1. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione
(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)
2. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte
(Art. 81 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)
3. Concorrenza — Ammende — Importo
(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15)
4. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Insufficienza di motivazione — Ricorso da parte del Tribunale a una motivazione implicita — Ammissibilità — Presupposti
(Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia, artt. 36 e 53, primo comma)
5. Atti delle istituzioni — Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazione alle regole di concorrenza
(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03)
6. Concorrenza — Ammende — Importo — Esercizio da parte del Tribunale della propria competenza anche di merito
(Art. 229 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 17; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)
7. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri
(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)
1. Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA fanno parte del contesto normativo che determina l’ammontare delle ammende, di modo che la loro applicazione ad infrazioni commesse prima della loro adozione potrebbe contrastare con il principio di irretroattività. Infatti, la modifica di una politica repressiva, come la politica generale della Commissione in materia di concorrenza per quanto riguarda le ammende, in particolare se essa è attuata attraverso l’adozione di norme di comportamento quali gli orientamenti, può produrre alcuni effetti rispetto al principio d’irretroattività.
L’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica, però, che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica. Ne deriva che le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che possa dare luogo ad un’ammenda non possono riporre un legittimo affidamento né nel fatto che la Commissione non supererà il livello delle ammende praticato anteriormente né in un metodo di calcolo di queste ultime.
Di conseguenza, le imprese devono tenere conto della possibilità che, in qualsiasi momento, la Commissione decida di aumentare il livello delle ammende rispetto a quello applicato nel passato.
Ciò vale non solo quando la Commissione procede ad un aumento del livello delle ammende infliggendo ammende nelle sue decisioni individuali, ma anche se tale maggiorazione viene effettuata applicando a casi concreti norme di comportamento dotate di portata generale, quali gli orientamenti.
Ne deriva che gli orientamenti e, in particolare, il nuovo metodo di calcolo delle ammende da essi previsto, supposto che esso abbia un effetto aggravante sul livello delle ammende inflitte, erano ragionevolmente prevedibili per le imprese all’epoca, anteriore alla loro introduzione, in cui esse hanno commesso infrazioni alle regole comunitarie di concorrenza.
(v. punti 19‑25)
2. Nell’ambito di un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare se il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad accertare se il Tribunale abbia risolto esaurientemente le questioni poste dal complesso degli argomenti invocati dalla parte ricorrente e diretti alla revoca o alla riduzione dell’ammenda.
Tuttavia, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso d’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, sull’ammontare delle ammende inflitte ad imprese che hanno violato il diritto comunitario.
(v. punti 47, 105)
3. Anche supponendo che la sanzione irrogata dalle autorità di uno Stato terzo per violazione delle sue regole di concorrenza sia un elemento rilevante nella valutazione delle circostanze di specie ai fini del calcolo dell’ammenda che la Commissione si propone di infliggere per violazione delle regole comunitarie di concorrenza, la censura vertente sull’omessa considerazione da parte della Commissione di tali ammende può essere accolta solo in caso di identità tra i fatti contestati dalle autorità del detto Stato terzo e quelli contestati dalla Commissione nei confronti dell’impresa.
(v. punti 52, 69)
4. L’obbligo di motivazione delle sentenze che incombe al Tribunale ai sensi degli artt. 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo giurisdizionale.
(v. punto 60)
5. Se è vero che norme di comportamento intese a produrre effetti esterni, come gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, che riguardano operatori economici, non possono essere qualificate come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, esse sono pur sempre indicative della prassi da seguire e l’amministrazione non può discostarsene, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento.
(v. punto 91)
6. Qualora il Tribunale abbia constatato una violazione da parte della Commissione degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, consistente nella mancata presa in considerazione di un elemento che, alla luce degli stessi, avrebbe dovuto esserlo, e abbia affermato la propria competenza anche di merito, parità di trattamento e certezza del diritto vogliono che quest’ultimo verifichi innanzi tutto se, anche alla luce del detto elemento, l’ammenda resti nell’ambito definito dagli orientamenti, mentre il principio di proporzionalità trova applicazione solo dopo una tale verifica.
(v. punto 93)
7. Per determinare l’importo dell’ammenda per infrazione alle regole di concorrenza, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto della frazione di tale fatturato riferibile alle merci oggetto dell’infrazione e perciò atta a fornire un’indicazione della gravità di quest’ultima. Non si deve attribuire né all’uno né all’altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, sicché la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato. Per contro, il diritto comunitario non contiene un principio di applicazione generale secondo cui la sanzione dev’essere proporzionata all’importanza dell’impresa sul mercato dei prodotti oggetto dell’infrazione. Pertanto, è lecito distinguere gli importi di base dell’ammenda in funzione di criteri diversi dal fatturato risultante dalle vendite del prodotto di cui trattasi.
(v. punti 34, 100‑101)