SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

8 luglio 2008 ( *1 )

«Concorrenza — Intese — Mercato del cartongesso — Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE — Infrazione unica e continuata — Recidiva — Ammenda — Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende — Comunicazione sulla cooperazione»

Nella causa T-53/03,

BPB plc, con sede in Slough (Regno Unito), rappresentata dai sigg. T. Sharpe, QC, e A. Nourry, solicitor,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. F. Castillo de la Torre, in qualità di agente, assistito dal sig. J. Flynn, QC, e dalla sig.ra C. Kilroy, barrister,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda diretta all’annullamento parziale della decisione della Commissione 27 novembre 2002, 2005/471/CE, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] nei confronti di BPB PLC, Gebrüder Knauf Westdeutsche Gipswerke KG, Société Lafarge SA e Gyproc Benelux NV (Caso COMP/E-1/37.152 — Cartongesso) (GU 2005, L 166, pag. 8) o, in subordine, una domanda diretta all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. O. Czúcz, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all’origine della controversia

1

La BPB plc produce e vende materiali edili a base di gesso.

2

Sulla base delle informazioni di cui era venuta a conoscenza, il 25 novembre 1998 la Commissione ha effettuato accertamenti improvvisi presso otto imprese operanti nel settore del cartongesso, tra le quali la ricorrente. Il 1o luglio 1999 essa ha esteso le indagini a due altre imprese.

3

Successivamente, ai sensi dell’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17: Primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), la Commissione ha rivolto una serie di richieste di informazioni alle diverse imprese interessate, inviandone quattro alla ricorrente. Le risposte della BPB sono pervenute il 17 marzo 1999, il 28 ottobre 1999, il 18 maggio 2000 e il 6 settembre 2002.

4

Il 18 aprile 2001 la Commissione ha avviato il procedimento oggetto della presente causa ed ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti della ricorrente nonché delle imprese Gebrüder Knauf Westdeutsche Gipswerke KG (in prosieguo: la «Knauf»), Société Lafarge SA (in prosieguo: la «Lafarge»), Etex SA e Gyproc Benelux NV (in prosieguo: la «Gyproc»). Le imprese interessate hanno presentato le proprie osservazioni scritte ed hanno avuto accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nella forma di una copia su CD-ROM ad esse inviata il 17 maggio 2001.

5

La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti l’8 luglio 2001.

6

Il 27 novembre 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2005/471/CE, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] nei confronti di BPB, Knauf, Lafarge e Gyproc (Caso COMP/E-1/37.152 — Cartongesso) (GU 2005, L 166, pag. 8; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

7

Il dispositivo della decisione impugnata stabilisce quanto segue:

«Articolo 1

BPB (…), il gruppo Knauf, (…) Lafarge (…) e Gyproc (…) hanno violato l’articolo 81, paragrafo 1, [CE] prendendo parte ad un insieme di accordi e di pratiche concordate nel settore del cartongesso.

L’infrazione ha avuto la seguente durata:

a)

BPB (…): dal 31 marzo 1992, al più tardi, al 25 novembre 1998;

b)

[il gruppo] Knauf: dal 31 marzo 1992, al più tardi, al 25 novembre 1998;

c)

(…) Lafarge (…): dal 31 agosto 1992, al più tardi, al 25 novembre 1998;

d)

Gyproc (…): dal 6 giugno 1996, al più tardi, al 25 novembre 1998.

(…)

Articolo 3

Per l’infrazione di cui all’art. 1, alle seguenti imprese vengono inflitte le ammende qui di seguito indicate:

a)

BPB (…): 138,6 milioni di EUR;

b)

(…) Knauf (…): 85,8 milioni di EUR;

c)

(…) Lafarge (…): 249,6 milioni di EUR;

d)

Gyproc (…): 4,32 milioni di EUR

(…)».

8

Nella decisione impugnata, la Commissione sostiene che le imprese di cui trattasi hanno partecipato a un’infrazione unica e continuata che si è manifestata attraverso i comportamenti qui di seguito indicati, costitutivi di accordi o di pratiche concordate:

i rappresentanti della BPB e della Knauf si sono incontrati a Londra (Regno Unito) nel 1992 ed hanno espresso la volontà comune di stabilizzare i mercati del cartongesso in Germania, nel Regno Unito, in Francia e nel Benelux;

i rappresentanti della BPB e della Knauf hanno organizzato, a partire dal 1992, sistemi di scambio di informazioni, ai quali hanno aderito la Lafarge e, in seguito, la Gyproc, relativamente ai volumi di vendite sul mercato tedesco, francese, britannico e del Benelux;

i rappresentanti della BPB, della Knauf e della Lafarge, in svariate occasioni, si sono scambiati informazioni in anticipo sugli aumenti dei prezzi nel mercato del Regno Unito;

in considerazione di particolari sviluppi nel mercato tedesco, i rappresentanti della BPB, della Knauf, della Lafarge e della Gyproc si sono incontrati a Versailles (Francia) nel 1996, a Bruxelles (Belgio) nel 1997 e all’Aia (Paesi Bassi) nel 1998, al fine di ripartirsi o almeno di stabilizzare il mercato tedesco;

i rappresentanti della BPB, della Knauf, della Lafarge e della Gyproc si sono scambiati informazioni in svariate occasioni e si sono accordati per aumentare i prezzi nel mercato tedesco tra il 1996 e il 1998.

9

Ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, la Commissione ha applicato il metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»).

10

Per stabilire l’importo di base delle ammende, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha innanzitutto considerato che le imprese interessate avevano commesso un’infrazione molto grave per sua stessa natura, dal momento che le pratiche in esame avevano avuto lo scopo di porre fine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare il mercato attraverso lo scambio di informazioni riservate. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che le suddette pratiche avessero avuto un impatto sul mercato, in quanto le imprese interessate rappresentavano la quasi totalità dell’offerta di cartongesso e le diverse manifestazioni dell’intesa erano state messe in atto su di un mercato molto concentrato e oligopolistico. Per quanto riguarda l’estensione del mercato geografico interessato, la Commissione ha ritenuto che l’intesa avesse coperto i quattro principali mercati in seno alla Comunità europea, ossia la Germania, il Regno Unito, la Francia e il Benelux.

11

Considerando poi che vi fosse una notevole disparità fra le imprese interessate, la Commissione ha effettuato un trattamento differenziato basandosi a tal fine sul fatturato ricavato dalla vendita del prodotto in oggetto sui mercati interessati durante tutto l’ultimo anno in cui l’infrazione ha avuto luogo. Su questa base, l’importo di partenza delle ammende è stato fissato a EUR 80 milioni per la BPB, EUR 52 milioni per la Knauf e per la Lafarge, e EUR 8 milioni per la Gyproc.

12

Al fine di garantire un effetto sufficientemente deterrente dell’ammenda inflitta, in considerazione della dimensione e delle risorse complessive delle imprese, l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla Lafarge è stato aumentato del 100%, giungendo a EUR 104 milioni.

13

Al fine di tener conto della durata dell’infrazione, l’importo di partenza è stato poi aumentato del 65% per la BPB e per la Knauf, del 60% per la Lafarge e del 20% per la Gyproc: nel caso della Knauf, della Lafarge e della BPB la Commissione ha qualificato l’infrazione come infrazione di lunga durata e nel caso della Gyproc come infrazione di durata media.

14

Quanto alle circostanze aggravanti, l’importo iniziale delle ammende inflitte alla BPB e alla Lafarge è stato aumentato del 50% a titolo di recidiva.

15

Inoltre, la Commissione ha ridotto del 25% l’ammenda comminata alla Gyproc a titolo di circostanze attenuanti, in quanto essa era stata un elemento destabilizzante che aveva contribuito a limitare gli effetti dell’accordo nel mercato tedesco e non era stata presente nel mercato del Regno Unito.

16

Infine, la Commissione ha ridotto del 30% l’importo dell’ammenda inflitta alla BPB e del 40% quello dell’ammenda inflitta alla Gyproc, in applicazione della sezione D, n. 2, della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»). Di conseguenza, l’importo finale delle ammende inflitte era di EUR 138,6 milioni per la BPB, EUR 85,8 milioni per la Knauf, EUR 249,6 milioni per la Lafarge e EUR 4,32 milioni per la Gyproc.

Procedimento e conclusioni delle parti

17

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 febbraio 2003, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

18

Poiché con l’inizio del nuovo anno giudiziario la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione alla quale, di conseguenza, la presente causa è stata attribuita.

19

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e posto loro per iscritto una serie di quesiti ai quali esse hanno risposto entro il termine impartito.

20

Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale sono state ascoltate nel corso dell’udienza svoltasi il 24 gennaio 2007.

21

Nel corso dell’udienza il Tribunale ha chiesto alla ricorrente di precisare la sua domanda di riservatezza entro il 7 febbraio 2007. È stato inoltre accordato un termine alla Commissione per presentare eventuali osservazioni sulla risposta della ricorrente riguardo alle informazioni riservate.

22

La fase orale del procedimento è stata chiusa il 27 marzo 2007.

23

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata nella parte in cui la riguardano;

in subordine, annullare l’art. 3 della decisione impugnata nella parte in cui la riguarda o, a titolo di ulteriore subordine, ridurre adeguatamente l’importo dell’ammenda che la Commissione le ha inflitto nella decisione impugnata;

dietro riserva dell’annullamento dell’art. 3 della decisione impugnata o della riduzione dell’importo dell’ammenda, ordinare il rimborso della somma da essa pagata a titolo principale, maggiorata degli interessi stabiliti dal Tribunale in base alle disposizioni di legge in vigore;

condannare la Commissione alle spese.

24

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

1. Il primo motivo: violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

25

La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i diritti della difesa nonché il principio generale di parità delle armi, in quanto si è basata su elementi di prova che non le ha comunicato.

26

In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non le ha consentito di accedere alle informazioni fornite da un informatore anonimo. A suo dire, tali informazioni sono state utilizzate dalla Commissione il 19 novembre 1998 per ottenere un mandato di perquisizione presso un tribunale del Regno Unito. La ricorrente sostiene inoltre che dall’affidavit depositato in allegato alla richiesta del mandato di perquisizione emerge che la Commissione considerava tali informazioni convincenti. Secondo la ricorrente, il fatto che la Commissione fosse persuasa dell’esistenza di un’intesa complessa ne ha influenzato l’interpretazione dell’insieme di fatti e prove.

27

In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la Commissione avrebbe dovuto consentire l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti. La Commissione si sarebbe basata su tali risposte più volte nella decisione impugnata per la valutazione dei fatti e la gestione delle prove.

28

La Commissione sostiene che l’obbligo di rispettare i diritti della difesa non le impone di divulgare l’insieme del proprio fascicolo alle imprese interessate, compromettendo in tal modo l’eventuale riservatezza degli elementi in esso contenuti. Essa non sarebbe affatto tenuta a far sapere al destinatario di una comunicazione degli addebiti quali sono i documenti a carico su cui essa non intende far leva. Nel caso di specie, la Commissione avrebbe formulato le sue conclusioni solo sulla base delle prove a sua disposizione che sarebbero descritte nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata.

29

La Commissione nega che i diritti della difesa della ricorrente siano stati violati perché non le è stato possibile venire a conoscenza delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti. La Commissione fa valere che se, dopo l’adozione della comunicazione degli addebiti, essa scopre nuovi elementi che intende utilizzare e a proposito dei quali le imprese non hanno avuto occasione di far conoscere il loro punto di vista, dovrà inviare una comunicazione degli addebiti complementare oppure una lettera invitando le imprese interessate a formulare osservazioni aggiuntive su questi nuovi elementi di prova. Se omettesse di procedere a tale invio, non potrebbe far valere i suddetti elementi contro i destinatari della comunicazione degli addebiti iniziale.

30

Nel caso di specie, tutti gli esempi forniti dalla ricorrente riguardavano affermazioni già contenute nella comunicazione degli addebiti e che quindi sono state ammesse o contestate e a proposito delle quali la ricorrente ha potuto far conoscere il proprio punto di vista. Nessuna di queste dichiarazioni conterrebbe nuove censure o informazioni relative a fatti nuovi su cui la Commissione si sarebbe basata per formulare le proprie conclusioni.

Giudizio del Tribunale

31

Occorre in primo luogo ricordare che l’accesso al fascicolo nelle cause in materia di concorrenza ha per oggetto in particolare di consentire ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché possano pronunciarsi in maniera efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui la Commissione è pervenuta nella comunicazione degli addebiti. L’accesso al fascicolo rientra così tra le garanzie procedurali dirette a garantire i diritti della difesa e ad assicurare, in particolare, l’effettivo esercizio del diritto di essere sentiti (v. sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T-191/98 e da T-212/98 a T-214/98, Atlantic Container Line e a./Commissione, Racc. pag. II-3275, punto 334, e giurisprudenza ivi citata).

32

Per quanto riguarda gli elementi a carico, l’obbligo di accesso al fascicolo riguarda soltanto gli elementi che sono stati effettivamente considerati nella decisione e non tutti gli addebiti che la Commissione avrebbe eventualmente potuto formulare ad uno stadio qualsiasi del procedimento amministrativo (sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, cit. supra, al punto 31, punto 337). Difatti, un documento può essere considerato documento a carico nei confronti di una ricorrente solo qualora la Commissione se ne sia avvalsa per constatare un’infrazione alla quale detta ricorrente avrebbe preso parte (sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491; in prosieguo: la «sentenza Cemento», punto 284).

33

Inoltre, la ricorrente non può pretendere, in maniera generale e astratta, l’accesso ai documenti o alle informazioni che non le sono stati comunicati senza precisare perché gli elementi a carico considerati dalla Commissione nella decisione impugnata sarebbero stati determinati dai suddetti elementi o informazioni. Infatti, secondo la giurisprudenza, un’argomentazione di natura generale non permette di accertare l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa che va, al contrario, esaminata in relazione alle circostanze specifiche del caso di specie (sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, cit. supra, al punto 31, punti 353 e 354).

34

Nel presente caso, trattandosi di informazioni fornite dall’informatore anonimo, la Commissione non ha negato che esse abbiano costituito un elemento che ha dato l’avvio alle indagini. Orbene, come emerge dalla decisione impugnata, tali informazioni non sono però state riprese alla lettera dalla Commissione e le censure considerate sono state dimostrate sulla base di altri elementi di prova.

35

Né la ricorrente ha indicato alcuna censura, nella comunicazione degli addebiti o nella decisione impugnata, che sarebbe basata esclusivamente su informazioni fornite dall’informatore anonimo e alle quali essa non avrebbe potuto accedere.

36

Inoltre, anche se la Commissione ha l’obbligo di rendere accessibile alle imprese implicate in un procedimento ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE tutta la documentazione a carico ed a favore da essa raccolta nel corso dell’indagine, tale obbligo non si estende ai segreti aziendali di altre imprese, ai documenti interni della Commissione e alle altre informazioni riservate (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I-123, punto 68, e sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, cit. supra, al punto 31, punto 335). Per esempio, come sottolineato dalla Commissione, nel caso di informazioni fornite in via del tutto volontaria, ma accompagnate dalla richiesta di riservatezza diretta a tutelare l’anonimato dell’informatore, l’istituzione che accetta di ricevere queste informazioni deve rispettare tale condizione (sentenza della Corte 7 novembre 1985, causa 145/83, Adams/Commissione, Racc. pag. 3539, punto 34). Infatti, la capacità della Commissione di garantire l’anonimato a talune delle sue fonti informative riveste una cruciale importanza nella prospettiva di una prevenzione e di una repressione efficaci delle pratiche anticoncorrenziali vietate (sentenza della Corte 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I-9011, punto 64).

37

Di conseguenza, una procedura avviata sulla base di informazioni di cui non viene rivelata l’origine è regolare qualora non sia pregiudicata la possibilità, per il soggetto interessato, di far conoscere il suo punto di vista sulla realtà o sulla portata dei fatti, sui documenti comunicati o sulle conclusioni che ne trae la Commissione (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 14).

38

Tenuto conto dell’obbligo di garantire la riservatezza delle informazioni nonché del fatto che la ricorrente non ha indicato alcuna censura, nella comunicazione degli addebiti o nella decisione impugnata, che sarebbe basata su elementi ai quali essa non avrebbe avuto accesso, essa non può accusare la Commissione di aver violato i diritti della difesa e il principio generale della parità delle armi sostenendo che quest’ultima non le ha dato accesso alle informazioni fornite dall’informatore anonimo.

39

Per quel che riguarda l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, è pacifico che la ricorrente non ha avuto accesso ad esse durante la procedura amministrativa.

40

In primo luogo, per quanto riguarda la mancata comunicazione di presunti elementi a carico non figuranti nel fascicolo istruttorio, il Tribunale ricorda che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario che dev’essere osservato in ogni circostanza, specie nei procedimenti che possono dar luogo a sanzioni, anche di carattere amministrativo. Esso esige che le imprese e le associazioni di imprese interessate siano state messe in grado, durante la procedura amministrativa, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti, delle censure e delle circostanze allegate dalla Commissione (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit. supra, al punto 37, punto 11, e sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 39).

41

Va poi ricordato che, qualora la Commissione intenda basarsi su un brano di una risposta ad una comunicazione degli addebiti o su un documento allegato a tale risposta per dimostrare l’esistenza di un’infrazione in un procedimento di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, le altre imprese coinvolte in tale procedimento devono essere messe in grado di pronunciarsi riguardo al suddetto elemento di prova. In circostanze del genere, il detto brano di una risposta alla comunicazione degli addebiti o il documento allegato a tale risposta costituiscono in effetti un elemento a carico nei confronti delle diverse imprese che avrebbero partecipato all’infrazione (v. sentenze del Tribunale Cemento, cit. supra, al punto 32, punto 386, e 27 settembre 2006, causa T-314/01, Avebe/Commissione, Racc. pag. II-3085, punto 50, e la giurisprudenza ivi citata).

42

Infatti, un documento può essere considerato come prova a carico soltanto quando è utilizzato dalla Commissione a sostegno dell’accertamento di un’infrazione commessa da un’impresa. Al fine di provare una violazione dei diritti della difesa nei suoi confronti, non è sufficiente che l’impresa interessata dimostri che essa non si è potuta pronunciare nel corso del procedimento amministrativo su un documento utilizzato in un qualsiasi punto della decisione impugnata. Occorre che essa dimostri che la Commissione ha utilizzato tale documento, nella decisione impugnata, come elemento probatorio di un’infrazione alla quale l’impresa avrebbe partecipato (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, cause riunite T-44/02 OP, T-54/02 OP, T-56/02 OP, T-60/02 OP e T-61/02 OP, Dresdner Bank e a./Commissione, Racc. pag. II-3567, punto 158).

43

Poiché i documenti non comunicati alle imprese interessate durante il procedimento amministrativo non costituiscono mezzi di prova opponibili, nel caso in cui si accerti che la Commissione nella sua decisione si è basata su documenti non inclusi nel fascicolo istruttorio e che non sono stati comunicati ai ricorrenti, tali documenti non dovranno essere utilizzati come mezzi di prova (sentenza Cemento, cit. supra, al punto 32, punto 382).

44

In presenza di altre prove documentali, di cui le parti hanno preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengono specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficia la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 72).

45

All’impresa interessata spetta quindi dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 73).

46

Nel caso di specie, la BPB si limita a citare i punti 130, 232, 393 e 524 della decisione impugnata per spiegare che la Commissione si sarebbe basata sulle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti per l’accertamento degli elementi a carico.

47

Per quanto riguarda i suddetti esempi, occorre rilevare che, al punto 524 della decisione impugnata, la Commissione si limita a citare l’affermazione che la Gyproc ha espresso nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e secondo la quale la sua partecipazione aveva avuto un’intensità diversa. Tale elemento, infatti, non è stato affatto utilizzato contro la BPB.

48

Quanto al punto 130 della decisione impugnata, si tratta di un estratto della risposta della Lafarge alla comunicazione degli addebiti, secondo la quale la BPB avrebbe istigato un sistema di scambi di informazioni. Orbene, la Commissione non utilizza mai nella decisione impugnata questa affermazione della Lafarge per dimostrare che la BPB sarebbe stata l’istigatrice di tale sistema. Del pari, l’ammenda della BPB non è stata aumentata a causa del fatto che essa avrebbe istigato l’intesa. Inoltre, come emerge dall’esame del secondo motivo qui di seguito discusso, la BPB ha ammesso di aver violato il diritto della concorrenza partecipando allo scambio dei dati relativi al fatturato realizzato sui quattro mercati interessati.

49

Qui di seguito viene riportato il tenore del punto 232 della decisione impugnata, ossia l’interpretazione che la Gyproc ha fatto nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti della nota e delle dichiarazioni del sig. [E], amministratore delegato della Gyproc:

«Gyproc si è poi pronunciata ulteriormente a proposito della nota e delle dichiarazioni comunque esplicite del sig. [E], affermando che “il cosiddetto accordo di Versailles non è stato che un tentativo e non è mai stato messo effettivamente in atto”, e che “non vi è mai stato un vero e proprio concorso di volontà fra i partecipanti, e tanto meno da parte di Gyproc, riguardo a tutte le modalità della ripartizione del mercato tedesco. Infatti, le [imprese interessate] non si sono mai accordate riguardo alla quota di mercato precisa che sarebbe spettata a Gyproc (…). Gyproc pertanto ha fatto fallire il tentativo di conclusione di un accordo a quattro”».

50

Orbene, come la Commissione ha osservato al punto 233 della decisione impugnata, le dichiarazioni della Gyproc, aventi in linea di principio un valore probatorio minore rispetto alla nota in precedenza citata e alle dichiarazioni volontarie del sig. [E], non inficiano il contenuto né l’obiettivo delle discussioni che si sono svolte, ma semmai solo il loro risultato. Occorre inoltre ricordare che la BPB ha ammesso l’esistenza della riunione di Versailles e il fatto che l’obiettivo di tale riunione era quello di discutere la situazione esistente sul mercato tedesco.

51

Va inoltre sottolineato che la Commissione si è limitata a concludere che le imprese interessate si erano incontrate a Versailles nel 1996, a Bruxelles nel 1997 e all’Aia nel 1998 al fine di ripartirsi o per lo meno di stabilizzare il mercato tedesco, ma non ha sostenuto che esse fossero riuscite a concludere un accordo sull’attribuzione di quote del mercato tedesco.

52

Pertanto, anche se l’interpretazione della nota e delle dichiarazioni del sig. [E] fatta dalla Gyproc e riprodotta al punto 232 della decisione impugnata fosse respinta, questo non influirebbe sulle valutazioni che la Commissione ha compiuto nella decisione stessa.

53

Di conseguenza, il risultato cui la Commissione è pervenuta nella decisione impugnata non sarebbe stato diverso se gli estratti delle risposte della Gyproc e della Lafarge alla comunicazione degli addebiti menzionate dalla BPB fossero stati eliminati dal fascicolo.

54

Infine, dal punto 393 della decisione impugnata emerge che la Gyproc ha riconosciuto la descrizione dei fatti operata dalla Commissione riguardo agli aumenti dei prezzi sul mercato tedesco. Si tratta in effetti di un elemento di cui la Commissione si è avvalsa per corroborare la sua tesi relativa all’esistenza di un accordo sugli aumenti dei prezzi sul mercato tedesco, circostanza negata dalla BPB. Occorre quindi non tener conto di tale elemento come prova ed esaminare qui di seguito, per quanto riguarda la BPB, se la Commissione abbia dimostrato a sufficienza che la BPB, la Knauf, la Lafarge e la Gyproc si erano più volte informate reciprocamente e si erano accordate riguardo all’applicazione degli aumenti dei prezzi sul mercato tedesco tra il 1996 e il 1998.

55

In secondo luogo, riguardo al problema di accertare se le risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti potessero contenere elementi a discarico, la ricorrente non ha dedotto alcun argomento in tal senso nel suo ricorso.

56

Rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale che le chiedeva di indicare in quali punti del ricorso venisse sollevato un motivo riguardante la violazione dei diritti della difesa a proposito degli elementi a discarico, la ricorrente si è limitata a richiamare i punti 75-120 del ricorso. Orbene, in questi punti essa non afferma affatto che nelle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti potevano esservi elementi a discarico di cui essa si sarebbe potuta servire per la propria difesa. Pertanto, gli argomenti della ricorrente relativi al fatto che le risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti avrebbero potuto contenere elementi a discarico vanno respinti.

57

Da quanto precede deriva che il primo motivo va respinto, fatta salva l’incidenza eventuale della omessa presa in considerazione delle dichiarazioni della Gyproc, contenute nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e menzionate dalla Commissione al punto 393 della decisione impugnata, che impone di procedere all’esame del secondo motivo, riguardante la contestazione delle osservazioni effettuate dalla Commissione in merito agli scambi di dati sugli aumenti dei prezzi in Germania.

58

Inoltre, e ad abundantiam, il Tribunale esaminerà qui di seguito il merito della causa eliminando tutti gli elementi a carico attinenti alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, al fine di verificare se la valutazione compiuta dalla Commissione riguardo all’esistenza e agli effetti dell’infrazione sia stata dimostrata a sufficienza anche in assenza dei suddetti elementi controversi.

2. Il secondo motivo: errori manifesti e/o insufficiente motivazione riguardo all’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE

Il livello di prova

Argomenti delle parti

59

La ricorrente sostiene che, nelle cause sfociate nell’imposizione di un’ammenda elevata, la regola imposta in materia di prova è analoga a quella di un procedimento penale. Al riguardo, essa afferma che l’onere della prova incombe alla Commissione e che l’infrazione dev’essere dimostrata a sufficienza, cosa che, a suo dire, deve interpretarsi come dovere di fornire una prova convincente del fatto che le presunte violazioni sono state commesse. Essa ritiene che in una situazione di questo tipo l’abituale ponderazione delle probabilità non basta. Inoltre, per rispettare la presunzione d’innocenza, qualsiasi dubbio riguardante la prova dovrebbe risolversi a vantaggio della difesa.

60

La Commissione nega che il livello di prova da seguire nelle cause di concorrenza sia identico a quello prescritto in materia penale.

Giudizio del Tribunale

61

Secondo la giurisprudenza, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare sufficientemente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. In quest’ambito spetta in particolare alla Commissione produrre tutti gli elementi che portino a concludere nel senso della partecipazione di un’impresa a una simile infrazione e della sua responsabilità per i diversi elementi che comporta (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 86).

62

Ove si tratti di accordi e pratiche concordate aventi oggetto anticoncorrenziale, la Commissione deve in particolare provare che l’impresa ha inteso contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era a conoscenza dei comportamenti materiali previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. supra, al punto 61, punto 87).

63

Orbene, di norma, le attività derivanti da tali pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Di conseguenza, anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punti 55-57).

64

Da questa giurisprudenza deriva che l’affermazione della ricorrente secondo cui, in caso di applicazione di ammende elevate, la Commissione deve fornire una prova «oltre ogni ragionevole dubbio» (beyond reasonable doubt) dell’esistenza dell’infrazione dev’essere respinta.

La riunione di Londra

Argomenti delle parti

65

La ricorrente sostiene che la Commissione ha omesso di provare che era stato concluso un accordo durante la riunione di Londra e che gli scambi di informazioni successivi costituivano uno strumento di controllo dell’esecuzione di tale accordo. La riunione di Londra costituisce dunque l’elemento-chiave dell’argomento della Commissione, poiché gli altri eventi sarebbero ad essa collegati e tale riunione, inoltre, rappresenterebbe l’inizio dell’infrazione.

66

La ricorrente ammette che la detta riunione ha avuto luogo, ma ritiene che l’interpretazione che la Commissione fa di questo elemento di prova vada oltre quanto dalla stessa effettivamente dichiarato. Essa fa rilevare che il sig. [A], [all’epoca il suo presidente e direttore generale (in prosieguo: «P.-D.G.»)], aveva discusso con i cugini della famiglia Knauf dell’accesa concorrenza sul mercato del cartongesso ed entrambe le parti avevano ammesso l’esistenza del problema; tuttavia, il sig. [A] nega categoricamente di essersi accordato su una soluzione con i cugini della famiglia Knauf. Né, in occasione della suddetta riunione, sarebbe stata manifestata alcuna volontà comune di stabilizzare il mercato.

67

La ricorrente riconosce poi che tale riunione ha potuto rappresentare un fattore che ha accelerato la cessazione della guerra dei prezzi. Tuttavia, essa non costituirebbe a questo riguardo l’unico fattore causale. Secondo la ricorrente, la situazione economica sul mercato in esame nel 1992 era tale che la guerra dei prezzi sarebbe comunque terminata, come confermato dall’esperto di economia da essa ingaggiato, il cui rapporto tuttavia non è stato tenuto in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata.

68

La ricorrente sostiene che il fatto che la concorrenza sia continuata sul mercato interessato contraddice l’interpretazione che la Commissione ha fatto della riunione di Londra. Le affermazioni della Commissione contenute ai punti 212 e 395 della decisione impugnata non sarebbero suffragate da alcun elemento di prova. A questo proposito, la ricorrente sottolinea che la Commissione ha deciso di non tenere in considerazione una serie di esempi probatori della volatilità dei prezzi che essa le aveva sottoposto nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. Essa contesta altresì le affermazioni della Commissione riguardanti la stabilità delle quote di mercato. A suo dire, le stesse tabelle prodotte dalla Commissione e contenute nell’allegato alla decisione impugnata dimostrerebbero il contrario. Inoltre, le affermazioni della Commissione sarebbero prive di valore di prova, poiché quest’ultima non avrebbe precisato mai nella decisione impugnata quali fossero le quote di mercato delle imprese interessate prima del 1992, rendendo pertanto impossibile il confronto tra le quote di mercato.

69

Quanto all’affermazione della Commissione secondo cui la presa in considerazione degli effetti concreti di un’infrazione sarebbe superflua, la ricorrente sostiene che, quando la Commissione si limita ad affermare che un accordo esiste senza fornire alcun elemento di prova, occorre tener conto della prova derivante dall’evoluzione degli eventi sul mercato. Se le prove tendono a dimostrare l’inesistenza di qualsiasi accordo anticoncorrenziale e non viene fornita alcun’altra prova in senso contrario da parte della Commissione, quest’ultima deve concludere che nessun accordo è stato stipulato. La ricorrente fa notare che non si tratta semplicemente di sapere se l’accordo è stato eseguito, ma di accertare se la Commissione abbia dimostrato l’esistenza del presunto accordo.

70

La Commissione sottolinea che l’argomento della ricorrente secondo cui non esisteva nessun accordo si baserebbe sull’idea erronea che l’accordo dev’essere circoscritto, specifico e giuridicamente vincolante. Essa aggiunge che l’art. 81 CE è diretto a considerare, a causa dei divieti sanciti in detto articolo, una forma di coordinamento tra imprese che, sebbene non venga spinto fino alla realizzazione di una vera e propria convenzione, sostituisca consapevolmente una cooperazione pratica tra le imprese stesse a scapito della concorrenza. L’elaborazione di un vero e proprio piano non sarebbe dunque necessaria. La Commissione osserva che le discussioni che hanno avuto luogo durante la riunione di Londra del 1992 non potevano forse essere qualificate come accordi, ma di certo come pratica concordata, che rappresenta una infrazione altrettanto grave.

71

Secondo la Commissione, la riunione di Londra e l’accordo concluso durante la stessa costituiscono la prima manifestazione pratica dell’infrazione complessa e continuata sulla quale si basa la decisione impugnata. Alla luce delle osservazioni presentate ai punti 56-69 della decisione impugnata, e in particolare tenuto conto del fatto che gli scambi di informazioni hanno avuto inizio con la riunione di Londra o poco tempo dopo, tale conclusione a suo avviso sarebbe pienamente giustificata. Inoltre, non sarebbe necessario dimostrare che tutti gli elementi dell’infrazione sono presenti o previsti nella fase iniziale per stabilire che il suddetto accordo rientra nel quadro di un’infrazione unica, complessa e continuata.

72

Per quel che riguarda l’affermazione della BPB secondo cui la Commissione ha omesso di prendere in considerazione l’evidenza economica, quest’ultima afferma di aver semplicemente spiegato, ai punti 396-402 della decisione impugnata, che, alla luce delle circostanze del caso di specie, il tentativo della BPB e delle altre imprese interessate di dimostrare, sulla base di analisi economiche, che la situazione della concorrenza sul mercato del cartongesso tra il 1992 e il 1998 escludeva qualunque possibilità di accordi restrittivi durante tale periodo, era inutile. La Commissione sostiene di non basarsi su un semplice parallelismo di comportamento e di non avvalersi di prove economiche per dimostrare l’esistenza di una violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Le sue conclusioni si baserebbero su prove dirette dell’accordo anticoncorrenziale, alle quali le analisi economiche non apporterebbero alcuna spiegazione soddisfacente. Quando la Commissione, nella decisione impugnata, fa riferimento ad una migliore stabilità del mercato interessato oppure ad aumenti dei prezzi (come accade per esempio ai punti 289 e 539), lo fa al fine di illustrare gli effetti delle attività anticoncorrenziali e non per dimostrarne l’esistenza. La Commissione aggiunge che l’esistenza di un accordo può essere dimostrata senza che sia soppressa del tutto qualsiasi forma di concorrenza sul mercato del cartongesso. Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, poiché l’infrazione accertata dalla Commissione ha un oggetto anticoncorrenziale, è superfluo tener conto dei suoi effetti concreti.

73

Con riferimento all’argomento della ricorrente secondo cui la concorrenza «accesa» o la «guerra dei prezzi» doveva necessariamente cessare per motivi economici, la Commissione lo ritiene irrilevante al fine di stabilire perché e come la «guerra dei prezzi» è effettivamente terminata e, in particolare, per accertare se il comportamento anticoncorrenziale di alcuni operatori fosse o meno all’origine di tale evoluzione. Essa ritiene che, avendo dimostrato che lo scopo dei partecipanti all’intesa era di porre fine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare le quote di mercato, e di conseguenza quello di limitare la concorrenza almeno sui mercati di cartongesso tedesco, francese, del Regno Unito e del Benelux, essa era del tutto legittimata a concludere, come ha poi fatto ai punti 72, 196, 212, 289 e 395 della decisione impugnata, che tale obiettivo era stato ampiamente raggiunto. A questo proposito, essa sostiene che l’instabilità del mercato prima del 1992 era descritta al punto 28 della comunicazione degli addebiti e non è mai stata contestata. Inoltre, come emergerebbe chiaramente dai punti 212 e 395 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe considerato che i prezzi sul mercato del Regno Unito e tedesco tendevano a risalire o perlomeno a stabilizzarsi, il che contrasterebbe con la situazione vigente prima del 1992.

Giudizio del Tribunale

74

La BPB ammette che la riunione di Londra ha avuto luogo e che il sig. [A], nonché i cugini della famiglia Knauf, hanno espresso il parere secondo cui era interesse dell’industria nel suo complesso porre fine alla rovinosa guerra dei prezzi. Essa inoltre riconosce che, durante questa riunione o al più tardi nel 1992, le imprese hanno iniziato a scambiarsi dati sul volume delle vendite complessive per ognuno dei principali mercati.

75

Tuttavia, la BPB nega che un accordo diretto esplicitamente a stabilizzare i mercati europei e destinato a protrarsi per sei anni sia stato concluso durante la suddetta riunione.

76

Occorre pertanto valutare se la riunione di Londra avesse un oggetto anticoncorrenziale.

77

Al riguardo, dal punto 55 della decisione impugnata emerge che la BPB ha rivelato, nella sua seconda risposta alla richiesta di informazioni, che nel corso di tale riunione i suoi rappresentanti e quelli della Knauf «[si erano] trovati d’accordo sul fatto che era [suo] interesse, [interesse] di Knauf e [interesse] dell’industria nel suo complesso (compresi gli interessi dei consumatori) che si ponesse fine alla rovinosa guerra dei prezzi e che i produttori si sforzassero di farsi concorrenza a livelli economicamente più accettabili».

78

La BPB inoltre ha affermato che il termine «accordo» (understanding) da essa utilizzato dovrebbe essere inteso unicamente nel suo significato più ampio, ossia come «concerto di opinioni».

79

Secondo una costante giurisprudenza, affinché vi sia accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di agire sul mercato in un determinato modo (sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-9/99, HFB e a./Commissione, Racc. pag. II-1487, punto 199; 11 dicembre 2003, causa T-61/99, Adriatica di Navigazione/Commissione, Racc. pag. II-5349, punto 88, e 27 luglio 2005, cause riunite da T-49/02 a T-51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II-3033, punto 118). Per quanto riguarda la manifestazione formale di tale comune volontà, è sufficiente che una pattuizione sia espressione della volontà delle imprese interessate di comportarsi sul mercato in conformità alla stessa (sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T-56/02, Bayerische Hypo- und Vereinsbank/Commission, Racc. pag. II-3495, punto 60).

80

Di conseguenza, per poter costituire un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che un atto o un comportamento apparentemente unilaterale sia espressione della comune volontà di almeno due parti, non essendo di per sé determinante il modo con cui tale comune volontà si manifesta (sentenza della Corte 13 luglio 2006, causa C-74/04 P, Commissione/Volkswagen, Racc. pag. I-6585, punto 37).

81

I criteri di coordinamento, di convergenza e di cooperazione, lungi dall’esigere l’elaborazione di un effettivo «piano», devono essere intesi alla luce della ratio delle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato comune. Tale esigenza di autonomia, se è pur vero che non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento, noto o presunto, dei propri concorrenti, vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 173 e 174, nonché sentenza Adriatica di Navigazione/Commissione, cit. supra, al punto 79, punto 89).

82

Tale ipotesi ricorre nel caso in cui tra diverse imprese esista un «gentlemen’s agreement» che rappresenta la fedele espressione della comune volontà e determina una restrizione della concorrenza. Di conseguenza, non è pertinente esaminare se le imprese si siano ritenute — giuridicamente, di fatto o moralmente — obbligate ad adottare il comportamento tra loro concordato (sentenza HFB e a./Commissione, cit. supra, al punto 79, punto 200).

83

In particolare, con riguardo ad accordi di natura anticoncorrenziale che si manifestano in occasione di riunioni tra imprese concorrenti, la Corte ha statuito che sussiste un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE qualora tali riunioni abbiano per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato (sentenza della Corte 15 otctobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punti 508 e 509).

84

Secondo il Tribunale, la spiegazione fornita dalla BPB riguardo all’oggetto della riunione di Londra risponde al criterio individuato dalla giurisprudenza sopra citata. Le dichiarazioni della BPB sono sufficienti per dimostrare che tanto essa quanto la Knauf hanno manifestato la propria volontà di porre termine ad una guerra dei prezzi e di limitare in tal modo la concorrenza.

85

Occorre inoltre ricordare che, quando un’impresa partecipa, pur non attivamente, a riunioni fra imprese aventi un oggetto anticoncorrenziale senza prendere pubblicamente le distanze dal contenuto delle stesse, dando in tal modo da pensare agli altri partecipanti di sottoscrivere l’esito delle riunioni, si può considerare come dimostrato che essa partecipa all’accordo derivante dalle suddette riunioni (sentenza HFB e a./Commissione, cit. supra, al punto 79, punto 137).

86

Per di più, l’oggetto anticoncorrenziale della riunione di Londra è dimostrato dallo scambio di informazioni effettuato tra le imprese dopo la riunione stessa. Come emerge dal punto 58 della decisione impugnata, nel rispondere alla seconda richiesta di informazioni la BPB ha spiegato quanto segue:

«[Il sig. A e i cugini della famiglia Knauf] nel corso di tale riunione hanno concordato di scambiarsi i dati sui rispettivi volumi di vendita realizzati nel 1991, in modo da dotarsi di una base affidabile per l’avvenire per verificare che il suddetto accordo [nell’originale inglese: “understanding”] venisse attuato (ossia, semplicemente per fornirsi a vicenda un’immagine più precisa della dimensione complessiva del mercato e quindi delle proprie quote di mercato). Questo era necessario, dal momento che non esistevano statistiche industriali affidabili».

87

Per quanto riguarda gli argomenti della BPB diretti a sostenere che si trattava al massimo di un semplice tentativo di accordo, essi non possono essere accolti. Infatti, la circostanza che la BPB e la Knauf abbiano manifestato la loro volontà comune di porre termine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare il mercato in esame, costituisce un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

88

Inoltre, come dimostra la citazione riprodotta supra, al punto 86, la BPB e la Knauf hanno eseguito il loro piano dando attuazione al suddetto accordo attraverso uno scambio di informazioni sui volumi delle vendite realizzati sui quattro mercati interessati. Orbene, se queste imprese non avessero ritenuto di aver concluso un accordo diretto a porre fine alla guerra dei prezzi e a stabilizzare i mercati interessati, esse non avrebbero avuto necessità di sorvegliare i mercati scambiandosi dati relativi ai volumi delle vendite.

89

Inoltre, gli argomenti della ricorrente secondo cui la Commissione non ha dimostrato che vi sia stata una stabilità dei prezzi o delle quote di mercato non sono idonei a invalidare la suddetta conclusione.

90

In proposito, basti ricordare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che un accordo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza, a prescindere dai suoi effetti concreti. Di conseguenza, nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, si verifica un’infrazione alla detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato. In un caso del genere, la responsabilità di una determinata impresa per l’infrazione in questione risulta validamente accertata allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse. La maggiore o minore assiduità dell’impresa alle riunioni nonché l’attuazione più o meno completa delle misure concordate hanno conseguenze non già sul sussistere della responsabilità dell’impresa stessa, bensì sull’ampiezza di tale responsabilità e dunque sull’entità della sanzione (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C-189/02 P, C-202/02 P, da C-205/02 P a C-208/02 P e C-213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I-5425, punto 145). In linea di principio, imprese che concludano un accordo diretto a limitare la concorrenza non possono sottrarsi all’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, sostenendo che il loro accordo non doveva avere alcuna influenza considerevole sulla concorrenza.

91

Inoltre, l’affermazione della BPB secondo cui la riunione di Londra sarebbe stata priva di effetti appare smentita dalla risposta che la stessa ha dato alla comunicazione degli addebiti nella quale ha spiegato che vi era stata una variazione dei prezzi nel 1992. Inoltre, la BPB riconosce che la riunione di Londra ha potuto costituire un fattore che ha accelerato la fine della guerra dei prezzi. Tuttavia, essa ritiene che le ragioni di ordine commerciale ed economico elencate nel ricorso dimostrerebbero che non si trattava del solo fattore causale.

92

Orbene, secondo il Tribunale il fatto che la ricorrente abbia ammesso che la riunione di Londra ha costituito un fattore che ha accelerato la fine della guerra dei prezzi corrobora l’interpretazione che assegna alla riunione di Londra un oggetto anticoncorrenziale. Anche volendo ipotizzare l’esistenza di altre ragioni economiche all’origine della fine della guerra dei prezzi, questo non rimette in discussione l’oggetto anticoncorrenziale della riunione di Londra, diretta a provocare un rialzo dei prezzi e a ridurre l’intensità della concorrenza fra le imprese interessate.

93

Infine, occorre prendere in considerazione il fatto che nella risposta alla comunicazione degli addebiti la ricorrente ha dichiarato di non opporsi a che la Commissione qualificasse la riunione come violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Inoltre, nel rispondere ad una domanda scritta del Tribunale, essa ha riconosciuto che la riunione di Londra costituiva una violazione dell’art. 81, n. 1, CE.

94

Da ciò consegue che la Commissione ha giustamente ritenuto che, durante la riunione di Londra, la BPB e la Knauf avevano manifestato la comune volontà di porre fine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare il mercato interessato. Pertanto, la censura in esame non può essere accolta.

Gli scambi di informazioni sui quantitativi venduti in Germania, in Francia, nel Benelux e nel Regno unito

Argomenti delle parti

95

La ricorrente ammette che, sia durante la riunione di Londra, sia qualche tempo dopo nel corso del medesimo anno, il sig. [A] e i cugini della famiglia Knauf hanno concordato uno scambio dei dati fortemente globalizzati riguardo ai rispettivi volumi delle vendite nel 1991. Tuttavia, la ricorrente sottolinea che il sig. [A] ha dichiarato che ciò era avvenuto per permettergli di valutare se nell’industria interessata vi fosse un clima nuovo, fornendogli un’immagine più precisa delle dimensioni del mercato e quindi della quota di mercato della ricorrente. Quest’ultima inoltre riconosce che i suddetti scambi di informazioni hanno potuto contribuire a far cessare la guerra dei prezzi, ma nega che gli scambi decisi dal sig. [D], amministratore della Gyproc e P.-D.G. della BPB dal 1994 al 1999, a partire dal 1993, fossero in relazione con i primi due scambi di dati annuali. La ricorrente nega altresì che i detti scambi siano stati uno strumento di controllo dell’attuazione di un accordo o di una convenzione tra produttori. Al riguardo, essa sostiene che la Commissione non ha dedotto alcuna prova dell’esistenza di una struttura di direzione e di controllo relativa all’attuazione dell’intesa. Essa avrebbe saputo dai propri clienti che i suoi concorrenti praticavano prezzi inferiori ai suoi e non avrebbe dovuto attendere mesi prima di venire a conoscenza dell’evoluzione delle quote di mercato attraverso lo scambio di informazioni.

96

La ricorrente sottolinea che la Commissione prescinde dall’elemento probatorio costituito dalla natura delle informazioni effettivamente scambiate. In proposito, essa spiega che la frequenza degli scambi era all’inizio annuale, poi semestrale, ma che non era mai stata più che trimestrale. Inoltre, le informazioni avrebbero avuto un carattere assolutamente globale, indicando la superficie complessiva in metri quadrati di tutti i prodotti in cartongesso venduti durante il periodo di cui trattasi, indipendentemente dal loro spessore, dalle dimensioni e dalle caratteristiche, espressi da un valore unico. Essa fa altresì rilevare che esistono enormi variazioni di prezzi tra i prodotti. Inoltre, le informazioni si riferirebbero a mercati nazionali e, nel caso del Benelux, andrebbero perfino oltre i confini nazionali. Gli scambi di informazioni, poi, non sono avvenuti ad intervalli regolari. Per queste ragioni la ricorrente ritiene che i suddetti scambi non potessero costituire un meccanismo di vigilanza stretta del mercato.

97

Secondo la ricorrente, la tesi della Commissione è inoltre smentita dal fatto che le quote di mercato si sono evolute in modo considerevole durante il periodo in questione. Inoltre, essa precisa che vi erano state riduzioni dei prezzi. Inoltre la Commissione non avrebbe fornito alcuna prova di un tentativo sistematico di adeguamento delle quote di mercato o dei prezzi. La ricorrente ritiene che tutti questi elementi costituiscano una prova solida della mancanza di qualunque accordo nel caso in esame.

98

La Commissione sottolinea come la ricorrente non neghi l’esistenza degli scambi, ma ne contesti la finalità. Essa ritiene di aver risposto dettagliatamente ai suddetti argomenti ai punti 104-170 della decisione impugnata.

99

Secondo la Commissione, l’argomento relativo alla mancanza di strutture «di direzione e di controllo» è privo di rilevanza. Dalla giurisprudenza emergerebbe che il fatto che non sia stata adottata alcuna misura per forzare l’adesione delle imprese ad alcuni accordi non significa che non vi sia stata infrazione. La mancanza di prove dimostrerebbe semplicemente che non vi era bisogno di misure di rappresaglia.

100

La Commissione ribadisce di non aver mai sostenuto che l’accordo escludeva qualunque forma di concorrenza o che esistevano parti o quote di mercato determinate. L’intesa avrebbe avuto l’apprezzabile risultato di equilibrare e di stabilizzare il mercato nel suo complesso e non necessariamente di fissare la ripartizione delle quote su alcuni mercati.

Giudizio del Tribunale

101

Va sottolineato che nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti la ricorrente ha dichiarato di non opporsi al fatto che la Commissione qualifichi gli scambi suddetti come violazione all’art. 81, n. 1, CE. Nel rispondere ad un quesito scritto del Tribunale, essa ha altresì riconosciuto che gli scambi di informazioni sui quantitativi venduti in Germania, in Francia, nel Benelux e nel Regno Unito costituivano una violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Nondimeno, la ricorrente contesta alcune valutazioni effettuate dalla Commissione nella decisione impugnata.

102

La BPB ammette che, sia durante la riunione di Londra, sia qualche tempo dopo nel corso del medesimo anno, il sig. [A] e i cugini della famiglia Knauf avevano concordato di scambiarsi alcuni dati globalizzati sui rispettivi volumi delle vendite del 1991. Il sig. [A] ha dichiarato che ciò era avvenuto per permettergli di valutare se nell’industria interessata vi fosse un «clima nuovo», fornendogli un’immagine più precisa delle dimensioni del mercato e quindi della quota di mercato della BPB.

103

Quest’ultima, inoltre, riconosce che i suddetti scambi di informazioni compiuti dal sig. [A] nel 1992 e nel 1993 riguardo ai dati del 1991 e del 1992 hanno potuto contribuire a far cessare la guerra dei prezzi. Orbene, la BPB nega che questi scambi di informazioni abbiano costituito uno strumento di controllo creato per fini anticoncorrenziali più ampi.

104

La BPB inoltre riconosce che, sotto la direzione del sig. [D], gli scambi di informazioni relativi ai volumi di vendita sui quattro mercati interessati sono diventati semestrali a partire dal 1993 e trimestrali a partire dal 1995. Tuttavia, sostiene che gli scambi organizzati dal sig. [D] erano privi di rapporto con i primi due scambi di dati annuali effettuati dal sig. [A].

105

Pertanto, poiché la ricorrente ha ammesso l’esistenza dello scambio di informazioni di cui trattasi, i suoi argomenti non possono rimettere in discussione la valutazione giuridica dei fatti non contestati operata dalla Commissione.

106

Secondo la giurisprudenza relativa agli accordi per lo scambio di informazioni, gli stessi contrastano con le norme sulla concorrenza quando riducono o annullano il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese (sentenza della Corte 23 novembre 2006, causa C-238/05, ASNEF-EQUIFAX e Administración del Estado, Racc. pag. I-11125, punto 51).

107

È infatti implicito nelle norme del Trattato in materia di concorrenza che ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire sul mercato comune. Difatti, secondo la citata giurisprudenza, tale esigenza di autonomia osta ad ogni contatto diretto o indiretto fra operatori economici in grado di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure di rivelare a tale concorrente il comportamento che si intende tenere o si prevede di tenere sul mercato qualora tali contatti abbiano l’oggetto o l’effetto di realizzare condizioni di concorrenza diverse da quelle normali del mercato in questione, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese nonché del volume del mercato stesso (sentenza ASNEF-EQUIFAX e Administración del Estado, cit. supra, al punto 106, punto 52).

108

Quanto alla legittimità dello scambio di informazioni, emerge dalla giurisprudenza che, in un mercato effettivamente concorrenziale, il fatto che un operatore economico tenga conto delle informazioni sul funzionamento del mercato di cui dispone grazie al sistema di scambio di informazioni per adeguare il suo comportamento sul mercato, considerato il frazionamento dell’offerta, non è tale da ridurre o annullare, per gli altri operatori economici, qualsiasi incertezza sulla prevedibilità del comportamento dei propri concorrenti. Tuttavia, in un mercato oligopolistico fortemente concentrato, lo scambio di informazioni sul mercato può consentire alle imprese di conoscere le posizioni sul mercato e la strategia commerciale dei loro concorrenti e, di conseguenza, può alterare sensibilmente la concorrenza in essere fra gli operatori economici (sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I-3111, punti 88 e 90).

109

Si deve presumere, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (sentenza HFB e a./Commissione, cit. supra, al punto 79, punto 216).

110

Nel caso di specie, il mercato del cartongesso era oligopolistico, il che d’altronde non viene contestato dalla ricorrente. Occorre pertanto verificare se, tenuto conto di questa peculiarità del mercato, gli scambi di informazioni attenuavano o sopprimevano il grado di incertezza delle imprese interessate riguardo al funzionamento del mercato di cui trattasi, limitando in tal modo la concorrenza su di esso.

111

La ricorrente ritiene che, così com’era organizzato, lo scambio di informazioni poteva consentire di realizzare un solo obiettivo, ossia verificare a grandi linee le stime individuali delle condizioni del mercato e, in particolare, il volume di quest’ultimo.

112

Siffatta spiegazione non convince. Emerge infatti dalla spiegazione fornita dal sig. [D] nella dichiarazione resa il 9 luglio 2001 per giustificare gli scambi di informazioni che effettivamente questi dati erano utili per rendersi conto delle dimensioni del mercato, ma permettevano altresì di stabilire le tendenze del mercato e le quote di mercato dei concorrenti, in modo da «non operare del tutto all’oscuro».

113

Per gli stessi motivi, l’argomento della ricorrente secondo cui il mercato era trasparente e i dati potevano essere reperiti su di esso non può essere accolto.

114

Questa osservazione è confermata dalla risposta resa dalla BPB il 28 ottobre 1999 alla seconda richiesta di informazioni, ripresa al punto 58 della decisione impugnata, secondo la quale:

«[I rappresentanti della BPB e della Knauf] hanno concordato di scambiarsi i dati sui rispettivi volumi di vendita realizzati nel 1991, in modo da dotarsi di una base affidabile per l’avvenire per verificare che il suddetto accordo [nell’originale inglese: “understanding”] venisse attuato (ossia, semplicemente per fornirsi a vicenda un’immagine più precisa della dimensione complessiva del mercato e quindi delle proprie quote di mercato). Questo era necessario perché non esistevano statistiche industriali affidabili».

115

Al riguardo, la dimostrazione della natura collusiva dello scambio di informazioni è ancor più convincente alla luce della risposta che la BPB ha dato alla comunicazione degli addebiti. Difatti, dal punto 106 della decisione impugnata emerge quanto segue:

«La BPB ha ulteriormente precisato che l’obiettivo dell’accordo diretto allo scambio di informazioni con Knauf era quello di fornire al sig. [A] “una base per valutare se nell’industria vi fosse un nuovo stato d’animo”, ossia se “lo scambio di informazioni ad alto livello fornisse un grado di garanzia reciproca circa la fine della guerra dei prezzi”. La BPB del resto ha ammesso esplicitamente che gli scambi di informazioni effettuati dal sig. [A] erano finalizzati a porre termine all’accesa concorrenza esistente nell’industria del cartongesso all’inizio degli anni ‘90: “è possibile che i due scambi successivi di dati storici effettuati dal sig. [A] fossero finalizzati e destinati ad agevolare la fine della guerra dei prezzi”».

116

Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui non esisteva limitazione della concorrenza in mancanza di un valore informativo dei dati sulle vendite scambiati, poiché le cifre erano state comunicate in forma assai grezza ed imprecisa senza fare differenze tra i tipi di cartongesso, si tratta di un’affermazione priva di rilievo, in quanto gli scambi di informazioni tra le imprese di cui trattasi erano diretti a vigilare a che le quote di mercato rispettive rimanessero stabili o per lo meno non diminuissero. Infatti, poiché la ricorrente e la Knauf, durante la riunione di Londra, avevano manifestato la comune volontà di porre fine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare i mercati di cui trattasi, per raggiungere tale obiettivo era sufficiente che le imprese in esame sapessero che, ponendo fine alla guerra dei prezzi, non avrebbero perduto alcuna quota di mercato. A tal fine, bastavano i dati generali sulle vendite, che permettevano di calcolare le quote di mercato. Questo spiega altresì il motivo per cui non vi era bisogno di differenziare i dati a seconda dei vari tipi di cartongesso.

117

Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui lo scambio dei dati non è stato effettuato ad intervalli regolari e, quindi, non si trattava di un meccanismo di controllo, è giocoforza rilevare che esso non è affatto idoneo a rimettere in discussione la natura anticoncorrenziale dello scambio di informazioni, il cui scopo, come descritto chiaramente dalla ricorrente stessa nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, era quello di porre fine alla guerra dei prezzi.

118

In merito all’argomento della BPB consistente nel distinguere gli scambi di informazioni del sig. [A] nel 1991 e nel 1992 da quelli effettuati dal sig. [D], va rilevato che si tratta di una semplice affermazione priva di fondamento concreto. Infatti, nella sua dichiarazione il sig. [A] ha precisato di aver messo in guardia il sig. [D], nel 1993, contro una frequenza eccessiva degli scambi, il che dimostra come entrambi sapessero bene che gli scambi proseguivano. Pertanto, gli scambi di informazioni sono stati compiuti da due persone diverse solo perché era cambiata la persona alla testa della BPB. Inoltre, la spiegazione di questi scambi di informazioni, in particolare per quanto riguarda il loro oggetto, è identica. Nel riferire circa gli scambi da lui effettuati a partire dal 1993, il sig. [D] dichiara che, anche se in forma molto globalizzata, i dati erano utili per rendersi conto delle dimensioni del mercato e delle sue tendenze, e che la conoscenza delle quote di mercato dei concorrenti permetteva di «non operare del tutto all’oscuro».

119

In conclusione, la natura collusiva degli scambi di informazioni sui quantitativi venduti in Germania, in Francia, nel Benelux e nel Regno Unito dal 1992 al 1998 appare sufficientemente dimostrata.

Gli scambi di informazioni sui volumi di vendita nel Regno Unito

Argomenti delle parti

120

La ricorrente sostiene che lo scopo dello scambio di informazioni relative al mercato del Regno Unito era quello di permetterle di avere una migliore conoscenza dell’importanza complessiva del mercato del Regno Unito del cartongesso e della quota da essa posseduta su tale mercato.

121

La ricorrente fa valere che, anche se quelli scambiati erano dati mensili estremamente globalizzati relativi ai volumi di vendita, gli scambi non erano avvenuti ogni mese, ma sporadicamente e vertevano su informazioni relative a più mesi.

122

La Commissione ribatte che essa non sostiene che gli scambi di dati fossero mensili, ma solo che essi si sono susseguiti in maniera notevolmente costante nel tempo (nel corso di sette anni consecutivi) e che le affermazioni secondo le quali le informazioni venivano scambiate in maniera irregolare a seconda delle necessità sono contraddette dal contenuto della tabella del sig. [N], direttore generale della British Gypsum (in prosieguo: la «BG»), società controllata dalla BPB nel Regno Unito, da cui si può dedurre l’esistenza di un flusso regolare di informazioni.

Giudizio del Tribunale

123

Occorre anzitutto rilevare che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha dichiarato di non opporsi al fatto che la Commissione qualifichi gli scambi di dati sui volumi di vendita nel Regno Unito come violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Inoltre, nel rispondere ad un quesito scritto del Tribunale, essa ha ammesso che i detti scambi si erano verificati dal 1992 fino agli inizi del 1998 e che costituivano una violazione dell’art. 81, n. 1, CE.

124

Va inoltre sottolineato che, rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha confermato che lo scambio di informazioni relative alle vendite nel Regno Unito, nonché quello relativo alle vendite sui quattro mercati interessati, costituivano entrambi elementi dell’infrazione unica e continuata, anche se i loro effetti anticoncorrenziali potevano essersi sovrapposti e rinforzati a vicenda nei limiti in cui si riferivano al mercato del Regno Unito. Poiché la ricorrente contesta l’oggetto e la frequenza degli scambi di dati sui volumi di vendita relativi al mercato del Regno Unito, si deve valutare se la decisione impugnata sia viziata da errori riguardo al suddetto scambio.

125

Quanto all’oggetto dello scambio di dati relativi ai volumi di vendita sul mercato del Regno Unito, al punto 171 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che tale oggetto fosse identico a quello dello scambio di dati relativi ai volumi di vendita sui quattro mercati interessati. La ricorrente invece sostiene che il suo scopo era quello di avere una migliore conoscenza dell’importanza complessiva del mercato del Regno Unito del cartongesso e della sua quota su di esso.

126

La spiegazione della ricorrente non cancella la natura anticoncorrenziale del suddetto scambio di informazioni, tenuto conto del contesto generale dell’infrazione in esame, caratterizzata dal perseguimento dell’obiettivo, espresso nel corso della riunione di Londra, di porre fine alla guerra dei prezzi.

127

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui il fatto che i dati nelle tabelle fossero stati compilati, in particolare, mensilmente non dimostrerebbe che lo scambio di tali dati fosse avvenuto con la stessa frequenza, appare inconferente nel caso di specie. Infatti, anche supponendo che i dati sui volumi di vendita siano stati scambiati con una frequenza minore, questo non invaliderebbe la conclusione secondo cui tale scambio aveva carattere anticoncorrenziale per le stesse ragioni indicate a proposito dello scambio dei dati relativi ai quattro mercati interessati. In ogni caso, deve rilevarsi che la ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che, nonostante il fatto che i dati fossero compilati mensilmente, lo scambio non avveniva ogni mese. Di conseguenza, si deve concludere che la ricorrente ha omesso di provare che l’affermazione della Commissione contenuta al punto 194 della decisione impugnata, secondo la quale il carattere sistematico e dettagliato della tabella presentata dal sig. [N] presupponeva uno scambio di informazioni, sia viziata da errore.

128

Pertanto, la valutazione della Commissione relativa allo scambio dei dati sui volumi di vendita realizzati sul mercato del Regno Unito non è viziata da errori.

Gli scambi di informazioni relative ai rialzi dei prezzi nel Regno Unito tra il 1992 e il 1998

Argomenti delle parti

129

La ricorrente sostiene che la Commissione non ha mai concluso che gli aumenti paralleli dei prezzi fossero stati decisi dai produttori in maniera non indipendente.

130

Le prove sulle quali la Commissione si basa consisterebbero, in primo luogo, nella conversazione che ha avuto luogo nel 1996 tra i direttori regionali della Knauf e della BG, in secondo luogo nella conversazione avvenuta nel 1998 tra il direttore delle vendite della Lafarge e un membro del personale del dipartimento delle vendite della BG e, in terzo luogo, in una o due comunicazioni trasmesse dal sig. [N] ai suoi omologhi per informarli degli aumenti dei prezzi.

131

Secondo la ricorrente, la Commissione ha attribuito a questi eventi isolati un’importanza ingiustificata. Inoltre, i primi due contatti hanno avuto luogo a due anni di distanza e le discussioni sono avvenute nel corso di eventi sociali. Inoltre, le comunicazioni del sig. [N] si sono verificate solo una o due volte e, al contrario di quanto affermato dalla Commissione, non si trattava di scambi di informazioni ma di comunicazioni unilaterali.

132

La ricorrente contesta la conclusione della Commissione secondo cui tali contatti proverebbero l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. La ricorrente fa valere che essi hanno avuto luogo soltanto tra il novembre 1996 e il marzo 1998 e riguardavano unicamente il Regno Unito.

133

La Commissione afferma di non aver mai sostenuto che i prezzi fossero stati concordati o negoziati. Il fatto stesso che i contatti relativi a certi aumenti dei prezzi siano stati oggetto di rendiconti interni ne attesterebbe l’importanza.

134

Riferendosi ai punti 471-477 della decisione impugnata, la Commissione ritiene che tali scambi di informazioni costituiscano una pratica concordata relativa a particolari manifestazioni dell’accordo complesso e continuato diretto a limitare la concorrenza almeno sui quattro principali mercati europei del cartongesso.

Giudizio del Tribunale

135

Come emerge dal ricorso e dall’esame della cooperazione della BPB, è stata proprio quest’ultima ad informare la Commissione dei suddetti scambi sugli aumenti dei prezzi nel Regno Unito. Inoltre, gli elementi di fatto menzionati nella decisione impugnata non vengono contestati dalla BPB.

136

Occorre poi tener conto anche del fatto che la ricorrente ha dichiarato, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, di non opporsi al fatto che la Commissione qualificasse i suddetti contatti come violazione dell’art. 81, n. 1, CE. Nella risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha inoltre ammesso che il fatto che il sig. [N] avesse, una o due volte, informato la Knauf e la Lafarge circa gli aumenti dei prezzi di listino nel Regno Unito costituiva un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE.

137

Tuttavia, la BPB cerca di attenuare il carattere anticoncorrenziale dei suddetti scambi, affermando che le conversazioni avvenute nel corso di partite di golf si riferivano unicamente a voci che circolavano negli ambienti dell’industria in questione e che i memorandum che ne danno conto presentano le informazioni come tali. Inoltre, le informazioni sarebbero state comunicate in modo unilaterale. Infine, secondo la ricorrente gli aumenti dei prezzi erano comunque noti a causa delle informazioni che circolavano sul mercato e del fatto che gli scambi di informazioni costituivano semplicemente la comunicazione di decisioni che erano state già prese. Inoltre, la comunicazione riguardava unicamente i prezzi di listino, che non riflettevano i prezzi «al netto» (ossia al netto delle rimesse e dei ristorni).

138

Dai punti 198-200 della decisione impugnata emerge che, per quel che riguarda il periodo precedente al 7 settembre 1996, gli annunci degli aumenti dei prezzi sono stati quasi simultanei in quattro occasioni. Infatti, all’annuncio effettuato il 21 luglio 1992 dalla BG (entrato in vigore alla fine dell’agosto 1992) aveva fatto seguito quello effettuato il 31 luglio 1992 dalla Lafarge (Redland) (entrato in vigore il 31 agosto 1992). La Knauf aveva annunciato i suoi nuovi prezzi il 3 agosto 1992 (con un nuovo listino dei prezzi per settembre 1992).

139

La BPB aveva annunciato nel novembre 1993 un aumento del 12% che sarebbe dovuto entrare in vigore nel gennaio 1994. Questo annuncio di rialzo era stato seguito dalla Lafarge ma non totalmente dalla Knauf.

140

La Knauf aveva annunciato il 29 settembre 1994 un aumento di circa il 6,5% che sarebbe dovuto entrare in vigore il 1o marzo 1995, e la BPB aveva annunciato il 2 dicembre 1994 un aumento del 9% con effetto dal 27 febbraio 1995. A questo rialzo ha fatto seguito l’annuncio di un aumento identico da parte della Lafarge il 6 gennaio 1995, con effetto dalla stessa data.

141

Il 22 settembre 1995, la BG aveva annunciato un aumento dei prezzi pari al 12% per i pannelli standard, con effetto dal 1o gennaio 1996. A tale annuncio ha fatto seguito quello della Lafarge, che aveva anticipato lo stesso aumento il 13 ottobre 1995, con effetto dal 1o gennaio 1996, e della Knauf, che aveva annunciato lo stesso aumento il 27 ottobre 1995, con effetto dalla stessa data.

142

Pertanto, nel periodo precedente al 7 settembre 1996, gli aumenti dei prezzi della BPB, della Lafarge e della Knauf si sono succeduti ad intervalli assai ravvicinati o addirittura sono stati concomitanti.

143

Occorre dunque verificare se la quasi simultaneità degli annunci degli aumenti dei prezzi, nonché il parallelismo dei prezzi annunciati, come è stato accertato, costituisca un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti di una concertazione preliminare diretta ad informare le imprese concorrenti sui rialzi dei prezzi. Un parallelismo di comportamenti può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. È infatti importante tener presente che l’art. 81 CE, mentre vieta qualsiasi forma di collusione atta a falsare il gioco della concorrenza, non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti (sentenza della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I-1307, punto 71).

144

Nel caso di specie, anche se gli intervalli tra i vari annunci degli aumenti dei prezzi hanno eventualmente consentito alle imprese di venirne a conoscenza attraverso informazioni provenienti dal mercato, e anche se questi rialzi non sono sempre stati esattamente del medesimo livello, la quasi simultaneità degli annunci degli aumenti dei prezzi, nonché il parallelismo dei prezzi annunciati, costituiscono indizi forti di una concertazione a monte degli annunci stessi, dal momento che i rialzi rientravano in un contesto caratterizzato dal fatto che la ricorrente e la Knauf avevano concordato, durante la riunione di Londra agli inizi del 1992, di mettere fine alla guerra dei prezzi sui quattro mercati europei, come la Commissione ha rilevato nella decisione impugnata.

145

Va comunque osservato che, al punto 476 della decisione impugnata, relativamente allo scambio dei dati sugli aumenti dei prezzi sul mercato del Regno Unito, la Commissione ha concluso unicamente che esistevano i contatti ammessi dalla BPB, dalla Knauf e dalla Lafarge, i quali hanno accompagnato alcuni aumenti dei prezzi, riferendosi a questo proposito al punto 211 della decisione impugnata. Per il resto, come emerge dal punto 210 della decisione stessa, essa ha spiegato di non poter fare altro che rilevare il parallelismo di comportamento delle imprese, peraltro coinvolte in altri contatti collusivi, senza dedurne che tale parallelismo fosse stato necessariamente preceduto da una concertazione. Inoltre, utilizzando il termine «tuttavia» nelle versioni inglese, francese e olandese del punto 211 della decisione impugnata, essa ha chiaramente contrapposto il suddetto parallelismo all’ammissione circa l’esistenza di contatti che hanno preceduto gli annunci degli aumenti dei prezzi.

146

Per quanto riguarda il periodo successivo al 7 settembre 1996, l’esistenza di contatti tra i concorrenti sugli aumenti dei prezzi nel Regno Unito è dimostrata dalle prove documentali qui di seguito indicate.

147

In primo luogo, da un memorandum interno della BG deriva che, durante il fine settimana del 7 e 8 settembre 1996, la Knauf aveva annunciato che avrebbe seguito l’aumento dei prezzi deciso dalla BG quando le intenzioni di quest’ultima fossero espressamente precisate. Come emerge dal punto 201 della decisione impugnata, questa discussione ha avuto luogo prima che la BG annunciasse aumenti delle sue tariffe il 9 settembre 1996.

148

Inoltre, al suddetto aumento ha fatto seguito quello della Lafarge, il 20 settembre 1996.

149

In secondo luogo, la quasi simultaneità degli annunci dei rialzi dei prezzi, nonché il parallelismo dei prezzi annunciati sono continuati. Difatti, ai punti 203 e 204 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che il 3 giugno 1997 la BG aveva annunciato un aumento del 3,8% per i pannelli standard, con effetto dal 1o agosto 1997. Da parte sua, la Lafarge ha annunciato un aumento del 3,7% con effetto dal 4 agosto 1997 e la Knauf ha annunciato un aumento del 3,7% con effetto dalla stessa data decisa dalla Lafarge. Inoltre, il 27 gennaio 1998 la BG ha annunciato un aumento dei prezzi del 4,4% con effetto dal 1o aprile 1998. Da parte sua, la Lafarge ha annunciato un aumento del 4,1% con effetto dal 6 aprile 1998 e la Knauf ha annunciato lo stesso aumento, con effetto dal 1o aprile 1998.

150

In terzo luogo, dal punto 205 della decisione impugnata deriva che, prima che BG l’8 settembre 1998 annunciasse un aumento dei prezzi del 5%, con effetto dal 1o novembre 1998, un rappresentante della Lafarge ha spiegato ad un responsabile della BG che, per ragioni di bilancio, la Lafarge non era disposta a seguire il rialzo dei prezzi previsto per gli inizi di gennaio dell’anno seguente. Orbene, se le imprese interessate non avessero concordato uno scambio di informazioni sugli aumenti dei prezzi, la Lafarge non avrebbe avuto bisogno di informare i rappresentanti della BG del fatto che non avrebbe seguito l’aumento previsto.

151

In quarto luogo, la BPB ha ammesso che si erano prodotte quelle che essa definisce «occasioni isolate» in cui il sig. [N] aveva telefonato ai direttori generali della Lafarge e della Knauf nel Regno Unito per informarli delle intenzioni della BG in materia di prezzi, nonché della forbice di aumento prevista (punto 207 della decisione impugnata). Queste telefonate, di cui la BPB non indica le date neppure approssimativamente e che pure vengono da quest’ultima qualificate come «chiamate di pura cortesia», stanno a dimostrare che le imprese concorrenti hanno avuto dei contatti per quel che riguarda gli aumenti dei prezzi.

152

Di conseguenza, giustamente la Commissione ha ritenuto, al punto 477 della decisione impugnata, che i contatti sugli aumenti dei prezzi sul mercato del Regno Unito costituissero una pratica concordata, vietata dall’art. 81, n. 1, CE.

153

Questa conclusione non può essere inficiata dall’argomento secondo il quale si trattava di un comportamento unilaterale. È certamente vero che la nozione di pratica concordata presuppone l’esistenza di contatti contraddistinti dalla reciprocità. Tuttavia, tale requisito di reciprocità è soddisfatto quando la divulgazione, effettuata da un concorrente a un altro, delle intenzioni o della condotta futura del primo sul mercato sia stata richiesta o, quanto meno, accettata dal secondo (sentenza Cemento, cit. supra, al punto 32, punto 1849).

154

Quanto alle affermazioni della ricorrente secondo cui le informazioni sui prezzi trasmesse erano note ai clienti dell’impresa interessata prima che fossero comunicate ai concorrenti e quindi questi ultimi avrebbero già potuto reperire sul mercato le informazioni divulgate, va ricordato che il mero fatto di avere ricevuto informazioni relative ai concorrenti, informazioni che un operatore indipendente tutela rigorosamente come segreti d’ufficio, basta a rendere manifesta l’esistenza di uno spirito anticoncorrenziale (sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98, Tate & Lyle e a./Commissione, Racc. pag. II-2035, punto 66). Peraltro, le discussioni a proposito delle quali la Commissione ha trovato prove dirette o la cui esistenza è stata riconosciuta dalla ricorrente si sono svolte prima degli annunci ufficiali relativi agli aumenti dei prezzi.

155

Tenuto conto delle circostanze della fattispecie, la Commissione ha dimostrato a sufficienza che le tre imprese si erano informate riguardo agli aumenti dei prezzi sul mercato del Regno Unito durante il periodo compreso tra il 1992 e il 1998.

La stabilizzazione delle quote di mercato in Germania

Argomenti delle parti

156

La ricorrente riconosce che l’obiettivo della riunione di Versailles era quello di portare ad un accordo diretto a stabilizzare le quote di mercato in Germania. Si sarebbe però trattato di un tentativo infruttuoso. Essa sostiene che la dichiarazione successiva della Gyproc supporta la sua affermazione.

157

La ricorrente ammette altresì che nelle riunioni di Bruxelles e dell’Aja, le discussioni hanno continuato a vertere sulle quote di mercato di ciascuna delle imprese di cui trattasi in Germania. Inoltre, le ultime discussioni sarebbero state precedute da un nuovo scambio di informazioni sulle quote di mercato relative ai primi quattro mesi del 1998. Tuttavia, neppure tali discussioni avrebbero dato risultati.

158

La ricorrente sottolinea che, benché le imprese si fossero incontrate e avessero un interesse comune a stabilizzare il mercato tedesco, non hanno assunto un impegno comune, mentre il diritto applicabile esigerebbe un siffatto impegno. Essa afferma che è ben possibile che talune imprese condividano un’opinione comune su quel che vorrebbero fosse realizzato ma, a meno che con questi contatti e il suo comportamento un’impresa agisca in modo tale da far capire ad un’altra impresa senza ombra di dubbio che essa le propone di agire in un determinato modo e che quest’altra impresa si senta in dovere di farlo, questo per il diritto non costituisce un accordo. Secondo la ricorrente, la Commissione non può sostenere che un negoziato equivale ad un accordo.

159

A suo parere, l’approccio della Commissione consiste nell’affermare che un obiettivo comune è provato dalle manifestazioni di un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e che le manifestazioni stesse forniscono la prova di un obiettivo comune. Secondo la ricorrente si tratta di un argomento privo di valore giuridico.

160

Essa sostiene che la Commissione ha ritenuto a torto che il sistema di scambio di informazioni al quale le imprese di cui trattasi avevano dato vita nel novembre 1996 con l’aiuto di un esperto indipendente (in prosieguo: il «sistema di scambio di informazioni») fosse più sofisticato e che avrebbe fornito loro informazioni più precise e verificabili rispetto agli altri scambi. I produttori comunicavano le informazioni all’esperto indipendente, ma quest’ultimo non effettuava alcuna verifica. Inoltre, gli scambi all’interno del sistema di scambio di informazioni non erano più frequenti di quelli effettuati tra i P.-D.G. delle imprese di cui trattasi, poiché sia gli uni che gli altri erano stati trimestrali tra il 1996 e il 1998. Ancora, gli scambi effettuati nell’ambito del sistema di scambio di informazioni procuravano alle imprese di cui trattasi meno informazioni rispetto a quelli effettuati tra i P.-D.G., dal momento che l’esperto indipendente forniva alle dette imprese soltanto un dato complessivo relativo alle dimensioni del mercato.

161

La ricorrente sostiene altresì che il lancio del sistema di scambio di informazioni dopo la riunione di Versailles è stato una coincidenza.

162

Secondo la Commissione, anche se le imprese non sono riuscite a mettersi d’accordo sulle modalità di suddivisione delle quote di mercato in Germania, esse hanno manifestato la comune volontà di restringere la concorrenza sul mercato del cartongesso ripartendosi il mercato tedesco, o quanto meno stabilizzandolo. A suo avviso, il semplice fatto che un’impresa comunichi che non intende aumentare la propria quota di mercato è sufficiente ad informare i suoi concorrenti su un elemento fondamentale della sua strategia e costituisce manifestamente un fattore anticoncorrenziale. Essa sostiene che le imprese si ritenevano obbligate ad adottare un determinato comportamento, come dimostra il susseguirsi delle discussioni in tal senso.

163

Secondo la Commissione, la sola spiegazione plausibile per uno scambio di informazioni su cui i partecipanti desiderano mantenere il segreto e che si basa su dati asseritamente privi di grande valore per definire una strategia per il futuro è che tra le imprese in questione esiste un accordo tacito per rispettare i flussi tradizionali.

164

Essa sostiene che dopo la riunione di Versailles che si è svolta nel 1996 le quote di mercato in Germania hanno sì continuato a fluttuare, ma si trattava di fluttuazioni minime, il che rafforza le sue conclusioni, in quanto essa non ha mai sostenuto che esistesse un accordo formale di ripartizione del mercato.

165

La Commissione afferma che, anche se il sistema di scambio di informazioni di per sé non è contrario al diritto comunitario, dev’essere analizzato non in modo isolato, ma alla luce del fatto che è stato istituito per fornire informazioni più precise e verificabili. Inoltre, il fatto che la BPB affermi che le informazioni fornite non erano più precise di quelle scambiate in precedenza non fa capire perché la BPB e le altre imprese avessero preso parte al sistema stesso. Ancora, la spiegazione dedotta dalla BPB, secondo cui le imprese volevano ottenere una misura esatta delle dimensioni del mercato tedesco, non farebbe che confermare l’interpretazione della Commissione.

Giudizio del Tribunale

166

Dall’argomento della ricorrente emerge che essa non nega l’esistenza delle riunioni di Versailles, di Bruxelles e dell’Aia. Essa inoltre ammette di aver partecipato a queste riunioni e di aver discusso la situazione del mercato tedesco. La ricorrente riconosce altresì che durante la riunione di Versailles è stata avanzata una proposta per giungere ad un accordo diretto a stabilizzare le quote di mercato in Germania al livello del 1995.

167

Tuttavia, la ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato che le imprese di cui trattasi avevano assunto un impegno comune. A suo avviso, secondo il diritto applicabile un siffatto impegno è necessario, mentre nel caso di specie si sarebbe solo negoziato un accordo.

168

Di conseguenza, il problema su cui si scontrano la ricorrente e la Commissione riguarda la qualificazione giuridica delle riunioni di Versailles, di Bruxelles e dell’Aia nonché del sistema di scambio di informazioni.

169

Orbene, quanto all’argomento della ricorrente diretto a dimostrare che non vi era stato alcun accordo sulla ripartizione delle quote di mercato in Germania, deve rilevarsi che, alla fine del punto 469 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che «le [imprese interessate avevano] concluso un’intesa per ripartirsi il mercato tedesco o quanto meno per stabilizzarlo, intesa che costituisce una manifestazione particolare dell’accordo complesso e continuato diretto a limitare la concorrenza sul mercato del cartongesso per lo meno sui quattro grandi mercati europei». Inoltre, dai punti 462, 463, 465 e 469 della decisione impugnata emerge che secondo la Commissione, a prescindere dal problema di sapere se tale intesa fosse stata conclusa o meno, le imprese di cui trattasi, esprimendo la loro volontà comune di ripartirsi il mercato tedesco, o per lo meno di stabilizzarlo, avevano concluso un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

170

Difatti, sebbene la Commissione non sia riuscita a dimostrare che le imprese sanzionate avevano concluso un accordo nel senso stretto del termine sulla ripartizione delle quote di mercato in Germania, basterebbe che i fatti non contestati dimostrassero che le imprese avevano scientemente sostituito i rischi della concorrenza con una cooperazione pratica tra loro, restando in diretto contatto al fine di stabilizzare il mercato tedesco. Occorre quindi verificare se questo sia avvenuto nel caso di specie.

171

Per quanto riguarda la riunione di Versailles che si è svolta nel giugno 1996, non ne viene negata l’esistenza né viene negato il fatto che durante tale riunione le imprese di cui trattasi hanno diffuso i dati reali di vendita per il 1995, che hanno discusso della stabilizzazione delle quote rispettive sul mercato tedesco e che la Gyproc non era d’accordo con la quota di mercato che le altre imprese le proponevano.

172

Quanto alla riunione di Bruxelles del 4 dicembre 1997, la BPB ammette anche la sua esistenza, spiegando però che essa ha altresì costituito l’occasione per discutere la stabilizzazione del mercato tedesco.

173

La BPB non nega neppure lo svolgimento della riunione dell’Aia del maggio 1998. Tuttavia, pur avendo avuto ad oggetto la situazione in Germania, le discussioni non avevano prodotto alcun risultato concreto. Al riguardo, dal punto 257 della decisione impugnata emerge che, secondo la Gyproc, i partecipanti si sono scambiati i dati relativi ai volumi di vendita in Germania per i primi quattro mesi del 1998, che ognuno dei partecipanti ha specificato quale quota di mercato desiderava avere in Germania e, poiché le quote di tale mercato rappresentavano in totale il 101%, i partecipanti hanno proposto alla Gyproc di limitare la propria quota di mercato all’11%; quest’ultima ha però rifiutato.

174

Di conseguenza, da quanto precede risulta che, anche se nessun accordo specifico sulla ripartizione del mercato tedesco è stato concluso né durante la riunione di Versailles né durante le successive riunioni svoltesi a Bruxelles e all’Aia, le quattro imprese di cui trattasi hanno manifestato una volontà comune di stabilizzare il mercato tedesco e, quindi, di limitare la concorrenza. Per esempio, lo svolgimento della riunione di Versailles rivela l’esistenza di un accordo sul principio di una ripartizione del mercato tedesco tra la BPB, la Knauf, la Lafarge e la Gyproc, come sostenuto dalla Commissione al punto 264 della decisione impugnata.

175

La BPB difatti non contesta che, durante la riunione di Versailles, nonostante la posizione adottata dalla Gyrpoc, le altre tre imprese, la Knauf, la Lafarge ed essa stessa, si siano reciprocamente indicate le quote di mercato su cui concordavano e che tali quote di mercato corrispondevano a quelle che le imprese effettivamente detenevano. Al riguardo, occorre anche ricordare che le imprese non negano di essersi scambiate i rispettivi dati di vendita per il 1995 durante la riunione di Versailles.

176

Occorre inoltre prendere in considerazione il sistema di scambio di informazioni. L’esistenza di detto sistema conferma la tesi della Commissione secondo cui le imprese hanno voluto stabilizzare il mercato tedesco. Difatti, ogni produttore comunicava i propri dati di vendita in via riservata all’esperto indipendente e i risultati venivano elaborati dai servizi di quest’ultimo per giungere ad un valore complessivo che veniva poi comunicato ai partecipanti. Tale valore permetteva ad ognuno di calcolare la propria quota di mercato, ma non quella degli altri. I valori venivano comunicato ogni trimestre e riguardavano i dati di vendita di ciascuno. Inoltre, i produttori hanno comunicato all’esperto indipendente, in via riservata, i dati compresi tra gennaio e dicembre 1995 e quelli compresi tra gennaio e settembre 1996.

177

Il sistema di scambio di informazioni permetteva quindi alle imprese di cui trattasi di controllare se le rispettive quote sul mercato tedesco rimanessero relativamente stabili.

178

Per quanto riguarda la valutazione giuridica di tale situazione, occorre ricordare che il fatto di aver trasmesso informazioni ai propri concorrenti al fine di preparare un’intesa è sufficiente a provare l’esistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81 CE (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-148/89, Tréfilunion/Commissione, Racc. pag. II-1063, punto 82).

179

Infatti, la nozione di pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della concorrenza (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. supra, al punto 81, punto 26, e Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. supra, al punto 143, punto 63).

180

I criteri del coordinamento e della collaborazione, caratteristici della pratica concordata, non richiedono l’elaborazione di un vero e proprio «piano», ma vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato CE in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato comune e le condizioni che intende riservare alla propria clientela (sentenze della Corte Deere/Commissione, cit. supra, al punto 108, punto 86, e 2 ottobre 2003, causa C-194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I-10821, punto 82).

181

La detta esigenza di autonomia, se certo non esclude il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento che i loro concorrenti tengono o presumibilmente terranno, vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce e delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese, nonché del volume di detto mercato (sentenze Deere/Commissione, cit. supra, al punto 108, punto 87, e Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra, al punto 180, punto 83).

182

Inoltre, come dichiarato dal Tribunale nella sentenza Cemento, citata supra, al punto 32 (punto 1852), per accertare una pratica concordata non occorre dimostrare che il concorrente di cui trattasi si sia formalmente impegnato, nei confronti di uno o più concorrenti, ad adottare una qualsiasi condotta o che i concorrenti abbiano stabilito d’accordo il loro comportamento futuro sul mercato. È sufficiente che, mediante la sua dichiarazione di intenti, l’operatore economico abbia eliminato o, quanto meno, sostanzialmente ridotto l’incertezza relativa al comportamento che si può ipotizzare che esso tenga sul mercato.

183

A questo proposito, al punto 466 della decisione impugnata, la Commissione ha giustamente ritenuto che il fatto stesso che un’impresa dichiari di non volere una quota di mercato superiore a quella che già possiede è sufficiente ad informare i suoi concorrenti circa un elemento fondamentale della sua strategia.

184

Si deve inoltre ricordare che il mercato di cui trattasi possiede un carattere oligopolistico fortemente concentrato. Orbene, su un siffatto mercato, lo scambio di informazioni può consentire alle imprese di conoscere le posizioni dei loro concorrenti sul mercato stesso e la loro strategia commerciale e, di conseguenza, può alterare sensibilmente la concorrenza esistente fra gli operatori economici (sentenze Deere/Commissione, cit. supra, al punto 106, punti 88-90, e Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra, al punto 180, punto 84).

185

Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il ragionamento della Commissione sarebbe circolare, va ricordato che tutti gli elementi della causa in esame vanno esaminati non separatamente come infrazioni isolate, ma nel contesto complessivo, come possibili elementi di un’infrazione unica diretta a limitare la concorrenza sul mercato del cartongesso sui quattro mercati europei interessati. Infatti, secondo la giurisprudenza, gli indizi fatti valere dalla Commissione nella decisione per dimostrare l’esistenza di una violazione dell’art. 81, n. 1, CE da parte di un’impresa vanno presi in considerazione non singolarmente, ma simultaneamente (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 68).

186

Inoltre, tenuto conto del contesto generale dell’obiettivo di stabilizzazione dei mercati interessati, lo scambio di informazioni sul mercato tedesco ha potuto consentire alle imprese di cui trattasi di controllare che le quote di mercato dei concorrenti rimanessero stabili.

187

Infine, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui, in mancanza di accordo, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare almeno alcuni effetti sul mercato, occorre ricordare che, ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che quest’ultimo ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 261).

188

Allo stesso modo, una pratica concordata ricade sotto l’art. 81, n. 1, CE anche in assenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato. Anzitutto, già dal tenore letterale della detta disposizione risulta che, al pari degli accordi tra imprese e delle decisioni di associazioni di imprese, le pratiche concordate sono vietate, indipendentemente da qualsivoglia effetto, qualora abbiano una finalità anticoncorrenziale (sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C-105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I-8725, punti 137 e 138).

189

Inoltre, benché la nozione stessa di pratica concordata presupponga un comportamento delle imprese partecipanti sul mercato, essa non implica necessariamente che tale comportamento produca l’effetto concreto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza (sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit. supra, al punto 188, punto 139).

190

Tenuto conto del contesto complessivo della causa, il Tribunale ritiene che, sulla base dei fatti non contestati, la Commissione abbia dimostrato debitamente che le imprese di cui trattasi, pur non essendo giunte a concludere un accordo specifico riguardante la ripartizione tra di esse del mercato tedesco, avevano espresso la volontà comune di comportarsi sul detto mercato in maniera determinata, ossia di limitare la concorrenza attraverso la stabilizzazione del mercato stesso.

Gli scambi di informazioni sui rialzi dei prezzi in Germania

Argomenti delle parti

191

La ricorrente contesta l’affermazione della Commissione secondo la quale i quattro produttori si sono tenuti informati sulle rispettive intenzioni oppure vi era un coordinamento sulle date e sugli aumenti dei livelli dei prezzi previsti durante il periodo compreso tra la fine del 1994 e il settembre 1998. Essa ritiene che la Commissione non abbia provato sufficientemente le sue affermazioni. Il fatto che abbia continuato ad esservi concorrenza sul mercato tedesco dimostrerebbe, al contrario, che i produttori hanno proseguito ad operare in maniera indipendente. In ogni caso, i contatti in esame non sono idonei a provare l’esistenza di una volontà comune né a costituire la prova di un accordo concluso nel 1992.

192

Per quanto riguarda i presunti contatti diretti che essa avrebbe avuto con i suoi concorrenti in relazione all’aumento dei prezzi in Germania, la BPB specifica di aver dichiarato che non aveva inviato copia dei suoi aumenti dei prezzi ai concorrenti. Quanto all’invio da parte della Knauf dei suoi listini dei prezzi ai suoi concorrenti, si tratta di informazioni che non costituiscono una collusione sui prezzi perché le lettere riguardavano rialzi dei prezzi già ampiamente noti o anticipati sul mercato. Inoltre, i prezzi del catalogo avrebbero subito frequenti ribassi con la concessione di sconti.

193

La ricorrente nega che il memorandum della Lafarge del 17 dicembre 1996 sia stato scritto a seguito della discussione sui prezzi avvenuta tra il sig. [V], direttore commerciale della Rigips, controllata tedesca della ricorrente, e il sig. [X], direttore generale della Lafarge Gips. Essa sostiene di aver sempre negato l’esistenza di tale discussione. Inoltre, respinge la conclusione della Commissione secondo la quale tale memorandum costituirebbe una prova dei contatti diretti tra i produttori. Per quel che riguarda il parallelismo della maggiorazione dei prezzi, la ricorrente sottolinea che, su un mercato oligopolistico, è normale che le imprese allineino i propri prezzi a quelli dei concorrenti e si comportino in modo parallelo, almeno per quanto riguarda i prezzi di listino. Tuttavia, la concorrenza sui prezzi «al netto» era continuata in modo intenso.

194

Quanto al memorandum della Lafarge del 7 ottobre 1998, secondo la ricorrente esso descrive il normale meccanismo di aumento dei prezzi su un mercato oligopolistico. Il memorandum rivela una serie di fatti che smentiscono le affermazioni della Commissione, come il fatto che i produttori hanno concesso sconti anche dopo l’aumento dei prezzi di listino, che la Rigips ha annunciato un aumento otto settimane prima del memorandum, ma che gli altri produttori non avevano seguito tale aumento, che esisteva un’incertezza sulle reazioni dei concorrenti ad un aumento dei prezzi, che la maggior parte degli aumenti dei prezzi era stata limitata negli anni precedenti e che, fino al 1993 e al 1994, la Lafarge ha tentato di conquistare quote di mercato.

195

Sulla nota interna della Knauf del 15 novembre 1993, la ricorrente sostiene che, anche se in essa si raccomandava di adottare un comportamento eventualmente anticoncorrenziale, questo non significa che tale comportamento sia stato effettivamente adottato.

196

Per quanto riguarda la nota interna della Rigips dell’ottobre 1994, la ricorrente ritiene che la frase «si pensa che i prezzi saranno congelati al livello sopra indicato» non è indicativo di una collusione, ma si tratta soltanto di una valutazione della Rigips sulle prospettive di evoluzione dei prezzi.

197

Circa l’aumento dei prezzi del 1o dicembre 1995, la ricorrente contesta che il suo fallimento sia stato la causa della riunione di Versailles. Il ribasso dei prezzi tra il dicembre 1995 e il giugno 1996 è piuttosto la prova della mancanza che non dell’esistenza di un accordo.

198

Quanto al rialzo dei prezzi avvenuto nel settembre 1997, la ricorrente nega di aver preso parte ai tentativi di altri produttori diretti ad evitare la perdita di clienti. Anche se i produttori hanno discusso sulla ripartizione del mercato, tali discussioni non avevano prodotto risultati. Successivamente, la concorrenza era continuata sul mercato e, di conseguenza, l’aumento dei prezzi di catalogo proposto per settembre 1997 era fallito.

199

Quanto al rialzo dei prezzi del settembre 1998, la ricorrente sostiene di non aver partecipato ad alcuna collusione tra produttori. Il solo elemento di prova di cui la Commissione dispone per quel che la riguarda è il fatto che essa ha ricevuto copia di una lettera della Knauf riguardante un aumento dei prezzi. Orbene, questo fatto nulla aggiungerebbe al riconoscimento, da parte della Knauf, dell’invio occasionale ai suoi concorrenti di lettere che li informavano di un rialzo dei prezzi. Inoltre, essa nega di aver ricevuto una comunicazione della Gyproc. Di conseguenza, l’affermazione della Commissione secondo cui l’aumento dei prezzi del settembre 1998 avrebbe costituito una manifestazione ulteriore della collusione cui avrebbe partecipato la ricorrente sul mercato tedesco non sarebbe sostenuta da alcun elemento di prova.

200

Per quanto riguarda il memorandum della Lafarge del 7 ottobre 1998, la Commissione sostiene che esso è stato utilizzato non per stabilire l’esistenza di contatti tra le imprese di cui trattasi, ma per dimostrare che i rialzi dei prezzi seguivano uno schema particolare. A suo avviso, il fatto che gli aumenti dei prezzi annunciati non corrispondevano sempre ad aumenti effettivi del prezzo delle transazioni non significa che i contatti stabiliti non fossero illegittimi o che non avessero sortito alcun effetto. Inoltre, il fatto che la Lafarge avesse tentato di conquistare quote di mercato fino al 1993 e nel 1994 non mette in discussione le sue conclusioni al riguardo, essendosi essa limitata a rilevare che gli aumenti dei prezzi erano coordinati dalla fine del 1994 o dall’inizio del 1995.

201

Quanto all’invio da parte della Knauf dei suoi listini dei prezzi ai concorrenti, la Commissione fa rinvio ai punti 313-314 e 472-474 della decisione impugnata.

202

La Commissione riconosce che la nota interna della Knauf del 15 novembre 1993 non descrive un comportamento già adottato, ma raccomanda piuttosto una linea di condotta. Tuttavia, essa ritiene che gli elementi contenuti in detta nota illustrino i comportamenti della Knauf che hanno portato ad ulteriori contatti tra concorrenti, dei quali essa ha fornito la prova e che confermano chiaramente la sua conclusione secondo cui i contatti in esame avevano uno scopo anticoncorrenziale. Essi darebbero altresì indicazioni sulle motivazioni sottostanti di questi ulteriori contatti.

203

Per quanto riguarda la nota interna della Rigips dell’ottobre 1994, la Commissione sostiene che il contesto nel cui ambito tale nota è stata redatta, e in particolare il fatto che essa abbia preceduto di un mese l’invio delle lettere che annunciavano i rialzi dei prezzi del febbraio 1995, non dimostra solamente che il suo autore era ben informato.

204

Quanto all’aumento dei prezzi del 1o dicembre 1995, la Commissione contesta l’affermazione della ricorrente secondo cui il fallimento di tale aumento dimostra che nessun accordo era stato concluso nel 1992. Inoltre, alcuni eventi successivi avrebbero dimostrato che dei contatti erano stati stabiliti nel 1996 (probabilmente a seguito di tale fallimento), in particolare durante la riunione di Versailles del giugno 1996, e che un aumento dei prezzi era stato concordato per il 1o febbraio 1997.

205

Quanto al memorandum della Lafarge del 17 dicembre 1996, la Commissione sostiene che i rialzi dei prezzi concordati sono una manifestazione dell’accordo complesso e continuato descritto ai punti 430-434 della decisione impugnata. Inoltre, l’importanza di tale memorandum è descritta ai punti 335-352 della decisione impugnata.

206

Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi del settembre 1997, la Commissione sostiene che il fatto che tale aumento sia fallito non dimostra che non esisteva alcuna intesa.

207

Quanto all’aumento dei prezzi del settembre 1998, la Commissione sottolinea che il fatto che un’impresa ottenga da un concorrente informazioni sui prezzi senza protestare indica una reciprocità sufficiente a costituire una pratica concordata. Secondo la Commissione, inoltre, il fatto che la Gyproc abbia ammesso l’esistenza di tentativi concordati diretti ad aumentare i prezzi sul mercato tedesco conforta la sua conclusione. La nota della BPB menzionata al punto 380 della decisione impugnata (che fa riferimento ad un secondo aumento dei prezzi durante il primo trimestre del 1999) precedeva le istruzioni della Knauf menzionate al punto 377 della decisione impugnata, e quindi non poteva aver costituito una reazione alle suddette istruzioni o alle voci che tale impresa suggeriva di far circolare sul mercato.

Giudizio del Tribunale

208

La BPB nega l’esistenza di contatti diretti con i suoi concorrenti sugli aumenti dei prezzi sul mercato tedesco, così come l’esistenza di un accordo sull’applicazione degli aumenti dei prezzi. In ogni caso, inoltre, anche se fossero dimostrati, i contatti diretti tra i concorrenti non sono prova di una volontà comune di concordare i prezzi.

209

In primo luogo, occorre esaminare gli elementi di prova riguardanti l’esistenza di contatti e di un accordo tra i concorrenti, che la BPB esplicitamente nega.

210

Al riguardo, va ricordato che i detti contatti vanno esaminati nel contesto dell’epoca, caratterizzato da una serie di manifestazioni anticoncorrenziali che attestavano la volontà comune dei concorrenti di stabilizzare i prezzi del mercato del cartongesso sui quattro grandi mercati europei, tra cui il mercato tedesco. Va inoltre sottolineato che, se il contenuto di un documento isolato reperito dalla Commissione può non essere indice univoco dell’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, tanto che il detto contenuto potrebbe anche essere dovuto ad altro che non alla volontà di limitare la concorrenza, tale circostanza non può tuttavia escludere che lo stesso documento possa essere interpretato come prova dell’esistenza di una siffatta volontà allorché rientri in una serie di altri documenti che forniscono indizi probatori dell’esistenza di comportamenti anticoncorrenziali contemporanei e analoghi.

211

Per quanto riguarda la nota interna della Knauf del 15 novembre 1993 (punto 305 della decisione impugnata), la BPB si limita a far notare che essa raccomanda una linea di condotta che potrebbe essere anticoncorrenziale, ma non costituisce una prova che tale linea di condotta sia stata effettivamente adottata. Occorre rilevare che, stando alla suddetta nota, il «nuovo listino dei prezzi [della Knauf] è stato inviato a fine ottobre a tutti i clienti diretti. Al tempo stesso, tutti i concorrenti sono stati informati tramite l’invio di una copia». La spiegazione della BPB viene quindi smentita dal fatto che l’evento menzionato nella nota datata novembre 1993 si è prodotto alla fine dell’ottobre 1993. Di conseguenza, la spiegazione che la BPB dà della nota stessa non è convincente. In ogni caso, l’argomento della BPB è tutt’al più diretto ad accusare la Commissione di non aver dimostrato che lo scambio di informazioni in oggetto aveva prodotto effetti, il che non ne fa venir meno l’oggetto anticoncorrenziale.

212

Quanto alla nota interna datata ottobre 1994, trovata nei locali della Rigips, la ricorrente si attiene alla spiegazione esposta al punto 323 della decisione impugnata. A suo avviso, detta nota riflette la valutazione di un dirigente di impresa circa lo stato del mercato tedesco basata sulla conoscenza dello stesso mercato che si era formato grazie alle informazioni raccolte dai suoi dipendenti commerciali.

213

A questo proposito, l’interpretazione della suddetta nota da parte della Commissione è più convincente, tenuto conto degli altri elementi del fascicolo che dimostrano l’esistenza, all’epoca, di un accordo tra le imprese di cui trattasi. Giustamente la Commissione ritiene che la nota riveli una conoscenza della strategia dei concorrenti e che attesti i contatti avvenuti tra di essi. Difatti, l’autore della nota, dopo aver sintetizzato la situazione esistente sul mercato, spiega che il direttore delle vendite della Gyproc si era lamentato del fatto che l’impresa aveva perduto quote di mercato e che doveva riconquistarne. Inoltre, nella nota era previsto un congelamento dei prezzi ad un determinato livello e si annunciava un aumento dei prezzi a partire dal 1o febbraio 1995. Quest’ultimo dato è particolarmente significativo. Infatti, se l’invio degli annunci degli aumenti dei prezzi da parte della Knauf è stato unilaterale e se la BPB si è limitata a seguire tale aumento, è anche vero che la Knauf non avrebbe potuto sapere, nell’ottobre 1994, che era previsto un aumento per il 1o febbraio 1995, dal momento che la Knauf aveva annunciato l’aumento dei prezzi soltanto nel novembre 1994. Inoltre, se la BPB avesse saputo dell’aumento dei prezzi tramite la clientela, come sostiene, non vi sarebbe alcun problema a dimostrarlo per contestare le prove concrete reperite dalla Commissione. Si deve poi ricordare che in effetti un aumento dei prezzi ha avuto luogo il 1o febbraio 1995.

214

Del resto, occorre sottolineare che, malgrado le prove concrete dei contatti collusivi tra i produttori, al punto 329 della decisione impugnata la Commissione si limita a dichiarare che i concorrenti si sono informati a vicenda delle rispettive intenzioni in merito agli aumenti dei prezzi dal 1o febbraio 1995, senza affermare che la detta nota costituisca prova diretta di un accordo sul rialzo dei prezzi.

215

Quanto all’aumento dei prezzi del dicembre 1995 (punti 330-333 della decisione impugnata), secondo la ricorrente il fatto che esso sia fallito è una prova in più dell’inesistenza dell’accordo del 1992. Al riguardo basti ricordare che, sebbene non vi siano effetti economici, questo non costituisce prova dell’assenza di intesa ma semmai prova del fatto che l’intesa non ha funzionato bene, il che non rileva ai fini dell’accertamento di un accordo avente oggetto anticoncorrenziale.

216

Inoltre, il fatto che la Commissione menzioni nuovamente, in tale contesto, la riunione di Versailles del giugno 1996, che aveva ad oggetto la stabilizzazione del mercato tedesco, è assolutamente pertinente, trattandosi di un indizio del fatto che le imprese interessate hanno avvertito la necessità di ridiscutere la situazione sul mercato tedesco dopo il fallimento dell’aumento dei prezzi del 1995.

217

La tesi appena esposta è confermata dalla nota della Lafarge datata 17 dicembre 1996 (punto 335 della decisione impugnata). L’autore difatti inizia la nota spiegando quanto segue:

«[A]bbiamo nuovamente discusso la situazione sul mercato tedesco».

218

La BPB nega che la discussione con il suo rappresentante, cui si fa riferimento, sia avvenuta. È normale che su un mercato oligopolistico le imprese tengano un comportamento che le porta ad allineare i loro prezzi a quelli delle altre e ad agire in modo parallelo. Infatti, si era avuta una concorrenza notevole a livello dei prezzi praticati nelle transazioni.

219

L’argomento della BPB non può essere accolto. Poiché la nota del 17 dicembre 1996 riferisce degli avvenimenti verificatisi durante la riunione dell’associazione tedesca dei produttori di cartongesso, organizzata il 16 dicembre 1996, non vi è motivo di dubitare del fatto che la discussione tra i rappresentanti della BPB e l’autore della nota stessa, dipendente della Lafarge, abbia avuto luogo.

220

Inoltre, l’interpretazione che la Commissione dà della nota, che reca l’indicazione «Strettamente riservata e personale!» non è viziata da errore. La nota riflette con evidenza il timore del suo estensore, nell’ambito di un aumento dei prezzi annunciato da tutti i produttori per il 1o febbraio 1997, circa il comportamento dei suoi concorrenti e delle politiche sui prezzi, in particolare quelle di ribasso, da essi attuate. Essa dimostra l’esistenza di contatti diretti fra i concorrenti, nel corso dei quali questi hanno espresso le proprie analisi ed intenzioni. Infatti, l’estensore della nota spiega che il prezzo offerto dalla BPB ad alcuni clienti sarebbe stato «inferiore al livello dei prezzi minimo [allora] concordato» e che «[c]iò [avrebbe] ancora portato ad una destabilizzazione». Esso aggiunge:

«[La Knauf ha] accordato certi prezzi per i progetti fino al maggio [19]97 ad un livello inferiore rispetto al livello del prezzo convenuto. Con noi essi insistono sulla disciplina per il rialzo [dei prezzi] (…). Aumentare i prezzi al livello convenuto ([2,5-3] DM/m2) continuerà ad essere assai difficile».

221

Di conseguenza, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia giustamente dichiarato, al punto 352 della decisione impugnata, che, in occasione dell’aumento dei prezzi del febbraio 1997, aveva avuto luogo un accordo diretto sull’aumento dei prezzi tra i concorrenti e che, quanto meno, i concorrenti si erano informati a vicenda circa le rispettive intenzioni in previsione del suddetto aumento.

222

Per quanto riguarda il tentativo di aumento dei prezzi del settembre 1997, la BPB sostiene che nessuno dei documenti presentati dalla Commissione vi si riferisce e che nessuna delle censure relative alla suddivisione della clientela la riguarda.

223

Anzitutto va osservato che le quattro imprese di cui trattasi hanno spedito lettere che annunciavano il rialzo dei prezzi del 1o settembre 1997 in maggio o all’inizio di giugno 1997 (punto 353 della decisione impugnata). Questi fatti non vengono contestati dalla ricorrente.

224

Inoltre, anche se la Commissione non fornisce prove dirette di contatti fra la BPB e i suoi concorrenti riguardo al suddetto rialzo, gli scambi tra la Knauf e la Lafarge, menzionati al punto 356 della decisione impugnata a titolo di esempio, confermano l’esistenza di un accordo sugli aumenti e di un controllo dei prezzi operato dai distributori in generale. In effetti, la circostanza che un’impresa non abbia esitato a contattare un concorrente per discutere dei clienti o dei prezzi praticati da un distributore conferma l’esistenza di una cooperazione tra i produttori.

225

La Commissione fornisce un ulteriore esempio che, a suo dire, costituisce una ennesima manifestazione dell’accordo tra la BPB, la Knauf, la Lafarge e la Gyproc sul mercato tedesco. Si tratta di un tentativo di aumento dei prezzi nel settembre e nell’ottobre 1998.

226

A questo proposito, è sicuramente vero che la BPB aveva annunciato, sin dal giugno 1998, un aumento dei prezzi per settembre 1998 e che gli altri concorrenti soltanto nell’agosto 1998 avevano anticipato un aumento previsto a partire dall’ottobre 1998. È altresì vero che l’unico altro elemento di prova riguardante direttamente la BPB, citato dalla Commissione nella decisione impugnata, è il fatto che la Knauf aveva inviato una copia del suo annuncio di aumento dei prezzi all’indirizzo privato di un direttore della BPB.

227

Orbene, va ricordato che di norma le attività derivanti da pratiche e accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Pertanto, anche se la Commissione scoprisse documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, questi ultimi sarebbero di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Di conseguenza, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punti 55-57).

228

Nel caso di specie, considerato il contesto della causa, secondo il Tribunale il fatto che la Knauf abbia inviato copia del suo annuncio sull’aumento dei prezzi all’indirizzo privato di un direttore della BPB, che costituisce un modo inusuale di comunicare tra imprese concorrenti, è sufficiente per dimostrare che tra i produttori vi era anche una stretta cooperazione riguardo agli aumenti dei prezzi sul mercato tedesco avvenuti nel settembre e nell’ottobre 1998.

229

Infine, per quel che riguarda il memorandum della Lafarge del 7 ottobre 1998 (punti 290-294 della decisione impugnata), secondo la BPB esso costituisce una semplice descrizione del funzionamento del mercato. Sicuramente è vero che tale memorandum, pur essendo l’unico elemento di prova trovato, non sarebbe una prova sufficiente di un accordo preliminare sui rialzi dei prezzi. Orbene, esaminato nell’ambito degli altri indizi sopra descritti, esso conferma l’esistenza, da un lato, di contatti fra i concorrenti sui rialzi dei prezzi nonché il legame esistente fra di loro e, dall’altro lato, di discussioni relative alle quote di mercato in Germania. Difatti, tenuto conto delle altre iniziative assunte dalle imprese di cui trattasi per stabilizzare il mercato tedesco, del parallelismo degli aumenti dei prezzi nonché del fatto che la Commissione, durante i controlli effettuati, aveva scoperto nei locali delle dette imprese numerose copie di annunci degli aumenti dei prezzi dei loro concorrenti, che le medesime hanno parzialmente ammesso di aver inviato o ricevuto direttamente dai loro concorrenti, l’interpretazione coerente del memorandum non può essere quella proposta dalla ricorrente.

230

In secondo luogo, va esaminato l’argomento della ricorrente secondo cui i contatti diretti tra i concorrenti, anche ove dimostrati, non costituiscono un comportamento anticoncorrenziale.

231

Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui si trattava di un comportamento del tutto unilaterale, dal momento che essa non aveva mai inviato ai suoi concorrenti copie che annunciavano rialzi dei prezzi, è vero che la nozione di pratica concordata presuppone l’esistenza di contatti contraddistinti dalla reciprocità. Tuttavia, tale requisito di reciprocità è soddisfatto quando la divulgazione, effettuata da un concorrente a un altro, delle intenzioni o della condotta futura del primo sul mercato sia stata richiesta o, quanto meno, accettata dal secondo (sentenza Cemento, cit. supra, al punto 32, punto 1849).

232

Inoltre, nella causa che ha dato origine alla sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-1/89, Rhône-Poulenc/Commissione (Racc. pag. II-867), in cui la ricorrente veniva accusata di aver preso parte a riunioni nel corso delle quali i concorrenti scambiavano informazioni vertenti, in particolare, sui prezzi che auspicavano venissero praticati sul mercato, il Tribunale ha dichiarato che, partecipando ad una riunione avente oggetto anticoncorrenziale, un’impresa non aveva soltanto perseguito lo scopo di eliminare anticipatamente l’incertezza relativa al comportamento futuro dei suoi concorrenti, ma aveva dovuto necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente, delle informazioni ottenute nel corso di dette riunioni per definire la politica che essa intendeva seguire sul mercato (punti 122 e 123).

233

La stessa conclusione è valida quando, come nel caso di specie, la partecipazione di una o più imprese ad una pratica concordata avente un oggetto anticoncorrenziale si limita alla sola ricezione di informazioni relative al comportamento futuro dei concorrenti sul mercato.

234

Difatti, ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta ch’egli intende seguire sul mercato. Questo vieta dunque che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto d’influire sul loro comportamento sul mercato, che diano luogo a condizioni concorrenziali non corrispondenti a quelle normali del mercato di cui trattasi, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere egli stesso sul mercato (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II-931; in prosieguo: la «sentenza LVM/Commissione», punto 720).

235

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo la quale le informazioni sui prezzi trasmesse erano note ai clienti dell’impresa interessata prima di essere comunicate ai concorrenti e che, per tale ragione, questi ultimi avrebbero già potuto reperire sul mercato le informazioni diffuse, occorre ricordare che il semplice fatto di aver ricevuto informazioni relative ai concorrenti, informazioni che un operatore indipendente tutela come segreti d’ufficio, basta a rendere manifesta l’esistenza di uno spirito anticoncorrenziale (sentenza Tate & Lyle e a./Commissione, cit. supra, al punto 154, punto 66).

236

Orbene, l’affermazione della ricorrente secondo la quale le informazioni sui prezzi erano note ai clienti prima di essere comunicate ai concorrenti, e quindi potevano essere ottenute sul mercato, dev’essere respinta. Anche ove fosse dimostrato, questo non implica che, al momento dell’invio ai concorrenti dei listini dei prezzi, questi prezzi costituissero già un obiettivo del mercato, reperibile immediatamente. L’invio diretto consentiva ai concorrenti di venire a conoscenza delle suddette informazioni in modo più semplice, rapido e diretto che non attraverso il mercato. Inoltre, l’invio preliminare permetteva loro di dar vita ad un clima di certezza reciproca riguardo alle future politiche sui prezzi.

237

Di conseguenza il Tribunale ritiene che, anche se la Commissione non è riuscita a dimostrare l’esistenza di contatti fra tutti i produttori relativamente ad ogni rialzo dei prezzi sul mercato tedesco, durante il periodo di cui trattasi, e anche se il fatto che la Gyproc abbia ammesso la collusione sui prezzi in Germania non può essere tenuto in considerazione (v. il primo motivo), la Commissione ha considerato giustamente che il sistema di scambio di informazioni sugli aumenti dei prezzi attuato tra la BPB, la Knauf, la Lafarge e la Gyproc sul mercato tedesco costituiva una pratica concordata contraria all’art. 81, n. 1, CE.

La portata geografica dell’intesa

238

Per quanto riguarda la portata geografica dell’accordo, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato debitamente che essa riguardava anche la Francia e il Benelux.

239

In proposito basti ricordare che la riunione di Londra, nonché gli scambi di informazione sui quantitativi venduti, riguardavano anche la Francia e il Benelux.

240

Se la Commissione può legittimamente sostenere che le diverse manifestazioni facevano parte di un’infrazione unica poiché si inserivano in un piano complessivo diretto a falsare il gioco della concorrenza, il fatto che il numero e l’intensità delle pratiche collusive potessero variare a seconda del mercato interessato non implica che l’infrazione non riguardava i mercati su cui le pratiche sono state meno intense e meno numerose. Infatti, sarebbe artificioso suddividere un comportamento continuo, caratterizzato da una finalità unica, in più infrazioni diverse perché le pratiche collusive sono mutate a seconda del mercato interessato. Questi elementi debbono essere tenuti in considerazione solo nel valutare la gravità dell’infrazione e, all’occorrenza, nel determinare l’ammenda (v., per analogia, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. supra, al punto 61, punto 90).

241

In conclusione, la Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto né in alcun errore manifesto di valutazione nell’esaminare i diversi elementi costitutivi dell’infrazione di cui trattasi.

242

Il secondo motivo, pertanto, va respinto.

3. Il terzo motivo, attinente alla violazione della nozione di infrazione unica

Argomenti delle parti

243

La ricorrente sostiene che la condizione giuridica fondamentale per determinare l’esistenza di un’infrazione continuata è la prova della continuità della partecipazione delle imprese al raggiungimento dell’obiettivo finale. Essa sostiene che la Commissione è incorsa in errore ritenendo che l’asserita finalità comune del 1992 potesse suffragare l’illegittimità delle diverse manifestazioni successive. Orbene, secondo la ricorrente, le manifestazioni ulteriori, come la riunione di Versailles, non costituiscono un’infrazione, ma solo un tentativo di infrazione e tale qualificazione non può essere rimessa in discussione supponendo che si tratti di un’infrazione continuata. La ricorrente inoltre afferma che, per provare l’esistenza di un accordo complesso e continuato, la Commissione deve esaminare ciascuna manifestazione con un rigore sufficiente nel dichiararne l’illegittimità. La Commissione sarebbe poi incorsa in un errore di deduzione concludendo per l’esistenza di una volontà comune sulla base delle suddette manifestazioni e considerando che la loro illegittimità derivava dalla comune volontà. La ricorrente sostiene che la Commissione deve dimostrare che la volontà comune esiste indipendentemente dall’infrazione di cui trattasi.

244

Secondo la ricorrente, la spiegazione della Commissione, secondo cui essa ha rilevato l’esistenza della volontà comune considerando la congiunzione delle cinque condotte anticoncorrenziali individuate, non è convincente. Essa fa rilevare che l’identità di oggetto rilevata dalla Commissione è vaga e consiste unicamente nel sostenere che tutte le attività anticoncorrenziali alla fine raggiungono il medesimo obiettivo, perché ogni comportamento anticoncorrenziale ha, in definitiva, un impatto sui prezzi. Inoltre, la Commissione non sarebbe stata in grado di chiarire quale fosse il reale tenore del presunto accordo né quando esso sarebbe stato concluso, se ciò non è avvenuto durante la riunione del 1992. La ricorrente asserisce poi che la tesi dell’infrazione unica e continuata alla quale avrebbero partecipato quattro imprese e che sarebbe durata dal 1992 al 1998 non è maggiormente convincente a causa del numero limitato delle imprese partecipanti ad alcune delle manifestazioni anticoncorrenziali o della mancata implicazione di alcune imprese alle suddette manifestazioni. Alla riunione di Londra del 1992 avevano partecipato la ricorrente e la Knauf, ma non la Lafarge né la Gyproc. Benché non si neghi che gli scambi di informazioni successivi alla suddetta riunione sono stati estesi alla Lafarge e alla Gyproc, la Commissione non spiega come né quando ciò è avvenuto, né grazie a chi le imprese suddette hanno potuto aderire alla volontà comune o all’intenzione congiunta che essa sostiene essere il fondamento dei suddetti scambi di informazioni. Inoltre, la ricorrente ritiene che la Commissione non abbia potuto desumere alcunché dalle manifestazioni anticoncorrenziali in merito ai mercati francese e del Benelux, poiché tali manifestazioni si riferivano unicamente ai mercati della Germania e del Regno Unito.

245

La Commissione sostiene di aver esposto alcune considerazioni sugli elementi di fatto costitutivi dei cinque comportamenti indicati al punto 429 della decisione impugnata, e che è l’esistenza di tali elementi di fatto che essa è tenuta a dimostrare. Essa aggiunge di aver concluso, alla luce delle considerazioni di fatto, che tali comportamenti erano espressione di una volontà comune diretta a limitare la concorrenza al minimo sui quattro principali mercati europei del cartongesso. Una volta fatte tali deduzioni, la sola maniera logica di descrivere i detti comportamenti sarebbe stata quella di considerarli come manifestazioni della volontà comune. La Commissione non avrebbe quindi seguito alcun ragionamento circolare nella sua analisi. Inoltre, i diversi elementi dell’infrazione unica si completano perfettamente, e tale complementarietà dimostrerebbe l’identità di oggetto delle varie manifestazioni dell’infrazione. Per esempio, perché gli aumenti dei prezzi fossero coronati da successo, i concorrenti avrebbero dovuto essere soddisfatti delle quote di mercato da essi possedute.

Giudizio del Tribunale

246

In via preliminare, va osservato che dalla decisione impugnata (punto 479) emerge che secondo la Commissione l’insieme degli accordi e delle pratiche concordate nella fattispecie rientravano in una serie di sforzi delle imprese di cui trattasi diretti ad un unico obiettivo economico, ossia quello della restrizione della concorrenza, e costituivano le diverse manifestazioni di un accordo complesso e continuato che ha avuto per oggetto e per effetto di limitare la concorrenza. Ritenendo che gli accordi e le pratiche concordate sopra citati avessero concretizzato, in modo ininterrotto dal 1992 al 1998, la manifestazione della volontà comune delle suddette imprese di stabilizzare e quindi di restringere la concorrenza per lo meno sui mercati del cartongesso tedesco, francese, del Regno Unito e del Benelux, la Commissione ha qualificato l’infrazione come unica, complessa e continuata.

247

Infatti, l’art. 1 della decisione impugnata sancisce che le imprese interessate, tra cui la ricorrente, «hanno violato l’articolo 81, paragrafo 1, [CE] prendendo parte ad un insieme di accordi e di pratiche concordate nel settore del cartongesso».

248

Occorre innanzi tutto esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione ha commesso un errore di diritto concludendo per l’esistenza di un accordo globale sulla base di diverse manifestazioni dell’infrazione in esame, senza dimostrare che la volontà comune esisteva indipendentemente dalle suddette diverse manifestazioni.

249

Va ricordato che nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 57). Detta giurisprudenza è applicabile al concetto di infrazione unica e continuata. Infatti, quando si tratta di un’infrazione complessa, unica e continuata, ogni manifestazione rafforza la dimostrazione che simile infrazione ha effettivamente avuto luogo.

250

Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, le diverse manifestazioni dell’infrazione in esame vanno intese in un contesto complessivo che ne spiega la ragion d’essere. Non si tratta di un ragionamento circolare, ma di una deduzione delle prove in cui il valore probatorio dei diversi elementi di fatto è rafforzato o invalidato dagli altri elementi di fatto esistenti che, congiuntamente, possono dimostrare l’esistenza di un’infrazione unica.

251

La BPB sostiene inoltre che la Commissione non ha debitamente dimostrato la finalità comune che collegherebbe le diverse manifestazioni in un’infrazione unica e continuata.

252

In proposito, va ricordato che una violazione dell’art. 81, n. 1, CE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o perfino da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero anche costituire di per sé e presi isolatamente una violazione della detta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto, consistente nel distorcere il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 258).

253

Nel caso di specie, emerge chiaramente dall’esame del secondo motivo che, sin dalla riunione di Londra, la BPB ha preso parte ad un’infrazione unica, complessa e continuata caratterizzata dall’unico obiettivo di porre fine alla guerra dei prezzi e di stabilizzare i quattro mercati del cartongesso. Infatti le riunioni, gli scambi di informazioni e le pratiche relative alla fissazione dei prezzi avevano un unico oggetto anticoncorrenziale, ossia quello di mantenere i prezzi ad un livello superiore a quello concorrenziale e di ridurre la competizione tra le imprese operanti sul mercato interessato.

254

Gli elementi indicati nell’ambito del secondo motivo permettono di considerare che, al punto 432 della decisione impugnata, la Commissione ha giustamente dichiarato quanto segue:

«Tenuto conto del funzionamento del mercato del cartongesso, queste diverse manifestazioni sembrano (…) chiaramente complementari. Il miglioramento della situazione economica delle imprese attraverso un aumento dei prezzi rendeva necessario un coordinamento delle suddette imprese al livello delle quote di mercato».

255

Secondo il Tribunale, nelle circostanze del caso di specie, gli accordi e le pratiche concordate, a causa del loro identico obiettivo e delle loro strette sinergie, si inserivano in un piano di insieme che, a sua volta, si inseriva in una serie di sforzi delle imprese di cui trattasi diretto ad un unico obiettivo economico, ossia quello di influenzare l’evoluzione dei prezzi. Come giustamente la Commissione afferma al punto 422 della decisione impugnata, sarebbe artificioso suddividere tale comportamento unico, caratterizzato da una sola finalità, vedendovi più infrazioni distinte, mentre si tratta, al contrario, di un’infrazione unica che si è progressivamente concretizzata sia in accordi sia in pratiche concordate. Il carattere unico dell’infrazione, infatti, deriva dall’unicità dell’obiettivo perseguito da ciascun partecipante all’accordo e non dalle modalità della sua applicazione (v., in tal senso, sentenza Cemento, cit. supra, al punto 32, punto 4127).

256

Inoltre, nell’ambito di un accordo globale esteso su diversi anni, importa poco un intervallo di qualche mese tra le estrinsecazioni dell’intesa. È invece determinante il fatto che le diverse azioni rientrino in un «piano d’insieme» a causa del loro identico oggetto (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 260).

257

Per quanto riguarda l’argomento relativo alla mancanza di un piano siffatto, è sufficiente ricordare che la nozione di infrazione unica riguarda proprio una situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, oppure in infrazioni singole collegate l’una all’altra da una identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate, consapevoli di partecipare all’oggetto comune).

258

Infine, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui il carattere unico dell’infrazione sarebbe smentito dal fatto che il numero delle imprese che hanno preso parte ad alcune manifestazioni anticoncorrenziali era limitato e parte delle imprese non aveva partecipato all’infrazione sin dall’inizio, basta ricordare che il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che vi abbia svolto un ruolo secondario non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione da parte sua. Occorre prendere in considerazione tali elementi solo in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 86).

259

Infatti, anche se gli accordi e le pratiche concordate di cui all’art. 81, n. 1, CE derivano per forza dal concorso di più imprese, che sono tutte coautrici dell’infrazione, la loro partecipazione può rivestire forme differenti, in particolare a seconda delle caratteristiche del mercato interessato e della posizione di ciascuna impresa su di esso, degli scopi perseguiti e delle modalità di esecuzione scelte o previste.

260

Pertanto, la semplice circostanza che ciascuna impresa partecipa all’infrazione con forme ad essa specifiche non inficia la qualificazione dell’infrazione come infrazione unica e continuata.

261

Dalle considerazioni che precedono, deriva che le censure mosse contro la qualificazione dell’infrazione come infrazione unica e continuata sono infondate.

4. Il quarto motivo: violazione dell’art. 253 CE e dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nonché dei principi generali nel calcolo dell’importo dell’ammenda

262

Il presente motivo consta di cinque capi. In primo luogo, quanto all’importo di base di EUR 80 milioni, la ricorrente ne invoca il carattere arbitrario, non proporzionato e non motivato. Al riguardo, essa sostiene anche che la Commissione è incorsa in errore qualificando l’infrazione come molto grave. Essa poi deduce l’erronea presa in considerazione dell’impatto negativo concreto dell’infrazione sul mercato del cartongesso. In secondo luogo, l’aumento dell’importo di base a causa della durata dell’infrazione si baserebbe su un’errata interpretazione della durata dell’infrazione e degli orientamenti. La Commissione inoltre avrebbe omesso di valutare e di prendere debitamente in considerazione l’intensità limitata dell’infrazione durante il periodo rilevante o durante alcuni periodi in questione. In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in errore aumentando l’importo dell’ammenda a titolo di circostanze aggravanti. In quarto luogo, la Commissione non avrebbe correttamente preso in considerazione le circostanze attenuanti. In quinto luogo, la Commissione sarebbe incorsa in errore nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione nei suoi confronti.

Il carattere sproporzionato dell’importo di base dell’ammenda stabilito in base alla gravità dell’infrazione

La gravità dell’infrazione

— Argomenti delle parti

263

Secondo la ricorrente, tenendo conto dell’impatto limitato sul mercato rilevante, l’infrazione avrebbe dovuto essere qualificata come grave anziché come molto grave.

264

Essa fa rilevare che, nella decisione della Commissione 9 dicembre 1998, 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo [81] CE (IV/34466 — Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24), nonché nella decisione della Commissione 14 ottobre 1998, 1999/210/CE, relativa ad una procedura a norma dell’articolo [81] CE (caso IV/F-3/33.708 British Sugar Plc, IV/F- 3/33.709 Tate & Lyle Plc, IV/F-3/33.710 Napier Brown & Company Ltd, IV/F-3/33.711 James Budgett Sugars Ltd) (GU 1999, L 76, pag. 1), la Commissione ha ritenuto che le infrazioni in esame potessero essere considerate gravi, e non molto gravi, a causa del loro limitato impatto sul mercato.

265

In subordine, la ricorrente sostiene che, anche se la qualificazione della Commissione fosse corretta, quest’ultima avrebbe dovuto ammettere che anche le infrazioni classificate come molto gravi differiscono a seconda del grado di gravità rispettivo e che, in paragone con altre cause relative ad intese, l’accordo oggetto del caso di specie costituiva un esempio di intesa notevolmente meno invasiva e anticoncorrenziale. Al momento dell’adozione della decisione impugnata, l’ammenda imposta alle imprese interessate era la seconda più elevata applicata dalla Commissione, dopo quella inflitta nella causa all’origine della decisione della Commissione 21 novembre 2001, 2003/2/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/37.512 — Vitamine) (GU 2003, L 6, pag. 1). La ricorrente sostiene che l’intesa oggetto del caso di specie era molto meno invasiva rispetto, per esempio, a quella oggetto della causa Vitamine e alle intese all’origine delle decisioni della Commissione 5 dicembre 2001, 2002/742/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/36 604 — Acido citrico) (GU 2002, L 239, pag. 18); 21 ottobre 1998, 1999/60/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (Caso n. IV/35.691/E-4: intesa tubi preisolati) (GU 1999, L 24, pag. 1); 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 — Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24) e 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E-1/36.490 — Elettrodi di grafite) (GU 2002, L 100, pag. 1). Queste cinque cause vertevano su violazioni molto gravi dell’art. 81, n. 1, CE, e avevano tutte ad oggetto intese che influivano sulla totalità del mercato comune o dello Spazio economico europeo (SEE). Questi accordi avevano fatto emergere tentativi di attuazione di cartelli molto più invasivi rispetto all’asserita intesa tra produttori di cartongesso: quest’ultima, a paragone delle altre intese, consisteva in un accordo alquanto libero e generico, sprovvisto di qualsiasi forma di struttura o di organizzazione. La ricorrente ritiene pertanto che l’importo di base dell’ammenda ad essa inflitta tenuto conto della gravità dell’infrazione sia sproporzionato e contrario al principio della parità di trattamento, essendo tale importo il terzo tra gli importi più elevati fissati per tutti i partecipanti alle altre intese menzionate.

266

La ricorrente sostiene che la Commissione ha avuto torto nel paragonare le diverse ammende rispetto alle dimensioni del mercato rilevante. In primo luogo, dagli orientamenti non risulta che si debba tener conto delle dimensioni del mercato in termini di valore per stimare la gravità dell’infrazione. In secondo luogo, la Commissione avrebbe tenuto conto solo delle dimensioni del mercato e non di altri fattori che determinano la gravità dell’infrazione. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe l’abitudine di prendere in considerazione le dimensioni del mercato dei prodotti per valutare la gravità di un’infrazione.

267

La Commissione menziona gli aspetti dell’infrazione giudicati particolarmente gravi nel caso di specie (punti 534, 535 e 539-542 della decisione impugnata). Inoltre, essa precisa che l’accordo è stato ideato, diretto ed incoraggiato a livelli elevati della gerarchia di ciascuna delle imprese partecipanti. La BPB era coinvolta in tutte le manifestazioni del comportamento anticoncorrenziale in esame ed ha ammesso che le stesse persone, i sigg. [D] e [A] (entrambi P.-D.G. della BPB), erano direttamente implicati in tutti i comportamenti illeciti descritti nella decisione impugnata, tranne che per uno di essi stessi.

— Giudizio del Tribunale

268

Occorre ricordare che la valutazione della gravità dell’infrazione, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, deve avvenire tenendo conto, in particolare, della natura delle restrizioni imposte alla concorrenza, del numero e dell’importanza delle imprese interessate, della parte del mercato che esse effettivamente controllano nella Comunità, nonché della situazione del mercato all’epoca in cui è stata commessa l’infrazione (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 176).

269

Al riguardo, è necessario ricordare che l’art. 81, n. 1, lett. a), CE dichiara esplicitamente incompatibili con il mercato comune le pratiche concordate consistenti nel fissare in modo diretto o indiretto i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni di transazione.

270

Le infrazioni di questo tipo, segnatamente quando si tratta di intese orizzontali, vengono qualificate dalla giurisprudenza come particolarmente gravi dal momento che esse comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato (sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II-347, punto 675), ovvero come violazioni manifeste delle regole comunitarie di concorrenza (sentenze del Tribunale Tréfilunion/Commissione, cit. supra, al punto 178, punto 109, e 14 maggio 1998, causa T-311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II-1129, punto 303).

271

È altresì importante ricordare che le infrazioni molto gravi, ai sensi del punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti, sono composte «essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati».

272

Risulta da quanto precede che giustamente la Commissione ha qualificato l’infrazione in questione come molto grave tenuto conto della sua natura. Occorre tuttavia esaminare i fattori idonei a modificare tale qualificazione che vengono fatti valere dalla ricorrente.

273

Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui l’infrazione avrebbe dovuto essere qualificata come grave a causa del suo impatto limitato sul mercato, va sottolineato che, nella sentenza 30 settembre 2003, causa T-203/01, Michelin/Commissione (Racc. pag. II-4071, punti 258 e 259), il Tribunale ha dichiarato che la gravità dell’infrazione poteva essere accertata con riferimento alla natura e all’oggetto dei comportamenti abusivi e che elementi relativi all’oggetto di un comportamento possono rivestire rilevanza maggiore per la determinazione dell’importo dell’ammenda di quelli relativi ai suoi effetti.

274

Pertanto, pur dovendosi prendere in considerazione anche la dimensione del mercato geografico interessato e l’impatto sul mercato, qualora sia misurabile, la natura delle infrazioni costituisce un criterio essenziale per valutare la gravità di un’infrazione (sentenza del Tribunale 18 luglio 2005, causa T-241/01, Scandinavian Airlines System/Commissione, Racc. pag. II-2917, punto 84).

275

Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe ridotto l’importo dell’ammenda nelle sue altre decisioni a causa del limitato impatto delle intese sul mercato, anche a volerlo ritenere esatto, occorre sottolineare che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punto 234).

276

Quanto all’affermazione della ricorrente fatta valere in subordine, secondo la quale, anche se la qualificazione dell’infrazione fosse corretta, la Commissione avrebbe dovuto ammettere che le infrazioni qualificate come molto gravi si differenziavano a seconda del grado di gravità e che, in confronto con altre cause in materia di intese, l’accordo oggetto del caso di specie costituiva un esempio di intesa notevolmente meno invasiva e anticoncorrenziale, il problema si confonde con quello della proporzionalità dell’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione sulla base della gravità dell’infrazione in oggetto, problema che verrà esaminato qui di seguito.

277

Occorre tuttavia ricordare che, in ogni caso, il confronto della gravità delle diverse intese si rivela praticamente impossibile a causa delle diverse circostanze di ogni singolo caso.

278

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui la Commissione sarebbe incorsa in errore comparando le diverse ammende rispetto alle dimensioni del mercato rilevante, va ricordato che, per valutare la gravità di un’infrazione, la Commissione deve tener conto di un gran numero di fattori il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 120). Tra i fattori attestanti la gravità dell’infrazione possono in particolare rientrare, a seconda dei casi, la dimensione del mercato del prodotto in questione (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T-330/01, Akzo Nobel/Commissione, Racc. pag. II-3389, punto 37).

279

Infine, va osservato che un’intesa orizzontale sui prezzi, di portata analoga a quella che la Commissione ha accertato nella decisione impugnata, vertente su un settore economico così importante, non può di solito sfuggire alla qualificazione come molto grave, indipendentemente dal suo contesto. In ogni caso, le circostanze fatte valere dalla ricorrente nel caso di specie non possono rimettere in discussione la validità della valutazione della gravità dell’infrazione compiuta dalla Commissione.

280

Le censure della ricorrente contro la qualificazione dell’intesa come molto grave a causa della sua natura vanno dunque respinte.

L’impatto concreto dell’infrazione sul mercato rilevante

— Argomenti delle parti

281

La ricorrente sostiene che la Commissione non è stata in grado di dimostrare nella decisione impugnata un pregiudizio quantificabile.

282

A suo avviso, l’impatto dell’intesa sul mercato rilevante è stato limitato poiché, nel periodo compreso tra il 1992 e il 1998, i prezzi «al netto» sono rimasti al medesimo livello in termini reali nel Regno Unito e sono diminuiti dell’11% in Germania. La ricorrente sottolinea come la Commissione non abbia dato prova di effetti riscontrati sul mercato francese o su quello del Benelux e avrebbe inoltre omesso di dimostrare l’esistenza di un danno causato al consumatore.

283

La ricorrente poi sostiene che i prezzi e le quote di mercato hanno avuto, nel Regno Unito e in Germania, un’evoluzione prevedibile nel corso del periodo interessato, nell’ambito di un ritorno a condizioni più normali di concorrenza dopo una accesa guerra dei prezzi.

284

Essa riconosce che la riunione di Londra ha probabilmente accelerato la fine della guerra dei prezzi, ma nega che possa esserne stata l’unica causa. A suo avviso, la guerra dei prezzi in ogni caso sarebbe cessata.

285

La ricorrente sostiene altresì che gli scambi di informazioni hanno avuto effetti limitati. Al riguardo, essa afferma di aver utilizzato le informazioni ottenute solo per stabilire se vi fosse un nuovo clima nell’industria. Inoltre, il sig. [D] non aveva comunicato a nessuno le informazioni, tranne che una volta nel 1993. La mancanza di effetti dei suddetti scambi sarebbe confermata dall’esame degli elementi effettivamente scambiati. All’inizio gli scambi vertevano su dati annuali. Nel 1993, gli scambi erano divenuti semestrali e nel 1996 trimestrali. Tuttavia, non si verificavano su una base regolare. La ricorrente precisa inoltre che si trattava di informazioni di natura globale, espresse sotto forma di una cifra unica per l’intero mercato nazionale.

286

Riferendosi alle sentenze Deere/Commissione, citata supra, al punto 108, e 11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, citata supra, al punto 270, la ricorrente sostiene che le circostanze che hanno originato la presente causa sono completamente diverse da quelle all’origine delle due suddette sentenze. In tali cause, le informazioni scambiate erano molto più dettagliate e recenti.

287

Per quel che riguarda gli avvisi anticipati relativi agli aumenti dei prezzi di catalogo, la ricorrente sostiene che, quasi in tutti i casi, l’avviso anticipato precede solo di qualche giorno l’annuncio degli aumenti ai consumatori e che, a volte, è addirittura contemporaneo. Le informazioni, pertanto, non erano riservate nel momento in cui sono state comunicate. Inoltre, la ricorrente fa osservare che i prezzi del catalogo raramente corrispondono a quelli pagati dai clienti.

288

Essa altresì sostiene che la presunta infrazione non ha potuto causare alcun pregiudizio ai consumatori, poiché i clienti sono quasi tutti imprese commerciali dotate di un considerevole potere di acquisto e sono dunque in grado di negoziare degli sconti confrontando i vari produttori.

289

La ricorrente contesta poi la conclusione della Commissione secondo cui la concorrenza tende ad essere più limitata su un mercato oligopolistico. Essa sottolinea che la ripartizione delle quote di mercato è stata notevolmente modificata con considerevoli spostamenti della clientela.

290

Infine, la ricorrente ritiene che la Commissione non abbia dimostrato che l’infrazione aveva avuto un impatto sul mercato francese e su quello del Benelux. Il principale elemento di prova fatto valere dalla Commissione è che gli scambi di informazioni si estendevano ai suddetti mercati. Essa però non avrebbe fornito la prova di una condotta anticoncorrenziale relativa ai mercati stessi.

291

La Commissione sostiene che l’infrazione commessa ha prodotto effetti concreti a causa della natura stessa del mercato di cui trattasi.

292

Essa ritiene inoltre che la cessazione della guerra dei prezzi fosse uno dei principali obiettivi dell’intesa e che l’accordo vi abbia effettivamente posto fine. Quanto all’argomento della BPB secondo cui l’infrazione non era la sola ed unica causa della fine della guerra dei prezzi, essa sostiene che, anche se fosse vero, questo non minimizzerebbe affatto l’impatto dell’infrazione sul mercato rilevante.

293

Quanto agli scambi di informazioni, la Commissione osserva che essi venivano utilizzati per garantire la vigilanza del mercato ed impedire qualsiasi concorrenza giudicata troppo aggressiva dalle imprese di cui trattasi sui quattro mercati interessati.

294

Essa ritiene inoltre che il fatto che le imprese abbiano effettivamente annunciato gli aumenti dei prezzi concordati e che i prezzi così annunciati siano serviti come base per la fissazione dei prezzi di transazione individuali sia sufficiente, di per sé, a rilevare che l’accordo sui prezzi ha avuto per oggetto e per effetto una grave restrizione della concorrenza. Non vi sarebbe dunque necessità di stabilire se le variazioni dei prezzi di transazione ottenute siano evolute parallelamente a quelle dei prezzi annunciati per dimostrare che l’intesa ha prodotto un impatto concreto sul mercato di cui trattasi.

295

La Commissione afferma di non essere tenuta a dimostrare né che l’infrazione ha prodotto un pregiudizio quantificabile, né che i consumatori siano stati danneggiati. Tuttavia, riferendosi al punto 534 della decisione impugnata, essa sostiene che l’aumentata stabilità dei prezzi e delle quote di mercato è coerente con l’attuazione dell’intesa. Inoltre, essa sottolinea che il cartongesso viene utilizzato nell’industria edile, influenzando il prezzo delle abitazioni e, conseguentemente, i consumatori.

296

Quanto alla portata geografica dell’intesa, secondo la Commissione il fatto che l’attività anticoncorrenziale possa essere stata meno invasiva su alcuni mercati non significa che l’intesa non abbia funzionato sui mercati suddetti.

— Giudizio del Tribunale

297

Va ricordato che, ai sensi del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti, nel calcolare l’importo dell’ammenda in base alla gravità dell’infrazione la Commissione prende in considerazione, tra l’altro, «l’impatto concreto [dell’infrazione] sul mercato, quando sia misurabile».

298

Si deve a questo proposito analizzare l’esatto significato dei termini «quando l’impatto [vale a dire l’impatto concreto] sia misurabile». In particolare, si tratta di stabilire se, secondo l’accezione di tali termini, la Commissione possa tenere conto dell’impatto concreto di un’infrazione nell’ambito del suo calcolo delle ammende soltanto se, e nella misura in cui sia in grado di quantificare tale impatto.

299

Si deve inoltre osservare che la valutazione degli effetti degli accordi o delle pratiche ai sensi dell’art. 81 CE comporta la necessità di considerare la situazione concreta in cui gli stessi si inquadrano, e in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (sentenza ASNEF-EQUIFAX e Administración del Estado, cit. supra, al punto 106, punto 49).

300

Inoltre, l’esame dell’impatto di una intesa sul mercato implica necessariamente il ricorso a ipotesi. In questo contesto, la Commissione deve, in particolare, esaminare quale sarebbe stato il prezzo del prodotto in esame in assenza di intesa. Orbene, nel procedere all’esame delle cause della effettiva evoluzione dei prezzi, è azzardato speculare sul rispettivo ruolo di ciascuna delle dette cause. Si deve tener conto della circostanza obiettiva che, in ragione dell’intesa sui prezzi, le parti hanno rinunciato proprio alla loro libertà di farsi concorrenza sui prezzi. Pertanto, la valutazione dell’influenza derivante da fattori diversi dalla detta volontaria astensione dei partecipanti all’intesa è necessariamente fondata su ragionevoli probabilità, non quantificabili con esattezza.

301

Pertanto, a meno che non si voglia togliere l’effetto utile al criterio di cui al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti, non può rimproverarsi alla Commissione di aver preso a base l’impatto concreto di una intesa sul mercato avente un oggetto anticoncorrenziale, senza quantificare tale impatto e senza fornire in proposito dati di valutazione in cifre. Di conseguenza, l’impatto concreto di una intesa sul mercato deve essere considerato sufficientemente dimostrato se la Commissione è in grado di fornire indizi concreti e credibili che indicano, con ragionevole probabilità, che l’intesa ha avuto un impatto sul mercato.

302

Nel caso di specie, dalla sintesi dell’analisi compiuta dalla Commissione (v. punti 534-538 della decisione impugnata), emerge che essa si è basata su una serie di indizi per concludere circa l’esistenza di un reale effetto dell’intesa sul mercato. Essa ha difatti invocato il fatto che i partecipanti all’intesa possedevano la totalità o quasi dell’offerta del cartongesso sui quattro mercati oggetto dell’intesa. Inoltre, ha ritenuto che i diversi elementi dell’intesa fossero stati messi in pratica e, in particolare, che le imprese di cui trattasi avevano effettivamente modificato il loro comportamento dopo la riunione di Londra e che gli scambi di informazioni decisi erano stati attuati durante tutto il periodo considerato sui mercati principali e, più specificamente, sui mercati del Regno Unito e su quello tedesco. Per quel che riguarda i prezzi, riferendosi ai punti 212 e 395 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che essi avevano mostrato una tendenza ad aumentare o, quanto meno, a stabilizzarsi e che i contatti relativi ai rialzi dei prezzi erano effettivamente legati alla pubblicazione dei listini dei prezzi ulteriormente ripresi nei prezzi fatturati ai clienti. Inoltre, riferendosi ai punti 71, 196 e 289 della decisione impugnata e all’allegato alla decisione stessa, l’istituzione ha stimato che le quote di mercato erano state relativamente stabili nel corso del periodo considerato, più che durante il periodo precedente, compreso tra il 1988 e il 1992, qualificato dalle imprese di cui trattasi come periodo della guerra dei prezzi.

303

Sia il fatto che i partecipanti all’intesa possedevano la maggioranza (o la quasi totalità) del mercato rilevante, sia il fatto che gli accordi evidenziati erano specificamente diretti a portare i prezzi ad un livello superiore a quello che avrebbero raggiunto se essi non fossero stati conclusi costituiscono indizi che dimostrano che l’infrazione era in grado di produrre considerevoli effetti anticoncorrenziali.

304

Non si può quindi accusare la Commissione di aver ritenuto che il fatto che i partecipanti all’intesa detenessero una parte considerevole del mercato rilevante costituiva un fattore di rilievo di cui essa doveva tener conto nell’esaminare l’impatto concreto dell’intesa sul mercato. Non si può negare, infatti, che la probabilità che un’intesa sui prezzi e sulla stabilizzazione del mercato sia efficace aumenta con l’importanza delle quote di mercato che i partecipanti all’intesa si ripartiscono. Se è vero che, di per sé sola, detta circostanza non dimostra l’esistenza di un impatto concreto, è altresì vero che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha affatto dimostrato siffatta relazione causa-effetto, ma si è limitata a tenerne conto alla pari di altri elementi.

305

Quanto all’affermazione della Commissione secondo cui i prezzi effettivamente hanno avuto tendenza ad aumentare o, per lo meno, a stabilizzarsi (punto 534 della decisione impugnata), va sottolineato che la Commissione non presenta statistiche sull’evoluzione dei prezzi, ma si limita ad osservare che la BPB e la Lafarge nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti avevano comunicato che i prezzi sui mercati del Regno Unito e tedesco avevano mostrato una tendenza al rialzo o almeno alla stabilizzazione.

306

In proposito vanno messi in rilievo i seguenti elementi. In primo luogo, per quanto riguarda la risposta della Lafarge alla comunicazione degli addebiti, dal punto 58 della presente sentenza emerge che il Tribunale ha deciso, ad abundantiam, di non tenerne conto come elemento a carico della ricorrente. In secondo luogo, anche se la risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti potesse essere interpretata nel senso voluto dalla Commissione, ossia nel senso che per i mercati del Regno Unito e tedesco la stessa ricorrente avrebbe ammesso la tendenza al rialzo, o per lo meno alla stabilizzazione, dei prezzi, questa affermazione non vale per i mercati francese e del Benelux. In terzo luogo, dalla risposta della ricorrente alla comunicazione degli addebiti emerge che, nel periodo compreso tra il 1992 e il 1998, i prezzi praticati durante le transazioni erano rimasti al medesimo livello in termini effettivi nel Regno Unito ed erano diminuiti in Germania.

307

Orbene, una volta accertata l’attuazione di un’intesa, non si può esigere che la Commissione dimostri in modo sistematico che gli accordi hanno effettivamente permesso alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che vi sarebbe stato se l’intesa non fosse stata conclusa. Sarebbe sproporzionato esigere tale dimostrazione, che assorbirebbe risorse notevoli, richiedendo il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza può essere verificata solo con difficoltà dal giudice e la cui infallibilità non è affatto dimostrata (conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa definita dalla Corte con sentenza 16 novembre 2000, causa C-283/98 P, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. I-9855, in particolare pag. I-9858, paragrafo 109).

308

Nel caso di specie, dalla decisione impugnata e dalla stessa ammissione della ricorrente emerge che la guerra dei prezzi ha avuto termine cosa che, per definizione, ha prodotto l’effetto di portare i prezzi a livelli superiori a quelli che vi sarebbero stati in assenza di accordi illegittimi.

309

Inoltre, il fatto che i contatti relativi agli aumenti dei prezzi fossero legati alla pubblicazione dei listini successivamente ripresi nei prezzi fatturati ai clienti (punto 534 della decisione impugnata) ha avuto, per sua stessa natura, un’incidenza sul mercato e sul comportamento dei diversi attori, sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda, tenuto conto del fatto che tali annunci hanno influenzato il processo di fissazione dei prezzi, poiché il prezzo annunciato costituiva un riferimento in caso di negoziazione individuale dei prezzi di transazione con i clienti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-338/94, Finnboard/Commissione, Racc. pag. II-1617, punto 342), i quali necessariamente si sono visti limitare il margine di negoziazione dei prezzi (v., in tal senso, sentenza LVM/Commissione, cit. supra, al punto 234, punto 745).

310

Inoltre, la fissazione di un prezzo — sia pure meramente indicativo — pregiudica il gioco della concorrenza in quanto consente a ciascun partecipante all’intesa di prevedere con un ragionevole grado di certezza quale sarà la politica dei prezzi dei suoi concorrenti (sentenza della Corte 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereeniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 21). Più in generale, intese siffatte comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato (sentenza 11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra, al punto 270, punto 675). Infatti, esprimendo la volontà comune di applicare un certo livello di prezzi ai loro prodotti, i produttori interessati non determinano più autonomamente la loro politica sul mercato, pregiudicando in tal modo i principi inerenti alle norme del Trattato in materia di concorrenza (sentenza BPB de Eendracht/Commissione, cit. supra, al punto 270, punto 192)

311

Di conseguenza, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia debitamente dimostrato un impatto concreto dell’intesa sul mercato rilevante riguardo ai prezzi.

312

Quanto all’affermazione della Commissione contenuta al punto 534 della decisione impugnata, secondo cui le quote di mercato hanno conosciuto una stabilità relativa durante il periodo considerato a causa dell’infrazione di cui trattasi, va rilevato che si tratta di un’affermazione non confermata. Vero è che, dalla tabella contenuta nell’allegato alla decisione impugnata, cui fa riferimento la Commissione, emerge che in apparenza le quote di mercato durante il periodo compreso tra il 1992 e il 1998 sembravano relativamente stabili. Tuttavia, in assenza di dati riguardanti la situazione sul mercato rilevante precedentemente all’intesa, la suddetta tabella non è sufficiente a dimostrare che la stabilità, anche se accertata, sia stata conseguenza dell’infrazione in esame.

313

Per quel che riguarda gli scambi di informazioni, secondo una costante giurisprudenza si deve presumere, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo, come avvenuto nel caso di specie (v. sentenza HFB e a./Commissione, cit. supra, al punto 79, punto 216, e la giurisprudenza ivi citata).

314

Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale afferma che la Commissione ha debitamente dimostrato gli effetti dell’infrazione sul mercato rilevante, fatta eccezione per la stabilità delle quote di mercato. Considerata la gravità dei comportamenti in esame e la natura del mercato, si può altresì presumere che si siano prodotti effetti anche sul mercato francese e su quello del Benelux.

315

Occorre pertanto valutare ancora se il fatto che la Commissione non abbia dimostrato tutti i presunti effetti dell’infrazione abbia un’influenza sulla qualificazione di questa come molto grave e, di conseguenza, sull’importo dell’ammenda.

316

In proposito, va ricordato che la gravità delle infrazioni va accertata sulla scorta di un gran numero di elementi come, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 33).

317

Nella sentenza Michelin/Commissione, citata supra, al punto 273, il Tribunale ha dichiarato che la gravità dell’infrazione poteva essere accertata con riferimento alla natura e all’oggetto dei comportamenti abusivi e che, secondo una costante giurisprudenza, elementi relativi all’oggetto di un comportamento potevano rivestire rilevanza maggiore per la determinazione dell’importo dell’ammenda di quelli relativi ai suoi effetti (punti 258 e 259).

318

La Corte ha confermato tale approccio, considerando che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda. Elementi attinenti all’intenzionalità della condotta possono essere più rilevanti di quelli relativi ai detti effetti, soprattutto quando si tratti di violazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati (sentenza della Corte 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, cit. supra, al punto 180, punto 118).

319

Si deve inoltre ricordare che le intese orizzontali in materia di prezzo sono sempre state considerate tra le più gravi violazioni del diritto comunitario della concorrenza (sentenze del Tribunale Tate & Lyle e a./Commissione, cit. supra, al punto 154, punto 103, e 19 marzo 2003, causa T-213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II-913, punto 262).

320

Infine, si deve altresì sottolineare che la Commissione, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, non ha attribuito al criterio dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato un’importanza preponderante. Infatti la Commissione ha basato la sua valutazione anche su altri elementi, vale a dire sulla constatazione che l’infrazione doveva essere qualificata per sua stessa natura come molto grave (punti 528-530 della decisione impugnata) e sul fatto che il mercato geografico rilevante costituiva una parte importante del mercato comunitario, sotto il profilo geografico e del suo valore, rappresentando circa l’80% del valore complessivo del mercato stesso (punti 539-542).

321

Pertanto, alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, la Commissione ha qualificato giustamente l’infrazione come molto grave.

322

Inoltre, nell’ambito della sua competenza anche di merito e alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Tribunale ritiene che il fatto che gli effetti dell’infrazione siano stati dimostrati solo in parte non possa rimettere in discussione la valutazione dell’importo di base dell’ammenda fissato in base alla gravità, così come effettuata dalla Commissione.

La determinazione dell’importo di base dell’ammenda in base alla gravità dell’infrazione

— Argomenti delle parti

323

La ricorrente osserva che, ai sensi del punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti, un’infrazione molto grave può dar luogo all’applicazione di un’ammenda il cui importo di partenza da prendere in considerazione può essere superiore a EUR 20 milioni. Tenuto conto di tale disposizione, a suo parere, la Commissione dovrebbe spiegare in base a quale criterio ha optato per un importo superiore a EUR 20 milioni. In mancanza di tale spiegazione, potrebbe sembrare che l’importo sia stato stabilito a caso.

324

La ricorrente afferma che l’ammenda ad essa inflitta è altresì sproporzionata ed eccessiva rispetto al suo fatturato. L’ammenda difatti rappresenta il 18,1% del fatturato da essa realizzato in Europa con la produzione di cartongesso, il 24,3% del fatturato da essa realizzato con tale prodotto sui quattro mercati principali e il 44,4% del fatturato da essa realizzato sempre con lo stesso prodotto nel Regno Unito e in Germania nel 2001/2002. L’ammenda inoltre sarebbe eccessivamente elevata rispetto ai suoi fatturati in confronto con altre ammende inflitte per la stessa infrazione o per infrazioni analoghe.

325

Essa ritiene che, per valutare la proporzionalità dell’ammenda, il confronto con altre cause non sia irrilevante. La ricorrente si chiede quale sia il parametro che permette di valutare la proporzionalità se essa non è in grado di far valere che l’ammenda è sproporzionata rispetto a casi analoghi e contemporanei o rispetto al fatturato suo o a quello di altre imprese.

326

La ricorrente sostiene che il ritardo di almeno un anno con cui la Commissione ha adottato la decisione impugnata ha contribuito a farle subire l’imposizione di un’ammenda molto più elevata rispetto a quella che probabilmente le sarebbe stata inflitta se la decisione fosse stata adottata alla fine del 2001 anziché il 27 novembre 2002. Difatti, all’epoca la Commissione si sarebbe impegnata a distogliere l’attenzione del pubblico da una serie di insuccessi collezionati in una serie di cause in tema di concentrazioni, cercando quindi di trarre il massimo vantaggio politico dall’imposizione di «ammende pesanti» per l’intesa in esame.

327

La Commissione sostiene che gli importi di base fissati per ciascuna impresa presentano un nesso evidente e proporzionato tra di loro e dipendono dalla gravità dell’infrazione.

328

Essa spiega che i motivi che l’hanno indotta a stabilire l’importo di base a EUR 80 milioni sono indicati ai punti 545-549 della decisione impugnata e dichiara di non essere tenuta a motivare oltre la sua scelta.

329

La Commissione sostiene che qualsiasi paragone con le ammende inflitte nelle altre cause è privo di rilievo, giacché essa stabilisce l’importo delle ammende caso per caso e, comunque, può aumentare l’importo generale delle ammende entro i limiti fissati dal regolamento n. 17 quando ciò sia necessario per garantire l’attuazione della politica della concorrenza. Essa presenta una tabella degli importi di base di ammende inflitte in cause relative a mercati aventi un valore più elevato, per dimostrare che l’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente non è più elevato rispetto a quelli delle ammende applicate in altre cause, e che esso è al contrario nettamente inferiore allorché si tiene conto della dimensione del mercato in esame. Precisa inoltre che essa non tenta di giustificare l’importo di base con riferimento alla suddetta tabella, la quale si riferisce soltanto ad uno degli elementi considerati all’atto della valutazione dell’importo di base.

330

Infine, la Commissione sostiene che la BPB non ha dimostrato che vi fosse un ritardo eccessivo tenuto conto della complessità della causa, né ha provato che tale ritardo abbia compromesso i diritti della difesa. Le affermazioni della BPB sul clima politico sono pure speculazioni prive di rapporto con il problema della legittimità dell’ammenda inflitta.

— Giudizio del Tribunale

331

Con riferimento alla portata dell’obbligo di motivazione relativo al calcolo di un’ammenda inflitta per violazione delle regole comunitarie della concorrenza, occorre ricordare che quest’ultima dev’essere determinata in base alle disposizioni di cui all’art. 15, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 17, ai sensi del quale «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata». Al riguardo, sia gli orientamenti, sia la comunicazione sulla cooperazione contengono regole indicative sugli elementi di valutazione di cui la Commissione si avvale per misurare la gravità e la durata dell’infrazione (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II-2473, punto 217). Di conseguenza, i requisiti della formalità sostanziale costituita dall’obbligo di motivazione sono soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione di cui essa ha tenuto conto nell’applicare i suoi orientamenti e, all’occorrenza, la sua comunicazione sulla cooperazione, elementi che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione ai fini del calcolo dell’ammenda (sentenza Cheil Jedang/Commissione, cit., punto 218).

332

Vero è che, nel caso di specie, la Commissione non ha indicato cifre diverse da quelle relative alle quote di mercato delle imprese di cui trattasi, sulla base delle quali ha fissato a EUR 80 milioni l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

333

Tuttavia, non spetta alla Commissione, in virtù dell’obbligo di motivazione, indicare nella propria decisione i dati numerici relativi al metodo di calcolo delle ammende (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. I-9925, punto 66).

334

Quanto all’indicazione di dati numerici relativi alle modalità di calcolo delle ammende, tali dati, per quanto utili, non sono indispensabili ai fini del rispetto dell’obbligo di motivazione di una decisione che infligge ammende, fermo restando, in ogni caso, che la Commissione non può, ricorrendo esclusivamente e meccanicamente a formule aritmetiche, rinunciare ad avvalersi del proprio potere discrezionale (sentenza della Corte 2 ottobre 2003, causa C-182/99 P, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. I-10761, punto 75).

335

Infatti, per quel che riguarda la motivazione della fissazione dell’importo delle ammende in termini assoluti, va ricordato che le ammende sono uno strumento della politica della concorrenza della Commissione, la quale deve disporre di un margine di discrezionalità nel fissare i loro importi al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole sulla concorrenza (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59).

336

Inoltre, occorre evitare che le ammende siano facilmente prevedibili dagli operatori economici. Infatti, se la Commissione fosse tenuta a indicare nella sua decisione i dati numerici relativi alle modalità di calcolo dell’importo delle ammende, verrebbe compromesso l’effetto dissuasivo delle stesse. Se l’importo dell’ammenda fosse il risultato di un calcolo che risponde ad una semplice formula matematica, le imprese potrebbero prevedere l’eventuale sanzione e bilanciarla con i benefici che trarrebbero dalla violazione delle regole del diritto della concorrenza.

337

Nel caso di specie, va rilevato che, ai punti 522-553 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato gli elementi presi in considerazione per calcolare l’importo delle ammende a titolo di gravità dell’infrazione di ciascuna delle imprese interessate. Dai punti sopra menzionati deriva che la Commissione ha spiegato in modo chiaro e dettagliato il ragionamento seguito, dando così modo alla ricorrente di conoscere gli elementi di valutazione tenuti in considerazione per misurare la gravità dell’infrazione ai fini del calcolo dell’ammenda e consentendo al Tribunale di esercitare il suo controllo. Si deve pertanto concludere che la decisione impugnata risponde al criterio di motivazione che incombe sulla Commissione in forza dell’art. 253 CE.

338

Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui l’ammenda sarebbe sproporzionata ed eccessiva rispetto al suo fatturato, è sufficiente ricordare che la Commissione, non essendo tenuta ad effettuare il calcolo dell’ammenda a partire dagli importi basati sul fatturato delle imprese interessate, non è nemmeno tenuta ad assicurare, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende a cui è giunto il suo calcolo per le imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra le stesse imprese in ordine al loro fatturato complessivo o al loro fatturato realizzato sul mercato del prodotto rilevante (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. supra, al punto 90, punti 255 e 312).

339

Inoltre, il diritto comunitario non contiene un principio di applicazione generale secondo cui la sanzione dev’essere proporzionata all’importanza dell’impresa sul mercato dei prodotti oggetto dell’infrazione (sentenza della Corte 18 maggio 2006, causa C-397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I-4429, punto 101).

340

L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non impone neppure che, qualora delle ammende vengano inflitte a più imprese implicate in una medesima infrazione, l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa di dimensioni piccole o medie non sia superiore, in termini di percentuale del fatturato, a quello delle ammende inflitte alle imprese più grandi. Infatti, risulta dalla detta disposizione che, tanto per le imprese di dimensioni piccole o medie quanto per le imprese di dimensioni superiori, occorre prendere in considerazione, per determinare l’importo dell’ammenda, la gravità e la durata dell’infrazione. Qualora la Commissione infligga, alle imprese implicate in una medesima infrazione, ammende giustificate, per ciascuna di esse, in rapporto alla gravità e alla durata dell’infrazione, non può addebitarsi alla detta istituzione il fatto che, per talune di queste imprese, l’importo dell’ammenda sia superiore, in proporzione al fatturato, a quello di altre imprese (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-21/99, Dansk Rørindustri/Commissione, Racc. pag. II-1681, punto 203).

341

Va respinto anche l’argomento della ricorrente secondo cui il carattere sproporzionato dell’ammenda inflitta è manifesto qualora tale ammenda venga confrontata con quella inflitta ad altre imprese in casi analoghi. Infatti, la Commissione non può essere obbligata a fissare ammende proporzionate ai fatturati e perfettamente coerenti rispetto a quelle fissate in altri casi precedenti.

342

Occorre sottolineare, a questo proposito, che la prassi decisionale antecedente della Commissione non funge di per sé quale quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza. Il fatto che la Commissione abbia applicato, in passato, ammende di un certo livello a taluni tipi di infrazioni non vale a privare la detta istituzione della possibilità di aumentare tale livello entro i limiti indicati dal regolamento n. 17, ove ciò sia necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza (sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, cit. supra, al punto 278, punto 109).

343

Occorre aggiungere che la gravità delle infrazioni va accertata sulla scorta di un gran numero di elementi come, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. supra, al punto 316, punto 33, e sentenza LR AF 1998/Commissione, cit. supra, al punto 275, punto 236). Orbene, i dati pertinenti, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi in questione variano da caso a caso. Ne consegue che la Commissione non può essere obbligata ad infliggere alle imprese ammende rispecchianti la medesima proporzione dei loro fatturati in tutti i casi paragonabili sotto il profilo della gravità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 gennaio 2004, causa T-67/01, JCB Service/Commissione, Racc. pag. II-49, punti 187-189).

344

A questo proposito, occorre ricordare che il Tribunale, nell’ambito della sua competenza anche di merito che gli è riconosciuta dagli artt. 229 CE e 17 del regolamento n. 17, è competente a valutare il carattere adeguato dell’importo delle ammende.

345

Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che l’infrazione sia particolarmente grave, tenuto conto di alcuni elementi, come la Commissione fa osservare ai punti 534, 535 e 539-542 della decisione impugnata. In particolare, si tratta del carattere oligopolistico del mercato e del fatto che l’infrazione di cui trattasi colpiva la totalità o la quasi totalità dell’offerta di cartongesso sui quattro mercati nazionali oggetto dell’intesa. Inoltre, la dimensione del mercato considerato era notevole, tanto a livello geografico quanto in termini di valore. Difatti, i quattro mercati interessati erano i principali mercati comunitari di cartongesso e rappresentavano circa l’80% del valore complessivo del mercato comunitario che, nell’ultimo anno completo dell’infrazione, era pari a EUR 1,21 miliardi. Infine, tenuto conto della natura del prodotto rilevante, l’intesa ha necessariamente avuto un impatto su una parte notevole del mercato edile e ha colpito quindi un settore di grande importanza per l’economia complessiva.

346

Del resto, non sembra che l’importo di base fissato in funzione della gravità dell’infrazione nel caso di specie sia più elevato rispetto a quello inflitto in altre cause, tenuto conto delle dimensioni del mercato di cui trattasi. Tuttavia, questo confronto non implica che la dimensione del mercato rilevante sia il criterio migliore o il solo criterio per confrontare le ammende inflitte in intese diverse. Una comparazione tra più intese è infatti difficile, dato che numerosi sono gli elementi che la Commissione può prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione. Inoltre, come già ricordato supra, al punto 342, in ogni caso simile confronto può effettuarsi solo a titolo indicativo, dal momento che la prassi decisionale della Commissione non può fungere quale quadro giuridico-normativo per le ammende in materia di concorrenza.

347

Tenuto conto dei numerosi elementi che rendono l’infrazione particolarmente grave nel caso di specie (v. supra, punto 345), il Tribunale ritiene che l’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente, stabilito in funzione della gravità dell’infrazione, sia proporzionato.

348

Infine, va respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la sua sanzione sarebbe stata meno elevata se la Commissione avesse concluso prima il procedimento amministrativo, dato che soltanto di recente essa ha aumentato il livello generale delle sanzioni. Difatti, anche ammettendo che il livello generale delle ammende sia aumentato durante il procedimento amministrativo, è sufficiente ricordare che il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza, ma che, al contrario, l’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (sentenze Musique diffusion française e a./Commissione, cit. supra, al punto 273, punto 109, e 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. supra, al punto 90, punto 169).

349

Da quanto precede deriva che vanno respinti gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che l’importo di base dell’ammenda stabilito in funzione della gravità dell’infrazione era sproporzionato.

La durata dell’infrazione

Argomenti delle parti

350

Secondo la ricorrente, la Commissione ha erroneamente valutato la durata della presunta infrazione sulla base di elementi isolati e distinti. La Commissione avrebbe a torto ritenuto che essa aveva commesso un’infrazione durata dal 31 marzo 1992 al 25 novembre 1998, ossia 6 anni e 7 mesi, il che costituiva un’infrazione di lunga durata che giustificherebbe una maggiorazione del 65% dell’importo di base dell’ammenda.

351

La ricorrente sostiene che le presunte infrazioni si suddividono in due periodi separati. Il primo comprenderebbe la riunione di Londra e lo scambio di informazioni tra il sig. [A] e i cugini della famiglia Knauf dal 1992 sino all’inizio o alla metà del 1993, e il secondo comprenderebbe gli scambi di informazioni dalla metà o dalla fine del 1993 fino al 1998 tra il sig. [D] e i P.-D.G. delle altre imprese interessate. Questi eventi sarebbero privi di rapporto con altre presunte infrazioni, che si sarebbero verificate tra il 1994 e il 1998, nonché con lo scambio di dati relativi alle vendite realizzate nel Regno Unito tra la metà del 1992 e il febbraio 1998.

352

Di conseguenza, la ricorrente sostiene che non esiste un accordo complesso e continuato e che, ai sensi de regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), le infrazioni commesse prima del periodo di cinque anni, e terminate all’inizio delle ispezioni della Commissione, sono prescritte e non possono essere sanzionate con ammenda.

353

La ricorrente poi sottolinea che il sig. [D] ha proseguito con gli scambi di informazioni nel marzo e nel novembre 1998, sebbene essa glielo avesse vietato nel marzo 1998. La ricorrente sostiene che non può essere ritenuta responsabile delle azioni di un dipendente che trasgredisce le istruzioni impartitegli e che il termine dell’infrazione dovrebbe quindi essere fissato alla fine del marzo 1998.

354

Ancora, la ricorrente sostiene che gli orientamenti non chiariscono se la Commissione possa tener conto di frazioni di anni. A favore di un’interpretazione rigorosa degli orientamenti, essa considera che la Commissione avrebbe potuto infliggere al massimo una maggiorazione del 60% dell’importo di base anziché del 65%, pari al 10% per ogni anno completo di infrazione.

355

La ricorrente fa altresì notare che la Commissione non dovrebbe sempre applicare una maggiorazione del 10%, come ha fatto automaticamente in tutte le cause recenti relative ad intese. Nel determinare la maggiorazione dell’ammenda, la Commissione dovrebbe tener conto di tutte le circostanze rilevanti della causa. Essa aggiunge che questa prassi è stata seguita dalla Commissione nelle sue decisioni 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/35.733 — VW) (GU L 124, pag. 60), e 21 dicembre 2000, 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP.F.1/35.918 — JCB) (GU 2002, L 69, pag. 1), nonché nella causa dei tubi preriscaldati, nelle quali aveva tenuto conto dell’intensità dell’infrazione durante periodi diversi.

356

La Commissione sostiene che gli argomenti dedotti dalla BPB sono un nuovo tentativo di negare l’infrazione unica, complessa e continuata da essa accertata nella decisione impugnata.

357

Per quanto riguarda il comportamento del sig. [D], la Commissione sostiene di non essere tenuta a distinguere tra i diversi organi dell’impresa, alcuni dei quali partecipavano attivamente all’intesa mentre altri tentavano di porvi fine.

358

Secondo la Commissione, negli orientamenti non viene mai suggerito che essa debba limitarsi a maggiorare l’importo delle ammende per gli anni completi dell’infrazione. Il rischio di una forte maggiorazione a seconda della durata dell’infrazione rafforza necessariamente la spinta a denunciarla o a collaborare con l’istituzione. Un approccio diverso sarebbe difatti contrastante con il suo obiettivo dichiarato di aumentare l’importo dell’ammenda in base alla durata dell’infrazione.

Giudizio del Tribunale

359

Gli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare che si tratta di infrazioni distinte, e che pertanto parte di esse sarebbe prescritta, si confondono con quelli esposti nell’ambito del terzo motivo. Poiché il Tribunale ha dichiarato in precedenza che la Commissione non era incorsa in errore considerando che si trattava di un’infrazione unica e continuata, gli argomenti della ricorrente vanno respinti.

360

Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la sua partecipazione all’infrazione sarebbe cessata già dalla fine del marzo 1998 se il sig. [D] non avesse disobbedito alle sue istruzioni, esso è privo di rilievo. Un’impresa, ossia un’unità economica consistente in un complesso di elementi personali, materiali ed immateriali (sentenza della Corte 13 luglio 1962, causa 19/61, Mannesmann/Alta Autorità, Racc. pag. 675, in particolare pagg. 705 e 706), è diretta dagli organi previsti nel suo statuto e qualsiasi decisione con cui viene ad essa inflitta un’ammenda può essere diretta alla direzione statutaria dell’impresa (consiglio di amministrazione, comitato direttivo, presidente, gestore, ecc.). Le regole sulla concorrenza sarebbero facilmente aggirate se si imponesse alla Commissione, di fronte al comportamento illecito di un’impresa, di verificare e di dimostrare chi è l’autore dei diversi comportamenti, il che potrebbe impedirle di sanzionare l’impresa che ha beneficiato dell’accordo.

361

Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo cui gli orientamenti non chiarirebbero se la Commissione può tener conto di frazioni di anni, è sufficiente rilevare che gli orientamenti non impediscono affatto di tener conto della durata effettiva dell’infrazione nell’ambito del calcolo dell’importo dell’ammenda. Siffatto approccio è assolutamente logico e ragionevole e in ogni caso rientra nell’ambito del potere discrezionale della Commissione.

362

Per quel che riguarda la contestazione da parte della ricorrente del fatto che la Commissione ha applicato automaticamente il tasso massimo del 10% annuo, si deve ricordare che il punto 1 B, primo comma, terzo trattino, degli orientamenti non stabilisce una maggiorazione automatica del 10% annuo per le infrazioni di durata media, ma lascia al riguardo un potere discrezionale alla Commissione (sentenza Cheil Jedang/Commissione, cit. supra, al punto 331, punto 134).

363

Nel caso di specie, al punto 554 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che BPB aveva commesso l’infrazione durante sei anni e sette mesi, corrispondenti ad una durata lunga ai sensi degli orientamenti, ed ha quindi aumentato del 65% l’importo dell’ammenda inflitta a causa della gravità dell’infrazione. Ne consegue che la Commissione ha rispettato le regole che si era imposta negli orientamenti. Inoltre, il Tribunale ritiene che l’aumento del 65%, tenuto conto della durata dell’infrazione, non sia sproporzionato nel caso di specie.

364

Quanto all’affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione non avrebbe tenuto conto della diversa intensità dell’infrazione durante il periodo considerato, occorre ricordare che si procede all’aumento applicando una determinata percentuale all’importo di partenza stabilito in base alla gravità complessiva dell’infrazione, il che già riflette le diverse intensità dell’infrazione. Difatti, non sarebbe logico tener conto di una variazione nell’intensità dell’infrazione durante il periodo considerato, al momento di aumentare il suddetto importo a causa della durata dell’infrazione.

365

Quanto al fatto che, secondo la BPB, nelle altre cause relative a restrizioni di natura e di durata simili la Commissione avrebbe applicato aumenti, a causa della durata dell’infrazione, di livello inferiore a quello cui ha proceduto nel caso di specie, è sufficiente sottolineare che la precedente prassi decisionale della Commissione non può fungere da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza, dato che quest’ultimo è definito unicamente nell’ambito del regolamento n. 17 e gli operatori economici non possono riporre un legittimo affidamento nella conservazione di una situazione esistente che può essere modificata dalla Commissione nell’ambito del suo potere discrezionale (sentenza 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. supra, al punto 90, punto 171).

366

Di conseguenza, la censura relativa al carattere erroneo della maggiorazione dell’importo dell’ammenda a titolo della durata dell’infrazione va respinto.

La recidiva

Argomenti delle parti

367

Secondo la ricorrente la maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva, ossia EUR 66 milioni, è eccessivo e sproporzionato.

368

In primo luogo, essa sostiene che il ruolo svolto dalla sua controllata nella precedente infrazione è stato di minore importanza e passivo [decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/C/33.833 — Cartoncino) (GU L 243, pag. 1)]. Pertanto, in definitiva alla sua controllata era stata applicata un’ammenda di soli EUR 750000. Inoltre, l’infrazione precedente era stata sanzionata oltre otto anni prima della pubblicazione della decisione impugnata. Secondo la ricorrente, la Commissione non può stabilire meccanicamente un aumento in base all’esistenza di un’infrazione precedente, ma dovrebbe tener conto di tutte le circostanze di quest’ultima: la sua natura, le condizioni nelle quali è stata commessa, il tempo trascorso dalla sua realizzazione e la sanzione comminata. La ricorrente fa riferimento a vari ordinamenti giuridici per sostenere che la natura di tutte le infrazioni precedenti e il tempo trascorso dalla loro realizzazione vengono presi in considerazione dai giudici che vogliano applicare una maggiorazione della sanzione a titolo di recidiva.

369

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non può aumentare l’ammenda a titolo di recidiva quando la prima e la seconda infrazione sono concomitanti. Nel caso di specie, la decisione adottata nel caso Cartoncino (v. supra, punto 368) è stata adottata il 13 luglio 1994, e quindi solo a partire da questa data si sarebbe dovuta applicare la maggiorazione del 50%. Pertanto, secondo la ricorrente la maggiorazione dovrebbe essere ridotta a EUR 43,7 milioni. Considerando la situazione sotto un diverso profilo, il fattore aggravante dovrebbe essere applicato unicamente all’ammenda maggiorata a titolo della durata dell’infrazione a partire dal luglio 1994. In tal caso, la somma da aggiungere a titolo di circostanze aggravanti sarebbe pari ad EUR 56 milioni.

370

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la maggiorazione è eccessiva e sproporzionata, perché supera l’importo di partenza dell’ammenda applicata a causa della gravità dell’infrazione alla Knauf, alla Lafarge e alla Gyproc.

371

In quarto luogo, essa afferma che la maggiorazione ha superato la riduzione del 30% che le è stata accordata in riconoscimento della sua collaborazione con la Commissione nella causa in esame. A suo dire, le riduzioni concesse a causa della collaborazione dovrebbero essere effettive e non venire neutralizzate a causa della maggiorazione per recidiva.

372

In quinto luogo, la ricorrente sostiene che esiste una sola decisione della Commissione, quella relativa alla causa British Sugar (v. supra, punto 264) nella quale la maggiorazione è stata più elevata, ossia il 75% dell’importo di base e che, in detta causa, la maggiorazione era dovuta al ruolo di istigatore svolto dalla British Sugar nella prima infrazione. Tenuto conto delle circostanze della suddetta causa, nonché della decisione della Commissione 20 giugno 2001, 2002/405/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 82 [CE] (COMP/E-2/36.041/PO — Michelin) (GU 2002, L 143, pag. 1), la ricorrente sostiene che la maggiorazione del 50% ad essa applicata è eccessiva.

373

Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione le ha applicato la stessa maggiorazione a titolo di recidiva inflitta alla Lafarge, malgrado l’infrazione da questa compiuta nell’ambito della causa che ha dato luogo alla decisione della Commissione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura d’applicazione dell’articolo [81 CE] (Caso IV/33.126 e 33.322 — Cemento) (GU L 343, pag. 1), fosse più grave di quella sanzionata nella causa Cartoncino. Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto tener conto delle differenze esistenti tra i due precedenti accordi, specie del ruolo significativo della Lafarge, della lunga durata dell’accordo cui questa aveva preso parte e del fatto che le era stata inflitta un’ammenda di EUR 14,9 milioni per tale infrazione. Non avendo tenuto conto di tali differenze e imponendo la stessa maggiorazione del 50% ad entrambe le imprese, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento.

374

La Commissione considera la recidiva una circostanza aggravante in quanto l’impresa interessata commette una nuova infrazione mentre è già stata sanzionata per un’infrazione del medesimo tipo ed è quindi stata evidentemente avvisata dell’illegittimità del suo comportamento, che non avrebbe dovuto reiterare.

375

Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la prima e la seconda infrazione sarebbero concomitanti e la maggiorazione avrebbe dovuto essere applicata di conseguenza, la Commissione sostiene che tale affermazione non tiene conto del fatto che la maggiorazione è volta a sanzionare la volontà di un’impresa, alla quale già in passato sono state inflitte sanzioni, di violare le regole della concorrenza.

376

Sapere se la maggiorazione per recidiva sia superiore o inferiore all’importo di partenza dell’ammenda inflitta ad altre imprese o rispetto alla riduzione concessa a causa della collaborazione della BPB sarebbe del tutto privo di rilievo.

377

Secondo la Commissione, la BPB ha aggiunto un motivo di censura che non compariva nel ricorso, ossia il fatto che la Commissione avrebbe dovuto tener conto del tempo trascorso dall’infrazione precedente che, come specificato nella replica, ha avuto luogo «oltre otto anni prima della pubblicazione della decisione nel caso di specie». Tale censura sarebbe irricevibile, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

Giudizio del Tribunale

378

Dalla giurisprudenza emerge che il fatto di tener conto di circostanze aggravanti, in sede di fissazione delle ammende, risponde al compito della Commissione di garantire la conformità alle norme sulla concorrenza (sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C-308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I-5977, punto 71).

379

Infatti, un’eventuale recidiva figura tra gli elementi che vanno presi in considerazione nell’analizzare la gravità dell’infrazione in esame (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. supra, al punto 36, punto 91).

380

L’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe correttamente tenuto conto di tutte le circostanze dell’infrazione precedente dev’essere respinto.

381

Innanzi tutto, per quel che riguarda il tempo trascorso tra le due infrazioni, è pacifico che la prima infrazione è stata sanzionata dopo che era iniziata l’infrazione in esame.

382

Conformemente ad una consolidata giurisprudenza, la Commissione dispone di un potere discrezionale riguardo alla scelta degli elementi da prendere in considerazione ai fini della determinazione dell’importo delle ammende, come le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza necessità di riferirsi ad un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54; sentenza 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 33).

383

Dev’essere sottolineato che la constatazione e la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva rientrano nel detto potere della Commissione e che quest’ultima non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per una constatazione del genere. Infatti, la recidiva rappresenta un elemento importante che la Commissione è chiamata a valutare, dato che la sua presa in considerazione è diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento. Pertanto, la Commissione può, in ogni singolo caso, prendere in considerazione quei fattori che confermano tale tendenza, incluso, ad esempio, il tempo trascorso tra le infrazioni stesse.

384

Al riguardo, occorre rilevare che secondo il Tribunale il fatto che siano trascorsi meno di dieci anni tra gli accertamenti di due infrazioni dimostrava la propensione di un’impresa a non trarre le debite conseguenze da una constatazione nei suoi confronti di una violazione delle regole in materia di concorrenza (sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T-38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II-4407, punti 354 e 355).

385

A maggior ragione, nel caso di specie la storia delle infrazioni accertate nei confronti della ricorrente attesta la sua propensione a non trarre le debite conseguenze dalla constatazione nei suoi riguardi di una violazione delle regole in tema di concorrenza, poiché, pur essendo già stata oggetto di misure precedenti della Commissione adottate con la decisione Cartoncino, la ricorrente ha continuato per oltre quattro anni a partecipare attivamente all’accordo in oggetto dopo la notifica della detta decisione.

386

Di conseguenza, non occorre esaminare l’argomento della Commissione riguardante l’irricevibilità dell’argomento della ricorrente relativo al tempo trascorso tra la sanzione della prima infrazione e la pubblicazione della decisione impugnata.

387

Inoltre, per quanto riguarda le caratteristiche dei comportamenti precedenti, la nozione di recidiva non comporta necessariamente la constatazione di una previa sanzione pecuniaria, ma solo quella di una previa violazione del diritto comunitario della concorrenza (sentenza Groupe Danone/Commissione, cit. supra, al punto 384, punto 363).

388

Difatti, la presa in considerazione della recidiva è diretta a indurre le imprese che hanno dimostrato una tendenza a violare le regole della concorrenza a mutare il loro comportamento, allorché una precedente constatazione dell’infrazione da esse commessa non si è rivelata sufficiente a prevenire la reiterazione di un comportamento illecito. L’elemento dominante della recidiva non è quindi la previa imposizione di un’ammenda, né tanto meno l’importo di questa, ma l’accertamento preliminare di un’infrazione.

389

Infine, la ricorrente non sostiene neppure che l’infrazione per cui la sua controllata è stata sanzionata nell’ambito della causa Cartoncino non è un’infrazione dello stesso tipo di quella che costituisce oggetto del presente caso.

390

Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in errore quando ha affermato, nel caso di specie, che le circostanze particolari della causa, segnatamente il fatto che la stessa impresa aveva già subito un accertamento di infrazione e che, malgrado tale accertamento e la sanzione inflitta, aveva continuato a partecipare ad un’infrazione analoga contro la stessa disposizione del Trattato, costituivano una recidiva.

391

L’argomento della ricorrente secondo cui, in caso di concomitanza tra la prima e la seconda infrazione, la Commissione potrebbe aumentare l’importo dell’ammenda per recidiva solo dal momento dell’adozione della prima decisione che sanziona una delle due infrazioni, va respinto.

392

Vero è che una politica di sanzione della recidiva ha un effetto utile nei confronti dell’autore di un’infrazione solo se la minaccia di una sanzione più grave in caso di nuova infrazione possa spingerlo a modificare il suo comportamento. Difatti, la presa in considerazione della recidiva si giustifica con la necessità di ulteriore dissuasione testimoniata dal fatto che una precedente constatazione di infrazione non è stata sufficiente ad impedire la reiterazione dell’infrazione stessa. La recidiva infatti si configura per forza dopo l’accertamento e dopo la sanzione della prima infrazione, e si spiega con il fatto che quest’ultima non è stata sufficientemente dissuasiva.

393

Al riguardo, nella sentenza 11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, citata supra, al punto 270, il Tribunale ha rilevato che la decisione della Commissione era viziata da un errore di diritto in quanto l’aumento dell’importo dell’ammenda inflitta alla Thyssen Stahl AG era giustificato dalla considerazione che la Commissione aveva già sanzionato tale impresa per infrazioni analoghe con la decisione 18 luglio 1990, 90/417/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 del trattato CECA concernente l’accordo e le pratiche concordate, posti in essere dai produttori europei di prodotti piatti di acciaio inossidabili laminati a freddo (GU L 220, pag. 28) mentre il periodo di infrazione accertato nei confronti della Thyssen Stahl, estendentesi dal 30 giugno 1988 alla fine del 1990, era in massima parte antecedente a quest’ultima decisione (punti 617-625).

394

Orbene, contrariamente alla causa che ha dato origine alla sentenza 11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, citata supra, al punto 270, in cui la maggior parte dell’infrazione si è verificata anteriormente alla prima decisione, nel caso di specie la BPB ha continuato a partecipare all’accordo di cui trattasi per oltre quattro anni dopo la decisione adottata nella causa Cartoncino.

395

Come ricordato supra, al punto 382, la valutazione delle caratteristiche specifiche di una recidiva dipende dalla valutazione delle circostanze del caso di specie da parte della Commissione, nell’ambito del suo potere discrezionale.

396

Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene che la Commissione non abbia ecceduto il suo potere discrezionale affermando che il fatto che la BPB avesse continuato a partecipare, dopo la prima constatazione di infrazione, ad un’infrazione analoga contro la stessa disposizione del Trattato per oltre quattro anni, costituiva una recidiva, aumentando di conseguenza l’importo dell’ammenda per tale motivo.

397

Per quel che riguarda il livello di tale aumento, il Tribunale ricorda che nella determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione dispone di un potere discrezionale. Al riguardo, essa non è tenuta ad applicare precise formule matematiche (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra, al punto 273, punto 292).

398

Inoltre, in una prospettiva di dissuasione, la recidiva costituisce una circostanza che giustifica un notevole aumento dell’importo base dell’ammenda, poiché infatti prova che la sanzione precedentemente imposta non è stata abbastanza dissuasiva (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra, al punto 273, punto 293).

399

Per quanto riguarda il tasso di aumento applicato nel caso di specie, il Tribunale ritiene che esso sia proporzionato. In proposito, occorre sottolineare che la decisione adottata nella causa Cartoncino e la decisione impugnata riguardano infrazioni analoghe. Le conseguenze di tale constatazione non possono essere messe in discussione dall’affermazione della ricorrente secondo cui il ruolo svolto dalla sua controllata nella causa Cartoncino era stato di minore importanza e di tipo passivo. Quel che rileva, difatti, è che, nonostante l’accertamento di una violazione del diritto comunitario della concorrenza, l’impresa di cui si tratta abbia continuato a violarlo. Di conseguenza, la Commissione era legittimata ad aumentare l’importo di base dell’ammenda del 50% per orientare il comportamento della ricorrente nel senso del rispetto delle regole del Trattato in materia di concorrenza.

400

Inoltre, va respinto l’argomento della ricorrente diretto a dimostrare che l’aumento a titolo di recidiva non era proporzionato, in quanto tale argomento si basa in sostanza sul fatto che l’importo dell’aumento in termini assoluti, ossia EUR 66 milioni, sarebbe sproporzionato.

401

Infatti, fissando un aumento a titolo di recidiva, la Commissione può limitarsi ad esaminare quale sarebbe la percentuale proporzionata senza tener conto dell’ammontare in termini assoluti dell’aumento dell’importo di base dell’ammenda cui porta l’applicazione di tale percentuale. Fintanto che la percentuale di aumento non è eccessiva, l’importo dell’aumento in termini assoluti è solo la conseguenza matematica dell’applicazione di tale percentuale all’importo di base, la cui proporzionalità rispetto alla gravità e alla durata dell’infrazione di cui trattasi costituisce oggetto di un esame a parte.

402

Ne consegue che l’aumento del 50% dell’importo di base dell’ammenda della ricorrente a titolo di recidiva non è sproporzionato.

403

Per quel che riguarda la prassi precedente della Commissione, la ricorrente afferma che esiste una sola decisione della Commissione, relativa alla causa British Sugar, in cui l’aumento è stato più elevato (75%) e che, in detta causa, l’aumento si basava sul ruolo istigatore svolto dalla British Sugar nella prima infrazione. Tenuto conto delle circostanze di tale causa, la ricorrente sostiene che la maggiorazione del 50% ad essa inflitta è eccessiva.

404

Per quanto riguarda i confronti con altre decisioni che la Commissione adotta quando infligge ammende per violazione delle norme sulla concorrenza, tali decisioni possono essere aver rilievo alla luce del rispetto del principio di parità di trattamento solo se si dimostra che i dati relativi alle circostanze dei casi che riguardano queste altre decisioni sono identici a quelli del caso di specie (v. in tal senso, JCB Service/Commissione, cit. supra, al punto 343, punto 187).

405

Ebbene, la ricorrente non ha fornito elementi sufficienti a concludere che tali condizioni fossero soddisfatte nel caso di specie. In particolare, deve rilevarsi che essa non invoca decisioni contemporanee a quella della causa in esame, in cui la Commissione avrebbe applicato una percentuale di aumento meno elevata per circostanze analoghe a quelle del caso di specie. Quanto al riferimento alla decisione Michelin, in cui la società Michelin è stata sanzionata a titolo di recidiva per un sistema di sconti volto a fidelizzare i rivenditori, si tratta con evidenza di circostanze diverse da quelle del caso de quo, poiché un siffatto sistema di sconti non si può assimilare, per quel che riguarda la gravità della violazione del diritto comunitario della concorrenza, ad un accordo segreto sui prezzi e sulla stabilizzazione di un mercato di considerevole valore.

406

In ogni caso, il mero fatto che, in un’altra decisione, la Commissione abbia maggiorato diversamente un importo base per comportamento recidivo non implica che essa sarebbe stata tenuta ad applicare un’identica percentuale di maggiorazione nella decisione impugnata. Infatti, la precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, poiché quest’ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 (sentenza Michelin/Commissione, cit. supra, al punto 273, punto 292).

407

La ricorrente inoltre sostiene che la maggiorazione è eccessiva e sproporzionata perché supera l’importo di base imposto a causa della gravità dell’infrazione alla Knauf, alla Lafarge e alla Gyproc.

408

Si tratta di un argomento privo di rilievo. Poiché l’ammenda della BPB è stata stabilita correttamente e la maggiorazione per comportamento recidivo è proporzionata, il fatto che l’importo della maggiorazione in termini assoluti sia più elevato rispetto all’importo di base delle ammende inflitte agli altri partecipanti all’accordo è semplicemente una conseguenza matematica della maggiorazione, priva di qualunque connessione con l’importo delle altre ammende.

409

La ricorrente inoltre sostiene che la maggiorazione ha superato la riduzione del 30% che le è stata concessa in riconoscimento della sua collaborazione con la Commissione nella causa in esame.

410

Anche questo argomento è privo di rilievo. Si tratta di due fasi diverse della fissazione dell’importo dell’ammenda.

411

Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione le avrebbe applicato la stessa maggiorazione per comportamento recidivo inflitta alla Lafarge, malgrado l’infrazione da quest’ultima commessa nella causa Cemento sia stata più grave di quella sanzionata nella causa Cartoncino.

412

Anche questo argomento è infondato. Infatti, come spiegato in precedenza, poiché la maggiorazione per comportamento recidivo è legata ad una circostanza aggravante specifica dell’impresa di cui trattasi, il fatto che le caratteristiche dell’infrazione precedente commessa dalla Lafarge non siano analoghe a quelle dell’infrazione precedente imputata alla ricorrente non ha rilievo. Quel che importa è il fatto che le due imprese sono state in precedenza coinvolte in infrazioni molto gravi, e che, malgrado l’accertamento di tali infrazioni, non hanno posto termine alla loro partecipazione all’infrazione accertata nel caso di specie.

413

Da quanto precede deriva che gli argomenti della ricorrente relativi alla presa in considerazione della recidiva vanno respinti.

Le circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

414

Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto ridurre l’importo dell’ammenda a causa delle misure adottate prima e dopo le indagini condotte dalla stessa. Inoltre, la Commissione avrebbe errato nel ritenere inefficaci gli sforzi compiuti dalla ricorrente. Il rifiuto da parte della Commissione di riconoscere i suoi sforzi sarebbe contrario al principio della parità di trattamento e a quello della tutela del legittimo affidamento.

415

In primo luogo, la ricorrente sostiene che, in base alle affermazioni contenute nella lettera anonima, essa aveva ingaggiato i servizi di consulenti legali indipendenti per svolgere indagini in proprio (in prosieguo: il «progetto Alpha»). Sulla base delle conclusioni del progetto Alpha, il consiglio di amministrazione della ricorrente aveva messo in atto un programma più formale di conformità al diritto della concorrenza, nel cui ambito aveva adottato una dichiarazione di principio di conformità che gli amministratori, gli altri quadri e i membri del personale interessati avrebbero dovuto sottoscrivere. Inoltre, la ricorrente aveva deciso di porre termine a qualunque scambio di informazioni e dato incarico ad uno studio legale di aiutarla a mettere a punto e ad applicare diversi altri elementi del suo programma formale di conformità.

416

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, dopo l’avvio dell’indagine della Commissione, le misure da essa adottate hanno dimostrato un elevato livello di cooperazione. Essa aveva dato agli ispettori libero accesso ai suoi documenti commerciali e ai suoi computers, fornendo i documenti richiesti. Inoltre, il sig. [D] aveva risposto con precisione alle domande poste dalla Commissione. Per di più, nella risposta alla seconda richiesta di informazioni, essa aveva comunicato dettagli in precedenza del tutto ignoti alla Commissione. Secondo la ricorrente, a causa degli sforzi da essa compiuti per porre termine all’infrazione anche prima che la Commissione avviasse le indagini, nonché a causa della cooperazione volontaria profusa durante le indagini stesse, l’importo dell’ammenda ad essa inflitta dovrebbe essere ulteriormente ridotto.

417

La ricorrente respinge l’argomento della Commissione secondo cui essa avrebbe distrutto o occultato alcune prove. Queste affermazioni non si basano su alcuna prova. Benché alcuni documenti siano stati ritirati nell’ambito del progetto Alpha, nel fascicolo è rimasta una nota che menziona tale ritiro.

418

In terzo luogo, riguardo al fatto che il suo P.-D.G., ossia il sig. [D], avrebbe violato le istruzioni del suo consiglio di amministrazione proseguendo con gli scambi di informazioni all’insaputa sua e di tutto il personale, la ricorrente sostiene di non poter essere ritenuta responsabile per le attività dello stesso, in particolare a causa della sua posizione di indipendenza. Inoltre, una volta scoperto che gli scambi proseguivano, il sig. [D] è stato costretto ad abbandonare immediatamente le sue funzioni senza alcun risarcimento. Secondo la ricorrente, il fatto che il sig. [D] abbia trasgredito alle sue istruzioni è stato l’unico fallimento degli sforzi prodotti per porre termine all’infrazione. Pertanto, la Commissione non può affermare che le misure da essa adottate sono state inefficaci.

419

In quarto luogo, la ricorrente sostiene di essersi sottratta al sistema di scambi di informazioni nell’aprile 1998. Pertanto, se non fosse per la deliberata trasgressione del sig. [D] alle istruzioni dettate dal suo consiglio di amministrazione, il rispetto da parte sua delle regole sulla concorrenza sarebbe stato assoluto sin dal marzo 1998. Inoltre, essa avrebbe diritto ad una riduzione dell’ammenda per aver posto termine all’infrazione immediatamente dopo l’intervento della Commissione.

420

In quinto luogo, la ricorrente sostiene di non aver tratto profitto dall’infrazione. I prezzi erano rimasti al medesimo livello, in termini reali, nel Regno Unito ed erano diminuiti in Germania, mentre le sue spese erano aumentate. Inoltre, la quota da essa detenuta su ciascuno dei quattro mercati di cui trattasi era stata minore nel 1998 rispetto al 1992 e il suo fatturato aveva raggiunto solo nel 1997/1998 il livello che aveva nel 1991/1992. Per di più, al termine della guerra sui prezzi, questi ultimi si sarebbero ristabiliti comunque. La ricorrente sostiene che, se la Commissione può aumentare l’importo di un’ammenda a causa dei vantaggi ottenuti a seguito dell’infrazione, dovrebbe anche tener conto della mancanza di qualunque profitto derivante dall’infrazione per ridurre l’importo dell’ammenda.

421

La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

422

Essa sostiene che, nella replica, la BPB deduce un nuovo argomento per chiedere una riduzione dell’importo dell’ammenda sostenendo di aver posto fine all’infrazione dopo l’indagine compiuta dai suoi servizi al termine del 1998. Questo nuovo argomento è irricevibile in questa fase del procedimento e sarebbe anche infondato perché la Commissione, in linea generale, non è tenuta né a considerare il perseguimento di un’infrazione come circostanza aggravante, né a considerare la cessazione di un’infrazione come circostanza attenuante.

Giudizio del Tribunale

423

In primo luogo, per quanto riguarda le misure adottate dalla ricorrente per prevenire una sua recidiva (ossia il licenziamento dei suoi quadri superiori coinvolti nei comportamenti illeciti, nonché l’adozione di programmi interni di adeguamento alle regole sulla concorrenza e di iniziative di sensibilizzazione del personale a tal riguardo), occorre rilevare che, se è certo importante il fatto che un’impresa abbia adottato provvedimenti volti a impedire che in futuro vengano commesse nuove infrazioni al diritto comunitario della concorrenza da parte di membri del suo personale, tale circostanza non muta in nulla la realtà dell’infrazione rilevata. Ne consegue che il solo fatto che in alcuni casi la Commissione abbia preso in considerazione, nella sua pratica decisionale, l’attuazione di un programma di adeguamento con il diritto della concorrenza alla stregua di una circostanza attenuante, non fa sorgere a suo carico l’obbligo di procedere allo stesso modo in un caso determinato (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II-2597, punto 280).

424

La Commissione non è quindi tenuta a considerare un tale elemento alla stregua di circostanza attenuante purché si conformi al principio della parità di trattamento, il quale implica che non si proceda ad una valutazione diversa su tale punto tra le imprese destinatarie di una stessa decisione (sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. supra, al punto 423, punto 281). Orbene, dalla decisione impugnata non emerge affatto che la Commissione, su questo punto, abbia proceduto ad una valutazione diversa tra le quattro imprese interessate, cosa che del resto neppure la ricorrente afferma.

425

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le misure da essa adottate dopo l’avvio dell’indagine della Commissione hanno dimostrato un livello elevato di cooperazione e che, di conseguenza, l’importo dell’ammenda ad essa inflitta dovrebbe essere ulteriormente ridotto. Orbene, questi argomenti si confondono con il problema di verificare se la Commissione abbia tenuto correttamente in considerazione la cooperazione della ricorrente nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione. Pertanto, la collaborazione della ricorrente nel corso del procedimento amministrativo verrà presa in esame qui di seguito, ma non costituisce una circostanza attenuante che giustifica una riduzione diversa da quella accordata in base alla comunicazione sulla cooperazione.

426

Occorre tuttavia ricordare che la possibilità di concedere ad un’impresa che abbia collaborato con la Commissione nel corso di un procedimento per violazione delle norme sulla concorrenza una riduzione di ammenda al di fuori dell’ambito stabilito dalla comunicazione sulla cooperazione viene riconosciuta dagli orientamenti che al punto 3, sesto trattino, prevedono che sia presa in considerazione alla stregua di circostanza attenuante la «collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione [sulla cooperazione]».

427

Ora, anche supponendo che il presente motivo possa essere interpretato come diretto a far dichiarare che la Commissione avrebbe dovuto concedere alla ricorrente un’ulteriore riduzione di ammenda sulla base di tale disposizione, si deve constatare che le infrazioni del caso di specie rientrano effettivamente nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione, la cui sezione A, n. 1, primo comma, si riferisce alle intese segrete volte alla fissazione dei prezzi, delle quote di produzione o di vendita, oppure alla ripartizione dei mercati o al divieto di importazione o di esportazione. Quindi, la ricorrente non può validamente addebitare alla Commissione di non aver preso in considerazione il grado della sua cooperazione come circostanza attenuante al di fuori dell’ambito giuridico della comunicazione sulla cooperazione (sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T-15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II-497, punto 586).

428

Del resto, tale censura non potrebbe essere mossa alla Commissione anche se si dovesse ammettere che una cooperazione ad un’indagine sulle intese orizzontali per la fissazione dei prezzi e la ripartizione delle vendite debba essere ricompensata a titolo del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti. Infatti, in tale ipotesi, una riduzione a titolo di quella disposizione presupporrebbe necessariamente che la cooperazione di cui si tratta non possa essere ricompensata nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione e che sia stata effettiva, cioè che abbia agevolato il compito della Commissione che consiste nell’accertare e nel reprimere infrazioni alle regole comunitarie sulla concorrenza (sentenza BASF/Commissione, cit. supra, al punto 427, punti 587 e 588).

429

In terzo luogo, la ricorrente sostiene di non poter essere ritenuta responsabile perché il suo P.-D.G., il sig. [D], ha violato le istruzioni del suo consiglio di amministrazione e ha proseguito nello scambio di informazioni, all’insaputa sua e di tutto il personale.

430

Si tratta di un argomento irrilevante. Un’impresa — ossia una unità economica composta di elementi personali, materiali e immateriali (sentenza Mannesmann/Alta Autorità, cit. supra, al punto 360, punti 705 e 706) — è diretta dagli organi indicati nel suo statuto e qualsiasi decisione che le infligga un’ammenda può essere indirizzata alla direzione statutaria dell’impresa (consiglio di amministrazione, comitato direttivo, presidente, gestore, ecc.). Sarebbe facile aggirare le norme sulla concorrenza se si chiedesse alla Commissione, di fronte al comportamento illecito di un’impresa, di verificare e dimostrare chi è l’autore dei diversi comportamenti, cosa che potrebbe impedirle di sanzionare l’impresa che abbia beneficiato dell’accordo.

431

Se la BPB sostiene di essere stata tradita dal suo ex P.-D.G., che non avrebbe seguito le istruzioni esplicite del suo consiglio di amministrazione, la soluzione di tale conflitto dev’essere cercata nei rapporti tra il sig. [D] e la BPB, e non a livello dell’applicazione del diritto della concorrenza da parte della Commissione. Infatti, anche se il sig. [D] avesse effettivamente violato le istruzioni del consiglio di amministrazione della BPB e proseguito gli scambi di informazioni a sua insaputa, la Commissione avrebbe potuto legittimamente imporre un’ammenda all’impresa, mentre la BPB e/o i suoi proprietari sarebbero stati liberi di promuovere qualunque azione utile nei confronti del sig. [D].

432

In quarto luogo, la ricorrente sostiene di essersi ritirata dal sistema di scambi di informazioni nell’aprile 1998. Pertanto, se non fosse stato per la deliberata inosservanza delle istruzioni del consiglio di amministrazione della ricorrente da parte del sig. [D], l’adeguamento alle norme sulla concorrenza sarebbe stato totale sin dal marzo 1998.

433

Questo argomento si allinea in parte al precedente e neppure esso è rilevante. Infatti, poiché la ricorrente è responsabile della condotta del sig. [D], l’infrazione è proseguita fino al novembre 1998.

434

Inoltre, la Commissione ha giustamente considerato che, anche se il ritiro dal sistema di scambio di informazioni fosse prova di una volontà di evitare comportamenti la cui natura poteva effettivamente dar luogo a sospetti, non era accompagnato da misure dirette a porre termine agli accordi collusivi, come attesterebbero il proseguimento degli scambi di informazioni o ancora le discussioni svoltesi tra concorrenti all’Aia.

435

Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla cessazione dell’infrazione dopo l’indagine condotta dei servizi della Commissione, argomento che quest’ultima ritiene irricevibile, occorre rilevare che nel suo atto introduttivo la ricorrente si è già riferita ad una «pronta cessazione dell’infrazione come circostanza attenuante». Di conseguenza, questo argomento non costituisce un motivo nuovo ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, ma solo l’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e va considerato ricevibile (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C-66/02, Italia/Commissione, Racc. pag. I-10901, punto 86, e giurisprudenza ivi citata).

436

Ai sensi del punto 3, terzo trattino, degli orientamenti, l’«aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione (in particolare allo stadio degli accertamenti)» è annoverato tra le circostanze attenuanti. Tuttavia, una riduzione dell’ammenda a causa della cessazione dell’infrazione sin dai primi interventi della Commissione non sarà automatica, ma dipenderà da una valutazione delle circostanze del caso concreto da parte della Commissione, nell’ambito del suo potere discrezionale. A questo riguardo, l’applicazione della detta disposizione degli orientamenti in favore di un’impresa sarà particolarmente adeguata in una situazione in cui la natura anticoncorrenziale del comportamento in questione non sia manifesta. Al contrario, la sua applicazione sarà meno adeguata, in via di principio, in una situazione in cui quest’ultimo sia chiaramente anticoncorrenziale, sempre che ciò sia dimostrato (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T-44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II-2223, punto 281; v. altresì, in tal senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T-71/03, T-74/03, T-87/03 e T-91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, punti 292 e 294).

437

Infatti, la circostanza che la Commissione abbia considerato, in passato, la cessazione volontaria di un’infrazione come una circostanza attenuante, non può impedirle di tener conto, in applicazione dei suoi orientamenti, del fatto che infrazioni manifeste molto gravi, benché la loro illegittimità sia stata dimostrata sin dagli inizi della politica comunitaria della concorrenza, sono ancora relativamente frequenti e, quindi, di ritenere opportuno abbandonare questa prassi generosa e smettere di premiare l’aver posto fine a tale infrazione con una riduzione dell’ammenda.

438

Pertanto, l’opportunità di una riduzione dell’ammenda a causa della cessazione dell’infrazione dipende dal fatto che la ricorrente potesse ragionevolmente dubitare della natura illecita del suo comportamento.

439

Nel caso di specie, va ricordato che l’infrazione di cui trattasi riguarda un accordo segreto avente ad oggetto uno scambio di informazioni all’interno di un mercato oligopolistico e una stabilizzazione dei mercati. Questo tipo di accordo costituisce un’infrazione molto grave. Le imprese interessate dovevano pertanto essere consapevoli dell’illegittimità del loro comportamento. Il carattere segreto dell’accordo conferma del resto che le imprese interessate erano coscienti dell’illiceità delle loro condotte.

440

Pertanto, per i motivi sopra indicati, il fatto che nel caso di specie non si sia tenuto conto della cessazione dell’infrazione, sin dalle prime verifiche della Commissione, come circostanza attenuante, non si può considerare erroneo.

441

In quinto luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non ha tenuto conto del fatto che essa non aveva praticamente tratto alcun utile dall’infrazione di cui trattasi, occorre ricordare che, se è vero che l’importo dell’ammenda irrogata ad un’impresa deve essere proporzionato alla durata dell’infrazione e agli altri fattori che possono entrare nella valutazione della gravità di quest’ultima, tra i quali rientra il vantaggio che l’impresa interessata ha potuto trarre dalle proprie pratiche, la circostanza che un’impresa non abbia tratto alcun vantaggio dall’infrazione non può impedire l’irrogazione di un’ammenda, poiché diversamente quest’ultima perderebbe il suo carattere dissuasivo (sentenza del Tribunale 29 novembre 2005, causa T-52/02, SNCZ/Commissione, Racc. pag. II-5005, punto 89).

442

Occorre infine rilevare che, sebbene la Commissione possa, ai sensi degli orientamenti da essa emanati (punto 2, quinto trattino) e a titolo di circostanze aggravanti, aumentare la sanzione al fine di superare l’importo dei guadagni illeciti realizzati grazie all’infrazione, tale possibilità non significa che la Commissione si sia ormai imposta l’onere di dimostrare in qualsiasi caso, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, il vantaggio economico connesso all’infrazione constatata. In altri termini, l’assenza di un vantaggio di questo tipo non può essere considerata come una circostanza attenuante (sentenza SNCZ/Commissione, cit. supra, al punto 441, punto 91).

443

Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente diretti ad ottenere una riduzione in base a circostanze attenuanti vanno respinti.

La cooperazione

Argomenti delle parti

444

La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento e quello di equità decidendo che le misure da essa adottate meritavano una riduzione solo del 30% dell’importo dell’ammenda, conformemente al disposto del titolo D della comunicazione sulla cooperazione. Essa ritiene che avrebbe dovuto beneficiare di una riduzione compresa tra il 50 e il 75% dell’importo dell’ammenda, in base al disposto della sezione C della comunicazione sulla cooperazione.

445

La ricorrente osserva di aver fornito informazioni decisive su cui la decisione impugnata in larga misura si basa. Essa fa rilevare che, per esempio, la Commissione non avrebbe ottenuto alcuna informazione riguardo alla riunione di Londra, di fatto alla base dell’inizio dell’infrazione, senza la confessione della ricorrente nella sua risposta alla seconda richiesta di informazioni. A questo proposito, essa precisa che la domanda della Commissione si riferiva unicamente agli scambi di informazioni avvenuti sotto la direzione dei P.-D.G. delle quattro società in questione. Così, essa avrebbe potuto limitarsi a rispondere strettamente a questa domanda. Orbene, nel frattempo, essa era stata informata dal suo ex presidente e P.-D.G., il sig. [A], del fatto che nel 1992 era stata organizzata una riunione. La ricorrente aveva deciso di rivelare l’esistenza di tale riunione e di quanto in essa era accaduto. Si tratterebbe quindi di una confessione di primario rilievo. Senza la sua cooperazione non si sarebbe saputo nulla degli scambi di informazioni nel Regno Unito e degli avvisi anticipati di uno o due rialzi dei prezzi di catalogo in detto Stato membro. La ricorrente sottolinea di aver riconosciuto in modo del tutto volontario che vi erano state discussioni riguardo al tentativo di ripartizione delle quote dei mercati tedeschi a Versailles e di aver altresì ammesso, nel rispondere alla comunicazione degli addebiti, che si erano svolte ulteriori discussioni a Bruxelles alla fine del 1997, e in occasione di una cena all’Aia, precisando però che non era stato concluso alcun accordo. La ricorrente indica di aver ammesso anche la sua partecipazione al sistema di scambio di informazioni. Inoltre, anche se alcune delle informazioni sui detti scambi erano state raccolte durante l’ispezione presso la sua sede sociale, le informazioni da essa comunicate avevano consentito alla Commissione di meglio comprendere gli scambi stessi.

446

Sebbene la Knauf abbia confermato l’esistenza della riunione di Londra e la Commissione si sia altresì basata, in certa misura, sugli elementi di prova forniti da quest’ultima a proposito della suddetta riunione, tale impresa avrebbe agito in tale maniera soltanto perché la riunione era citata nella comunicazione degli addebiti. Se la ricorrente non avesse rivelato l’esistenza della riunione prima della notificazione della comunicazione degli addebiti, la Knauf non avrebbe dovuto confermare nulla. Inoltre, secondo la ricorrente, dopo le sue ispezioni iniziali, la Commissione non era in grado di avviare un procedimento amministrativo dato che, invece di procedervi, essa aveva proseguito con la fase delle indagini preliminari inviando richieste di informazione alle imprese interessate. Una di tali richieste, rivolta alla ricorrente, era interamente basata su informazioni da quest’ultima spontaneamente fornite. Pertanto, la Commissione era stata in grado di adottare la comunicazione degli addebiti solo dopo aver ricevuto informazioni da parte della ricorrente.

447

La ricorrente sostiene che, senza la disobbedienza del sig. [D] alle sue istruzioni, essa avrebbe cessato di partecipare all’attività illecita già otto mesi prima delle indagini della Commissione.

448

Essa fa inoltre osservare di non aver costretto alcuna impresa a partecipare all’accordo, di non essere all’origine di quest’ultimo e di non aver svolto alcun ruolo decisivo nei comportamenti illeciti di cui trattasi.

449

Infine, la ricorrente sostiene che, anche se la Commissione avesse motivo di accordarle una riduzione solo in applicazione della sezione D della comunicazione sulla cooperazione, essa ha violato il principio della parità di trattamento in quanto ha concesso alla Gyproc una riduzione dell’importo dell’ammenda del 40%, applicando invece alla ricorrente soltanto una riduzione del 30%. La ricorrente ritiene che l’informazione da essa fornita sia stata maggiormente decisiva per le argomentazioni della Commissione, dato che le informazioni fornite dalla Gyproc si riferivano esclusivamente al periodo compreso tra il 1996 e il 1998 e al mercato tedesco. Per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui la partecipazione della Gyproc all’infrazione era meno grave della sua, la ricorrente ritiene che l’importanza della riduzione dell’importo dell’ammenda accordata dalla Commissione ad un’impresa dovrebbe essere in funzione della qualità dell’informazione fornita e non della gravità della partecipazione dell’impresa all’infrazione.

450

La ricorrente aggiunge che la Commissione non può trattarla in modo diverso dalla Gyproc sostenendo che quest’ultima non ha contestato l’esistenza dei fatti o della qualificazione come infrazioni. Le sue obiezioni vertono principalmente sulle deduzioni che la Commissione trae dai fatti piuttosto che sui fatti stessi.

451

La Commissione sostiene che le conclusioni cui essa è pervenuta sulla base della comunicazione sulla cooperazione possono essere annullate solo se viziate da errore di fatto o da un errore manifesto di valutazione.

452

Essa sostiene che, fatta eccezione per i punti 5, 6 e 9 della tabella presentata alle pagg. 151-154 del ricorso, le informazioni cui la ricorrente si riferisce sono state fornite in risposta a richieste di informazioni, oppure sono state comunicate verbalmente in risposta a domande poste in occasione degli accertamenti. La Commissione ritiene di essere autorizzata a non tener conto di questo tipo di informazioni nel momento in cui valuta la cooperazione di un’impresa. Essa ha tenuto conto del fatto che le risposte erano molto dettagliate e a volte si spingevano oltre quanto necessario per dare una risposta completa.

453

Per quel che riguarda le informazioni comunicate spontaneamente, la Commissione sostiene che, in merito al punto 6 della tabella, essa era già in possesso delle informazioni indicate ai punti 201 e 205 della decisione impugnata. Essa asserisce che disponeva, prima della confessione della BPB, anche di informazioni sufficienti riguardo al punto 9 (e al punto 10) della tabella. Quanto al punto 5, benché l’informazione sia stata utile ed essa ne abbia tenuto conto per stabilire la riduzione dell’importo dell’ammenda in base alla comunicazione sulla cooperazione, la Commissione aggiunge che esistono due relazioni indirizzate al sig. [D] e menzionate al punto 77 della comunicazione degli addebiti, che contenevano informazioni dettagliate riguardo al fatturato degli altri produttori e che avrebbero potuto fungere da base per altre indagini sulla faccenda, pur non costituendo di per sé informazioni sufficienti. Di conseguenza, una gran parte delle informazioni fornite dalla BPB non sono state determinanti.

454

Quanto alla riunione di Londra, la Commissione non nega che essa abbia costituito un elemento importante dell’infrazione, ma afferma che, senza le informazioni al riguardo fornite, essa sarebbe stata comunque in grado di stabilire l’esistenza di un’infrazione unica, complessa e continuata sulla base dell’insieme dei comportamenti anticoncorrenziali, compresi gli scambi di informazioni a proposito dei quali essa disponeva di prove dirette e aggiornate. Inoltre, le informazioni sulla riunione di Londra erano state fornite in risposta ad una domanda precisa formulata nella seconda richiesta di informazioni sulle origini dei suddetti scambi, e quindi la loro divulgazione non sarebbe del tutto spontanea. Inoltre, la seconda richiesta di informazioni da parte della Commissione non era del tutto fondata sulle informazioni fornite volontariamente dalla BPB. Infatti, la seconda parte della richiesta stessa verteva su informazioni fornite verbalmente dal sig. [D] dopo che, durante il primo giorno di indagine della Commissione, ossia il 25 novembre 1998, nei locali della BPB erano state scoperte due serie di tabelle che specificavano le vendite dei quattro produttori europei.

455

Pertanto, la Commissione sostiene che nessuna delle informazioni fornite dalla BPB ha apportato la prova determinante dell’esistenza dell’intesa.

456

La Commissione sottolinea che la partecipazione della Gyproc all’infrazione era meno grave di quella della BPB. Al contrario, quanto agli elementi costitutivi dell’intesa cui essa ha attivamente partecipato, la Gyproc ha fornito informazioni significative. Infatti, le osservazioni relative al mercato tedesco si basano solidamente sul contributo della Gyproc. Secondo la Commissione, le informazioni fornite da detta impresa erano altrettanto valide, ai fini dell’accertamento dell’esistenza dell’infrazione, di quelle ottenute dalla BPB. Inoltre, la dichiarazione della Gyproc del 1o settembre 1999 non era avvenuta in risposta ad una richiesta di informazioni, né la Gyproc ha mai negato che tali attività costituissero una violazione dell’art. 81, n. 1, CE.

Giudizio del Tribunale

457

Nella sua comunicazione sulla cooperazione, la Commissione ha stabilito le condizioni in presenza delle quali le imprese che collaborino con essa nel corso delle sue indagini su un’intesa possono essere esentate dall’ammenda o usufruire di una riduzione dell’importo dell’ammenda che altrimenti avrebbero dovuto pagare (v. sezione A, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione).

458

Come è menzionato nella sezione E, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione, quest’ultima ha creato aspettative legittime sulle quali fanno affidamento le imprese che intendono informare la Commissione dell’esistenza di un’intesa. Alla luce del legittimo affidamento che le imprese che intendono cooperare con la Commissione hanno potuto trarre dalla detta comunicazione, la Commissione è quindi tenuta a conformarvisi in sede di valutazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda imposta ad un’impresa, della cooperazione di quest’ultima (sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T-26/02, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, Racc. pag. II-713, punto 147).

459

Conformemente alla sezione B di tale comunicazione, «beneficia di una riduzione pari almeno al 75% dell’ammontare dell’ammenda, che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione, o della totale non imposizione della medesima», l’impresa la quale:

«a)

denunci l’intesa segreta alla Commissione prima che quest’ultima abbia proceduto ad un accertamento, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa e senza che essa già disponga di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa denunciata;

b)

sia la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa;

c)

abbia cessato di partecipare all’attività illecita al più tardi al momento in cui denuncia l’intesa;

d)

fornisca alla Commissione tutte le informazioni utili nonché tutti i documenti e gli elementi probatori di cui dispone riguardanti l’intesa e assicuri una permanente e totale cooperazione per tutto il corso dell’indagine;

e)

non abbia costretto un’altra impresa a partecipare all’intesa né abbia svolto un ruolo di iniziazione o determinante nell’attività illecita».

460

Inoltre, ai sensi della sezione C di tale comunicazione, «l’impresa che, soddisfatte le condizioni di cui [alla sezione B, lett. b)-e)], denunci l’intesa segreta dopo che la Commissione abbia proceduto ad accertamenti, previa decisione, presso imprese partecipanti all’intesa stessa, senza che tali accertamenti abbiano potuto fornire una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento [amministrativo] in vista dell’adozione di una decisione, beneficia di una riduzione dal 50% al 75% dell’ammontare dell’ammenda».

461

In via principale, la ricorrente sostiene che la Commissione le ha ingiustamente negato il beneficio della riduzione dal 50% al 75% di cui alla sezione C della comunicazione sulla cooperazione. Occorre pertanto accertare se la Commissione non abbia violato le condizioni per l’applicazione di tale disposizione.

462

Nel caso di specie, il problema che rileva per stabilire se la sezione C fosse applicabile nel determinare l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente consiste nel sapere se gli accertamenti compiuti dalla Commissione le hanno fornito una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento amministrativo in vista dell’adozione della decisione impugnata.

463

Infatti, ai punti 593 e 594 della decisione impugnata, la Commissione afferma che, a seguito degli accertamenti, essa disponeva di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa denunciata e che, poiché la BPB non rispondeva alle condizioni previste nella sezione B, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione, non poteva usufruire di una considerevole riduzione dell’ammenda, conformemente alla sezione C della stessa comunicazione.

464

In proposito, occorre rilevare che la ricorrente non sostiene di aver fornito elementi determinanti riguardo a tutti gli aspetti dell’intesa o che la Commissione non avrebbe potuto dimostrare l’esistenza dell’intesa senza gli elementi da essa trasmessi. In sostanza, la ricorrente afferma che la Commissione non avrebbe potuto provare l’esistenza di un’intesa unica e complessa nel modo in cui l’ha fatto.

465

Occorre quindi verificare se la Commissione disponeva, a seguito degli accertamenti, di informazioni sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’intesa alla fine sanzionata.

466

Per quanto riguarda la riunione di Londra, la BPB ha divulgato informazioni su di essa soltanto nella sua risposta alla seconda richiesta di informazioni (datata 21 settembre 1999), in risposta ad una domanda specifica: «[v]ogliate indicare chi ha suggerito o avviato lo scambio di dati tra i P.-D.G.».

467

Pertanto, poiché già conosceva l’esistenza degli scambi di informazioni sui volumi di vendita realizzati sui quattro mercati interessati, la Commissione, sulla base degli accertamenti effettuati nel novembre 1998, disponeva di una base sufficiente per giustificare l’avvio del procedimento amministrativo in vista dell’adozione di una decisione.

468

In proposito, si deve ricordare che, nella sentenza 29 giugno 2006, causa C-301/04 P, Commissione/SGL Carbon (Racc. pag. I-5915), la Corte ha dichiarato che le risposte fornite conformemente all’art. 11, n. 1, del regolamento n. 17 non costituivano una cooperazione volontaria, ma l’esecuzione di un obbligo. Essa ha ricordato che, per l’assolvimento dei compiti affidatile in materia, la Commissione può raccogliere tutte le informazioni necessarie presso i governi e le autorità competenti degli Stati membri, nonché presso le imprese e associazioni di imprese. Essa pertanto ha il diritto di obbligare l’impresa a fornire tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, sebbene questi possano servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale (punti 34, 39, 41 e 44).

469

Per quanto riguarda gli scambi di informazioni sui volumi di vendita sui quattro mercati interessati, la ricorrente non nega, come emerge del resto dal punto 334 del ricorso, che la Commissione ha trovato prove dirette dei detti scambi durante gli accertamenti da essa effettuati nel novembre 1998.

470

Quanto agli scambi di informazioni sui volumi e sulle quote di mercato del Regno Unito, la Commissione sostiene che le due relazioni indirizzate al sig. [D], menzionate al punto 77 della comunicazione degli addebiti, contenevano informazioni precise sui fatturati degli altri produttori e avrebbero potuto fungere da base per altre indagini sul problema, pur non essendo di per sé informazioni sufficienti.

471

A questo proposito, va rilevato che i documenti menzionati al punto 77 della comunicazione degli addebiti sono relazioni del sig. [M], direttore generale della BG prima del sig. [N], in relazione agli sviluppi del mercato del Regno Unito, e indirizzate al sig. [D]. Questi documenti interni pertanto non dimostrano che le informazioni di cui trattasi erano state divulgate a persone esterne alla BPB. Nella sua nota datata 17 marzo 1996 e, in maniera più dettagliata, nella sua dichiarazione del 28 maggio 1999, la BPB ha ammesso che uno scambio di informazioni sui volumi delle vendite nel mercato del Regno Unito si era verificato tra i concorrenti tra il 1992 e gli inizi del 1998.

472

Per quanto riguarda gli scambi di dati relativi ai rialzi dei prezzi sul mercato del Regno Unito, la Commissione sostiene che essa già disponeva delle informazioni indicate ai punti 201 e 205 della decisione impugnata. Come emerge da tali punti, oltre al fatto che i due memorandum interni della BPB reperiti nel corso degli accertamenti dimostrano solo che i rialzi dei prezzi hanno costituito oggetto di discussione, la prova di questo elemento dell’infrazione da parte della Commissione si basa sul parallelismo dei rialzi dei prezzi. Di conseguenza, il fatto che la BPB abbia ammesso, nella sua nota del 17 marzo 1996, e in modo più dettagliato nella sua dichiarazione del 28 maggio 1999, come risulta dal punto 207 della decisione impugnata, che vi erano state «occasioni isolate» durante le quali il sig. [N] aveva telefonato ai rappresentanti della Lafarge e della Knauf nel Regno Unito per informarli circa le intenzioni della GB in materia di prezzi, nonché della forbice di aumento prevista, ha significativamente rafforzato il ragionamento della Commissione.

473

Per quanto riguarda le riunioni di Versailles e dell’Aia, la ricorrente ha ammesso di avervi partecipato soltanto nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. Quanto alla riunione di Bruxelles, essa ha riconosciuto di avervi partecipato solo in risposta ad una domanda esplicita della Commissione nell’ambito della prima richiesta di informazioni.

474

Infine, per quel che riguarda il sistema di scambio di informazioni, dal punto 271 della decisione impugnata emerge che la Commissione ne conosceva l’esistenza sulla base delle informazioni reperite durante gli accertamenti.

475

Di conseguenza, il Tribunale afferma che le informazioni fornite dalla BPB, potendo essere considerate come volontarie alla luce della giurisprudenza della Corte menzionata supra, al punto 468, non costituiscono elementi decisivi per dimostrare l’esistenza dell’intesa e che, in effetti a seguito degli accertamenti la Commissione disponeva di informazioni sufficienti per dimostrare tale esistenza.

476

Tenuto conto del carattere cumulativo delle condizioni elencate nella sezione B, lett. b)-e), della comunicazione sulla cooperazione, come riprese nella sezione C della comunicazione stessa, e poiché almeno una di tali condizioni, ossia quella prevista nella sezione B, lett. b), in combinato disposto con la sezione C della medesima comunicazione, non è soddisfatta, non occorre esaminare se la BPB soddisfi le altre condizioni previste nelle suddette disposizioni.

477

Di conseguenza, la Commissione non ha commesso alcun errore non concedendo alla ricorrente il beneficio di una riduzione dell’importo della sua ammenda in applicazione della sezione C della comunicazione sulla cooperazione.

478

Tuttavia occorre ancora verificare, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, se la riduzione concessa dalla Commissione per la cooperazione della BPB in attuazione della sezione D della comunicazione sulla cooperazione sia stata sufficiente.

479

Occorre rilevare in proposito, come emerge dai punti 592 e 596 della decisione impugnata, che la BPB è stata la prima partecipante all’intesa a comunicare, in seguito ad una domanda di informazioni della Commissione, ma spingendosi oltre i limiti di tale domanda, alcuni elementi complementari a quelli scoperti durante gli accertamenti e che confermavano l’esistenza dell’intesa. La Commissione ammette che tali elementi contengono informazioni dettagliate sulle riunioni di cui trattasi, in particolare quella di Londra, nonché sugli scambi di informazioni sui principali mercati europei e in particolare quello del Regno Unito.

480

Inoltre, come emerge dall’esame del secondo motivo, è vero che, senza sapere della riunione di Londra, la Commissione avrebbe potuto provare l’esistenza dell’intesa, ma ne avrebbe avuto una percezione diversa. Il Tribunale ha considerato che le informazioni fornite dalla BPB, in particolare quelle a proposito della riunione di Londra, hanno rafforzato in modo sostanziale l’argomento della Commissione riguardo all’esistenza di un piano complessivo e, pertanto, le hanno consentito di aumentare notevolmente l’importo delle ammende a causa della gravità dell’infrazione. Lo stesso ragionamento vale per le informazioni dettagliate che la BPB ha fornito in merito agli scambi di informazioni sui volumi delle vendite e sugli aumenti dei prezzi sul mercato del Regno Unito. Tale conclusione è rafforzata dalle numerose citazioni, nella decisione impugnata, di elementi forniti dalla BPB.

481

Infine, come emerge dal punto 2.2.2 della sua risposta alla comunicazione degli addebiti e dall’esame del secondo motivo, la BPB ha altresì riconosciuto la maggior parte dei fatti descritti nella comunicazione degli addebiti. Parimenti, come emerge dai punti 1.1.4, 2.2.2 e 6.2.27 della risposta alla comunicazione degli addebiti, dall’esame del secondo motivo e dalla risposta alla domanda scritta del Tribunale, la BPB non contesta la qualificazione come violazione al diritto comunitario della concorrenza di alcuni elementi. Essa ha difatti ammesso che la riunione di Londra, gli scambi di dati sui volumi delle vendite sui quattro mercati interessati, e in particolare quello del Regno Unito, nonché uno scambio, in una o due occasioni, sugli aumenti di prezzi sul mercato del Regno Unito costituivano violazioni dell’art. 81 CE.

482

Nell’esercizio del suo potere anche di merito, il Tribunale ritiene che si debba accordare alla ricorrente una riduzione supplementare del 10% dell’importo della ammenda ad essa inflitta, come calcolato prima dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione, che va ad aggiungersi al 30% già concesso dalla Commissione.

483

Pertanto, non vi è più motivo di esaminare gli argomenti della ricorrente secondo i quali la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento, riguardo alla concessione di una riduzione del 40% a causa della cooperazione della Gyproc.

5. Sulla richiesta d’ingiunzione alla Commissione di rimborsare l’importo dell’ammenda o, in subordine, l’importo a concorrenza del quale è stata ridotta, maggiorato degli interessi

Argomenti delle parti

484

La ricorrente sostiene di aver già pagato l’ammenda. Essa lamenta che il tasso di interesse applicabile nell’ipotesi in cui la Commissione debba rimborsarla in tutto o in parte non viene menzionato nella decisione impugnata. Essa ritiene che questo tasso di interesse dovrebbe essere almeno identico a quello che sarebbe stato applicato se essa avesse fornito una garanzia bancaria, ossia pari al 4,79%. Tuttavia, riguardo al tasso di interesse applicabile, essa si rimette alla saggezza del Tribunale, chiedendo che esso si pronunci su tale problema qualora la sua ammenda venisse annullata o l’importo fosse diminuito. Inoltre, essa chiede che gli interessi moratori vengano pagati a partire dalla pronuncia della presente sentenza fino al completo rimborso delle somme dovute dalla Commissione.

485

La Commissione ritiene che questi argomenti siano prematuri. Inoltre, la domanda formulata nell’ambito del terzo capo delle conclusioni sarebbe irricevibile, in quanto il Tribunale non è competente a ordinare questo tipo di misure.

Giudizio del Tribunale

486

È stato più volte dichiarato che, in seguito ad una sentenza di annullamento, che opera ex tunc ed ha pertanto l’effetto di eliminare retroattivamente l’atto annullato dall’ordinamento giuridico, l’istituzione convenuta deve adottare, in forza dell’art. 233 CE, i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti degli illeciti accertati, dovere che, nel caso di un atto già eseguito, può consistere nel reintegrare il ricorrente nella situazione nella quale il medesimo si trovava anteriormente a tale atto (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T-48/00, Corus UK/Commissione, Racc. pag. II-2325, punto 222).

487

Al primo posto fra i provvedimenti ex art. 233 CE figura pertanto, nel caso di una sentenza che annulli o riduca l’importo dell’ammenda imposta a un’impresa per violazione delle norme in materia di concorrenza del Trattato, l’obbligo per la Commissione di restituire in tutto o in parte l’ammenda pagata dall’impresa interessata, in quanto tale pagamento deve essere qualificato come indebito in seguito alla sentenza di annullamento. Tale obbligo riguarda non solo l’importo principale corrispondente all’ammenda indebitamente pagata, ma anche gli interessi di mora prodotti da tale importo (sentenza Corus UK/Commissione, cit. supra, al punto 486, punto 223).

488

Pertanto, se non concedesse alcun interesse di mora sull’importo dell’ammenda rimborsata a seguito di siffatta sentenza, la Commissione ometterebbe di adottare una misura che l’esecuzione della sentenza comporta e violerebbe pertanto gli obblighi su di essa incombenti in forza dell’art. 233 CE.

489

Di conseguenza, la domanda di ingiunzione alla Commissione di rimborsare l’importo dell’ammenda corrispondentemente alla sua riduzione, maggiorato degli interessi, è irricevibile.

6. La domanda di misure di organizzazione del procedimento

490

La ricorrente ha indicato nel suo ricorso che «il Tribunale potrebbe probabilmente prevedere di disporre una misura di indagine, nella forma di una relazione di un esperto indipendente, per stabilire quale delle parti analizzi correttamente il contesto economico della causa».

491

Poiché tale domanda va interpretata come richiesta di una misura di organizzazione del procedimento, il Tribunale ritiene che non sia necessario darvi seguito, dal momento che l’esame della causa ha dimostrato la natura chiaramente anticoncorrenziale dell’intesa di cui trattasi.

Sulle spese

492

Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. A norma del n. 3, primo comma, della stessa disposizione, il Tribunale può decidere di ripartire le spese, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

493

Nel caso di specie, la Commissione è risultata soccombente solo perché la riduzione da essa concessa per la cooperazione della BPB non è stata sufficiente.

494

Di conseguenza, si procederà ad una giusta valutazione delle circostanze della causa decidendo che la Commissione sopporterà un decimo delle proprie spese e un decimo delle spese sostenute dalla BPB, e che la BPB sopporterà nove decimi delle proprie spese e nove decimi delle spese sostenute dalla Commissione.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

L’importo dell’ammenda inflitta alla BPB plc dall’art. 3 della decisione della Commissione 27 novembre 2002, 2005/471/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’art. 81 [CE] nei confronti della BPB plc, della Gebrüder Knauf Westdeutsche Gipswerke KG, della Société Lafarge SA e della Gyproc Benelux NV (Causa COMP/E-1/37.152 — Cartongesso) è fissato in EUR 118,8 milioni.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

La Commissione è condannata a sopportare un decimo delle proprie spese, nonché un decimo delle spese sostenute dalla BPB.

 

4)

La BPB sopporterà nove decimi delle proprie spese, nonché nove decimi delle spese sostenute dalla Commissione.

 

Jaeger

Tiili

Czúcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 luglio 2008.

Il cancelliere

E. Coulon

Il presidente

M. Jaeger

Indice

 

Fatti all’origine della controversia

 

Procedimento e conclusioni delle parti

 

In diritto

 

1. Il primo motivo: violazione dei diritti della difesa

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

2. Il secondo motivo: errori manifesti e/o insufficiente motivazione riguardo all’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE

 

Il livello di prova

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

La riunione di Londra

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

Gli scambi di informazioni sui quantitativi venduti in Germania, in Francia, nel Benelux e nel Regno unito

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

Gli scambi di informazioni sui volumi di vendita nel Regno Unito

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

Gli scambi di informazioni relative ai rialzi dei prezzi nel Regno Unito tra il 1992 e il 1998

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

La stabilizzazione delle quote di mercato in Germania

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

Gli scambi di informazioni sui rialzi dei prezzi in Germania

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

La portata geografica dell’intesa

 

3. Il terzo motivo, attinente alla violazione della nozione di infrazione unica

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

4. Il quarto motivo: violazione dell’art. 253 CE e dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, nonché dei principi generali nel calcolo dell’importo dell’ammenda

 

Il carattere sproporzionato dell’importo di base dell’ammenda stabilito in base alla gravità dell’infrazione

 

La gravità dell’infrazione

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio del Tribunale

 

L’impatto concreto dell’infrazione sul mercato rilevante

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio del Tribunale

 

La determinazione dell’importo di base dell’ammenda in base alla gravità dell’infrazione

 

— Argomenti delle parti

 

— Giudizio del Tribunale

 

La durata dell’infrazione

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

La recidiva

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

Le circostanze attenuanti

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

La cooperazione

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

5. Sulla richiesta d’ingiunzione alla Commissione di rimborsare l’importo dell’ammenda o, in subordine, l’importo a concorrenza del quale è stata ridotta, maggiorato degli interessi

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio del Tribunale

 

6. La domanda di misure di organizzazione del procedimento

 

Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l'inglese.