CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. POIARES MADURO

presentate il 12 gennaio 2006 1(1)

Causa C-237/04

Enirisorse SpA

contro

Sotacarbo SpA

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale di Cagliari (Italia)]

«Nozione di aiuti di Stato – Impresa pubblica che ha acquisito una partecipazione nel capitale di una società – Facoltà di recesso con riserva di rinuncia a qualsiasi diritto sul patrimonio della società »





1.     Con ordinanza 14 maggio 2004, il Tribunale di Cagliari ha proposto alla Corte due questioni pregiudiziali riguardanti, rispettivamente, l’interpretazione degli artt. 87 CE e 88 CE e degli artt. 43 CE, 44 CE, 48 CE e 49 CE. L’esame della prima questione rende nuovamente necessario l’esame dei requisiti che disciplinano la nozione di aiuti di Stato.

I –    Contesto di fatto e di diritto della causa principale

2.     La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Enirisorse SpA (in prosieguo: l’«Enirisorse») alla Società Tecnologie Avanzate Carbone SpA (in prosieguo: la «Sotacarbo»). Tale controversia è sorta nell’ambito della seguente fattispecie. L’Enirisorse è una consociata del gruppo Ente Nazionale Idrocarburi (in prosieguo: l’ENI) ente pubblico incaricato della gestione delle partecipazioni statali nel settore energetico. Con legge 27 giugno 1985, n. 351 (GURI n. 166 del 16 luglio 1985, pag. 5019; in prosieguo: la «legge n. 351/85»), l’ENI veniva autorizzata, insieme ad altri due enti pubblici, l’ENEL e l’ENEA, a costituire una società per azioni avente la finalità di sviluppare tecnologie innovative e avanzate nell’utilizzazione del carbone. La stessa legge prevedeva che il finanziamento di tale operazione fosse completamente a carico del bilancio dello Stato. Veniva così creata la Sotacarbo. Per agevolare la realizzazione di un centro di ricerca sul carbone in Sardegna, l’ENI versava alla Sotacarbo la somma i ITL 12 708 900 033 a titolo di apporto di capitale.

3.     Nel 1992, l’ENI e l’ENEL venivano privatizzati e trasformati in società per azioni. Per accompagnare tale trasformazione, la legge 11 maggio 1999, n. 140 (GURI n. 117 del 21 maggio 1999, pag. 4; in prosieguo: «la legge n. 140/99») autorizzava le due dette società a ritirarsi dalla Sotacarbo, a condizione di versare le quote che non erano ancora state conferite. L’Enirisorse, dopo aver recuperato le partecipazioni detenute dall’ENI nella Sotacarbo, optava per l’esercizio del diritto di recesso istituito dalla legge n. 140/99. Di conseguenza, essa effettuava il versamento delle quote non ancora conferite e chiedeva alla Sotacarbo di prendere atto di tale recesso, procedendo al rimborso delle proprie azioni conformemente all’art. 2437 del codice civile italiano.

4.     Tale articolo così recita:

«I soci dissenzienti dalle deliberazioni riguardanti il cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, o il trasferimento della sede sociale all’estero hanno diritto di recedere dalla società o di ottenere il rimborso delle proprie azioni, secondo il prezzo medio dell’ultimo semestre, se queste sono quotate in borsa, o, in caso contrario, in proporzione del patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio».

5.     La Sotacarbo, riunita in assemblea straordinaria il 12 febbraio 2001, prendeva atto del recesso e decideva di annullare le azioni dell’Enirisorse. Tuttavia, essa rifiutava di accogliere la richiesta di rimborso, in quanto tale rimborso avrebbe compromesso il suo compito di interesse generale come definito dalla legge. Con atto di citazione in data 8 giugno 2001, l’Enirisorse adiva il Tribunale di Cagliari chiedendo il rimborso di una somma equivalente al valore delle proprie azioni.

6.     Così definito il contesto della controversia, il 12 dicembre 2002, veniva adottata la legge n. 273 (Supplemento ordinario alla GURI n. 293 del 14 dicembre 2002; in prosieguo: la «legge n. 273/02»), il cui art. 33 è così redatto:

«Al fine di garantire le disponibilità finanziarie necessarie all’attuazione da parte della Sotacarbo SpA del piano di attività di cui all’articolo 7, comma 5, della legge 11 maggio 1999, n. 140, i soci della medesima società sono tenuti al versamento delle quote di capitale non ancora conferite entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e hanno facoltà di recesso previa rinuncia ad ogni diritto sul patrimonio della società e previo conferimento delle quote ancora dovute. Le dichiarazioni di recesso già comunicate alla Sotacarbo SpA ai sensi dell’art. 7, comma 4, della legge 11 maggio 1999, n. 140, possono essere revocate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale termine, il recesso si intende perfezionato con piena accettazione da parte del socio recedente delle condizioni sopra precisate».

7.     Dinanzi al giudice del rinvio, l’Enirisorse esprimeva dubbi in merito alla compatibilità di tale legge con talune disposizioni del Trattato CE. Il giudice del rinvio, ritenendo tali dubbi fondati, decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, ai sensi dell’art. 234 CE:

«1)      Se la norma di cui all’art. 33 della legge [n. 273/2002] abbia integrato un aiuto di Stato incompatibile ai sensi dell’art. 87 del Trattato in favore della Sotacarbo SpA, ed inoltre attuato illegalmente, in quanto non notificato ai sensi dell’art. 88 (...), [n. 3, CE];

2)      se la citata normativa sia in contrasto con le regole di cui agli artt. 43 CE, 44 CE, 48 CE, 49 CE e ss. (...), in materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi».

8.     Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, «[s]alvo deroghe contemplate dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». Ai termini dell’art. 88, n. 3, CE, «[a]lla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale».

II – Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

A –    Sulla domanda in generale

9.     La convenuta nella causa principale contesta al giudice del rinvio di non aver esposto con sufficiente chiarezza e obiettività gli elementi della controversia, omettendo di fornire indicazioni precise in ordine alle circostanze di fatto e di diritto relative la controversia e di aver accolto gli argomenti esposti dall’attrice. Di conseguenza, essa ritiene la domanda irricevibile.

10.   È pur vero che «l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ ultimo definisca l’ ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate» (2). Per contro, qualora tale giudice fornisca alla Corte elementi sufficienti che consentano a quest’ultima di dare una risposta utile, non si può contestargli di aver esposto, nella decisione di rinvio, la propria valutazione degli argomenti dinanzi al medesimo dedotti. Tale modo di procedere è assolutamente conforme alla natura della cooperazione giudiziale prevista all’art. 234 CE, che richiede un’attiva collaborazione da parte dei giudici nazionali (3).

11.   Nella specie, l’ordinanza di rinvio espone, certamente in modo conciso, ma con precisione, l’origine e la natura della controversia, nonché il quadro normativo nazionale pertinente. Per quanto, nel testo delle questioni pregiudiziali, si sia verificato un errore materiale quanto al numero della legge nazionale pertinente, non si tratta di un errore che possa inficiare la ricevibilità della domanda (4).

12.   Gli argomenti della convenuta relativi alla forma dell’ordinanza di rinvio devono quindi essere respinti. Ve ne sono altri, ben più validi, che riguardano il contenuto delle questioni poste.

B –    Sulla prima questione

13.   Con la prima questione il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità di una disposizione nazionale con gli artt. 87 CE e 88 CE.

14.   Tale questione deve essere riformulata. È pacifico che, nell’ambito di un procedimento promosso ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte non è competente a decidere sulla compatibilità di una misura nazionale con il diritto comunitario (5). Inoltre, occorre rammentare che la valutazione della compatibilità con il mercato comune di provvedimenti di aiuto o di un regime di aiuti rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che opera sotto il controllo del giudice comunitario. Di conseguenza, un giudice nazionale non può, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE, interrogare la Corte sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto di Stato (6).

15.   Al contrario, qualora il giudice nazionale nutra dubbi sul carattere di aiuto di Stato del provvedimento nazionale in esame, esso può o deve, secondo i casi, sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 87 CE (7). Infatti, nel caso in cui tale provvedimento costituisse un aiuto di Stato, spetterebbe al giudice medesimo verificare che la procedura di controllo preventivo istituita dall’art. 88, n. 3, CE, sia stata effettivamente rispettata. In caso contrario, i giudici nazionali debbono assicurare ai cittadini comunitari che saranno tratte tutte le conseguenze collegate ad una violazione di tale disposizione dal loro diritto interno, sia per quanto concerne la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure d’aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale norma (8).

16.   Da quanto precede risulta che, se la Corte non può rispondere alla prima questione come formulata dal giudice del rinvio, è suo compito, invece, intendere tale questione nel senso se un regime come quello previsto all’art. 33 della legge n. 273/02, che conceda ai soci di una società controllata dallo Stato una facoltà di recesso purché essi rinuncino a qualsiasi diritto sul patrimonio della società medesima, debba essere qualificato come aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE e avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE.

C –    Sulla seconda questione pregiudiziale

17.   Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla conformità della normativa in questione con gli artt. 43 CE, 44 CE, 48 CE e 49 CE riguardanti, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità.

18.   Oltre al fatto, ricordato in precedenza, che la Corte non è competente a pronunciarsi sulla compatibilità di una disposizione nazionale con il diritto comunitario, la pertinenza dell’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario invocate in tale questione con riguardo alla soluzione della causa principale non emerge chiaramente dall’ordinanza di rinvio.

19.   La Corte ha già avuto modo di dichiarare che è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi che lo hanno indotto a chiedere l’interpretazione di quelle determinate disposizioni comunitarie e sul nesso che intercorre tra le disposizioni medesime e la normativa nazionale applicabile alla controversia (9).

20.   Orbene, tale requisito non è soddisfatto nel caso di specie. Il giudice del rinvio non fornisce alcuna indicazione utile per quanto riguarda il nesso rilevato, nella detta questione, tra gli artt. 43 CE, 44 CE, 48 CE e 49 CE e la normativa nazionale applicabile alla controversia. A tal riguardo, esso si limita ad esprimere dubbi circa la compatibilità di tale normativa «con il principio della parità di trattamento in economia di mercato».

21.   Ciò premesso, la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio deve essere dichiarata irricevibile. Il regime istituito dalla legge n. 273/02 verrà quindi esaminato unicamente alla luce delle disposizioni del Trattato relative agli aiuti di Stato.

III – Sulla qualificazione come aiuto di Stato

22.   Affinché una misura nazionale sia qualificata come aiuto di Stato ai sensi del Trattato, essa deve soddisfare quattro requisiti cumulativi (10). Tuttavia, prima di pronunciarsi sull’applicazione di tali requisiti, occorre verificare che le regole relative agli aiuti di Stato siano effettivamente applicabili alla fattispecie in esame.

A –    Sulla qualificazione della società di cui trattasi come impresa

23.   Costituisce principio consolidato che l’applicabilità delle regole del Trattato in materia di concorrenza, di cui fanno parte integrante le regole relative agli aiuti di Stato, è subordinata alla condizione che il soggetto di cui trattasi sia un’impresa. Orbene, nella fattispecie tale status è contestato. La convenuta nella causa principale e il governo italiano, intervenuto dinanzi alla Corte, sostengono che non si possa qualificare come impresa una società come la Sotacarbo che persegue attività di interesse generale stabilite dalla legge, laddove tali attività siano prive di qualsiasi carattere lucrativo e siano interamente finanziate dallo Stato.

24.   Tale argomento non è convincente. La Corte ha già avuto modo di affermare che un ente pubblico senza scopo di lucro non sfugge, in linea di principio, alla qualifica di impresa ai sensi dell’art. 87 CE (11). In ogni caso, non è stato più contestato tra le parti presenti all’udienza che la Sotacarbo perseguisse uno scopo di lucro. Parimenti, è pacifico che lo status giuridico o le modalità di finanziamento dell’ente di cui trattasi, sono, a tal riguardo, indifferenti (12). Inoltre, il fatto che a tale ente siano stati attribuiti dalla legge taluni compiti di interesse generale non può essere ritenuto determinante (13), dal momento che tali compiti non rispondono al principio di solidarietà come è stato definito dalla Corte (14).

25.   Ciò che caratterizza l’impresa ai sensi delle regole di concorrenza, è che essa esercita un’«attività economica». Con ciò, la Corte intende «qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi in un determinato mercato» (15). Nel caso di specie, risulta che la Sotacarbo ha, in particolare, il compito di sviluppare nuove tecnologie di impiego del carbone e di prestare servizi di sostegno specializzato alle amministrazioni, agli enti pubblici e società interessate allo sviluppo di tali tecnologie. Con riserva di informazioni e di verifiche complementari che rientrano nella competenza esclusiva del giudice del rinvio, mi sembra legittimo supporre che tali attività, consistenti nel partecipare alla messa a punto di nuovi prodotti industriali e all’offerta di beni su un dato mercato, possiedano natura economica.

26.   Di conseguenza, le regole sugli aiuti di Stato possono essere ritenute applicabili alla causa in esame e occorre quindi verificare se siano soddisfatti i singoli requisiti costitutivi di un aiuto.

B –    Sull’esistenza di un vantaggio economico

27.   Per valutare se l’applicazione del regime in questione costituisca un aiuto di Stato, occorre anzitutto esaminare se ne derivi un vantaggio economico per il beneficiario. Che la legge n. 273/02 procuri un vantaggio economico ad un’impresa non sembra dubbio. Nella causa in esame, la questione verte piuttosto sull’origine e sul beneficiario di tale vantaggio. Secondo l’Enirisorse, il vantaggio di cui trattasi nella specie risulterebbe dal provvedimento consistente nell’esentare la Sotacarbo dal proprio obbligo di rimborsare le azioni dei propri soci in caso di loro recesso. Le altre parti della controversia sostengono invece che il vantaggio consisterebbe, in realtà, nella facoltà eccezionale di recesso concessa dalla legge italiana all’Enirisorse.

28.   La difficoltà deriva, a mio parere, nell’ambiguità del contesto normativo nazionale, quale emerge dagli atti della causa.

29.   Emerge, infatti, da costante giurisprudenza che, nella valutazione se un vantaggio costituisca un aiuto di Stato, rivestono particolare importanza le circostanze concrete di ogni singola fattispecie (16). Nella fattispecie, resta incerta la questione se il recesso di cui trattasi rientri o meno nel diritto comune in materia di recesso delle società commerciali, come risulta dall’art. 2437 del codice civile. Su tale punto, le parti divergono, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene elementi decisivi e l’udienza non ha consentito di fare chiarezza. Orbene, tale elemento determina in misura significativa la risposta che la Corte deve dare alla questione sottoposta dal giudice del rinvio. Per conservare intatta la sua utilità ai fini della soluzione della questione pregiudiziale, mi sembra quindi necessario distinguere due ipotesi.

30.   Nel caso in cui risultasse accertato che il recesso esercitato dall’Enirisorse deriva da una facoltà di recesso derogatoria rispetto al diritto comune, occorrerà, a mio parere, dichiarare che la disposizione controversa della legge n. 273/02 non presenta il carattere di un aiuto di Stato.

31.   È certamente vero che, secondo una costante giurisprudenza, «il concetto di aiuto vale a designare non soltanto prestazioni positive, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti» (17). Sotto questo punto di vista, una disposizione che consenta di esentare una società dal rimborso dell’importo delle azioni detenute dai propri soci per effetto dell’apporto realizzato in tale società sembra conferire un vantaggio economico al suo beneficiario, poiché tale esenzione sarebbe esclusa nell’ambito dell’applicazione della disciplina ordinaria in materia di recesso.

32.   Tale analisi siffatta è peraltro insufficiente. Essa si fonda su una visione parziale dei dati del problema. Essa si basa esclusivamente sul confronto tra la situazione risultante dall’applicazione della legge n. 273/02 (rinuncia del diritto al rimborso delle azioni in caso di esercizio del diritto di recesso) e quella risultante dall’applicazione dell’art. 2437 del codice civile (principio del diritto al rimborso delle azioni in caso di recesso). Orbene, la legge n. 273/02 appare inscindibile, nella specie, dalla legge n. 140/99. Queste due disposizioni formano un unico regime. È questo regime che deve essere preso in considerazione ai fini della qualificazione da operare. Orbene, ai sensi della legge n. 140/99, è concessa una facoltà eccezionale di recesso ai soci della Sotacarbo. In una siffatta ipotesi, i soci medesimi non disporrebbero, secondo il diritto comune, di un diritto di recesso. Di conseguenza, la Sotacarbo non potrebbe, normalmente, temere alcuna perdita patrimoniale. Pertanto, non si può ritenere che una legge quale la legge n. 273/02, che limita il diritto al rimborso di caso di recesso eccezionale esercitato dai soci della società medesima, sgravi quest’ultima da un onere che essa avrebbe dovuto normalmente assolvere. Tale legge è semplicemente diretta a garantire che la situazione patrimoniale della Sotacarbo non risulti compromessa per effetto del vantaggio in tal modo concesso ad alcuni dei suoi soci. In realtà, essa si limita a neutralizzare il vantaggio attribuito all’Enirisorse sotto forma di una facoltà eccezionale di recesso. Essa non produce quindi minimamentel’effetto di creare un vantaggio economico a favore della Sotacarbo, ai sensi delle regole contenute nel Trattato.

33.   Per contro, il ragionamento sarà del tutto diverso nel caso in cui il recesso dell’Enirisorse sarebbe stato consentito secondo le regole del diritto comune. In questa seconda ipotesi, infatti, la legge n. 140/99 dovrebbe essere intesa come conferma del diritto di recesso di taluni soci in forza delle disposizioni di diritto comune. L’unico effetto della legge n. 273/02 sarebbe quindi di sottrarre la Sotacarbo al regime di rimborso previsto dal diritto comune in materia. Tale provvedimento di esenzione procura, evidentemente, un vantaggio economico alla società beneficiaria. Nella misura in cui tale vantaggio non costituisca la contropartita di una facoltà eccezionale di recesso, occorrerà esaminare se ricorrano gli altri requisiti dell’aiuto.

34.   Va rilevato che, alla luce degli atti di causa, la prima ipotesi sembra la più probabile. Il codice civile contempla una serie tassativa di ipotesi di recesso (18), e non sembra che il recesso dell’Enirisorse rientri in una di esse. Ciò che sembra chiedere l’Enirisorse con la domanda proposta dinanzi al giudice del rinvio è l’applicazione delle modalità di recesso previste all’art. 2437 del codice civile, vale a dire il rimborso dell’importo delle proprie azioni, al di fuori della sfera di applicazione del diritto di recesso previsto da tale disposizione. Se quest’ultima interpretazione dovesse essere confermata dal giudice a quo, si dovrebbe trarne la conclusione che il provvedimento in esame, non avendo procurato alcun vantaggio al suo destinatario, non può essere qualificato come aiuto di Stato.

35.   Tuttavia, non è compito della Corte pronunciarsi sull’interpretazione e sull’applicazione del diritto nazionale nel caso di specie. Ciò ricade nella competenza esclusiva del giudice nazionale. Questi, qualora dovesse concludere nel senso che il recesso è stato effettivamente esercitato in conformità dell’art. 2437 del codice civile, dovrà riconoscere che la legge n. 273/02 concede un vantaggio alla Sotacarbo e sarà suo compito verificare se ricorrano gli altri requisiti ai fini della qualificazione come aiuto.

C –    Gli altri requisiti dell’aiuto

36.   Anche ammesso che il requisito del vantaggio sia soddisfatto, il governo italiano ritiene che, in ogni caso, il terzo ed il quarto dei requisiti previsti non ricorrano nel caso di specie. Sempreché la Corte ritenga utile pronunciarsi in merito, occorre ricordare che i vantaggi che, come quello concesso dalla normativa in esame, sono diretti a sollevare un’impresa dai costi a cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività, falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza (19). Poiché non è provato che le attività della società beneficiaria non presentino alcun equivalente all’interno del mercato comune, la distorsione della concorrenza può essere presunta. Per lo stesso motivo, l’effetto di tale provvedimento sugli scambi tra Stati membri non può essere messo in dubbio.

37.   Nell’ipotesi in cui risultasse provata l’esistenza del vantaggio, occorrerà quindi soprattutto procedere all’esame del primo requisito necessario ai fini della qualificazione come aiuto di Stato. Va ricordato che, secondo la Corte, «determinati vantaggi, per poter essere qualificati come aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, debbono, da un lato, essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali e, dall’altro, essere imputabili allo Stato» (20).

38.   Il requisito dell’imputabilità è facilmente soddisfatto nella specie. Il vantaggio in questione risulta da un intervento legislativo. Non è affatto decisivo che tale provvedimento accordi solo un vantaggio ipotetico, subordinato all’esercizio di una facoltà di recesso. A prescindere dal fatto che tale facoltà sia o meno esercitata, ne risulta che i diritti dei soci in quanto creditori vengono compressi e, correlativamente, gli obblighi della società rispetto ai soci risultano ridotti. La società dispone quindi di un capitale non rimborsabile, che ha perduto qualsiasi carattere di credito e che essa non deve più temere di perdere in caso di recesso. Ne consegue che tale intervento legislativo, indipendentemente da qualsiasi decisione dei soci interessati, è certamente fonte diretta di un vantaggio a favore della Sotacarbo.

39.   Resta da stabilire, in linea di principio, se tale vantaggio possa essere considerato proveniente da un trasferimento di risorse di Stato.

40.   A tale riguarda, il governo italiano sostiene che il regime in discussione non crea «oneri supplementari» per il bilancio dello Stato. Infatti, tale regime sarebbe concepito solo per modificare il quadro delle relazioni tra una società pubblica e i suoi soci privati, a favore della prima. Il finanziamento del vantaggio conferito a tale società proverrebbe quindi da fondi privati. Inoltre, poiché i capitali della Sotacarbo sono stati interamente costituiti grazie a fondi dello Stato, tale esenzione dal rimborso non sarebbe fonte di un nuovo onere per quest’ultimo. Il vantaggio non sarebbe finanziato da un contributo finanziario dello Stato indipendente da quello versato al momento della costituzione della società.

41.   È vero che, applicando l’impostazione accolta dalla Corte nella sua sentenza Sloman Neptun, il vantaggio in discussione dovrà essere ritenuto «inerente» alla disciplina normativa adottata (21). Ne conseguirebbe che il primo requisito costitutivo dell’aiuto di Stato non sarebbe soddisfatto.

42.   Tuttavia io ritengo tale impostazione non soddisfacente.

43.   Certamente, non può essere qualificato come aiuto di Stato qualsiasi provvedimento nazionale che abbia l’effetto di attribuire un vantaggio economico a imprese e di influire sulle condizioni di concorrenza nel mercato comune. È pacifico che il divieto sancito dall’art. 87, n. 1, CE, non riguarda i vantaggi risultanti da mere differenze normative tra gli Stati membri. Ne consegue che occorre circoscrivere con attenzione i casi in cui la concessione di un vantaggio imponga di essere assoggettata al regime comunitario degli aiuti di Stato.

44.   Nella propria giurisprudenza, la Corte sembra voler distinguere tra le distorsioni che risultano dall’adozione di misure di regolamentazione delle attività economiche e quelle che hanno origine in un trasferimento di risorse pubbliche a beneficio di talune imprese (22). Solo queste ultime sono suscettibili di influire sulle condizioni di concorrenza. Le prime devono essere ammesse laddove abbiano il solo scopo di stabilire le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese e le condizioni di produzione dei beni e dei servizi forniti.

45.   Tale distinzione è facilmente comprensibile. La Corte intende in tal modo evitare di estendere l’applicazione delle regole comunitarie a distorsioni di concorrenza che sono semplicemente collegate a disparità di scelta normativa tra gli Stati membri. Tale prudenza discende dal timore di non mettere in causa competenze riservate agli Stati membri. Infatti, si deve temere che un’estensione eccessiva del regime degli aiuti abbia la conseguenza di sottoporre tutte le scelte di politica economica degli Stati membri al controllo delle autorità comunitarie, senza distinguere a seconda che assumano la forma di un intervento diretto sul mercato o di un provvedimento generale di regolamentazione delle attività economiche. Inoltre, ne deriverebbe un aumento considerevole dell’onere che incombe, in tale settore, sulle autorità comunitarie di controllo, la Commissione e la Corte.

46.   Orbene, è chiaro che il regime comunitario degli aiuti di Stato non è destinato a controllare l’impatto di tutte le scelte legislative degli Stati membri sulla concorrenza nel mercato interno. È diretto solamente ad individuare le distorsioni concorrenziali risultanti dalla volontà di uno Stato membro di accordare, in deroga ai suoi orientamenti politici generali, un vantaggio particolare a talune imprese.

47.   Le restrizioni poste dalla Corte sono quindi assolutamente legittime. Mi sembra, tuttavia, che il criterio del trasferimento delle risorse di Stato, abitualmente utilizzato dalla Corte, non consenta di applicarle e di giustificarle correttamente. A tale proposito, sarebbe preferibile ricorrere al criterio della selettività come risulta altresì dalla giurisprudenza della Corte. Tale preferenza si fonda su tre ragioni essenziali.

48.   Anzitutto, il criterio del trasferimento di risorse non è sempre pertinente. Infatti, può accadere che un provvedimento di regolamentazione comporti un onere indiretto per il bilancio dello Stato che può essere più rilevante di quello risultante da un provvedimento di trasferimento di risorse pubbliche (23).

49.   Inoltre, il criterio di selettività è maggiormente idoneo a giustificare le restrizioni poste dalla Corte. È evidente che le differenze tra le politiche economiche e fiscali condotte dagli Stati membri possono attribuire vantaggi economici comparativi a talune imprese sul mercato comune. Un’impresa assoggettata ad un’aliquota di imposizione del 20 % dei propri utili beneficia di un vantaggio economico rispetto a operatori collocati in un altro Stato membro che pratica un’aliquota di imposizione del 30 %.Tuttavia, non si può ravvisare in tale situazione un’applicazione del regime degli aiuti. Infatti, in tal caso, i vantaggi concorrenziali nascono semplicemente dalle disparità giuridiche ed economiche che corrispondono all’esercizio normale dell’autonomia normativa riconosciuta agli Stati membri. Al contrario, se la medesima impresa riceve uno sgravio fiscale del 5 % quando gli operatori degli altri Stati membri sarebbero assoggettati alla stessa aliquota di imposizione del 20 %, si concluderà nel senso dell’esistenza di un aiuto, sebbene il vantaggio comparativo di cui beneficia tale impresa sia inferiore rispetto al primo caso. La ragione di questo fatto è che, in quest’ultimo caso, un trattamento preferenziale è stato concesso da uno Stato membro ad un’impresa o ad una categoria di imprese derogando alle proprie scelte normative generali. Esclusivamente le distorsioni derivanti da tali trattamenti devono essere perseguite.

50.   Infine, laddove esista una compenetrazione crescente di attività statali con attività private in materia economica, vi è ragione di temere che gli Stati membri siano tentati di impiegare gli strumenti normativi a loro disposizione per incoraggiare o obbligare gli operatori privati ad alleggerire gli oneri di talune imprese. Ci si chiede se, qualora tali misure non prevedano un trasferimento diretto di fondi pubblici, occorra ritenere che esse non costituiscano aiuti di Stato. In tal caso, una parte rilevante di provvedimenti statali aventi tutti gli effetti di un aiuto di Stato dovrebbe sfuggire al controllo delle autorità comunitarie. Un siffatto risultato sarebbe manifestamente contrario agli obiettivi perseguiti dal Trattato e ai principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte. Questa è la ragione per cui suggerisco di ritornare al criterio della selettività.

51.   Come suggerito dall’avvocato generale Darmon alla Corte nella causa Sloman Neptun, solo il criterio della selettività permette di distinguere i provvedimenti d’inquadramento generale delle attività economiche, che non possono essere rimessi in discussione dalle disposizioni del Trattato sugli aiuti di Stato, dai provvedimenti di intervento economico e finanziario che devono essere assoggettati a controllo (24). D’altronde la Corte ha già avuto modo di dichiarare che «la sovvenzione non deve necessariamente essere finanziata con denaro dello Stato perché si tratti di una sovvenzione statale» (25).

52.   Inoltre, occorre definire attentamente la nozione di selettività. Dalla giurisprudenza risulta che non ogni provvedimento che conceda un vantaggio particolare ad una determinata categoria di imprese deve essere necessariamente considerato come un provvedimento «selettivo». Occorre operare una distinzione. Qualsiasi provvedimento di trattamento specifico di talune situazioni, da cui scaturisca la concessione di un vantaggio economico agli operatori che si trovino in tali situazioni, deve essere valutato nell’ambito del regime generale in cui si colloca. Se lo Stato membro interessato riesce a provare che tale provvedimento trova una giustificazione nella natura o nell’economia generale del sistema normativo in cui è inserito, sempreché tale sistema persegua un obiettivo legittimo, esso non potrà essere considerato come misura selettiva ai sensi del Trattato (26). La misura potrà essere considerata selettiva solo quando tale trattamento particolare non possa essere giustificato da un sistema generale o quando non risulti da un’applicazione coerente del sistema in cui si collochi. In tal caso, infatti, è legittimo presumere che tale misura non abbia altre giustificazioni se non quella di concedere un trattamento privilegiato ad una determinata categoria di operatori. Non è solo quindi il carattere giuridicamente derogatorio di una misura che la fa diventare un aiuto di Stato (27). In tale settore non è sufficiente un’analisi formale, bensì occorre applicare un’analisi di carattere sostanziale. È selettiva qualsiasi misura che contribuisca a collocare determinate imprese in una situazione economica più favorevole rispetto a quella di imprese che si trovino in una situazione analoga, senza che i costi che ne risultino per la collettività siano chiaramente giustificati da un sistema di oneri equamente ripartiti (28).

53.   Seguendo tale impostazione, diventa evidente che una misura che dispensi la Sotacarbo dal rimborsare i soci che esercitino il proprio diritto di recesso, laddove un’applicazione normale delle pertinenti disposizioni del codice civile prevede invece tale rimborso, costituisce un vantaggio selettivo ingiustificato a favore di tale società. Una siffatta misura presenta tutti requisiti di un aiuto di Stato. Tuttavia, ricordo che tale conclusione vale solo ove risulti preliminarmente provato che tale recesso fosse possibile alle condizioni previste dal diritto comune.

IV – Sintesi

54.   Da tale analisi emerge che, per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre distinguere due ipotesi.

55.   Qualora fosse dimostrato che il recesso in esame nella specie risulti da una facoltà eccezionale che deroghi alle modalità di recesso previste dal codice civile, si dovrà ritenere che un regime, come quello istituito dalla legge n. 273/02, che accordi ai soci di una società controllata dallo Stato una facoltà di recesso subordinata alla condizione che essi rinuncino a qualsiasi diritto sul patrimonio della società in parola non costituisce un aiuto di Stato in favore della società medesima.

56.   Nel caso in cui, al contrario, tale recesso non derivasse da una facoltà eccezionale ma fosse comunque previsto dalle disposizioni del diritto comune, si dovrà ritenere che il detto regime costituisca un aiuto di Stato ai sensi del Trattato che avrebbe quindi dovuto essere preliminarmente notificato alla Commissione.

57.   È compito del giudice nazionale accertare se, nella causa in esame, il recesso sia stato esercitato conformemente alle condizioni previste dal diritto comune in materia di recesso dalle società commerciali.

V –    Conclusione

58.   Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere nel modo seguente alla domanda presentata dal Tribunale di Cagliari:

«Gli artt. 87, n. 1, CE e 88, n. 3, CE, devono essere interpretati nel senso che un regime, come quello istituito dalla legge 12 dicembre 2002 n. 273, che accordi ai soci di una società controllata dallo Stato una facoltà di recesso subordinata alla condizione che essi rinuncino a qualsiasi diritto sul patrimonio della società in parola, non costituisce un aiuto di Stato nel senso di tali disposizioni e non doveva essere preliminarmente notificato alla Commissione delle Comunità europee, a meno che non risulti dimostrato che tale recesso poteva essere esercitato in forza delle norme del diritto comune in materia di recesso. In quest’ultimo caso, il detto regime dovrà essere considerato come costitutivo di un aiuto di Stato che avrebbe dovuto essere preliminarmente notificato alla Commissione».


1 – Lingua originale: il portoghese.


2– V., in particolare, sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite da C‑320/90 a C‑322/90,Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I‑393, punto 6).


3– La nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali, recentemente aggiornata, prevede in tale senso che «la giurisdizione del rinvio, se si ritiene in grado di farlo, può indicare succintamente il suo punto di vista sulla soluzione da dare alle questioni pregiudiziali sottoposte» (GU 2005, C 143, pag. 1).


4– Risulta che la domanda pregiudiziale menziona erroneamente la legge n. 240/02, mentre intende riferirsi alla legge n. 273/02.


5– V., in particolare, sentenza 21 gennaio 1993, causa C‑188/91, Deutsche Shell, Racc. pag. I‑363, punto 27).


6– V., in particolare,ordinanza 24 luglio 2003, causa C‑297/01, Sicilcassa e a., Racc. pag. I‑7849, punto 47).


7– V., in tal senso, sentenza 11 luglio 1996, causa C‑39/94, SFEI e a., (Racc. pag. I‑3547, punti 49‑51).


8– V., in particolare, sentenze 8 novembre 2001, causa C‑143/99, Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (Racc. pag. I‑8365, punto 27), e 13 gennaio 2005, causa C‑174/02, Streekgewest (Racc. pag. I‑85, punto 17), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa C‑368/04, Transalpine Ölleitung in Österreich, decisa con sentenza 5 ottobre 2006 (Racc. pag. I‑0000, paragrafi 67 e ss).


9– Sentenza 9 settembre 2004, causa C‑72/03, Carbonati Apuani (Racc. pag. I‑8027, punto 11).


10– V., in particolare, sentenza 24 luglio 2004, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punto 75).


11– V., in tal senso, sentenze 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike & Weinlig (Racc. pag. 595, punto 16‑18), e 16 novembre 1995, causa C‑244/94, Fédération française des sociétés d’assurance e a., Racc. pag. I‑4013, punto 21).


12– Sentenza 23 aprile 1991, Höfner e Elster, causa C‑41/90, (Racc. pag. I‑1979, punto 21).


13– V., in tal senso, sentenza 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner (Racc. pag. I‑8089, punto 21).


14– V., in proposito, le mie conclusioni nella causa C‑205/03 P, FENIN/Commissione (pendente dinanzi alla Corte).


15– Sentenza 12 settembre 2000, cause riunite da C‑180/98 a C‑184/98, Pavlov e a. (Racc. pag. I‑6451, punto 75).


16– Sentenza 1° dicembre 1998, causa C‑200/97, Ecotrade (Racc. pag. I‑7907, punto 37).


17– V., in particolare, sentenza 3 marzo 2005, causa C‑172/03, Heiser (Racc. pag. I‑1627, punto 36).


18– V. Campobasso, G.F., Diritto commerciale, vol. 2, Torino, 5 ed., 2002, pag. 485. Si deve rilevare che successivamente a tale data è intervenuta una riforma del diritto di recesso che estende l’elenco dei motivi legittimi di recesso senza peraltro mutarne il carattere tassativo (v., in proposito, il numero speciale della Rivista delle società, marzo-giugno 2005).


19– V., in tal senso, sentenza 19 settembre 2000, causa C‑156/98, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑6857, punto 30).


20– Sentenza 16 maggio 2002, causa C‑482/99, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑4397, punto 23).


21– Sentenza 17 marzo 1993, cause riunite C‑72/91 e C‑73/91 (Racc. pag. I‑887, pag. 21).


22– V., in tal senso, sentenze Sloman Neptun, cit., punto 21; Ecotrade, cit., punto 36, e 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I‑2099, punto 62).


23– Questo accadrebbe, ad esempio, nel caso di una normativa che agevoli i licenziamenti in un settore particolare o di una normativa che autorizzi un’impresa a costruire locali in una zona che richiede rilevanti interventi in materia di infrastrutture. A tale riguardo, ricordiamo che, ai fine della qualificazione come aiuto di Stato, la Corte non distingue tra i vantaggi concessi direttamente o indirettamente attraverso risorse di Stato (v., in particolare, sentenza PreussenElektra, cit., punto 58).


24– Paragrafo 47 delle conclusioni presentate nella citata sentenza Sloman Neptun. Del resto, tale criterio è già stato utilizzato dalla giurisprudenza. Nella causa Ecotrade, precedentemente citata, risulta decisivo che la normativa in esame fosse idonea a porre le imprese a cui essa si applica in una situazione più favorevole rispetto a quella di altre imprese (punti 41 e 42). V. già, in tal senso, sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione (Racc. pag. 709, punto 33).


25– Sentenza 30 gennaio 1985, causa 290/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 439, punto 14).


26– Sentenze precedentemente citate Italia/Commissione, punto 33; Ecotrade, punto 36, Adria‑Wien, punto 42.


27– V., per quanto riguarda tale posizione, le conclusioni dell’avvocato generale Damon nella causa Sloma Neptun, cit. (paragrafo 53), nonché quelle dell’avvocato generale Mischo nella causa Adria-Wien, cit (paragrafo 43).


28 – Questo tipo di misure ha la caratteristica di concentrare i benefici in un gruppo di operatori mentre i costi sono diffusi su tutta la collettività e diventano, di conseguenza, difficilmente identificabili da parte degli altri operatori. Una misura di questo genere presenta il maggior rischio di essere adottata a favore di taluni interessi particolari invece di essere guidata dall’interesse generale.