CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate il 27 ottobre 2005 1(1)
Cause riunite C-131/04 e C-257/04
C.D. Robinson-Steele
contro
R.D. Retail Services Ltd
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Employment Tribunal Leeds (Regno Unito)]
Michael Jason Clarke
contro
Frank Staddon Ltd
e
J.C. Caulfield
C.F. Caulfield
K.V. Barnes
contro
Hanson Clay Products Ltd, già Marshalls Clay Products Ltd
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division)]
«Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Art. 7 della direttiva 93/104/CE – Diritto a un periodo minimo di ferie annuali retribuite – Accordo relativo al pagamento delle ferie annuali compreso nella retribuzione (“rolled up holiday pay”)»
I – Introduzione
1. Nelle presenti cause la Corte è chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 7 della direttiva 93/104/CE (2). I giudici del rinvio chiedono in sostanza in quale misura una normativa nazionale
– che consente che il pagamento delle ferie annuali sia incluso nella retribuzione di un lavoratore e pagato come parte della retribuzione per le ore di lavoro prestate e
– che, di conseguenza, consente di omettere il pagamento del detto beneficio in relazione a un periodo di ferie effettivamente godute («rolled up holiday pay»)
sia compatibile con la disposizione citata.
II – Contesto normativo
A – Diritto comunitario
2. L’art. 7 della direttiva 93/104, riguardante taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dispone quanto segue:
«Ferie annuali
1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».
B – Diritto nazionale
3. Il Regno Unito ha recepito la direttiva 93/104 con le Working Time Regulations 1998 (disciplina in materia di orario di lavoro del 1998).
4. L’art. 13 prevede quanto segue:
«1. (…) [un] lavoratore ha diritto a quattro settimane di ferie annuali.
(…).
9. Le ferie a cui un lavoratore ha diritto in base alla presente normativa possono essere godute in più periodi, ma
a) esse possono essere godute solo nell’anno di riferimento per il quale sono dovute, e
b) non possono essere sostituite da un’indennità finanziaria salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».
5. L’art. 16 dispone quanto segue:
«1. Un lavoratore ha diritto ad essere retribuito in relazione ad ogni periodo di ferie cui ha diritto in virtù dell’art. 13, in ragione della retribuzione di una settimana per ogni settimana di ferie.
(…).
4. Un diritto al pagamento in base al n. 1 non pregiudica il diritto del lavoratore alla retribuzione in base al suo contratto (“retribuzione contrattuale”).
5. Qualsiasi retribuzione contrattuale versata al lavoratore per un periodo di ferie solleva il datore di lavoro dall’obbligo di pagamento in base alla presente disposizione per tale periodo; viceversa, qualsiasi pagamento di retribuzione in base alla presente disposizione relativo a un dato periodo solleva il datore di lavoro dal pagamento di una retribuzione contrattuale per tale periodo».
6. L’art. 35 così recita:
«1. Qualsiasi disposizione contenuta in un accordo (sia esso o meno un contratto di lavoro) è nulla laddove con essa si intende
i) (a) escludere o limitare gli effetti di una disposizione della presente normativa, salvo nei casi in cui essa preveda che un accordo abbia tale effetto (…)».
III – Fatti, procedimenti principali e questioni pregiudiziali
A – Procedimento C‑131/04 (Robinson-Steele)
1. Fatti
7. La causa principale di cui al procedimento C-131/04 trae origine da una controversia tra il sig. C. D. Robinson-Steele, in qualità di lavoratore, e la R.D. Retail Services Ltd, in qualità di suo datore di lavoro.
8. Il sig. Robinson-Steele lavorava dal 19 aprile 2002 al 19 dicembre 2003 per la R. D. Retail Services in base a condizioni di contratto diverse, da ultimo comunque come lavoratore temporaneo. In particolare, il contratto di lavoro vigente a partire dal 29 giugno 2003 prevedeva che il diritto al pagamento delle ferie maturasse proporzionalmente al numero di ore lavorate in modo continuativo dal lavoratore temporaneo su incarico specifico durante l’anno di riferimento. Il contratto contemplava altresì il consenso da parte del lavoratore temporaneo a conglobare, sotto forma di maggiorazione, il pagamento relativo al beneficio delle ferie retribuite nella tariffa oraria prevista per il lavoratore temporaneo, nella misura dell’8,33 % della tariffa oraria.
9. Stando alle indicazioni del giudice del rinvio, matematicamente, un tasso dell’8,33 % di ferie retribuite produce precisamente l’importo corrispondente alla retribuzione di una settimana, dopo che il lavoratore abbia lavorato continuativamente per tre mesi alternando i turni di giorno e di notte.
10. Il sig. Robinson-Steele veniva pagato settimanalmente. Le sue buste paga recavano la seguente indicazione: «La tariffa comprende le indennità ferie e malattia». Non vi era alcuna indicazione specifica relativa alla quota della retribuzione che rappresentava il pagamento del periodo di ferie annuale.
2. Procedimento nazionale
11. Il 14 gennaio 2004 il sig. Robinson-Steele (in prosieguo: il «ricorrente nel procedimento principale») ha proposto ricorso dinanzi all’Employment Tribunal Leeds. Con il ricorso egli ha affermato in sostanza di aver lavorato per la R.D. Retail Services (in prosieguo: la «convenuta nel procedimento principale») per venti mesi e di aver ricevuto l’indennità per ferie solo sotto forma di importo ricompreso nella retribuzione («rolled up holiday pay»). Di conseguenza egli non avrebbe potuto prendere ferie, tanto più che queste non gli sarebbero state pagate immediatamente prima o dopo averle godute, ovvero nel corso delle stesse.
12. Il giudice del rinvio ritiene necessaria un’interpretazione dell’art. 7 della direttiva in quanto, da un lato, l’Employment Appeal Tribunal inglese, alla cui decisione esso è vincolato, avrebbe statuito che una clausola contrattuale privata relativa alla retribuzione delle ferie in forma «rolled up», che fissa un determinato importo o una percentuale da aggiungersi alla retribuzione di base, è legittima ai sensi della legislazione nazionale – in particolare ai sensi della disciplina citata – (3), mentre, dall’altro lato, la Inner House of the Court of Session scozzese ha dichiarato nulla una siffatta clausola secondo cui l’indennità per ferie è compresa in un altro importo pagato al lavoratore a prescindere dalle ferie effettivamente godute (4).
13. Pertanto, con ordinanza 9 marzo 2004, l’Employment Tribunal Leeds ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 7 della direttiva (…) sia compatibile con disposizioni di diritto nazionale che consentono che il pagamento delle ferie annuali sia incluso nella paga oraria di un lavoratore e pagato come parte della retribuzione per le ore di lavoro prestate, ma non in relazione ad un periodo di ferie effettivamente prese dal lavoratore.
2) Se l’art. 7, n. 2, della direttiva (…) osti a che il giudice nazionale riconosca un credito al datore di lavoro per tali pagamenti quando cerca di fornire al ricorrente un rimedio efficace conformemente ai poteri conferiti dal diritto nazionale».
B – Procedimento C-257/04
14. Il procedimento C-257/04 trae origine da due cause per cui è stata adita la Court of Appeal (England and Wales) e di cui questo giudice ha disposto la trattazione congiunta.
1. Causa Caulfield e a./Marshalls Clay Products Ltd
a) Fatti
15. Al fine di garantire un’attività ininterrotta, la Marshalls Clay Products Ltd ha introdotto un sistema di lavoro a rotazione, in base al quale ciascun dipendente lavora quattro giorni e poi può fruire di quattro giorni liberi.
16. Per adempiere i suoi obblighi relativi alle ferie dei dipendenti, nonostante questo schema di organizzazione del lavoro, nel luglio 1984 la Marshalls Clay Products e un sindacato concludevano un accordo aziendale che è stato inserito nel contratto di lavoro di ogni dipendente e conteneva la seguente disposizione:
«3. Ferie
L’indennità per ferie è incorporata nella paga oraria, per cui non vi è accumulo di indennità di ferie. Le ferie vengono godute durante i periodi di riposo previsti nel sistema di rotazione. Per poter predisporre periodi di ferie prolungati, ciascuno ha diritto a:
due periodi di 8 giorni consecutivi
e un periodo di 16 giorni consecutivi (…)».
17. L’importo dell’indennità per ferie (5) veniva stabilito in base a un ulteriore accordo concluso nel maggio 1984 tra la Marshalls Clay Products e un sindacato, che prevedeva, inter alia, quanto segue:
«Attualmente, i dipendenti di Accrington usufruiscono di un’indennità per ferie di 31 giorni all’anno (per 29 giorni di ferie). In percentuale sui giorni lavorati (232) questo rappresenta il 13,36 %. La paga oraria comprende il 13,36 % di indennità di ferie».
18. Tuttavia, la parte di retribuzione destinata ad indennità per ferie conglobata non era indicata né nel contratto di lavoro né sulle buste paga; nondimeno nei contratti si faceva riferimento ai contratti collettivi conclusi tra datore di lavoro e sindacato.
19. Il giudice del rinvio osserva che, quindi, le ferie dovrebbero essere godute durante i periodi di riposo. I dipendenti possono, senza però esservi obbligati, prendere due periodi di otto giorni consecutivi o un periodo di 16 giorni, ma solo sommando i giorni di riposo e coprendo i turni di altri colleghi di lavoro con scambi di turni reciprocamente convenuti.
20. Per i 182 giorni di lavoro all’anno da effettuare in base al sistema a turni, ciascun lavoratore riceve un’indennità di ferie per 24,32 giorni: per ogni ora di lavoro, retribuita con GPB 7,515, GPB 6,629 si riferiscono al tempo effettivamente lavorato e 88,6 pence costituiscono il supplemento da considerare come indennità di ferie.
21. In conclusione, i dipendenti ricevono quindi la retribuzione solo per i quattro giorni in cui lavorano, ma non per i quattro giorni in cui non lavorano. La paga oraria che essi ricevono è maggiorata per integrarvi l’indennità di ferie. La paga oraria si applica anche al lavoro straordinario, cosicché i dipendenti ricevono una maggiorazione per le ore di lavoro straordinario sia sulla retribuzione di base sia sull’indennità per ferie.
b) Procedimento nazionale
22. Con atti introduttivi in data 3 settembre 2001 i sigg. J.C. Caulfield, C.F. Caulfield e K.V. Barnes (in prosieguo: i «ricorrenti nella causa principale») chiedevano al Manchester Employment Tribunal di condannare la Marshalls Clay Products Ltd (in prosieguo: la «convenuta») al pagamento delle ferie annuali per il periodo 1° ottobre 1998 – 3 settembre 2001.
23. Con decisione 12 dicembre 2002 il Manchester Employment Tribunal accoglieva le domande dei tre ricorrenti nella causa principale e disponeva a loro favore un indennizzo di importo da determinarsi in seguito.
24. Con ricorso dinanzi all’Employment Appeal Tribunal la convenuta impugnava la detta decisione.
25. Il 25 luglio 2003 l’Employment Appeal Tribunal accoglieva il ricorso della convenuta.
2. Causa Clarke/Frank Staddon Ltd
a) Fatti
26. Secondo quanto indicato dal giudice del rinvio, il sig. M. J. Clarke (in prosieguo: il «ricorrente nella causa principale») lavorava per la Frank Staddon Ltd (in prosieguo: la «convenuta») in qualità di lavoratore parasubordinato, sulla base di un contratto di subappalto (construction industry scheme) dal 2 aprile 2001 al 23 giugno 2001. Tuttavia è, a quanto consta, pacifico che il ricorrente nella causa principale gode dei diritti conferiti dalla direttiva e dalle Working Time Regulations 1998.
27. Il ricorrente nella causa principale prendeva ferie dal 24 giugno 2001 al 24 luglio 2001, periodo in cui non veniva retribuito.
28. Il contratto del ricorrente nella causa principale così recita:
«Tutte le indennità per ferie e giorni festivi sono comprese nella paga giornaliera».
Lo stesso contratto contiene un’annotazione manoscritta in corrispondenza dei termini «entità della retribuzione»:
«Paga base 8,689, ferie 0,756 = 85 GBP al giorno».
29. La stessa suddivisione era indicata anche sulla busta paga dell’agosto 2001. Tuttavia, l’importo di GBP 85 si riferisce solo al periodo che inizia il 24 giugno 2001. Quindi, per il periodo anteriore a tale data la convenuta non aveva stabilito la quota relativa all’indennità per ferie compresa nella paga giornaliera.
b) Causa nazionale
30. Con atto introduttivo depositato presso l’Employment Tribunal il 20 novembre 2001, il ricorrente nella causa principale chiedeva di ingiungere alla convenuta di corrispondergli un’indennità per le ferie annuali maturate in seguito al lavoro svolto per la convenuta nel periodo tra il 2 aprile 2001 e il 16 novembre 2001.
31. Con decisione 19 aprile 2002 l’Employment Tribunal respingeva la domanda del ricorrente nella causa principale.
32. Con un ricorso dinanzi all’Employment Appeal Tribunal il ricorrente nella causa principale impugnava la detta decisione.
33. Il 25 luglio 2003 l’Employment Appeal Tribunal respingeva il ricorso proposto dal ricorrente nella causa principale.
3. Le questioni pregiudiziali sottoposte nella causa C‑257/04
34. In entrambe le cause nazionali i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi alla Court of Appeal contro la decisione dell’Employment Appeal Tribunal. Questo giudice ha disposto un rinvio pregiudiziale, tenuto conto delle evidenti divergenze di opinione esistenti tra l’Employment Appeal Tribunal inglese e l’Inner House of the Court of Session scozzese, nonché alla luce della causa Robinson-Steele già pendente dinanzi alla Corte.
35. Pertanto, con ordinanza 25 giugno 2004 la Court of Appeal ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se un accordo contrattuale tra un datore di lavoro ed un lavoratore in base al quale una determinata parte della paga versata al lavoratore rappresenta la retribuzione delle ferie di quest’ultimo (accordo correntemente conosciuto con la denominazione di «rolled-up holiday pay») comporti una violazione del diritto del lavoratore di essere retribuito per le sue ferie annuali, come previsto dall’art. 7 della direttiva (…) concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.
2) Se la soluzione della prima questione sia diversa quando il livello della retribuzione del lavoratore rimane lo stesso prima e dopo l’entrata in vigore dell’accordo vincolante di cui trattasi e, di conseguenza, l’effetto dell’accordo non consiste nel prevedere una retribuzione aggiuntiva bensì, piuttosto, nell’imputare una parte della paga versata al lavoratore alla retribuzione delle ferie.
3) Se, in caso di soluzione affermativa della prima questione, costituisca una violazione del diritto a ferie annuali retribuite di cui all’art. 7 [della direttiva] il fatto che questo pagamento sia considerato tale da poter essere fatto valere come compensazione verso il diritto conferito dalla direttiva.
4) Se l’obbligo di cui all’art. 7 della direttiva (…) di assicurare che ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane implichi che il pagamento sia effettuato al lavoratore nel periodo di retribuzione nel quale egli usufruisce delle sue ferie annuali o se, per conformarsi all’art. 7, sia sufficiente che il detto pagamento sia effettuato nel corso dell’anno con versamenti regolari».
IV – Sulle questioni pregiudiziali
A – Osservazioni preliminari
36. È d’uopo premettere che, secondo una giurisprudenza costante, spetta al giudice nazionale valutare la rilevanza della domanda di pronuncia pregiudiziale (6). Qualora sussistano dubbi sulla corretta formulazione delle questioni riguardo alla valutazione del caso sotto il profilo del diritto comunitario, la Corte, se del caso, può procedere alla riformulazione delle questioni (7).
37. Ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione del diritto comunitario. Per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale deferita nella causa C‑131/04, occorre anzitutto notare che, in questo contesto, non si può cercare di stabilire in quale misura una disposizione di diritto derivato sia compatibile con la legislazione nazionale, bensì piuttosto in quale misura la disposizione di diritto derivato in questione osti all’applicazione di talune norme della legislazione nazionale.
38. Tuttavia, da un confronto con la prima questione pregiudiziale deferita nella causa C-257/04 e dalle osservazioni in merito del giudice del rinvio, emerge chiaramente che in quella causa – e quindi anche nella causa C‑131/04 – non si tratta tanto di stabilire se il diritto comunitario osti all’applicazione di talune norme della legislazione nazionale, quanto piuttosto di stabilire se un’interpretazione conforme alle direttive della legislazione nazionale in questione debba far ritenere inefficaci, alla luce del contenuto normativo dell’art. 7 della direttiva, talune clausole contenute in contratti di lavoro o contratti collettivi, in forza delle quali l’indennità per ferie viene inclusa nella retribuzione normale del lavoratore («rolled up holiday pay»).
39. La prima questione pregiudiziale deferita nella causa C‑131/04 va quindi riformulata alla luce della prima, seconda e quarta questione pregiudiziale della causa C‑257/04, dovendolasi intendere nel senso che il giudice del rinvio chiede in sostanza se il diritto del singolo lavoratore a ferie annuali retribuite eventualmente derivante dall’art. 7 della direttiva osti a che il pagamento dei periodi di ferie sia effettuato, sulla base di un contratto individuale o collettivo, insieme al versamento della retribuzione.
40. Tuttavia, nella causa C-257/04, il giudice del rinvio evidenzia a ragione che né nella direttiva né nella normativa nazionale di recepimento figura una disciplina esplicita riguardante siffatte clausole. In questo contesto è d’uopo rammentare l’obbligo incombente al giudice nazionale di dare un’interpretazione della legislazione nazionale, in particolare delle disposizioni adottate per il recepimento di una direttiva che sia conforme al diritto comunitario e, quindi, alle direttive.
41. Partendo dalla premessa che può desumersi dalle due domande di pronuncia pregiudiziale, ovvero che, secondo il giudice nazionale, la legislazione nazionale si presta a un’interpretazione (8), nelle presenti cause la Corte, in definitiva, non deve valutare il recepimento della direttiva 93/104 nel Regno Unito, bensì deve fornire ai giudici del rinvio un’interpretazione della legislazione comunitaria applicabile che consenta loro, nell’ambito della valutazione degli accordi in questione in materia di indennità per ferie inclusa nella retribuzione, di procedere, a loro volta, a un’interpretazione della legislazione nazionale il più conforme possibile alle direttive.
42. In una giurisprudenza costante la Corte ha osservato che «nell’applicare il diritto interno, in particolare le disposizioni di una normativa appositamente adottata al fine di attuare quanto prescritto da una direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il diritto nazionale per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 249, terzo comma, CE» (9).
43. Riveste particolare importanza il fatto che nella causa Pfeiffer e a., citata, questo principio dell’interpretazione conforme al diritto comunitario del diritto nazionale sia stato ribadito in relazione alla disciplina della durata massima del lavoro nella direttiva. In particolare la Corte ha osservato che «spetta al giudice del rinvio, cui siano sottoposte controversie come quelle di cui alle cause principali, rientranti nella sfera di applicazione della direttiva 93/104 e scaturite da fatti successivi alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva medesima, nell’applicare le norme del diritto nazionale volte proprio a recepire tale direttiva, interpretarle quanto più possibile in modo da consentirne un’applicazione conforme agli scopi di quest’ultima» (10).
44. È proprio nelle controversie tra privati, come nei casi di specie, che il principio dell’interpretazione del diritto nazionale in conformità al diritto comunitario costituisce un principio indispensabile per assicurare la piena efficacia delle norme comunitarie (11).
45. Riassumendo, quindi, occorre constatare che con la prima questione (12) da essi rispettivamente sottoposta i due giudici del rinvio chiedono in sostanza se il diritto a ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva osti in linea di principio ad accordi che prevedono l’inclusione dell’indennità per ferie nella retribuzione.
La soluzione di tale questione presuppone anzitutto l’esame del contenuto e della portata del diritto a ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva. In secondo luogo, è d’uopo accertare in quale misura accordi individuali a livello privato possano essere contrari a tale diritto.
B – Sulle ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva 93/104
1. Oggetto del diritto a ferie annuali retribuite
a) Interpretazione letterale e sistematica dell’art. 7, n. 1, della direttiva
46. L’art. 7, n. 1, della direttiva garantisce un diritto assoluto del lavoratore a quattro settimane di ferie annuali retribuite. La Corte ha già riconosciuto tale diritto nella sentenza 26 giugno 2001, causa C‑173/99, BECTU (13), dichiarando, da un lato, che «l’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 impone agli Stati membri un obbligo chiaro e preciso» (14) e, dall’altro, che si tratta di un «diritto individuale» del lavoratore (15) (16).
47. Al di là di questo riconoscimento di principio di un diritto, il contenuto dell’art. 7, n. 1, della direttiva contiene solo pochi accenni sulle modalità di soddisfacimento degli obblighi corrispondenti da parte del datore di lavoro. Per quanto riguarda le «condizioni di ottenimento e di concessione», si fa riferimento unicamente alle «legislazioni e/o prassi nazionali».
48. Vero è che dalla formulazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva emerge che il lavoratore ha diritto a un periodo di «riposo effettivo» (17), durante il quale egli continua a essere retribuito (18). Tuttavia resta da stabilire sulla base di quali principi vada retribuito il corrispondente periodo di ferie. Resta quindi in sospeso la questione se una siffatta retribuzione debba aver luogo nel corso delle ferie o possa anche essere versata prima ovvero dopo di esse. Dal rinvio alle legislazioni e/o prassi nazionali potrebbe persino desumersi che la direttiva lasci agli Stati membri il più ampio potere discrezionale per colmare la lacuna normativa in materia.
49. Sotto il profilo sistematico, è altresì d’uopo osservare che la direttiva non contiene ulteriori disposizioni riguardanti la questione di cui trattasi. Per il resto, l’art. 15 della direttiva consente in linea generale l’applicazione o l’introduzione di disposizioni nazionali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Tuttavia, l’art. 17 dispone che gli Stati membri o le parti sociali possono derogare solo a talune disposizioni della direttiva, elencate tassativamente, a determinate condizioni. Orbene, come ha già dichiarato la Corte nella causa BECTU (19), si deve rilevare che l’art. 7 della direttiva 93/104 non figura tra le disposizioni alle quali quest’ultima consente esplicitamente di derogare.
b) Ratio del periodo minimo di ferie annuali
50. Sempre nella sentenza nella causa BECTU (20), la Corte aveva già avuto occasione di approfondire la ratio legis dell’art. 7, n. 1, della direttiva.
51. L’obiettivo della direttiva è fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti, in particolare, l’orario di lavoro (21). La Corte trae questa conclusione, da un lato, dal fondamento normativo della direttiva – vale a dire l’art. 138 CE (ex art. 118 A del Trattato CE), diretto a garantire una migliore tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – e, dall’altro, anche dai ‘considerando’ primo, quarto, settimo e ottavo della direttiva, nonché dalla formulazione dell’art. 1, n. 1.
52. Conformemente a queste disposizioni, l’armonizzazione dell’organizzazione dell’orario di lavoro a livello comunitario deve garantire un miglioramento nella sicurezza e salute dei lavoratori, mediante la concessione di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa (22).
53. Tuttavia, per conseguire realmente una migliore tutela della sicurezza e della salute del lavoratore, è necessario far beneficiare effettivamente il lavoratore dei periodi di riposo previsti, vale a dire anche delle ferie annuali (23). Per questo motivo l’art. 7, n. 2, della direttiva vieta di sostituire il periodo minimo di ferie annuali con un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.
54. Il beneficio effettivo del diritto alle ferie comporta quindi anche che il lavoratore abbia la possibilità concreta di prendere le ferie spettantigli e non gli sia impedito di fruirne, per esempio, per costrizioni di fatto. Funzionale a questo obiettivo è l’obbligo di continuare a versare la retribuzione per il periodo di ferie, ossia la garanzia di un periodo minimo di ferie annuali retribuite.
55. Occorre quindi osservare che, per quanto riguarda il diritto a un periodo minimo di ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva, rileva non tanto la retribuzione dei corrispondenti periodi, quanto l’effettiva possibilità di beneficiare del periodo di ferie in questione. Riguardo alle cause principali – e alle relative distinte fattispecie –, occorre ora esaminare in quale misura i controversi metodi di indennità delle ferie annuali incidano sulla possibilità effettiva di beneficiare di tali periodi.
2. In quale misura il diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva possa ostare all’indennità per ferie retribuita in forma «rolled up»
a) Argomenti sostanziali delle parti
i) Osservazioni dei ricorrenti nelle cause principali
56. Il sig. Robinson-Steele, nel procedimento C‑131/04, non ha presentato osservazioni dinanzi alla Corte.
57. I ricorrenti nelle cause principali nel procedimento C‑257/04 ritengono che l’art. 7 della direttiva prescriva che il pagamento sia effettuato nel periodo in cui il lavoratore sarebbe stato retribuito se avesse continuato a lavorare. Qualora il pagamento non sia effettuato in questo periodo, si configurerebbe vuoi un pagamento sostitutivo, in contrasto con l’art. 7, n. 2, della direttiva, vuoi un meccanismo che comporta ostacoli ovvero restrizioni al godimento delle ferie e che, pertanto, sarebbe vietato. In particolare, il sistema del pagamento delle ferie incluso nella retribuzione avrebbe l’effetto di trattenere i lavoratori dal prendere le ferie annuali loro spettanti. Infatti, poiché la retribuzione del lavoratore aumenta se egli lavora tutte le settimane, tale sistema offrirebbe un incentivo notevole, in particolare per i lavoratori a basso reddito, a non prendere ferie.
58. La necessità di «mettere da parte» l’importo per le ferie annuali dissuaderebbe altresì il lavoratore dal prendere le ferie nella prima parte dell’anno.
59. Per di più, in particolare per i lavoratori a basso reddito, sarebbe poco probabile risparmiare e non spendere l’importo accordato ogni settimana per le ferie. Ne conseguirebbe un’impossibilità finanziaria di prendere ferie, in particolare quando il periodo lavorativo nell’anno in questione non è stato ancora di durata sufficiente.
ii) Osservazioni delle convenute nelle cause principali
60. Le convenute nelle cause principali, vale a dire la R.D. Retail Services (procedimento C‑131/04) nonché la Marshalls Clay Products e Frank Staddon (procedimento C‑257/04), ritengono che non sia contrario alla direttiva versare l’importo relativo alle ferie annuali a rate unitamente alla retribuzione di base, se questo versamento integrato è stato stabilito contrattualmente. Esse rinviano al fatto che l’art. 7 della direttiva conferisce un diritto assoluto e incondizionato solo a un periodo minimo di quattro settimane di ferie retribuite. Tuttavia né la formulazione né lo scopo dell’art. 7 prescriverebbero il pagamento delle ferie annuali con una modalità determinata o in un momento determinato. Ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva, le «condizioni di ottenimento e di concessione» sono quelle previste dalla legislazione nazionale. Quest’ultima, fintantoché non impedisca in modo effettivo l’esercizio del diritto, soddisferebbe i requisiti posti dal diritto comunitario.
61. Inoltre, la tutela assicurata dalla direttiva dovrebbe tener conto della necessità di evitare inopportuni ostacoli amministrativi, finanziari e giuridici e di consentire la flessibilità. Per quanto riguarda la distinzione tra il diritto stesso e le condizioni relative al suo esercizio, che rispecchierebbe l’equilibrio cui mira la direttiva tra tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e l’esigenza di flessibilità in sede di applicazione, le due convenute rimandano alla sentenza della Corte nella causa C‑173/99, nonché alle conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella detta causa.
62. In ogni caso il lavoratore non potrebbe essere obbligato a prendere ferie. Inoltre, il lavoratore sarebbe sempre libero di decidere autonomamente che cosa fare nel periodo di ferie spettantegli. Ad esempio, nel periodo delle ferie sarebbe libero di lavorare per un altro datore di lavoro. Di per sé questo fatto non potrebbe essere considerato come un’elusione della disciplina di cui all’art. 7 della direttiva. Del resto, i lavoratori sarebbero in grado di utilizzare le proprie risorse finanziarie in modo da poter gestire il sistema di pagamento integrato.
iii) Osservazioni del governo del Regno Unito
63. Anche il governo del Regno Unito ritiene legittimo un sistema di pagamento delle ferie incluso nella retribuzione. In particolare, né la formulazione né lo scopo dell’art. 7, n. 1, della direttiva prescriverebbero un pagamento in un momento determinato. La formulazione dell’art. 7 della direttiva – così come i relativi ‘considerando’ –, rinviando alla legislazione e alle prassi nazionali, denoterebbero piuttosto che può essere necessario un certo grado di flessibilità in sede di recepimento. In questo sarebbe altresì ravvisabile il principio di sussidiarietà. Anche il governo del Regno Unito fa riferimento a tale riguardo alle conclusioni e alla sentenza nella causa C‑173/99.
64. L’art. 16, concedendo al lavoratore le prescritte ferie annuali e il versamento di un importo in relazione a tale periodo, recepirebbe in modo adeguato l’art. 7 della direttiva. A condizione che la legislazione e le prassi nazionali non rendano illusorio il diritto alle ferie annuali retribuite, i requisiti di cui all’art. 7 sarebbero soddisfatti.
65. L’interpretazione proposta non avrebbe neppure l’effetto di trattenere i lavoratori dal prendere le ferie annuali. Poiché il datore di lavoro non potrebbe stabilire unilateralmente il pagamento in forma «rolled up», essendo piuttosto necessario un accordo tra datore di lavoro e lavoratore, un siffatto accordo verrebbe in esame solo se il lavoratore viene effettivamente pagato e detto pagamento è stato calcolato correttamente.
66. Un accordo riguardo al pagamento incluso nella retribuzione in forma «rolled up», comporterebbe altresì che il lavoratore, se usufruirà delle ferie in una fase successiva del rapporto di lavoro, riceva in anticipo l’indennità per ferie annuali retribuite. Dal lavoratore ci si potrebbe attendere che provveda affinché il pagamento a rate delle ferie non lo dissuada dal fruire delle ferie. Il pagamento integrato dell’indennità per ferie costituirebbe anche il modo più corretto e semplice nel caso di lavoratori con contratti di breve durata, il cui rapporto di lavoro può eventualmente cessare prima che essi abbiano potuto rivendicare un qualsivoglia diritto alle ferie o pagamento. Pertanto non vi sarebbe motivo per cui l’art. 7 debba imporre un momento determinato per il pagamento dell’indennità per ferie annuali.
67. Se il pagamento avvenisse nel momento in cui vengono prese le ferie, sorgerebbero altresì – in contrasto con i ‘considerando’ della direttiva – notevoli difficoltà amministrative per i datori di lavoro, in particolare nel caso di lavoratori occasionali o temporanei. In tale ipotesi, il pagamento a rate eviterebbe il calcolo dell’indennità per ferie ancora dovuta in ogni singolo caso di godimento di ferie. Spesso, a causa del tipo di lavoro, sorgerebbero anche difficoltà se il lavoratore insistesse per prendere ferie nel corso di un periodo di lavoro.
iv) Osservazioni dell’Irlanda
68. Nelle sue osservazioni scritte in merito alla causa C‑257/04 il Chief State Solicitor irlandese afferma che dall’espressione «periodo minimo di ferie retribuite» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva deriverebbe che il lavoratore dev’essere retribuito nel corso di questo periodo o immediatamente prima. Tuttavia, con il sistema dell’indennità per ferie inclusa nella retribuzione, il lavoratore non verrebbe affatto retribuito durante le ferie.
69. Anche a motivo dello scopo della direttiva, vale a dire tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, si dovrebbe assicurare che i lavoratori non abbiano solo diritto alle ferie, bensì che possano anche beneficiarne effettivamente. Per contro l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione inciterebbe a non prendere ferie, in quanto in tal modo ai lavoratori verrebbe chiesto di prendere ferie sapendo che in quel periodo essi non saranno retribuiti –, mentre, nei periodi lavorativi, sono retribuiti regolarmente con cadenza settimanale o mensile. Quanto precede sarebbe contrario agli scopi perseguiti dalla direttiva, che mirerebbe proprio a evitare che i lavoratori ricevano somme di denaro in sostituzione delle ferie annuali maturate.
v) Osservazioni della Commissione
70. Partendo dal presupposto che continuare a percepire una retribuzione nel corso delle ferie annuali non costituirebbe un fine a sé, bensì uno strumento per garantire che il periodo minimo di ferie possa essere goduto effettivamente senza restrizioni finanziarie, un accordo riguardante l’indennità per ferie sarebbe compatibile con la direttiva, se assicura che il lavoratore benefici effettivamente di un periodo minimo di quattro settimane di ferie annuali e, in riferimento a questo periodo, venga retribuito come se stesse lavorando.
71. Poiché la direttiva non prescriverebbe il metodo con cui conseguire il detto scopo, spetterebbe agli Stati membri definire le modalità per il pagamento dell’indennità per ferie, fermo restando che ciò non dovrebbe risolversi in una lesione del diritto fondamentale alle ferie annuali in sé.
72. Poiché, con il sistema dell’indennità per ferie inclusa nella paga oraria, il pagamento viene effettuato a prescindere dal fatto che le ferie corrispondenti vengano godute o meno dal lavoratore, e poiché non esistono misure che assicurino che il lavoratore prenda effettivamente le quattro settimane di ferie spettantigli, in conclusione, la prescrizione fondamentale di garantire un periodo minimo di quattro settimane di ferie annuali verrebbe elusa, in contrasto con lo spirito e con la lettera della direttiva.
73. In particolare, l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione potrebbe dissuadere i lavoratori dal prendere le ferie loro spettanti. Inoltre un siffatto sistema potrebbe comportare abusi da parte di datori di lavoro che non desiderino far beneficiare effettivamente delle ferie i loro dipendenti.
74. Pertanto la Commissione ritiene il sistema di pagamento dell’indennità per ferie in forma «rolled up» incompatibile con l’art. 7 della direttiva, in quanto non assicurerebbe che il periodo minimo di quattro settimane di ferie venga anche effettivamente preso.
b) Analisi giuridica
75. Tenuto conto del contenuto normativo sostanziale dell’art. 7 della direttiva, esposto in precedenza (24), l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione – come, per esempio, quella prevista negli accordi controversi – appare compatibile con gli scopi perseguiti dalla direttiva, in ogni caso, solo se l’accordo contrattuale su cui si fonda assicura che il lavoratore può effettivamente godere delle ferie spettantigli. In ultima analisi, solo il giudice nazionale, alla luce di tutte le circostanze del caso specifico – in particolare di tutta la documentazione contrattuale – può dare soluzione definitiva alla questione se un determinato accordo, come, per esempio, gli accordi in discussione sul pagamento dell’indennità per ferie in forma «rolled up», osti all’effettiva possibilità di beneficiare delle ferie annuali retribuite.
76. Pertanto, in prosieguo si esaminerà solo in linea generale la questione in quale misura le normative in questione, sotto il profilo dell’esercizio del diritto garantito dall’art. 7 della direttiva, possano apparire problematiche, ovvero se un’eventuale violazione del diritto sancito all’art. 7 della direttiva possa essere giustificata per motivi connessi con la flessibilità.
i) Retribuzione delle ferie in forma «rolled up» quale ostacolo all’ottenimento di ferie annuali retribuite?
77. Anche nell’ambito di un sistema di indennità per ferie inclusa nella retribuzione il lavoratore è libero, in linea di principio, di prendere ferie. Tuttavia occorre stabilire se il pagamento del periodo minimo di ferie, diluito lungo tutto il periodo di occupazione, non costituisca un impedimento di fatto tale da indurre i lavoratori a non fruire del loro diritto alle ferie. Invero, in tal modo, lo scopo di tutela effettiva della sicurezza e della salute dei lavoratori, perseguito dalla direttiva, non sarebbe soddisfatto. Come già la Corte ha dichiarato per i periodi di riposo, i periodi di riposo garantiti dalla direttiva devono prevenire, per quanto possibile, il rischio di alterazione della sicurezza e della salute dei lavoratori che l’accumulo di periodi di lavoro senza la necessaria interruzione potrebbe rappresentare (25).
78. In primo luogo, il governo del Regno Unito considera, non a torto, che in linea di principio i lavoratori sono sostanzialmente in grado di disporre delle proprie finanze in modo che la parte di retribuzione pagata quale indennità per ferie sia a loro disposizione alla data dell’ottenimento delle ferie. Tuttavia questo assunto si fonda su premesse perlomeno discutibili nel caso di specie. Da un lato, occorre osservare che per i lavoratori a basso reddito, di cui di norma fanno parte lavoratori temporanei e turnisti, tale libertà di disporre delle proprie finanze non si configura nella stessa misura che per gli altri lavoratori: i lavoratori che percepiscono una retribuzione di scarsa entità sono perlopiù obbligati a utilizzare la maggior parte, o addirittura l’intero importo della retribuzione per il sostentamento, per cui appare inevitabile il rischio che l’indennità per ferie sia utilizzata per altri scopi. Inoltre, proprio per siffatti lavoratori con entrate minime, la possibilità di guadagnare di più lavorando di più costituisce un incentivo notevole a rinunciare alle ferie. Infatti, se essi, invece di prendere ferie, continuano a lavorare, percepiscono non solo la retribuzione per il periodo di ferie, ma anche, per il periodo in cui in più lavorano, la retribuzione normale, sebbene questo periodo (quattro settimane all’anno) sia già compensato dall’indennità per ferie integrata. A prescindere da quanto precede, occorre altresì notare che la possibilità ventilata dal governo del Regno Unito di una «pianificazione personale» delle ferie presuppone comunque che al lavoratore sia resa nota la quota di retribuzione destinata al finanziamento delle ferie. In altre parole, una siffatta pianificazione finanziaria delle ferie presuppone una trasparenza dell’accordo in merito alla retribuzione delle ferie in forma «rolled up» (26).
79. Tuttavia, vi sono anche altri motivi per considerare gli accordi relativi all’indennità per ferie inclusa nella retribuzione problematici alla luce degli scopi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Il fatto che non si possa lasciare esclusivamente all’ambito di responsabilità del lavoratore individuare e impiegare in modo adeguato l’indennità corrisposta in relazione al diritto alle ferie, ma eventualmente non qualificata come tale, consegue già dalla considerazione che la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore non rientra solo nell’interesse individuale del lavoratore, bensì anche nell’interesse generale. Vero è che il lavoratore non è tenuto a prendere ferie o a utilizzarle per il riposo. Tuttavia, nell’interesse di un’interpretazione in linea con l’obiettivo della direttiva, sembra improbabile che si possano ammettere accordi atti a indurre a lavorare senza interruzioni rinunciando al periodo minimo di ferie (27). Questo effetto pregiudizievole per l’obiettivo della direttiva insito negli accordi in questione in merito all’indennità per ferie inclusa nella retribuzione viene del resto riconosciuto dal governo del Regno Unito quando fa valere che sorgerebbero difficoltà pratiche se un lavoratore temporaneo pretendesse di prendere le ferie spettantigli in un periodo di lavoro, e non alla fine del suo incarico.
80. Dalle considerazioni che precedono discende, alla luce dello scopo del diritto a un periodo minimo di ferie annuali retribuite, che un’interpretazione conforme al diritto comunitario della legislazione nazionale di recepimento della direttiva deve orientarsi nel senso che gli accordi individuali a livello privato riguardo a un’indennità per ferie inclusa nella retribuzione possono essere giuridicamente validi solo se sia stata altrimenti assicurata, nel contempo, l’effettiva possibilità di beneficiare del periodo minimo di ferie annuali da parte del lavoratore.
ii) Esame del «requisito della flessibilità»
81. Al diciassettesimo ‘considerando’ la stessa direttiva prevede tuttavia quanto segue: «considerando che, in funzione dei problemi che possono essere sollevati dall’organizzazione dell’orario di lavoro nell’impresa, pare opportuno prevedere una certa flessibilità nell’applicazione di determinate disposizioni della presente direttiva, garantendo nel contempo il rispetto dei principi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».
82. In questo contesto occorre ancora una volta rammentare il significato del diritto alle ferie annuali retribuite, come sancito ai punti 8 e 19 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali del 9 dicembre 1989, citata al quarto ‘considerando’ della direttiva. Secondo la giurisprudenza della Corte, questo diritto costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario (28). Pertanto, poiché la direttiva non prevede al riguardo eccezioni al diritto in questione (29), anche un semplice pregiudizio a questo diritto deve fondarsi su motivi importanti.
83. Quindi, una semplice riduzione dei costi amministrativi non costituisce comunque un motivo sufficiente, in quanto ciò si risolve in una giustificazione per motivi di natura economica. Già dal quinto ‘considerando’ della direttiva risulta tuttavia che il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico (30). Inoltre, la direttiva ha già dovuto prendere in considerazione le possibili conseguenze dell’organizzazione dell’orario di lavoro da essa prevista sulle piccole e medie imprese, dato che l’art. 118 A del Trattato CE (divenuto art. 138 CE), che è il suo fondamento normativo, ha assoggettato i provvedimenti fondati su di esso, tra l’altro, alla condizione che essi non ostacolino la creazione e lo sviluppo di siffatte imprese (31).
84. Tuttavia, ci si potrebbe interrogare sulla necessità di autorizzare gli accordi in questione a determinate condizioni, per importanti motivi pratici. Al fine di valutare siffatti motivi occorre nondimeno distinguere tra i due tipi di organizzazione dell’orario di lavoro che stanno alla base delle cause principali, vale a dire tra lavoro a turni e lavoro temporaneo.
– Lavoro a turni di lavoratori con contratto a tempo indeterminato
85. Per quanto riguarda il lavoro a turni di questo tipo, si configura un rapporto di lavoro stabile (32). Di conseguenza in questo caso si può anche desumere il numero di giorni di ferie cui il lavoratore ha diritto. Quindi, anche l’importo da pagare è definito. Sulla base di questa regolarità – nella fattispecie, quattro giorni di lavoro, quattro giorni di riposo – non è a prima vista chiaro in quale misura sia necessario derogare al principio secondo cui la retribuzione continua ad essere versata nel corso delle ferie.
86. Per quanto riguarda la fattispecie della causa Caulfield e a./Marshalls Clay, occorre nondimeno aggiungere che la pattuita indennità per ferie inclusa nella retribuzione si accompagna a una disciplina in materia di ferie – parimenti controversa –, secondo cui le ferie maturano solo sommando periodi di riposo. Se è vero che i periodi di riposo e i periodi di ferie mirano entrambi a conseguire gli scopi perseguiti dalla direttiva, vale a dire la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, tuttavia essi si distinguono in quanto i periodi di riposo vanno concessi sulla base di una regolamentazione specifica dell’orario di lavoro – e quindi lasciano impregiudicato il diritto al periodo minimo di ferie annuali retribuite di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva. L’accordo aziendale controverso sembra non distinguere chiaramente tra periodo di riposo e periodo di ferie.
87. Tuttavia, se il datore di lavoro è in grado di dimostrare che i periodi di riposo previsti – secondo l’accordo – sono calcolati in modo da comprendere, in parte, anche periodi di ferie, laddove eventualmente si può prendere un periodo di ferie maggiore mediante lo scambio dei turni di lavoro, l’(ulteriore) accordo riguardo all’indennità per ferie inclusa nella retribuzione non sembra più pregiudizievole, in quanto non pregiudica l’effettiva possibilità di beneficiare del periodo minimo di ferie annuali, salvo ulteriori circostanze del caso specifico che il giudice nazionale prenda in considerazione.
– Lavoro temporaneo
88. Per contro, nel caso del lavoro temporaneo spesso non è agevole discernere per quali periodi il lavoratore presterà la sua attività per il datore di lavoro di cui trattasi. Pertanto, il passaggio dai periodi di lavoro ai periodi di non lavoro è simile ad una cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro l’art. 7, n. 2, della direttiva consente però persino di compensare il diritto alle ferie con un importo in denaro. In effetti, anziché calcolare il diritto maturato al termine di ogni periodo di lavoro, sembra in realtà più adeguato prevedere un pagamento a rate continuativo, affinché il datore di lavoro compensi di volta in volta quella quota del diritto alle ferie annuali retribuite che il lavoratore temporaneo ha maturato nei suoi confronti nell’anno in corso (33). Non va tuttavia dimenticato che i lavoratori temporanei hanno uno status comparativamente meno garantito sul mercato del lavoro. Un affievolimento del principio che vieta di compensare il diritto alle ferie con un’indennità finanziaria, di cui all’art. 7, n. 2, equivarrebbe a indebolire ulteriormente la loro situazione, il che – senza adeguate contromisure – potrebbe risultare difficilmente compatibile con lo scopo perseguito dalla direttiva.
89. Si propone quindi di risolvere la prima questione pregiudiziale deferita nel procedimento C‑131/04, nonché la prima e la quarta questione pregiudiziale di cui al procedimento C‑257/04, nel senso che, nell’ambito della valutazione di disposizioni contrattuali individuali o collettive riguardo all’indennità per ferie inclusa nella retribuzione, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare in quale misura i lavoratori dispongano di una reale possibilità di godere effettivamente del periodo minimo di ferie annali spettante loro. Di norma una siffatta possibilità è da escludersi se l’accordo si limita a prevedere il pagamento del periodo minimo di ferie annuali congiuntamente al pagamento della paga base, senza disciplinare, eventualmente anche in un ulteriore accordo, l’esercizio stesso del diritto alle ferie.
C – Sulla seconda e sulla terza questione nel procedimento C‑257/04, nonché sulla seconda questione nel procedimento C‑131/04
90. Nel caso in cui un accordo riguardante il pagamento dell’indennità per ferie in forma «rolled up» sia in linea di principio ammissibile, con la seconda questione deferita nel procedimento C‑257/04 il giudice del rinvio chiede se l’art. 7 della direttiva osti tuttavia a un siffatto accordo qualora l’importo pagato al lavoratore prima e dopo l’entrata in vigore dell’accordo sia rimasto invariato, in modo che l’accordo non ha determinato un compenso aggiuntivo, ma ha piuttosto comportato l’imputazione all’indennità per ferie di parte degli importi dovuti al lavoratore.
91. Nel caso in cui gli accordi in esame riguardanti l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione risultino illegittimi, con la seconda questione deferita nel procedimento C‑131/04 e con la terza questione deferita nel procedimento C‑257/04 il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’importo già versato conformemente all’accordo di cui trattasi possa imputarsi al residuo diritto, ai sensi dell’art. 7 della direttiva, al pagamento delle ferie annuali in questione.
1. Sulla necessità di un’indennità per ferie da corrispondere in aggiunta alla paga
a) Argomenti sostanziali delle parti
92. Il sig. Clarke, in qualità di ricorrente in una delle cause principali nel procedimento C‑257/04, ritiene che la normativa in vigore prima dell’agosto 2001 fosse incompatibile con la direttiva, in quanto l’indennità per ferie, vale a dire la relativa parte di retribuzione, non era individuabile. Poiché la convenuta interessata Frank Staddon, solo dopo la conclusione dell’accordo in questione riguardo all’indennità per ferie inclusa nella retribuzione ha iniziato a indicare separatamente sulle buste paga la parte relativa all’indennità per ferie rispetto alla retribuzione, ma ciò non ha comportato alcun aumento salariale, l’indicazione separata avrebbe coinciso con una riduzione della paga oraria.
93. La convenuta Frank Staddon, l’unica tra le convenute nella presente causa principale ad essere direttamente interessata da detta questione, non ha presentato osservazioni al riguardo.
94. Il governo del Regno Unito ritiene che spetti ai giudici nazionali accertare se il fatto che l’importo della retribuzione sia rimasto invariato prima e dopo l’indicazione separata dell’indennità per ferie costituisca un indizio del fatto che il lavoratore in realtà non percepisce alcuna indennità per ferie.
95. La Commissione ritiene che nel regime dell’indennità per ferie inclusa nella retribuzione il pagamento delle ferie annuali debba effettivamente essere aggiunto alla normale tariffa oraria (vale a dire quella applicata prima dell’accordo) sotto forma di una determinata percentuale o di un determinato importo.
96. La Repubblica irlandese ritiene che non sia necessario approfondire la questione in esame, in quanto considera il regime dell’indennità per ferie inclusa nella retribuzione in ogni caso incompatibile con il diritto comunitario.
b) Analisi giuridica
97. È d’uopo premettere che nella questione pregiudiziale sottoposta il giudice del rinvio a quanto pare non si riferisce alla data dell’indicazione separata dell’indennità per ferie, ma piuttosto all’entrata in vigore dell’accordo riguardante la stessa indennità per ferie inclusa nella retribuzione.
98. Allo scopo di consentire e di indurre il lavoratore a beneficiare delle ferie, l’applicazione dell’art. 7 della direttiva deve comportare effettivamente che l’indennità per ferie sia pagata in aggiunta alla paga versata per le ore di lavoro svolte. In linea di principio questo pagamento aggiuntivo può avvenire in modo da estinguere l’intero credito maturato in un’unica soluzione o in modo tale che la paga oraria, giornaliera o settimanale sia maggiorata dell’importo di volta in volta corrispondente. Quest’ultima operazione comporta che, dalla data dell’entrata in vigore di un accordo riguardante il pagamento delle ferie in forma «rolled up» – purché si consideri detto pagamento compatibile con l’art. 7, n. 1, della direttiva – si debba versare una paga maggiorata.
99. Quindi, se l’importo pagato al lavoratore prima e dopo l’entrata in vigore dell’accordo vincolante resta invariato, l’unico cambiamento operato dall’accordo risiede nel solo fatto che una parte dell’importo versato viene imputata al diritto alle ferie. Di conseguenza, è evidente che il datore di lavoro, dopo l’entrata in vigore dell’accordo, soddisfa solo in apparenza il diritto alle ferie retribuite. In tal modo, l’obiettivo di garantire un periodo minimo di ferie retribuite viene disatteso. Il lavoratore non disporrebbe proprio di quell’indennità per le ferie maturate che gli consenta di beneficiare effettivamente di dette ferie come tempo libero.
100. Nella causa Clarke/Staddon di cui al procedimento C‑257/04 era tuttavia già concordato nel contratto di lavoro che la paga comprendesse l’indennità per ferie. La quota esatta è stata stabilita a posteriori, con un ulteriore accordo. Il rischio di un adempimento fittizio non si configura in questi casi nella stessa misura, in quanto il compenso controverso è integrato sin dal primo accordo, ma viene indicato separatamente solo con la conclusione del secondo accordo.
101. Tuttavia, il problema che sorge in questo caso è quello della trasparenza. Se il lavoratore non è in grado di individuare quale importo della paga sia destinato a far fronte al suo mantenimento e quale a soddisfare il diritto alle ferie spettantigli, risulterà difficile, soprattutto per un lavoratore a basso reddito, accantonare effettivamente questa quota finanziaria – non individuabile – destinata alle ferie. In questo caso, quindi, l’assenza di trasparenza comporta l’effetto di trattenere i lavoratori dal beneficiare del periodo minimo di ferie annuali che spettano loro. Ciò vale a maggior ragione quando – come emerge dalla causa Caulfield e a./Marshalls Clay, sempre rientrante nel procedimento C‑257/04 – si prende in considerazione la paga maggiorata grazie all’indennità per ferie come base per calcolare anche il compenso relativo alle ore di lavoro straordinario. In tal modo la paga si presenta per il lavoratore come paga complessiva, e non (anche) come indennità per ferie.
102. Questa trasparenza – e l’idoneità a rendere il lavoratore consapevole dei suoi diritti, a essa legata (34) – è evidentemente assente anche quando dal contratto di lavoro non emerge che l’indennità per ferie è compresa nella retribuzione versata. Infatti, per il lavoratore, la situazione si presenta come se avesse solo diritto a ferie non retribuite.
2. Sulla questione dell’imputabilità di importi già pagati
a) Argomenti sostanziali delle parti
103. I ricorrenti nella causa principale di cui al procedimento C‑257/04 ritengono che si configuri una violazione del diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi dell’art. 7 della direttiva quando, in base a un accordo riguardante il pagamento delle ferie in forma «rolled up», importi già pagati vengono imputati al diritto alle ferie annuali retribuite.
104. Per contro, le convenute in queste cause principali ritengono che, anche se un accordo riguardante l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione fosse in contrasto con l’art. 7 della direttiva, gli importi già pagati dovrebbero poter essere conteggiati. In caso contrario il datore di lavoro dovrebbe versare, in conclusione, una duplice indennità per ferie.
105. Il governo del Regno Unito ritiene che non vi sia motivo di non prendere in considerazione la quota di retribuzione pagata relativa alle ferie, purché detta parte sia stata versata effettivamente in aggiunta alla paga. Dopo tutto, il lavoratore avrebbe avuto diritto a questo importo solo sotto il profilo del suo diritto alle ferie e le parti contraenti avrebbero, con ciò, inteso compensare il versamento dell’indennità per ferie.
106. Anche la Commissione ritiene che né lo spirito né la lettera dell’art. 7, n. 2, ostacolino una siffatta imputazione degli importi già pagati, purché il pagamento già avvenuto e compreso nella retribuzione sia stato versato effettivamente in aggiunta alla paga base. L’art. 7, n. 2, evidenzierebbe solo la primaria importanza dell’effettivo esercizio del diritto a ferie annuali garantite.
107. Per contro, il governo irlandese ritiene che un’imputazione degli importi già pagati violi il diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’art. 7.
b) Analisi giuridica
108. Anche la soluzione della presente questione dipende in maniera determinante dallo scopo perseguito dall’art. 7 della direttiva. L’obiettivo di poter effettivamente beneficiare di un periodo minimo di ferie annuali (35) è irraggiungibile a posteriori, vale a dire al momento del ricorso proposto dal lavoratore per il pagamento delle ferie spettantigli, in quanto ormai nella maggior parte dei casi l’anno di riferimento è trascorso. Quindi una condanna a posteriori del datore di lavoro a pagare (di nuovo) l’indennità per ferie, senza imputazione degli importi già versati, avrebbe esclusivamente carattere sanzionatorio.
109. Tuttavia, nell’interesse di una tutela giuridica efficace, potrebbe essere appropriato non riconoscere il pagamento a rate effettuato come indennità per ferie richiesta dall’art. 7 della direttiva, laddove il datore di lavoro abbia scelto un modello che non soddisfa il principio di trasparenza citato (36) per quanto riguarda la garanzia di un periodo minimo di ferie. Infatti, il rischio di dover pagare due volte potrebbe, a priori, far desistere i datori di lavoro dall’introdurre accordi illegittimi. Tuttavia un argomento sfavorevole a questa tesi è che il lavoratore otterrebbe tutt’al più un ulteriore incentivo economico a non beneficiare del periodo minimo di ferie che dev’essere concesso.
110. Sempre fatto salvo il rispetto della trasparenza necessaria, non si ravvisa quindi in quale misura l’art. 7 della direttiva possa ostare a un’imputazione degli importi già versati in adempimento di un accordo riguardante l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione.
V – Conclusione
111. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni deferitele come segue:
1. Nell’ambito della valutazione di clausole di contratti di lavoro individuali o collettivi riguardanti l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione, sulla base delle norme adottate per trasporre l’art. 7 della direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare in quale misura i lavoratori dispongano di una reale possibilità di godere effettivamente del periodo minimo di ferie annali spettante loro ai sensi dell’art. 7 della direttiva 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. Di norma, una siffatta possibilità è da escludersi quando l’accordo si limita a prevedere il pagamento del periodo minimo di ferie annuali congiuntamente al pagamento della paga base, senza disciplinare, neppure eventualmente in un ulteriore accordo, l’esercizio stesso del diritto alle ferie.
In ogni caso, un siffatto accordo non soddisfa i requisiti di cui all’art. 7 della direttiva 93/104/CE se non viene indicata in modo trasparente la quota esatta della paga destinata all’indennità per ferie ovvero se un’indicazione in tal senso avviene solo a posteriori, senza comportare un aumento della retribuzione complessiva.
2. Anche qualora un accordo riguardante l’indennità per ferie inclusa nella retribuzione non garantisca l’effettiva possibilità per il lavoratore di beneficiare delle ferie spettantigli, in contrasto con l’art. 7 della direttiva 93/104/CE, il detto articolo non esclude che importi, di cui si dimostri che sono stati versati e che fossero chiaramente riconoscibili dal lavoratore come indennità per ferie, siano imputati ad eventuali diritti del lavoratore.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – Direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18, in prosieguo: la «direttiva»).
3 – Employment Appeal Tribunal, causa Marshalls Clay Products/Caulfield, (2003) IRLR pag. 552.
4 – Inner House of the Court of Session, causa MPS Structure Ltd/Munro, (2003) IRLR pag. 350.
5 – In prosieguo per «indennità per ferie» si intende l’importo che funge da indennità nel periodo di ferie, senza in tal modo voler indicare che i diritti di ferie, in contrasto con l’art. 7, n. 2, della direttiva, siano stati compensati con un importo di denaro.
6 – Sentenze 6 dicembre 2001, causa C‑472/99, Clean Car Autoservice (Racc. pag. I‑9687, punto 13), e 7 gennaio 2003, causa C‑306/99, Banque internationale pour l’Afrique occidentale (BIAO) (Racc. pag. I‑1, punto 88).
7 – In ogni caso, secondo una giurisprudenza costante, la Corte tenta, ove necessario, di fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua decisione in merito alla controversia pendente. A questo riguardo v., per esempio, sentenze 4 luglio 2000, causa C‑424/97, Haim (Racc. pag. I‑5123, punto 58), e 12 settembre 2000, causa C‑366/98, Geffroy (Racc. pag. I‑6579, punto 20).
8 – Infatti dalle osservazioni dei due giudici del rinvio emerge che il giudice inglese, da un lato, e quello scozzese, dall’altro, hanno interpretato in modo diverso le disposizioni di recepimento riguardo agli accordi citati.
9 – Sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I-8835, punto 113). V. inoltre, inter alia, sentenze 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26); 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing (Racc. pag. I‑4135, punto 8), e 14 luglio 1994, causa C‑91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I‑3325, punto 26). V. anche sentenze 23 febbraio 1999, causa C‑63/97, BMW (Racc. pag. I‑905, punto 22); 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (Racc. pag. I‑4941, punto 30), e 23 ottobre 2003, causa C‑408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux (Racc. pag. I‑12537, punto 21).
10 – Sentenza Pfeiffer e a., loc. cit., punto 117.
11 – V. anche sentenza Pfeiffer e a., loc. cit., punto 114: «L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale è inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie quando risolve la controversia ad esso sottoposta».
12 – Unitamente alla quarta questione deferita nella causa C‑257/04, che va trattata con le dette questioni.
13 – Racc. pag. I‑4881.
14 – Ibidem, punto 34.
15 – Ibidem, punto 35.
16 – V. anche punto 43: «Da quanto precede discende che il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario (…)». V. altresì sentenza 18 marzo 2004, causa C‑342/01, Merino Gómez (Racc. pag. I‑2605, punto 31): «L’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 (…) deve intendersi nel senso che le modalità di applicazione nazionali devono comunque rispettare il diritto a ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane».
17 – V. sentenza Merino Gómez, loc. cit., punto 30.
18 – Inoltre l’art. 7, n. 2, della direttiva 93/104 chiarisce che il diritto al periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità finanziaria.
19 – Citata alla nota 13, punto 41.
20 – Ibidem.
21 – Ibidem, punto 37.
22 – L’ottavo ‘considerando’, che riveste particolare interesse, recita, per estratto: «al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori della Comunità, questi ultimi devono beneficiare di periodi minimi di riposo - giornaliero, settimanale e annuale - e di adeguati periodi di pausa (…)».
23 – Sentenza 9 settembre 2003, causa C‑151/02, Jaeger (Racc. pag. I‑8389, punto 70).
24 – V. supra, paragrafi 46 e segg.
25 – Sentenza Jaeger (citata alla nota 23), punto 92.
26 – Per quanto riguarda questo principio della trasparenza, v. anche, infra, le considerazioni in merito alla seconda questione pregiudiziale deferita nella causa C‑257/04, paragrafi 101 e segg.
27 – A differenza di quanto ritenuto dalle convenute nelle cause principali e delle osservazioni presentate nella fase orale dal governo olandese, che senz'altro aveva in mente un’altra causa pendente (causa C-124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging/Paesi Bassi), nei casi di specie si tratta solo della questione relativa a un’interpretazione conforme alla direttiva del diritto nazionale – e non della questione se un recepimento corretto della direttiva 93/104 dovesse contenere un obbligo per i lavoratori di beneficiare delle ferie, eventualmente volto al riposo. La problematica sotto il profilo del diritto comunitario, per quanto riguarda l’indennità per ferie contrattualmente inclusa nella retribuzione, non risiede nel fatto che il lavoratore non è tenuto a prendere effettivamente le ferie, bensì nel fatto che riceve un incentivo di natura finanziaria a non esercitare il «diritto a periodi di riposo» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva.
28 – Sentenza BECTU (citata alla nota 13, punto 43) nonché sentenza nella causa C‑342/01 (citata alla nota 16, punto 29).
29 – V., a questo riguardo, artt. 17 e 18 della direttiva.
30 – V., a questo riguardo, sentenze BECTU (citata alla nota 13, punto 59), e Jaeger (citata alla nota 23, punto 67).
31 – Sentenza BECTU (citata alla nota 13, punto 60), con riferimenti alla sentenza 12 novembre 1996, causa C‑84/94, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. I‑5755, punto 44).
32 – Pertanto le considerazioni di cui ai paragrafi 85-87 non riguardano l’impiego, eventualmente con turni, di un lavoratore temporaneo come nella causa C‑131/04.
33 – In diversi Stati membri la difficoltà illustrata è stata risolta con l’istituzione di casse per le indennità ferie salariali. Nel regime belga e francese delle Caisses de congés payés i datori di lavoro versano contributi alla relativa cassa, che a sua volta si fa carico di versare l'indennità per le ferie annuali, per cui il datore di lavoro versa solo la quota relativa alla retribuzione per le ferie annuali che il lavoratore ha maturato nei suoi confronti, mentre il lavoratore percepisce l’indennità all’epoca delle ferie. Analoga funzione sembra svolgere la Urlaubs- und Lohnausgleichskasse der Bauwirtschaft esistente in Germania, dove però il diritto all’indennità per ferie è acquisito innanzi tutto nei confronti del datore di lavoro.
34 – V., a questo riguardo, supra, paragrafo 78.
35 – V. supra, pagarafo 55.
36 – V. supra, paragrafi 101 e segg.