CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 17 novembre 2005 1(1)

Causa C-470/03

A.G.M.-COS.MET s.r.l.

contro

Repubblica finlandese

e

Tarmo Lehtinen

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tampereen käräjäoikeus, Finlandia)

«Direttiva 98/37/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine – Macchine con marcatura “CE”, non conformi ad una norma armonizzata – Art. 28 CE – Misure di effetto equivalente – Avvertimenti pubblici di un funzionario statale sulla pericolosità di ponti elevatori per veicoli, importati da un altro Stato membro – Imputabilità della condotta di un funzionario allo Stato – Diritto dei funzionari alla libertà d’espressione – Proporzionalità – Responsabilità dello Stato – Responsabilità dei funzionari»





I –    Introduzione

1.        Il Tampereen käräjäoikeus (Tribunale civile di primo grado di Tampere, Finlandia) ha adito la Corte sottoponendole una complessa vicenda che, prendendo spunto dall’interpretazione di una direttiva sulla sicurezza nell’uso delle macchine, solleva soprattutto questioni relative alla responsabilità dello Stato per l’attività dei suoi funzionari, alla limitazione della libera circolazione delle merci conseguente a talune manifestazioni d’opinione e, infine, alla responsabilità dello Stato.

2.        Tali questioni sono emerse nell’ambito di una controversia insorta tra l’impresa italiana A.G.M.-COS.MET s.r.l. (in prosieguo: la «AGM»), che produce ponti elevatori per veicoli, e lo Stato finlandese nonché il suo funzionario Lehtinen. La AGM pretende dallo Stato finlandese e dal sig. Lehtinen il risarcimento dei danni per il mancato guadagno, che la AGM imputa alle dichiarazioni pubbliche del sig. Lehtinen, in cui questi ha indicato i ponti elevatori della AGM come irregolari e pericolosi. Il governo finlandese replica sostenendo che il sig. Lehtinen ha consapevolmente agito in contrasto con la posizione ufficiale del suo Ministero, il quale ha provveduto a segnalare pubblicamente tale contrasto. Il sig. Lehtinen è, tra l’altro, dell’avviso che le sue dichiarazioni costituiscano esercizio della libertà d’opinione.

3.        Prendendo le mosse da tali vicende, il Tampereen käräjäoikeus sottopone alla Corte una serie di dettagliate questioni, che possono essere suddivise in tre gruppi: in primo luogo, il giudice a quo chiede alla Corte di interpretare la direttiva sulla sicurezza nell’uso delle macchine, al fine di accertare la conformità dei ponti elevatori in questione alle disposizioni di tale direttiva. In secondo luogo, il giudice a quo desidera sapere se le dichiarazioni pubbliche del sig. Lehtinen debbano essere considerate quali limitazioni alla libertà di circolazione delle merci e quali violazioni della lealtà comunitaria, imputabili allo Stato, e se tali limitazioni e tali violazioni possano essere eventualmente giustificate, in tutto o in parte, dalla libertà d’opinione ovvero dalla finalità di tutela della salute. In terzo luogo, per l’ipotesi in cui dovesse risultare accertata una violazione degli artt. 28 CE e 30 CE, ovvero dell’art. 10 CE, il Tampereen käräjäoikeus desidera sapere se sussistano i presupposti, stabiliti dal diritto comunitario, per chiedere il risarcimento dei danni allo Stato, se il diritto comunitario imponga di far rispondere dei danni anche il funzionario che ha agito, ed infine se i presupposti cui sono subordinate siffatte pretese risarcitorie eventualmente richiedano di interpretare il diritto finlandese in conformità al diritto comunitario.

II – Contesto normativo

4.        Il contesto normativo del presente caso è costituito dagli artt. 10 CE, 28 CE e 30 CE, nonché dalla direttiva 98/37/CE e dalla norma armonizzata EN 1493:1998.

1.      La direttiva 98/37

5.        Per eliminare gli ostacoli al commercio derivanti dalle disposizioni nazionali concernenti la sicurezza e la salute, e per prevenire i pericoli provenienti dalle macchine, la Comunità ha emanato la direttiva 98/37/CE (in prosieguo anche: la «direttiva»). Tale direttiva stabilisce i requisiti inderogabili ed essenziali di sicurezza e di tutela della salute relativi alle macchine e ai loro componenti di sicurezza, e prevede inoltre una procedura per accertare e dichiarare la conformità della macchine a tali requisiti. La conformità viene resa nota attraverso una marcatura «CE» (2).

6.        In base all’art. 2, n. 1, della direttiva, gli Stati membri prendono

«(…) tutte le misure necessarie affinché le macchine (…) [alle] quali si applica la presente direttiva possano essere immess[e] sul mercato e mess[e] in servizio soltanto se non pregiudicano la sicurezza e la salute delle persone (…), purché siano (…) utilizzate conformemente alla loro destinazione».

7.        Ai sensi dell’art. 2, n. 2, della direttiva

«le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano la facoltà degli Stati membri di prescrivere, nel rispetto del trattato, i requisiti che essi ritengono necessari per garantire la protezione delle persone e in particolare dei lavoratori durante l’uso delle macchine (…) in questione, sempre che ciò non implichi modifiche di dette macchine (…) di sicurezza rispetto alle disposizioni della presente direttiva».

8.        L’art. 3 della direttiva dispone quanto segue:

«Le macchine (…) [alle] quali si applica la presente direttiva devono rispondere ai requisiti essenziali ai fini della sicurezza e della tutela della salute di cui all’allegato I».

9.        Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva gli Stati membri

«(…) non possono vietare, limitare od ostacolare l’immissione sul mercato e la messa in servizio nel loro territorio delle macchine (…) conformi alle disposizioni della presente direttiva».

10.      Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva gli Stati membri

«(…) considerano conformi all’insieme delle disposizioni della presente direttiva, comprese le procedure di valutazione della conformità previste al capitolo II: – le macchine munite della marcatura «CE» e accompagnate dalla dichiarazione CE di conformità di cui all’allegato II, punto A (…)».

11.      Tuttavia, l’art. 7, n. 1, della direttiva dispone quanto segue:

«Se uno Stato membro constata che (…) talune macchine munite della marcatura “CE” (…), utilizzat[e] conformemente alla loro destinazione rischiano di pregiudicare la sicurezza delle persone (…) o dei beni, esso prende tutte le misure necessarie per ritirare le macchine (…) dal mercato, vietarne l’immissione sul mercato, la messa in servizio oppure limitarne la libera circolazione.

Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione della suddetta misura, motivandone la decisione e precisando in particolare se la mancata conformità è dovuta:

a)      al mancato rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3;

b)      ad un’errata applicazione delle norme di cui all’articolo 5, paragrafo 2;

c)      ad una lacuna delle norme stesse di cui all’articolo 5, paragrafo 2 (…)».

12.      Gli artt. 8 e 9 della direttiva prevedono dettagliate disposizioni per la procedura di valutazione della conformità di una macchina ai requisiti di sicurezza posti dalla direttiva stessa, ed il successivo art. 10 detta disposizioni relative alla marcatura «CE» di conformità, costituita dalle iniziali «CE».

13.      In base all’allegato I, osservazione preliminare 1, della direttiva, «gli obblighi previsti dai requisiti essenziali di sicurezza e di salute si applicano soltanto se sussiste il rischio corrispondente per la macchina in questione allorché viene utilizzata alle condizioni previste dal fabbricante». In ogni caso «i requisiti 1.1.2 (…) e 1.7.4 si applicano all’insieme delle macchine oggetto della presente direttiva».

14.      I requisiti 1.1.2 relativi ai «principi d’integrazione della sicurezza» prevedono, tra l’altro, quanto segue:

«a)      Per costruzione, le macchine devono essere atte a funzionare, ad essere regolate e a subire la manutenzione senza che tali operazioni, se effettuate nelle condizioni previste dal fabbricante, espongano a rischi le persone.

         Le misure adottate devono avere lo scopo di eliminare il rischio di infortuni (…), anche se tale rischio fosse la conseguenza di una situazione anormale prevedibile.

b)      Per la scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante deve applicare i seguenti principi, nell’ordine indicato:

–        eliminare o ridurre i rischi nel miglior modo possibile (integrazione della sicurezza nella progettazione e nella costruzione della macchina);

–        adottare le misure di protezione necessarie nei confronti dei rischi che non possono essere eliminati;

–        informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti all’incompleta efficacia delle misure di protezione adottate (…).

c)      In sede di progettazione e di costruzione della macchina, nonché all’atto della redazione delle istruzioni per l’uso, il fabbricante deve considerare non soltanto l’uso normale della macchina, ma anche l’uso della macchina ragionevolmente prevedibile.

         La macchina deve essere progettata in modo da evitare che sia utilizzata anormalmente, se ciò può comportare un rischio. Negli altri casi le istruzioni per l’uso devono richiamare l’attenzione dell’utilizzatore sulle controindicazioni nell’uso (…) che potrebbero, in base all’esperienza, presentarsi (…)».

15.      Per le operazioni di sollevamento in caso di utilizzo delle macchine alle condizioni previste dal fabbricante, l’allegato I, ai requisiti 4.1.2.3 (resistenza meccanica), stabilisce quanto segue:

«Le macchine (…) devono poter resistere alle sollecitazioni cui sono soggett[e] durante il funzionamento (…), nelle condizioni di (…) esercizio previste dal fabbricante e in tutte le relative configurazioni (…).

Le macchine devono essere progettate e costruite per sopportare perfettamente le prove dinamiche effettuate con il carico massimo di utilizzazione (…).

Le prove dinamiche devono essere effettuate (…) in normali condizioni d’utilizzazione e sono generalmente eseguite alle velocità nominali definite dal fabbricante. Qualora il circuito di comando autorizzi più movimenti simultanei (per esempio, rotazione e spostamento del carico), le prove devono essere effettuate nelle condizioni più sfavorevoli (…)».

16.      Occorre infine osservare che l’allegato IV della direttiva alla voce «A. Macchine» elenca anche il punto «15. Ponti elevatori per veicoli», donde si desume che tali macchine rientrano senz’altro nell’ambito d’applicazione della direttiva.

2.      La norma armonizzata EN 1493:1998

17.      Come risulta dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva,

«(…) la presente direttiva definisce unicamente i requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute di portata generale, completati da una serie di requisiti più specifici per talune categorie di macchine; (…) per facilitare ai produttori la prova della conformità con i suddetti requisiti essenziali, è opportuno disporre di norme armonizzate a livello europeo in materia di prevenzione dei rischi dovuti alla progettazione ed alla costruzione delle macchine nonché per consentire il controllo della conformità ai requisiti essenziali; (…) dette norme armonizzate a livello europeo sono elaborate da organismi di diritto privato e devono conservare il loro statuto di testi non cogenti (…)».

18.      Il ventesimo ‘considerando’ della direttiva precisa, inoltre, che

«(…) secondo l’attuale prassi generale negli Stati membri è opportuno lasciare ai fabbricanti la responsabilità di attestare la conformità delle loro macchine ai requisiti essenziali; (…) la conformità a dette norme armonizzate conferisce una presunzione di conformità ai requisiti essenziali di cui trattasi (…)».

19.      Conseguentemente, ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva

«(…) la macchina (…) costruit[a] conformemente a detta norma è presunt[a] conforme ai requisiti essenziali di cui trattasi».

20.      Il Comitato europeo di normalizzazione (CEN) per i ponti elevatori per veicoli ha emanato la norma armonizzata EN 1493:1998 (in prosieguo: la «EN 1493») (3), cui la Commissione ha fatto riferimento in una comunicazione (4).

21.      La norma armonizzata, nella versione tedesca, al punto 5.6 (Misurazione della costruzione portante), sotto-punto 5.6.1 (Considerazioni generali), prevede i seguenti requisiti per la struttura portante dei ponti elevatori per veicoli:

«I sollevatori per veicoli devono essere progettati, con riguardo al materiale, alla costruzione e alle attrezzature di pertinenza, in modo tale da garantire un’adeguata sicurezza in tutte le condizioni di utilizzo (…)».

22.      A proposito della distribuzione del carico durante le operazione di sollevamento, la predetta norma, al punto 5.6.4.2, per i ponti elevatori che sollevano i veicoli stradali con presa al telaio, stabilisce quanto segue:

«In fase di progettazione, occorre prendere in considerazione la possibilità di un posizionamento dei veicoli sui dispositivi di sostegno del carico in entrambi i sensi di marcia (…).

Il calcolo deve essere effettuato prendendo in esame l’ipotesi di posizionamento del carico più sfavorevole (…)».

III – Fatti e procedimento principale

 I ponti elevatori per veicoli della AGM

23.      L’attrice del procedimento principale è una società italiana che produce ponti elevatori per veicoli, venduti in Europa con il marchio AGM. L’offerta di modelli della AGM comprende, tra l’altro, i tipi, che hanno caratteristiche tra loro simili, G 28, G 32 e G 35, di cui l’importatore finlandese, a far data dal 1996, ha venduto in Finlandia circa centocinquanta esemplari ad aziende di autoveicoli.

24.      I ponti elevatori di questo tipo sono formati da due colonne tra le quali viene fatto entrare il veicolo da sollevare. A ciascuna delle due colonne sono fissati due bracci, uno corto e uno lungo, che vengono inseriti sotto il telaio del veicolo da sollevare. I bracci così posizionati vengono poi manovrati in modo da farli salire lungo le colonne fino ad un’altezza tale da consentire di lavorare in posizione eretta sotto il veicolo.

25.      Per l’utilizzo del ponte elevatore vengono fornite istruzioni di caricamento, in cui è indicato il peso massimo sopportabile del veicolo da sollevare. L’esatto peso massimo per ogni singola operazione di sollevamento dipende, tuttavia, da due fattori: in primo luogo, quanto più vengono allungati i bracci, tanto più diminuisce il peso massimo sopportabile del veicolo; in secondo luogo, occorre tener presente che per i bracci lunghi è indicato un peso massimo sopportabile minore rispetto a quello dei bracci corti. Prima di sollevare un veicolo, occorre quindi verificare sia la distanza tra i bracci, sia i carichi assiali del veicolo riportati nella relativa documentazione. Pertanto, il manuale d’istruzione raccomanda di far entrare il veicolo tra le colonne in modo tale che il peso assiale maggiore poggi sui bracci corti e il peso assiale minore sui bracci lunghi.

26.      Il modello G 35 nel 1997 veniva dichiarato conforme alla direttiva e munito della marcatura «CE». La certificazione veniva effettuata dalla I.C.E.P.I. s.r.l, società di diritto italiano, autorizzata dallo Stato italiano come ente certificatore e notificata alla Commissione.

27.      Il 22 marzo 2000, all’interno di un’impresa finlandese, da un ponte elevatore per veicoli del tipo AGM G 32 cadeva giù un autocaravan a causa di un cedimento del sistema di sicurezza di bloccaggio dei bracci contro le oscillazioni, benché il peso del veicolo fosse inferiore al carico massimo sopportabile. L’incidente non provocava danni alle persone.

 Il procedimento ministeriale di sorveglianza del mercato

28.      Il Ministero degli affari sociali e della sanità (in prosieguo: il «Ministero») nel maggio 2000 riceveva da un ufficio distrettuale per la sicurezza sul lavoro una «comunicazione di sorveglianza del mercato». In tale comunicazione si segnalava che, in sede di ispezione, il bloccaggio di sicurezza di un ponte elevatore, modello G 35 T/E, si era rivelato inadeguato. Il dipartimento per la sicurezza sul lavoro del Ministero avviava un procedimento di sorveglianza del mercato affidando la pratica, tra gli altri, all’ingegnere capo Lehtinen, quale esperto del settore.

29.      Nel corso del procedimento di sorveglianza del mercato veniva più volte ascoltato l’importatore. Venivano inoltre effettuate due prove di resistenza su un ponte elevatore, modello G 35 T/E, al fine di verificare la conformità del dispositivo di bloccaggio alla norma EN 1493. Il sig. Lehtinen redigeva alcune relazioni in lingua finlandese e inglese, tutte riportanti la seguente intestazione: «Ministero degli affari sociali e della sanità», «Dipartimento per la sicurezza sul lavoro» e «Ingegnere capo Tarmo Lehtinen».

30.      Nella sua prima relazione il sig. Lehtinen segnalava, tra l’altro, che la prima prova di resistenza aveva mostrato che il dispositivo di bloccaggio non era conforme ai requisiti previsti dalla norma EN 1493 e che la relativa progettazione doveva, pertanto, essere migliorata. A seguito di tale segnalazione l’AGM progettava un nuovo dispositivo di bloccaggio. Nella sua seconda relazione del dicembre 2000 il sig. Lehtinen dava atto del fatto che, in occasione della seconda prova, questo nuovo dispositivo era risultato adeguato e conforme alla norma. In occasione dell’ultima audizione dell’importatore, avvenuta il 20 dicembre 2000, si concordava, pertanto, che i dispositivi dei macchinari già in servizio sarebbero stati migliorati entro il 15 marzo 2001. Nel frattempo, con una lettera si informavano gli utilizzatori dei ponti in questione dei rischi, della ridotta portata di carico e della imminente sostituzione delle parti difettose.

31.      Il principale rilievo critico di tutte le relazioni del sig. Lehtinen, tuttavia, era che le istruzioni d’uso del ponte elevatore prevedevano specifiche limitazioni del senso di marcia di posizionamento del veicolo sul ponte. Secondo il sig. Lehtinen, la norma EN 1493 non consentirebbe limitazioni di tal tipo. L’ente certificatore italiano e la AGM avrebbero, quindi, interpretato erroneamente la norma, così ritenendo che per le prove di resistenza il carico dovesse essere distribuito in modo conforme alle istruzioni fornite dal fabbricante. La norma EN 1493, invece, per calcolare il carico di esercizio prevedrebbe l’impiego delle condizioni di carico più sfavorevoli. Il ponte elevatore dovrebbe, pertanto, essere dimensionato in modo tale da poter sopportare il carico massimo consentito anche nelle condizioni più sfavorevoli. Ciò considerato, secondo il sig. Lehtinen il ponte in questione potrebbe sopportare un peso di soli 1500 Kg, anziché di 3500 Kg, come indicato.

32.      Per i suddetti motivi il consigliere ministeriale competente, sempre in data 20 dicembre 2000, sottoponeva al dirigente del dipartimento per la sicurezza sul lavoro, titolare della relativa potestà decisionale, una proposta di decisione contenente il divieto di commercializzazione e di utilizzo in Finlandia del ponte elevatore della AGM. Il dirigente del dipartimento, tuttavia, restituiva la pratica per un suo esame più approfondito, ritenendo di non disporre di sufficienti elementi di prova per adottare una siffatta decisione.

 Le dichiarazioni pubbliche del sig. Lehtinen e del Ministero

33.      Il 9 gennaio 2001 il sig. Lehtinen, nell’esercizio delle sue funzioni e in qualità di rappresentante del Ministero, partecipava ad una riunione dell’Associazione del settore del commercio tecnico. L’Associazione riunisce circa duecento imprese, tra cui anche imprese fornitrici di attrezzature per aziende di autoveicoli. In tale sede il sig. Lehtinen dichiarava che i ponti elevatori del tipo G 35 della AGM erano pericolosi, in contrasto con la direttiva e avrebbero dovuto essere ritirati dal mercato. Da una lettera dell’Associazione del 29 gennaio 2001 e indirizzata al Ministero, tuttavia, si apprende che l’Associazione fosse al corrente dello stato del procedimento e della diversa opinione del Ministero.

34.      Il 17 gennaio 2001 il canale televisivo statale TV 1, nel corso del principale programma finlandese di notizie delle 20.30, diffuso su tutto il territorio nazionale, trasmetteva un servizio sui ponti elevatori della AGM. Una parte del servizio consisteva in un’intervista rilasciata dal sig. Lehtinen, filmata – con l’autorizzazione del consigliere ministeriale, suo diretto superiore – nel suo ufficio presso il Ministero. Nel corso dell’intervista il sig. Lehtinen dichiarava che, a suo parere, questi macchinari potevano costituire un pericolo immediato per le persone che lavoravano sotto il carico sospeso. Il giornalista precisava che si trattava del caso finora più serio per le autorità e che i macchinari, a parere delle autorità stesse, avrebbero dovuto reggere il peso indicato anche qualora il veicolo fosse stato posizionato nel senso di marcia sbagliato. Aggiungeva, inoltre, che il macchinario, omologato in Italia, ad avviso dell’autorità finlandese per la sicurezza sul lavoro non risultava conforme alle norme dell’Unione europea. Il sig. Lehtinen, in una seconda ripresa, a tal proposito dichiarava che l’ente certificatore in questione, scelto dal fabbricante, aveva erroneamente interpretato le disposizioni. Nel corso del servizio televisivo non venivano fornite informazioni relative alle differenti opinioni del Ministero, né sullo stato del procedimento di sorveglianza del mercato.

35.      L’8 febbraio 2001 il dirigente del dipartimento per la sicurezza sul lavoro inviava un fax alla Federazione degli industriali e dei datori di lavoro. In tale fax egli dichiarava di non voler pregiudicare il funzionamento del mercato interno comunitario attraverso un divieto di vendita, dal momento che contro il ponte elevatore in questione non erano state prodotte prove, ma soltanto affermazioni. Invitava, inoltre, la Federazione del commercio all’ingrosso a fare seriamente attenzione alle disastrose ripercussioni che si sarebbero prodotte sul mercato se si fosse continuato a dare ascolto al sig. Lehtinen.

36.      Il 12 febbraio 2001 il sig. Lehtinen predisponeva la sua terza relazione. In essa menzionava per la prima volta anche i modelli G 28 e G 32, benché questi non rientrassero nell’oggetto del controllo di conformità, e sosteneva nuovamente la propria tesi sulla limitazione del senso di marcia di posizionamento del veicolo sul ponte (5). Il sig. Lehtinen, in particolare, segnalava che i bracci dei ponti elevatori, a causa di un’erronea interpretazione della norma, erano sottodimensionati e che «i gravi difetti di progettazione dei bracci avrebbero potuto provocare incidenti in caso di loro involontario sovraccarico, a causa della perdita, da parte della struttura, della propria resistenza e stabilità». Egli spediva tale relazione alla Federazione finlandese dei lavoratori metallurgici.

37.      Il 16 febbraio 2001 il dirigente del dipartimento esonerava il sig. Lehtinen dall’ulteriore gestione del procedimento con la motivazione che questi, mentre il procedimento era ancora in corso, aveva pubblicamente sostenuto una tesi divergente dalla posizione ufficiale del Ministero, violando in tal modo le direttive e la politica d’informazione del Ministero. Da una successiva relazione del dipartimento per la sicurezza sul lavoro del 20 marzo 2001 si apprende che il sig. Lehtinen era stato esonerato dall’incarico in quanto sospettato di aver agito, in accordo con alcuni concorrenti della AGM, in violazione del principio di corretta amministrazione e a danno degli interessi della AGM.

38.      Il 17 febbraio 2001, sul giornale locale ad ampia diffusione «Aamulehti», veniva pubblicato un articolo dal titolo «Un esperto mette in guardia contro ponti elevatori per veicoli difettosi». L’articolo si riferiva espressamente ai ponti elevatori della AGM e si basava su interviste rilasciate dal sig. Lehtinen e dal dirigente del dipartimento del Ministero. Nell’articolo si riferiva che secondo l’opinione del sig. Lehtinen, ingegnere capo del dipartimento del Ministero per la sicurezza sul lavoro, sarebbero stati «venduti ponti elevatori per veicoli estremamente pericolosi». Veniva, quindi, citata l’affermazione del sig. Lehtinen secondo cui i macchinari in questione presenterebbero chiaramente tre o quattro gravi difetti. Tuttavia, l’articolo spiegava anche che il dirigente del dipartimento per la sicurezza sul lavoro considerava le dichiarazioni del sig. Lehtinen quali dichiarazioni rese a titolo personale. In base ai dati a propria disposizione, infatti, il Ministero, dopo essersi occupato del macchinario in questione, aveva accertato che esso soddisfaceva tutti i requisiti fissati dalla direttiva. Il macchinario, quindi, non presentava difetti: della loro presunta esistenza non vi era prova.

39.      Il 19 febbraio 2001 il sig. Lehtinen, senza autorizzazione dei suoi superiori, inviava la propria relazione in lingua inglese di pari data all’autorità svedese per la sicurezza sul lavoro. Il suo memorandum veniva in tal caso considerato espressione della posizione del Ministero e provocava un’audizione delle autorità italiane, convocate per fornire spiegazioni. Il sig. Lehtinen dava, inoltre, diffusione alla suddetta relazione fra gli esperti europei.

40.      Il 22 febbraio 2001 la Federazione dei lavoratori metallurgici inviava una nota ai propri reparti competenti per i settori della riparazione dei veicoli e delle riparazioni meccaniche, nonché ai responsabili per la sicurezza nelle imprese. In tale nota la Federazione segnalava che i ponti elevatori per veicoli della AGM, modelli G 28, G 32 e G 35, si erano incontrovertibilmente rivelati pericolosi, e pertanto invitava i destinatari di tale nota ad occuparsi senza indugio del problema. La Federazione allegava alla propria nota la relazione del sig. Lehtinen del 12 febbraio 2001, che il sig. Lehtinen aveva intanto provveduto a inviare alla Federazione (6).

41.      Il 13 giugno 2001, sul giornale locale ad ampia diffusione «Etalä-Saima», veniva pubblicato un articolo dal titolo «La Federazione dei lavoratori metallurgici chiede di vietare i ponti elevatori per veicoli pericolosi», e riportante il sottotitolo: «Ogni giorno sono in pericolo 150 meccanici». Nell’articolo si affermava che la sicurezza dei ponti elevatori della AGM, a seguito degli accertamenti effettuati dal dipartimento del Ministero per la sicurezza sul lavoro, aveva rivelato gravi carenze. L’articolo continuava segnalando che l’ingegnere capo, uno specialista di questo tipo di macchinari, aveva fin dal primo momento proposto restrizioni all’uso dei ponti elevatori italiani della AGM ed il divieto di nuovi macchinari. L’articolo, tuttavia, spiegava anche che il dirigente del dipartimento per la sicurezza sul lavoro sosteneva l’opinione diversa secondo cui non si disponeva di prove sufficienti e che l’esame della pratica era ancora in corso.

 Le decisioni e i provvedimenti del Ministero

42.      Il 14 giugno 2001 il dipartimento del Ministero per la sicurezza sul lavoro adottava una decisione in merito, in cui si stabiliva, tra l’altro, che non erano emersi elementi che potessero indurre il Ministero ad emanare provvedimenti di sorveglianza del mercato nei confronti del fabbricante o dell’importatore dei ponti elevatori, in quanto il fabbricante aveva eliminato nei nuovi macchinari i difetti riscontrati e l’importatore stava procedendo nello stesso senso per i macchinari già in uso.

43.      Il 1° ottobre 2001 il Ministero sanzionava il comportamento del sig. Lehtinen con un rimprovero, in quanto questi aveva diffuso in una trasmissione d’informazione ed in un memorandum inviato agli organi locali competenti per la sicurezza sul lavoro un’immagine ingannevole della posizione del Ministero, agendo in contrasto con la politica di informazione del Ministero stesso. La commissione per i reclami del pubblico impiego confermava tale decisione, con la motivazione che il sig. Lehtinen non solo aveva trasgredito alle direttive del suo superiore, ma aveva continuato ad occuparsi della pratica anche dopo il suo esonero, intervenuto in data 16 febbraio 2001. Per contro, la predetta commissione per i reclami non giudicava inopportuna l’intervista televisiva del 17 gennaio 2001 e, pertanto, riteneva ingiustificato un rimprovero scritto. Il tribunale supremo amministrativo confermava la decisione della commissione per i reclami.

 Il procedimento principale

44.      La AGM ha presentato ricorso dinanzi al Tampereen käräjäoikeus contro lo Stato finlandese e il sig. Lehtinen. La AGM chiede la condanna in solido dei convenuti al risarcimento del danno da essa subito sotto forma di mancato guadagno e di pregiudizio alla propria reputazione aziendale in Finlandia ed in altri Stati europei.

45.      A sostegno della propria domanda la AGM rileva che negli anni 2000 e 2001 essa, con i propri ponti elevatori, aveva conquistato in Finlandia una quota di mercato rispettivamente pari al 10 e al 15%. Per effetto della condotta del sig. Lehtinen e del Ministero il proprio fatturato era sceso da circa EUR 135 000 nell’anno 2000 a EUR 1 070 nell’anno 2002. Inoltre, dopo il 2001 si era verificata una significativa regressione anche in altri paesi europei. Il solo calo dei profitti ammonterebbe per il 2001 a circa EUR 300 000 e per il 2002 a circa EUR 750 000.

46.      La AGM avrebbe subito questo ed ulteriori danni in conseguenza del fatto che il sig. Lehtinen avrebbe pubblicamente diffuso informazioni unilaterali, false ed ingannevoli sui ponti elevatori della AGM, senza che il Ministero intervenisse – ad esempio, attraverso la pubblicazione di un comunicato ufficiale – per rettificare tali informazioni false ed ingannevoli.

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

47.      Con ordinanza 7 novembre 2003 il giudice a quo ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se si possa parlare di misure di effetto equivalente a quello di restrizioni quantitative ai sensi dell’art. 28 CE oppure di misure dalla cui applicazione ci si deve astenere ai sensi dell’art. 10, n. 2, CE allorché un esperto alle dipendenze di un organo statale per la sicurezza sul lavoro, pur non avendo il potere di adottare decisioni, prende posizione, dopo l’avvio di un procedimento di sorveglianza del mercato, ma prima che il procedimento sia stato concluso, partecipando al principale telegiornale di un canale televisivo nazionale, esprimendosi su quotidiani di larga diffusione o intervenendo a riunioni di organizzazioni commerciali e professionali, in modo tale che le sue affermazioni, direttamente esposte o ripetute da altri, sulla pericolosità per la salute o addirittura per la vita umana di macchine, fabbricate e commercializzate da un determinato produttore, e oggetto del procedimento di sorveglianza, possono creare una pubblicità negativa per tali macchine e pregiudicarne le vendite.

2)      Se la direttiva (…) vada interpretata nel senso che un ponte elevatore di automobili non possiede i requisiti essenziali di sicurezza in essa enunciati quando non sia stato costruito in conformità alla norma SFS EN 1493, poiché nel fabbricarlo non si è tenuto conto del fatto che il veicolo doveva poter essere piazzato sul ponte elevatore in entrambe le direzioni di marcia e i calcoli del peso che poteva essere sopportato da ciascun braccio del ponte elevatore non sono stati fatti sulla base delle condizioni di carico meno favorevoli.

3)      a)     Qualora la questione sub 1) vada risolta in senso affermativo, se il comportamento del funzionario menzionato nella predetta questione risulti sproporzionato in relazione alla sua legittima finalità di tutelare la salute e la vita delle persone e perciò contrario al Trattato CE, anche se si dovesse rispondere in senso affermativo pure alla questione sub 2), se si prende in considerazione la natura del comportamento e specialmente il fatto che eventuali rischi potrebbero essere posti in evidenza ed il sorgere di eventuali rischi potrebbe essere evitato anche con mezzi diversi da quelli menzionati alla questione sub 1), e che il comportamento era stato tenuto già prima che l’organo amministrativo competente adottasse una decisione in merito al procedimento di sorveglianza del mercato e che esso, dirigendosi contro un prodotto ben identificato, era particolarmente idoneo a pregiudicare le vendite di tale prodotto.

b)      Qualora spetti al giudice nazionale pronunciarsi sul problema della proporzionalità, menzionato nella questione sub 3 a), se occorra dare la prevalenza all’eventuale difformità rispetto alle regole di sicurezza comunitarie o nazionali oppure alle circostanze in cui tale mancanza di conformità è stata divulgata.

4)      Se il comportamento di un funzionario, quale menzionato nella questione sub 1), possa giustificarsi, nelle circostanze già menzionate nella questione sub 3, sulla base della libertà di parola sancita dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, pur non essendo conforme agli artt. 28 CE e 30 CE o all’art. 10 CE.

5)      a)     Qualora il comportamento del funzionario, quale descritto nella questione sub 1), risulti incompatibile con gli artt. 28 CE e 30 CE o con l’art. 10 CE, se la violazione sia così grave e manifesta da far sì che lo Stato, se sussistono gli altri presupposti per il risarcimento del danno, sia tenuto, in forza del diritto comunitario, a risarcire il danno che da questo comportamento sia potuto derivare all’impresa che commercializza i prodotti.

b)      Se la violazione menzionata alla lett. a) sia grave e manifesta anche nel caso in cui non si possa rimproverare all’autorità o al funzionario competente a prendere una decisione alcuna colpa o alcuna omissione, quando la predetta autorità o il predetto funzionario non abbiano mai approvato i comportamenti censurati né abbiano fatto in modo che essi producessero effetti concreti.

c)      Se l’art. 10 CE, e in particolare il suo n. 2, possa creare diritti in capo ai singoli nelle circostanze menzionate alla questione sub 1).

d)      Se, accanto alla responsabilità dello Stato, possa sussistere alle stesse condizioni, in forza del diritto comunitario, la responsabilità di un funzionario per il comportamento menzionato nella questione sub 1), qualora questo risulti incompatibile con il diritto comunitario.

e)      Se sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento del danno ai sensi del diritto comunitario quando, secondo la normativa nazionale, il risarcimento di un pregiudizio economico diverso dai danni alle persone o alle cose può essere ottenuto soltanto se il danno deriva da un fatto penalmente perseguibile o è stato causato nell’esercizio di pubbliche funzioni o se, altrimenti, ci sono particolari motivi per concedere il risarcimento del danno.

6)      a)     Qualora si riconosca il risarcimento del danno, sulla base della legge nazionale, per violazione, anche colposa, delle regole in materia di circolazione delle merci, se il diritto comunitario esiga che il risarcimento da effettuare sia una sanzione efficace ed atta a dissuadere dal compiere la violazione e se sia incompatibile con le norme comunitarie concernenti la responsabilità il fatto che, secondo la legge nazionale, il funzionario che si sia reso colpevole di una trasgressione o di un’omissione risponde soltanto in misura ragionevole ma non necessariamente per l’intero importo del danno e non è affatto tenuto a risarcire il danno se la colpa ascrittagli è soltanto colpa lieve, o il fatto che il funzionario, e lo Stato che risponde per la trasgressione o per l’omissione del funzionario, possono essere obbligati a risarcire gli altri danni pecuniari, diversi dai danni alle persone o alle cose, soltanto quando il danno deriva da un fatto penalmente perseguibile o è stato causato nell’esercizio di pubbliche funzioni, oppure, altrimenti, se ragioni particolarmente importanti militano per il suo risarcimento.

         b)     Qualora una delle limitazioni di responsabilità menzionate alla lett. a) risulti incompatibile con il diritto comunitario, se, nel determinare il risarcimento sulla base del diritto nazionale, tale limitazione non debba essere presa in considerazione riguardo al funzionario interessato, sebbene in tal modo la responsabilità di quest’ultimo finisca per risultare più severa e più ampia di quanto preveda la legge nazionale».

48.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni, scritte e orali, la AGM, il governo finlandese, il sig. Lehtinen, la Commissione e il governo svedese. Il governo dei Paesi Bassi ha preso posizione per iscritto.

V –    Valutazione giuridica

A –    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

49.      Il sig. Lehtinen ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tampereen käräjäoikeus sia irricevibile. A suo avviso, infatti, il procedimento dinanzi al giudice a quo si trova ancora in una fase preliminare o comunque iniziale, in cui l’oggetto della controversia non è stato ancora sufficientemente precisato. Poiché non è stata effettuata l’istruzione probatoria, i fatti esposti dal giudice a quo in realtà non sono stati ancora accertati in tali termini. Non è pertanto certa la rilevanza delle questioni pregiudiziali. Peraltro, secondo il sig. Lehtinen non esiste assolutamente una responsabilità dei funzionari nazionali fondata sul diritto comunitario, sicché le questioni pregiudiziali vertenti su tale profilo risulterebbero in ogni caso irricevibili.

50.      Dall’art. 234, n. 2, CE emerge chiaramente che è il giudice nazionale a decidere in quale fase del procedimento rivolgere alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale. Solo tale giudice dispone di una conoscenza diretta dei fatti trovandosi, pertanto, nella situazione migliore per valutare in quale fase del procedimento si rende necessaria una pronuncia pregiudiziale (7).

51.      Del resto, in base ad una costante giurisprudenza della Corte, spetta al giudice nazionale valutare la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter emettere la propria sentenza, e la rilevanza delle questioni pregiudiziali. Pertanto, se le questioni riguardano l’interpretazione del diritto comunitario, la Corte in via di principio è tenuta a statuire. La Corte può rifiutarsi di decidere solo se l’interpretazione o la decisione che le viene richiesta appaia in modo manifesto priva di qualsiasi relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale oppure se il problema sia di natura ipotetica, o ancora se essa non disponga delle necessarie informazioni di fatto o di diritto per poter risolvere utilmente le questioni che le sono state sottoposte (8).

52.      Il giudice a quo ha esposto in modo dettagliato le circostanze di fatto e il contesto normativo della causa principale. I soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte confermano, nei suoi tratti essenziali, la descrizione dei fatti fornita dal giudice a quo. Questi ha esaurientemente spiegato perché chiede un’interpretazione delle disposizioni del diritto comunitario, perché nutre dubbi sull’interpretazione di tali disposizioni e perché ritiene che la loro interpretazione sia necessaria per decidere la causa principale. I soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno potuto prendere utilmente posizione basandosi sulle informazioni fornite dal giudice a quo. In presenza di tali circostanze il giudice a quo ha potuto ritenere sussistente la rilevanza delle sue questioni pregiudiziali.

53.      Se il diritto comunitario imponga o permetta la previsione di una responsabilità a carico dei funzionari nazionali è questione che richiede un’interpretazione del diritto comunitario sostanziale. Pertanto, essa va affrontata in sede di valutazione nel merito delle questioni pregiudiziali.

54.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è, pertanto, ricevibile.

B –    Sulle questioni pregiudiziali

55.      Poiché la soluzione della seconda questione pregiudiziale può ripercuotersi sulla soluzione delle altre questioni, essa va affrontata per prima. Le altre questioni, inoltre, vanno risolte congiuntamente, attesi i loro reciproci legami.

1.      Interpretazione della direttiva 98/37 (seconda questione pregiudiziale)

56.      Per valutare la conformità del ponte elevatore in questione al diritto comunitario, il giudice a quo chiede alla Corte di interpretare la direttiva concernente la sicurezza delle macchine. In sostanza si chiede se la direttiva imponga che i veicoli debbano poter essere posizionati sul ponte elevatore in entrambi i sensi di marcia, senza che il senso di marcia possa influire sulla portata massima consentita, indicata dal fabbricante.

57.      La norma armonizzata EN 1493 impone di calcolare la portata massima dei ponti elevatori nelle condizioni di carico più sfavorevoli. Essa non consente una limitazione del senso di marcia di posizionamento del veicolo. Anzi, in base al punto 5.4.6.2. della norma (9), la portata massima consentita per modelli come quello qui in esame va calcolata posizionando il veicolo nel più sfavorevole dei due sensi di marcia, sicché si deve indicare una portata inferiore a quella che sarebbe, invece, sopportabile posizionando il veicolo nel senso di marcia più favorevole.

58.      Tuttavia, in base al diciassettesimo ed al ventesimo ‘considerando’, nonché ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva (10), la compatibilità di una macchina con la norma armonizzata fonda soltanto la presunzione di sua conformità ai requisiti di sicurezza della direttiva. Invero, la norma si limita a facilitare la prova della conformità di una macchina alla direttiva. Tale prova, tuttavia, può essere fornita anche per altra via. Come giustamente rileva il governo finlandese, la stessa direttiva prevede, ad esempio, all’art. 8, n. 2, lett. b), un esame per la certificazione, attraverso il quale può essere fornita siffatta prova. La conformità alla norma EN 1493 non costituisce, quindi, un presupposto della conformità dei ponti elevatori alla direttiva.

59.      Per valutare la compatibilità con i requisiti di sicurezza della direttiva, l’ente certificatore italiano si è basato sulle istruzioni d’uso redatte dai fabbricanti. In effetti, la direttiva si limita a richiedere che dalle macchine non debbano insorgere pericoli allorché esse siano utilizzate «conformemente alla loro destinazione», «alle condizioni previste dal fabbricante», «nelle condizioni previste dal fabbricante» e «nelle condizioni di (…) esercizio previste dal fabbricante» (11). In via di principio, pertanto, la AGM ha ragione a sostenere che le istruzioni d’uso stabilite dal fabbricante debbano costituire la base di valutazione.

60.      D’altro canto, la direttiva, per eliminare gli ostacoli al mercato interno, prende in considerazione soprattutto il «costo sociale» degli infortuni dovuti alle macchine e sottolinea che, integrando la sicurezza nella progettazione delle macchine, si possono ridurre tali infortuni. La direttiva si propone di raggiungere un ravvicinamento delle disposizioni concernenti la sicurezza senza abbassare il livello di protezione. Il mantenimento e il miglioramento del livello di sicurezza costituisce uno dei suoi principali obiettivi (12).

61.      In considerazione di tali obiettivi, occorre attribuire una particolare importanza ai requisiti di cui al punto 1.1.2. dell’allegato I (13). In base alla seconda frase della prima osservazione preliminare dell’allegato I, tali requisiti si applicano all’insieme delle macchine oggetto della direttiva, indipendentemente dalle istruzioni fornite dal fabbricante. In base alla lett. a), le macchine devono essere costruite in modo tale da funzionare senza che il loro funzionamento, se effettuato nelle condizioni previste dal fabbricante, esponga a rischi le persone. Le misure di sicurezza adottate devono avere lo scopo di eliminare il rischio di infortuni anche quando tale rischio fosse la conseguenza di una situazione anormale prevedibile. Anche in base alla lett. c), le macchine devono essere progettate in modo da evitare che siano utilizzate anormalmente, se ciò può comportare un rischio.

62.      Per la scelta delle soluzioni più opportune, la lett. b) prevede che il fabbricante debba prima di tutto eliminare o ridurre i rischi attraverso l’integrazione della sicurezza nella progettazione e nella costruzione della macchina. Solo nei confronti dei rischi che non possono essere eliminati in tal modo, egli deve adottare le misure di protezione necessarie. Infine, se nemmeno questo è completamente possibile, deve informare gli utilizzatori dei rischi residui.

63.      Si deve, pertanto, constatare che la direttiva attribuisce un valore di rango elevato alla protezione della salute e, tenuto conto delle possibilità tecniche ed economiche, pretende il più elevato livello di protezione raggiungibile nel rispetto del principio di proporzione. I rischi devono, quindi, essere eliminati già in fase di costruzione delle macchine, altrimenti e in subordine attraverso adeguate misure di protezione, e solo in ultima battuta possono essere ridotti attraverso l’informazione fornita agli utilizzatori.

64.      Come la Commissione ha illustrato senza essere contestata sul punto, la prassi dimostra che in base all’attuale stato della tecnica è possibile progettare ponti elevatori in grado di sopportare la portata massima indipendentemente dal senso di marcia con cui viene posizionato il veicolo e, quindi, indipendentemente dalla distribuzione del carico che ne deriva. In particolare, si può ritenere che nel caso di ponti elevatori come quello in questione i bracci etc. possano essere dimensionati in modo tale che il peso massimo indicato possa essere sopportato in qualsiasi condizione di carico. A tale soluzione non si oppongono, per quanto è noto, né ostacoli tecnici, né insuperabili ostacoli economici.

65.      In alternativa, la sicurezza potrebbe essere garantita anche da una misura di protezione, ad esempio da un meccanismo di allarme automatico che, in caso di superamento dei limiti di carico, consenta di evitare gli eventuali pericoli attraverso segnali d’allarme e l’arresto del meccanismo di sollevamento. Questa soluzione potrebbe garantire un livello di sicurezza assai prossimo a quello raggiungibile attraverso una soluzione applicata in fase di costruzione della macchina, e potrebbe rivelarsi più economica.

66.      La terza possibilità potrebbe essere quella di istruzioni d’uso che riducano i casi di utilizzo sbagliato della macchina e i rischi da esso derivanti. Tuttavia, questa soluzione – a differenza delle due alternative sopra esposte – lascia spazio, anche in caso di istruzioni presumibilmente semplici, a un margine di possibili errori nell’uso della macchina e, pertanto, non offre un analogo livello di protezione. Le commissioni per il coordinamento dei centri di prova, pertanto, avevano giustamente raccomandato un’interpretazione tale per cui le limitazioni del senso di marcia e l’impiego di tabelle di carico non dovessero ritenersi compatibili con i requisiti di sicurezza della direttiva.

VI – Conclusione

67.      La direttiva deve essere interpretata nel senso che ponti elevatori come quelli del caso principale soddisfano i requisiti di sicurezza della direttiva soltanto se tali ponti possono sostenere, fino al peso massimo consentito, i veicoli posizionati in qualsiasi dei due sensi di marcia, ovvero, per lo meno, soltanto se effettive misure di protezione garantiscono che eventuali errori o eccessi di carico siano efficacemente evitati.

1.      Restrizioni alla libera circolazione delle merci; violazione della lealtà comunitaria (prima, terza e quarta questione pregiudiziale)

68.      Con la prima, la terza e la quarta questione pregiudiziale il giudice a quo desidera in sostanza sapere se, in una situazione come quella del procedimento principale, dichiarazioni pubbliche come quelle del sig. Lehtinen debbano essere considerate come una condotta imputabile allo Stato, integrante una limitazione della libertà di circolazione delle merci (b) o una violazione della lealtà comunitaria (c), e se tale condotta possa eventualmente essere, in tutto o in parte, giustificata dalla libertà d’opinione o dalla finalità di protezione della salute, allorché si tenga conto del principio di proporzionalità (d). Per prima cosa, tuttavia, occorre precisare quale parametro di giudizio debba essere qui impiegato (a).

a)      Sul parametro di giudizio: la direttiva al posto dell’art. 28 CE

69.      Il giudice a quo chiede in primo luogo di sapere se la condotta del sig. Lehtinen e del Ministero sia conforme all’art. 28 CE. Tuttavia, l’art. 28 CE non può essere utilizzato quale parametro di giudizio, in quanto il settore qui rilevante risulta integralmente armonizzato attraverso il diritto derivato. Invero, tutte le misure nazionali relative ad un settore che ha costituito oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello comunitario devono essere valutate in rapporto a tale misura di armonizzazione e non in rapporto alle libertà fondamentali. Per valutare se sia intervenuta un’armonizzazione esaustiva occorre tener presenti, in particolare, gli obiettivi e il contenuto della relativa misura di armonizzazione (14).

70.      Come risulta dall’art. 1, in combinato disposto con l’allegato IV, parte A, punto 15, della direttiva, i ponti elevatori per veicoli rientrano nel campo d’applicazione della direttiva. La direttiva stabilisce, all’art. 3, in combinato disposto con l’allegato I, ampi e specifici requisiti ai fini della sicurezza delle macchine. L’art. 8 detta regole precise e particolareggiate per accertare la presenza di tali requisiti, e l’art. 10 prevede una marcatura «CE» da rilasciare in caso di conformità. L’art. 2, n. 1, e l’art. 3 vietano la messa in commercio di macchine che non soddisfano i predetti requisiti. L’art. 4, n. 1, della direttiva vieta agli Stati membri di ostacolare l’immissione sul mercato di macchine conformi alle disposizioni della direttiva. Tali divieti rispecchiano l’obiettivo della direttiva, espresso pure nel sesto e nel settimo ‘considerando’: armonizzare le norme di sicurezza e le relative procedure nazionali per eliminare gli ostacoli al libero commercio delle macchine. L’art. 2, n. 2, conferma tale obiettivo, in quanto in base a tale norma gli Stati membri non possono imporre alle macchine requisiti di sicurezza aggiuntivi. Qualora in un momento successivo sorga il sospetto che la macchina sia pericolosa, l’art. 7 prevede un apposito procedimento di revisione (15).

71.      Ne consegue che le disposizioni sulla sicurezza delle macchine, rilevanti ai fini della libera circolazione delle merci, costituiscono oggetto di un’armonizzazione esaustiva. Pertanto, come ha giustamente sostenuto in udienza il sig. Lehtinen, la direttiva costituisce l’unico parametro di giudizio. L’art. 28 CE non può essere utilizzato a tal fine, nemmeno in via aggiuntiva.

b)      Violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva (prima questione pregiudiziale)

72.      Il giudice a quo chiede alla Corte di chiarire se, in presenza delle condizioni del procedimento principale, sussista un comportamento statale che limita la libera circolazione delle merci assicurata dall’art. 28 CE. Tuttavia, per poter fornire una soluzione utile al giudice a quo (16), occorre valutare, in base a quanto appena sopra rilevato, se sussista una violazione della direttiva (17). Viene quindi in rilievo l’eventuale violazione, attraverso dichiarazioni come quelle del sig. Lehtinen e del Ministero, dell’art. 4, n. 1, della direttiva.

73.      L’art. 4, n. 1, della direttiva risulta violato allorché uno Stato membro adotti una misura la quale limiti od ostacoli l’immissione sul mercato di una macchina conforme alla direttiva.

i)      Sulla conformità alla direttiva del ponte elevatore

74.      Il divieto di porre limitazioni, previsto dall’art. 4, n. 1, vale pertanto solo nel caso in cui la macchina sia conforme alle disposizioni della direttiva. In base ai dati disponibili, tuttavia, si deve ritenere che, da un punto di vista oggettivo, un ponte elevatore come quello della AGM non soddisfa i requisiti di sicurezza sopra indicati.

75.      Vero è che in questo caso interviene la presunzione di conformità di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva. Il ponte elevatore in questione, infatti, aveva ottenuto la certificazione di conformità alla direttiva ed era stato munito della marcatura «CE» di conformità, ai sensi dell’art. 10 della direttiva. Tuttavia, questo non significa che gli Stati membri non avrebbero adottato alcuna misura nel caso di comparsa di pericoli. Anzi, ai sensi dell’art. 7, n. 1, primo comma, della direttiva, se uno Stato membro constata che una macchina, utilizzata conformemente alla sua destinazione, rischia di pregiudicare la sicurezza di persone o beni, deve prendere tutte le misure necessarie per ritirarla dal mercato. Ai sensi del secondo comma, lo Stato membro informa immediatamente la Commissione della suddetta misura, motivandone la decisione. Pertanto, l’accertamento della presenza di un pericolo fa venir meno gioco la presunzione di conformità di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva.

76.      In base alle informazioni riferite dal giudice a quo, tuttavia, il Ministero competente non ha constatato la presenza di pericoli, né ha adottato misure per ritirare dal mercato i ponti elevatori in questione; e nemmeno è stata inviata alla Commissione una comunicazione motivata, ai sensi dell’art. 7, n. 1, secondo comma, della direttiva. Le circostanze del procedimento principale, pertanto, dimostrano che, nel periodo qui rilevante, era ancora valida la presunzione di conformità del ponte elevatore alle disposizioni della direttiva e, quindi, vigeva ancora a favore del modello di ponte elevatore prodotto dalla AGM il divieto di porre limitazioni previsto dall’art. 4, n. 1, della direttiva.

ii)    Sulla presenza di una condotta dello Stato membro

77.      A parere del giudice a quo risulta possibile ravvisare nelle dichiarazioni pubbliche del sig. Lehtinen, in cui il ponte elevatore della AGM veniva additato come irregolare e pericoloso, una limitazione da parte dello Stato membro alla sua immissione sul mercato. Occorre, pertanto, verificare se gli avvertimenti pubblici di un funzionario sulla pericolosità di un prodotto possano essere considerati come condotta dello Stato membro d’appartenenza. In altre parole, occorre chiedersi se dichiarazioni, come quelle del sig. Lehtinen, possano essere imputate allo Stato membro d’appartenenza.

78.      In limine occorre constatare che la Corte non ha ancora statuito su un’ipotesi come quella attuale. La Corte, finora, ha riconosciuto l’imputabilità della condotta allo Stato membro prima di tutto (come è ovvio) nell’ipotesi normale in cui i funzionari agiscano secondo le istruzioni dei loro superiori o comunque in conformità alle leggi nazionali. In secondo luogo, ha imputato agli Stati membri la condotta di soggetti privati qualora questi abbiano agito sotto la guida e secondo le indicazioni di autorità nazionali (18). In terzo luogo, infine, la Corte ha imputato ad uno Stato membro la condotta di soggetti privati pure laddove questi abbiano agito senza la guida statale, ma sullo Stato membro incombeva l’obbligo giuridico di impedire tale condotta privata (19).

79.      Nel caso in esame, tutti i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, ad esclusione della AGM, ritengono che la condotta del sig. Lehtinen debba essere considerata come una condotta di un soggetto privato. Ritengono che tale opinione si fondi sulla mancanza di potestà decisionale in capo al sig. Lehtinen e nelle dichiarazioni pubbliche del Ministero secondo cui il sig. Lehtinen non rappresentava la posizione ufficiale del Ministero stesso. I predetti soggetti, pertanto, solo nella condotta del dirigente del dipartimento ravvisano una condotta statale. In base a tale impostazione la responsabilità dello Stato finlandese viene in rilievo solo qualora si accerti che il dirigente del dipartimento, per non essere intervenuto nei confronti del sig. Lehtinen, abbia violato obblighi di protezione incombenti sullo Stato ai sensi della sentenza nella causa Commissione/Francia (20) e del regolamento n. 2679/98 (21). Tali parametri, tuttavia, possono essere applicati solo nell’ipotesi in cui lo Stato debba reagire alla condotta di un soggetto privato, e non quando egli stesso abbia agito – in ipotesi, per mezzo di suoi funzionari (22). Ne deriva che occorre prima di tutto verificare se il sig. Lehtinen ha agito per conto dello Stato ovvero a titolo personale.

80.      A tal proposito occorre considerare che – diversamente da quanto avviene per i divieti – dai meri avvertimenti (statali) relativi ai prodotti non scaturisce ancora alcun effetto di restrizione del mercato. Sono, piuttosto, le reazioni mostrate a tali avvertimenti dagli operatori economici del settore che possono produrre siffatti effetti. Pertanto, per imputare le dichiarazioni di un funzionario all’ufficio da cui dipende risulta decisivo verificare come tali dichiarazioni siano state considerate dagli operatori economici del settore (23). Se, infatti, gli operatori economici, in virtù delle circostanze del caso concreto, hanno motivo di ritenere che le dichiarazioni del funzionario costituiscano un avvertimento statale sul prodotto, tali dichiarazioni influiscono con l’autorità dello Stato sulla loro condotta al pari di quanto avverrebbe nel caso di un autentico avvertimento statale. Gli effetti di tali dichiarazioni, pertanto, possono essere del tutto equiparati ad un divieto promanante dall’ufficio di appartenenza.

81.      Come riferisce il giudice a quo, anche nel presente caso emerge che la contrazione delle vendite fin quasi allo zero è da ricondursi alle dichiarazioni del sig. Lehtinen. In presenza di una siffatta contrazione l’effetto delle dichiarazioni equivale a quello di un divieto di vendita. Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità dei funzionari in base al diritto comunitario risulta che, accanto all’agire amministrativo in senso formale, anche comportamenti di fatto (24), come dichiarazioni pubbliche (25) o la pubblicazione di informazioni di servizio (26), possono dar luogo alla responsabilità della Comunità. L’ulteriore requisito del collegamento delle dichiarazioni con l’attività di servizio potrebbe risultare presente in una situazione come quella in esame.

82.      È compito degli Stati membri far sì che i propri funzionari non divulghino le proprie opinioni, divergenti dalla linea statale ufficiale, con la stessa autorità promanante dall’ufficio d’appartenenza. Se ugualmente sorge l’impressione che le opinioni in questione siano rivestite di tale autorità, una siffatta apparenza deve essere al più presto eliminata attraverso un’adeguata informazione. In caso contrario, tali opinioni vanno imputate allo Stato, a meno che il funzionario non risulti palesemente incompetente.

83.      Contrariamente a quanto sostenuto dai governi dei Paesi Bassi e della Svezia, uno Stato membro non può sottrarsi a tale imputazione facendo leva sulla ripartizione interna (a livello ministeriale) delle competenze (27). Infatti, ciò che conta per valutare gli effetti delle dichiarazioni pubbliche è soltanto la percezione che ne hanno i destinatari.

84.      Ciò risulta conforme al diritto internazionale, cui ha fatto riferimento la Corte (28). In base al diritto internazionale, infatti, l’imputazione ha luogo solo se e nella misura in cui vi è l’apparenza giuridica di esercizio di autorità statale (29). Anche le altre ipotesi, in cui ha luogo l’imputazione, sono regolate in modo analogo nel diritto internazionale e nel diritto comunitario: attività di un organo (30), azione in conformità alle istruzioni (31) e tolleranza da parte dello Stato (o meglio, inerzia antidoverosa) (32).

85.      In sintonia con tali principi, anche la Commissione europea dei diritti dell’uomo e la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno stabilito che i funzionari, qualunque sia il loro livello, anche il più basso, possono violare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ciò vale anche nell’ipotesi in cui i funzionari agiscano senza autorizzazione e perfino nell’ipotesi in cui agiscano al di fuori o contro le istruzioni ricevute (33).

86.      Quantunque spetti ai giudici nazionali procedere all’applicazione dei criteri di diritto comunitario al caso di volta in volta in esame (34), tuttavia la Corte può, sulla scorta delle circostanze di specie, fornire indicazioni esplicative e linee guida (35).

87.      Come sopra rilevato (36), ai fini dell’imputabilità delle dichiarazioni di un funzionario all’ufficio di appartenenza è decisivo verificare se i destinatari delle dichiarazioni, in base alle circostanze, possano ritenere che si tratti di dichiarazioni statali, rilasciate dal funzionario competente con l’autorità promanante dall’ufficio da cui dipende, oppure se essi siano in condizione di comprendere che si tratta di opinioni personali del funzionario. Per effettuare tale verifica il giudice a quo deve valutare tutte le circostanze.

88.      Le circostanze del procedimento principale, dalla cui presenza i destinatari delle dichiarazioni potevano desumere che il sig. Lehtinen parlasse solo a titolo personale, depongono contro un’imputazione di tali dichiarazioni allo Stato finlandese.

89.      Così, ad esempio, dalla lettera del 29 gennaio 2001, spedita dall’Associazione del commercio tecnico al Ministero a proposito delle dichiarazioni, rilasciate dal sig. Lehtinen il 9 gennaio 2001 in occasione di una riunione dell’Associazione predetta, può desumersi che alla platea di tale riunione era chiaro che l’opinione del sig. Lehtinen non era quella del Ministero (37).

90.      Lo stesso può dirsi per gli articoli pubblicati sui giornali locali il 17 febbraio 2001 e il 13 giugno 2001. Infatti, stando alle informazioni disponibili, tali articoli riferivano le differenti opinioni del sig. Lehtinen e del dirigente del dipartimento, segnalando altresì che il dirigente del dipartimento era il superiore del sig. Lehtinen ed il solo fornito di potestà decisionale (38).

91.      Per contro, le circostanze del procedimento principale, in forza delle quali i destinatari delle dichiarazioni erano indotti a credere che il sig. Lehtinen, in qualità di funzionario competente, rappresentasse la posizione ufficiale del suo dipartimento, depongono a favore di un’imputazione della sua condotta allo Stato finlandese.

92.      Per esempio, le circostanze riferite dal giudice a quo a proposito della trasmissione televisiva del 17 gennaio 2001 inducono a ritenere che gli spettatori potessero avere l’impressione che il sig. Lehtinen, in qualità di funzionario competente, rappresentasse la posizione del Ministero. Durante la trasmissione, infatti, l’opinione del sig. Lehtinen veniva presentata come quella delle autorità finlandesi ed egli veniva ripreso come rappresentante del Ministero in un’intervista filmata – con l’approvazione del suo diretto superiore, il consigliere ministeriale – nel suo ufficio (39).

93.      Dalla narrazione del giudice a quo risulta altresì che la Federazione dei lavoratori metallurgici e i responsabili per la sicurezza nelle imprese (vale a dire, la categoria dei potenziali compratori di ponti elevatori) potevano avere l’impressione che l’opinione del sig. Lehtinen fosse quella del Ministero competente. Tali categorie, infatti, avevano ricevuto la relazione del sig. Lehtinen del 12 febbraio 2001, riportante l’intestazione «Ministero degli affari sociali e della sanità», «Dipartimento per la sicurezza sul lavoro» e «Ingegnere capo Tarmo Lehtinen» (40).

94.      Dalle informazioni riferite dal giudice a quo risulta, inoltre, che l’autorità svedese per la sicurezza sul lavoro aveva inteso la relazione in lingua inglese del sig. Lehtinen del 19 febbraio 2001 come se contenesse il punto di vista del Ministero (41). Sempre in base a tali informazioni si evince che anche tra gli esperti europei si era diffusa l’impressione che la relazione riproducesse la posizione del Ministero (42).

95.      Del resto, a proposito delle dichiarazioni del sig. Lehtinen il giudice a quo, nelle proprie considerazioni, rileva altresì che il sig. Lehtinen compariva sempre quale funzionario del Ministero e in nessuna occasione aveva presentato la sua opinione come punto di vista personale. Stando a quanto riferito dal giudice a quo, il sig. Lehtinen agli occhi del pubblico non appariva come manifestamente incompetente. Per giunta, il sig. Lehtinen, fino a quando, in data 16 febbraio 2001, non veniva esonerato dal dirigente del dipartimento, era in effetti incaricato del procedimento di sorveglianza del mercato.

96.      Tuttavia, quando sorge l’impressione di dichiarazioni munite dell’autorità dell’ufficio di appartenenza, in realtà prive di tale autorità, lo Stato membro può evitare che tali dichiarazioni gli vengano imputate eliminando al più presto tale apparenza attraverso un’adeguata informazione (43).

97.      In base a quanto riferito dal giudice a quo, tuttavia, il Ministero non ha mai informato della propria divergente posizione i destinatari delle dichiarazione del sig. Lehtinen del 17 gennaio, del 12 e del 19 febbraio 2001. Non vi è, pertanto, nessun elemento per ritenere che il Ministero si sarebbe preoccupato con la necessaria sollecitudine di eliminare l’impressione, sorta con tali dichiarazioni, che il sig. Lehtinen rappresentasse una posizione ufficiale. È presumibile, peraltro, che i due articoli comparsi su giornali locali non abbiano avuto né la stessa diffusione dell’intervista televisiva, né gli stessi destinatari delle dichiarazioni del sig. Lehtinen.

98.      In definitiva, le circostanze del procedimento principale attinenti alle dichiarazioni del sig. Lehtinen del 9 gennaio, del 17 febbraio e del 13 giugno 2001 depongono nel senso della sussistenza di un comportamento a mero titolo personale del sig. Lehtinen. Per contro, le circostanze del procedimento principale attinenti alle sue dichiarazioni del 17 gennaio, del 12 e del 19 febbraio 2001 depongono nel senso della imputabilità del suo comportamento allo Stato finlandese e, quindi, nel senso della sussistenza di una condotta dello Stato membro (44).

99.      Al fine di un giudizio definitivo sulle questioni relative all’imputabilità della condotta, sarà, tuttavia, compito del giudice a quo chiarire meglio le ulteriori circostanze di specie. Infatti, solo in udienza il governo finlandese e il sig. Lehtinen, rispondendo alle domande della Corte, hanno riferito alla Corte che nel programma televisivo trasmesso da TV 1 in un momento successivo era stata mandata in onda anche la posizione del Ministero. Inoltre, il dirigente del dipartimento ha tempestivamente rettificato, nei confronti della Federazione dei lavoratori metallurgici e del governo svedese, che il sig. Lehtinen aveva divulgato solo una propria opinione personale. Il giudice a quo dovrà pertanto chiarire se le misure del Ministero abbiano raggiunto i destinatari delle dichiarazione del sig. Lehtinen ancora in tempo per eliminare l’impressione che si trattasse di dichiarazioni ufficiali del Ministero (45).

iii) Sulla limitazione o sulla creazione di ostacoli all’immissione sul mercato del ponte elevatore

100. Resta ora da chiarire se la condotta del sig. Lehtinen abbia limitato o ostacolato l’immissione sul mercato del ponte elevatore in questione.

101. Quale emanazione, a livello di diritto derivato, della libera circolazione delle merci, l’art. 4, n. 1, della direttiva vieta, in base alla cosiddetta formula Dassonville, ogni misura che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari delle macchine rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva (46).

–       Sulle limitazioni derivanti dalla condotta imputabile

102. Partendo dal presupposto dell’imputazione allo Stato finlandese delle dichiarazione pubbliche del sig. Lehtinen del 17 gennaio, del 12 e del 19 febbraio 2001, occorre ora chiedersi se tali dichiarazione – da considerarsi, a questo punto, quali dichiarazioni statali – violino l’art. 4 della direttiva.

103. Nella sentenza «Buy Irish» la Corte ha già considerato una campagna pubblicitaria a favore di prodotti nazionali, che non screditava in nessun modo i prodotti della concorrenza straniera, come limitativa della libertà di circolazione delle merci (47). Dichiarazioni statali con le quali nei telegiornali, in relazioni ampiamente diffuse e apparentemente ufficiali, nonché in interviste televisive, una macchina viene presentata come irregolare e pericolosa, sono senz’altro, quanto meno indirettamente e in potenza, idonee ad ostacolare l’immissione sul mercato di tale macchina.

104. Le circostanze del procedimento principale, pertanto, depongono nel senso che le suddette dichiarazioni del sig. Lehtinen costituiscono misure di uno Stato membro che limitano o ostacolano l’immissione sul mercato di una macchina che ha già ottenuto la certificazione di conformità alla direttiva, con conseguente violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva.

105. La questione pregiudiziale deve, pertanto, essere risolta nei seguenti termini:

Dichiarazioni non autorizzate di un funzionario, nelle quali una macchina, che ha già ottenuto la certificazione di conformità alla direttiva, viene presentata come irregolare e pericolosa, violano l’art. 4, n. 1, della direttiva, qualora la condotta del funzionario sia imputabile allo Stato membro d’appartenenza. Le dichiarazioni di tal tipo sono imputabili quando, per effetto della forma e delle circostanze, sorge nei destinatari delle dichiarazioni l’impressione che si tratti di annunci statali ufficiali, e non di prese di posizione del funzionario a titolo personale. A tal fine può assumere rilievo, in particolare, il fatto che:

–        il funzionario è, in linea generale, competente per quel determinato settore,

–        il funzionario divulga le sue dichiarazioni scritte utilizzando l’intestazione ufficiale dell’ufficio competente,

–        il funzionario rilascia interviste nei locali del suo ufficio,

–        il funzionario non segnala che le proprie dichiarazioni sono rilasciate a titolo personale e che esse divergono dalla posizione ufficiale dell’ufficio competente,

–        gli uffici statali competenti non intraprendono tempestivamente le azioni necessarie per eliminare nei destinatari delle dichiarazioni del funzionario l’impressione che si tratti di annunci statali ufficiali.

–       Sulle limitazioni derivanti dalla condotta non imputabile

106. Qualora il giudice a quo, in applicazione dei predetti criteri, consideri le dichiarazioni del sig. Lehtinen come dichiarazioni a titolo personale, negandone l’imputazione allo Stato finlandese, viene in rilievo una violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva a causa dell’inerzia antidoverosa dello Stato finlandese.

107. Invero, la Corte ha stabilito che gli artt. 28 CE e 10 CE obbligano gli Stati membri ad adottare qualsiasi provvedimento necessario e adeguato per garantire sul loro territorio il rispetto della libertà fondamentale in questione, nonché ad adottare i provvedimenti sufficienti a impedire ostacoli alla libera circolazione delle merci, creati in particolare da atti di privati sul suo territorio contro prodotti originari di altri Stati membri (48). Tuttavia, l’individuazione delle misure che di volta in volta si possano rivelare necessarie e meglio adeguate è rimessa alla discrezionalità degli Stati membri e non è compito delle istituzioni comunitarie sostituirsi agli Stati membri per prescrivere loro i provvedimenti che devono adottare ed applicare effettivamente (49). Tuttavia, spetta alla Corte, tenendo conto di tale discrezionalità, accertare se lo Stato membro abbia, o meno, adottato misure idonee (50).

108. In base a quanto riferito dal giudice a quo, il Ministero, in relazione alle dichiarazioni del sig. Lehtinen del 9 gennaio 2001, era stato informato dalla successiva lettera dell’Associazione del commercio tecnico che all’Associazione stessa era nota la diversa opinione del Ministero. Inoltre, in data 8 febbraio 2001 il dirigente del dipartimento inviava un fax al presidente della Federazione dell’industria e del commercio in cui prendeva posizione contro le dichiarazioni del sig. Lehtinen. Gli articoli di giornale comparsi il 17 febbraio 2001 e il 13 giugno 2001 (51) segnalavano che il procedimento di sorveglianza del mercato non si era ancora concluso, che il Ministero, all’epoca, partiva ancora dal presupposto della conformità della macchina alla direttiva, e che il Ministero non poteva ravvisare in essa alcun rischio (52).

109. Siffatte circostanze inducono a ritenere che il Ministero potesse valutare non necessaria alcuna ulteriore misura. Pertanto, lo Stato finlandese avrebbe adempiuto i propri obblighi di tutela di fronte agli attacchi di soggetti privati alla libera circolazione delle merci. Sotto tale profilo, quindi, non si potrebbe ravvisare alcuna limitazione da parte dello Stato membro, rilevante ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva.

c)      Art. 10, n. 2, CE

110. Il giudice a quo, con la sua prima questione, desidera altresì sapere se nella condotta del sig. Lehtinen e del Ministero siano ravvisabili violazioni degli obblighi derivanti dall’art. 10, n. 2, CE. Quale lex generalis, tuttavia, l’art. 10, n. 2, CE deve retrocedere di fronte a violazioni di norme più specifiche (53). L’art. 10, n. 2, CE può fondare un’autonoma pretesa solo qualora si accerti l’inadempimento di un obbligo, ulteriore e diverso dalla violazione di una norma più specifica (54). Il procedimento principale, tuttavia, non fornisce alcun elemento in tal senso.

d)      Sulla giustificazione (terza e quarta questione pregiudiziale)

111. Avuto riguardo al parametro di giudizio e ai risultati finora raggiunti, il giudice a quo, con la sua terza e quarta questione, desidera in sostanza sapere se la violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva, integrata dalla condotta del sig. Lehtinen, possa essere giustificata dalla finalità di tutela della salute ovvero dalla libertà d’opinione.

i)      Sulla giustificazione per effetto della finalità di tutela della salute (terza questione pregiudiziale)

112. La direttiva disciplina proprio la tutela della salute umana in relazione alle macchine rientranti nel suo ambito d’applicazione. Essa, pertanto, nel caso di macchine conformi alle proprie disposizioni, consente ulteriori limitazioni all’immissione in commercio delle stesse, dovute a ragioni di tutela della salute, solo nei casi e nei modi di cui all’art. 7, n. 1.

113. In base a quanto riferito dal giudice a quo sul procedimento principale, il Ministero non ha adottato alcuna misura ai sensi dell’art. 7 della direttiva. All’epoca delle dichiarazioni del sig. Lehtinen il procedimento di sorveglianza del mercato era ancora in corso e, dal punto di vista del dirigente del dipartimento, fornito di potestà decisionale, non era stato affatto accertato un pericolo per la salute umana ai sensi dell’art. 7. Nemmeno si era proceduto ad informare la Commissione ai sensi dell’art. 7, n. 1, secondo comma. Una giustificazione per finalità di tutela della salute, pertanto, risulta problematica già per il fatto che lo Stato membro non ha affatto perseguito tali finalità.

114. Del resto, in base alle informazioni fornite dal giudice a quo, nel presente caso non pare sussistere, oggettivamente, alcun pericolo. Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui dovesse venire in rilievo un tal pericolo, presumibilmente le limitazioni che sono derivate dalla condotta del sig. Lehtinen non risulterebbero conformi al principio di proporzionalità.

115. Invero, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che le misure adottate non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (55).

116. Avvertimenti pubblici, come quelli del sig. Lehtinen, sulla pericolosità del ponte elevatore della AGM, anche se possono esser stati idonei a ridurre il presunto «pericolo», sollevano dubbi circa la loro necessità. Quale misura alternativa, parimenti idonea ma meno restrittiva, si sarebbe potuto prendere in considerazione, ad esempio, l’invio di una lettera agli utilizzatori dei ponti elevatori, che li informasse in modo mirato sugli ulteriori pericoli ravvisati dal sig. Lehtinen. Questa via, del resto, era già stata percorsa, non senza effetti positivi, per segnalare i difetti del sistema di bloccaggio.

117. In ogni caso, le dichiarazioni in questione paiono carenti sotto il profilo dell’adeguatezza. Infatti, in base alle informazioni riferite dal giudice a quo, il «pericolo», che secondo il sig. Lehtinen scaturiva dalla limitazione del senso di marcia di posizionamento del veicolo, non può essere stato particolarmente elevato: la macchina e le tabelle di carico, infatti, erano di facile utilizzo e, nonostante il numero assai elevato di esemplari venduti, non sono noti infortuni riconducibili alla limitazione del senso di marcia (56). Per contro, è lecito supporre che dichiarazioni pubbliche del tipo e con la forma di quelle del sig. Lehtinen possano provocare danni assai notevoli alla libera circolazione dei prodotti.

ii)    Sulla giustificazione per effetto della libertà d’opinione (quarta questione pregiudiziale)

118. Soprattutto il governo svedese ha giustamente sottolineato l’importanza del diritto fondamentale alla libertà di espressione, garantito dall’art. 12 della Costituzione finlandese, dall’art. 10 CEDU, ed accolto dal diritto comunitario quale principio giuridico generale. La libertà d’opinione, poiché rappresenta un fondamento essenziale per qualsiasi società democratica, spetta anche ai funzionari degli Stati membri così come ai funzionari della Comunità (57).

119. Per contro, lo Stato membro, di per sé considerato, non gode di siffatta libertà d’opinione. Lo Stato membro – al pari degli organi della Comunità – è invece obbligato a garantire tale libertà. Lo Stato membro deve garantire ai propri sottoposti la libertà d’opinione, ma non può invocarla nei loro confronti.

–       Sulla giustificazione della condotta imputabile

120. Rispetto a quella parte della condotta del sig. Lehtinen imputabile allo Stato finlandese non vi è, pertanto, la possibilità di una giustificazione in virtù della libertà d’opinione. Infatti, le dichiarazioni del sig. Lehtinen del 17 gennaio, del 12 e del 19 febbraio 2001 – nell’ipotesi di una loro imputazione allo Stato finlandese – vanno considerate quali dichiarazionistatali, e non quali dichiarazioni di una persona privata. Tuttavia, lo Stato finlandese non può invocare un proprio diritto alla libertà d’opinione ed opporlo nei confronti della AGM. Rispetto a tali dichiarazioni, lo Stato finlandese non avrebbe nemmeno avuto l’obbligo di rispettare un siffatto diritto del suo funzionario Lehtinen. Infatti, se è vero che in forza della libertà d’opinione il sig. Lehtinen aveva il diritto di esprimersi in nome proprio, egli non aveva invece il diritto di esprimersi, agli occhi del pubblico, in qualità di rappresentante dello Stato finlandese.

–       Sulla giustificazione della condotta non imputabile

121. Per contro, per quella parte della condotta del sig. Lehtinen non imputabile allo Stato finlandese è possibile, in via di principio, una giustificazione in virtù della libertà d’opinione. Quando un funzionario si esprime in nome proprio, infatti, egli fa uso, nei confronti dello Stato membro d’appartenenza, della propria libertà d’opinione. Lo Stato membro, pertanto, deve rispettare tale diritto fondamentale. Poiché, tuttavia, lo Stato membro deve al contempo garantire anche la libertà di circolazione delle merci, donde può eventualmente derivare un suo obbligo d’intervento (58), può qui profilarsi una situazione di conflitto di doveri.

122. Se un tale conflitto sorge, lo Stato membro deve poter invocare a proprio favore la libertà d’opinione del proprio funzionario negli stessi limiti in cui egli è tenuto, in base alle circostanze concrete, a rispettare tale libertà. Conseguentemente occorre effettuare un bilanciamento tra gli interessi in questione, con riferimento a tutte le circostanze del caso concreto. In tal ambito lo Stato membro dispone di un ampio potere discrezionale. Spetta, tuttavia, alla Corte verificare se le restrizioni imposte alle libertà fondamentali siano proporzionate rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti fondamentali (59).

123. In base alle informazioni fornite dal giudice a quo, il sig. Lehtinen aveva espresso la sua opinione prima che fosse intervenuta una decisione del Ministero. La sua critica era particolarmente severa ed era rivolta ai ponti elevatori di una sola marca. Tuttavia, il sig. Lehtinen aveva motivato il proprio punto di vista con valutazioni oggettive riferite al modello di ponte elevatore, screditandolo, però, non senza necessità. Con le sue dichiarazioni, infatti, egli perseguiva quanto meno anche finalità di tutela della salute. Il sig. Lehtinen ha inoltre fatto uso del diritto alla libertà di espressione della propria opinione in un ambito nel quale possedeva una particolare esperienza, e con le sue dichiarazioni ha perseguito importanti finalità di interesse pubblico.

124. Il Ministero chiariva proprio ai lettori, in cerca di informazioni, degli articoli di giornale, che il sig. Lehtinen parlava a titolo personale, che il procedimento di sorveglianza del mercato era ancora in corso e che non vi erano prove né della pericolosità del ponte elevatore, né del suo contrasto con le disposizioni vigenti. Il Ministero ha, pertanto, adottato misure per contenere il più possibile gli effetti delle dichiarazioni del sig. Lehtinen sulla libertà di circolazione delle merci.

125. Così stando le cose, deve rilevarsi che il Ministero, facendo uso del proprio potere discrezionale, poteva legittimamente ritenere che le ulteriori limitazioni alla libertà di circolazione delle merci, scaturenti della dichiarazioni personali del sig. Lehtinen, andassero tollerate, in quanto non sarebbe stato possibile apprestare una tutela più intensa senza restringere in modo sproporzionato la libertà d’opinione del sig. Lehtinen.

126. In particolare, non può prendersi in considerazione la possibilità per il Ministero di imporre al sig. Lehtinen un divieto preventivo di esprimersi. I divieti preventivi d’espressione costituiscono la negazione della libertà d’opinione nel singolo caso e, pertanto, possono essere giustificati solo in situazioni eccezionali. Ad ogni modo, se anche la normativa finlandese (in tema di pubblico impiego) dovesse consentire un divieto preventivo, il diritto comunitario, a siffatte condizioni, non può in nessun caso imporlo a tutela della libertà di circolazione delle merci. Forme e tempi delle dichiarazioni impediscono parimenti di ritenere che sarebbe stato necessario un intervento più incisivo e che le misure effettivamente adottate siano fuoriuscite dall’ambito del potere discrezionale spettante allo Stato finlandese.

iii) Conclusione

127. In una situazione come quella del caso principale, una violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva – violazione integrata dalle dichiarazioni di un funzionario, imputabili allo Stato membro d’appartenenza – non può essere giustificata né da finalità di tutela della salute, né dalla libertà d’opinione del funzionario. Tuttavia, in una situazione come quella del caso principale, uno Stato membro non è tenuto a vietare le dichiarazioni private di un proprio funzionario, anche se le stesse possono avere effetti sulla libertà di circolazione delle merci.

2.      Responsabilità dello Stato e responsabilità del funzionario (quinta e sesta questione pregiudiziale)

128. Per l’ipotesi in cui, in presenza di circostanze come quelle del caso principale, dovesse accertarsi una violazione degli artt. 28 CE e 30 CE o una violazione dell’art. 10 CE, il giudice a quo chiede ancora di sapere se sussistano i presupposti per riconoscere una pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato, fondata sul diritto comunitario, se il diritto comunitario ammetta o imponga anche una responsabilità per i danni a carico del funzionario che ha agito, e se i presupposti di siffatte pretese risarcitorie eventualmente impongano di interpretare il diritto finlandese in modo conforme al diritto comunitario.

129. In considerazione dei risultati forniti dalla precedente analisi, tuttavia, le predette questioni del giudice a quo devono essere risolte facendo riferimento alla violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva, prodotta dalle dichiarazioni del sig. Lehtinen del 17 gennaio, del 12 e del 19 febbraio, giacché rispetto a tali dichiarazioni le circostanze del procedimento principale sono tali da far ritenere che esse siano imputabili allo Stato finlandese e che pertanto esse – costituendo una misura di uno Stato membro – abbiano limitato o ostacolato l’immissione sul mercato del ponte elevatore in questione.

a)      Sulla responsabilità dello Stato

130. In base alla giurisprudenza della Corte, uno Stato membro deve risarcire i danni, subiti dal singolo per effetto di violazioni del diritto comunitario, in presenza di tre condizioni: che la norma giuridica violata conferisca diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dal soggetto leso (60).

131. Queste tre condizioni devono sussistere tanto nel caso in cui i danni derivino da una omissione dello Stato membro, quanto nel caso in cui essi discendano da un atto legislativo o amministrativo, contrario al diritto comunitario – a prescindere dalla circostanza che l’atto sia stato emanato direttamente dallo Stato membro o da un ente di diritto pubblico, giuridicamente indipendente dallo Stato (61).

i)      Diritti a tutela dei singoli (quinta questione pregiudiziale, lett. c)

132. Con la quinta questione, lett. c), il giudice a quo desidera sapere se l’art. 10 CE e, in particolare il suo n. 2, in presenza delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, possa creare diritti in capo ai singoli.

133. Poiché in fase applicativa la direttiva prevale sull’art. 10 CE, quest’ultima norma non può, nel presente caso, creare in via autonoma diritti che possano essere invocati dai singoli (62). L’art. 4, n. 1, della direttiva, infatti, conferisce ai singoli operatori economici diritti che possono essere da questi fatti valere nei confronti degli Stati membri (63).

ii)    Violazione sufficientemente caratterizzata (quinta questione pregiudiziale, lett. a) e lett. b)

134. Con la quinta questione, lett. a) e lett. b), il giudice a quo in sostanza chiede se le violazioni del diritto comunitario, nella situazione del caso concreto, siano sufficientemente caratterizzate per poter far sorgere una responsabilità dello Stato.

135. Il criterio decisivo per considerare sufficientemente caratterizzata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave, da parte di uno Stato membro, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Al riguardo, fra gli elementi che il giudice competente può prendere in considerazione, figurano la chiarezza e la precisione della norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale riservato alle autorità nazionali, eventualmente il carattere doloso della violazione commessa o del danno causato, e l’eventuale scusabilità di un errore di diritto (64).

136. Tuttavia, se lo Stato membro, al momento della trasgressione del diritto, non poteva effettuare alcuna scelta legislativa e disponeva di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, può bastare la semplice trasgressione del diritto comunitario per dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata (65).

137. L’art. 4, n. 1, della direttiva rispetto alle macchine conformi (anche solo in via presuntiva) alle proprie disposizioni non concede agli Stati membri nessun margine di discrezionalità, di adeguamento o di valutazione. Nel caso di sopravvenienza di dubbi circa la conformità di una macchina, infatti, la direttiva prevede soltanto le misure di cui all’art. 7. In base a quanto riferito dal giudice a quo, tuttavia, il Ministero competente non ha, per scelta consapevole, sfruttato tale possibilità e ha continuato a tollerare il comportamento del sig. Lehtinen (66). Le circostanze del procedimento principale, pertanto, depongono nel senso che la violazione integrata dalle dichiarazioni del sig. Lehtinen, imputabili allo Stato finlandese, risulta sufficientemente caratterizzata.

iii) Ulteriori condizioni previste dal diritto nazionale (quinta questione pregiudiziale, lett. e), e sesta questione pregiudiziale, lett. a), prima e terza frase)

138. Con la quinta questione, lett. e), e con la sesta questione, lett. a), prima e terza frase, il giudice a quo desidera in sostanza sapere se il diritto dello Stato membro, per quanto riguarda, in particolare, i danni economici diversi dai danni a persone e cose, possa subordinare la responsabilità dello Stato alla presenza di ulteriori condizioni, e se il risarcimento del danno debba rappresentare una sanzione efficace e fornita di effetto deterrente.

139. Allorché risultino soddisfatte le condizioni alle quali il diritto comunitario subordina il risarcimento dei danni, lo Stato membro è tenuto a riparare le conseguenze del danno cagionato – in base alla giurisprudenza della Corte – nell’ambito della normativa nazionale in materia di responsabilità per danni; con la precisazione che le condizioni ivi previste non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile al danneggiato ottenere il risarcimento (67). Pertanto, non può nemmeno essere ammessa, ad esempio, l’esclusione totale, dal danno risarcibile, del lucro cessante o di altre forme di risarcimento, giacché per talune controversie una tale esclusione potrebbe rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno (68).

140. Il diritto comunitario, pertanto, esige una riparazione effettiva e non tollera che il diritto dello Stato membro imponga condizioni ulteriori che rendano più che solo impercettibilmente più difficile il conseguimento del risarcimento o di determinate forme di risarcimento del danno.

141. In base alle informazioni fornite dal giudice a quo, tuttavia, il diritto finlandese prevede il risarcimento dei meri danni economici solo se tali danni sono stati prodotti da un fatto previsto come reato o nell’esercizio di pubbliche funzioni o, al di fuori di tali ipotesi, soltanto in presenza di motivi particolarmente gravi. Siffatte condizioni aggiuntive devono essere interpretate in modo tale che non rendano più che solo impercettibilmente più difficile il conseguimento del risarcimento dei meri danni economici. I requisiti imposti dal diritto comunitario risulterebbero, tuttavia, soddisfatti qualora le disposizioni del diritto dello Stato membro potessero essere interpretate in conformità al diritto comunitario in modo da escludere eccessivi appesantimenti. Si potrebbe pensare, ad esempio, ad una interpretazione in virtù della quale si rinvenga sempre la presenza di motivi particolarmente gravi in caso di violazione del diritto comunitario.

142. Dalla giurisprudenza della Corte si desume, inoltre, che la responsabilità di diritto comunitario dello Stato membro non persegue finalità di deterrenza o di sanzione, bensì mira a risarcire i danni che il singolo subisce a causa delle violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati membri.

iv)    Conclusione

143. L’art. 4, n. 1, della direttiva conferisce diritti ai singoli che possono essere da questi fatti valere nei confronti degli Stati membri. Accanto al citato art. 4, tuttavia, non è applicabile anche l’art. 10 CE. L’art. 4, n. 1, non concede agli Stati membri, rispetto alle macchine conformi (anche in via presuntiva) alla direttiva, nessun margine di discrezionalità, di adeguamento o di valutazione. La violazione dell’art. 4, n. 1, costituisce, pertanto, una violazione sufficientemente caratterizzata per riconoscere una pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato, fondata sul diritto comunitario. Il diritto comunitario non tollera che il diritto dello Stato membro imponga ulteriori condizioni che rendano più che solo impercettibilmente più difficile l’effettivo conseguimento del risarcimento del danno, in generale o rispetto a determinate forme di risarcimento.

b)      Sulla responsabilità del funzionario

i)      Possibilità, alla luce del diritto comunitario, di una responsabilità aggiuntiva del funzionario (quinta questione pregiudiziale, lett. d)

144. Con la quinta questione, lett. b), il giudice a quo desidera sapere se, oltre allo Stato, può essere chiamato a rispondere anche il singolo funzionario per le proprie violazioni del diritto comunitario.

145. Il diritto comunitario rimette la concreta disciplina della responsabilità per danni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, purché non sia resa eccessivamente difficile l’effettiva attuazione delle pretese fondate sul diritto comunitario e sempre che sia effettivamente garantito il conseguimento del risarcimento. La Corte, ad esempio, ha anche riconosciuto che il diritto comunitario non osta al fatto che alla responsabilità dello Stato membro si aggiunga la responsabilità di un ente di diritto pubblico (69).

146. Una volta che risulti effettivamente e concretamente garantito il risarcimento del danno prodotto dalla violazione, da parte di un ufficio statale, del diritto comunitario, il diritto comunitario non osta alla previsione della responsabilità di un ulteriore soggetto, che vada ad aggiungersi alla responsabilità dello Stato stesso. Pertanto, anche una responsabilità aggiuntiva del funzionario che ha commesso il fatto non trova ostacoli a livello di diritto comunitario.

ii)    Obbligo di diritto comunitario di prevedere una responsabilità del funzionario (sesta questione pregiudiziale, lett. a), prima e seconda frase)

147. Con la sesta questione, lett. a), prima e seconda frase, il giudice a quo desidera prima di tutto sapere se il diritto comunitario imponga agli Stati membri l’obbligo di far rispondere i rispettivi funzionari per le loro violazioni del diritto comunitario.

148. Dalla giurisprudenza della Corte (70) non può desumersi che il diritto comunitario obblighi gli Stati membri a far rispondere personalmente i propri funzionari. Si deve, invece, rilevare che la normativa comunitaria in tema di responsabilità per danni non incide affatto sulla libertà organizzativa degli Stati membri, cui viene riservata la scelta della tipologia e delle modalità di soddisfazione delle pretese risarcitorie. È necessario, tuttavia, che l’effettiva soddisfazione delle pretese, riconosciute dal diritto comunitario, non sia resa eccessivamente difficile e che sia di fatto garantito il conseguimento del risarcimento. Risulta, pertanto, decisiva la circostanza che il diritto dello Stato membro garantisca quanto meno la presenza di un soggetto responsabile solvibile, equiparabile allo Stato, mentre non importa chi sia tale soggetto. Se, quindi, il diritto dello Stato membro già prevede una responsabilità a carico dello Stato che soddisfa i requisiti imposti dal diritto comunitario, non sussiste alcun obbligo comunitario di prevedere una responsabilità aggiuntiva del funzionario.

iii) Ulteriori condizioni o limitazioni alla responsabilità del funzionario (sesta questione pregiudiziale, lett. b)

149. Con la sesta questione, lett. b), il giudice a quo chiede infine di sapere se gli Stati membri possano subordinare la responsabilità dei propri funzionari ad ulteriori condizioni o limitazioni.

150. Dalla citata giurisprudenza (71) si desume che – rispetto ai criteri previsti per la responsabilità dello Stato, fondata sul diritto comunitario, per le violazioni del diritto comunitario – la responsabilità del funzionario può essere subordinata a condizioni o limitazioni ulteriori solo se tale responsabilità va ad aggiungersi a quella dello Stato. In tali casi, infatti, un adeguato risarcimento del danno è già garantito dalla responsabilità dello Stato.

151. Se, invece, all’interno del diritto dello Stato membro la responsabilità dello Stato è disciplinata in modo tale che si prevede esclusivamente una responsabilità del funzionario, che viene coperta dallo Stato per mezzo di una propria responsabilità sussidiaria o che viene comunque trasferita sullo Stato, allora l’esigenza, imposta dal diritto comunitario, di una tutela efficace dei diritti del singolo deve trovare attuazione anche in sede di regolamentazione di questa responsabilità del funzionario. Se infatti la responsabilità dello Stato consegue a quella del funzionario, eventuali condizioni ulteriori previste dal diritto dello Stato membro non possono rendere più che solo impercettibilmente più difficile il conseguimento del risarcimento del danno.

iv)    Conclusione

152. Per il diritto comunitario una responsabilità aggiuntiva del funzionario è possibile, ma non è necessaria. Essa può essere subordinata a condizioni o limitazioni ulteriori rispetto ai criteri previsti per la responsabilità di diritto comunitario dello Stato membro. Se, invece, la responsabilità del funzionario costituisce un passaggio obbligato per giungere alla responsabilità dello Stato, il diritto comunitario ad una tutela efficace dei diritti dei singoli non può tollerare che il diritto dello Stato membro preveda condizioni ulteriori che rendono più che solo impercettibilmente più difficile il conseguimento del risarcimento del danno.

VII – Conclusione

153. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni sollevate dal Tampereen käräjäoikeus nei seguenti termini:

1)         La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/37/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine, deve essere interpretata nel senso che ponti elevatori come quelli del caso principale soddisfano i requisiti di sicurezza della direttiva soltanto se tali ponti possono sostenere, fino al peso massimo consentito, i veicoli posizionati in qualsiasi dei due sensi di marcia, ovvero, per lo meno, soltanto se effettive misure di protezione garantiscono che eventuali errori o eccessi di carico siano efficacemente evitati.

2)         Dichiarazioni non autorizzate di un funzionario, nelle quali una macchina, che ha già ottenuto la certificazione di conformità alla direttiva, viene presentata come irregolare e pericolosa, violano l’art. 4, n. 1, della direttiva, qualora la condotta del funzionario sia imputabile allo Stato membro d’appartenenza. Le dichiarazioni di tal tipo sono imputabili quando, per effetto della forma e delle circostanze, sorge nei destinatari delle dichiarazioni l’impressione che si tratti di annunci statali ufficiali, e non di prese di posizione del funzionario a titolo personale. A tal fine può assumere rilievo, in particolare, il fatto che:

–        il funzionario è, in linea generale, competente per quel determinato settore,

–        il funzionario divulga le sue dichiarazioni scritte utilizzando l’intestazione ufficiale dell’ufficio competente,

–        il funzionario rilascia interviste nei locali del suo posto di lavoro,

–        il funzionario non segnala che le proprie dichiarazioni sono rilasciate a titolo personale e che esse divergono dalla posizione ufficiale dell’ufficio competente,

–        gli uffici statali competenti non intraprendono tempestivamente le azioni necessarie per eliminare nei destinatari delle dichiarazioni del funzionario l’impressione che si tratti di annunci statali ufficiali.

3)         In una situazione come quella del caso principale, una violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva – violazione integrata dalle dichiarazioni di un funzionario, imputabili allo Stato membro d’appartenenza – non può essere giustificata né da finalità di tutela della salute, né dalla libertà d’opinione del funzionario. Tuttavia, in una situazione come quella del caso principale, uno Stato membro non è tenuto a vietare le dichiarazioni private di un proprio funzionario, anche se le stesse possono avere effetti sulla libertà di circolazione delle merci.

4)         L’art. 4, n. 1, della direttiva conferisce diritti ai singoli che possono essere da questi fatti valere nei confronti degli Stati membri. Accanto al citato art. 4, tuttavia, non è applicabile anche l’art. 10 CE. L’art. 4, n. 1, non concede agli Stati membri, rispetto alle macchine conformi (anche in via presuntiva) alla direttiva, nessun margine di discrezionalità, di adeguamento o di valutazione. La violazione dell’art. 4, n. 1, costituisce, pertanto, una violazione sufficientemente caratterizzata per riconoscere una pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato, fondata sul diritto comunitario. Il diritto comunitario non tollera che il diritto dello Stato membro imponga ulteriori condizioni che rendano più che solo impercettibilmente più difficile l’effettivo conseguimento del risarcimento del danno, in generale o rispetto a determinate forme di risarcimento.

5)         Per il diritto comunitario una responsabilità aggiuntiva del funzionario è possibile, ma non è necessaria. Essa può essere subordinata a condizioni o limitazioni ulteriori rispetto ai criteri previsti per la responsabilità di diritto comunitario dello Stato membro. Se, invece, la responsabilità del funzionario costituisce un passaggio obbligato per giungere alla responsabilità dello Stato, il diritto comunitario ad una tutela efficace dei diritti dei singoli non può tollerare che il diritto dello Stato membro preveda condizioni ulteriori che rendono più che solo impercettibilmente più difficile il conseguimento del risarcimento del danno.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/37/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine, in GU L 207, pag. 1.


3 – V. la norma europea EN 1493 del CEN per sollevatori di veicoli del 10 luglio 1998.


4 – V. GU 1999, C 165, pag. 4.


5 – V. paragrafo 31 delle presenti conclusioni.


6 – V. paragrafi 36 e 31 delle presenti conclusioni.


7 – V. sentenze 12 giugno 2003, causa C-112/00, Schmidberger (Racc. pag. I-5659, punti 39 e 41); 10 marzo 1981, cause 36/80 e 71/80, Irish Creamery Milk Suppliers e a. (Racc. pag. 735, punti 5, 7 e 8; nonché sentenza 30 marzo 2000, causa C‑236/98, JÄMO (Racc. pag. I-2189, punto 30).


8 – V. sentenze Schmidberger, cit. alla nota 7 (punto 30 e punti da 35 a 38); 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punto 59); nonché sentenza 20 gennaio 2005, causa C-306/03, Salgado Alonso (Racc. pag. I-705, punti 40-42).


9 – V. paragrafi 21 e 22 delle presenti conclusioni.


10 – V. paragrafi 17 e 18 delle presenti conclusioni.


11 – V. art. 2, n. 1, allegato I, prima osservazione preliminare, allegato I, punto 1.1.2., lett. a), nonché allegato I, punto 4.1.2.3., della direttiva; v. i paragrafi 6, 13 e segg. delle presenti conclusioni.


12 – V. il quarto, il settimo e il decimo ‘considerando’ della direttiva.


13 – V. paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


14 – V. sentenze 14 dicembre 2004, causa C-309/02, Radlberger e Spitz (Racc. pag. I‑11763, punto 53); 13 dicembre 2001, causa C-324/99, DaimlerChrysler (Racc. pag. I-9897, punti 32 e 42); 11 dicembre 2003, causa C-322/01, Deutscher Apothekerverband (Racc. pag. I-4887, punto 64); nonché sentenza 12 ottobre 1993, causa C-37/92, Vanacker e Lesage (Racc. pag. I-4947, punto 9).


15 – V. a tal proposito l’analisi nella sentenza 2 aprile 1998, causa C-127/95, Norbrook Laboratories Ltd (Racc. pag. I-1531, punti da 33 a 35).


16 – V. sentenza 12 ottobre 2004, causa C-60/03, Wolff & Müller GmbH & Co. KG (Racc. pag. I‑9553, punto 24).


17 – Del resto, un esame condotto sulla scorta dell’art. 28 CE condurrebbe qui al medesimo risultato.


18 – V. sentenze 24 novembre 1982, causa 249/81, Commissione/Irlanda, «Buy Irish» (Racc. pag. 4005, punti 27 e 28); 18 febbraio 1986, causa 174/84, Bulk Oil (Racc. pag. 559, punto 9); 12 dicembre 1990, causa 302/88, Hennen Olie (Racc. pag. I‑4625, punti 15 e 16); nonché sentenza 5 novembre 2002, causa C-325/00, Commissione/Germania, «qualità di marca della campagna tedesca» (Racc. pag. I‑9977, punti 17-20).


19 – V. sentenze 9 dicembre 1997, causa C-265/95, Commissione/Francia (Racc. pag. I-6959, punti da 28 a 32) e Schmidberger, cit. alla nota 7 (punti 58 e 59).


20 – Cit. alla nota 19.


21 – Regolamento (CE) del Consiglio 7 dicembre 1998, n. 2679, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337, pag. 8).


22 – V. paragrafo 78 delle presenti conclusioni.


23 – V. a tal proposito le preoccupazioni espresse dalla Commissione nel procedimento che ha condotto alla sentenza 13 dicembre 2001, causa C-340/00 P, Commissione/Cwik (Racc. pag. I‑10269, punti 4, 25 e 26).


24 – V. sentenze 7 ottobre 1982, causa 131/81, Berti/Commissione (Racc. pag. 3493, punti 21, 22 e 24), e 27 marzo 1990, causa 308/87, Grifoni/Comunità europea per l’energia atomica (Racc. pag. I-1203, punti da 12 a 17).


25 – V. sentenze 4 febbraio 1975, causa 169/73, Compagnie Continentale France/Consiglio (Racc. pag. 117, punti da 18 a 21); 9 novembre 1989, causa 353/88, Briantex e Di Domenico/Comunità economica europea e Commissione (Racc. pag. 3623, punti 2 e 8; la sentenza, tuttavia, non accertava la presenza di una fattispecie da cui potesse scaturire una responsabilità per danni).


26 – V. sentenze 7 novembre 1985, causa 145/83, Adams/Commissione (Racc. pag. 3539, punti 35, 37, 42, 44 e 53) e 5 ottobre 1988, causa 180/87, Hamill/Commissione (Racc. pag. 6141, punti da 10 a 13).


27 – V. per il regime giuridico comunitario della responsabilità le sentenze 4 luglio 2000 nella causa C-424/97, Salomone Haim (Racc. 2000, pag. I-5129, punto 44) e 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame (Racc. 1996, pag. I-1029, punto 58).


28 – V. sentenza Brasserie du Pêcheur e Factortame, cit. alla nota 29 (punto 34).


29 – V. l’art 7 (Excess of authority or contravention of instructions) del Progetto della Commissione di diritto internazionale sulla responsabilità dello Stato per fatti illeciti per violazione del diritto internazionale:


«The conduct of an organ of a State or of a person or entity empowered to exercise elements of the governmental authority shall be considered an act of the State under international law if the organ, person or entity acts in that capacity, even if it exceeds its authority or contravenes instructions»,


nonché il relativo commento (entrambi i testi sono disponibili in più lingue alla pagina Internet http://www.un.org/law/ilc/texts/State_responsibility/responsibilityfra.htm, pagg. 91 e 92, punto 13 e pagg. 99 e seguenti, con ulteriori richiami).


30 – V. paragrafo 78 delle presenti conclusioni; per il diritto internazionale v., tra l’altro, l’art. 4 (Conduct of organs of a State) del Progetto della Commissione di diritto internazionale (cit. alla nota 29):


«1. The conduct of any State organ shall be considered an act of that State under international law, whether the organ exercises legislative, executive, judicial or any other functions, whatever position it holds in the organization of the State, and whatever its character as an organ of the central government or of a territorial unit of the State.


2. An organ includes any person or entity which has that status in accordance with the internal law of the State»,


nonché il relativo commento (pagg. 84 e segg.), ove si espone sinteticamente lo stato del diritto internazionale sul punto (entrambi i testi sono disponibili in più lingue alla pagina Internet http://www.un.org/law/ilc/texts/State_responsibility/responsibilityfra.htm); v. pure il parere della Corte internazionale di giustizia 29 maggio 1999 sulla controversia relativa all’immunità processuale di uno Special Rapporteur della Commissione dei diritti dell’uomo (I.C.J. Reports 1999, pagg. 62 e 63, punto 62, disponibile alla pagina Internet http://www.icj-cij.org/, al link «Decisions»/«Décisions»).


31 – V. paragrafo 78 delle presenti conclusioni; per il diritto internazionale v., tra l’altro, l’art. 8 (Conduct directed or controlled by a State) del Progetto della Commissione di diritto internazionale (cit. alla nota 29):


«The conduct of a person or group of persons shall be considered an act of a State under international law if the person or group of persons is in fact acting on the instructions of, or under the direction or control of that State in carrying out the conduct»,


nonché il relativo commento (anch’esso cit. alla nota 29, pagg. 103 e segg.) e la sentenza della Corte internazionale di giustizia 24 maggio 1980 a proposito del caso del personale diplomatico e consolare degli Stati Uniti a Teheran (I.C.J. Reports 1980, pagg. 3 e 4, punto 58, anch’essa disponibile alla pagina Internet http://www.icj-cij.org/, al link «Decisions»/«Décisions»).


32 – V. paragrafo 78 delle presenti conclusioni; per il diritto internazionale v., tra l’altro, il commento (cit. alla nota 29, pagg. 70 e 81), la sentenza appena cit. della Corte internazionale di giustizia sul caso degli ostaggi a Teheran, punti da 61 a 67, nonché la sentenza della Corte internazionale di giustizia 9 aprile 1949 sul caso del Canale di Corfù (I.C.J. Reports 1949, pag. 4, pagg. 22 e seg., anch’essa disponibile alla pagina Internet http://www.icj-cij.org/, al link «Decisions»/«Décisions»).


33 – V. la relazione della Commissione europea dei diritti dell’uomo 25 gennaio 1976 sul ricorso n. 5310/71, Irlanda/Regno Unito (Yearbook 19, pag. 758):


«(…) the State[‘s] (…) existing obligations can be violated also by a person exercising an official function vested in him at any, even the lowest level, without express authorisation and even outside or against instructions»


«(…) [les] obligations existantes [de l’État] peuvent être violées également par une personne exerçant une fonction officielle qui lui est confiée, quel que soit le niveau, même le plus bas, sans autorisation expresse, voire en-dehors ou à l’encontre d’instructions».


La Corte europea dei diritti dell’uomo ha seguito in tale occasione la tesi della Commissione europea dei diritti dell’uomo (v. sentenza 18 gennaio 1978 sul ricorso n. 5310/71, Irlanda/Regno Unito, Serie A, n. 25, punto 159) e nel 1999 ha espressamente confermato la posizione allora espressa dalla Commissione europea dei diritti dell’uomo (v. sentenza 28 ottobre 1999 sul ricorso n. 28396/95, Wille/Liechtenstein, Reports of Judgments and Decisions 1999-VII, punto 46).


34 – V. sentenze nella causa Salomone Haim, cit. alla nota 27 (punto 44) e nelle cause riunite Brasserie du Pêcheur e Factortame, cit. alla nota 27 (punto 58).


35 – V. sentenze 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark (Racc. pag. I‑493, punto 38); 26 marzo 1996, causa C-392/93, British Telecommunications (Racc. pag. I-1631, punti 41 e segg.); 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94, C‑291/94 e C-292/94, Denkavit International e a. (Racc. pag. I-5063, punti 49 e segg.); nonché sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler (Racc. pag. I‑10239, punti 101 e segg.).


36 – V. in particolare i paragrafi 80 e 82 delle presenti conclusioni.


37 – V. il paragrafo 33 delle presenti conclusioni.


38 – V. i paragrafi 38 e 41 delle presenti conclusioni.


39 – V. il paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


40 – V. il paragrafo 33 delle presenti conclusioni.


41 – V. il paragrafo 39 delle presenti conclusioni.


42 – V. il paragrafo 43 delle presenti conclusioni.


43 – V. in particolare il paragrafo 82 delle presenti conclusioni.


44 – Non vi sono, pertanto, i presupposti per applicare i criteri di cui alla sentenza Commissione/Francia (cit. alla nota 19) e di cui al regolamento n. 2679/98 (cit. alla nota 21).


45 – La Corte, invece, per risolvere le questioni pregiudiziali deve prendere in esame i fatti così come le sono stati riferiti dal giudice a quo. Da un lato, infatti, né il governo finlandese, né il sig. Lehtinen hanno fornito maggiori dettagli sugli interventi del Ministero. Dall’altro lato, le informazioni da essi fornite contrastano con quanto riferito dal giudice a quo e già per tal motivo non possono essere prese in considerazione.


46 – Su tale formula v. le sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5) e 9 febbraio 1999, causa C-383/97, van der Laan (Racc. pag. I-731, punto 18).


47 – V. sentenza Commissione/Irlanda, «Buy Irish», cit. alla nota 18 (punti 2, 3 e da 25 a 29).


48 – V. sentenze Schmidberger, cit. alla nota 7 (punti 58 e 59) e Commissione/Francia, cit. alla nota 19 (punti 31 e 32).


49 – V. sentenze Commissione/Francia, cit. alla nota 19 (punti 32-34), e Schmidberger, cit. alla nota 7 (punto 64).


50 – V. sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 19 (punto 35).


51 – In base a quanto sostenuto dal sig. Lehtinen, l’articolo pubblicato il 13 giugno 2001 non si basava su una sua intervista.


52 – V. in proposito i paragrafi 38 e 41 delle presenti conclusioni.


53 – V. sentenze 12 luglio 1990, causa 35/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-3125, punti 42 e 43) e 18 ottobre 1979, causa 5/79, Buys e a. (Racc. pag. 3203, punto 30).


54 – V. sentenze 19 febbraio 1991, causa C-374/89, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑367, punti 13 e segg.) e 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou (Racc. pag. I-2357, punto 14).


55 – V. sentenze 10 marzo 2005, cause riunite C-96/03 e C-97/03, Tempelman e van Schaijk (Racc. pag. I-1895, punto 47); 12 luglio 2001, causa C-189/01, Jippes e a. (Racc. pag. I-5689, punto 81); 12 marzo 2002, cause riunite C-27/00 e C-122/00, Omega Air e a. (Racc. pag. I-2569, punto 62); Schmidberger, cit. alla nota 7 (punto 79); nonché sentenza 3 luglio 2003, causa C‑220/01, Lennox (Racc. pag. I-7091, punto 76).


56 – L’incidente noto era stato dovuto al bloccaggio di sicurezza; v. il paragrafo 27 delle presenti conclusioni.


57 – V., tra le tante, la sentenza 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly (Racc. pag. I-1611, punti 39 e segg.), nonché le sentenze della CEDU 26 settembre 1995 sul ricorso n. 17851/91, Vogt/Germania (Serie A, n. 323, punti 43 e 53) e 2 settembre 1998 sul ricorso n. 22954/93, Ahmed et als./Regno Unito (Reports 1998-VI, punti 41, 55 e 56).


58 – V. i paragrafi 78 e 106 e segg. delle presenti conclusioni. Come si è ivi precisato, tuttavia, nel presente caso di specie – anche senza riguardo alla libertà d’espressione – presumibilmente un siffatto obbligo non era sorto.


59 – V. sentenza Schmidberger, cit. alla nota 7 (punti 71-82).


60 – Sulla costante giurisprudenza della Corte, v. la sentenza Salomone Haim, cit. alla nota 27 (punto 36).


61 – V. sentenza Salomone Haim, cit. alla nota 27 (punto 37).


62 – V. il paragrafo 110 delle presenti conclusioni.


63 – V. i paragrafi 72 e segg. e 100 e segg. delle presenti conclusioni.


64 – V. sentenza Brasserie du Pêcheur e Factortame, cit. alla nota 27 (punti 55 e 56).


65 – V. sentenze 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley Lomas (Racc. pag. I-2553, punto 28); Salomone Haim, cit. alla nota 27 (punto 38); nonché sentenza Stockholm Lindöpark, cit. alla nota 35 (punti 40 e 41).


66 – V. paragrafo 113 delle presenti conclusioni.


67 – V. sentenze Brasserie du Pêcheur e Factortame, cit. alla nota 27 (punto 67); 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a. (Racc. pag. I-5357, punti da 41 a 43); nonché sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595, punto 14).


68 – V. sentenza Brasserie du Pêcheur e Factortame, cit. alla nota 27 (punto 87).


69 – V. sentenze 1° giugno 1999, causa C-302/97, Konle (Racc. pag. I-3099, punti 63 e segg.) e Salomone Haim, cit. alla nota 27 (punti 30-32).


70 – V. i paragrafi 144 e 145 delle presenti conclusioni.


71 – V. i paragrafi 144 e 145 delle presenti conclusioni.