1. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Potere discrezionale delle istituzioni
2. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Margine di dumping
(Regolamento del Consiglio n. 384/96, artt. 2, n. 3, 6, n. 8, e 18)
3. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Danno
(Regolamento del Consiglio n. 384/96, artt. 6, nn. 2 e 8, 16 e 18)
4. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Inchiesta — Rispetto dei diritti della difesa
(Regolamento del Consiglio n. 384/96, art. 20)
5. Politica commerciale comune — Difesa contro le pratiche di dumping — Inchiesta — Potere discrezionale della Commissione
(Regolamento del Consiglio n. 384/96, art. 6, n. 2)
1. Nell’ambito delle misure di protezione commerciale le istituzioni comunitarie godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare.
Ne risulta che il controllo del giudice comunitario sulle valutazioni delle istituzioni dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di un manifesto errore di valutazione di tali fatti ovvero dell’assenza di uno sviamento di potere.
(v. punti 61-62)
2. Il rispetto nei procedimenti amministrativi delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico comunitario è tanto più di fondamentale importanza quanto più le istituzioni comunitarie dispongano di un ampio potere discrezionale. Tra le dette garanzie si annoverano, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, il diritto dell’interessato di far conoscere il proprio punto di vista e il suo diritto a una decisione sufficientemente motivata.
In tale contesto, se è vero che, nel settore delle misure di protezione commerciale e, segnatamente, delle misure antidumping, il giudice comunitario non può intervenire nella valutazione riservata alle autorità comunitarie, spetta nondimeno al detto giudice assicurarsi che le istituzioni abbiano tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti e che abbiano valutato gli elementi versati agli atti con tutta la diligenza richiesta perché si possa affermare che il valore normale costruito è stato determinato in modo ragionevole. A questo proposito, dalla formulazione dell’art. 2, n. 3, del regolamento antidumping di base n. 384/96 emerge chiaramente che ciascuno dei metodi di calcolo del valore normale costruito ivi enumerati va applicato in modo da garantire la ragionevolezza del calcolo medesimo, assunto peraltro esplicitamente formulato nel detto n. 3.
Da tali obblighi di diligenza e di esame accurato ed imparziale di tutte le circostanze pertinenti discende che – fatto salvo un difetto di cooperazione ai sensi dell’art. 18 del regolamento di base – le istituzioni, qualora non possano ragionevolmente ritenersi in possesso di informazioni sufficienti su una questione nondimeno direttamente rilevante per la determinazione del valore normale, sono tenute a segnalarlo chiaramente all’operatore interessato. Tale obbligo trova riscontro nell’obbligo, previsto dall’art. 6, n. 8, del regolamento di base, di verificare, per quanto possibile, l’esattezza delle informazioni fornite dalle parti interessate e sulle quali si fondano le conclusioni delle istituzioni.
Ne consegue che la Commissione e il Consiglio hanno violato l’obbligo ad essi incombente di procedere ad un esame diligente nonché quello di determinare il valore normale in modo ragionevole, dal momento che, in primo luogo, la Commissione ha commesso, nella fase iniziale della procedura antidumping, un manifesto errore di valutazione dei termini di una risposta fornita dall’impresa coinvolta nel procedimento antidumping, ritenendo che i costi di produzione dei sottoprodotti del prodotto di cui trattavasi non dovessero essere detratti dai costi di produzione di quest’ultimo in quanto sarebbero stati direttamente imputati ai detti sottoprodotti; che, in secondo luogo, la Commissione non ha segnalato la contraddizione tra i dati numerici forniti dall’impresa ed il trattamento che essa intendeva applicare ai costi dei sottoprodotti; e che, in terzo luogo, la Commissione e il Consiglio hanno mantenuto, nella proposta di regolamento definitivo e nel regolamento definitivo, questo stesso trattamento per i detti costi, rifiutando di riesaminare accuratamente tale questione controversa.
(v. punti 63-64, 77-78, 85, 94, 96, 101, 108, 128, 130)
3. Benché, nel contesto del regolamento antidumping di base n. 384/96, spetti alla Commissione, in quanto autorità investigatrice, stabilire se il prodotto considerato nel procedimento antidumping costituisca oggetto di dumping e dia luogo a un pregiudizio quando viene immesso in libera pratica nella Comunità, e dunque la detta istituzione non possa, in tale contesto, liberarsi dell’onere della prova che le incombe al riguardo addossandolo a una parte, ciò non toglie che il regolamento di base non conferisce alla Commissione alcun potere di indagine che le consenta di costringere i produttori o esportatori oggetto di una denuncia a partecipare all’inchiesta o a fornire informazioni. Stanti tali premesse, il Consiglio e la Commissione dipendono dalla cooperazione volontaria delle parti perché queste forniscano loro le informazioni necessarie entro i termini impartiti. In tale contesto, le risposte delle parti suddette al questionario previsto dall’art. 6, n. 2, del regolamento di base, nonché la successiva verifica cui la Commissione può procedere in loco, ai sensi dell’art. 16 del medesimo regolamento, sono essenziali per lo svolgimento della procedura antidumping. Il rischio che, in caso di mancata cooperazione delle imprese oggetto dell’inchiesta, le istituzioni prendano in considerazione dati diversi da quelli forniti in risposta al questionario è inerente alla procedura antidumping e mira ad incoraggiare la cooperazione leale e diligente di tali imprese.
Pertanto, sebbene la Commissione sia tenuta a verificare, per quanto possibile, l’esattezza delle informazioni fornite dalle parti interessate e sulle quali si basano le sue conclusioni, tale obbligo presuppone che le parti suddette cooperino con la detta istituzione, ai sensi dell’art. 18 del regolamento di base. Infatti, ai sensi di quest’ultima disposizione, qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati dal regolamento di base oppure ostacoli in modo significativo l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, positive o negative, in base ai dati disponibili. Lo stesso vale qualora si constati che una parte interessata ha fornito informazioni false o fuorvianti.
(v. punti 65, 87)
4. Per interpretare le disposizioni del regolamento antidumping di base n. 384/96 relative all’informazione delle parti interessate, deve tenersi conto, in particolare, dei vincoli derivanti dal rispetto dei diritti della difesa. Infatti, tali vincoli si impongono non solo nell’ambito dei procedimenti che possono concludersi con l’irrogazione di sanzioni, ma anche nei procedimenti d’inchiesta che preludono all’adozione di regolamenti antidumping, i quali possono riguardare le imprese interessate direttamente ed individualmente e comportare per esse conseguenze sfavorevoli.
(v. punto 66)
5. Benché la fissazione di termini per la trasmissione alle istituzioni, da parte delle imprese interessate da un procedimento antidumping, di risposte e di informazioni sia giustificata dalle esigenze di buon svolgimento della procedura stessa entro i termini previsti nel regolamento antidumping di base n. 384/96, le istituzioni godono di un potere discrezionale assai ampio quanto all’opportunità di prendere in considerazione risposte ed informazioni che siano state loro trasmesse tardivamente. Tale presa in considerazione di informazioni tardive non può essere considerata irregolare, nella misura in cui non comporti un rischio di lesione dei diritti procedurali delle altre parti e non abbia come effetto di prolungare indebitamente la procedura.
(v. punto 67)