello Stato d’esportazione, tenuto conto del fatto che tali autorità dello Stato di importazione sono state informate dell’esistenza dei citati ricorsi, nonché del contenuto di tali decisioni, e che esse non hanno chiesto, da parte loro, lo svolgimento del controllo.

18     Nelle loro osservazioni, la ricorrente nella causa principale, il governo ungherese e la Commissione affermano che le autorità doganali dello Stato di importazione devono tener conto della posizione finale dello Stato di esportazione, ancorché tale posizione sia il frutto di un’azione parallela degli organi del potere esecutivo e giudiziario, e segnatamente quando le autorità dello Stato d’esportazione abbiano fornito informazioni sulle procedure in corso. Essi si richiamano, in proposito, al meccanismo di cooperazione amministrativa instaurato dal protocollo, che si basa sul principio della competenza generale ed esclusiva delle autorità doganali dello Stato d’esportazione a valutare il carattere originario dei prodotti al fine di avvalersi del trattamento preferenziale.

19     Al contrario, il governo ellenico osserva che spetta alle autorità doganali, e non all’autorità giudiziaria dello Stato d’esportazione, esercitare a posteriori il controllo dei certificati d’origine. Posta tale premessa, e tenuto conto dell’imperativo secondo cui il controllo deve essere completato il prima possibile, sarebbe a giusto titolo che, nelle cause principali, l’amministrazione ungherese ha revocato i certificati EUR.1 con decisioni divenute definitive. In una tale fattispecie, nulla nell’ambito del protocollo obbligherebbe le autorità doganali dello Stato d’importazione a verificare l’esattezza dei risultati del controllo ovvero l’origine reale della merce, né, a fortiori, ad attendere l’esito di una procedura giurisdizionale il cui risultato non riguarderebbe le disposizioni del protocollo relative alla cooperazione amministrativa.

20     La posizione così esposta dal governo ellenico non può, tuttavia, essere accolta.

21     Come rilevato dall’avvocato generale al punto 31 delle sue conclusioni, il sistema di cooperazione amministrativa previsto nel protocollo poggia, al contempo, sulla ripartizione dei compiti e sulla fiducia reciproca tra i servizi doganali dello Stato membro interessato e quelli della Repubblica ungherese.

22     In tale ripartizione, il protocollo attribuisce le competenze relative al controllo del carattere originario dei prodotti provenienti dall’Ungheria alle autorità doganali di tale Stato. Così, l’art. 17, nn. 4 e 5, del protocollo prevede l’obbligo per le autorità doganali che rilasciano i certificati EUR.1 di prendere tutte le misure necessarie per verificare il carattere originario dei prodotti. Inoltre, ai sensi dell’art. 32, n. 3, dello stesso protocollo, il controllo a posteriori delle prove di origine viene effettuato dalle autorità doganali del paese di esportazione, le quali hanno la facoltà di richiedere a tal fine qualsiasi prova e di procedere a qualsiasi controllo che ritengano opportuno.

23     Come stabilito dalla Corte in merito a protocolli relativi alla definizione della nozione di «prodotti originari» e a metodi di cooperazione amministrativa analoghi a quelli del protocollo, una simile ripartizione dei compiti si spiega col fatto che sono le autorità dello Stato di esportazione a poter più agevolmente, e direttamente, accertare le circostanze che condizionano l’origine del prodotto in questione. Questo sistema può tuttavia funzionare solo qualora l’amministrazione doganale dello stato importatore riconosca le valutazioni effettuate legalmente dalle autorità dello Stato esportatore (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 1984, causa 218/83, Les Rapides Savoyards e a., Racc. pag. 3105, punti 26 e 27).

24     Tale necessario riconoscimento è garantito solo qualora le autorità dello Stato di importazione rispettino e accettino anche le decisioni giurisdizionali emesse sui ricorsi proposti contro i risultati iniziali del controllo a posteriori sull’origine delle merci.

25     Infatti, l’accordo di associazione è inteso a far sì che le merci in possesso dei requisiti per essere considerate originarie dell’Ungheria o di uno Stato membro siano importate nella Comunità o in Ungheria beneficiando del trattamento preferenziale. Ciò implica che le autorità doganali dello Stato d’importazione sono tenute a prendere in considerazione i risultati del controllo dell’origine delle merci effettuato in sede giurisdizionale per garantire che tutte le merci che soddisfano i requisiti legati alla loro origine, e solo tali merci, possano beneficiare del trattamento preferenziale.

26     Si deve quindi rilevare che, per garantire una corretta applicazione del protocollo, è necessario che l’obbligo di mutuo riconoscimento delle decisioni assunte dalle autorità degli Stati interessati in merito al carattere originario di taluni prodotti si estenda alle decisioni assunte dalle giurisdizioni di ciascuno Stato nell’ambito della loro funzione di controllo della legittimità delle decisioni delle autorità doganali.

27     Peraltro, il rifiuto di prendere in considerazione le decisioni che, come nelle cause principali, sono state assunte dai giudici nazionali che si pronunciano nell’ambito della loro funzione di controllo della legittimità delle decisioni amministrative è contrario al diritto dell’esportatore ad una tutela giurisdizionale effettiva.

28     Come la Corte ha già più volte stabilito, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto comunitario, posto alla base delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 18). Poiché l’accordo di associazione è parte integrante dell’ordinamento giuridico comunitario, spetta alle autorità competenti degli Stati membri, nell’applicazione del regime doganale previsto da detto accordo, rispettare il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza 30 settembre 1987, causa 12/86, Demirel, Racc. pag. 3719, punti 7 e 28).

29     Quanto alla circostanza descritta al primo trattino della prima questione, si deve osservare che, poiché le autorità greche erano state ufficialmente informate della pendenza di procedimenti giudiziari che si sarebbero potuti concludere con l’accertamento dell’irregolarità dei controlli effettuati a posteriori dalle autorità doganali ungheresi, esse non potevano ignorare che i certificati EUR.1 in questione non erano stati definitivamente revocati.

30     Va infine rilevato che la circostanza descritta al secondo trattino della seconda questione, secondo cui le autorità greche non hanno mai chiesto, da parte loro, lo svolgimento del controllo, non incide in alcun modo sull’obbligo delle autorità dello Stato d’importazione di rispettare il risultato finale del controllo stesso.

31     A tal proposito, emerge dall’art. 32, n. 1, del protocollo che il controllo a posteriori può essere svolto dalle autorità competenti dello Stato di esportazione d’ufficio oppure su richiesta delle autorità dello Stato di importazione. Detto controllo può inoltre essere effettuato, come nel caso di specie, su richiesta dei servizi della Commissione, la quale, in forza dell’art. 211 CE, ha il compito di vigilare sulla corretta attuazione dell’accordo di associazione e dei suoi protocolli (v., in tal senso, sentenza 14 novembre 2002, causa C‑251/00, Ilumitrónica, Racc. pag. I‑10433, punto 60).

32     Alla luce delle considerazioni che precedono, le due prime questioni devono essere risolte dichiarando che gli artt. 31, n. 2, e 32 del protocollo vanno interpretati nel senso che le autorità doganali dello Stato di importazione sono tenute a prendere in considerazione le decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato di esportazione sui ricorsi proposti avverso i risultati del controllo di validità dei certificati di circolazione delle merci effettuato dalle autorità doganali dello Stato di esportazione, allorché vengono informate della pendenza di tali ricorsi e del contenuto di tali decisioni, e ciò indipendentemente dal fatto che il controllo di validità dei certificati di circolazione sia stato effettuato o meno su richiesta delle autorità doganali dello Stato di importazione.

 Sulla terza questione

33     Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’effetto utile della soppressione dei dazi doganali sancita dall’accordo di associazione si opponga alle decisioni amministrative di applicazione di dazi doganali, maggiorati di imposte e ammende, assunte dalle autorità doganali dello Stato di importazione, prima che sia loro comunicato l’esito definitivo dei ricorsi proposti contro i risultati del controllo a posteriori.

34     Secondo la ricorrente nelle cause principali, il governo ungherese e la Commissione, dalle soluzioni fornite alle due prime questioni emerge che le autorità dello Stato d’importazione sono tenute a prendere in considerazione il risultato delle procedure condotte dalle autorità dello Stato di esportazione, senza che esse possano modificarlo unilateralmente. Le disposizioni applicabili dovrebbero pertanto essere interpretate nel senso che non consentono alle autorità dello Stato d’importazione di adottare atti amministrativi di applicazione di dazi doganali ovvero di imposte supplementari prima della definitiva conclusione della procedura relativa al controllo a posteriori.

35     Avendo risolto negativamente le due prime questioni pregiudiziali, il governo ellenico non fornisce alcuna soluzione alla terza questione proposta.

36     Per rispondere utilmente al giudice del rinvio, è necessario richiamarsi alle premesse di cui ai punti 21-24 della presente sentenza. In conformità a tali premesse, la competenza in merito alla determinazione dell’origine dei prodotti provenienti dall’Ungheria è attribuita, in linea di principio, alle autorità doganali di tale Stato, mentre l’amministrazione doganale dello Stato importatore è vincolata dalle valutazioni effettuate legalmente da tali autorità (v., in tal senso, sentenza Les Rapides Savoyards e a., cit., punti 26 e 27).

37     Una prima conseguenza derivante da tali premesse è che spetta alle autorità doganali dello Stato di esportazione rilasciare i certificati EUR.1, che attestano l’origine ungherese delle merci prodotte in Ungheria. Nel contempo, le autorità dello Stato di importazione devono accettare la validità di tali certificati.

38     Solo alle condizioni previste dall’art. 32, n. 6, del protocollo, ossia in caso di ragionevole dubbio e in assenza di risposta entro dieci mesi dalla data della richiesta di controllo o qualora la risposta non contenga informazioni sufficienti, le autorità doganali che hanno richiesto il controllo a posteriori possono escludere il beneficio del trattamento preferenziale. Al di fuori di tali condizioni, il protocollo non prevede la possibilità per uno Stato contraente di revocare unilateralmente i certificati rilasciati dalle autorità doganali di un altro Stato contraente.

39     Ne discende che i certificati regolarmente rilasciati dalle autorità dello Stato di esportazione rimangono validi e producono gli effetti previsti dal protocollo fino a quando non siano revocati o annullati dalle competenti autorità, amministrative o giurisdizionali, dello Stato stesso.

40     Nelle cause principali, dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio non risulta che le autorità ungheresi abbiano effettuato una simile revoca, che avrebbe consentito alle autorità greche di sospendere l’applicazione del trattamento preferenziale ai prodotti in questione.

41     Le autorità doganali ungheresi hanno infatti inviato alle autorità doganali greche, in data 3 novembre 1998, una lettera nella quale comunicavano la pendenza di controversie aventi ad oggetto i certificati che sono all’origine delle cause principali, segnalando, in particolare, che una revoca era intervenuta solo per taluni certificati EUR.1 relativi a veicoli la cui origine straniera era stata formalmente riconosciuta dal produttore. Spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare se le autorità greche disponevano di informazioni sufficienti per ritenere che i certificati EUR.1 in questione non fossero stati revocati e rimanessero pertanto in vigore.

42     Peraltro, l’efficace tutela degli interessi finanziari della Comunità è garantita dall’art. 32, n. 4, del protocollo, che consente alle autorità doganali dello Stato di importazione di adottare le misure cautelari ritenute necessarie in occasione del ritiro del prodotto, qualora esse decidano di sospendere la concessione del trattamento preferenziale al prodotto in questione in attesa dei risultati del controllo.

43     Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la terza questione nel senso che l’effetto utile della soppressione dei dazi doganali sancita dall’accordo di associazione si oppone alle decisioni amministrative di applicazione di dazi doganali, maggiorati di imposte e ammende, assunte dalle autorità doganali dello Stato di importazione, prima che sia loro comunicato l’esito definitivo dei ricorsi proposti contro i risultati del controllo a posteriori e quando le decisioni dello Stato di esportazione che ha inizialmente rilasciato i certificati EUR.1 non sono state revocate o annullate.

 Sulla quarta questione

44     Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sulla soluzione delle precedenti questioni possa incidere il fatto che né le autorità doganali elleniche, né quelle ungheresi abbiano richiesto la riunione del comitato di associazione di cui all’art. 33 del protocollo.

45     Nelle sue osservazioni, la ricorrente nella causa principale osserva che la possibilità di avviare una procedura di composizione delle controversie prevista dal protocollo è sottoposta alla condizione che sussistano «fondati» dubbi e che sia esclusa qualsiasi composizione «amichevole» della controversia con le autorità doganali competenti dello Stato di esportazione. La citata ricorrente esprime dubbi sul fatto che possa sussistere un qualsivoglia margine di valutazione per sollevare un’opposizione «fondata» quando la questione è stata risolta con decisioni definitive ed irrevocabili dei giudici competenti dello Stato d’esportazione.

46     Il governo ellenico ritiene, da parte sua, che le competenti autorità doganali greche ed ungheresi non abbiano avuto alcuna divergenza di valutazione per la quale potesse essere adito il comitato di associazione.

47     Secondo la Commissione, il fatto che né l’amministrazione dello Stato d’importazione, né quella dello Stato d’esportazione abbiano avviato la procedura prevista dall’art. 33 del protocollo per dirimere le loro controversie non incide in alcun modo sulla soluzione fornita alle tre prime questioni, in quanto la riunione del comitato di associazione rappresenta semplicemente una facoltà attribuita alle autorità doganali competenti.

48     Il governo ungherese afferma che, ancorché il comitato di associazione non sia stato investito di una questione relativa alla decisione della giurisdizione ungherese e all’attuazione delle decisioni adottate nell’ambito della nuova procedura avviata a seguito della citata decisione giurisdizionale, il potere di tale comitato di dirimere le controversie non può avere la conseguenza di limitare i diritti fondamentali del soggetto interessato nella causa principale, in particolare il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale.

49     Si deve osservare in proposito, in via preliminare, che il protocollo è basato su un sistema di cooperazione amministrativa che poggia, al contempo, sulla ripartizione dei compiti e sulla fiducia reciproca tra gli Stati interessati. Secondo tale sistema, e fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 32, n. 6, del protocollo, le autorità doganali dello Stato di importazione non possono, unilateralmente, invalidare un certificato EUR.1 regolarmente rilasciato dalle autorità doganali dello Stato di esportazione. Del pari, in caso di controllo a posteriori, queste stesse autorità sono vincolate dai risultati di un controllo siffatto.

50     Peraltro, secondo l’art. 33 del protocollo, se le autorità doganali dello Stato di importazione dissentono dalle autorità doganali dello Stato di esportazione in merito a tale controllo, devono ricercare con queste ultime una composizione amichevole. Nel caso in cui ciò risulti impossibile, le autorità dovranno sottoporre la controversia al comitato di associazione.

51     Tali disposizioni mirano a rafforzare i meccanismi di cooperazione tra gli Stati contraenti e pertanto a far sì che le competenze di ciascuno Stato in merito al controllo del carattere originario dei prodotti siano debitamente rispettate.

52     In tale prospettiva, il fatto che non sia stato adito il comitato d’associazione non può valere come giustificazione per una deroga al sistema di cooperazione e al rispetto delle competenze attribuite dall’accordo di associazione.

53     Emerge inoltre dalle osservazioni sottoposte alla Corte che le autorità greche non hanno contestato i risultati della procedura di controllo presso le autorità ungheresi, o in occasione di una riunione del comitato d’associazione, e che, di conseguenza, non sussisteva alcuna controversia per cui dovesse essere adito il comitato in questione.

54     Si deve quindi risolvere la quarta questione nel senso che sulla soluzione delle prime tre questioni non può incidere il fatto che né le autorità doganali greche, né quelle ungheresi abbiano richiesto la riunione del comitato di associazione di cui all’art. 33 del protocollo.

 Sulla quinta questione

55     La quinta questione è proposta solamente in caso di soluzione negativa delle prime due questioni. Poiché a queste è stata data una soluzione affermativa, non vi è luogo di esaminare tale quinta questione.

 Sulle spese

56     Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)      Gli artt. 31, n. 2, e 32 del protocollo n. 4 dell’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, come modificato dalla decisione n. 3/96 del Consiglio di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Ungheria, dall’altra, del 28 dicembre 1996, vanno interpretati nel senso che le autorità doganali dello Stato di importazione sono tenute a prendere in considerazione le decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato di esportazione sui ricorsi proposti avverso i risultati del controllo di validità dei certificati di circolazione delle merci effettuato dalle autorità doganali dello Stato di esportazione, allorché esse vengono informate della pendenza di tali ricorsi e del contenuto di tali decisioni, e ciò indipendentemente dal fatto che il controllo di validità dei certificati di circolazione sia stato effettuato o meno su richiesta delle autorità doganali dello Stato di importazione.

2)      L’effetto utile della soppressione dei dazi doganali sancita dall’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica d’Ungheria, dall’altra, concluso ed approvato con decisione del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993, 93/742/Euratom, CECA, CE, si oppone alle decisioni amministrative di applicazione di dazi doganali, maggiorati di imposte e ammende, assunte dalle autorità doganali dello Stato di importazione prima che sia loro comunicato l’esito definitivo dei ricorsi proposti avverso i risultati del controllo a posteriori e quando le decisioni delle autorità dello Stato di esportazione che ha inizialmente rilasciato i certificati EUR.1 non sono state revocate o annullate.

3)      Sulla soluzione delle prime tre questioni non può incidere il fatto che né le autorità doganali greche, né quelle ungheresi abbiano richiesto la riunione del comitato di associazione di cui all’art. 33 del protocollo n. 4, come modificato dalla decisione n. 3/96.

Firme


* Lingua processuale: il greco.