CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CHRISTINE STIX-HACKL

presentate il 14 settembre 2006 1(1)

Causa C-507/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica d’Irlanda

«Appalti – Articoli 43 e 49 CE – Direttiva 92/50/CEE – Servizi non prioritari – Aggiudicazione di un appalto alle poste irlandesi (An Post) senza pubblicità (bando di gara) – Trasparenza – Uguaglianza – Violazione del Trattato»





I –    Osservazioni preliminari

1.     Il presente procedimento per inadempimento verte, analogamente ad un procedimento per inadempimento avviato parallelamente ad esso, (2) sulla questione relativa a quali principi possano essere desunti dal diritto primario in relazione alla trasparenza delle procedure di aggiudicazione. Il presente procedimento ha principalmente ad oggetto gli obblighi desumibili dalle libertà fondamentali e dai principi giuridici generali relativamente ai cosiddetti servizi non prioritari, ovvero quei servizi per i quali la direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (3) (in prosieguo: la «direttiva 92/50») – nel frattempo sostituita dal cosiddetto pacchetto legislativo – prevede un regime speciale, ovvero un regime semplificato.

2.     La questione verte inoltre sull’interpretazione ed evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia nelle cause Telaustria (4) e Coname (5).

II – Contesto normativo

3.     Il ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 92/50 recita:

«considerando che per un periodo transitorio la piena applicazione della presente direttiva deve limitarsi ai contratti riguardanti servizi per i quali le disposizioni della direttiva stessa consentiranno di realizzare appieno il potenziale d’accrescimento del commercio transfrontaliero; che i contratti relativi a servizi d’altro genere vanno sottoposti ad osservazione per un determinato periodo di tempo prima di decidere una piena applicazione della direttiva; che occorre definire il sistema per tale osservazione; che questo dovrebbe al tempo stesso consentire agli interessati di scambiarsi le informazioni pertinenti».

4.     Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva 92/50 le amministrazioni assicurano parità di trattamento tra i prestatori di servizi.

5.     La direttiva 92/50 regola al titolo II la cosiddetta «applicazione di due serie di disposizioni». Giusta l’art. 8 gli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato IA vengono aggiudicati conformemente alle disposizioni dei titoli III – VI, ovvero ai sensi degli artt. 11-37, mentre per gli appalti aventi ad oggetto i cosiddetti servizi non prioritari, ovvero i servizi di cui all’allegato IB, devono essere osservati, a norma dell’art 9, esclusivamente le disposizioni di cui agli artt. 14 e 16.

6.     Nell’allegato IB è riportato un elenco di categorie di servizi. Il n. 27 riguarda «altri servizi».

7.     L’art. 14 contiene alcune disposizioni relative alle specifiche tecniche contenute nei documenti generali o nei documenti contrattuali relativi ad ogni singolo contratto.

8.     L’art. 16 così recita, per estratto:

«1. Le amministrazioni che abbiano aggiudicato un appalto pubblico di servizi o espletato un concorso di progettazione inviano all’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee un avviso in merito ai risultati della procedura d’aggiudicazione.

(…)

3. Nel caso degli appalti pubblici di servizi elencati nell’allegato I B, le amministrazioni indicano nel bando o avviso se acconsentono o meno alla sua pubblicazione.

4. La Commissione stabilisce, secondo la procedura prevista dall’articolo 40, paragrafo 3, le norme riguardanti la redazione di relazioni regolari basate sui bandi o sugli avvisi menzionati al paragrafo 3, nonché la pubblicazione di tali relazioni.

(…)».

III – Fatti, Fase precontenziosa e Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

9.     Il 4 dicembre 1992 il Ministero irlandese degli Affari sociali stipulava un contratto con la An Post, le poste irlandesi, senza che ciò fosse preceduto da un bando di gara. Sulla base di esso i beneficiari di prestazioni sociali possono prelevare le somme loro spettanti presso gli uffici postali.

10.   Il suddetto contratto iniziale aveva una durata dal 1° gennaio 1992 al 31 dicembre 1996. Nel maggio 1997 è stato prorogato fino al 31 dicembre 1999. L’autorità irlandese competente faceva pubblicare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 16 febbraio 1999 un’informativa preliminare in merito all’aggiudicazione che intendeva effettuare. Nel maggio 1999, tuttavia, veniva deciso di prorogare il contratto fino al 31 dicembre 2002. Detta decisione veniva successivamente sospesa.

11.   In occasione di un reclamo la Commissione avviava, nell’ottobre 1999, uno scambio di corrispondenza con le autorità irlandesi.

12.   A seguito dell’intervento della Commissione la Repubblica d’Irlanda non prorogava ufficialmente il contratto. La An Post continua invece ad erogare le prestazioni, ma su base ad hoc, in modo da non interrompere il pagamento delle prestazioni sociali.

13.   Nell’ambito del procedimento per inadempimento avviato dalla Commissione ai sensi dell’art. 226 CE, la Repubblica d’Irlanda, ad avviso della Commissione stessa, non ha suggerito alcuna soluzione ai problemi prospettati. Alla luce delle risposte date dalla Repubblica d’Irlanda al sollecito 26 giugno 2002 e al parere motivato 17 dicembre 2002 la Commissione reputa che essa ha violato le norme del Trattato CE con riferimento alla stipula di un nuovo contratto e pertanto ha adito la Corte di giustizia.

14.   La Commissione chiede nel suo ricorso che la Corte voglia:

1)         dichiarare che la Repubblica d’Irlanda, decidendo di affidare l’effettuazione di determinati servizi alla An Post senza preliminarmente indire pubblica gara, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del Trattato; e

2)         condannare la Repubblica d’Irlanda al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione.

15.   La Repubblica d’Irlanda chiede che la Corte voglia:

3)         respingere il ricorso della Commissione;

4)         condannare la Commissione al pagamento delle spese sostenute dalla Repubblica d’Irlanda.

IV – Argomenti addotti dalle parti e dagli intervenienti

A –    La Commissione

16.   La Commissione è dell’avviso che la circostanza che il contratto di cui trattasi ricade nella sfera di applicazione della direttiva 92/50 non esclude l’applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, derivanti dalle libertà fondamentali sancite dal Trattato e dall’applicazione dei principi generali che in tali libertà fondamentali trovano specifica espressione.

17.   L’obbligo degli Stati membri di conformarsi ai principi fondamentali è confermato dalla stessa direttiva all’art. 3, n. 2, il quale sancisce l’obbligo generale incombente alle amministrazioni aggiudicatrici di assicurare parità di trattamento fra i prestatori di servizi. Le autorità irlandesi sono tenute al rispetto di tale obbligo sia in riferimento ai servizi elencati nell’allegato IB che a quelli riportati nell’allegato IA.

18.   L’interpretazione della Commissione è l’unica conciliabile con la «logica del mercato interno desumibile dal Trattato». Secondo l’inequivocabile giurisprudenza della Corte di giustizia le disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi fanno sorgere in capo agli Stati membri obblighi in relazione all’aggiudicazione degli appalti pubblici che esulano dal campo di applicazione delle direttive. Ciò vale sia per le tipologie di appalti (come ad esempio la concessione di servizi) non soggetti ad una disciplina particolare che per quelle tipologie che sono sì disciplinate, ma il cui valore è inferiore alla soglia di applicabilità stabilita nelle diverse direttive.

19.   Sarebbe pertanto nettamente contrario alla logica del mercato interno lasciare liberi gli Stati membri di non ricorrere in alcun modo a gare per gli appalti di valore superiore alle soglie di applicabilità solo perché i servizi cui tali appalti si riferiscono figurano nell’allegato IB della direttiva, sebbene il diritto comunitario in siffatti casi pretenda addirittura lo svolgimento di una gara adeguata quando gli appalti, per loro struttura o valore, non rientrano nel campo di applicazione delle direttive.

20.   Le misure nazionali devono essere valutate esclusivamente alla luce delle disposizioni di una direttiva e non già delle disposizioni del Trattato CE, se ed in quanto la direttiva disponga un’armonizzazione tassativa.

21.   In merito all’argomentazione secondo cui lo scopo perseguito da essa possa essere raggiunto solo per mezzo di leggi, la Commissione deduce che una direttiva non può derogare al diritto primario. Gli obblighi discendenti dal diritto primario prevalgono su quelli stabiliti dalle direttive. Lo scopo del diritto derivato consiste nell’integrare il diritto primario e nel favorire il conseguimento degli obiettivi da esso sanciti.

22.   La Commissione sottolinea infine che il diritto primario contiene principi molto meno rigidi rispetto alla direttiva. Contrariamente a quanto inteso dagli intervenienti, la Commissione non pretende una gara in ogni caso. La Commissione non pretende neanche che la Repubblica d’Irlanda applichi le regole valide per i servizi prioritari a quelli non prioritari.

23.   Per quanto attiene alla certezza del diritto la Commissione rammenta che il rispetto dei vincoli sanciti dal diritto primario in materia di aggiudicazione di appalti non rappresenta una singolarità.

B –    Repubblica d’Irlanda

24.   La Repubblica d’Irlanda contesta la correttezza degli argomenti addotti dalla Commissione. Da un lato essa è dell’avviso che la giurisprudenza della Corte di giustizia citata dalla Commissione non sia pertinente e, a sostegno della propria tesi, commenta le singole cause e le argomentazioni formulate di volta in volta dalla Commissione. D’altro lato, le misure della Repubblica d’Irlanda in merito dall’applicabilità della direttiva 92/50 devono essere valutate alla stregua di quest’ultima e non già anche delle libertà fondamentali.

25.   La condotta della Commissione, inoltre, viola i principi di trasparenza, legittimo affidamento e certezza del diritto. Invece di presentare una proposta per apportare una corrispondente modifica alla direttiva, compito cui essa è tenuta a norma dell’art. 43, la Commissione persegue «concetti nebulosi». La Commissione ha peraltro omesso di recepire nella propria proposta che nel 2004 ha portato all’adozione della direttiva 2004/18/CE una modifica al riguardo.

26.   La Commissione vuole indurre la Corte di giustizia ad assumere le vesti di legislatore al posto del Consiglio. Essa mira ad imporre alla Repubblica d’Irlanda obblighi esplicitamente esclusi dalla direttiva 92/50. In tal modo essa turba anche l’equilibrio istituzionale. Se la Commissione fa discendere l’obbligo di ricorrere a gare d’appalto dal principio dell’uguaglianza, ci si chiede quale sia la ragion d’essere della direttiva.

C –    Gli intervenienti

27.   Il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica francese e il Regno dei Paesi Bassi sono intervenuti nel procedimento a sostegno della Repubblica d’Irlanda.

28.   I governi danese, finlandese, francese e olandese sono dell’opinione che ai servizi oggetto della controversia siano applicabili esclusivamente gli artt. 14 e 16 della direttiva. Le altre norme relative a bandi ed avvisi non si applicano pertanto ai servizi non prioritari. Tanto meno è rinvenibile nella giurisprudenza della Corte di giustizia alcun dovere di indire una gara d’appalto in tutti i casi. Occorre parimenti ricordare le disposizioni del principio della certezza del diritto, violato dall’interpretazione ampia della Commissione. Nel presente contesto è stato anche fatto riferimento alla circostanza che la violazione delle norme procedurali potrebbe comportare per le amministrazioni aggiudicatrici l’obbligo di risarcimento del danno.

29.   L’obbligo di porre in essere una determinata procedura di aggiudicazione non è ricavabile, a giudizio del governo danese, né dall’art. 3 della direttiva, né dagli artt. 12, 43 e 49 CE. Assoggettare i servizi non prioritari a norme procedurali dettagliate equivarrebbe inoltre ad una violazione dei principi di proporzionalità e sussidiarietà.

30.   La verifica delle misure nazionali deve essere effettuata solo sulla scorta delle norme di armonizzazione e non anche del diritto primario. Come conseguenza del proprio orientamento giuridico, la Commissione dovrebbe peraltro mettere in dubbio la validità della direttiva.

31.   Gli intervenienti fanno riferimento da un lato alla genesi e alle finalità della direttiva 92/50, dall’altro rammentano – in parte alludendo al dovere di revisione ai sensi della direttiva 92/50 – che la stessa Commissione, nella propria proposta di modifica delle linee guida relative all’assegnazione degli appalti, la quale ha tra l’altro condotto all’approvazione della direttiva 2004/18/CE, non ha inserito alcuna modifica al sistema in base al quale i servizi non prioritari continuano ad usufruire di un regime semplificato.

V –    Esame

A –    L’oggetto del presente procedimento per inadempimento

32.   In merito all’oggetto del presente procedimento per inadempimento, vi è accordo fra le parti su molti punti. Essi riguardano da un lato la circostanza che la fornitura oggetto del procedimento rientra nella classe 913 della CPC (Central Product Classification). Essa appartiene alla categoria 27, «altri servizi», di cui all’allegato IB della direttiva 92/50. Pertanto essa deve essere qualificata come cosiddetto servizio non prioritario. Inoltre risulta accertato che nella fattispecie in esame la soglia di applicabilità ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. a, della direttiva 92/50 è stata superata.

33.   Mentre può essere risolta quindi con una certa facilità la questione se la fornitura di cui al presente procedimento rientri nel campo di applicazione della direttiva 92/50 e se sia soggetta ad un regime speciale, occorre ancora chiarire quali altre norme del diritto comunitario debbano essere invocate sussidiariamente come criterio di verifica per la valutazione. In un ricorso diretto, come il procedimento per inadempimento, il criterio di verifica è determinato a piacimento dal ricorrente, in questo caso la Commissione.

34.   Come si evince dall’atto introduttivo, la Commissione chiede l’accertamento di una duplice infrazione. Essa lamenta in primo luogo la violazione delle libertà fondamentali, in particolare degli artt. 43 e 49 CE. In secondo luogo essa lamenta la violazione dei principi generali del diritto comunitario, in particolare del principio di trasparenza e uguaglianza (divieto di discriminazione).

35.   Inoltre nel procedimento dinanzi alla Corte di giustizia è stata menzionata un’ulteriore disposizione, ovvero l’art. 3, n. 2, della direttiva 92/50. Ai sensi di detto articolo, le amministrazioni aggiudicatrici devono assicurare che non si verifichino discriminazioni fra i prestatori di servizi.

36.   La Commissione intende fare discendere da siffatte disposizioni un obbligo valevole per tutti i tipi di servizi e dunque anche per i servizi oggetto del procedimento, ovvero quelli non prioritari.

37.   La Commissione tuttavia ha omesso di includere nel proprio ricorso la violazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva 92/50. Per quanto la Commissione faccia riferimento a tale disposizione della direttiva anche nell’atto introduttivo (6), ciò non è tuttavia sufficiente. Con detto riferimento la Commissione intende solo dimostrare che la stessa direttiva disciplina esplicitamente il divieto di discriminazione. La Commissione dovrebbe considerare ciò come una conferma dell’obbligo degli Stati membri di rispettare principi giuridici generali corrispondenti. Inoltre, la Commissione ha lamentato esclusivamente la violazione degli artt. 43 e 49 CE anche nel parere motivato.

38.   La Commissione non affronta invece la presunta violazione dei principi giuridici generali solo nel corso della valutazione giuridica della fattispecie, ma anche nella parte dell’atto introduttivo in cui essa conclude riassumendo le norme che a suo avviso sono state violate (punto 56). Ciò vale anche per la doglianza della violazione degli artt. 43 e 49 CE.

39.   Non occorre pertanto esaminare ulteriormente la questione degli effetti giuridici dispiegati dall’art. 3, n. 2, della direttiva 92/50 nei confronti dei cosiddetti servizi non prioritari.

B –    Integrazione delle direttive per mezzo del diritto primario?

40.   Il presente procedimento non riguarda la problematica chiarita – almeno nei suoi tratti essenziali – secondo cui il diritto primario deve essere applicato al di fuori delle direttive sugli appalti. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia (7), infatti, le norme di diritto primario si applicano quando l’attribuzione non è disciplinata da alcuna direttiva. Nel presente caso, invece, la questione verte sull’applicabilità delle disposizioni del diritto primario anche a fattispecie disciplinate dalle direttive.

41.   Ma neanche questo problema giuridico è totalmente nuovo. Occorre pertanto richiamare la giurisprudenza della Corte di giustizia secondo cui le disposizioni del diritto primario, in particolare le libertà fondamentali, si applicano anche alle forniture disciplinate dalle direttive che stabiliscono le norme sostanziali sugli appalti pubblici.

42.   La Corte di giustizia ha stabilito, in un procedimento per inadempimento che riguardava anche in quel caso la Repubblica d’Irlanda, «che consentendo l’inserimento, nel fascicolo di gara relativo ad un contratto d’appalto di lavori pubblici, di una clausola, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell’art. 30 del Trattato CEE» (8). La Corte di giustizia ha pronunciato una decisione analoga in un altro procedimento per inadempimento: nella causa relativa allo Storebælt la Corte ha accertato una violazione degli artt. 30, 48 e 59 del Trattato CEE (9).

43.   Ad essa deve essere aggiunta una sentenza recente nell’ambito di un procedimento per inadempimento, in cui la Corte ha accertato una violazione dell’art. 49 CE. Essa verteva, così come la controversia relativa allo Storebælt, sul contenuto del capitolato d’oneri, in particolare sui sottocriteri dei criteri di aggiudicazione (10).

44.   Il principio dell’interpretazione integrativa o complementare delle direttive per mezzo del diritto primario è stato ad ogni modo confermato dalla Corte di giustizia anche in altri casi.

45.   La sentenza nella causa Hospital Ingenieure fornisce un prezioso riferimento al riguardo. In questo procedimento la Corte ha deciso che «a parte l’obbligo di comunicare la motivazione della revoca del bando di gara, la direttiva 92/50 non contempla alcuna disposizione specifica relativa ai requisiti di merito o di forma di tale decisione, ciò nondimeno quest’ultima è soggetta alle norme fondamentali del diritto comunitario e, in particolare, ai principi consacrati dal Trattato CE in materia di diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi» (11).

46.   Al punto 47 di detta sentenza la Corte si esprime più genericamente, laddove afferma «nonostante il fatto che la direttiva 92/50 non disciplini specificamente le modalità di revoca di un bando di gara per un appalto pubblico di servizi...».

47.   La Corte di giustizia ha confermato il principio dell’intervento complementare del diritto primario in un’ulteriore decisione (12). Il fatto che abbia scelto al riguardo la forma dell’ordinanza mostra che essa reputa chiarita almeno tale questione giuridica.

48.   La Corte di giustizia ha parimenti stabilito, nella causa Makedoniko Metro, che «anche in mancanza nelle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici di disposizioni specificamente applicabili, i principi generali del diritto comunitario (....), disciplinano anche le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici» (13).

49.   La sentenza Unitron (14), cui si è fatto cenno nel presente procedimento, riguarda anche la trasparenza; tuttavia il menzionato procedimento verteva sul divieto di discriminazione per motivi di nazionalità e non sul principio di parità di trattamento come principio giuridico generale, ovvero sul principio di uguaglianza.

50.   Si può pertanto affermare che il principio secondo cui il diritto primario si applica anche alle disposizioni disciplinate dalle direttive recanti norme generali sugli appalti è stato confermato dalla Corte di giustizia. Deve tuttavia essere esaminata la portata di tale principio. Così, in base al principio che caratterizza il rapporto fra diritto primario e diritto derivato, l’attuazione del diritto primario viene meno nella misura in cui la fattispecie è disciplinata tassativamente da norme di diritto derivato (15). Sussistono dunque limiti imposti dal diritto comunitario all’attuazione integrativa del diritto primario.

51.   Mentre è stato nel frattempo chiarito attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia che il contenuto dei fattori di aggiudicazione e le modalità per la revoca non sono disciplinati tassativamente nelle direttive sugli appalti pubblici, resta da esaminare come debba essere giudicata la disciplina sul dovere di trasparenza per i servizi non prioritari.

C –    Disciplina tassativa del dovere di trasparenza per i servizi non prioritari nella direttiva 92/50?

52.   Il presente procedimento si caratterizza perché verte sull’applicabilità del diritto primario nel contesto di un’aggiudicazione disciplinata da un regime speciale di una direttiva sugli appalti pubblici.

53.   Peraltro la categoria dei servizi non prioritari non è l’unica categoria di aggiudicazioni per cui è stabilito un regime speciale nelle direttive contenenti norme sostanziali sugli appalti pubblici. La direttiva del Consiglio 14 giugno 2003, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (in prosieguo: la «direttiva di coordinamento in materia edile») (16) prevede ad esempio un regime semplificato per le concessioni edilizie. Analogamente all’art. 9 della direttiva 92/50, l’art. 3, n. 1, di detta direttiva prescrive quali disposizioni devono essere applicate. Tuttavia, diversamente dalla normativa di cui alla direttiva 92/50 in relazione ai servizi non prioritari, la direttiva di coordinamento subordina le concessioni edilizie anche all’obbligo di pubblicare un avviso avente un determinato contenuto informativo minimo (art. 11 della direttiva 93/37).

54.   A fini di maggiore chiarezza si deve notare che il presente procedimento non riguarda la questione se gli obblighi stabiliti dalla direttiva 92/50 per i servizi prioritari valgano anche per quelli non prioritari, ovvero se tali obblighi debbano essere applicati direttamente o almeno in via analogica.

55.   Occorre inoltre rilevare che non è importante stabilire se l’intera direttiva sia qualificabile come misura di armonizzazione tassativa, bensì se l’aspetto determinante ne sia disciplinato. È anzi tipico del diritto comunitario che le direttive contengano una disciplina tassativa per determinate fattispecie e per altre no (17). Così, la Corte di giustizia ha stabilito in relazione ad una delle direttive sugli appalti pubblici che essa non introduce una normativa comunitaria uniforme ed esaustiva e che gli Stati membri sono tenuti a rispettare tutte le norme del diritto comunitario in materia (18).

56.   Le disposizioni discendenti dal diritto primario sono applicabili anche all’aggiudicazione di servizi non prioritari se ed in quanto non sussista un’armonizzazione tassativa al riguardo. Il fatto che la direttiva 92/50 non disponga nel complesso un’armonizzazione tassativa in relazione ai servizi non prioritari non costituisce invece una premessa. Nel presente procedimento si deve solo verificare se la disciplina del dovere di trasparenza sia stabilita in modo tassativo nella direttiva 92/50 come sostenuto da Irlanda, Francia e Paesi Bassi. Se così non fosse, la giurisprudenza della Corte sopra richiamata potrebbe essere estesa ai criteri di aggiudicazione e alla revoca.

57.   Peraltro occorre citare in questo contesto la sentenza nella causa Contse in cui la Corte di giustizia ha preso le mosse dall’assunto che le libertà fondamentali si applicano ai servizi non prioritari. Da notare in questa sede solo incidentalmente che ai servizi non prioritari, sulla base del rinvio contenuto nell’art. 9 della direttiva 92/50, non si applicano nemmeno le norme sui criteri di aggiudicazione della direttiva stessa, le quali necessitano di integrazione.

58.   Il caso in discorso, tuttavia, non verte sulla configurazione dei criteri di aggiudicazione o della revoca, ma su un aspetto ben preciso della trasparenza, ovvero la preventiva pubblicazione del bando di gara di un appalto. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia la questione se la direttiva 92/50 armonizzi tassativamente l’aspetto, rilevante nel caso odierno, dell’obbligo di trasparenza deve essere valutata sulla scorta del tenore letterale della disposizione pertinente, del contesto in cui essa si colloca e degli obiettivi della normativa cui appartiene (19).

59.   Come la Corte di giustizia ha già stabilito, l’interpretazione deve essere effettuata partendo dal ventunesimo ‘considerando’ e dall’art. 9 della direttiva 92/50 (20).

60.   Nel ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 92/50 si afferma che per un periodo transitorio la piena applicazione di tale direttiva deve limitarsi ai contratti riguardanti servizi per i quali le disposizioni della direttiva stessa consentiranno di realizzare appieno il potenziale d’accrescimento del commercio transfrontaliero, mentre per i contratti relativi a servizi d’altro genere è stato creato solo uno strumento di osservazione.

61.   Il tenore letterale della disposizione centrale, ovvero l’art. 9 della direttiva 92/50, rende palese che i servizi non prioritari devono essere aggiudicati in base a disposizioni enunciate espressamente. Tali disposizioni sono rappresentate dagli artt. 14 e 16. Mentre l’art. 14 detta «norme comuni in campo tecnico», l’art. 16 disciplina aspetti specifici della trasparenza. Con riguardo alla trasparenza per i servizi non prioritari il legislatore comunitario non ha operato quindi un rinvio all’intero titolo V della direttiva, denominato «norme comuni di pubblicità», ma solo ad una parte di detto titolo.

62.   Il legislatore comunitario, dunque, ha deciso consapevolmente di prescrivere solo determinati obblighi di trasparenza per i servizi non prioritari. L’art. 16, n. 1, stabilisce ad esempio il dovere di inviare all’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee un avviso in merito ai risultati della procedura d’aggiudicazione.

63.   Per il presente procedimento per inadempimento è tuttavia fondamentale la decisione del legislatore comunitario di non operare un rinvio anche all’importante disposizione dell’art. 11. Questa disposizione disciplina, fra l’altro, a quali condizioni un’amministrazione aggiudicatrice può optare per una procedura negoziata senza pubblicare il bando di gara. Ciò consente una cosiddetta aggiudicazione mediante trattativa privata o diretta, ovvero una aggiudicazione senza bando di gara. Dette condizioni non sono state dunque trasposte ai servizi non prioritari.

64.   Ai sensi dell’art. 16, n. 2, le norme di cui agli artt. 17-20 si applicano solo ai servizi prioritari. Queste ultime disciplinano sostanzialmente il modello da utilizzare per i bandi o gli avvisi e i termini che devono essere rispettati.

65.   È pertanto corretta l’opinione della Commissione secondo cui gli artt. 14 e 16 della direttiva non disciplinano affatto l’aspetto che costituisce l’oggetto della presente controversia. La Commissione tuttavia ne trae l’affrettata conclusione che è proprio questo il motivo per cui entra in gioco il diritto primario. Si dovrebbe nondimeno verificare in primo luogo se partendo dalla circostanza che solo determinati aspetti sono disciplinati espressamente si debba necessariamente concludere l’insussistenza di un’armonizzazione tassativa.

66.   Ciò costituisce la questione preliminare alla questione se, in relazione ai servizi non prioritari, si debbano osservare non già le rigide disposizioni della direttiva 92/50, ma quanto meno le norme meno rigide del diritto primario.

67.   A siffatta questione preliminare si deve rispondere essenzialmente che la direttiva 92/50 non contiene alcuna disciplina tassativa in materia di trasparenza nell’aggiudicazione dei servizi non prioritari, ma che si deve fare ricorso in via integrativa al diritto primario.

68.   L’opinione opposta porterebbe altrimenti alla conclusione che gli appalti che esulino totalmente dall’ambito di applicazione della direttiva 92/50, ad esempio le concessioni di servizi, sarebbero soggetti a norme più rigide, ovvero quelle di cui alle sentenze Telaustria e Coname rispetto ai servizi non prioritari. Ovviamente una soluzione alternativa potrebbe consistere nell’abbassare lo standard, ovvero il grado di trasparenza, per le aggiudicazioni non comprese, e nell’applicare ai servizi non prioritari detto standard inferiore o uno standard leggermente superiore a quest’ultimo.

D –    Contenuto concreto della norma che si presume violata

69.   Per potere accertare una violazione del diritto comunitario la Corte di giustizia deve innanzi tutto determinare il contenuto della norma che si ritiene sia stata violata. Senza precisare il metro di valutazione non è infatti possibile giudicare la condotta dello Stato membro in questione.

70.   In un ricorso diretto – come il presente ricorso per inadempimento – il ricorrente, in questo caso la Commissione, deve precisare in cosa consista l’obbligo dello Stato membro convenuto.

71.   Nel procedimento scritto la Commissione non si è limitata ad enunciare la sussistenza degli obblighi derivanti dagli artt. 43 e 49 CE, nonché da determinati principi, ma ha quanto meno sostenuto che la giurisprudenza della Corte di giustizia elaborata in merito a tali norme di diritto primario stabilisce l’obbligo di assicurare un adeguato grado di trasparenza. E con ciò la Commissione conclude sostanzialmente la propria argomentazione.

72.   La Commissione cita in questo contesto una sentenza (21) relativa a due ricorsi per inadempimento. Al riguardo occorre sottolineare che nei detti procedimenti vi era un obbligo chiaro, precisamente un obbligo derivante dalla direttiva 93/37. In essa era disciplinato espressamente l’obbligo di pubblicizzare l’aggiudicazione, per la quale pubblicità era previsto addirittura un contenuto minimo in specifici modelli.

73.   Nel presente procedimento mancano proprio tali norme del diritto comunitario. Così la direttiva applicabile alla fattispecie non prevede un determinato tipo di pubblicità preventiva. Ciò si applica anche alla giurisprudenza in materia di libertà fondamentali e principi giuridici generali, cui è stato spesso fatto riferimento nel procedimento. Anche dalla recente pronuncia fondamentale della Corte di giustizia in merito al problema che qui rileva, la sentenza nella causa Coname, è possibile desumere solo principi generali, non già obblighi concreti.

74.   Qualora il presente procedimento per infrazione avesse riguardato la compatibilità di una normativa nazionale sugli appalti si sarebbe potuta adottare un’interpretazione più generosa dell’onere di prova della ricorrente. Il presente procedimento, tuttavia, verte sulla censura di una condotta concreta, ovvero di una fornitura concreta. Ugualmente concrete dovrebbero essere anche le osservazioni della Commissione.

75.   Se è vero che, de iure, il presente procedimento per inadempimento riguarda un caso singolo, tuttavia esso ha ad oggetto un problema giuridico avente una valenza pratica generale. Come dovrebbero le numerose singole amministrazioni aggiudicatrici di appalti e concessioni negli Stati membri organizzare le proprie procedure di aggiudicazione quando il contesto giuridico è a tal punto indeterminato e neanche la Commissione, che si contrappone agli Stati membri nel procedimento per inadempimento – e ciò si applica sin dall’istruttoria amministrativa – può o vuole esporre concretamente quali norme debbano essere osservate in dettaglio? Il fatto che, in mancanza di una comunicazione interpretativa nella causa fino a poche settimane prima, non era chiaro quale fosse l’atteggiamento assunto precisamente dalla Commissione non deve arrecare danno agli Stati membri interessati. Proprio questa circostanza avrebbe dovuto indurre la Commissione a fornire indicazioni più precise circa il contenuto dell’obbligo che essa reputa essere stato violato.

76.   Sotto questo profilo anche nel presente procedimento è applicabile alla Commissione la seguente osservazione dell’avvocato generale Jacobs in un’altra procedura di aggiudicazione: «Essa non ha tuttavia specificato in quale modo tali requisiti possano essere concretamente soddisfatti» (22).

77.   Il principio secondo cui deve essere osservato un adeguato grado di trasparenza si traduce dunque di norma nella pubblicazione di un bando (per l’aggiudicazione dell’appalto) (il cosiddetto bando di gara). Al riguardo vi sono ovviamente una serie di deroghe e cause di giustificazione, che ho già affrontato esaurientemente nelle conclusioni per la causa Coname (23) e nelle mie odierne conclusioni nel procedimento pendente parallelamente al presente procedimento per inadempimento per la causa C-532/03 (24). Nel prosieguo si deve pertanto esaminare se nel presente procedimento sia applicabile una di queste deroghe o cause di giustificazione. Poiché la Corte di giustizia non può effettuare d’ufficio tale verifica, le seguenti considerazioni saranno limitate alle argomentazioni esposte al riguardo nel procedimento.

78.   In primo luogo si deve rilevare che lo Stato convenuto non è riuscito a dimostrare la sussistenza di una causa di giustificazione prevista esplicitamente dal Trattato o riconosciuta dalla giurisprudenza. Lo stesso dicasi per l’applicabilità, mutatis mutandis, di una delle deroghe disciplinate dalle direttive (25).

79.   Infatti non si può escludere che vi siano anche casi in cui la procedura di aggiudicazione possa avere luogo senza previamente pubblicizzare l’appalto, ovvero senza bando di gara. Simili circostanze non si sono ovviamente verificate in concreto o per lo meno non ne è stata fornita la prova.

80.   La stessa circostanza che il grado di trasparenza dipende dalle circostanze concrete dell’appalto, dal suo oggetto e dal suo valore non comporta nella fattispecie in esame che si possa prescindere dall’obbligo di qualsivoglia pubblicazione.

81.   Occorre inoltre soffermarsi sull’argomento dedotto dalla Repubblica irlandese, secondo cui la condotta della Commissione sarebbe contraria ai principi della tutela della riservatezza e della certezza del diritto. Al riguardo occorre accennare ad una circostanza che non è stata sollevata nel procedimento. Lo Stato convenuto ha attuato la misura censurata dalla Commissione già nel maggio 1999, mentre la sentenza relativa alla causa Telaustria, in cui è stato dato risalto al principio della trasparenza sancito dal diritto primario, è stata pronunciata solo nel 2000.

82.   A tale riguardo occorre comunque rammentare che le sentenze interpretative pronunciate all’esito di un procedimento di rinvio pregiudiziale a norma dell’art. 234 CE in via di principio hanno efficacia retroattiva. Né la sentenza Telaustria né la sentenza Coname fanno eccezione. Nella procedura per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, come nel caso di specie, non è prevista tale possibilità.

83.   Le questioni giuridiche circa la valutazione delle sentenze della Corte di giustizia con cui vengono accertati obblighi degli Stati membri sino a quel momento insospettati possono essere chiarite eventualmente in un secondo procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 228 CE, ma solo nel caso in cui non venga eseguita la sentenza relativa al procedimento per inadempimento di cui si discute. Ciò potrebbe allora costituire un elemento di valutazione nell’ambito della determinazione della sanzione finanziaria.

84.   Complessivamente l’esame della condotta censurata dalla Commissione ha evidenziato che non sussistono elementi tali da permettere la prestazione dei servizi controversi senza alcuna pubblicità.

VI – Spese

85.   Ai sensi dell’art. 69, § 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è fatta domanda. Poiché la Repubblica irlandese è risultata soccombente e la Commissione ha presentato richiesta di condanna della stessa al pagamento delle spese da essa sostenute, la Repubblica irlandese conseguentemente deve essere condannata al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione.

86.   Sono intervenuti nel procedimento il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica francese ed il Regno dei Paesi Bassi. Ai sensi dell’art. 69, § 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli intervenuti sopportano le proprie spese.

VII – Conclusione

87.   A seguito di quanto esposto, si suggerisce alla Corte di giustizia di

1)      dichiarare che la Repubblica di Irlanda, decidendo di affidare l’effettuazione di servizi alla An Post senza preliminare comunicazione, sebbene non vi fossero circostanze che le avrebbero consentito di non effettuare alcuna pubblicità, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del Trattato;

2)      di condannare la Repubblica irlandese al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione;

3)      di condannare il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica francese e il Regno dei Paesi Bassi al pagamento delle spese da esse sostenute.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – V. le mie conclusioni, del pari pronunciate in data odierna, per la causa C‑532/03 (Commissione/Repubblica d'Irlanda).


3 – GU L 209, pag. 1.


4 – Sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I‑10745).


5 – Sentenza 21 luglio 2005, causa C‑231/03, Coname (Racc. pag. I‑7287).


6 – Punto 43.


7 – Sentenza Coname, causa C‑231/03 (citata alla nota 5), punto 16, e sentenza 20 ottobre 2005, causa C‑264/03, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑8831, punto 32).


8 – Sentenza 22 settembre 1988, causa 45/87, Commissione/Repubblica d'Irlanda (Racc. pag. I‑4929, punto 27).


9 – Sentenza 22 giugno 1993, causa C‑243/89, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑3353).


10 – Sentenze 27 ottobre 2005, causa C‑158/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-0000, GU C 330, pag. 1), e nel parallelo rinvio pregiudiziale, causa C‑234/03, Contse (Racc. pag. I‑9315).


11 – Sentenza 18 giugno 2002, causa C‑92/00, HI (Racc. pag. I‑5553, punto 42).


12 – Ordinanza 16 ottobre 2003, causa C‑244/02, Kauppatalo Hansel Oy (Racc. pag. I‑12139, punti 31 e 33).


13 – Sentenza 23 gennaio 2003, causa C‑57/01, Makedoniko Metro e Michaniki (Racc. pag. I‑1091, punto 69); il corsivo è mio.


14 – Sentenza 18 novembre 1999, causa C‑275/98, Unitron Scandinavia e 3‑S (Racc. pag. I‑8291, punti 30 ss.).


15 – Sentenze 12 ottobre 1993, causa C‑37/92, Vanacker e Lesage (Racc. pag. I‑4947, punto 9); 13 dicembre 2001, causa C‑324/99, DaimlerChrysler (Racc. pag. I‑9897, punto 32), nonché 11 dicembre 2003, causa C‑322/01, Deutscher Apothekerverband (Racc. pag. I‑14887, punto 64).


16 – GU L 199, pag. 54.


17 – Cfr. per esempio la sentenza 19 marzo 1998, causa C‑1/96, Compassion in World Farming (Racc. pag. I‑1251, punti 55 e seg.) e 14 dicembre 2004, causa C‑309/02, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz (Racc. pag. I‑11763, punti 53 ss.).


18 – Così, in relazione alla direttiva di coordinamento in materia edile del 1971: sentenza 9 luglio 1987, cause riunite 27/86 ‑ 29/86, SA Constructions et entreprises industrielles e altri (Racc. pag. 3347, punto 15).


19 – Sentenza di cui alla causa C‑1/96 (citata alla nota 17), punto 49 e seg., e 19 ottobre 1995, causa C‑128/94, Hönig (Racc. pag. I‑3389, punto 9).


20 – Sentenza 14 novembre 2002, causa C‑411/00, Swoboda (Racc. pag. I‑10567, punto 46 e seg.).


21 – Sentenza 27 ottobre 2005, cause riunite C‑187/04 e C‑188/04, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑0000, GU C 36, pag. 11).


22 – Conclusioni 21 aprile 2005 dell'avvocato generale Jacobs, causa C‑174/03, Impresa Portuale di Cagliari, ordinanza 23 marzo 2006 (Racc. pag. I–0000, paragrafo 77).


23 – Conclusioni 12 aprile 2005, causa C‑231/03, Coname (sentenza citata alla nota 5, paragrafi 58 ss.).


24 – Paragrafi 86 ss.


25 – Ad esempio l'art. 11, n. 3, della direttiva 92/50, nonché l'art. 31 della direttiva 2004/18/CE.