CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
L.A. GEELHOED
presentate l’8 settembre 2005 1(1)
Causa C-344/04
The Queen
International Air Transport Association
European Low Fares Airline Association
Hapag-Lloyd Express GmbH
contro
Department of Transport
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division]
[Trasporto aereo – Regolamento (CEE) n. 261/2004 – Compensazione pecuniaria ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco e cancellazione del volo o ritardo prolungato – Artt. 5, 6, e 7 del regolamento – Validità – Interpretazione dell’art. 234 CE]
I – Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte, in primo luogo, sulla validità degli att. 5, 6 e 7 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, n. 261, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (in prosieguo: il «regolamento n. 261/2004» o il «regolamento») (2), e, in secondo luogo, sull’interpretazione dell’art. 234, secondo comma, CE.
II – Ambito normativo
La Convenzione di Montreal
2. La Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (in prosieguo: la «Convenzione di Montreal») (3) è stata firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 (4) ed è stata approvata mediante decisione del Consiglio il 5 aprile 2001. Essa è entrata in vigore, per quanto riguarda la Comunità, il 28 giugno 2004.
3. L’art. 19 della Convenzione di Montreal, intitolato «Ritardo», dispone quanto segue:
«Il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Tuttavia il vettore non è responsabile per i danni da ritardo se dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle».
4. L’art. 22, n. 1, della Convenzione di Montreal limita la responsabilità del vettore in caso di ritardo, così come specificato all’art. 19, alla somma di 4 150 diritti speciali di prelievo per passeggero. L’art. 22, n. 5, dispone che tale limite non si applica qualora il danno derivi da un atto o omissione del vettore, compiuto con l’intenzione di provocare un danno o temerariamente e con la consapevolezza che probabilmente ne deriverà un danno.
5. L’art. 29, intitolato «Fondamento della richiesta risarcitoria», prevede quanto segue:
«Nel trasporto di passeggeri, bagagli e merci, ogni azione di risarcimento per danni promossa a qualsiasi titolo, in base alla presente convenzione o in base a un contratto o ad atto illecito o per qualsiasi altra causa, può essere esercitata unicamente alle condizioni e nei limiti di responsabilità previsti dalla presente convenzione, fatta salva la determinazione delle persone legittimate ad agire e dei loro rispettivi diritti. Tale azione non dà luogo ad alcuna riparazione a titolo punitivo, esemplare o comunque non risarcitorio».
Il regolamento n. 889/2002
6. L’art. 1, punto 4), del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 maggio 2002, n. 889, che modifica il regolamento (CE) 9 ottobre 1997, n. 2027, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (5), sostituisce come segue l’art. 3 del regolamento n. 2027/97:
«1. La responsabilità di un vettore aereo comunitario in relazione ai passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalle pertinenti disposizioni della convenzione di Montreal».
7. L’art. 1, punto 10), del regolamento n. 889/2002 aggiunge un allegato al regolamento n. 2027/97, contenente, tra l’altro, sotto il titolo «Ritardi nel trasporto dei passeggeri», la seguente disposizione:
«In caso di ritardo, il vettore è responsabile per il danno a meno che non abbia preso tutte le misure possibili per evitarlo o che fosse impossibile prendere tali misure. La responsabilità per il danno è limitata a 4 150 DSP (equivalente approssimativo in moneta locale)».
Il regolamento n. 261/2004
8. L’art. 5 del regolamento n. 261/2004, intitolato «Cancellazione del volo», così recita:
«1. In caso di cancellazione del volo, ai passeggeri interessati:
a) è offerta l’assistenza del vettore operativo a norma dell’articolo 8;
b) è offerta l’assistenza del vettore operativo a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 9, paragrafo 2, nonché, in caso di volo alternativo quando l’orario di partenza che si può ragionevolmente prevedere per il nuovo volo è rinviato di almeno un giorno rispetto all’orario di partenza previsto per il volo cancellato, l’assistenza di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c); e
c) spetta la compensazione pecuniaria del vettore aereo operativo a norma dell’articolo 7, a meno che:
i) siano stati informati della cancellazione del volo almeno due settimane prima dell’orario di partenza previsto; oppure
ii) siano stati informati della cancellazione del volo nel periodo compreso tra due settimane e sette giorni prima dell’orario di partenza previsto e sia stato loro offerto di partire con un volo alternativo non più di due ore prima dell’orario di partenza previsto e di raggiungere la destinazione finale meno di quattro ore dopo l’orario d’arrivo previsto; oppure
iii) siano stati informati della cancellazione del volo meno di sette giorni prima dell’orario di partenza previsto e sia stato loro offerto di partire con un volo alternativo non più di un’ora prima dell’orario di partenza previsto e di raggiungere la destinazione finale meno di due ore dopo l’orario d’arrivo previsto.
2. Insieme alla cancellazione del volo, i passeggeri sono informati delle eventuali alternative di trasporto possibili.
3. Il vettore aereo operativo non è tenuto a pagare una compensazione pecuniaria a norma dell’articolo 7, se può dimostrare che la cancellazione del volo è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso.
4. L’onere della prova, per quanto riguarda se e quando il passeggero è stato avvertito della cancellazione del volo, incombe al vettore aereo operativo».
9. L’art. 6 del regolamento n. 261/2004, intitolato «Ritardo», dispone quanto segue:
«1. Qualora possa ragionevolmente prevedere che il volo sarà ritardato, rispetto all’orario di partenza previsto
a) di due o più ore per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1 500 km; o
b) di tre o più ore per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1 500 e 3 500 km; o
c) di quattro o più ore per tutte le altre tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b),
il vettore aereo operativo presta ai passeggeri:
i) l’assistenza prevista nell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e nell’articolo 9, paragrafo 2; e
ii) quando l’orario di partenza che si può ragionevolmente prevedere è rinviato di almeno un giorno rispetto all’orario di partenza precedentemente previsto, l’assistenza di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c); e
iii) quando il ritardo è di almeno cinque ore, l’assistenza prevista nell’articolo 8, paragrafo 1, lettera a).
2. In ogni caso l’assistenza è fornita entro i termini stabiliti dal presente articolo in funzione di ogni fascia di distanza».
10. L’art. 7 del regolamento n. 261/2004, intitolato «Diritto a compensazione pecuniaria», dispone quanto segue:
«1. Quando è fatto riferimento al presente articolo, i passeggeri interessati ricevono una compensazione pecuniaria pari a:
a) 250 EUR per tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1 500 chilometri;
b) 400 EUR per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 chilometri e per tutte le altre tratte comprese tra 1 500 e 3 500 chilometri;
c) 600 EUR per le tratte aeree che non rientrano nelle lettere a) o b).
Nel determinare la distanza si utilizza come base di calcolo l’ultima destinazione per la quale il passeggero subisce un ritardo all’arrivo rispetto all’orario previsto a causa del negato imbarco o della cancellazione del volo.
2. Se ai passeggeri è offerto di raggiungere la loro destinazione finale imbarcandosi su un volo alternativo a norma dell’articolo 8, il cui orario di arrivo non supera:
a) di due ore, per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1 500 km; o
b) di tre ore, per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1 500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese fra 1 500 e 3 500 km; o
c) di quattro ore, per tutte le tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b),
l’orario di arrivo previsto del volo originariamente prenotato, il vettore aereo operativo può ridurre del 50% la compensazione pecuniaria di cui al paragrafo 1.
3. La compensazione pecuniaria di cui al paragrafo 1 è pagata in contanti, mediante trasferimento bancario elettronico, con versamenti o assegni bancari, o, previo accordo firmato dal passeggero, con buoni di viaggio e/o altri servizi.
4. Le distanze di cui ai paragrafi 1 e 2 sono misurate secondo il metodo della rotta ortodromica».
11. L’art. 8 del regolamento n. 261/2004 dispone quanto segue:
«1. Quando è fatto riferimento al presente articolo, al passeggero è offerta la scelta tra:
a) il rimborso entro sette giorni, secondo quanto previsto nell’articolo 7, paragrafo 3, del prezzo pieno del biglietto, allo stesso prezzo al quale è stato acquistato, per la o le parti di viaggio non effettuate e per la o le parti di viaggio già effettuate se il volo in questione è divenuto inutile rispetto al programma di viaggio iniziale del passeggero, nonché, se del caso:
– un volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, non appena possibile;
b) l’imbarco su un volo alternativo verso la destinazione finale, in condizioni di trasporto comparabili, non appena possibile; o
c) l’imbarco su un volo alternativo verso la destinazione finale, in condizioni di trasporto comparabili, ad una data successiva di suo gradimento, a seconda delle disponibilità di posti.
2. Il paragrafo 1, lettera a), si applica anche ai passeggeri i cui voli rientrano in un servizio “tutto compreso”, ad esclusione del diritto al rimborso qualora tale diritto sussista a norma della direttiva 90/314/CEE.
3. Qualora una città o regione sia servita da più aeroporti ed un vettore aereo operativo offra ad un passeggero l’imbarco su un volo per un aeroporto di destinazione diverso da quello prenotato dal passeggero, le spese di trasferimento del passeggero dall’aeroporto di arrivo all’aeroporto per il quale era stata effettuata la prenotazione o ad un’altra destinazione vicina, concordata con il passeggero, sono a carico del vettore aereo operativo».
12. L’art. 9 del regolamento n. 261/2004 così recita:
«1. Quando è fatto riferimento al presente articolo, il passeggero ha diritto a titolo gratuito:
a) a pasti e bevande in congrua relazione alla durata dell’attesa;
b) alla sistemazione in albergo:
– qualora siano necessari uno o più pernottamenti, o
– qualora sia necessario un ulteriore soggiorno, oltre a quello previsto dal passeggero;
c) al trasporto tra l’aeroporto e il luogo di sistemazione (albergo o altro).
2. Inoltre, il passeggero ha diritto ad effettuare a titolo gratuito due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica.
3. Nell’applicare il presente articolo il vettore aero operativo presta particolare attenzione ai bisogni delle persone con mobilità ridotta e dei loro accompagnatori, nonché ai bisogni dei bambini non accompagnati».
III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
13. La International Air Transport Association (in prosieguo: la «IATA»), che rappresenta gli interessi di 270 aviolinee di 130 paesi, che trasportano il 98% dei passeggeri di voli di linea del mondo, e la European Low Fares Airline Association (in prosieguo: la «ELFAA»), associazione istituita nel gennaio 2004 che rappresenta gli interessi di dieci aviolinee a basso costo di nove paesi dell’Unione europea (in prosieguo indicate congiuntamente quali «ricorrenti») hanno adito la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito) (in prosieguo: la «High Court»), con due ricorsi avverso il Department for Transport (Ministero dei Trasporti) del governo del Regno Unito e dell’Irlanda del Nord, aventi per oggetto il sindacato giurisdizionale delle norme di attuazione del regolamento n. 261/2004.
14. Ritenendo che gli argomenti delle ricorrenti siano ricevibili e quindi non infondati, la High Court ha deciso di sottoporre alla Corte sette questioni dedotte dalle ricorrenti, che contestano la validità del regolamento n. 261/2004. Poiché il Ministero dei Trasporti ha posto in dubbio la necessarietà del rinvio di sei delle suddette questioni, in quanto esse non solleverebbero dubbi reali in merito alla validità del regolamento citato, la High Court vuole sapere quali presupposti debbano sussistere, o quale limite vada superato, perché occorra deferire alla Corte una questione relativa alla validità di un atto comunitario in forza dell’art. 234, secondo comma, CE. In tali circostanze il giudice nazionale ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni:
«1) Se l’art. 6 del regolamento n. 261/2004 sia invalido in quanto in contrasto con la (…) Convenzione di Montreal (…), in particolare con gli artt. 19, 22 e 29 della detta Convenzione, e se tale circostanza (insieme a qualsiasi altro elemento pertinente) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
2) Se l’emendamento dell’art. 5 del regolamento [n. 261/2004] nel corso dell’esame del progetto da parte del comitato di conciliazione sia stato effettuato in modo incompatibile con i requisiti di procedura previsti dall’art. 251 CE e, in caso affermativo, se l’art. 5 [di tale] regolamento sia invalido e, in caso affermativo, se tale circostanza (unitamente ad altri fattori determinanti) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
3) Se gli artt. 5 e 6 del regolamento n. 261/2004 (o parte di essi) siano invalidi in quanto in contrasto con il principio della certezza del diritto e, in caso affermativo, se tale invalidità (unitamente ad altri fattori determinanti) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
4) Se gli artt. 5 e 6 del regolamento n. 261/2004 (o parte di essi) siano invalidi, in quanto non sono sostenuti da alcuna adeguata motivazione, e, in caso affermativo, se tale invalidità (unitamente ad altri fattori determinanti) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
5) Se gli artt. 5 e 6 del regolamento n. 261/2004 (o parte di essi) siano invalidi in quanto in contrasto con il principio di proporzionalità, che deve essere alla base di ogni atto comunitario e, in caso affermativo, se tale invalidità (unitamente ad altri fattori determinanti) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
6) Se gli artt. 5 e 6 del regolamento n. 261/2004 (o parte di essi) siano invalidi in quanto discriminano, in particolare, i membri della seconda organizzazione ricorrente in un modo arbitrario e non obiettivamente giustificato e, in caso affermativo, se tale invalidità (unitamente ad altri fattori determinanti) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
7) Se l’art. 7 del regolamento (o parte di esso) sia nullo o invalido in quanto l’imposizione di una responsabilità posta in forma di una cifra fissa in caso di cancellazione del volo per ragioni che non rientrano nelle limitazioni della responsabilità per circostanze eccezionali sia discriminatoria, non risponda ai criteri di proporzionalità alla base di ogni atto comunitario o non sia basata su un’adeguata motivazione e, in caso affermativo, se tale invalidità (insieme a qualsiasi altro elemento pertinente) infici la validità del regolamento nel suo complesso.
8) Qualora un giudice nazionale abbia autorizzato la proposizione di un ricorso dinanzi ad esso e sollevi questioni aventi ad oggetto la validità di disposizioni di un atto comunitario che considera sostenibili e non infondate, se vi siano principi di diritto comunitario implicanti presupposti o limiti che il giudice nazionale deve applicare nel decidere, ai sensi dell’art. 234, [secondo comma], CE, se sottoporre tali questioni di validità all’esame della Corte di giustizia».
15. L’ordinanza della High Court è pervenuta alla cancelleria della Corte il 12 agosto 2004. Hanno presentato osservazioni scritte le ricorrenti, il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione e il governo del Regno Unito. Si è svolta un’udienza in data 7 giugno 2005.
IV – Analisi
16. Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale, sette delle otto questioni vertono sulla validità del regolamento n. 261/2004.
17. Il regolamento n. 261/2004 riguarda il negato imbarco (art. 4), la cancellazione del volo (art. 5) e il ritardo (art. 6).
18. In ognuna di tali situazioni, al vettore incombono determinati obblighi:
– in caso di negato imbarco: compensazione pecuniaria (art. 7), imbarco su un volo alternativo o rimborso (art. 8) e assistenza (art. 9).
– in caso di cancellazione di un volo: assistenza in forma di imbarco su un volo alternativo o rimborso (art. 8) e in forma di pasti ecc. (art. 9), ma non compensazione pecuniaria (art. 7), sempreché i passeggeri siano stati informati tempestivamente o il vettore possa provare che la cancellazione è dipesa da circostanze eccezionali;
– in caso di ritardo: sola assistenza ai sensi dell’art. 9, fatta eccezione per i ritardi di cinque ore o più. In quest’ultimo caso, il passeggero ha anche diritto al rimborso ai sensi dell’art. 8.
19. Inoltre, i vettori aerei devono informare i passeggeri in merito ai loro diritti, affinché possano esercitarli efficacemente (6). Tali informazioni devono includere i dati per contattare l’organismo incaricato di assicurare e controllare che il vettore rispetti il regolamento (7).
20. Peraltro, tali obblighi nei confronti dei passeggeri non possono essere oggetto di restrizioni o rinuncia, in particolare per effetto di clausole derogatorie o restrittive del contratto di trasporto (8).
21. Le domande delle ricorrenti nel procedimento principale non riguardano la legittimità dell’art. 4, né l’obbligo dei vettori aerei di indennizzare o assistere i passeggeri cui sia stato negato l’imbarco, bensì gli obblighi, sanciti dagli artt. 5 e 6, di indennizzare, rimborsare o offrire l’imbarco su un volo alternativo e di fornire assistenza ai passeggeri in caso di cancellazione del volo o ritardo.
22. In breve, i motivi di ricorso sono i seguenti:
– incompatibilità tra l’art. 6 del regolamento e la Convenzione di Montreal;
– vizio di procedura (la modifica dell’art. 5 del regolamento violerebbe la procedura istituita dall’art. 251 CE);
– mancanza di certezza del diritto e carenza di motivazione;
– violazione del principio di proporzionalità;
– violazione del principio di non discriminazione;
– l’obbligo di pagare una compensazione in un importo fisso sarebbe sproporzionato, discriminatorio e non adeguatamente motivato.
Sulla prima questione (incompatibilità con la Convenzione di Montreal)
23. Con la prima questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 6 (ritardo) del regolamento sia invalido in quanto incompatibile con gli artt. 19, 22 e 29 della Convenzione di Montreal.
24. In caso di ritardo di almeno due ore, il vettore aereo è tenuto, in forza dell’art. 6 del regolamento, ad offrire assistenza ai sensi dell’art. 9. Qualora il ritardo sia di almeno cinque ore, il passeggero ha anche diritto al rimborso o ad essere imbarcato su un volo alternativo, ai sensi dell’art. 8. L’art. 6 non fornisce ai vettori aerei alcuna giustificazione in caso di «circostanze eccezionali».
25. La IATA e la ELFAA sostengono che, data tale mancanza di giustificazione in caso di «circostanze eccezionali», l’art. 6 del regolamento è incompatibile con gli artt. 19, 22, n. 1, e 29 della Convenzione di Montreal ed è quindi invalido.
26. Tale giustificazione è prevista dalla Convenzione di Montreal. A loro parere, dall’art. 29 discende che in caso di trasporto aereo di passeggeri, qualunque azione per danni, comunque fondata, è soggetta alle condizioni stabilite dalla Convenzione. Pertanto, qualunque disposizione relativa al risarcimento dei danni determinati da un ritardo nel trasporto aereo di passeggeri dev’essere conforme agli artt. 19 e 22 della Convenzione.
27. Le ricorrenti sostengono che la Convenzione di Montreal è vincolante per la Comunità, che la Convenzione prevale sull’art. 6 del regolamento e che gli artt. 19, 22, n. 1, e 29 della Convenzione di Montreal hanno efficacia diretta.
28. Il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e il governo del Regno Unito affermano che non vi è alcun contrasto tra il regolamento e la Convenzione, dal momento che tali misure riguardano due regimi differenti, che perseguono obiettivi diversi. Essi deducono che l’obbligo di prestare assistenza non costituisce un risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 19 della Convenzione di Montreal.
29. Essi rilevano che gli obblighi imposti ai vettori aerei dall’art. 6 del regolamento sono norme di carattere pubblico. Tali obblighi non hanno nulla a che vedere con le azioni per danni dinanzi agli organi giurisdizionali e impongono semplicemente di prestare assistenza ai passeggeri per soddisfare i loro bisogni immediati, in loco, in caso di ritardo.
30. In udienza, la IATA e la ELFAA hanno ripreso le osservazioni svolte dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione. Esse affermano che gli argomenti delle istituzioni comunitarie sono fondati su un’interpretazione restrittiva della nozione di «danno derivante da ritardo» di cui all’art. 19 della Convenzione di Montreal. Inoltre, le ricorrenti non condividono gli argomenti secondo cui la Convenzione armonizzerebbe solo parzialmente determinate norme.
31. Per quanto riguarda l’interpretazione restrittiva, le ricorrenti sostengono che essa è contraria all’interesse dei consumatori, alla giurisprudenza della Corte (9) e alle pronunce di altre giurisdizioni (che, sul fondamento dell’art. 19 della Convenzione di Montreal, hanno riconosciuto ai passeggeri il diritto a un’indennità per le spese di albergo, ecc). In secondo luogo, per effetto di questa interpretazione restrittiva, la Comunità si è ritenuta libera di colmare la lacuna, anche se ciò dà luogo ad ulteriore confusione, dal momento che, a loro parere, i regolamenti n. 2027/97 e n. 261/2004 sono entrambi volti ad istituire norme uniformi e riguardano entrambi la responsabilità dei vettori per i danni causati dal ritardo dei voli. Secondo le ricorrenti è impossibile conciliare i due regolamenti. Esse fanno riferimento al termine «risarcimento», che è utilizzato in entrambi i regolamenti ma apparentemente con significati diversi: risarcimento dei danni (regolamento n. 2027/97) e compensazione pecuniaria in assenza di danni (regolamento n. 261/2004) (10). A loro parere, tale distinzione, formulata dalla istituzioni, è piuttosto fuorviante. Essa fa venir meno la semplicità e la chiarezza menzionate nel dodicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 2027/97, come modificato dal regolamento n. 889/2002, pregiudica l’equilibrio del sistema istituito dalla Convenzione di Montreal e viola palesemente tale Convenzione. A loro parere, compensazione pecuniaria in assenza di danni equivale a dire compensazione non a titolo risarcitorio. Se così fosse, l’art. 6 del regolamento n. 261/2004 contrasterebbe con l’art. 29 della Convenzione di Montreal e con l’art. 3 del regolamento n. 2027/97, come modificato, sollevando il vettore dall’obbligo di effettuare tali pagamenti.
Analisi
32. La Comunità è parte della Convenzione di Montreal ed è indubbio che sia vincolata dalla stessa. La Convenzione è stata firmata e conclusa sul fondamento dell’art. 300 CE. Gli accordi siglati in forza di tale disposizione sono vincolanti per le istituzioni e gli Stati membri e formano, dal momento della loro entrata in vigore, parte integrante dell’ordinamento giuridico comunitario (11). Il fatto che il regolamento sia stato adottato prima dell’entrata in vigore, per la Comunità europea, della Convenzione di Montreal non modifica gli obblighi incombenti alle istituzioni comunitarie in forza del diritto internazionale. La Convenzione di Montreal è un accordo internazionale e, in quanto tale, è vincolante per le parti e dev’essere applicata secondo buona fede. Pertanto, anche quando la Comunità non ha ancora formalmente depositato l’atto di ratifica, le istituzioni comunitarie non possono agire in violazione di accordi internazionali. Le istituzioni erano tenute, a partire dal 9 dicembre 1999, data della firma, ad astenersi da atti che privassero la Convenzione del suo oggetto e del suo scopo (12). Vigeva quindi l’obbligo di astenersi dall’adottare normative comunitarie incompatibili con la Convenzione di Montreal.
33. Di conseguenza, la questione è se l’ambito di applicazione e l’oggetto della Convenzione siano gli stessi delle disposizioni controverse del regolamento n. 261/2004 e se esista un conflitto tra i due atti.
34. Lo scopo della Convenzione di Montreal del 1999, al pari di quello della convenzione precedente (la Convenzione di Varsavia del 1929, come modificata), è uniformare determinate norme relative alla responsabilità derivante dal trasporto aereo internazionale.
35. Nella fattispecie, le disposizioni pertinenti sono quelle contenute nel Capo III della Convenzione di Montreal, relativo alla responsabilità del vettore e alla portata del risarcimento dei danni. L’art. 17 riguarda i danni derivanti dalla morte o dalla lesione dei passeggeri e i danni ai bagagli. L’art. 18 concerne i danni alla merce. L’art. 19 riguarda il danno derivante da ritardo nel trasporto di passeggeri, bagagli e merci imputabile al vettore. Dall’art. 19 discende che un vettore si presume responsabile, salvo prova contraria qualora dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno, oppure che era loro impossibile adottarle.
36. Le disposizioni seguenti, a cominciare dagli artt. 20-28, riguardano varie questioni quali, tra l’altro, le limitazioni della responsabilità, ad esempio la limitazione della responsabilità del vettore a 4 150 DSP per ciascun passeggero in caso di ritardo nel trasporto di persone.
37. L’art. 29 dispone poi che ogni azione di risarcimento per danni promossa dinanzi ad un organo giurisdizionale è soggetta alle condizioni e ai limiti previsti dalla Convenzione. L’art. 33 determina i giudici competenti e dispone che le questioni procedurali debbono essere risolte in base alle norme del giudice adito. Inoltre, l’art. 35 fissa un termine di due anni per l’esercizio dell’azione.
38. Per quanto riguarda la Comunità, le disposizioni pertinenti della Convenzione sono state recepite nel regolamento n. 2027/1997 mediante le modifiche introdotte dal regolamento n. 889/2002. La versione modificata è stata applicata a partire dal 28 giugno 2004, data di entrata in vigore per la Comunità della Convenzione di Montreal (13).
39. Pertanto, il regolamento n. 2027/97, come modificato, ha ampliato il proprio ambito di applicazione includendovi la responsabilità civile dei vettori aerei per i danni derivanti da ritardo. Ciò si riflette ad esempio nell’art. 3, n. 1, del regolamento e nel suo allegato, che di fatto costituisce un’avvertenza di cui i vettori aerei devono tener conto conformemente all’art. 6 del regolamento n. 2027/97 e che riassume le norme sulla responsabilità applicate ai vettori aerei della Comunità in conformità del diritto comunitario e della Convenzione di Montreal.
40. Oltre alla responsabilità civile dei vettori per i danni derivanti da ritardo, prevista dalla Convenzione di Montreal e dal diritto comunitario, il regolamento controverso n. 261/2004 impone al vettore aereo obblighi specifici in caso di negato imbarco, cancellazione e ritardo del volo.
41. Per quanto riguarda il ritardo, il vettore deve fornire assistenza (pasti, alberghi ecc.) per la durata del ritardo. Tale obbligo non viene meno in caso di limitazione della responsabilità per «circostanze eccezionali». Pertanto, la discussione non è incentrata solo sulla portata e sull’oggetto della Convenzione di Montreal, ma anche sul significato dell’espressione «danno derivante da ritardo» (quest’ultima questione è stata sollevata dalle ricorrenti nel procedimento principale), in quanto la Convenzione di Montreal prevede una limitazione della responsabilità, mentre il regolamento controverso non la contempla.
42. A mio parere, come si vedrà in prosieguo, la Convenzione di Montreal e il regolamento sono complementari, e non in conflitto tra loro.
43. In primo luogo, è indubbio che la Convenzione di Montreal armonizza determinate norme che disciplinano il trasporto aereo internazionale, quali la responsabilità civile dei vettori aerei in caso di danno derivante da ritardo e le susseguenti azioni per danni che i singoli passeggeri possono esercitare dinanzi ai tribunali. Tuttavia, tale armonizzazione non riguarda tutte le questioni che possono porsi in caso di ritardo.
44. Come hanno osservato la Commissione e il Consiglio, la Convenzione di Montreal disciplina le azioni che possono essere esercitate dinanzi agli organi giurisdizionali in caso di danno derivante da ritardo. A tale proposito, l’art. 29 della Convenzione menziona «ogni azione di risarcimento per danni», ma non «ogni azione esercitabile in caso di ritardo».
45. Pertanto, per quanto riguarda le azioni per i danni derivanti da ritardo, la Convenzione di Montreal è esaustiva, ma non osta a misure non connesse a un’«azione di risarcimento per danni». Ad esempio, la Convenzione non esclude misure che impongano ai vettori aerei requisiti minimi per quanto riguarda il servizio che essi sono tenuti a fornire durante il ritardo.
46. In secondo luogo, è evidente che l’art. 6 del regolamento non riguarda la responsabilità civile o le azioni per il risarcimento dei danni. Un’azione di questo tipo, come hanno osservato anche il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, impone di verificare anzitutto che si sia verificato un danno, che sussista un nesso casuale tra il ritardo e il danno, quale sia l’entità del danno e se il vettore possa addurre o meno una giustificazione. Tali considerazioni assumono rilevanza nel caso in cui venga esercitata un’azione (per danni) dinanzi a (uno dei) tribunali competenti (menzionati all’art. 33 della Convenzione).
47. Tali considerazioni non sono pertinenti nel contesto dell’art. 6 del regolamento. L’obiettivo dell’art. 6 è tutelare i passeggeri obbligando i vettori a fornire assistenza ai passeggeri non ancora imbarcati, a prescindere dalla circostanza che si sia verificato o meno un danno. Non occorre dimostrare l’esistenza di un danno e ai fini della disposizione è irrilevante qualsiasi responsabilità del vettore. Di conseguenza, non è neanche necessaria alcuna limitazione di responsabilità.
48. L’obbligo di fornire un minimo di assistenza per la durata del ritardo, e quindi la protezione assicurata ai passeggeri, costituiscono norme di carattere pubblico.
49. Incidentalmente, è appena il caso di rilevare che un passeggero, qualora subisca anche danni in conseguenza del ritardo, può esercitare un’azione di risarcimento in forza dell’art. 19 della Convenzione di Montreal dinanzi ad uno dei tribunali competenti menzionati all’art. 33 della Convenzione. L’art. 12 del regolamento lascia impregiudicato il diritto ad esercitare tali azioni per danni.
50. Mi sembra evidente che gli obblighi imposti ai vettori dall’art. 6 non sono in contrasto con la Convenzione di Montreal. Quest’ultima e il regolamento n. 2027/97, da un lato, e il regolamento n. 261/2004, dall’altro, hanno natura completamente diversa. Come si è visto, la Convenzione di Montreal riguarda il diritto di un singolo passeggero ad esercitare un’azione di risarcimento dinanzi ad un tribunale per i danni causatigli dal ritardo, situazione disciplinata dal diritto privato internazionale, mentre l’art. 6 del regolamento è diretto ad imporre determinati obblighi al vettore, conferendo al contempo a tutti i passeggeri il diritto di ricevere immediata assistenza per la durata del ritardo.
51. A mio parere, è ovvio che tale obbligo legale non equivale alla responsabilità civile per i danni causati dal ritardo (nel senso di perdita derivante dal ritardo) prevista dalla Convenzione di Montreal.
52. Inoltre, la natura pubblica degli obblighi imposti ai vettori aerei dal regolamento n. 261/2004 è ulteriormente confermata, come ha osservato anche il Parlamento, dalla diversità del meccanismo di attuazione. Ai sensi del regolamento, ciascuno Stato membro deve designare un organismo responsabile dell’attuazione del regolamento e, «[s]e del caso, tale organismo adotta tutte le misure necessarie per garantire che siano rispettati i diritti dei passeggeri». Qualora un vettore aereo non adempia gli obblighi che gli incombono in forza del regolamento, e leda quindi i diritti dei passeggeri, questi ultimi possono proporre un reclamo presso detto organismo. Gli Stati membri sono anche tenuti a garantire – quale misura di accompagnamento –l’esistenza di un meccanismo sanzionatorio effettivo, proporzionato e dissuasivo.
53. Inoltre, il passeggero può avviare un’azione legale nel caso in cui il vettore non adempia i propri obblighi di diritto pubblico. Tale azione è ovviamente diretta ad obbligare i vettori aerei ad ottemperare ai loro obblighi, a prescindere dalla circostanza che un passeggero abbia subito danni in conseguenza dell’inadempimento. In altre parole, l’oggetto dell’azione e gli obblighi del vettore coincidono.
Sulla seconda questione (art. 251 CE)
54. Con la seconda questione il giudice del rinvio vuole sapere a) se l’art. 5 (cancellazione del volo) sia invalido in quanto è stato modificato dal Comitato di conciliazione in violazione dell’art. 251 CE e, b) in caso affermativo, se tale circostanza e altri fattori attinenti inficino la validità del regolamento nel suo complesso.
55. Secondo la IATA e l’ELFAA, sarebbe illegittima l’abolizione, da parte del Comitato di conciliazione, della limitazione della responsabilità per «circostanze eccezionali» in relazione alle azioni fondate sull’art. 9 (assistenza) in caso di cancellazione del volo, anche se su questo punto non vi era disaccordo tra la posizione comune del Consiglio e la seconda lettura del Parlamento.
56. In sostanza, le ricorrenti affermano che il Comitato di conciliazione non può modificare alcuna disposizione della misura progettata, a meno che in precedenza non vi sia stato disaccordo su quel punto tra il Parlamento e il Consiglio in seconda lettura. A tale proposito, esse fanno riferimento alla chiara formulazione dell’art. 251, n. 4, CE, secondo cui il Comitato di conciliazione deve richiamarsi alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento. Le ricorrenti deducono inoltre che qualsiasi altra interpretazione equivarrebbe a conferire implicitamente al Comitato un potere che comprometterebbe l’equilibrio istituzionale del processo legislativo e determinerebbe un deficit di democrazia più grave di quello cui l’art. 251 è diretto a porre rimedio.
57. Le ricorrenti sostengono che se il Comitato di conciliazione potesse introdurre nuovi emendamenti alla posizione comune del Consiglio, i membri del Parlamento facenti parte del Comitato di conciliazione potrebbero effettivamente scavalcare la volontà del Parlamento riunito. Esse fanno riferimento alla differenza tra le procedure di voto in seconda e terza lettura. In seconda lettura, il Parlamento vota separatamente su ogni emendamento proposto, di modo che ciascun membro può approvare o respingere singolarmente ogni emendamento, mentre in terza lettura il Parlamento può soltanto adottare o respingere il progetto comune nel suo complesso.
58. Inoltre, l’introduzione di nuovi emendamenti in fase di conciliazione non precedentemente discussi indebolirebbe il potere legislativo della Commissione.
59. Il Consiglio, il Parlamento, la Commissione e il governo del Regno Unito sostengono che il Comitato di conciliazione non ha travalicato la propria competenza. A loro parere, la formulazione dell’art. 251, n. 4, non conferma l’interpretazione restrittiva della IATA e dell’ELFAA.
Analisi
60. Nell’ambito della codecisione, il ricorso alla procedura del Comitato di conciliazione è possibile solo quando il Parlamento e il Consiglio sono in disaccordo sul testo della misura proposta dopo avere effettuato due letture ciascuno.
61. Nella fattispecie, il Parlamento, in seconda lettura, aveva adottato vari emendamenti alla posizione comune del Consiglio. Quest’ultimo non ha approvato tutti gli emendamenti. Di conseguenza, è stato costituito un Comitato di conciliazione ai sensi dell’art. 251, n. 4, CE.
62. Il Comitato di conciliazione ha raggiunto l’accordo il 14 ottobre 2003. Parte di tale accordo prevedeva che i vettori aerei dovessero garantire assistenza, senza possibilità di far valere limitazioni di responsabilità per «circostanze eccezionali». La votazione del Parlamento europeo sull’accordo raggiunto in sede di conciliazione ha avuto luogo il 18 dicembre 2003, con 467 voti a favore, 4 contrari e 13 astensioni. Il 26 gennaio 2004, il Consiglio ha adottato, a maggioranza qualificata, il progetto comune approvato dal Comitato di conciliazione.
63. Inizierò con una breve descrizione dell’art. 251 CE.
64. La procedura di codecisione, introdotta dal Trattato di Maastricht e modificata dal Trattato di Amsterdam, la cui applicazione è stata ulteriormente ampliata dal Trattato di Nizza, costituisce attualmente la principale procedura legislativa della Comunità europea. Essa è intesa ad impedire che una misura venga adottata senza l’approvazione sia del Consiglio che del Parlamento europeo. L’elemento centrale è quindi l’elaborazione di un testo concordato, con la collocazione del Consiglio e del Parlamento su un piano di parità.
65. La procedura si compone di tre fasi (prima lettura, seconda lettura e terza lettura con conciliazione), ma può concludersi in una qualunque di esse, qualora il Parlamento e il Consiglio raggiungano un accordo.
66. La procedure di codecisione inizia sempre con una proposta della Commissione. Quest’ultima presenta la propria proposta contemporaneamente al Parlamento e al Consiglio.
67. La proposta della Commissione viene sottoposta ad una prima lettura dinanzi al Parlamento, con o senza emendamenti. Essa viene adottata dalla maggioranza dei deputati partecipanti alla votazione.
68. Se il Parlamento adotta emendamenti, la Commissione formula un parere e lo trasmette al Consiglio, unitamente ad una proposta (modificata). Se il Consiglio approva tutti gli emendamenti del Parlamento, o se quest’ultimo non propone emendamenti, il Consiglio può adottare l’atto. Altrimenti, il Consiglio conclude la prima lettura con l’adozione di una cosiddetta posizione comune.
69. La posizione comune, accompagnata dai motivi che hanno indotto il Consiglio ad adottarla, viene comunicata al Parlamento europeo, al pari del parere espresso su di essa dalla Commissione. Entro tre mesi (o quattro, in caso di proroga), il Parlamento può approvare la posizione comune (l’atto viene adottato) (14), respingerla (nel qual caso la procedura si chiude), o modificarla in seconda lettura. Il rigetto della posizione comune o l’adozione degli emendamenti alla stessa sono deliberati a maggioranza assoluta dei membri (con un minimo di 367 voti).
70. La posizione del Parlamento in seconda lettura viene trasmessa al Consiglio, che ha tre mesi (o quattro in caso di proroga) per procedere alla seconda lettura. Qualora il Consiglio accetti tutti gli emendamenti, l’atto viene adottato. Se la Commissione ha espresso parere negativo su almeno un emendamento, il Consiglio può solo adottare all’unanimità il progetto complessivo del Parlamento. Se il Consiglio non può adottare tutti gli emendamenti, viene avviata la procedura di conciliazione. Ciò avviene con delibera del Presidente del Consiglio, di concerto con il Presidente del Parlamento.
71. La conciliazione costituisce la terza e ultima fase della procedura di codecisione.
72. Il Comitato di conciliazione è composto dai membri del Consiglio o dai loro rappresentanti e da un numero corrispondente di rappresentanti del Parlamento. Anche la Commissione è rappresentata in tale Comitato.
73. L’art. 251, n. 4, CE, prevede quanto segue:
– il Comitato di conciliazione ha il compito di «giungere ad un accordo su un progetto comune» e a tal fine esso «si richiama alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo»;
– il ruolo della Commissione consiste nel «prende[re] tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio».
74. Qualora il Comitato di conciliazione non approvi un progetto comune, l’atto proposto si considera non adottato. Pertanto, un progetto comune approvato dal Comitato di conciliazione costituisce una precondizione dell’adozione finale, vale a dire un progetto comune approvato dai rappresentanti del Parlamento europeo (che vota a maggioranza) e dai rappresentati del Consiglio (che vota a maggioranza qualificata) in seno al Comitato.
75. Nel caso di un progetto comune approvato, l’ultima parola spetta al Parlamento (che delibera a maggioranza assoluta dei voti espressi) e al Consiglio (che vota a maggioranza qualificata). L’atto si considera adottato solo se vi è accordo tra i due rami dell’autorità legislativa.
76. Il ruolo della Commissione in questa fase finale è diverso da quello delle fasi precedenti, in cui essa esprime un parere sulla prima lettura del Parlamento e del Consiglio e sulla seconda lettura del Parlamento. Il fatto che la Commissione non possa più ritirare la propria proposta né impedire al Consiglio di deliberare a maggioranza qualificata senza il suo consenso nella terza fase non significa che la sua funzione sia meno importante. Essa riveste anzi un’importanza fondamentale. La Commissione partecipa a tutte le riunioni e ha il delicato compito di agevolare e promuovere i negoziati tra i due rami dell’autorità legislativa, adottando tutte le misure necessarie, ad esempio elaborando proposte di compromesso (15), e agendo in modo imparziale.
77. Da questa breve descrizione emerge chiaramente che l’elemento essenziale della procedura di codecisione è la parità tra il Consiglio e il Parlamento. Il Parlamento dialoga direttamente con il Consiglio e viceversa. I due rami dell’autorità legislativa devono concordare sulla proposta legislativa della Commissione. È inerente alla natura di tale procedura che i pareri politici del Consiglio e del Parlamento non sono sempre identici. È quindi essenziale una procedura di conciliazione, in cui i due rami dell’autorità legislativa possono valutare se sia possibile trovare una posizione comune, accettabile per entrambe le istituzioni(16).
78. In altre parole, poiché né il Consiglio né il Parlamento possono adottare atti normativi di propria iniziativa senza il consenso dell’altro, sono entrambi tenuti a trovare il modo di superare le disparità di vedute.
79. Ciò implica che il mandato dei rappresentanti in seno al Comitato di conciliazione dev’essere sufficientemente flessibile per consentire di superare le differenze iniziali. Se i rappresentanti dovessero negoziare a mani legate, la procedura di conciliazione sarebbe del tutto inutile.
80. Ciò implica inoltre che nessuna delle due istituzioni può considerare immodificabile la propria posizione iniziale.
81. La ragion d’essere della procedura di conciliazione è impedire che nella procedura di codecisione, in caso di disparità di vedute tra il Consiglio e il Parlamento, si determini una situazione di stallo che potrebbe ledere gli interessi della Comunità.
82. Tentare di raggiungere un accordo significa accettare compromessi. Per raggiungere un compromesso può essere necessario riprendere in esame disposizioni sulle quali in origine non vi era disaccordo. Inoltre, da un emendamento concordato può scaturire un ulteriore emendamento, inteso a garantire che la misura adottata sia globalmente coerente.
83. La flessibilità offerta dalla formulazione dell’art. 251, n. 4, CE, si riflette anche sul ruolo costruttivo che la Commissione è chiamata a svolgere nell’ambito della procedura di conciliazione. La sua funzione è intraprendere tutte le iniziative necessarie per conciliare la posizione del Parlamento e del Consiglio.
84. Tali iniziative non sono limitate alle questioni su cui le altre istituzioni sono in disaccordo.
85. In breve: è vero che l’art. 251, n. 4, richiede che il Comitato si richiami alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo, ma ciò non implica che il Comitato possa prendere in esame solo le disposizioni della misura progettata su cui il Parlamento e il Consiglio sono in disaccordo, né che una posizione comune che il Parlamento non ha modificato in seconda lettura debba essere accettata senza modifiche nel testo finale adottato. Ciò sarebbe contrario all’obiettivo della stessa procedura di conciliazione, vale a dire individuare un terreno comune per i due rami dell’autorità legislativa. Tale interpretazione, inoltre, ostacolerebbe la funzione di mediatore imparziale della Commissione.
86. È altresì evidente che il potere del Comitato di conciliazione non è illimitato. In primo luogo, il presupposto logico della ricerca di un accordo è un persistente disaccordo tra il Consiglio e il Parlamento europeo. In secondo luogo, non è possibile alterare in modo sostanziale la portata della misura proposta.
87. Gli argomenti dedotti dalla IATA e dalla ELFAA vanno esaminati alla luce di quanto precede.
88. Secondo il loro primo argomento, il Comitato di conciliazione potrebbe richiamarsi solo agli emendamenti adottati dal Parlamento in seconda lettura e sui quali il Consiglio e il Parlamento sono in disaccordo.
89. Per i motivi sopra indicati, è evidente che l’interpretazione restrittiva data dalle ricorrenti nel procedimento principale potrebbe costituire un grave ostacolo al raggiungimento di un accordo. Né la lettera dell’art. 251, n. 4, CE, né la ratio della procedura di conciliazione confermano in alcun modo la loro interpretazione. L’art. 251, n. 4, CE, dispone che il Comitato «si richiama alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo». Le parole «in base agli» indicano appunto che tali emendamenti non sono vincolanti per il Comitato. Essi devono semplicemente costituire il punto di partenza dei negoziati nel contesto della procedura di conciliazione. Pertanto, l’art. 251, n. 4, CE, non prevede che il Comitato possa prendere in considerazione solo le disposizioni sulle quali vi è disaccordo, né che qualunque disposizione della posizione comune non modificata dal Parlamento in seconda lettura debba essere accettata senza emendamenti nel testo definitivo adottato.
90. In secondo luogo, la IATA e la ELFAA sostengono che la possibilità di aggiungere «nuovi» emendamenti nella fase di conciliazione altera l’equilibrio istituzionale, determina una mancanza di trasparenza e pregiudica la legittimazione democratica degli atti comunitari.
91. La IATA e la ELFAA si sono richiamate alla giurisprudenza della Corte secondo cui l’inosservanza delle norme del Trattato o della legislazione derivata in materia di processo decisionale della Comunità intese a garantire l’equilibrio istituzionale costituisce violazione di un requisito procedurale essenziale e che il ruolo del Parlamento nel processo decisionale è espressione di un fondamentale principio democratico. Richiamandosi all’equilibrio istituzionale, esse sostengono che il ruolo del Comitato di conciliazione dev’essere limitato al raggiungimento di un compromesso sugli emendamenti proposti dal Parlamento. Inoltre, a loro parere, il potere di intervento del Comitato di conciliazione pregiudica l’esclusivo diritto di iniziativa legislativa della Commissione.
92. Ritengo che la giurisprudenza (17) richiamata sia irrilevante ai fini del presente procedimento. È evidente che il Parlamento è pienamente coinvolto nella procedura di codecisione. Come ho ripetutamente osservato, la procedura di conciliazione costituisce parte integrante della procedura ai sensi dell’art. 251 CE che occorre applicare quando non è stato raggiunto un accordo dopo la seconda lettura. L’accordo su un progetto comune tra i rappresentanti dei due rami dell’autorità legislativa costituisce una conditio sine qua per l’adozione di un atto comunitario. Ciò richiede un certo margine di flessibilità da entrambe le parti.
93. La procedura di conciliazione descritta e spiegata in precedenza costituisce per sua stessa natura un elemento essenziale dell’equilibrio istituzionale. Essa comporta il pieno coinvolgimento di entrambi i rami dell’autorità legislativa su un piano di parità e consente alla Commissione di svolgere pienamente la sua funzione di mediatore. Pertanto, va disatteso l’argomento secondo cui i rappresentanti del Parlamento che prendono parte alla procedura di conciliazione avrebbero potuto esaminare tali emendamenti solo in sede di seconda lettura. Ho già evidenziato come in tal modo si verrebbe a determinare una situazione indesiderabile, e tornerò su questo punto più avanti.
94. In secondo luogo, come ho già rilevato, nella conciliazione il Comitato non può modificare la portata dell’atto proposto.
95. Per quanto riguarda il sistema di votazione del Parlamento europeo, il fatto che in seconda lettura ogni membro del Parlamento possa votare su ciascun emendamento proposto, mentre in terza lettura i parlamentari possono solo accogliere o respingere il progetto comune nella sua interezza, non significa che si verifichi una situazione «ricattatoria» o di minore democrazia. È insito nella procedura il fatto che essa non può durare all’infinito. Occorre arrivare a una decisione, sia essa di approvazione o di rigetto.
96. Inoltre, si ricorderà che i rappresentanti del Parlamento in seno al Comitato di conciliazione ricevono il proprio mandato dal Parlamento stesso, che la loro designazione rispecchia fedelmente la composizione dei gruppi politici del Parlamento e che è loro compito tentare di raggiungere un accordo in buona fede. Una volta definito, il progetto comune non può essere rimesso in discussione consentendo ad ogni membro di votare su ciascun elemento del compromesso raggiunto.
97. Osservo incidentalmente che i membri del Consiglio, i quali non rappresentano il Consiglio in quanto istituzione, ma esprimono il loro parere in quanto membri dello stesso, sono anche membri dei rispettivi governi, che sono soggetti a controllo democratico nei rispettivi Stati membri.
98. Infine, non è in discussione neanche il diritto di iniziativa della Commissione. Infatti, i negoziati all’interno del Comitato non hanno per oggetto soltanto gli emendamenti sui quali il Consiglio e il Parlamento sono in disaccordo, ma, in definitiva, il progetto comune deve avere lo stesso oggetto della proposta originaria della Commissione (18).
99. Nella fattispecie, gli emendamenti concordati in seno al Comitato di conciliazione rimangono nell’ambito dell’atto proposto. È vero che il Parlamento non ha proposto alcun emendamento specifico all’art. 5 per quanto riguarda la limitazione della responsabilità per «circostanze eccezionali». Lo ha fatto solo in relazione all’art. 6. Tuttavia, è evidente che esiste un parallelismo tra le due disposizioni. È pacifico che tali disposizioni sono state oggetto di discussione nelle fasi precedenti alla conciliazione. Concordo con il Parlamento, il Consiglio e la Commissione che la modifica introdotta durante la procedura di conciliazione rientrava chiaramente nell’ambito della precedente procedura legislativa.
Sulla terza e quarta questione (certezza del diritto e motivazione)
100. Con la terza questione il giudice del rinvio chiede se gli artt. 5 (cancellazione del volo) e 6 (ritardo) del regolamento sino invalidi in quanto contrari al principio della certezza del diritto. La quarta questione riguarda la mancanza di adeguata motivazione e/o di fondamento fattuale.
101. La IATA e la ELFAA sostengono che la lettera degli artt. 5 e 6 contrasta con il 14° e il 15°’considerando’ del regolamento ed è quindi fonte di incertezza giuridica.
102. Secondo costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto esige che una disciplina che impone obblighi a soggetti giuridici sia chiara e precisa, acciocché essi siano inequivocabilmente consci dei loro diritti e dei loro obblighi e possano agire in modo adeguato (19). Secondo un’altra giurisprudenza consolidata, il preambolo di un atto comunitario non ha valore giuridico vincolante e non può essere fatto valere per derogare alle disposizioni stesse dell’atto di cui trattasi (20).
103. Nella fattispecie, la formulazione degli artt. 5 e 6 è assolutamente priva di ambiguità. Come ho già rilevato, in caso di cancellazione del volo, il vettore aereo è sempre tenuto a fornire assistenza e ad offrire un rimborso o l’imbarco su un volo alternativo. Il passeggero ha inoltre diritto a compensazione pecuniaria, salvo che il vettore possa dimostrare che la cancellazione è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso. Per quanto riguarda il ritardo, i passeggeri non hanno diritto a compensazione ai sensi dell’art. 7, ma il vettore è comunque tenuto a garantire l’assistenza e il rimborso o l’imbarco su un volo alternativo.
104. Ritengo quindi che sia infondata la tesi della violazione del principio della certezza del diritto. Inoltre, i ‘considerando’, letti congiuntamente agli artt. 5 e 6, sono oltremodo chiari. Anche a prescindere dal fatto che il preambolo di un atto comunitario non ha efficacia vincolante, i ‘considerando’ sono comunque chiari.
105. I ‘considerando’ 12°-16° riguardano la cancellazione, mentre i ‘considerando’ 17° e 18° riguardano il ritardo. Il 12°’considerando’ precisa che i vettori dovrebbero offrire una compensazione pecuniaria ai passeggeri qualora non li informino della cancellazione prima dell’ora prevista per la partenza e non offrano loro di proseguire il viaggio con un volo alternativo ragionevole, a meno che la cancellazione sia dovuta a circostanze eccezionali. Il 13°’considerando’ riguarda gli altri diritti dei passeggeri (rimborso o imbarco su un volo alternativo e assistenza). Il 14°’considerando’ fornisce esempi di circostanze eccezionali e fa riferimento alla Convenzione di Montreal. Tuttavia, è anche chiaro che il regolamento e la Convenzione di Montreal riguardano questioni diverse, giacché la seconda non prevede obblighi quali l’assistenza e l’imbarco su un volo alternativo o il rimborso. È quindi chiaro che la limitazione di responsabilità di cui al 14°’considerando’ riguarda l’obbligo del vettore di offrire una compensazione pecuniaria in caso di cancellazione del volo. È vero che anche il 15°’considerando’ menziona il ritardo, ma, poiché non sussiste l’obbligo di offrire una compensazione pecuniaria in tal caso, il riferimento al ritardo ivi contenuto risulta superfluo.
106. La ELFAA inoltre, basando la propria censura sulla presunta contraddizione tra i ‘considerando’ e gli artt. 5 e 6 del regolamento, deduce che l’obbligo imposto dal regolamento di offrire rimborso, imbarco su un volo alternativo e assistenza in caso di cancellazione e ritardo dovuti a circostanze eccezionali non è adeguatamente motivato. A suo parere, il legislatore comunitario non ha fornito alcun dato circa il numero di passeggeri interessati ogni anno da cancellazioni o ritardi prolungati. In secondo luogo, gli obblighi imposti dal regolamento non contribuirebbero a raggiungere l’obiettivo di ridurre i disagi e i fastidi causati ai passeggeri da cancellazioni o ritardi e, in terzo luogo, il legislatore comunitario non avrebbe spiegato i motivi per cui ha deciso di imporre obblighi sproporzionati ai vettori, in particolare alle aviolinee a basso costo.
107. A mio avviso, non esiste alcuna contraddizione idonea a produrre effetti giuridici.
108. Ai sensi dell’art. 253 CE, i regolamenti, le direttive e le decisioni devono essere motivati.
109. Secondo costante giurisprudenza, i limiti dell’obbligo di motivazione dipendono dalla natura dell’atto in questione e, qualora l’atto sia destinato ad avere applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione, da un lato, e gli scopi generali ch’esso si propone, dall’altro (21). Se l’atto contestato evidenzia nella sua essenza lo scopo perseguito dall’istituzione, sarebbe eccessivo pretendere una motivazione specifica per le diverse scelte d’indole tecnica operate (22).
110. I 25’considerando’ del regolamento evidenziano chiaramente gli scopi perseguiti dal testo finale adottato. Secondo i primi ‘considerando’, l’intervento della Comunità nel settore del trasporto aereo dovrebbe mirare, tra le altre cose, a garantire un livello elevato di protezione dei consumatori (1°’considerando’). Si enuncia poi che il negato imbarco, la cancellazione del volo o i ritardi prolungati sono causa di gravi disagi e fastidi per i passeggeri. Inoltre, nonostante il regolamento n. 295/91, il numero di passeggeri non consenzienti a cui viene negato l’imbarco continua ad essere eccessivamente elevato, come il numero di persone il cui volo viene cancellato senza preavviso o subisce ritardi prolungati, e la Comunità dovrebbe pertanto applicare livelli di protezione dei consumatori più elevati (3° e 4°’considerando’). Per quanto riguarda la cancellazione e il ritardo, la questione viene esaminata in particolare al 12° , 13° e 17°’considerando’. Ad esempio, il 12°’considerando’ enuncia chiaramente che i fastidi causati dalla cancellazione dei voli dovrebbero essere ridotti, tra l’altro, esigendo che i vettori informino i passeggeri della cancellazione del volo prima dell’ora prevista per la partenza.
111. Pertanto, a mio parere è indubbio che i requisiti di cui all’art. 253 CE sono soddisfatti.
Sulla quinta questione (proporzionalità)
112. Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede se gli artt. 5 e 6 del regolamento violino il principio di proporzionalità.
113. La IATA e la ELFAA sostengono che la mancanza di una limitazione della responsabilità per «circostanze eccezionali» rispetto ad un’azione esercitata in forza degli artt. 8 e 9 in caso di cancellazione (art. 5) e ritardo (art. 6) non può servire a ridurre il numero di ritardi e cancellazioni e che pertanto non è soddisfatta la condizione secondo cui un provvedimento deve costituire un mezzo adeguato per conseguire un obiettivo legittimo. Esse ritengono che non sia soddisfatta neanche la seconda condizione, secondo cui una misura non deve essere eccessiva. Le ricorrenti sostengono che le conseguenze economiche per i vettori aerei sono sproporzionate, soprattutto per le aviolinee a basso costo.
114. Come è noto, e la IATA e la ELFAA hanno già fatto riferimento alle condizioni pertinenti, il principio di proporzionalità richiede che le misure attuate mediante disposizioni comunitarie siano appropriate per conseguire l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per raggiungerlo (23). Pertanto, qualora si possa scegliere tra più misure appropriate, si deve fare ricorso a quella meno onerosa.
115. Secondo costante giurisprudenza, in settori che implicano scelte politiche complesse e in cui il legislatore comunitario dispone di un ampio potere discrezionale, il controllo giurisdizionale di merito degli atti normativi è limitato. In questi casi, un atto normativo dev’essere annullato solo se eccede palesemente i limiti della competenza del legislatore (24).
116. Per svolgere il controllo giurisdizionale – limitato – occorre individuare lo scopo delle disposizioni controverse.
117. Come si è già rilevato, gli obiettivi del regolamento consistono nel garantire un elevato livello di protezione dei passeggeri e nel ridurre i disagi e i fastidi causati dalla cancellazione con breve preavviso e i ritardi. Tali obiettivi vengono perseguiti prescrivendo di offrire (una compensazione pecuniaria e) assistenza sotto forma di rimborso o imbarco su un volo alternativo e servizi ai passeggeri in particolari circostanze.
118. Inoltre, l’art. 153, n. 2, prescrive che il legislatore comunitario tenga conto delle esigenze inerenti alla protezione dei consumatori in altri settori, nella fattispecie nel settore dei trasporti.
119. Pertanto, la tutela dei consumatori costituisce indubbiamente un obiettivo legittimo espressamente previsto dal Trattato. Il riferimento alla protezione dei consumatori è contenuto non solo nell’art. 153, n. 2, CE, ma anche nell’art. 95, n. 3, CE, che prescrive espressamente un livello elevato di protezione dei consumatori.
120. La questione successiva è se la misura controversa costituisca un mezzo adeguato per conseguire tale obiettivo e se essa non vada al di là di quanto necessario per raggiungerlo.
121. Come si è ripetutamente osservato, lo scopo del regolamento consiste nel ridurre i disagi e i fastidi per i passeggeri rimasti a terra a causa di ritardi (di due ore o più) o cancellazioni dell’ultimo minuto.
122. Il terzo ‘considerando’ afferma infatti che il numero di persone non consenzienti a cui viene negato l’imbarco continua ad essere eccessivamente elevato, come pure il numero di persone il cui volo viene cancellato senza preavviso o subisce ritardi prolungati. Se può essere vero che di per sé la misura non contribuisce direttamente a ridurre il numero di cancellazioni e ritardi, tuttavia non è questo l’obiettivo principale del regolamento. Tale obiettivo consiste nel garantire che i passeggeri ricevano immediata attenzione sul posto, a prescindere dal prezzo del biglietto e dalla circostanza che il vettore aereo sia responsabile o meno del ritardo o della cancellazione. Nei due casi, i fastidi per i passeggeri sono gli stessi.
123. A mio parere, è indubbio che l’obbligo di fornire assistenza imposto ai vettori aerei costituisce uno strumento adeguato per ridurre i disagi e i fastidi causati ai passeggeri da ritardi e cancellazioni.
124. Inoltre, per raggiungere un equilibrio tra i diversi interessi in gioco, vale a dire quelli dei vettori aerei e quelli dei passeggeri, il legislatore comunitario ha tenuto conto del fatto che i passeggeri, quando si verificano problemi, dipendono in larga misura dall’efficienza e dalla buona volontà della compagnia aerea, che i vettori sono meglio informati in merito alle operazioni di volo rispetto ai passeggeri rimasti a terra e si trovano in una posizione migliore per fornire assistenza.
125. A mio avviso, è anche logico che non esistano deroghe all’obbligo di fornire assistenza quando i passeggeri devono affrontare ritardi o cancellazioni. Come hanno osservato le istituzioni comunitarie, la mancanza di informazioni potrebbe facilmente condurre ad un abuso della deroga relativa alle circostanze eccezionali, lasciando i passeggeri senza assistenza. Lo stesso vale per le situazioni in cui la causa del ritardo è incerta o il ritardo è imputabile a più fattori.
126. Pertanto, il legislatore comunitario, ritenendo che una limitazione della responsabilità per circostanze eccezionali pregiudicherebbe gli obiettivi del regolamento, non ha travalicato i limiti della propria discrezionalità.
Sulla sesta questione (discriminazione)
127. Tale questione riguarda due aspetti: 1) la presunta discriminazione a danno dei vettori a basso costo nel settore del trasporto aereo rispetto ad altre modalità di trasporto dei passeggeri (a basso costo) e 2) la presunta discriminazione tra vettori a basso costo e vettori a «tariffa piena».
128. Per quanto riguarda la prima parte della questione, la ELFAA sostiene che nessuna modalità di trasporto tranne il trasporto aereo è soggetta a norme analoghe a quelle contenute nel regolamento.
129. Quanto alla seconda parte, la ELFAA sostiene che il tipo di attività dei suoi membri e delle aviolinee che praticano prezzi analoghi si fonda sulla premessa che essi offrono tariffe basse (pari mediamente a EUR 50) sempre e su tutti i voli. Il tipo di attività dei vettori a «tariffa piena», sebbene alcuni di essi vendano occasionalmente posti a prezzi inferiori, si basa sulla premessa che il fulcro degli introiti è costituito dalla vendita di biglietti molto più costosi e sono quindi posti in condizione più favorevole per assorbire le conseguenze degli obblighi imposti dagli artt. 5 e 6 su un determinato volo. Non si può dire lo stesso per i membri dell’ELFAA, i quali, di conseguenza, subirebbero un trattamento discriminatorio per effetto del regolamento.
130. Il principio di non discriminazione o della parità di trattamento, principio fondamentale del diritto comunitario, esige che situazioni analoghe non siano trattate in modo differente e che situazioni differenti non siano trattate in modo identico, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato (25).
131. Ovviamente, esiste una differenza fra trasporto aereo e altri settori come quello del trasporto su strada, su rotaia e marittimo. I vari settori del trasporto sono soggetti a norme diverse nel diritto internazionale, e lo stesso avviene nell’ambito del diritto comunitario.
132. Inoltre, i servizi di trasporto effettuati con modalità diverse vengono forniti in circostanze diverse, il che giustifica di per sé approcci normativi diversificati. Tali differenze non costituiscono discriminazioni.
133. Osservo incidentalmente che la Commissione ha recentemente avanzato una proposta (26) concernente il trasporto su rotaia che contiene disposizioni in materia di protezione dei consumatori analoghe a quelle del regolamento.
134. Per quanto riguarda la presunta discriminazione tra vettori a basso costo e vettori a «tariffa piena», va rilevato quanto segue. Come ha giustamente osservato la Commissione, tutti i vettori aerei sono soggetti allo stesso quadro normativo e in particolare ai regolamenti n. 2047/92 (27), sul rilascio delle licenze ai vettori aerei, n. 2408/92 (28), sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie, e n. 2409/92 (29), sulle tariffe per il trasporto aereo. Ai sensi di quest’ultimo regolamento, i vettori stabiliscono liberamente le proprie tariffe.
135. Pertanto, le compagnie aeree sono libere di stabilire i propri prezzi e possono utilizzare la loro politica dei prezzi per penetrare su determinati mercati. Tuttavia, nonostante questa libertà economica, esse non sono esentate dall’obbligo di rispettare le disposizioni di diritto pubblico imposte nell’interesse della tutela dei consumatori.
136. La tesi secondo cui differenze economiche che sono diretta conseguenza delle strategie e del comportamento di mercato indicherebbero che le imprese sono soggette a condizioni diverse o a condizioni meno restrittive stravolgerebbe il sistema e trascurerebbe del tutto il fatto che le norme relative alla tutela dei consumatori devono avere applicazione generale, a prescindere dal prezzo del biglietto.
137. In altre parole, tariffe basse non danno diritto ad una posizione giuridica privilegiata.
138. Tale privilegio non solo pregiudicherebbe la tutela dei consumatori, ma costituirebbe anche una discriminazione. È evidente che il legislatore comunitario, per legiferare, non può tenere conto delle strategie scelte dalle varie compagnie aeree.
Sulla settima questione
139. Con la settima questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 7 del regolamento, che stabilisce una compensazione forfettaria per i casi in cui il regolamento prevede un risarcimento, sia discriminatorio, sproporzionato o non adeguatamente motivato.
140. Si ricorderà che la compensazione pecuniaria è dovuta solo in caso di negato imbarco e di cancellazione del volo. L’obbligo di offrire una compensazione pecuniaria ai passeggeri in caso di negato imbarco non viene messo in discussione dall’ELFAA nel contesto del procedimento principale e non è oggetto, di per sé, del presente procedimento pregiudiziale.
141. Per quanto riguarda la cancellazione del volo, la compensazione pecuniaria viene in esame se il vettore non ha informato i passeggeri con sufficiente anticipo rispetto all’ora prevista per la partenza. Il vettore non è tenuto a pagare alcuna compensazione qualora possa dimostrare che la cancellazione è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso.
142. Pertanto, l’invalidità fatta valere dalle ricorrenti riguarda solo situazioni limitate in cui il vettore non ha informato i passeggeri con sufficiente anticipo e non può avvalersi della deroga per «circostanze eccezionali».
143. Per quanto riguarda la tesi secondo cui la misura sarebbe invalida in quanto sproporzionata e discriminatoria, mi richiamo alle osservazioni svolte in merito alla quarta e quinta questione.
144. Inoltre, vorrei ricordare che l’istituzione di tre diversi livelli di compensazione pecuniaria in funzione della lunghezza del volo è intesa a garantire che la compensazione pecuniaria sia proporzionata ai disagi subiti dai passeggeri. Ciò mi sembra equo.
145. Peraltro, le cifre infine adottate costituiscono in sostanza un adeguamento del livello della compensazione per tener conto dell’inflazione a partire dall’entrata in vigore del regolamento n. 295/91, che garantiva ai passeggeri una compensazione pecuniaria in caso di negato imbarco.
146. Sembra che l’interesse dell’ELFAA si concentri principalmente sulla cifra di EUR 250. Come osserva il Parlamento, tale cifra è prossima a quella di EUR 225 proposta quale livello minimo di compensazione dall’Associazione europea delle aviolinee nel 2002. Ritengo che il legislatore comunitario non sia tenuto a fornire una motivazione dettagliata per spiegare perché abbia optato per la cifra di EUR 250, e non per quella di EUR 50 in più o in meno.
Sull’ottava questione
147. Con l’ottava questione il giudice del rinvio chiede lumi riguardo al criterio da applicare per stabilire se una determinata questione o determinate questioni concernenti la validità di una misura legislativa comunitaria vadano sottoposte alla Corte.
148. Secondo il Parlamento europeo tale questione sarebbe irricevibile, in quanto il giudice nazionale ha già deciso di sottoporre alla Corte alcune questioni relative alla validità del regolamento, e l’ha fatto. A suo parere, la soluzione della questione non avrebbe alcuna incidenza sulla decisione del giudice nazionale né sull’esito della controversia.
149. È vero che la Corte ha dichiarato in più occasioni di non poter statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale qualora, segnatamente, appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma comunitaria o il giudizio sulla sua validità chiesti da tale giudice non hanno alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale o qualora il problema sia di natura ipotetica (30). Non spetta alla Corte, nel contesto di un procedimento pregiudiziale, esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche.
150. A mio avviso, possono presentarsi casi eccezionali in cui sarebbe utile aiutare il giudice nazionale a decidere se e in quali circostanze si possano o debbano sottoporre questioni alla Corte. Per un esempio recente mi richiamo alla causa Gaston Schul, su cui la Corte non si è ancora pronunciata. Nelle sue conclusioni (31), l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer propone alla Corte di non adottare un approccio formalistico, in quanto ciò contrasterebbe anche con alcuni dei compiti che le sono attribuiti. La causa verte sulla questione se una giurisdizione nazionale, quale definita all’art. 234, terzo comma, CE, debba sottoporre alla Corte una questione relativa alla validità di disposizioni di un regolamento qualora la stessa Corte abbia dichiarato invalide analoghe disposizioni di un regolamento simile, oppure se possa esimersi dall’obbligo di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale in considerazione delle evidenti analogie esistenti tra le disposizioni in questione e quelle dichiarate invalide.
151. Benché nella fattispecie non occorra risolvere la questione, ritengo tuttavia che potrebbe essere utile farlo.
152. La soluzione può essere desunta dal testo dell’art. 234 CE, come interpretato dalla Corte nelle sentenze CILFIT (32) e Foto‑Frost (33).
153. Sappiamo dalla sentenza CILFIT come il mero fatto che una parte sostenga che la controversia solleva una questione di interpretazione del diritto comunitario non implichi che il giudice sia obbligato a ritenere che sussista una questione sollevata ai sensi dell’art. 234 CE. Inoltre, dalla lettera dell’art. 234 CE e dalla sentenza CILFIT discende che spetta al giudice nazionale stabilire se sia necessaria una pronuncia pregiudiziale per poter risolvere la controversia, salvo che la questione non sia pertinente, la disposizione di cui trattasi sia già stata interpretata dalla Corte di giustizia oppure la corretta applicazione del diritto comunitario s’imponga con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi. Secondo la sentenza Foto‑Frost, i giudici nazionali, qualora ritengano infondati i motivi d’invalidità dedotti dalle parti, non sono tenuti a sottoporre una questione alla Corte e possono disattendere tali motivi concludendo che l’atto è pienamente valido. Qualora condividano il parere delle parti, detti giudici devono deferire la questione alla Corte, in quanto non sono competenti ad accertare direttamente la validità degli atti delle istituzioni comunitarie.
154. Dalle osservazioni svolte dal governo del Regno Unito emerge che le norme che disciplinano la procedura sono relativamente liberali in Inghilterra e nel Galles, che chiunque può chiedere un riesame giurisdizionale qualora vi abbia un interesse sufficiente e che il giudice competente ha interpretato in maniera estensiva il criterio dell’interesse sufficiente, con la conseguenza che un gran numero di ricorsi contro la validità di atti normativi della Comunità può essere portato dinanzi al giudice nazionale.
155. Anche se ciò può essere vero, spetta unicamente al giudice nazionale stabilire se sussistano dubbi in merito alla validità della misura comunitaria tali da richiedere un rinvio pregiudiziale alla Corte.
V – Conclusione
156. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti la questione sottopostale dalla High Court of Justice of England and Wales, Queen’s Bench Division:
– Dall’esame delle prime sette questioni non è emerso alcun elemento atto ad inficiare la validità del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, n. 261, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di mancato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91.
– Nell’ambito della cooperazione giudiziaria istituita dall’art. 234 CE spetta al giudice nazionale valutare l’esigenza di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, tenendo conto, se del caso, dei principi stabiliti dalla Corte con le sentenze CILFIT e Foto‑Frost.
1 – Lingua originale: l’inglese.
2 – GU L 46, pag. 1.
3 – GU 2001, L 194, pag. 39.
4 – GU 2001, L 194, pag. 38.
5 – GU L 140, pag. 2.
6 – V. ventesimo ‘considerando’ e art. 14.
7 – V. ventiduesimo ‘considerando’ e art. 16.
8 – V. art. 15.
9 – Le ricorrenti si richiamano alle sentenze 10 marzo 2005, causa C‑336/03, easyCar (Racc. pag. I‑1947), e 12 marzo 2002, causa C‑168/00, Leitner (Racc. pag. I‑2631). Dalla sentenza easyCar discende che le deroghe alle norme dirette a tutelare i consumatori devono essere interpretate restrittivamente. Sul fondamento della sentenza Leitner, le ricorrenti affermano che la nozione di danno comprende anche i danni morali e che lo stesso dovrebbe valere per la nozione di danno nel contesto dell’art. 19 della Convenzione di Montreal e del regolamento n. 2027/97.
10 – A questo proposito, esse fanno riferimento alla definizione di «una persona avente diritto a compensazione» di cui al regolamento n. 2027/97, come modificato, e al testo dell'art. 15 del regolamento n. 261/2004, che tratta di compensazione aggiuntiva. Mentre è vero che nelle versioni inglese e francese di entrambi i regolamenti sono utilizzati i termini «compensation», rispettivamente «indemnisation», nelle altre versioni linguistiche, come quella tedesca («Schadenersatzberechtigte, zusätzliche Ausgleichsleistung») e olandese («schadevergoedingsgerechtigde; aanvullende compensatie»), la differenza è più pronunciata.
11 – V. sentenze 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman (Racc. pag. 449), e 26 ottobre 1982, causa 104/81, Hauptzollamt Mainz (Racc. pag. 3641).
12 – V. art. 18 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. L’art. 18 della Convenzione di Vienna codifica il principio della buona fede del diritto consuetudinario internazionale disponendo che «[u]no Stato deve astenersi da atti che priverebbero il trattato del suo oggetto e del suo scopo quando: a. ha sottoscritto il trattato o scambiato gli strumenti che costituiscono il trattato con riserva di ratifica, accettazione o approvazione, fintanto che non abbia manifestato la sua intenzione di non divenirne parte; oppure b. ha espresso il suo consenso a essere obbligato dal trattato, nel periodo che precede l’entrata in vigore del trattato e a condizione che questa non sia indebitamente ritardata».
13 – Art. 2 del regolamento n. 889/2002.
14 – Lo stesso vale nel caso in cui il Parlamento non abbia adottato una decisione entro il termine stabilito.
15 – V. anche punto III.2 della dichiarazione comune sulle modalità pratiche della nuova procedura di codecisione (GU 1999, C 148, pag. 1).
16 – Nella pratica, tale procedura è preceduta dal cosiddetto «trilogo», un incontro informale, trilaterale, tra Parlamento, Consiglio e Commissione nell’interesse dell’efficienza, in cui ciascuna delegazione agisce in base ad un mandato.
17 – In tale contesto, le ricorrenti si richiamano, tra l’altro, alle sentenze 10 giugno 1997, causa C‑392/95, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-3213), 5 luglio 1995, causa C-21/94, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-1827), 29 ottobre 1980, causa 139/79, Maizena (Racc. pag. 3393), 16 luglio 1992, causa C-65/90, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-4593), e 29 ottobre 1980, causa C-138/79, Roquette Frères/Consiglio (Racc. pag. 3333).
18 – L’obbligo di rimanere nell’ambito della procedura legislativa precedente emerge anche dalla dichiarazione comune sulle modalità pratiche della nuova procedura di codecisione. V. capo III, punto 4.
19 – Sentenze 16 gennaio 2003, causa C‑439/01, Libor Cipra e Vlastimil Kvasnicka (Racc. pag. I‑745, punto 47), e 9 luglio 1981, causa C-169/80, Gondrand Frères e Garancini (Racc. pag. 1931, punto 17).
20 – Sentenza 19 novembre 1998, causa C‑162/97, Nilsson e a. (Racc. pag. I‑7477, punto 54).
21 – V. sentenza 13 marzo 1968, causa 5/67, Beus (Racc. pag. 114).
22 – V., tra l’altro, sentenze 20 giugno 1973, causa 80/72, Lassiefabrieken (Racc. pag. 635), e 19 novembre 1998, causa C‑150/94, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. I‑7235).
23 – Sentenze 12 luglio 2005, cause riunite C‑154/04 e C‑155/04, Alliance for Natural Health e a., (Racc. pag. I‑6451), 14 dicembre 2004, causa C‑434/02, Swedish match (Racc. pag. I‑11825), 10 dicembre 2002, causa C‑491/01, British American Tobacco (Racc. pag. I‑11453), e 12 marzo 2002, cause riunite C‑27/00 e C‑122/00, Omega Air (Racc. pag. I‑2569).
24 – V. la giurisprudenza citata alla nota precedente.
25 – V., ad esempio, sentenza Alliance for National Health, citata alla nota 23, punto 115.
26 – COM/2004/143 def.
27 – Regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2407, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (GU L 240, pag. 1).
28 – Regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2408, sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (GU L 240, pag. 8).
29 – Regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2409, sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci (GU L 240, pag. 15).
30 – V., ad esempio, sentenza British American Tobacco, citata alla nota 23, e giurisprudenza ivi richiamata.
31 – Causa C‑461/03, Gaston Schul, conclusioni presentate il 30 giugno 2005.
32 – Sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81 (Racc. pag. 3415).
33 – Sentenza 22 ottobre 1987, causa 314/85 (Racc. pag. 4199).